Leopardi G., Discorso-Di-Un-Italiano-Intorno-Alla-Poesia-Romantica-eBook-ITA

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  • 8/7/2019 Leopardi G., Discorso-Di-Un-Italiano-Intorno-Alla-Poesia-Romantica-eBook-ITA

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    Giacomo Leopardi

    Discorso di un italiano

    intorno alla poesia romantica

    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

  • 8/7/2019 Leopardi G., Discorso-Di-Un-Italiano-Intorno-Alla-Poesia-Romantica-eBook-ITA

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    Edizioni di riferimentoelettroniche

    Liz, Letteratura Italiana Zanichellia stampaGiacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, a cura diF. Flora, Milano, Mondadori, 1958

    DesignGraphiti, Firenze

    ImpaginazioneThsis, Firenze-Milano

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    Discorso di un italiano intorno

    alla poesia romantica

    Se alla difesa delle opinioni de nostri padri e de nostri avi e di tutti isecoli combattute oggi da molti intorno allarte dello scrivere e segnatamentealla poetica si fossero levati uomini famosi e grandi, e se aglingegni forti evasti si fosse fatta incontro la forza e la vastit deglingegni, e ai pensierisublimi profondi, la sublimit e profondit dei pensieri, n ci sarebbe oramaibisogno daltre discussioni, n quando bene ci fosse stato, avrei per arditoio di farmi avanti. Ora s risposto fin qui alle cose colle parole, e agli argo-menti colle facezie, e alla ragione collautorit, e la guerra stata fra la plebee gli atleti, e fra i giornalisti e i filosofi, di maniera che non maraviglia sequesti imbaldanziscono e paiono tenere il campo, e noi tra paurosi e vergo-gnosi e superbi, tenendoci al sicuro come dentro a recinti di muraglie e ditorri, glinsultiamo tuttavia cogli stessi motteggi, quasi chesser ultimo a re-plicare fosse vincere; n per questo stesso ci conceduto. Ma se la nostracausa giusta e buona, e se noi siamo gagliardi e valorosi, e se confidiamo nelfavore della ragione e della verit, che non usciamo e non combattiamo? eperch mostriamo di non intendere quello che intendiamo ottimamente mache non ci quadra, o come ci persuadiamo senza nessuna considerazione che

    sia falso quello che non intendiamo? Forse ci basta di mantenere in quiete lacoscienza nostra, e purchella con dubbi importuni non ci molesti, e ci lasciseguitare sicuramente e lietamente i nostri studi e i nostri scritti senza quellaformidabile svogliatezza che proviene dal timore di gittare il tempo e le fati-che, non ci curiamo daltro, e per questo fuggiamo di venire alle prese egiuochiamo largo, non temendo tanto il nemico che fuori quanto quelloch dentro di noi medesimi? No, per Dio, non sia cos; ma non cerchiamoaltro che il vero: e se tutto quello che abbiamo imparato vano, e se quelloche parea certo e falso, e quello che credevamo di vedere non si vedeva, equello che credevamo di toccare non si toccava, e se tanti altissimi ingegni, e

    tanti dotti e tanti secoli tutti n pi n meno si sono ingannati, sia con Dio.Non guardiamo che bisogner far conto di non avere fino ad ora studiato nsudato, anzi di avere e studiato e sudato da pazzi e per niente, dire addio ailibri quasi nostri amici e compagni, bruciare gli scritti nostri, e in sommafarci da capo, e giovani o vecchi che siamo, cominciare una vita nuova: ralle-griamoci pi tosto che ci sia toccato quello che a nostri maggiori non tocc,di conoscere finalmente il vero, e di questo vero gioviamoci noi e facciamochaltri si giovi parimente. Ma se nebbie e sogni e fantasmi sono pi tosto leopinioni moderne, e se i nostri antenati hanno veduto chiaro, e se la verit

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    Op. Grande biblioteca della letteratura italiana

    ACTA G. DAnna Thsis Zanichelli

    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    non ha penato tanti secoli a uscire al giorno, perch lasciamo che la gente siaconfusa e ingannata, e che la giovent nostra stia in forse di quale delle duedottrine sabbia a fidare? Confesso che un silenzio magnanimo pareva a mepure il meglio, anzi la sola cosa che convenisse ai veri savi in questa disputa:e lesempio de veri savi che non ci aprono bocca, non mi confermava nellamia opinione nella quale era fermissimo, ma mi consolava il vedere che il

    giudizio loro concordava in questo particolare col mio. Nondimeno s mol-te altre cose, come laver lette e considerate le Osservazioni del CavaliereLodovico di Breme intorno alla poesia moderna, secondoch la chiama egli,mhanno indotto a pensare che se forse il commuoversi di un uomo illustree il rompere quel silenzio disdegnoso potrebbe nuocere, il comparire di unuomo oscuro il quale dica non motti ma ragioni, non possa nuocere e possagiovare, perch n la sconfitta dun fiacchissimo combattente potr pregiu-dicare alla fama dellesercito, e caso chegli paresse aver fatto qualche cosa, sipotr stimare quante e quanto pi grandi ne farebbero i forti. Senzaltro leOsservazioni del Cavaliere a me paiono pericolose; e dico pericolose, perchsono per la pi parte acute e ingegnose e profonde, e questo, se a noi non par

    vero quello che pare al Breme, dobbiamo giudicare che sia pericoloso, po-tendo persuadere a molti quello che secondo noi falso, e che certamente di tanto rilievo quanto le lettere e la poesia. Per cos debole come sono, hodeliberato di vedere se laffetto che porto focosissimo alla mia patria e moltopi al vero, mi dar forza dicendo e per la patria e per quello chio credo vero.User, come ho detto, le ragioni, e niente altro che le ragioni: non so sesaranno metafisiche, ma saranno ragioni; e se non tutte o non molte nuove,da questo stesso facilmente si potr inferire che le opinioni di coloro che sichiamano romantici, posto che non sieno antiche, certo hanno radici anti-chissime, e con istrumenti dantichissimo uso si possono abbattere e sradica-

    re.E come mi terr lontano da molte usanze di quei che per laddietro

    sono venuti a quistione coi romantici, cos massimamente non proccurern mi vanter di non intendere, del qual costume si lagna il Breme a ragione,imperocch chi del continuo protesta di non intendere, quegli rifiuta ognicontroversia. Ma, dir pure quello che sento, a volere intender bene il Cava-liere e qualcheduno de romantici, forse alle volte non basta n il desiderio nlingegno, ma ci vuole un cuore che sappia aprirsi e diffondersi e palpitaredaltro che di paura o cose simili, e una mente non al tutto inesperta del

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    fuoco e dellimpeto delle arti belle. Ora se la mia mente sia tale, e se il miocuore abbia mai palpitato per cagione non vile, non cosa da farne discorso:basta chio penso davere intesi i ragionamenti del Cavaliere: questo per negli n altro lo dovr credere alle mie parole, ma s bene ai fatti, cio se io neldiscutere le osservazioni del Cavaliere, dar indizio daverle intese. Tratterdella poesia romantica non gi pienamente, che questo da vero sarebbe un

    carico disadatto alle mie spalle, ed io togliendolo mi mostrerei temerarionon coraggioso; ma quanto baster per tener dietro alle Osservazioni predet-te: e gi questassunto non piccolo, anzi io guardando come di lontano lafolla delle materie dentro la quale bisogna chio mi cacci, quasi mi sbigotti-sco, e non so che strada trover desser breve in tanta moltitudine di cose e intanta necessit desser chiaro. Tuttavia stimo che agitando le opinioni delBreme verr anche a tentare i fondamenti delle opinioni romantiche, se benequeste sono cos confuse e gregge e scombinate e in gran parte ripugnanti chebisogna quasi assalirle a una a una, e atterrata una parte delledifizio, laltranon pertanto si tiene in piede, segno non di fortezza ma di sconnessione, eper di debolezza. E incominciando dico che non paleser il nome mio, per

    non far vista di credere n che altri, letto quello chio scriver, possa deside-rare daver notizia di chi scrisse, n che il mio nome manifestato vaglia adarmi a conoscere, ignotissimo comegli . Per queste cagioni terr nascostoil mio nome, non per timore, o Italiani, chio non temer mai scrivendo ilvero e scrivendo come potr per voi, n lodio di chicchessia n il potere o lafama di chicchessia.

    Gi cosa manifesta e notissima che i romantici si sforzano di sviare ilpi che possono la poesia dal commercio coi sensi, per li quali nata e vivrfinattantoch sar poesia, e di farla praticare collintelletto, e strascinarla dalvisibile allinvisibile e dalle cose alle idee, e trasmutarla di materiale e fantasti-

    ca e corporale che era, in metafisica e ragionevole e spirituale. Dice il Cavalie-re che la smania poetica degli antichi veniva soprattutto dallignoranza, per laquale maravigliandosibalordamentedogni cosa, e credendo di vedere a ognitratto qualche miracolo, pigliarono argomento di poesia da qualunque acci-dente, e immaginarono uninfinit di forze soprannaturali e di sogni e dilarve: e soggiunge che presentemente, avendo gli uomini considerate e impa-rate, e intendendo e conoscendo e distinguendo tante cose, ed essendo per-suasi e certi di tante verit, nelle facolt loro non sono, dicegli co suoi termi-ni darte, compatibili insieme e contemporanei questi due effetti, lintuizione

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    logica e il prestigio favoloso: smagata dunque di questa immaginazione lamente delluomo. Ora da queste cose, chi voglia discorrer bene e da logico,segue necessarissimamente che la poesia non potendo pi ingannare gli uo-mini, non deve pi fingere n mentire, ma bisogna che sempre vada dietroalla ragione e alla verit. E notate, o lettori, sul bel principio quellapertissimae famosa contraddizione. Imperocch i romantici i quali saccorgevano otti-

    mamente che tolta alla poesia gi conciata comessi lavevano, anche la facol-t di fingere e di mentire, la poesia finalmente n pi n meno sarebbe spari-ta, e di netto si sarebbe immedesimata e diventata tuttuno colla metafisica,e risoluta in un complesso di meditazioni, non che abbiano soggettata piena-mente la poesia alla ragione e alla verit, sono andati in cerca fra la gentagliapresente di ciascheduna classe, e specialmente fra il popolaccio, di quelle pistrane e pazze e ridicole e vili e superstiziose opinioni e novelle che si poteva-no trovare, e di queste hanno fatto materia di poesia; e quello ch pi mira-bile, intantoch maledicevano luso delle favole greche, hanno inzeppate neversi loro quante favole turche arabe persiane indiane scandinave celtiche hannovoluto, quasi chelintuizione logicache col prestigio favoloso della Grecia non

    pu stare, con quello delloriente e del settentrione potesse stare. Ma di que-sta incredibile contraddizione daver fatto tesoro delle favole orientali e set-tentrionali dopo scartate le favole greche come ripugnanti ai costumi e allecredenze e al sapere dellet nostra, parler pi avanti a suo luogo. Ora tor-nando al Cavaliere, seguita egli dicendo immediatamente che la facolt im-maginativa sostanzialissima nelluomo, di maniera che non pu svanire nscemare, ma per lopposto arde oggi come sempre dessere invasa rapita in-namorata atterritaE PERFIN SEDOTTA (qui sta il punto); n avverr maiche non soggiaccia alleILLUSIONI delle forme armoniche, alle estasi dellasublime contemplazione, allefficacia dei quadri ideali, purch non sieno pi

    arbitrariDEL TUTTO, E DEL TUTTO nudi di analogia con quel vero chene circonda, o con quello ch in noi. Ed ecco come anchegli concede che lapoesia debba ingannare, la qual cosa poi asserisce e conferma risolutamentein cento altri luoghi delle sue osservazioni. A me pare di scorgere moltochiaramente che il Cavaliere medesimo arrivato a questo passo vide che il suoragionamento si piegava, e la punta si disviava, e sio non erro, quelle paroleperfino e del tutto sono la saldatura chegli ci volle fare, come tutto giorno sifa, dopo che quello, torcendosegli fra le mani, se gli fu rotto. Ma questasaldatura veramente di parole, perch dalle cose precedenti seguita che la

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    poesia non possa n debba ingannare, e se ella pu e deve ingannare, tutti iraziocini susseguenti del Cavaliere e dei romantici, non avendo dove posino, forza che caschino a terra. Imperocch non c chi non sappia che bisognadistinguere due diversi inganni; luno chiameremo intellettuale, laltro fanta-stico. Intellettuale quello per esempio dun filosofo che vi persuada il falso.Fantastico quello delle arti belle e della poesia a giorni nostri; giacch non

    pi quel tempo che la gente si guadagnava il vitto cantando per le borgatee pe chiassuoli i versi dOmero, e che tutta la Grecia raunata e seduta inOlimpia ascoltava e ammirava le storie dErodoto pi soavi del mele, ondepoi nel vederlo, luno diceva allaltro, mostrandolo a dito:Questi quegli cheha scritte le guerre di Persia, e lodate le vittorie nostre: ma oggi i lettori ouditori del poeta non sono altro che persone dirozzate e, qual pi qual meno,intelligenti: vero chil poeta in certo modo deve far conto di scrivere pelvolgo; se bene i romantici pare che vengano a volere per lo contrario chegliscriva pel volgo e faccia conto di scrivere per glintelligenti, le quali due cosesono contraddittorie, ma quelle che ho detto io, non sono; perch la fantasiadeglintelligenti pu bene, massime leggendo poesie e volendo essere ingan-

    nata, quasi discendere e mettersi a paro di quella deglidioti, laddove la fanta-sia deglidioti non pu salire e mettersi a paro di quella deglintelligenti. Oradi questi che ho detto essere i lettori o uditori del poeta, lintelletto non puessere ingannato dalla poesia, ben pu essere ed ingannata molte volte lim-maginativa. Il Cavaliere dunque e col Cavaliere i romantici quando gridanoche il poeta nel fingere sadatti ai costumi e alle opinioni nostre e alle veritconosciute presentemente, non guardano che il poeta non inganna glintel-letti n glingann mai, se non per avventura in quei tempi antichissimi cheho detto di sopra, ma solamente le fantasie; non guardano che sapendo noicos tosto come, aperto un libro, lo vediamo scritto in versi, che quel libro

    pieno di menzogne, e desiderando e proccurando quando leggiamo poesie,dessere ingannati e nel metterci a leggere preparando e componendo quasisenza avvedercene la fantasia a ricevere e accogliere lillusione, ridicola a direche il poeta non la possa illudere quando non sattenga alle opinioni e aicostumi nostri, quasi che noi non le dessimo licenza di lasciarsi ingannare piche tanto, e che ella non avesse forza di scordarsi n il poeta di farle scordaree opinioni e consuetudini e checchessia, non guardano che lintelletto in mezzoal delirio dellimmaginativa conosce benissimo chella vaneggia, e onninamentee sempre tanto crede al meno falso quanto al pi falso, tanto agli Angeli del

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    Milton e alle sostanze allegoriche del Voltaire quanto agli Dei dOmero,tanto agli spettri del Brger e alle befane del Southey, quanto allinferno diVirgilio, tanto che un Angelo collo scudo celeste di lucidissimo diamanteabbia difeso Raimondo, quanto che Apollo collegidairsutae fimbriataab-bia preceduto Ettore nella battaglia. In somma tutto sta, come ho detto daprincipio, se la poesia debba illudere o no; se deve, com chiaro che deve, e

    come i romantici affermano spontaneamente, tutto il resto non altro cheparole e sofisticherie e volerci far credere a forza dargomenti quello che noisappiamo che non vero; perch in fatti sappiamo che il poeta s come percristiano e filosofo e moderno che sia in ogni cosa, non cinganner mailintelletto, cos per pagano e idiota e antico che si mostri, cinganner lim-maginazione ogni volta che finger da vero poeta.

    Resta perci che questi potendo illudere come vuole, scelga dentro iconfini del verisimile quelle migliori illusioni che gli pare, e quelle pi gratea noi e meglio accomodate allufficio della poesia, ch imitar la natura, e alfine, ch dilettare. E sia pure pi malagevole a preparare quelle illusioni checi debbono quasi vestire dopinioni e consuetudini diverse dalle nostre: non

    obbligo n virt del poeta lo scegliere assunti facili, ma il fare che paianofacili quelli che ha scelti. Ora bisogna vedere se quel poeta che non va moltodietro alle opinioni e alle usanze doggid, posto che del rimanente sia granpoeta, diletta pi o meno gli animi, seconda pi o meno la natura e per tantoil buon gusto, di chi tuttavia sattiene alle cose presenti: imperocch mani-festo che quella strada la quale conduce al maggiore e sostanziale e sodo epuro e naturale diletto degli uditori, quella senzaltro va tenuta nella poesia,non potendo accadere che questa cinganni mai altro che limmaginativa.Ma forse, contuttochil volgo, non mica ieri n ierlaltro, ma da lunghissimotempo abbia finito di sentire la voce dei poeti, vorranno i romantici che

    anchegli debba essere effettivamente uditore o lettore del poeta; e questomentrech si sforzano di rendere la poesia quanto pi possono astrusa e me-tafisica e sproporzionata allintelligenza del volgo. Comunque sia, poniamoche questo possa essere indotto ad ascoltare o leggere i poeti: pi facilmentecreder che altri speri di farlo di quello che si possa fare; ma poniamo che siafatto, e che per anche lillusione intellettuale sia possibile al poeta:primieramente domando quale delle due sia meglio; o adattandosi alla reli-gione alle opinioni ai costumi e in questa maniera conciliandosi la credenzadel popolo, e contuttoci mentendo cos per la necessit della poesia; come

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    perch grandissima parte delle opinioni del popolo falsa, ingannarlo positi-vamente, e riempiergli la testa derrori e di fandonie, e conficcarci meglioquelle che ci sono, e confortarlo alle fanciullaggini, e accrescergli le supersti-zioni e gli spauracchi, e corroborargli lignoranza; o seguendo altre opinionie costumi, fingere in maniera che il volgo abbia s bene da tali finzioni queldiletto ch il fine della poesia, ma non le creda fuorch collimmaginativa, e

    quindi senza nessun danno. Imperocch, tratta materia di poesia dalla reli-gione e dalle opinioni e dai costumi presenti, di necessit deve accadere unadi queste tre cose; o che il poeta non menta mai, e non sia pi poeta; o chementendo inganni glintelletti del volgo, e gli noccia veramente edempiamente, sopraccaricandolo di credenze vane e malvage, atteso chinmateria di religione, secondo noi, qualunque credenza falsa malvagia; o cheglinganni solamente le immaginative, e da questo (conceduto che possa av-venire, che certo non avverrebbe se non di rarissimo, perch il volgo per lopi crederebbe da vero) discendo a quello chio voleva dire in secondo luogo,cio che potendo il poeta ingannare le fantasie anche quando non sattengaalle credenze e agli usi moderni, quello che s detto in proposito deglintel-

    ligenti, dee valere anche per glidioti; s che per questi parimente andrebberoscelte quelle finzioni che dilettassero meglio, pi o meno che ingannassero,stante chil fine della poesia non lingannare ma il dilettare: linganno pelpoeta un mezzo, capitalissimo certo, ma basta linganno dellimmaginazio-ne, se no nessuno deglintelligenti sarebbe dilettato dalla poesia, e quellin-ganno che pu stare col vero e proprio diletto poetico. Queste cose che hodette del popolo, bisogna intenderle dirittamente, il che avverto perch quasipare chio tenga contro i romantici che la poesia non debba esser popolare,quando e noi la vogliamo popolarissima, e i romantici la vorrebbero metafi-sica e ragionevole e dottissima e proporzionata al sapere dellet nostra del

    quale il volgo partecipa poco o niente. Ma gi ho notato due volte questacontraddizione dei romantici, e di contraddizioni la nuova filosofia ne ribocca;talmente che forse in progresso mi toccher qualche altra volta di combatteredue opinioni contrarie, luna delle quali savvicini alla nostra, e se il lettorenon ci guarder molto per minuto, gli dovr parere chio combatta me me-desimo. Ora cerchiamo quello che ho detto, cio quale delle due maniere siapi naturale nella poesia e pi sodamente dilettevole tanto aglintelligentiche aglidioti, voglio dire o lantica o la moderna.

    E lesperienza e la conversazione scambievole e lo studio e mille altrecagioni che non occorre dire, ci hanno fatti col tempo tanto diversi da quei

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    nostri primi padri che se questi risuscitassero, si pu credere che a stento ciravviserebbero per figli loro. Laonde non maraviglia se noi cos pratici edotti e cos cambiati come siamo, ai quali manifesto quello che agli antichiera occulto, e noto un mondo di cagioni che agli antichi era ignoto, e certoquello che agli antichi era incredibile, e vecchio quello che agli antichi eranuovo, non guardiamo pi la natura ordinariamente con quegli occhi, e nei

    diversi casi della vita nostra appena proviamo una piccolissima parte di que-gli effetti che le medesime cagioni partorivano ne primi padri. Ma il cielo eil mare e la terra e tutta la faccia del mondo e lo spettacolo della natura e lesue stupende bellezze furono da principio conformate alle propriet di spet-tatori naturali: ora la condizione naturale degli uomini quella dignoranza;ma la condizione degli scienziati che contemplando le stelle, sanno il perchdelle loro apparenze, e non si maravigliano del lampo n del tuono, e con-templando il mare e la terra, sanno che cosa racchiuda la terra e che cosa ilmare, e perch le onde sinnoltrino e si ritirino, e come soffino i venti ecorrano i fiumi e quelle piante crescano e quel monte sia vestito e quellaltronudo, e che conoscono a parte a parte gli affetti e le qualit umane, e le forze

    e gli ordigni pi coperti e le attenenze e i rispetti e le corrispondenze del grancomposto universale, e secondo il gergo della nuova disciplina le armoniedella naturae le analogiee le simpatie, una condizione artificiata: e in fattila natura non si palesa ma si nasconde, s che bisogna con mille astuzie e quasifrodi, e con mille ingegni e macchine scalzarla e pressarla e tormentarla ecavarle di bocca a marcia forza i suoi segreti: ma la natura cos violentata escoperta non concede pi quei diletti che prima offeriva spontaneamente. Equello che dico degli scienziati dico proporzionatamente pi o meno di tuttiglinciviliti, e per di noi, massime di quella parte di noi che non plebe, etra la plebe di quella parte ch cittadina, e di qualunque pi discosto dalla

    condizione primitiva e naturale degli uomini. Non contendo gi dellutile,n mi viene pure in mente di gareggiare con quei filosofi che piangono luo-mo dirozzato e ripulito e i pomi e il latte cambiati in carni, e le foglie dalberie le pelli di bestie rivolte in panni, e le spelonche e i tuguri in palazzi, e glieremi e le selve in citt: non del poeta ma del filosofo il guardare allutile eal vero: il poeta ha cura del dilettoso, e del dilettoso alla immaginazione, equesto raccoglie cos dal vero come dal falso, anzi per lo pi mente e si studiadi fare inganno, e lingannatore non cerca il vero ma la sembianza del vero.Le bellezze dunque della natura conformate da principio alle qualit ed ordi-

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    nate al diletto di spettatori naturali, non variano per variare de riguardanti,ma nessuna mutazione degli uomini indusse mai cambiamento nella natura,la quale vincitrice dellesperienza e dello studio e dellarte e dogni cosa uma-na mantenendosi eternamente quella, a volerne conseguire quel diletto puroe sostanziale ch il fine proprio della poesia (giacch il diletto nella poesiascaturisce dallimitazione della natura), ma che insieme conformato alla

    condizione primitiva degli uomini, necessario che, non la natura a noi, manoi ci adattiamo alla natura, e per la poesia non si venga mutando, comevogliono i moderni, ma ne suoi caratteri principali, sia, come la natura,immutabile. E questo adattarsi degli uomini alla natura, consiste in rimetter-ci collimmaginazione come meglio possiamo nello stato primitivo de no-stri maggiori, la qual cosa ci fa fare senza nostra fatica il poeta padrone dellefantasie. Ora che cos facendo noi, ci sapra innanzi una sorgente di dilettiincredibili e celesti, e che la natura invariata e incorrotta discopra allora nonostante lincivilimento e la corruzione nostra il suo potere immortale sullementi umane, e che in somma questi diletti sieno anche oggid quelli che noipendiamo naturalmente a desiderare sopra qualunque altro quando ci

    assettiamo ad essere ingannati dalla poesia, di leggeri si pu comprendere,soltanto che, oltre il fatto medesimo, si ponga mente alla nostra irrepugnabileinclinazione al primitivo, e al naturale schietto e illibato, la quale per modoinnata negli uomini, che gli effetti suoi perch sono giornalieri non si consi-derano, e accade in questa come in mille altre cose, che la frequenza impedi-sce lattenzione. Ma da quale altra fonte derivano e il nostro infinito affettoalla semplicit de costumi e delle maniere e del favellare e dello scrivere edogni cosa; e quella indicibile soavit che ci diffonde nellanima non sola-mente la veduta ma il pensiero e le immagini della vita rustica, e i poeti chela figurano, e la memoria de primi tempi, e la storia de patriarchi e di

    Abramo e dIsacco e di Giacobbe e dei casi e delle azioni loro ne deserti edella vita nelle tende e fra gli armenti, e quasi tutta quella che si comprendenella Scrittura e massimamente nel libro della Genesi; e quei moti che cisuscita e quella beatitudine che ci cagiona la lettura di qualunque poeta espressee dipinse meglio il primitivo, di Omero di Esiodo di Anacreonte, di Callimacosingolarmente? E quelle due capitali disposizioni dellanimo nostro, lamoredella naturalezza e lodio dellaffettazione, luno e laltro ingeniti, credo, intutti gli uomini, ma gagliardissimi ed efficacissimi in chiunque ebbe dallanatura indole veramente accomodata alle arti belle, provengono parimente

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    dalla nostra inclinazione al primitivo. E questa medesima fa che qualora ciabbattiamo in oggetti non tocchi dallincivilimento, quivi e in ogni reliquiae in ogni ombra della prima naturalezza, quasi soprastando,giocondissimamente ci compiacciamo con indistinto desiderio; perch lanatura ci chiama e cinvita, e se ricusiamo, ci sforza, la natura vergine e intat-ta, contro la quale non pu sperienza n sapere n scoperte fatte, n costumi

    cambiati n coltura n artifizi n ornamenti, ma nessuna n splendida ngrande n antica n forte opera umana soverchier mai n paregger, non chealtro, un vestigio dellopera di Dio. E che questo che ho detto, sia vero, chi di noi, non dico poeta non musico non artefice non dingegno grande esublime, dico lettore di poeti e uditore di musici e spettatore dartefici, dicoqualunque non cos guasto e disumanato e snaturato che non senta pi laforza di nessuna fuorch lorda o bassa inclinazione umana e naturale, - chi che non lo sappia e non lo veda e non lo senta e non lo possa confermare colracconto dellesperienza propria certissima e frequentissima? E se altri man-cano, chiamo voi, Lettori, in testimonio, chiamo voi stesso o Cavaliere: nonpu mancare a voi quellesperienza chio cerco, non pu ignorare il cuor

    vostro quei moti chio dico, non pu essere che la natura incorrotta, che ilprimitivo, che la candida semplicit, che la lezione de poeti antichi nonvabbia inebbriato mille volte di squisitissimo diletto; voi fatemi fede checome le forme primitive della natura non sono mutate n si muteranno, coslamore degli uomini verso quelle non spento n si spegner prima dellastirpe umana. Ma che vo io cercando cose o minute o scure o poco note,potendo dirne una pi chiara della luce, e notissima a chicchessia, della qualeciascuno, ancorch non apra bocca, mi debba essere testimonio? Imperocchquello che furono gli antichi, siamo stati noi tutti, e quello che fu il mondoper qualche secolo, siamo stati noi per qualche anno, dico fanciulli e parteci-

    pi di quella ignoranza e di quei timori e di quei diletti e di quelle credenze edi quella sterminata operazione della fantasia; quando il tuono e il vento e ilsole e gli astri e gli animali e le piante e le mura de nostri alberghi, ogni cosaci appariva o amica o nemica nostra, indifferente nessuna, insensata nessuna;quando ciascun oggetto che vedevamo ci pareva che in certo modo accen-nando, quasi mostrasse di volerci favellare; quando in nessun luogo soli,interrogavamo le immagini e le pareti e gli alberi e i fiori e le nuvole, eabbracciavamo sassi e legni, e quasi ingiuriati malmenavamo e quasi benefi-cati carezzavamo cose incapaci dingiuria e di benefizio; quando la maraviglia

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    tanto grata a noi che spessissimo desideriamo di poter credere per potercimaravigliare, continuamente ci possedeva; quando i colori delle cose quandola luce quando le stelle quando il fuoco quando il volo deglinsetti quando ilcanto degli uccelli quando la chiarezza dei fonti tutto ci era nuovo o disusa-to, n trascuravamo nessun accidente come ordinario, n sapevamo il perchdi nessuna cosa, e ce lo fingevamo a talento nostro, e a talento nostro labbel-

    livamo; quando le lagrime erano giornaliere, e le passioni indomite esvegliatissime, n si reprimevano forzatamente e prorompevano arditamen-te. Ma qual era in quel tempo la fantasia nostra, come spesso e facilmentesinfiammava, come libera e senza freno, impetuosa e istancabile spaziava,come ingrandiva le cose piccole, e ornava le disadorne, e illuminava le oscure,che simulacri vivi e spiranti che sogni beati che vaneggiamenti ineffabili chemagie che portenti che paesi ameni che trovati romanzeschi, quanta materiadi poesia, quanta ricchezza quanto vigore quantefficacia quanta commozio-ne quanto diletto. Io stesso mi ricordo di avere nella fanciullezza appresocollimmaginativa la sensazione dun suono cos dolce che tale non sode inquesto mondo; io mi ricordo dessermi figurate nella fantasia, guardando

    alcuni pastori e pecorelle dipinte sul cielo duna mia stanza, tali bellezze divita pastorale che se fosse conceduta a noi cos fatta vita, questa gi nonsarebbe terra ma paradiso, e albergo non duomini ma dimmortali; io senzafallo (non mimputate a superbia, o Lettori, quello che sto per dire) mi cre-derei divino poeta se quelle immagini che vidi e quei moti che sentii nellafanciullezza, sapessi e ritrargli al vivo nelle scritture e suscitarli tali e quali inaltrui. Ora che la memoria della fanciullezza e dei pensieri e delle immagina-zioni di quellet ci sia straordinariamente cara e dilettevole nel progressodella vita nostra, non voglio n dimostrarlo n avvertirlo: non uomo vivoche non lo sappia e non lo provi alla giornata, e non solamente lo provi, ma

    se ne sia normalmente accorto, e purchabbia filo dingegno e di studio, se nesia maravigliato. Ecco dunque manifesta e palpabile in noi, e manifesta epalpabile a chicchessia la prepotente inclinazione al primitivo, dico in noistessi, cio negli uomini di questo tempo, in quei medesimi ai quali i roman-tici proccurano di persuadere che la maniera antica e primitiva di poesia nonfaccia per loro. Imperocch dal genio che tutti abbiamo alle memorie dellapuerizia si deve stimare quanto sia quello che tutti abbiamo alla natura inva-riata e primitiva, la quale n pi n meno quella natura che si palesa e regnane putti, e le immagini fanciullesche e la fantasia che dicevamo, sono ap-

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    punto le immagini e la fantasia degli antichi, e le ricordanze della prima et ele idee prime nostre che noi siamo cos gagliardamente tratti ad amare edesiderare, sono appunto quelle che ci ridesta limitazione della natura schiettae inviolata, quelle che ci pu e secondo noi ci deve ridestare il poeta, quelleche ci ridestano divinamente gli antichi, quelle che i romantici bestemmianoe rigettano e sbandiscono dalla poesia, gridando che non siamo pi fanciulli:

    e pur troppo non siamo; ma il poeta deve illudere, e illudendo imitar lanatura, e imitando la natura dilettare: e dov un diletto poetico altrettantovero e grande e puro e profondo? e qual la natura se questa non ? anzi qual o fu mai fuorch questa?

    Nelle usanze e nelle opinioni e nel sapere del tempo nostro cerchere-mo la natura e le illusioni? Che natura o che leggiadra illusione speriamo ditrovare in un tempo dove tutto civilt, e ragione e scienza e pratica e artifizi;quando non luogo n cosa che abbia potuto essere alterata dagli uomini, incui la natura primitiva apparisca altrimenti che a somiglianza di lampo raris-simo, dovunque coperta e inviluppata come nel pi grosso o fitto panno chesi possa pensare; quando la maraviglia vergogna; quando non quasi specie

    non forma non misura non effetto non accidente menomissimo di passionechaltri non abbia avvertito e non avverta ed esplori e distingua e smidolli;quando il cuor nostro o disingannato dallintelletto non palpita, o se anchepalpita, corre tosto lintelletto a ricercargli e frugargli tutti i segreti di questopalpito, e svanisce ognillusione svanisce ogni dolcezza svanisce ogni altezzadi pensieri; quando si spiano e succellano gli andamenti dellanimo nostronon altrimenti che i cacciatori facciano le salvaggine; quando gli affetti imoti i cenni i diversi casi del cuore e della volont umana si prevedono epredicono come fanno gli astronomi le apparenze delle stelle e il ritornodelle comete; quando non persona dingegno alquanto vivo ed esercitato

    che non conosca lindole e i pregi e i difetti propri, e non sappia descrivere lecagioni de fatti e de pensieri suoi, e discutere le speranze e i timori della suavita futura, e pronosticare di se medesimo e delle vicende del cuor suo; quan-do la scienza dellanimo umano gi certa e quasi matematica e risolutamenteanalitica, secondo lidioma scolastico de moderni, per poco non sesponecon angoli e cerchi, e non si tratta per computi e formole numerali? Lavicendevole fratellanza delle scienze e delle arti, i miracoli dellindustria, lespe-rienze le scoperte gli effetti dellincivilimento daranno lena, secondoch diceil Cavaliere, alla fantasia? quelle cose che laffogano lavviveranno? la ragione

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    cha ogni poco la mette in fuga e la perseguita e lassalisce e quasi la sforza aconfessare chella sogna, lesperienza che lassedia e la stringe e le oppone alvolto la sua molestissima lucerna, la scienza che le contrasta e le sbarra tutti ipassi col vero, queste cose alimenteranno e conforteranno limmaginativa?Non le angustie, non le carceri non le catene danno baldanza alla fantasia, mala libert, n per lei sono campi le scienze n i ritrovati, ma dordinario fossi

    ed argini, n la molta luce del vero pu far bene a quella ch vaneggiatriceper natura, n di quelle cose onde sarricchisce lintelletto, sarricchisce la fan-tasia gi sterminatamente ricca per se stessa; ma la sua prima e somma ric-chezza consiste nella libert, ed il vero conosciuto ed il certo hanno per natu-ra di togliere la libert dimaginare. E se il fatto stesse come vogliono i ro-mantici, il confine dellimmaginativa sarebbe ristrettissimo ne fanciulli, esallargherebbe a proporzione che lintelletto venisse acquistando; ma per locontrario avviene chegli ne putti sia distesissimo, negli adulti mezzano, nevecchi brevissimo. Laonde, come vediamo chiarissimamente in ciascuno dinoi che il regno della fantasia da principio smisurato, poi tanto si varistringendo quanto guadagna quello dellintelletto, e finalmente si riduce

    quasi a nulla, cos n pi n meno accaduto nel mondo; e la fantasia che neprimi uomini andava liberamente vagando per immensi paesi, a poco a pocodilatandosi limperio dellintelletto, vale a dire crescendo la pratica e il sape-re, fugata e scacciata dalle sue terre antiche, e sempre incalzata e spinta, allafine s veduta, come ora si vede, stipata e imprigionata e pressochimmobile:e in questa sua condizione, o Lettori, la chiamano i romantici, la chiama ilCavaliere beatissima, e padrona ai vastissimi regni. Non per va creduto,come pare che molti facciano, che col tempo sia scemata allimmaginazionela forza, e venga scemando tuttavia secondoch saumenta il dominio dellin-telletto: non la forza ma luso dellimmaginazione scemato e scema; il qua-

    le e negli antichi ne per giovanezza n per maturit n per vecchiezza sallen-tava mai pi che un poco, e in noi, come piglia piede la signoria dellintellet-to, cos va calando finattantochin ultimo quasi manca. Resta la forza maoziosa, restano i campi per li quali soleva esercitarsi la foga della fantasia, machiusi dai ripari dellintelletto: a volere che limmaginazione faccia presente-mente in noi quegli effetti che facea negli antichi, e fece un tempo in noistessi, bisogna sottrarla dalloppressione dellintelletto, bisogna sferrarla e scar-cerarla, bisogna rompere quei recinti: questo pu fare il poeta, questo deve;non contenerla dentro le stesse angustie e fra le stesse catene e nella stessa

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    schiavit, secondo la portentosa dottrina romantica: e ogni volta che lim-maginativa rimessa da un vero poeta nella condizione che ho detto, chiamoil mondo in testimonio dellattivit chella palesa in questo medesimo tem-po nelle medesime nostre menti.

    Molti e gravissimi, o Lettori, sono i mali che ha recati allimmaginati-va il grande accrescimento della signoria dellintelletto, dalla podest dei quali

    la libera il poeta come e per quel tempo che pu. Ma il pregiudizio non toccail diletto solo, come porta la credenza comune: altre cose pi sostanziali,bench questa sostanzialissima, sono a parte del danno; e di ci non dub-bio che non savveda e non sattristi qualunque non dico poeta n oratore,ma filosofo veramente acuto e sublime, e diverso dai pi de filosofi choggistanno in lode e in riverenza. Qui potrei dire che la ragione in pressochinfinitecose nemica formale della natura; che la ragione nemica nelle cose umanedi quasi ogni grandezza; che spessissimo dove la natura grande, la ragione piccola; che per lo pi il grande nella stima degli uomini non altra cosa chelo straordinario, ma lo straordinario contro o fuori dellordine di cui laragione amica perpetua; che frequentissimamente vere ed eccessive

    piccolezze, perch sono straordinarie, si chiamano grandezze; che Alessandroe cento altri tali sono, secondo la natura e la fama, grandi, secondo la ragione,pazzi, e la pazzia, secondo la ragione, sempre piccolezza; che appena pusuccedere che altri sia grande e faccia cose grandi, sei non signoreggiatodalle illusioni, e che sia stimato grande, se le illusioni non hanno forza inaltrui; che quanto crescer limperio della ragione, tanto, snervate e diradatele illusioni, mancher la grandezza degli uomini e dei pensieri e dei fatti; cheil poeta sopra qualunque altro ha bisogno dillusioni potentissime, e deves-sere in mille cose straordinario e in alcune quasi pazzo, ma questo un tem-po di ragione e di luce che si burla deglinganni, e quando anche non volesse,

    a ogni modo li conoscerebbe, e conoscendoli gli sprezzerebbe; n concedefacilmente altrui dessere straordinario, ma per lo pi con quel nome formi-dabile cha imparato dalla ragione chiama la stranezza furore o stoltizia: pro-fonda miseria dogni arte bella e infinita calamit della poesia. Ma questo un soggetto oltremodo vasto, e i fondamenti di quello che ho detto circaallinimicizia della ragione e della natura, stanno nellintima considerazionedel composto universale delle cose: per non mi ci fermo, non volendo atanta moltitudine di materie essenziali e necessarie del mio discorso, aggiun-gerne delle superflue, quantunque confacevoli e strettissimamente affini al

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    soggetto. Faccio dunque tutto questo, non lodo i secoli antichi, non affermoche quella vita e quei pensieri e quegli uomini fossero migliori dei presenti,so che questi discorsi oggi shanno per vecchi e passati dusanza, lascio chaltrigiudichi a sua voglia delle cose chio potrei dire; sieno sogni di fantasiedisprezzatrici del presente e vaghe del lontano. Solamente dico che quella eranatura e questa non ; che lufficio del poeta imitar la natura, la quale non

    si cambia n incivilisce; che quando la natura combatte colla ragione, e forzache il poeta o lasci la ragione, o insieme colla natura, lufficio e il nome dipoeta; che questi pu ingannare, e per tanto deve collarte sua quasi traspor-tarci in quei primi tempi, e quella natura che ci sparita dagli occhi,ricondurcela avanti, o pi tosto svelarcela ancora presente e bella come inprincipio, e farcela vedere e sentire, e cagionarci quei diletti soprumani di cuipressoch tutto, salvo il desiderio, abbiamo perduto, onde sia presentementelufficio suo, non solamente imitar la natura, ma anche manifestarla, nonsolamente dilettarci la fantasia, ma liberarcela dalle angustie, non solamentesomministrare, ma sostituire; dico che chiamare la poesia dal primitivo almoderno, lo stesso che sviarla dallufficio suo, volerla spogliare di quel

    sovrano diletto ch suo proprio, tirarla dalla natura allincivilimento. Maquesto n pi n meno vogliono i romantici, e conveniva bene che questotempo, dopo averci snaturati indicibilmente tutti, proccurasse in fine di sna-turare la poesia, chera lultimo quasi rifugio della natura, e dimpedire agliuomini ogni diletto ogni ricordanza della prima condizione, e negasse il nomedi poeta a chiunque verseggiando non esprimesse i costumi moderni e lospegnimento dei primitivi e la corruzione degli uomini. Perch in sommauna delle principalissime differenze tra i poeti romantici e i nostri, nella qua-le si riducono e contengono infinite altre, consiste in questo: che i nostricantano in genere pi che possono la natura, e i romantici pi che possono

    lincivilimento, quelli le cose e le forme e le bellezze eterne e immutabili, equesti le transitorie e mutabili, quelli le opere di Dio, e questi le opere degliuomini. La qual differenza e riluce abbondantemente nei soggetti e nelledescrizioni e nelle immagini e in tutta la suppellettile e il modo e lelocuzionepoetica, e in tutto il complesso della poesia, ed chiara, fra le altre cose, perportare un esempio pratico, nelle similitudini, le quali i nostri proccuranocomunemente di pigliare dalle cose naturali, onde avviene che quelle pressoloro sveglino ad ogni poco nella fantasia de lettori mille squisitissime im-magini con maraviglioso diletto, ed stato gi notato che le similitudini de

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    sommi poeti sono per lo pi tratte dalle cose campestri; ma i romantici conaltrettanto studio singegnano di cavarle dalle cose cittadinesche, e dai costu-mi e dagli accidenti e dalle diverse condizioni della vita civile, e dalle arti e daimestieri e dalle scienze e fino dalla metafisica, e fino (quando pare che lasimilitudine debba fare in certo modo pi chiara la cosa assomigliata) arriva-no a paragonare oggetti visibili a questo o a quellarcano del cuore o della

    mente nostra; perch in sostanza pi chiaro del sole che i nostri cercano atutto potere il primitivo, anche trattando cose moderne, e i romantici a tut-to potere il moderno, anche trattando cose primitive o antiche. Laonde lesimilitudini di questi tali, e parimente di quasi tutti i poeti inglesi e tedeschi,nella gente che noi chiamiamo di buon gusto, cio naturale, fanno per la piparte un senso come grossolano cos spiacevolissimo, che mentre ella leggen-do saspetta e desidera di scordarsi dellincivilimento, a ogni tratto se lo vedeficcare avanti agli occhi; giacch presso quei poeti che ho detto, in cambio dimontagne e foreste e campi e spighe e fiori ed erbe e fiumi e animali e ventie nuvole, troverete del continuo castelli e torri e cupole e logge e chiese emonasteri e appartamenti e drappi e cannocchiali e strumenti manifatture

    officine dogni sorta, e cose simili. Che ve ne pare o Lettori? non un belcambio questo? non vedete che sono stufi dei vezzi celesti della natura, ecercano vezzi terreni? non vedete che quei diletti che non trovano pi o dico-no di non trovare nelle opere di Dio e nelle bellezze universali e perpetue, eche chiamano da bisavoli, gli accattano dalle particolari e caduche, e dallamoda e dalle fatture degli uomini? e in somma non vedetemanifestissimamente che noi schiavi noi pedanti noi matti amici dellarte,siamo i veri e propri amici e partigiani della natura, e questi liberi questi saviquesti amici della sola natura, sono assolutamente gli amici e i fautori eglimitatori dellarte?

    E bench questo sarebbe il luogo di commuoversi e di gridare, - Eccoil genere di poesia che vi manca, o Italiani: di queste cose siete detti poveri eignoranti: queste ricchezze vi promette chi dice di volervi rigenerare e risusci-tare: a questi studi siete esortati e incitati e stimolati; tuttavia mi conterr, nsopporter che il dolore, e la miseria dellargomento mi distacchi dalla mo-destia che si conviene a questo discorso non altrimenti che a me. Dirannoche quelle tali similitudini, e in genere la poesia romantica diletta soprammodoun infinito numero di persone. E dove bisognerebbe urlare, risponderposatamente. Tre cose fra le altre cagionano questo diletto. Prima la corru-

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    zione dei gusti, la quale come regna in molti poeti, cos parimente in moltilettori; e in genere, come le fantasie de poeti sono impastoiate, e avvezze edomestiche alla tirannia deglintelletti, cos anche le fantasie de lettori, ecome quelle per la maggior parte non sanno pi dilettare come debbono,cos queste non sanno come una volta essere dilettate. E che perci? Nonparvero un tempo Seneca e Plinio pi dilettevoli di Cicerone? Lucano pi di

    Virgilio? E quelle incredibili stravaganze del seicento non piacquero in tuttaquanta lItalia? E uno de pochi sani, a chi gli avesse allegato il consenso degliuomini in favore di quella barbarie, non avrebbe risposto allora questo me-desimo che rispondo io presentemente? e se fosse stato deriso, chi de dueavrebbe avuto ragione? il deriso o i derisori? E primieramente, posto che ilgenio alla poesia romantica sia tanto divulgato e potente in Europa, quantofu il genio alle pazzie del seicento in Italia, e soprattutto che qualunque dilettato dai romantici non possa essere dilettato dai nostri, domando checosa debbano fare quando il gusto sia magagnato e cattiva e torta la via tenu-ta dalla moltitudine, quei poeti e quegli scrittori che conoscono tutto que-sto, e sono immuni dalla corruttela. Sto a vedere che per iscriver cose dacontemporanei, non da bisavoli, dovranno adattarsi alla depravazione e com-porre piuttosto da barbari che da vecchi, e che nel seicento, come facevabenissimo lAchillini quando esclamava,

    Sudate, o fochi, a preparar metalli,

    cos operava pessimamente il Menzini, quando e fuggiva con ogni studioquello che il suo tempo cercava, e deridendo la goffaggine di quel gusto,scriveva fra laltre cose:

    Via cominciam; CO LFULMINETREMENDOMANDINPEZZIDI FLEGRALAMONTAGNA,

    E LBARATROA GIGANTIAPERSEORRENDOGIOVE, CHESPUNTAANCORCONLECALCAGNA.

    DELLAUREESTELLEISOLIDIADAMANTICHESONCERCHIACUI LCIELFADILAVAGNA.

    O che bel fraseggiare! o che galantiPensieri! Aspetto ancor che sien le stelleA forza darmonia palei rotanti.

    Sto a vedere che si portarono pedantescamente e da sciocchi il Gravinae il Maffei e gli altri che collopera e cogli scritti loro cacciarono finalmente

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    per rispetto di questo non ne potranno pi somministrare legittimamente.La seconda cagione del diletto recato dai romantici la rozzezza e du-

    rezza di molti cuori e di molte fantasie che di rado e appena saccorgono deitasti delicatissimi della natura: ci vogliono urtoni e picchiate e spuntonateromantiche per iscuoterle e svegliarle: gente alla quale i diletti fini e purissimisono come il rasoio alle selci: palati da sale e aceto, che par chabbiano fatto il

    callo ai cibi e liquori gentili. Questa durezza molti lhanno da natura, moltidallincivilimento, moltissimi da ambedue, corroborata potentemente o aiu-tata la disposizione ingenita, che forse avrebbe potuto cedere e illanguidire,dai costumi e dagli abiti e dalla snaturatezza cittadinesca. Nella fantasia dicostoro fa molto pi caso qualche lampada mezzo morta fra i colonnati dunchieson gotico dipinta dal poeta, che non la luna su di un lago o in un bosco;pi leco e il rimbombo di un appartamento vasto e solitario, che non ilmuggito de buoi per le valli; pi qualche processione o spettacolo o festa oaltra opera di citt, che non messe o battitura o vendemmia o potagione otagliatura di legne, o pastura di greggi o darmenti, o cura dapi o di fratte odi fossi o di rivi o dorti, o uccellagione o altra faccenda di agricoltori o di

    pastori o di cacciatori; pi lo stile corrotto e cittadinesco e moderno, che nonil semplice e primitivo. Non gi che questi non sieno capaci di nessuna dol-cezza naturale e fina, n che la natura di quando in quando non li solletichi ediletti senza chessi ci badino, ma nella poesia per un torpore dimmaginazio-ne che a smuoverla ci bisognano gli argani, e che pena a strascinarsi lontanouna spanna, vogliono oggetti presenti, che la fantasia non abbia da fare unpasso per trovargli, e si contentano del piacere secco e grosso di quelle taliimmagini, lasciando il sugoso e sostanzioso e squisito della natura e dellapoesia naturale. E oltrech limitazione dellincivilimento e dellarte a pettoallimitazione della natura soprammodo grossolana per se medesima, e per-

    ci meglio atta a fare impressione in quei cuori e in quelle immaginative, iromantici poi, cercando avidamente, e scegliendo con infinito amore le cosestraordinarie e pellegrine, e le sterminatezze e gli eccessi anche dove imitanoveramente la natura, menano a quelle fantasie manrovesci tali che la crostachhanno dintorno, per dura che sia, non ci pu reggere che non ne sbalzi viaqualche pezzo, restandone scoperto il vivo, o pi tosto, quantunque gli og-getti sieno lontani, tuttavia con quelle stranezze a marcia forza lespoltroniscono, e comech sia ce le tirano: onde quelle immaginazioni cheresistono eccellentemente ai sospiri dun poeta tenero e infelice per una don-

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    na di Avignone, non pu far che non cedano tanto o quanto ai ruggiti dunassassino per una Turca; e chi non batte palpebra se il poeta proccura di mo-strargli una riga di sangue sul petto dun guerriero giovane e valoroso, forzache dia segni di vita allo spettacolo dun soldato ubbriaco, sfondato e svisce-rato da una palla di cannone; e chi non piega punto il viso a un collicelloverde e battuto dal sole, bisogna pure che di filo dia qualche occhiata a una

    gran roccia stagliata e nuda che sporge dal fianco duna montagna, e pendeorribilmente sopra un abisso cupo non so quante miglia. Di questa durezzane partecipa pi o meno grandissima folla di persone, giacch finalmentecuori e fantasie cos molli che piglino a prima giunta le forme che il poetavuol dare, e dun senso cos squisito che saccorgano immantinente dei pileggeri tocchi, e in somma cuori e fantasie che seguano quasi spontaneamen-te il poeta dovech vada, e talvolta lo precedano, e sempre, come cordevivissime, risuonino spiccatamente alle menome percosse, non si trovanofuorch ne poeti (dico poeti per natura, facciano versi o non facciano): e perquesto s dubitato dagli antichi, e si dubita dai moderni se la moltitudine siagiudice competente del poeta; del qual dubbio so che cosa pensino i roman-

    tici; ma pensino a modo loro; io di questo non parlo: solamente dico (tor-nando al proposito di quei duri e difficili parte alla natura parte alla poesia):scrivano per questi tali quei poeti che li somigliano, scrivano i tedeschi eglinglesi, non glitaliani per Dio, fra i quali e non regna cos largamente, edordinario non molto intima n gagliarda quella durezza. E certo quellafacilit e cedevolezza di cuore e dimmaginativa, e anche quella mobilit evispezza che pu stare nelle fantasie volgari e che le assomiglia a quelle depoeti, e segnatamente quellindole adattata ad accogliere e sentire la soavissi-ma operazione della pura e delicata e santa natura che non n leziosa nferoce, n Sibarita n Scita, n spiritosa n spiritata, e non simit mai n

    colle smorfie n colle civetterie n colle arguzie sempiterne, n colle sfacciatezzen colle scapigliature n colle bestialit n cogli orrori sempiterni, e in brevei fondamenti del buon gusto, insieme con quelle faville di fuoco poetico chepossono essere disseminate per le fantasie popolari, sono stati conceduti daDio principalmente ai greci e aglitaliani; e per glitaliani intendo anche ilatini, padri nostri: delle altre nazioni, massime della tedesca e dellinglese, ionon dico niente; parlano i fatti.

    Lultima e capitalissima delle tre cagioni che ho detto, la singolarit,la quale sarebbe superfluo a dimostrare quanto smisuratamente possa nel-

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    limmaginazione: cos non occorre dire che spessissime volte lefficacia nellescritture tuttuno colla novit o rarit; onde vedremo accadere frequente-mente che quella cosa che un poeta o uno scrittore esprime, poniamo, conuna parola nuova o per se stessa o per luso, e quindi efficace talmente chesusciti a maraviglia ne Lettori limmagine o il moto conveniente, vengasignificata nello scrivere o nel favellare ordinario con una voce molto pi

    propria, ed anche per se stessa pi vigorosa ed espressiva; e nondimeno quel-laltra voce, solamente perch nuova, fa effetto pi che non avrebbe potutofare la parola corrente. E caso che quella o voce nuova o maniera di adoperar-la andasse in usanza, allora quel cotal passo efficace e notabile diventerebbeordinario, come senza fallo devessere accaduto a moltissimi luoghi di poetie scrittori antichi, in ispecie de pi studiati e imitati, e per massimamentedi Omero. Ed tanta la forza della singolarit nella poesia, che anche messain opera come non doveva, a ogni modo si fa sentire gagliardamente allestesse persone di buon gusto: saranno offese e stomacate da quelle immagini,ma converr che le veggano mal grado loro. Venendo dunque al caso nostro,non , si pu dire, in Europa, non in America nessun lettore di poeti che non

    abbia le orecchie pi o meno assuefatte alla maniera de greci e de latini,parte perch la maniera ordinaria appresso pi nazioni s de poeti e s dellaciurma de versificatori (la quale come in Italia vediamo ch infinita, cosfuori non ci lasciamo dare ad intendere che sia scarsissima); e fino queifavellatori sguaiati che affettano il parlar poetico, pigliano comunemente daessa e parole e frasi e concetti: lascio certi predicatori fioriti, come li chiama-no, i quali parimente accattano da essa la maggior parte de loro fiori; lasciotante infelici prose di qualsivoglia genere (e dicendo infelici ho detto quasi lostesso che innumerabili) sparse della stessa infioratura; e brevemente la foggiapoetica degli antichi tanto usuale e nota, massimamente fra noi, che n pur

    le orecchie della plebe lignorano affatto; ma anche fra i tedeschi e glinglesifra i quali la foggia romantica pi divulgata che altrove, non pare che perciluso della nostra sia poco frequente; certo leggono e citano e lodano allagiornata molte e molte loro poesie daltri tempi scritte al nostro modo; parteperch gli stessi poeti greci e latini sono conosciuti letti studiati usati maneg-giati da tutto quanto il mondo, dai tedeschi e daglinglesi specialmente; que-sti trattiamo nella puerizia; da questi, si pu dire, impariamo che cosa sienoversi e poesia; a questi esemplari conformiamo le prime idee che ci disegnia-mo in testa del verseggiare e del poetare; questi si stampano in tutte le forme,

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    si dichiarano in tutti i modi, si trasportano in tutte le lingue in tutti i dialetti;di questi si citano si ricordano saccennano tutto giorno, scrivendo parlando,da senno da burla, allusivamente espressamente, frasi versi sentenze immagi-ni descrizioni favole; questi vergogna non aver letti, non averne su per ledita fino alle menome finzioni, fino a un buon numero di concetti e di versi:in somma non c popolo incivilito appresso il quale i poeti greci e latini non

    facciano il forte della poesia; per non credo che ci sia popolo nella stima enellassuefazione di cui la maniera poetica de greci e de latini non sia lamaniera ordinaria: la poesia romantica (lasciando stare ch creduta nuova,almeno in parte o quanto allaccozzamento di cose non nuove) non ordina-ria alle orecchie inglesi e tedesche, straordinaria alle francesi, ma molto pialle italiane, perch i francesi, bench pare che facciano cattivo viso alla nuovadisciplina, un pezzo che hanno accolto, non le stravaganze, ma tuttaviagrandissima ed essenzialissima parte della poesia romantica. Ora stando cosle cose, che maraviglia che scuota meglio le immaginazioni una poesia nuo-va o poco familiare, che non unaltra a cui sono tanto assuefatte? che sinternimeglio una punta di stagno nuova e bene acuta, che non una dacciaio vec-

    chia e per lunga opera, ottusa? Stupisca o mi opponga lefficacia della poesiaromantica chi non conosce le fantasie degli uomini: io stupirei se succedessealtrimenti. Ma che dico le fantasie? Nessuna cosa umana conosce chi non sache lassuefazione fiacca le forze dei beni e dei mali, dei diletti e dei dolorispirituali e corporali, e quasi ci toglie il vedere e il sentire quello che vediamoe sentiamo continuamente, e che lavvezzare una delle tante forme onde iltempo va incessantemente cambiando e consumando.

    Tutto noia si fa, lamore e il suonoE i dolci canti e i graziosi balli,

    dice Omero; e in effetto, come ciascuno sa e predica, nessuna cosa tantobella n piacevole che a lungo andare non annoi: cos la nostra maniera poe-tica, essendo pur cosa umana per quanto sia dilettevole e prossima al divino,pu tediare senza fallo; del che qualunque la riprende, con molto pi conve-nienza riprenderebbe la natura delle cose, cio finalmente Iddio. Avviene nondi rado che taluno stufo del dolce sia pi dilettato dallamaro: diremo perquesto che lamaro sia un buon sapore? e che sia meglio del dolce? e che ildolce sia cattivo? Ma non parliamo del fastidio, parliamo della forza e deldominio della nostra maniera poetica sulle immaginazioni e sui cuori, chstenuato incredibilmente dalluso; dico della maniera in genere, allantichit

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    e volgarit della quale non maraviglia che prevalga la novit e singolarit diunaltra; che del resto la facolt di trovare e di far cose nuove non mancherfuorch insieme colla natura ai poeti che adopreranno quella stessa manieraantica, vale a dire aglimitatori della natura. E quanto alla poesia romantica,facciamo chella pigli piede, e si propaghi, e diventi, ch impossibile, cosconosciuta e trita e volgare com la nostra presentemente: allora si vedr che

    cosa ella possa per se medesima senza la novit: quando quel vocabolario difrasi e descrizioni e altre tali cose, che adesso perch nuovo o raro, svegliatante immagini e tanti moti, fatto vecchio e comune, non isveglier piniente, si vedr quanta parte di quel gran diletto, di quella gran forza deiromantici venisse dalle propriet, non sostanziali n intrinseche, ma estrinsechee casuali della poesia loro: n ci vuole troppo tempo n troppo uso perchquesto succeda, n tanto quanto n bisognato proporzionatamente per lapoesia nostra; che lo stagno non pena tanto a logorarsi quanto lacciaio: non-dimeno tolga Iddio chil mio detto sia confermato dallesperienza, e che lapoesia romantica sia rovinata dalluso: e quando io credessi che questa miascrittura dovesse giungere ai posteri, come so che non giunger, vorrei pi

    tosto che dubitassero se ci che ho detto sia vero, di quello che mi lodasserocome profeta, giacch meglio che molti dubitino, di quello che quasi tuttisieno corrotti, e che un secolo disputi, di quello che un mezzo secolo siabarbaro. Ora poich la poesia, come tutte le cose di questo mondo, a forzaduso si snerva, che rimedio ci trover questo nostro tempo scopritore eritrovatore? Stimo che acciocchella mantenga sempre quellefficacia che pro-viene dalla novit, bisogni mutar foggia di quando in quando, e come ades-so, in luogo dellantica, buona per li pedanti, e disadatta al tempo nostro,abbiamo la romantica, cos quando questa sar tanto o quanto appassita, sene debba mettere in sua vece unaltra, e dopo unaltra, e cos di mano in

    mano. Che andiamo noi cercando bellezze eterne e immutabili? Qualunquecosa non si muta, qualunque dura sempre, non fa per la poesia: questa vuolcose caduche, cose che si rinnuovino, cose che passino: abbia anchella le suemode, diventi leggera per esser sempre gagliarda; duri ciascuna foggia quantopu durare una moda: nella fama de poeti non fo variazione: duri a un dipresso quanto dura presentemente: spero che si potranno stampare i giornalettia posta, colle mostre di ciascheduna poesia che andr venendo in usanza,come adesso si stampano quelli delle altre mode colle loro figurine. Questepaiono burle, o Lettori; pur voi sapete e vedete quanto poco sieno lontane

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    dal fatto. Ma lasciamo queste fanciullaggini. La novit o singolarit che ca-giona principalmente lefficacia e il diletto della poesia romantica, non giquella degli oggetti, ma quella dellimitazione, la quale pu essere singolarein due modi, e per le forme sue proprie, cio se il poeta imiti in qualchemaniera straordinaria, e per gli oggetti, cio se il poeta imiti qualche oggettoo parte di oggetto che non soglia essere imitata nella poesia. E notate, o

    Lettori, che anche questa seconda singolarit propria veramente dellimita-zione e non degli oggetti, stante chio non ho detto che questi debbano esseresingolari, ma poco imitati. Anzi una delle cose che aiutano massimamente lapoesia romantica oltre alle tre considerate finora, che moltissimi degli og-getti chella imita, sono per noi comuni e presenti, e ci stanno o ci passanotutto giorno avanti agli occhi; dico segnatamente le cose cittadinesche e leusanze del tempo nostro. Imperocch allora grandissima lefficacia dellapoesia, quando limitazione rara, loggetto comune. E dico limitazionerara nelluno dei modi specificati qui sopra, o in tutti e due. Quest unaverit manifesta e notabilissima, che si dimostrerebbe facilmente e chiara-mente se ci occorresse altra prova che lesperienza di ciascheduno, e da cui si

    possono derivare molte e gravissime osservazioni intorno alla poesia, npedantesche n romantiche, i quali due generi sono assai meno discordi, anziassai meno dissimili che non pare. E da questo si comprende quanto siascaduta la condizione della poesia da quello chera anticamente; dico di quel-la poesia cheseguisce lufficio suo, che imita la natura e non larte, e perchcol tempo larte in moltissime cose ha prevaluto alla natura, perci quantoalla maniera primitiva e non moderna. Ora lefficacia di questa poesia chesola propriamente poesia, la doveano sentire gli antichi meglio di noi, comesappiamo che facevano, imperocch un tempo furono affatto ordinari inessa tutti e due queglinestimabili accidenti, la rarit dellimitazione e la fa-

    miliarit degli oggetti, le quali cose sono poi venute scemando luna e laltra.E quanto alla prima, ognuno vede che quando pochi poeti aveano cantato ecantavano, e le forme particolari e minute dellimitazione doveano essere ingrandissima parte rare anzi nuove, e di oggetti o parti doggetti non ancora opoche volte imitati ci doveva essere grande abbondanza: lascio che la poesiaper se medesima essendo sempre rara, doveva anche sempre essere per questoverso pi efficace. Tutto questo proporzionatamente va detto altres di queitempi meno remoti, i quali contuttochavessero buona quantit di poeti pas-sati e presenti, nondimeno le orecchie non erano cos piene di poesia come le

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    nostre. Quanto alla seconda, manifesto da s che infinite cose naturali eprimitive furono per gli antichi quando pi quando meno, prima somma-mente poi mezzanamente, sempre pi comuni e familiari che non sono pernoi, anzi molte furono comuni per loro, che sono quasi sparite dal mondo;non gi che la natura la quale non solamente ne circonda e preme da ogniparte, ma sta dentro di noi vivente e gridante, possa mai divenire straordina-

    ria per gli uomini; ma il mantello dellincivilimento che nasconde tante partidella natura, non allanimo n al desiderio nostro, ma pure agli occhi, na-scondeva assai meno agli antichi, molto meno ampio e molto pi rado, e untempo scarsissimo e trasparente; non odono pi il poeta la plebe e gli agricol-tori che una volta ludiano o pi tosto lo vedeano dipingere con tanto amorequegli oggetti e quelle faccende chessi aveano tutto il giorno avanti agli oc-chi e per le mani; sono periti i costumi primitivi o vicini ai primitivi; e nonsolamente questi, anche altri molto lontani da essi che tuttavia conservavanoun certo bellissimo color naturale (dico quelli de greci chebbero ai tempi,per esempio, di Pericle, e quelli de romani chebbero ai tempi di Silla e diCesare e dAugusto, e gli altri tali), sono parimente vecchi e remoti: il che, se

    bene giova alla maraviglia e a molte illusioni, pregiudica allevidenza, e allef-ficacia ordinaria della poesia. Queste cose i romantici presso cui limitazione cos straordinaria e buona parte degli oggetti cos comune, e che gridanotanto perchil poeta imiti le cose moderne e presenti, le avranno senzaltronon solamente ponderate ma sviscerate, e fatte norma del loro poetare. Ohper lappunto. In fatti cercano col candelino, come ho gi detto di sopra,quelle pi strane cose che si possono immaginare, o sieno semplicementestravaganze singolarissime per natura loro; e sieno eccessi di qualsivoglia ge-nere, segnatamente misfatti atrocisimi, cuori e menti dinferno, sterminisubbissi orrori diavolerie strabocchevoli, cos altre invenzioni da spaccamonti;

    o sieno oggetti forestieri lontanissimi dagli occhi e dalla consuetudine del-lEuropa o di quella tal nazione alla quale ciascuno di loro scrive, sconosciu-tissimi almeno ai sensi della pi parte e sovente di quasi tutti i Lettori loro; osieno costumi casi favole allegorie parimente forestiere e lontanissime, cheper noi spesso e in qualunque modo, e massimamente nelle poesie loro,sono tanti geroglifici; o finalmente sieno cose quantunque vicine e nostrali,tuttavia rare e poco note o ignote alla moltitudine, come dire animali infer-mit officine lavorii strumenti, edifizi di costrutture singolari, che pochi hannoveduto o sentito, o che si vedono o sentono di rado, avvenimenti che poche

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    volte succedono, e cose tali: in somma, chi non sapesse che vogliono anche ilmoderno e il comune anzi il triviale, parrebbe, come effettivamente pare aprima vista, che in vece del comune non cercassero negli oggetti altro che ilsingolare, non gi specificamente quello rispettivo alla poesia (vale a dire chequesta non soglia imitare quei tali oggetti), ma il singolare in genere, ciotanto questo, quanto il rispettivo a paesi nostri e lassoluto; e che non a bello

    studio ma per mero accidente sabbattessero a imitare oggetti comuni, cioperch questi sono anche tali da non poter essere stati molto imitati dallapoesia. E viene in parte da questo amore verso la singolarit che fanno incettadi cose vili e oscene e fetide e schifose, non istraordinarie in nessun modo pers, n rispettivamente a paesi nostri, ma s bene rispettivamente alla poesia,perch finora i poeti erano stati cigni e non corvi che volassero alle carogne;ma i romantici perch queste carogne sono intatte, e per possono far effet-to, ci vanno sopra di tutta voglia, e ci ficcano e sguazzano il becco e lugne. Eviene parimente da esso bellamore, se non in tutto, almeno in parte, quellasegnalatissima propensione al terribile o vogliamo allorribile, per cui riget-tando, come ho detto pi sopra, quasi tutte le idee fanciullesche, nondime-

    no accolgono, anzi raccolgono con molta cura, insieme colle altre pi mo-struose, principalmente le terribili. Ma di questa propensione, perch ricer-cherebbe un lungo discorso, non voglio entrare a parlare: e venendo aglioggetti straordinari o assolutamente o relativamente a paesi nostri, vedete oLettori, come la nuova scuola senta bene avanti in quella che chiamanopsico-logia, della quale reputa e dice a tutte lore se stessa maestra e regina, e noialtri ignoranti. Imperocch, non vi par egli? chiaro che limmagine dunoggetto a chi non lha visto mai, o solamente una o due volte in sua vita, oanche non ha pure un barlume del come fatto, per qualche parola chegliene dica il poeta, gli deve alla bella prima sorgere nella fantasia spiccatissima

    e intera. manifesto che chi non ha mai veduto n anche dipinta una Giraffaun vitello marino una Diomedea una palma una meschita o cose simili, oquando pure nabbia veduto qualcheffigie, non ne serba nessuna o quasinessuna traccia nella fantasia, letti quattro versi dun romantico, creder su-bito di vederle. Il poeta ordinariamente non dipinge n pu dipingere tuttala figura, ma d poche botte di pennello, e dipinge e pi spesso accennaqualche parte, o sgrossa il contorno con entrovi alcuni tratti senza pi: lafantasia, quando conosce loggetto, supplisce convenientemente le altre par-ti, o aggiunge i colori e le ombre e i lumi, e compie la figura. Cos quando

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    noi vediamo quei ritagli doggetti che i pittori figurano in sullestremo dequadri, o fingendo che la vista del rimanente sia parata da altri oggetti, comenel vedere il davanti o il di dietro o il profilo, per esempio, di persona dipin-ta, cimmaginiamo tutta la persona, similmente allora, purch conosciamoquei tali oggetti, sapendo com fatta a un di presso quella parte che nonvediamo, e supponendo che non manchi, ci formiamo bene e conveniente-

    mente nella fantasia la figura intiera. Cos quando vediamo una faccia umanadisegnata o incisa a chiariscuri, o anche semplicemente delineata, la fantasiaci aggiunge i colori naturali, e se bisogna la ombreggia e lumeggia. Ma se noinon conosciamo gli oggetti imitati dal poeta, e questi ce ne mostra solamen-te alcune parti o vero i contorni, non pu fare che non succeda luna diqueste tre cose; o che la fantasia nostra vedendo chiaramente secondo la suamaniera di vedere le parti mostrate dal poeta, non ci aggiunga niente, e ledovr essere molto dilettevole il vedere quelle teste o mezze teste, e quellecode, e quei pezzi di strumenti o di arnesi forestieri o mal noti, sospesi in ariacos per miracolo: (ma questo non pu succedere, perch noi nel vedere, peresempio, una testa dipinta, non ce la immaginiamo sola e staccata, se non

    quando il pittore non ha finto di nascondere il resto del corpo, ma lhadintornata e terminata in maniera da farla stare isolata e da s, giacch alloranon possiamo supporre che quello che non vediamo, contuttoci non man-chi, quantunque non apparisca, ma conosciamo intieramente che non caltro fuori di quello che vediamo); o che aggiunga il rimanente a capriccio ea ventura, facendo tanti ippogrifi e tanti ircocervi e tanti innesti chimericicon quel diletto che pu scaturire dal mostruoso; o che non veda n aggiun-ga nulla, o se pur vede, aggiunga oscuramente e confusamente, come se unpittore ci mostrasse soltanto le zampe o le corna di una bestia sconosciuta, oce ne sbozzasse il dintorno; e questo appunto quello che avviene. E posto

    pure chil poeta disegni e colorisca per minuto tutta quanta la figura, il chenon pu quasi mai; e quelle stesse parti che pu dipingere, come non deves-ser difficilissimo che le rappresenti evidentemente alle fantasie quando log-getto non conosciuto, e quasi impossibile quando questo ha poco che farecon quelli che conosciamo, o vero ha certe qualit o parti che la fantasia nonsi pu giovar molto degli oggetti che conosce per congetturarle a dovere;mentre vediamo quanto sia raro che altri ci svegli la vera idea di questi talioggetti, favellando e gestendo, e figurando cogli atti e coi moti quello chedescrive colle parole, e aiutando la favella il meglio che pu con cose visibili,

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    e mentre non ce la svegliano gli scrittori pi accurati con molte pagine diprosa, se finalmente non ci pongono quegli oggetti sotto gli occhi, effigiatiin qualche maniera? Ed ecco lefficacia di questa singolarit, ecco la grandescienzapsicologicadella nuova scuola, che sapendo come ha molta forza nellapoesia la novit o la rarit, non mette differenza tra quella ch propria del-limitazione e quella ch propria degli oggetti i quali per lopposto vorreb-

    bero esser comuni. E non parlo qui del maraviglioso, il quale so che richiedecose straordinarie e queste non dico di qual fatta debbano essere; parlo ingenere di tutta la poesia; parlo delle similitudini dei traslati delle immaginiusuali, del linguaggio poetico del magazzino de romantici, il quale non so diche altri oggetti propri sia corredato, fuorch parte comuni ma fin qui origettati o poco amati dalla poesia, parte singolari e stravaganti. Anche noiveramente vogliamo, o pi tosto la condizione de tempi vuole chil poetaimiti molte cose presentemente non comuni, dico le primitive; ma questenon possono essere strane se non a quello a cui sia strana la natura; ne abbia-mo tutti come i germi in noi stessi, e le idee se non chiare almeno confuse, ela inclinazione verso loro naturale e concreata; siamo stati tutti fanciulli, e

    partecipi formalmente delle cose primitive, e sudditi alla natura primitiva;non finita nel mondo la vita campagnuola, n finir, perch insieme fini-rebbe la vita cittadinesca, ma diffusa necessariamente per tutta la terra epoco meno che avanti agli occhi di tutti glinciviliti, e conserva una granparte di quei costumi che sono spariti dalle citt; appena si pu dire che lecose primitive non sieno comuni: contuttoci non neghiamo che la condi-zione de poeti nostri non sia per rispetto a questo inferiore a quella degliantichi, riputiamo e chiamiamo svantaggio e disastro della poesia, che tantisoggetti propri della imitazione poetica sieno diventati meno comuni, affer-miamo che il poeta bisogna chabbia gran riguardo alle cose presenti, che ha

    mestieri adesso di molto pi arte che non un tempo. E i romantici che con-dannano come lontane quelle cose che o lontane o no che sieno quanto allarealt, saranno sempre vicine e allimmaginativa e al desiderio nostro, essimedesimi non forzati dalla necessit, non dallindole propria della poesia,non dalla condizione de tempi, n anche per un capriccio passeggero, ma perproposito certo e costante saffaticano e singegnano a tutto potere di trovarcose lontanissime o singolarissime (che, facciamo conto, tuttuno, se nonpeggio); e mentre non consentono che si pigli materia di poesia dallantichitnostra, la pigliano dallAsia e dallAffrica e dallAmerica; e mentre non vo-

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    gliono che si canti ai bisavoli, cantano agli antipodi (lascio che di costoronon cantano solo il presente ma eziandio lantichissimo): e poi si glorianoche lAsia e lAffrica e lAmerica e tutto il mondo tributario de versi loro;e poi riprendono e scherniscono i poeti nostri dicendo che scrivono a pochi,mentrech tanta parte de loro versi per fare leffetto suo, vorrebbe un uomoche, fra le altre cose, avesse veduto tutto il mondo, e non basterebbe, giacch

    n meno a costui potrebbero esser comuni e familiari gli oggetti di tutto ilmondo. In somma contraddizioni e poi contraddizioni, in somma errori,assurdi, stravaganze, fanciullaggini, in somma nessuna candidezza nessunarealt, in somma un ammasso un caos di sofisticherie di frenesie di mostruo-sit di ridicoli, il dono, o mia patria, che tofferiscono non dico i nemicinon gli stranieri, ma i figli. Taluno dir: non affermavi tu poco sopra che lapoesia romantica molto efficace? Efficace ho chiamata quella parte dellapoesia romantica la quale imita oggetti comuni o non singolari; efficace intutti, anche nelle persone di buon gusto, quantunque non altrimenti che ilpuzzo in chiunque ha odorato, e massime in chi lha buono. Efficace hodetto altres quella parte che imita oggetti singolari, ma efficace nelle persone

    di fantasia dura e torpida, per le quali ci vogliono cose o presentissime olontanissime; non gi che le immagini di queste seconde, figurate dal poeta,le vedano costoro meglio degli altri; anzi le vedono oscuramente e senzaparagone pi nebbiose e pi slavate che altri non vede le immagini di cose npresentissime n troppo lontane, le quali essi non arrivano a vedere, perchn sadattano alla inerzia della fantasia loro, rappresentando cose fra le qualiei saggirino continuamente, n la vincono col fracasso e collurto della novi-t della stravaganza della maraviglia. Questi tali dunque fra il poco e il nien-te, scelgono senza nessuna dubitazione il poco, attoniti che la poesia li facciapur finalmente vedere qualche cosa; e parendo loro un gran che, quello che

    ad altri pare una gran miseria, preferiscono di gran lunga i romantici che lifanno veder poco e male, ai nostri che fanno veder molto e bene altre fantasiema non le loro. In questo modo le stravaganze delle poesia romantica sono,come ho detto, efficaci in costoro, non assolutamente, ma rispetto alla poe-sia nostra. La qual efficacia chi non conosce quanto agevolmente e con quan-to poco dingegno e di costo si provveda? Chi non sa che si coglie pi facil-mente nel vero imitando lo straordinario che lordinario? che in tutte le artibelle regolarmente molto pi facile a imitare le cose eccessive che le mezza-ne? Lascio quando non simita ma sinventa; lascio che a qualunque o pittore

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    o scultore o altro tale artefice molto pi agevole il figurare di suo capo undemonio orribilissimo, che non il ritrarre una persona non deforme; lascioche se, posto un oggetto da imitare, pi facile il contraffarlo migliore cheinon , di quello che tale qual , molto pi sar facile il contraffarlo peggiore.Mi vergogno, o Lettori miei, di scriver cose che al presente, non dico voi, male sanno per poco i fanciulli, il che non fo solamente adesso, ma ho fatto gi

    pi volte in questo discorso, e per avventura far; se non che penso come lacolpa non tanto mia che ricordo cose note, quanto di quelli che mostranodignorarle. Certo, o Italiani, che se quella gente dura che dicevamo, vi pares-se e molta fra voi, e degna della poesia, se credeste che il poeta dovesse cantarea quelli che la natura non ha fatti per ascoltarlo, se non giudicaste che in veceche la poesia debba infracidire per amor loro, questi tali debbano lasciarla dacanto, e badare a cose alle quali sieno meglio adattati, giacch si vive in que-sto mondo anche senza poesia, brevemente se per qualunque o ragione oghiribizzo vi piacesse di tener dietro ai poeti inglesi e tedeschi, vi manchereb-be la lena, e non sareste da tanto da dipingere in luoghi deserti e nascosti efavorevoli allassassinio, quarti di masnadieri, fumanti grondanti marciosi,

    pendenti da alberi insanguinati, braccia gambe con parti di schiena e di ven-tre orlate di strambelli; da mostrare uomini scelleratissimi, disperati urlanti,che si sbalzassero gi da rupi alte quant unocchiata, notare lo schiacciamentodel cranio e lo sprazzo delle cervella e lo spaccamento e lo sfracellamento ditutto il corpo, e le interiora tutte nudate e sparpagliate, e ogni cosa affogatain un pantano di sangue nero e gorgogliante; da introdurre di notte in came-re buie, rischiarate a poco a poco da un barlume pallido e sommesso, schele-tri o cadaveri che fiottando e scrollando catene, sincurvassero sul letto eaccostassero la faccia gialla e sudata alla faccia di persona viva, giacente senzavoce senza respiro, assiderata dallo spavento. E non pi tosto il far cose di

    questa lega sarebbe un giuoco per voi, e se ricusate di poetare e di applaudirea chi poeta in questa forma, se non mettete la gloria vostra, compatriotti deiprimi poeti del mondo rinato agli studi, nel seguitare i poeti inglesi e tede-schi, se vi stomacate, se virritate con me, se appena vi tenete di stracciarequesta carta dove ho solamente accennato quello che a voi converrebbe di-pingere, viene che non credete degno della poesia quello ch indegno dellascrittura pedestre e del ragionamento familiare; viene che se non sieteeffemminati e superstiziosi nel conservare la dignit e la venust degli scrittivostri come una nazione vostra vicina, che si spaventa della propriet delle

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    Giacomo Leopardi Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica

    Ora da tutto questo e dalle altre cose che si son dette, agevolmente sicomprende che la poesia dovette essere agli antichi oltremisura pi facile espontanea che non pu essere presentemente a nessuno, e che a tempi nostriper imitare poetando la natura vergine e primitiva, e parlare il linguaggiodella natura (lo dir con dolore della condizione nostra, con disprezzo dellerisa dei romantici) pressoch necessario lo studio lungo e profondo de

    poeti antichi. Imperocch non basta ora al poeta che sappia imitar la natura;bisogna che la sappia trovare, non solamente aguzzando gli occhi per iscorgerequello che mentre abbiamo tuttora presente, non sogliamo vedere, impeditidalluso, la quale stata sempre necessarissima opera del poeta, ma rimoven-do gli oggetti che la occultano, e scoprendola, e diseppellendo e spastando enettando dalla mota dellincivilimento e della corruzione umana quei celestiesemplari che si assume di ritrarre. A noi limmaginazione liberata dallatirannia dellintelletto, sgombrata dalle idee nemiche alle naturali, rimessanello stato primitivo o in tale che non sia molto discosto dal primitivo,rifatta capace dei diletti soprumani della natura, dal poeta; al poeta da chisar? o da che cosa? Dalla natura? Certamente, in grosso, ma non a parte a

    parte, n da principio; vale a dire appena mi si lascia credere che in questitempi altri possa cogliere il linguaggio della natura, e diventare vero poetasenza il sussidio di coloro che vedendo tutto il d la natura scopertamente eudendola parlare, non ebbero per esser poeti, bisogno