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L’ESPERIENZA DEI “PATTI PER LA SICUREZZA” NEL TRIENNIO 2007-2009 di VINCENZO ANTONELLI 1. Introduzione Il ricorso allo strumento pattizio da parte delle am- ministrazioni operanti ai diversi livelli di governo per ga- rantire la sicurezza delle comunità locali segna il punto di incontro tra la crescente dimensione locale della sicu- rezza e la necessità di coordinare ed integrare le politi- che dei diversi attori pubblici. Tra le norme che hanno contribuito a far emergere il carattere locale della sicurezza sono da annoverare le di- sposizioni che hanno provveduto al trasferimento di fun- zioni amministrative statali verso gli enti territoriali. Si tratta degli articoli 18 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e degli articoli 158-164 del decreto legislativo n. 112 del 1998. Se per il provvedi- mento del 1977 le funzioni amministrative relative alla materia “polizia locale urbana e rurale” concernono le attività di polizia che si svolgono esclusivamente nell’am- bito del territorio comunale e che non sono proprie delle competenti autorità statali, per il decreto legislativo del 1998 le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale comprendono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che posso- no essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali ven- gono esercitate le competenze, anche delegate, delle re- gioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione del- l’ordine pubblico e della sicurezza pubblica. L’attribuzione alle istituzioni locali di maggiori com- piti in materia di sicurezza è stata accompagnata, sin dai primi anni ’80, dalla previsione di forme di collaborazio-

L’ESPERIENZA DEI “PATTI PER LA SICUREZZA” … · 1 L’ESPERIENZA DEI “PATTI PER LA SICUREZZA” NEL TRIENNIO 2007-2009 di V INCENZO A NTONELLI 1. Introduzione Il ricorso

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L’ESPERIENZA DEI“PATTI PER LA SICUREZZA”

NEL TRIENNIO 2007-2009

di VINCENZO ANTONELLI

1. Introduzione

Il ricorso allo strumento pattizio da parte delle am-ministrazioni operanti ai diversi livelli di governo per ga-rantire la sicurezza delle comunità locali segna il puntodi incontro tra la crescente dimensione locale della sicu-rezza e la necessità di coordinare ed integrare le politi-che dei diversi attori pubblici.

Tra le norme che hanno contribuito a far emergere ilcarattere locale della sicurezza sono da annoverare le di-sposizioni che hanno provveduto al trasferimento di fun-zioni amministrative statali verso gli enti territoriali. Sitratta degli articoli 18 e 19 del decreto del Presidente dellaRepubblica n. 616 del 1977 e degli articoli 158-164 deldecreto legislativo n. 112 del 1998. Se per il provvedi-mento del 1977 le funzioni amministrative relative allamateria “polizia locale urbana e rurale” concernono leattività di polizia che si svolgono esclusivamente nell’am-bito del territorio comunale e che non sono proprie dellecompetenti autorità statali, per il decreto legislativo del1998 le funzioni ed i compiti amministrativi relativi allapolizia amministrativa regionale e locale comprendonole misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che posso-no essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nellosvolgimento di attività relative alle materie nelle quali ven-gono esercitate le competenze, anche delegate, delle re-gioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messiin pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione del-l’ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

L’attribuzione alle istituzioni locali di maggiori com-piti in materia di sicurezza è stata accompagnata, sin daiprimi anni ’80, dalla previsione di forme di collaborazio-

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ne operativa e strutturale tra le amministrazioni territo-riali e quelle statali.

Inizialmente la collaborazione ha avuto ad oggettole attività svolte dai corpi di polizia locale e dalle forzedi polizia statali, connotandosi come collaborazione“operativa”. Si passa dall’articolo 15 della legge n. 121del 1981 che ha stabilito che le autorità provinciali dipubblica sicurezza, ai fini dell’ordine e della sicurezzapubblica e della prevenzione e difesa dalla violenza ever-siva, possono sollecitare la collaborazione delle ammini-strazioni locali e mantenere rapporti con i sindaci deicomuni, all’articolo 3 della legge n. 65 del 1986 che haintrodotto una possibile collaborazione della polizia mu-nicipale con le forze di polizia dello Stato, previa dispo-sizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifi-che operazioni, motivata richiesta dalle competenti au-torità.

Allo stesso tempo si è inteso valorizzare la collabora-zione “strutturale” attraverso l’integrazione della com-posizione del comitato provinciale per l’ordine e la sicu-rezza pubblica che, sebbene definito organo di consulen-za del prefetto, dovrebbe costituire a livello locale la sedeprivilegiata per il confronto e il coordinamento tra i di-versi attori istituzionali (art. 20, l. 121 del 1981). Con ildecreto legislativo n. 279 del 1999 la partecipazione alcomitato è stata estesa al sindaco del comune del capo-luogo e al presidente della provincia, nonché ai sindacidegli altri comuni interessati, quando devono trattarsiquestioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali. Inoltre,è stata introdotta la possibilità che il comitato sia convo-cato quando lo richieda il sindaco del comune capoluogodi provincia per la trattazione di questioni attinenti allasicurezza della comunità locale o per la prevenzione ditensioni e conflitti sociali che possono comportare turba-menti dell’ordine e della sicurezza pubblica in ambitocomunale.

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2. Gli strumenti pattizi

Risale ai primi anni ’90 l’introduzione di una specifi-ca disciplina degli strumenti pattizi per il governo dellasicurezza locale. L’articolo 12, comma 8 del decreto leg-ge n. 152 del 1991, convertito in legge n. 203 del 1991, hariconosciuto la possibilità di realizzare a livello provin-ciale, secondo le direttive emanate dal ministro dell’in-terno, piani coordinati di controllo del territorio da at-tuarsi a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato edei comandi provinciali dell’arma dei Carabinieri e dellaGuardia di finanza, ai quali possono partecipare, previarichiesta al sindaco, contingenti dei corpi o servizi di po-lizia municipale.

Alla logica della collaborazione rispondono anche glispecifici protocolli di intesa che, stipulati con gli organiistituzionalmente preposti alla tutela dell’ordine e dellasicurezza pubblica, possono accompagnarsi, secondo ladeliberazione Cipe del 21 marzo 1997 (senza oneri a ca-rico della finanza di patto) ai patti territoriali e ai con-tratti d’area, al fine di conseguire obiettivi di rafforza-mento delle condizioni di sicurezza. Protocolli d’intesaed accordi che il ministro dell’interno, a norma dell’arti-colo 7 del d.P.C.M. 12 settembre 2000, può promuoverenell’ambito delle iniziative occorrenti per incrementarela reciproca collaborazione fra gli organi dello Stato, leregioni e le amministrazioni locali, per conseguire speci-fici obiettivi di rafforzamento delle condizioni di sicu-rezza delle città e del territorio extraurbano.

La necessità di garantire un coordinamento delle mol-teplici e variegate iniziative in materia di sicurezza sul ter-ritorio, ha spinto il legislatore ad estendere l’utilizzo deipiani coordinati di controllo del territorio anche ai mag-giori centri urbani, e a prevedere che gli stessi possano es-sere attivati nell’ambito di specifiche intese con i sindaci(art. 17, comma 1, l. 128/2001). Di recente la legge n. 125del 2008 ha previsto che i piani coordinati di controllo delterritorio possono realizzarsi anche per specifiche esigenzedei comuni diversi da quelli dei maggiori centri urbani.

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Inoltre, con la stipula di appositi protocolli di intesatra comuni e prefetture possono essere stabilite le moda-lità con le quali gli appartenenti alle forze dell’ordine pos-sono prestare assistenza a soggetti portatori di handicap,persone anziane o altrimenti impedite qualora siano vit-time di reati (art. 17, comma 2, l. 128/2001).

Il descritto quadro normativo ha dunque alimentatoun crescente utilizzo a livello locale degli strumenti con-sensuali, in particolare dei protocolli d’intesa e dei patti.Dopo il primo protocollo d’intesa relativo alla città diModena del 1998, ne sono stati sottoscritti fino al 2006oltre 250. I protocolli d’intesa hanno avuto ad oggettosoprattutto la sicurezza di singole città e sono stati stipu-lati dai prefetti e dai rappresentanti delle comunità locali(sindaci, presidenti di provincia, presidenti di regione).A questi bisogna aggiungere gli oltre 60 protocolli di le-galità, strumenti di sicurezza partecipata utilizzati soprat-tutto nel Mezzogiorno, primariamente finalizzati a pre-venire l’ingerenza della criminalità organizzata nelle atti-vità produttive.

I primi patti per la sicurezza sono stati stipulati nel1997: essi prevedevano forme di collaborazione tra orga-nismi statali ed enti locali e territoriali nel campo dellasicurezza e della tutela della legalità. Nel 2006 risultava-no essere stati attivati circa 400 strumenti pattizi con va-ria denominazione e in molti casi non riconducibili ad unmodello unitario.

3. Gli accordi interistituzionali

All’occasionalità e alla specificità che caratterizzanole molteplici esperienze negoziali e partecipate di gover-no della sicurezza locale ha fatto seguito il tentativo di“formalizzare” sul piano generale le relative relazioni in-teristituzionali, tentativo esperito con l’articolo 7 deld.P.C.M. 12 settembre 2000 che, nell’ambito di un prov-vedimento diretto all’individuazione delle risorse finan-ziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire

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alle regioni ed agli enti locali per l’esercizio delle funzionie dei compiti amministrativi in materia di polizia ammini-strativa, ha ravvisato nella Conferenza unificata la sedenella quale promuovere, sentito il ministro dell’interno osu sua proposta, accordi tra Governo, regioni, province,comuni e comunità montane, per lo svolgimento in formacoordinata delle attività volte al perseguimento di condi-zioni ottimali di sicurezza delle città e del territorio extra-urbano e di tutela dei diritti di sicurezza dei cittadini.

La disposizione, rimasta inattuata, prevedeva la pos-sibilità di realizzare specifici progetti di ammodernamentoe potenziamento tecnico-logistico delle strutture e deiservizi di polizia amministrativa regionale e locale, non-ché servizi integrativi di sicurezza e di tutela sociale, ol-tre ad interventi di riduzione dei danni e di educazionealla convivenza nel rispetto della legalità.

4. La collaborazione tra Stato e regioni

Forme di collaborazione si sono diffuse successiva-mente anche nell’ambito dei rapporti bilaterali tra Statoe regioni, in particolare attraverso l’attivazione delle con-ferenze regionali delle autorità di pubblica sicurezza –organismi non previsti espressamente da disposizioni dilegge, ma istituiti con provvedimenti del ministro dell’in-terno –, e la stipula di appositi strumenti negoziali, qualiaccordi o protocolli in materia di sicurezza (tab. 1) e ac-cordi di programma quadro “sicurezza per lo sviluppo”(tab. 2).

Tab. 1 – Accordi in materia di sicurezza

E��������� � � maggio 2001L���� � maggio 2002T���� � � novembre 2002V� ��� �� dicembre 2002Marche 14 ottobre 2003

FONTE: Ministero dell’interno

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Tab. 2 – Accordi di programma quadro sicurezza per losviluppo

S����� � � aprile 2003C���� �� �� luglio 2003C������� �� settembre 2003P����� �� settembre 2003S������ � settembre 2003L�������� �! maggio 2004M����� " �� ��������� � �

Basilicata 14 ottobre 2004

FONTE: Ministero dell’interno, rete dei nuclei di valutazione e ve-rifica degli investimenti pubblici

* L’accordo fa parte integrante del Programma pluriennale di inter-venti per la ripresa produttiva nel territorio della regione Moliseapprovato dal Cipe con la delibera n. 32 del 29 settembre 2004.

5. La giurisprudenza della Corte costituzionale

La tendenza del legislatore ad introdurre istituti dicollaborazione e di coordinamento in materia di sicurez-za locale trova avallo in alcune pronunce della Corte co-stituzionale, la quale espressamente ha auspicato lo svi-luppo «di forme di collaborazione tra apparati statali, re-gionali e degli enti locali volti a migliorare le condizionidi sicurezza dei cittadini e del territorio, sulla falsariga diquanto ad esempio prevede il d.P.C.M. 12 settembre 2000,il cui articolo 7, comma 3, in relazione al comma 1, di-spone che il ministro dell’interno promuove “le iniziati-ve occorrenti per incrementare la reciproca collaborazio-ne” tra organi dello Stato e regioni in tema di “sicurezzadelle città e del territorio extraurbano e di tutela dei di-ritti di sicurezza dei cittadini”». Si tratta di forme di col-laborazione e di coordinamento che, coinvolgendo com-piti e attribuzioni di organi dello Stato, «non possono es-sere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalleregioni, nemmeno nell’esercizio della loro potestà legi-

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slativa: esse debbono trovare il loro fondamento o il loropresupposto in leggi statali che le prevedano o le consen-tano, o in accordi tra gli enti interessati» (Corte cost., 7maggio 2004, n. 134).

Successivamente la Corte, richiamando la preceden-te decisione n. 55 del 2001, ha ribadito che «nella pro-spettiva di una completa ed articolata attuazione del prin-cipio di leale collaborazione tra istituzioni regionali e lo-cali ed istituzioni statali non può escludersi “che l’ordi-namento statale persegua opportune forme di coordina-mento tra Stato ed enti territoriali in materia di ordine esicurezza pubblica”, volte a migliorare le condizioni disicurezza dei cittadini e del territorio» (Corte cost. 17marzo 2006, n. 105). L’attivazione di queste forme di col-laborazione, non solo può trovare fondamento nella le-gislazione statale o in accordi tra gli enti interessati, ma«necessariamente presuppone la possibilità, in capo al-l’ente locale, di apprezzamento – attraverso l’attività dirilevazione, di studio e di ricerca applicata – delle situa-zioni concrete e storiche riguardanti la sicurezza sul ter-ritorio regionale, alla luce delle peculiarità dei dati e del-le condizioni che esso offre» (Corte cost., 17 marzo 2006,n. 105).

6. La nuova stagione per i patti

Una nuova stagione per gli strumenti pattizi ha presoavvio con l’adozione dell’articolo 1, comma 439 della leggen. 296 del 2006, nel quale si prevede la possibilità perregioni ed enti locali di contribuire, anche finanziaria-mente, alla realizzazione di programmi straordinari di in-cremento dei servizi di polizia, di soccorso tecnico ur-gente e per la sicurezza dei cittadini. La collaborazione èregolata in base a convenzioni, stipulate dal ministro del-l’interno e, per sua delega, dai prefetti con le regioni e glienti locali, che regolano la contribuzione logistica, stru-mentale o finanziaria delle stesse regioni e degli enti lo-cali.

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Come chiarito da una circolare del ministero dell’in-terno del 19 novembre 2007, il “patto” siglato tra il mini-stro e i rappresentanti delle amministrazioni locali costi-tuisce il quadro complessivo degli interventi concordatiper l’incremento dei servizi di sicurezza, mentre la “con-venzione” è attuativa del patto per la parte concernentegli interventi da realizzare con gli apporti finanziari deglienti locali. La convenzione deve inoltre prevedere anchei tempi e le modalità di versamento delle contribuzionida parte degli enti locali, le quali possono confluire inuna contabilità speciale da attivare presso le prefetture.

Il vantaggio per lo Stato di poter usufruire dell’aiutofinanziario degli enti locali per incrementare le forze el’attività di polizia in ambito locale secondo programmi“non ordinari”, venendo così incontro alle richieste ditutela e di sicurezza della cittadinanza, e la possibilità pergli enti locali di poter partecipare alla formazione e al-l’attuazione di politiche integrate per la sicurezza del ter-ritorio costituiscono le motivazioni che hanno alimentatola diffusione del nuovo istituto consensuale.

La disposizione contenuta nella legge finanziaria perl’anno 2007 era stata anticipata dal “patto per la sicurez-za di Napoli e provincia”, stipulato il 3 novembre 2006,che si proponeva di garantire la sicurezza dei cittadini inmodo duraturo e permanente, di introdurre un controllocapillare e integrato del territorio, di dare nuovo impul-so al contrasto della criminalità organizzata, di sviluppa-re la cultura della legalità. Per raggiungere gli obiettivisopraindicati il patto puntava su misure strutturali e nontemporanee, quali il rafforzamento e la riorganizzazionepermanente dell’attività di controllo del territorio e diquella investigativa da parte dello Stato, una maggiorecollaborazione tra tutte le istituzioni interessate, anche alivello finanziario, la realizzazione di progetti di qualifi-cazione urbana – dall’illuminazione alla videosorveglian-za – da parte del Comune, la riqualificazione e il riutiliz-zo dei beni confiscati alla criminalità organizzata attra-verso un programma alimentato con fondi del ministerodell’interno e della regione. Il costante monitoraggio e la

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verifica degli impegni assunti dai contraenti erano rimes-si alla responsabilità del prefetto di Napoli, il quale eraanche titolare dei relativi poteri di stimolo e di interven-to per il migliore conseguimento degli stessi. Inoltre, eraprevista una verifica semestrale sullo stato di attuazionedel patto e la possibilità di valutare un suo possibile ade-guamento con nuove misure.

Successivamente all’entrata in vigore dell’articolo 1,comma 439, della legge n. 296 del 2006 vengono sotto-scritti alcuni accordi tra Stato e regioni.

La disposizione statale introdotta nel 2006 è alla basedel “patto Calabria sicura” del 16 febbraio 2007 con ilquale il ministero dell’interno, la regione Calabria e leprovince di Reggio Calabria e Catanzaro si sono impe-gnati rispettivamente a rafforzare i dispositivi di preven-zione e contrasto sul territorio, a finanziare le iniziativefinalizzate ad intensificare le attività di controllo del ter-ritorio, a supportare le esigenze degli uffici giudiziari,ad implementare il complessivo sistema di video sorve-glianza.

Non richiama espressamente la disposizione della leg-ge finanziaria per il 2007 il protocollo d’intesa del 27 mar-zo 2007 tra il ministero dell’interno e la regione autono-ma Friuli-Venezia Giulia, che costituisce lo sviluppo del-l’intesa istituzionale di programma stipulata il 9 maggio2001, diretta a disegnare il quadro di riferimento degliatti di programmazione negoziata che interessano il ter-ritorio del Friuli-Venezia Giulia. Il protocollo d’intesa haad oggetto l’individuazione dei progetti di sicurezza in-tegrata che il ministero dell’interno e la regione Friuli-Venezia Giulia si impegnano a realizzare progetti da at-tuare con la collaborazione degli enti locali nel settoredella sicurezza urbana e nel quadro della cooperazioneoperativa tra le forze di polizia e i corpi di polizia muni-cipale e provinciale.

Il 16 marzo 2009 viene sottoscritto il secondo proto-collo d’intesa “Sicurezza urbana e territoriale nella re-gione del Veneto” tra il ministro dell’interno e la regioneVeneto che prevede la realizzazione di progetti di sicu-

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rezza integrata, con la collaborazione degli enti locali, inlinea di continuità con gli obiettivi del primo protocollod’intesa in materia di sicurezza urbana e territoriale sti-pulato nel dicembre 2002 e concluso nel dicembre 2005,e l’impegno della regione Veneto ad attivare apposite for-me di contribuzione logistica, strumentale o finanziaria,ai sensi dell’articolo 1, comma 439, della legge n. 296 del2006.

7. Il “patto per la sicurezza” tra il ministro dell’internoe l’Anci

L’opportunità di definire, in via generale e in manieracoordinata, linee d’intervento volte ad assicurare un piùelevato livello di risposta alla domanda di sicurezza e acostituire la cornice di riferimento per specifiche intesein sede locale mediante la stipula di patti per la sicurezzaè alla base dell’intesa stipulata il 20 marzo 2007 tra il mi-nistro dell’interno e l’Associazione nazionale dei comu-ni italiani.

Il patto muove dalla consapevolezza del manifestarsidella dimensione “urbana” dei problemi riguardanti lasicurezza, riconducibili non più soltanto ai fenomeni dicriminalità organizzata, ma anche a quelli di criminalitàdiffusa incidenti sul territorio e, allo stesso tempo, dallanecessità di assicurare sistemi di governo della sicurezzaurbana che sappiano affiancare ai tradizionali interventiper la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica inizia-tive capaci di migliorare la vivibilità del territorio e laqualità della vita, coniugando prevenzione, mediazionedei conflitti, controllo e repressione. Le risposte a que-ste nuove esigenze vengono affidate ai “patti per la sicu-rezza” che dovrebbero rappresentare «un nuovo model-lo operativo capace di favorire la collaborazione tra leParti con la definizione strategica e condivisa di linee si-nergiche di azione», e di realizzare politiche integrate disicurezza.

In particolare, oltre all’attuazione delle forme di col-

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laborazione logistica, strumentale e finanziaria tra Statoed enti locali previste dall’articolo 1, comma 439, leggefinanziaria per l’anno 2007, le parti si sono impegnate adattuare specifiche azioni d’intervento nell’ambito di unacollaborazione prevalentemente “operativa”, promuoven-do l’organizzazione di “pattuglie miste”, la realizzazionedi forme d’interoperabilità tra le sale operative delle for-ze di polizia e quelle delle polizie municipali, nonché unapiù stretta e proficua collaborazione tra i sistemi infor-mativi del dipartimento della pubblica sicurezza e quellidelle autorità locali.

A forme collaborative di carattere “strutturale” pos-sono essere ricondotte la promozione di un più proficuoe sinergico rapporto di collaborazione tra i prefetti ed isindaci finalizzato ad assicurare un più intenso ed inte-grato processo conoscitivo delle problematiche emergentisul territorio, anche attraverso l’attivazione di “sessioniitineranti” del Comitato provinciale per l’ordine e la si-curezza pubblica, ovvero “sessioni propedeutiche” dellostesso, nonché l’attivazione di uno specifico gruppo dilavoro per l’elaborazione di proposte per riforme ordi-namentali in materia di sicurezza urbana.

Tra gli interventi finalizzati al miglioramento dellecondizioni di vivibilità delle realtà locali, invece, possia-mo annoverare l’attivazione di iniziative organiche edintegrate di prevenzione sociale mirate, in relazione allaspecificità dei contesti territoriali, alla riqualificazione deltessuto urbano, al recupero del degrado ambientale e dellesituazioni di disagio sociale; la promozione e il potenzia-mento di apparati di videosorveglianza; la previsione diintegrate strategie di intervento per la qualificazione e ilmiglioramento del controllo sul territorio da parte dellepolizie locali, sia mediante la polizia annonaria, urbani-stica e stradale, che attraverso il rafforzamento delle ve-rifiche di polizia amministrativa, con il controllo dei lo-cali di pubblico spettacolo e dei pubblici esercizi in ge-nere. Si tratta di interventi da supportare con la promo-zione di adeguate iniziative per il reclutamento, la for-mazione e l’aggiornamento professionale del personale

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dei corpi di polizia municipale e di altri operatori dellasicurezza.

Inoltre, il patto ha previsto la possibilità di svolgereverifiche annuali per eventuali integrazioni e modifiche.

Il patto tenta, dunque, di mettere a regime le molte-plici forme di collaborazione proposte dal legislatore esperimentate a livello locale. Oltre ad incentivare l’utiliz-zo delle forme di cooperazione introdotte dalla legge fi-nanziaria per il 2007, si ribadisce, infatti, la possibilità diprocedere all’elaborazione di patti d’area e di protocolliterritoriali.

Al patto siglato tra il ministro dell’interno e l’Anci siaccompagna un accordo tra il ministro dell’interno e isindaci delle aree metropolitane (Roma, Bologna, Cata-nia, Milano, Torino, Genova, Firenze, Bari, Napoli, Pa-lermo, Cagliari), al fine di definire patti per la sicurezzacon ogni città metropolitana che prevedano, da parte ditutti i contraenti, l’impegno di risorse finanziarie e orga-nizzative adeguate, al fine di avviare un gruppo di lavorocon il compito di definire innovazioni legislative e nor-mative che prevedano nuovi strumenti per contrastare,nelle città, i fenomeni di disagio e degrado.

8. I patti per la sicurezza nei piccoli comuni

La considerazione che nelle realtà urbane di piccoledimensioni il tema della sicurezza va declinato in modospecifico e peculiare in quanto legato spesso a fenomenidi marginalità sociale, criminalità e micro-criminalità cheincidono sulle fasce più deboli della popolazione e cherichiedono diversificate misure di prevenzione, control-lo e repressione, nonché l’estensione ad opera del decre-to legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifica-zioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, recante “Misureurgenti in materia di sicurezza pubblica”, della previsio-ne di “piani coordinati di controllo” di cui alla legge 128del 2001, anche ai piccoli comuni, giustificano la sotto-scrizione – il 13 settembre 2008 – di un accordo tra il

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ministero dell’interno e la Consulta nazionale Anci deipiccoli comuni, volto a definire in via generale linee d’in-tervento specifiche per i comuni di minore dimensionedemografica.

L’accordo, di poco successivo alla novella dell’articolo54 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli entilocali ad opera dell’articolo 6 del decreto legge n. 92 del2008, che ha previsto il potere del sindaco di adottare prov-vedimenti anche contingibili ed urgenti al fine di preveniree di eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumitàpubblica e la sicurezza urbana, ribadisce la necessità di pro-cedere al potenziamento nei piccoli comuni delle innovati-ve forme di collaborazione logistica, strumentale e finan-ziaria tra Stato ed enti locali previste dall’articolo 1, com-ma 439, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché dipromuovere piani coordinati di controllo del territorio peri comuni di minore dimensione demografica o loro formeassociative sovracomunali e riunioni del Comitato provin-ciale per l’ordine pubblico e la sicurezza in comuni di mi-nori dimensioni demografica per l’esame di specifiche pro-blematiche legate alla sicurezza di quei territori.

Inoltre, l’accordo individua nella gestione associatasovracomunale – alla cui diffusione è finalizzato il sup-porto tecnico dell’Anci nazionale – il modello per garan-tire una dimensione adeguata per l’esercizio delle com-petenze comunali in materia di polizia locale, in partico-lare per favorire il potenziamento della capacità di inter-vento della polizia locale nelle attività ordinarie e per fa-cilitare la Polizia di Stato, l’arma dei Carabinieri e laGuardia di finanza nel loro impegno nelle attività di pre-venzione della criminalità e di controllo del territorio. In-terventi ai quali si accompagna la previsione dell’elabo-razione di piani di coordinamento delle attività della Po-lizia e dei Carabinieri di prossimità con il personale dellapolizia municipale integrandone i percorsi di pattuglia-mento, nonché la promozione, in sinergia con i corrispon-denti interventi intrapresi dalle regioni in materia, di ini-ziative per il reclutamento, la formazione e l’aggiorna-mento professionale del personale della polizia locale.

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Infine, l’accordo propone la possibilità di realizzare pro-grammi di investimento in apparati tecnologici, in parti-colare in sistemi di videosorveglianza.

9. La direttiva del ministro dell’interno

L’analisi dei numerosi patti per la sicurezza sottoscrittinell’anno successivo all’entrata in vigore della Finanzia-ria per il 2007 spinge il ministro dell’interno, nel genna-io del 2008, a procedere ad una “messa a punto” del si-stema pattizio sotto il profilo contenutistico, individuan-do e sviluppando una “piattaforma comune” a tutti gliaccordi, in seno alla quale innestare le specifiche esigen-ze rilevate territorialmente.

La direttiva ministeriale si pone l’obiettivo soprattut-to di far fronte ad alcune debolezze che hanno caratteriz-zato i patti sottoscritti con regioni ed enti locali: un’im-postazione più di intenti che strategica, la problematicaattuabilità degli impegni assunti dall’amministrazione sta-tale e dagli enti territoriali, l’insufficienza del sistema dimonitoraggio dell’attuazione degli accordi. Criticità allequali va aggiunta una proliferazione indiscriminata di ri-chieste di sottoscrizione di accordi, avanzate soprattuttodalle piccole realtà comunali.

Le soluzioni a questi aspetti problematici sono indi-viduate in linee guida che prevedono:

– la costituzione di una “cabina di regia” sul territo-rio, coordinata dalla Prefettura – Utg;

– la promozione di iniziative di formazione e aggior-namento professionale congiunto del personale delle for-ze di polizia e del personale di polizia locale;

– un più intenso scambio informativo tra prefettureed amministrazioni territoriali;

– una “collaborazione tecnologica”;– l’utilizzo di aliquote della Forza di intervento ra-

pido;– l’aggiornamento e lo sviluppo dei sistemi di video-

sorveglianza;

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– l’accelerazione delle procedure di acquisizione dellerisorse finanziarie concordate nei patti;

– interventi progettuali a favore delle amministrazionipubbliche ricadenti nelle “regioni convergenza” (Cala-bria, Campania, Puglia, Sicilia);

– l’adozione dello strumento della “Stazione unicaappaltante”;

– la promozione di politiche e di interventi sul pianodella prevenzione sociale;

– la promozione di intese locali per la riqualificazio-ne dello spazio urbano;

– la previsione di una verifica semestrale dell’attua-zione dei patti a cura di un “Osservatorio nazionale dellepolitiche di sicurezza integrate”.

Inoltre, l’atto di indirizzo sottolinea la possibilità perle istituzioni locali di ricercare attraverso patti d’area oprotocolli territoriali forme di raccordo più “stringente”con l’amministrazione statale, nonché l’opportunità di ag-ganciare le proposte di “patti” di singoli comuni non ca-poluogo di provincia a quelli sottoscritti o da sottoscri-vere con comuni capoluogo di provincia.

10. I patti locali per la sicurezza

10.1. Il quadro di insieme

Al 30 aprile 2009 sono stati siglati con il ministerodell’interno 30 patti per la sicurezza1 . Tranne Palermo,

& Ai fini del presente studio sono stati inclusi tra i patti per la sicu-rezza il “Protocollo per la sicurezza della città di Foggia” del 6 no-vembre 2008 in quanto richiama la direttiva del ministro dell’internodel 15 febbraio 2008, il “Protocollo d’intesa sulla sicurezza urbanatra la Prefettura di Ancona e l’Unione dei Comuni della Media Valle-sina” del 14 ottobre 2008, che, pur non rifacendosi espressamente alquadro normativo sui patti per la sicurezza, tuttavia ne ricalca i con-tenuti, il “Patto territoriale per la sicurezza della Spezia” del 26 gen-naio 2009 che, sebbene non richiami il quadro normativo sui patti perla sicurezza, si autoqualifica come “Patto per la sicurezza”.

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tutti i sindaci delle aree metropolitane che avevano sot-toscritto l’accordo del 2007 con il ministro dell’internohanno concluso uno specifico patto locale per la sicurez-za (due nel caso di Roma), ai quali si è aggiunto il comu-ne di Firenze.

Tab. 3 – Patti per la sicurezza

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Patto per la sicurezza����d���� ��� ���� �� ,���� � ����� � �

Patto territoriale per la sicurezza����� S����� �� �� ��� � �

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Patto per la sicurezza di Napoli� ���2� ��� � �2����� � �

FONTE: Ministero dell’interno

In alcuni casi il patto è stato sottoscritto solo dal co-mune capoluogo di provincia (Bologna, Brescia, Milano,Modena, Siena), in altri casi il comune capoluogo è statoaffiancato dalla provincia (Asti, Catania, Como, Foggia,Torino) e da altri comuni dell’area (Cagliari, Firenze, Vi-cenza), in altri casi il patto è stato concluso da comunecapoluogo, provincia e regione (Bari2, Genova, La Spe-zia, Napoli, Perugia, Prato, Roma, Venezia)3.

Non sono, tuttavia, mancati casi in cui il patto è statostipulato da un comune non capoluogo di provincia (Bu-sto Arsizio, Fara Sabina, Gallarate4) o da un’unione dicomuni (Unione dei comuni della Media Vallesina) o daicomuni di un’area omogenea e la provincia (area “Bassa

6 Contestualmente al “Patto per Bologna sicura” del 19 giugno 2007è stata sottoscritta una “Intesa interistituzionale per la sicurezza del-l’area metropolitana di Bologna” tra prefettura, comune, provincia diBologna e regione Emilia-Romagna, con lo scopo principale di quanti-ficare le risorse finanziarie per l’attuazione del patto.

3 Il “Patto Calabria sicura” del 16 febbraio 2007 è stato sottoscrit-to dalla regione Calabria e dalle province di Reggio Calabria e Catan-zaro ma non dalle istituzioni comunali.

4 Il 1° dicembre del 2008 la prefettura di Varese ha sottoscritto trepatti separatamente con i comuni di Varese, Busto Arsizio e Gallara-te, appartenenti tutti alla medesima provincia.

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Comasca”, area “Mariano Comense”) o tra enti apparte-nenti a più regioni (area del “Lago di Garda”)5.

Soltanto per Roma sono stati stipulati due patti: il pri-mo il 18 maggio 2007 e il secondo il 29 luglio 2008.

Il ricorso allo strumento consensuale sembra, dunque,prevalere soprattutto nelle aree ad intensa urbanizzazio-ne, mentre non appare legato alla consolidata e diffusapresenza sul territorio di organizzazioni criminali. Perquanto riguarda la distribuzione geografica si registra unamaggiore partecipazione delle realtà territoriali del Cen-tro e Nord Italia.

Dal punto di vista temporale si è continuato a stipu-lare patti per la sicurezza nel numero di 14 (al 30 aprile2009) – ai quali si aggiunge, come già anticipato, quellodi carattere generale con la Consulta nazionale Anci deipiccoli comuni – anche dopo l’adozione del decreto leg-ge 23 maggio 2008, n. 92, che ha riconosciuto il poteredei sindaci di adottare provvedimenti anche contingibilied urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi perico-li che minaccino l’incolumità pubblica e la sicurezza ur-bana, e dopo il mutamento della maggioranza parlamen-tare con l’inizio della XVI legislatura.

Passando ora ad analizzare il contenuto dei patti con-clusi, è possibile individuare quattro aree concernenti gliinterventi riguardanti le forze di polizia statale, le attivitàdi contrasto dei fenomeni di illegalità diffusa, le azioniper la riqualificazione dell’ambiente urbano e le politi-che di intervento sociale e le risorse finanziarie impegna-te, che corrispondono rispettivamente ad interventi cherientrano nella competenza dello Stato, ad attività chepossono essere realizzate congiuntamente da Stato ed entilocali, a progetti di competenza delle autonomie locali, aresponsabilità finanziarie ricadenti su tutti gli enti sotto-scrittori.

7 Il patto è stato sottoscritto dai comuni rivieraschi dell’area delLago di Garda, dalle prefetture di Verona e di Brescia, dal commissa-riato del governo di Trento, dalle Province di Verona e di Brescia,dalla provincia autonoma di Trento, dalla capitaneria di porto di Ve-nezia.

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La suddivisione proposta consente di compiereun’analisi comparata delle varie scelte prospettate in cia-scun patto per ogni settore e di individuare nel singoloambito e nella globalità eventuali carenze e criticità.

10.2. Gli interventi riguardanti le forze di polizia statale

Gli interventi riguardanti le forze di polizia statale ri-guardano principalmente l’incremento di uomini e mez-zi, l’analisi e la mappatura dei presidi presenti sul terri-torio ed un eventuale loro riordino, l’impiego della “For-za di intervento rapido” e la fissazione dei compiti delpoliziotto/carabiniere di quartiere.

Nella maggior parte dei patti è previsto un amplia-mento degli organici della Polizia di Stato e dei Carabi-nieri. In alcuni casi l’aumento comprende anche la Guar-dia di finanza da impiegare soprattutto per il contrasto ela repressione dei reati di contraffazione e commercioabusivo (Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Pra-to). Fanno eccezione a tale incremento di uomini i pattidi Vicenza, Bari, Firenze, Modena, Siena, Varese, BustoArsizio, Gallarate. In altri casi l’incremento delle risorseumane è limitato al periodo estivo (Cagliari, Catania).

L’aumento delle forze disponibili va di pari passo conla necessità di valutare l’attualità dei presidi presenti sulterritorio. Nella maggior parte dei patti (ad eccezione diPrato, Siena, Varese, Busto Arsizio, Gallarate) viene in-caricato un gruppo di lavoro con il compito di valutarein pochi mesi (in alcuni tre, in altri sei mesi) l’attualitàdella collocazione dei presidi ed eventualmente disporreuna ridistribuzione degli stessi per una più incisiva pre-senza delle forse di polizia sul territorio. Nel patto perNapoli è prospettata la costruzione di una “cittadella dellapolizia”, oltre che la fornitura di nuove autovetture.

Per quanto concerne la Forza di intervento rapido,nei patti siglati (fanno eccezione, ad esempio, Modena,Vicenza, Siena) ricorre la previsione dell’impiego di taleforza nazionale qualora si rilevi un acuirsi di fenomeni

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criminali aggressivi o in caso di insorgenza di particolariemergenze difficilmente fronteggiabili con le risorse e imezzi a disposizione (Como). A tal fine è previsto un mo-nitoraggio costante dell’andamento della criminalità inriferimento al territorio e al manifestarsi di determinatetipologie delittuose e una verifica semestrale atta a defi-nire l’eventuale utilizzo della forza di intervento rapido.La previsione nei patti della possibilità di impiego dellaforza di intervento rapido sembra, quindi, costituire unaforma di “protezione” che gli enti territoriali voglionogarantirsi qualora non riescano a far fronte all’aggravarsidei problemi concernenti la sicurezza locale.

La sottoscrizione dei patti ha offerto l’occasione perridefinire il ruolo del poliziotto e del carabiniere di quar-tiere, figura inizialmente introdotta con funzioni di rela-zione e di collaborazione con i cittadini. Nei patti al poli-ziotto/carabiniere di quartiere vengono attribuiti compi-ti soprattutto operativi, prevedendo il coordinamento conle unità mobili e l’utilizzo di strumenti tecnologici (Roma1, Torino, Prato, Milano). È, inoltre, evidenziata la ne-cessità di una collaborazione tra poliziotto/carabiniere diquartiere e vigile di quartiere (Torino, Bologna, Firenze).Quest’ultimo attraverso l’attività di controllo del territo-rio dovrà fornire informazioni e dati alla polizia statale.Inoltre, per implementare le competenze e le professio-nalità della polizia municipale vengono programmati corsidi formazione (Firenze, Bari, Siena). Nel patto per Mila-no la valorizzazione dei carabinieri/poliziotti di quartie-re è finalizzata al contrasto del degrado urbano, mentrenel patto per Bari si prevede la ripianificazione dell’atti-vità di pattugliamento con diversificazione degli itinerarie nel patto per Venezia si stabilisce un incremento delleforze in determinati quartieri.

Vicenza, Modena e Siena costituiscono casi anomali.Non viene pattuito alcun incremento delle forze di poli-zia, né alcuna modifica dei compiti del poliziotto/carabi-niere di quartiere. Soltanto a Modena viene prevista lavalutazione sull’attualità dei presidi. Queste città hanno,infatti, rivolto l’attenzione soprattutto agli interventi a

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carattere sociale, trascurando gli aspetti riguardanti le for-ze di polizia statale.

Particolare interesse desta la previsione contenuta neipatti per Varese, Busto Arsizio, Gallarate secondo la qualeil sindaco – ai sensi del novellato articolo 54, comma 4,del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – può rivol-gere una specifica e motivata richiesta al prefetto per ri-chiedere l’assistenza delle forze di polizia nel caso di par-ticolari servizi promossi dalla polizia locale, autorizzazio-ne che può essere concessa dal prefetto nel “consesso in-terforze”.

Inoltre, si evidenzia come nel secondo patto per Romasicura si sia proceduto ad una puntuale individuazionedegli impegni assunti dai diversi responsabili delle forzedi polizia statali (questore, comandante provinciale del-l’arma dei Carabinieri, comandante provinciale dellaGuardia di finanza, comandante provinciale del Corpoforestale dello Stato).

10.3. Le attività di contrasto dei fenomeni di illegalitàdiffusa

Alle attività di contrasto dei fenomeni di illegalità dif-fusa possono essere ricondotti gli interventi repressivicontro il commercio abusivo e la contraffazione, i con-trolli sulla prostituzione, gli sgomberi di immobili occu-pati abusivamente, le azioni per la sicurezza sul lavoro edi contrasto al lavoro nero. Si tratta di attività che sonodestinate ad essere svolte dalla polizia municipale in col-laborazione con le forze di polizia statale.

Un obiettivo comune a tutti i patti è la lotta al com-mercio abusivo e alla contraffazione. A tal fine è attribu-ito alla polizia municipale il compito di vigilare e moni-torare le aree a vocazione commerciale, quali i mercati, ole zone in cui si manifestano tali forme di abusivismo.Queste attività devono essere realizzate in modo coordi-nato con le forze di polizia statali e in alcuni casi è previ-sto l’apporto della Guardia di finanza.

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L’attività di controllo e monitoraggio delle aree a ri-schio è prevista anche in riferimento al fenomeno dellaprostituzione. Il ruolo della polizia municipale è quellodi supportare la polizia statale nello svolgimento dei con-trolli preventivi nelle zone interessate dal fenomeno. Nonprevedono alcun intervento i patti stipulati da Vicenza eNapoli.

La problematica delle occupazioni abusive di immo-bili non viene affrontata in tutti i patti siglati. Nei pattiche affrontano questo tema (Firenze, Milano, Cagliari,Catania, Bologna, Vicenza, Bari) alla polizia municipaleè riconosciuto il compito di provvedere allo sgomberodegli edifici, quando l’intervento non implica attività diordine pubblico, e alla messa in sicurezza e al controllodelle aree.

In alcuni casi il comune si fa carico anche degli inter-venti di controllo relativo alla sicurezza sul lavoro e dicontrasto al fenomeno del lavoro nero (Vicenza, Prato,Siena, Varese, Busto Arsizio, Gallarate, Roma 2, Foggia).Poiché rientrano nelle competenze di specifiche istitu-zioni statali tali controlli devono essere coordinati contutte le amministrazioni responsabili.

10.4. La riqualificazione dell’ambiente urbano e lepolitiche di intervento sociale

I patti individuano, inoltre, i progetti e gli interventifinalizzati alla riqualificazione dell’ambiente urbano e al-l’attuazione di politiche sociali al fine di migliorare la vi-vibilità del territorio e la qualità della vita delle comuni-tà. Si tratta delle azioni per la sicurezza stradale, dei pro-getti per il superamento del disagio giovanile, degli inter-venti per l’integrazione degli immigrati, dei progetti diriqualificazione urbana e di tutela del territorio urbanoattraverso l’incremento dell’illuminazione pubblica e deisistemi di videosorveglianza.

L’attività di controllo della circolazione stradale e dellaviabilità rientra tra le azioni previste dalla maggior parte

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dei patti siglati, con l’eccezione di due importanti città,quali Roma (patto del 18 maggio 2007) e Milano. L’in-tensificazione del controllo della viabilità, da un lato, èdiretto ad affrontare l’annoso problema del traffico nellecittà italiane e, in tal modo, a migliorare la qualità dellavita e dell’ambiente urbano; dall’altro, si inserisce tra leattività finalizzate alla prevenzione delle “stragi del saba-to sera” e al contrasto dell’uso di sostanze stupefacenti edell’alcolismo, soprattutto con riguardo alla popolazionegiovanile. Nei patti si prevede, infatti, un rafforzamentodei controlli stradali durante il fine settimana e negli ora-ri notturni. Questi interventi vanno ad aggiungersi ai pro-getti “notti sicure” ed ai controlli presso locali notturni,discopub e discoteche, finalizzati alla prevenzione degliincidenti stradali e alla sensibilizzazione dei giovani allalegalità (Siena).

I patti, infatti, cercano di affrontare le problemati-che legate al fenomeno del bullismo, all’utilizzo di so-stanze stupefacenti e alle altre forme di disagio giovani-le, nonché attività di vigilanza predisposte nelle aree li-mitrofe ad istituti scolastici (Siena), aree verdi e parchi,ricorrendo anche all’installazione di sistemi di videosor-veglianza.

Oltre alle attività di prevenzione e di controllo neiconfronti della devianza giovanile, i patti individuano pro-grammi diretti a sensibilizzare la popolazione giovanilealla legalità, attraverso la collaborazione dei servizi so-ciali (Siena), coinvolti in programmi di recupero di mi-nori che si sono resi responsabili di reati o che si trovanoin situazioni disagiate, e dei dirigenti scolastici. Questiultimi insieme agli insegnanti sono partecipi di progettidi sensibilizzazione alla legalità e di prevenzione rispettoa comportamenti devianti, in considerazione del fatto chele scuole sono non solo osservatori privilegiati dei disagigiovanili ma, al contempo, aree a rischio. Tra i progettipiù interessanti si segnalano quelli previsti nei patti diCatania, Cagliari e Modena che, rispetto agli altri, non silimitano a prevedere il controllo delle zone ad alta fre-quentazione minorile e a realizzare campagne di sensibi-

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lizzazione rivolte ai giovani, ma li coinvolgono in primapersona.

Gli interventi a sfondo sociale comprendono ancheprogetti finalizzati all’integrazione di migranti ed emar-ginati (“senza fissa dimora”), attraverso politiche abitati-ve, l’inserimento nel mondo del lavoro e l’integrazionecon le comunità locali (Cagliari, Modena, Bari e Venezia,Siena, Roma 2, Prato).

Per quanto concerne la problematica riguardante lepopolazioni Rom, le città che hanno individuato nei pattiinterventi specifici (Bologna, Milano, Roma 1) hanno la-sciato l’attività di controllo e vigilanza alla competenzadella polizia statale, tranne Bologna che prevede un sup-porto della polizia locale.

Il patto per Milano attraverso la stipula di uno speci-fico protocollo d’intesa ha previsto la nomina del prefet-to quale commissario straordinario e l’istituzione di ungruppo di lavoro chiamato a studiare il fenomeno e adanalizzare la dislocazione degli insediamenti. Il comunedi Roma, nel patto del 18 maggio 2007, si è impegnato acostruire nuovi “villaggi della solidarietà” e a provvede-re al recupero delle aree che accolgono abusivamente lepopolazioni nomadi. Nel secondo patto per Roma del 29luglio 2008 sono stati introdotti programmi di bonifica eristrutturazione degli insediamenti delle popolazioni no-madi ed una diversa progettazione delle aree già sgom-berate e connotate da forte degrado. Inoltre è stata riba-dita la necessità di realizzare un costante raccordo con ilcommissario delegato per il superamento dell’emergenzanomadi nel territorio della regione Lazio, al fine di ga-rantire l’effettiva identificazione delle persone senza fis-sa dimora presenti negli insediamenti regolari e abusivi,il progressivo sgombero, previa individuazione di aree di-sponibili alternative e la sistemazione dei minori, a parti-re dalle situazioni di maggior degrado. Il patto per Bolo-gna prevede invece interventi di eliminazione e riduzio-ne degli insediamenti abusivi previa valutazione di possi-bili soluzioni di contenimento ed inclusione sociale dellepopolazioni stesse.

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Relativamente al problema dello sfruttamento dellaprostituzione, all’attività di controllo si affianca di regolaquella di tutela delle donne in caso di violenza e sfrutta-mento. Sono, infatti, programmati interventi da parte deiservizi sociali e delle associazioni in grado di offrire sup-porto alle donne vittime di sfruttamento o riduzione inschiavitù.

Finalizzati al miglioramento dell’ambiente urbanoappaiono i progetti previsti nei patti di Bari e Napoli con-cernenti l’utilizzo dei beni confiscati alle organizzazionicriminali. Se Bari introduce una semplificazione delle pro-cedure di destinazione dei beni sequestrati alla crimina-lità organizzata6, Napoli con il progetto “nuovi percorsipolis” intende rafforzare la presenza delle istituzioni nelterritorio attraverso la riqualificazione ed il riutilizzo deibeni confiscati alla criminalità organizzata.

Infine, in alcuni patti sono delineati progetti diretti apromuovere un maggior rispetto della legalità e del sen-so civico (Bari, Vicenza, Modena, Genova, Foggia). Inparticolare i patti per Venezia e Bari contemplano pro-getti per informare e sensibilizzare la cittadinanza riguar-do al reato di usura.

Dalla poca chiarezza con cui vengono spesso indicatele modalità di intervento e dalle limitate ed incerte risor-se economiche stanziate per realizzarli gli interventi a ca-rattere sociale sembrano ricoprire un ruolo secondariorispetto a quelli finalizzati alla tutela dell’ordine pubbli-co e della sicurezza.

Così come non sono descritti in dettaglio i program-mi diretti alla riqualificazione urbana, ma genericamentesi parla di interventi per il recupero di aree urbane de-gradate, parchi ed aree verdi, e per l’illuminazione pub-blica. Sebbene in alcuni patti si fa riferimento ad attivitàper la messa in sicurezza degli immobili, anche a seguitodi sgombero degli immobili occupati, nulla viene indica-

8 Insieme al “Patto per Bari sicura” è stato sottoscritto, il 18 giu-gno 2007, uno specifico “Protocollo sull’utilizzo dei beni immobiliconfiscati alla criminalità”.

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to in merito ad un possibile recupero e riutilizzo deglistessi.

Fa eccezione a questa genericità l’incremento dei si-stemi di videosorveglianza nelle zone urbane più a rischioo ad alta frequentazione pubblica (parchi, scuole, mezzipubblici), evidenziato in tutti i documenti pattizi. Il ri-corso ai sistemi di videosorveglianza rientra tra gli inter-venti che il comune adotta per rendere gli spazi pubblicipiù sicuri e vivibili. Tuttavia, l’ampio risalto attribuito atali interventi, anche in termini finanziari, appare giusti-ficato soprattutto dalla preoccupazione delle istituzionilocali di dare una risposta immediata ed evidente alla ri-chiesta di sicurezza proveniente dalla cittadinanza.

10.5. Gli impegni finanziari

In relazione alla disciplina delle risorse finanziarie tuttii patti, richiamando la legge finanziaria del 2007, preve-dono l’istituzione di un fondo presso la Prefettura. Allacostituzione del fondo e al sostegno dei diversi program-mi partecipano finanziariamente non soltanto i comuni,ma anche le regioni e le province. Nella maggior partedei casi il fondo è destinato ad essere utilizzato per incre-mentare gli strumenti in dotazione alle forze dell’ordinee i sistemi di videosorveglianza.

In pochi casi (Firenze, Milano, Bologna e Prato) ilfondo è destinato al sostegno di programmi comunali fi-nalizzati all’incremento della sicurezza urbana. Diversa-mente, i programmi dedicati alla riqualificazione dell’am-biente urbano e alle politiche sociali vengono realizzaticon somme distinte, messe a disposizione dagli stessi entilocali. Soltanto una ridotta parte delle risorse viene gene-ricamente imputata alla realizzazione di progetti riguar-danti il miglioramento del tessuto urbano e la promozio-ne della legalità, mentre non sono specificate le cifre de-stinate alla riqualificazione di aree urbane abbandonatee degradate o all’incremento degli spazi di aggregazione,quali parchi e piazze.

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Il ministero dell’interno partecipa, attraverso il finan-ziamento del fondo Pon – Sicurezza, alla realizzazione dispecifici progetti nelle città di Napoli, Catania, Foggia, ri-spettivamente destinati all’incremento dei sistemi di sorve-glianza, ad interventi sociali e di riqualificazione urbana.

Il patto per La Spezia è, invece, principalmente fina-lizzato a regolare l’utilizzo delle risorse regionali volte afinanziare interventi di miglioramento delle attività di con-trollo e di qualificazione urbana, ed individua nella pro-vincia il soggetto attuatore.

Infine, si segnalano i patti di Modena, Vicenza, Sie-na, Brescia, Fara Sabina, Foggia che non quantificano lerisorse finanziarie da stanziare a sostegno degli obiettiviprogrammati. In altri casi si rimanda alla stipula dell’ap-posita convenzione (Varese, Busto Arsizio, Gallarate).

11. Alcune considerazioni di sintesi

Sul piano dei contenuti i patti siglati non mancano diindividuare programmi diretti al miglioramento del tes-suto urbano e della qualità della vita dei cittadini. Tutta-via sembrano prevalere gli interventi finalizzati al con-trollo e al mantenimento della sicurezza sul territorio.L’aumento delle forze di polizia e la possibilità di richie-dere l’intervento della “forza di intervento rapido” rap-presentano una risposta inevitabile alle continue richie-ste di sicurezza e di maggior controllo rivolte dagli entilocali allo Stato.

Gli interventi di riqualificazione urbana non produ-cono, infatti, lo stesso impatto “emotivo” nella cittadi-nanza rispetto all’aumento delle forze di polizia o all’uti-lizzo delle telecamere per la videosorveglianza: tuttaviapermettere alla collettività di vivere la città in tutti i suoispazi e favorire l’integrazione sociale non solo migliorala qualità della vita delle persone, rafforzando la perce-zione di sicurezza che tanto le amministrazioni locali sipropongono di conseguire, ma al contempo funzionacome prevenzione e deterrente per la criminalità.

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Una comunità più integrata attua a suo modo una retedi protezione e controllo che accompagna l’attività di pre-venzione della polizia e contribuisce ad impedire il radi-camento di fenomeni criminali.

Emerge un nuovo ruolo delle comunità locali nellarealizzazione di politiche di prevenzione e di contrastoall’esclusione sociale quale fattore causale della crimina-lità, che vanno dalla riqualificazione urbana all’assisten-za degli emarginati, dall’educazione civica alla mediazio-ne dei conflitti.

Sul piano delle politiche il ricorso ai patti consente diformalizzare stabili collaborazioni dell’amministrazionestatale con le istituzioni locali e di definire una chiaraprogrammazione temporale e finanziaria degli interventida attuarsi a livello locale. Obiettivo che può essere rag-giunto se a monte, come primo passo della concertazio-ne, si assume la rilevazione dei problemi e dei mezzi adisposizione attraverso una diagnosi locale di sicurezza ea valle si attiva un adeguato sistema di garanzia e di veri-fica dell’adempimento degli impegni, soprattutto finan-ziari, assunti. Non mancano casi in cui si prevedono for-me di scambio di informazioni tra l’amministrazione co-munale e quella statale, anche nell’ambito del Comitatoprovinciale per l’ordine e la sicurezza (Siena, Varese,Busto Arsizio, Gallarate, area “Bassa Comasca”, area“Mariano Comense”).

Non uniforme risulta la durata degli accordi: un anno(ad es. Bari, Asti), due anni (ad es. Varese, Busto Arsizio,Gallarate, area “Bassa Comasca”, area “Mariano Comen-se”, Modena, Brescia), tre anni (ad es. Siena, Fara Sabi-na). Il protocollo d’intesa sulla sicurezza urbana firmatodall’Unione dei comuni della “Media Vallesina” preve-de, invece, una durata raccordata alla scadenza del man-dato amministrativo.

La previsione della possibilità di rinnovare il patto per-mette di adattare e modificare gli accordi in relazione agliobiettivi raggiunti e alle nuove esigenze che possono emer-gere come conseguenza delle prime attività realizzate. Lepolitiche di intervento sia statale che locale devono, in-

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fatti, essere verificate nella loro efficacia ed eventualmentesubire adattamenti in corso di applicazione attraverso ilsistema, previsto nella maggior parte dei patti, della va-lutazione semestrale. A tal proposito si segnala che la sti-pula del secondo patto per Roma sicura del 29 luglio 2008è stata giustificata «in ragione dei mutamenti intervenutisul fronte della sicurezza della Capitale, nell’ottica dellamassima concretezza degli interventi».

Manca, di regola, nei patti la previsione dell’istituzio-ne di una “cabina di regia” con il compito di provvederealla verifica periodica degli impegni assunti e del ricorsoa strumenti capaci di garantire l’informazione dei citta-dini sui temi della sicurezza in ambito territoriale. Fannoeccezione il patto per la sicurezza di Siena, il secondopatto per Roma e i patti per La Spezia, per l’area “Maria-no Comense” e per Perugia, che rimandano ad un “grup-po di lavoro”.

Più in generale la mancanza di dati sull’attuazione deipatti, per la cui raccolta sarebbe necessario costituire unorganismo nazionale e partecipato da rappresentanti dellediverse istituzioni territoriali, non consente di valutare laportata politica e l’efficacia dei patti. A tal riguardo sisottolinea come i patti non siano aperti alla sottoscrizio-ne da parte di altri soggetti istituzionali (tranne i casi diSiena, Brescia).

Sul piano ordinamentale la stagione dei patti per lasicurezza si intreccia con i più generali cambiamenti chesin dai primi anni Novanta hanno caratterizzato i rap-porti tra gli enti costitutivi della Repubblica.

In primo luogo i patti operano sullo sfondo di un ge-nerale riordino delle competenze degli enti territoriali etentano in alcuni casi di individuare nuove forme di col-laborazione tra Stato ed autonomie locali. A tal proposi-to si segnala il progetto incluso nei patti per Modena eFirenze finalizzato a favorire il trasferimento delle fun-zioni concernenti il rinnovo del permesso di soggiornodalla questura all’amministrazione comunale.

È, inoltre, evidente che alla diffusione degli strumen-ti negoziali ha contribuito l’introduzione dell’elezione di-

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retta del sindaco ad opera della legge n. 81 del 1993, aseguito della quale il vertice politico delle amministra-zioni locali si è sentito maggiormente chiamato a rispon-dere direttamente alle istanze di sicurezza avanzate daipropri cittadini. Dunque, il ricorso alla stipula di patti haaffiancato l’ampliamento delle responsabilità politiche edamministrative delle istituzioni locali, realizzato dappri-ma con le riforme “Bassanini” e successivamente con lanovella del Titolo V della Costituzione.

In secondo luogo, i patti hanno contribuito, insiemealla legislazione regionale, ad enucleare la nozione di “si-curezza urbana”. Un rapporto in tal senso è offerto dal“patto per la sicurezza” tra il ministro dell’interno e l’Ancidel marzo del 2007 che, oltre a definire la sicurezza quale«diritto primario dei cittadini da garantire in via priori-taria per assicurare lo sviluppo sociale ed economico delPaese ed un’adeguata qualità della vita», include nel “go-verno della sicurezza urbana” «le iniziative capaci di mi-gliorare la vivibilità del territorio e la qualità della vita,coniugando prevenzione, mediazione dei conflitti, con-trollo e repressione». Si tratta di una definizione che an-ticipa la scelta contenuta nel decreto del ministro del-l’interno del 5 agosto del 2008, attuativo dell’articolo 6della legge n. 125 del 2008 (che ha novellato l’art. 54 deld.lgs. n. 267 del 2000), secondo il quale la sicurezza ur-bana è «un bene pubblico da tutelare attraverso attivitàposte a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del ri-spetto delle norme che regolano la vita civile, per miglio-rare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convi-venza civile e la coesione sociale».

Inoltre, nei patti ricorrono alcuni specifici ambiti chein parte coincidono con quelli individuati dal citato de-creto ministeriale, nei quali il sindaco può adottare prov-vedimenti, anche contingibili ed urgenti, al fine di preve-nire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolu-mità pubblica e la sicurezza urbana: lo spaccio di stupe-facenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonag-gio e i fenomeni di violenza legati anche all’abuso di al-cool; il danneggiamento al patrimonio pubblico e priva-

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to; l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immo-bili; l’abusivismo commerciale e l’illecita occupazione disuolo pubblico; la prostituzione su strada o l’accattonag-gio molesto.

Si tratta di ambiti in relazione ai quali i patti hannoprevisto progetti ed interventi destinati ad essere svoltiin forma coordinata da amministrazioni statali e locali.Necessità non ripresa dal legislatore statale che nel disci-plinare con la legge n. 125 del 2008 le attribuzioni delsindaco in materia di sicurezza urbana si è limitato a pre-vedere la preventiva comunicazione al prefetto dei prov-vedimenti in materia e nel caso che questi ultimi compor-tino conseguenze sull’ordinata convivenza delle popola-zioni di comuni contigui o limitrofi, la convocazione daparte del prefetto di un’apposita conferenza con i sindaciinteressati, il presidente della provincia e, qualora rite-nuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell’ambitoterritoriale interessato dall’intervento.

Nel secondo patto per Roma sicura si prevede adesempio che le ordinanze del sindaco e del prefetto intema di sicurezza e di lotta al degrado potranno fare rife-rimento ad una “mappa del rischio”, tesa ad individuarele diverse forme di degrado e di criminalità, e stilata acura del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza,integrato con la partecipazione della regione Lazio.

Nel protocollo d’intesa sulla sicurezza urbana firma-to dall’Unione dei comuni della “Media Vallesina”, inve-ce, l’entrata in vigore di nuove disposizioni in materia diincolumità pubblica e di sicurezza urbana, con particola-re riferimento a quelle di cui ai commi 1 e 4 del novellatoarticolo 54 del decreto legislativo n. 267 del 2000, è indi-cata quale causa di integrazioni e modifiche del medesi-mo protocollo.

La possibilità di utilizzare strumenti negoziali in ma-teria di sicurezza urbana è stata di recente riaffermatacon la legge n. 133 del 2008 che, all’articolo 61, comma18, ha introdotto la stipula di apposite convenzioni tra ilministero dell’interno ed i comuni interessati per la rea-lizzazione delle iniziative urgenti occorrenti per il poten-

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ziamento della sicurezza urbana e la tutela dell’ordinepubblico, finanziate con un apposito fondo istituito nel-lo stato di previsione del ministero dell’interno, che perl’anno 2009 ammonta a 100 milioni di euro, e le cui di-sposizioni attuative sono demandate ad un decreto delministro dell’interno, di concerto con il ministro del-l’economia e delle finanze.

Anche la legge n. 125 del 2008 all’articolo 7, comma2, ha demandato ad un decreto del ministro dell’internol’individuazione delle procedure da osservare per assicu-rare, nel corso dello svolgimento dei piani coordinati dicontrollo del territorio, le modalità di raccordo operati-vo tra la polizia municipale, la polizia provinciale e gliorgani di polizia dello Stato.

La necessità di una concertazione tra amministrazio-ni statali e locali, da ultimo, ricorre anche in occasionedell’ampliamento dei poteri dei sindaci in materia di si-curezza urbana operato dalla legge n. 94 del 2009 che,all’articolo 3, comma 40, ha stabilito che i sindaci, previaintesa con il prefetto, possono avvalersi della collabora-zione di associazioni tra cittadini non armati al fine disegnalare alle forze di polizia dello Stato o locali eventiche possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovverosituazioni di disagio sociale. Le associazioni sono iscrittein apposito elenco tenuto a cura del prefetto, previa veri-fica da parte dello stesso, sentito il Comitato provincialeper l’ordine e la sicurezza pubblica, dei requisiti necessa-ri previsti da un decreto del ministro dell’interno.

La medesima legge ha, inoltre, previsto che per la tu-tela della sicurezza urbana i comuni possono utilizzaresistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti alpubblico, scelta ricorrente in tutti i patti sottoscritti.

In terzo luogo, i patti rispondono ad una nuova vi-sione “plurale” della sicurezza, in cui il bene “sicurez-za” è riconosciuto come un bene pubblico che deve es-sere realizzato in maniera integrata sebbene sia percepi-to localmente. Gli istituti consensuali, infatti, cercano difar fronte a due istanze apparentemente contrapporte:la “sicurezza” pur essendo un bene che interessa la col-

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lettività nazionale viene percepito a livello locale; l’ef-fettività della tutela di tale bene è assicurata invece dal-l’azione sinergica dei diversi livelli di governo istituzio-nalmente coinvolti nel nuovo sistema amministrativo po-licentrico.

Dunque, l’esperienza dei patti se da un lato è in con-tinuità con il modello di governo plurale e partecipatodella sicurezza, così come disegnato dal terzo commadell’articolo 118 della Costituzione che prevede che lalegge statale disciplini forme di coordinamento tra Statoe regioni nelle materie di cui alla lettera h) del secondocomma dell’articolo 117 della Costituzione, dall’altro latopuò trarre un ulteriore impulso dall’adozione della disci-plina attuativa di questa disposizione costituzionale, che,mettendo a regime l’esperienza già in atto, potrebbe assi-curare un’azione chiarificatrice in ordine alla prassi, illu-strata in parte nel presente studio, di sottoscrivere tral’amministrazione dell’interno e le regioni e/o gli enti lo-cali, atti finalizzati a stabilire forme di collaborazione inmateria di sicurezza integrata variamente denominati (ac-cordi, protocolli, intese, contratti, ecc.)7.

La direzione suggerita dall’analisi dei patti è quella diaffrontare la “questione sicurezza” in una prospettiva piùampia rispetto al tradizionale approccio di ordine pub-blico attinente ai tipici profili dell’attività di prevenzionee di contrasto riconducibile alle forze di polizia. La sicu-rezza riguarda più in generale la qualità della vita: servi-zi sociali, progetti di area per il lavoro e lo sviluppo, po-litiche di intervento per le vittime di violenze o di altridelitti, programmi di risanamento del degrado urbano,piani di contenimento degli ambiti di emarginazione, nuo-ve prospettive di educazione e promozione sociale e cul-turale.

L’obiettivo si sposta, dunque, verso una sicurezza piùpartecipata, risultato di un coordinamento tra i diversi

9 Si veda il “Documento di indirizzo” approvato dalla Conferenzadei presidenti delle regioni e delle province autonome il 20 giugno2002 e dal Consiglio nazionale dell’Anci in data 26 giugno 2002.

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: Si tratta di una scelta anticipata da alcuni legislatori regionaliche hanno fatto ripetutamente ricorso allo strumento delle intese. Adesempio la legge regionale Piemonte del 10 dicembre 2007, n. 23, re-cante “Disposizioni relative alle politiche regionali in materia di sicu-rezza integrata” prevede all’art. 3 che la regione, anche attraverso laconclusione di accordi e intese, nell’ambito delle rispettive compe-tenze, con lo Stato, gli enti locali ed i soggetti pubblici, privati e del-l’associazionismo, operanti in campo sociale, persegue la realizzazio-ne di politiche locali per la sicurezza integrata delle città e del territo-rio regionale, nonché all’art. 9 la stipula di “Patti locali per la sicurez-za integrata”. La legge regionale Calabria 10 gennaio 2007, n. 5, su“Promozione del sistema integrato di sicurezza”, all’art. 3 impegna laregione a promuovere accordi con lo Stato in materia di sicurezzadelle città e del territorio regionale, nonché a favorire la partecipazio-ne dei soggetti associativi, rappresentativi di interessi collettivi, alprocesso di individuazione delle priorità d’azione nell’ambito dei sud-detti accordi, quale strumento di politiche concertate e integrate peril miglioramento della sicurezza urbana. La legge regionale Umbria14 ottobre 2008, n. 13 recante “Disposizioni relative alla promozionedel sistema integrato di sicurezza urbana ed alle politiche per garanti-re il diritto alla sicurezza dei cittadini” all’art. 3 disciplina il “Pattointegrato di sicurezza urbana” quale strumento privilegiato attraver-so il quale, ferme restando le competenze di ciascun soggetto istitu-zionale, si realizza l’integrazione tra le politiche sociali, le azioni dinatura preventiva, le pratiche di conciliazione e mediazione dei con-flitti e per tutti gli interventi tesi a migliorare le condizioni di sicurez-za urbana del territorio di riferimento.

livelli di governo. Nel rispetto delle competenze e del-l’organizzazione delle funzioni di ciascuno dei soggettiistituzionali coinvolti, con la disciplina attuativa dell’ar-ticolo 118 si potrebbero prevedere, infatti, strumenti diraccordo e verifica delle azioni svolte sinergicamente. Taleintervento generale complessivo dovrebbe permettere diestendere gli strumenti del coordinamento di cui all’arti-colo 118, comma 3, della Costituzione anche agli enti lo-cali, sempre sulla base di una loro volontaria assunzionedi responsabilità. Ciò consentirebbe di integrare le poli-tiche sociali e territoriali, di competenza delle regioni edegli enti locali, con le politiche di sicurezza in senso stret-to, degli organi statuali8.

In conclusione, il modello negoziale inverato nei pat-ti per la sicurezza a fronte dell’inattuazione dell’articolo

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118, comma 3, della Costituzione potrebbe offrire la cor-nice condivisa – e frutto di una determinazione paritaria– non solo per l’esercizio dei poteri sindacali, ma ancheper lo svolgimento di attività di interesse generale in ma-teria di sicurezza urbana frutto dell’autonoma iniziativadei cittadini, singoli e privati, secondo il principio di sus-sidiarietà orizzontale sancito dall’ultimo comma del me-desimo articolo 118 della Costituzione.