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L’essere-nel-mondo e la natalità nella riflessione di Hannah Arendt Francesca Brencio (University of Western Sydney) “Initium [...] ergo ut esset, creatus est homo, ante quem nullus fuit” Agostino, De Civitate Dei (l. XII, Cap. 21) C’è una parte della riflessione di Hannah Arendt in cui è ravvisabile una risposta filosofica ad una porzione del pensiero di Martin Heidegger. Mi riferisco al concetto di natalità come concetto opposto a quello di esser-per-la-morte con cui definire il nostro essere nel mondo. In Sein und Zeit Heidegger scrive: «L’Esserci […] è anche già sempre la sua morte» 1 ; la morte è la possibilità più autentica attraverso la quale il Dasein sovrasta se stesso: La morte […] non è un possibile utilizzabile o una semplice-presenza, ma una possibilità dell’essere dell’Esserci […]. L’essere-per-la-morte non concerne la “realizzazione” della morte; tuttavia non consiste neppure nel sostare dinanzi ad essa come semplice possibilità. Un tale atteggiamento si risolverebbe nel “pensare alla morte” […]. L’essere per la possibilità, in quanto essere-per-la-morte, deve rapportarsi alla morte in modo che essa, in questo essere e per esso, si scopra come possibilità. A questo modo di essere della possibilità noi diamo il nome di anticipazione della possibilità. […] La vicinanza massima dell’essere-per-la-morte come possibilità coincide con la sua lontananza massima da ogni realtà 2 . Il carattere ontologico della morte permette al Dasein (all’uomo) di comprendere la differenza ontologica: la morte è l’unico fatto che inerisce completamente all’Esserci, l’unica esperienza radicale con cui esso è faccia a faccia con la propria caducità e con il nulla che in essa si annuncia. Morire significa essere capaci della morte in quanto morte. Solo l’uomo muore. L’animale perisce. Esso non ha la morte in quanto morte né davanti a sé né dietro di sé. La morte è lo scrigno del nulla, ossia di ciò che, sotto tutti i rispetti, non è mai qualcosa di semplicemente essente, e che tuttavia è, e addirittura si dispiega con il segreto dell’essere stesso. La morte, in quanto scrigno del nulla, alberga in sé ciò che è essenziale dell’essere. In quanto scrigno del nulla la morte è il riparo dell’essere […]. I 1 M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1976, p. 300. 2 M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 318 s. 1

L'essere nel mondo e la natalità nella riflessione di Hannah Arendt

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in "Oros", Marzo 2013

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  • Lessere-nel-mondo e la natalit nella riflessione di Hannah Arendt

    Francesca Brencio(University of Western Sydney)

    Initium [...] ergo ut esset, creatus est homo, ante quem nullus fuitAgostino, De Civitate Dei (l. XII, Cap. 21)

    C una parte della riflessione di Hannah Arendt in cui ravvisabile una risposta filosofica ad una porzione del pensiero di Martin Heidegger. Mi riferisco al concetto di natalit come concetto opposto a quello di esser-per-la-morte con cui definire il nostro essere nel mondo.

    In Sein und Zeit Heidegger scrive: LEsserci [] anche gi sempre la sua morte1; la morte la possibilit pi autentica attraverso la quale il Dasein sovrasta se stesso:

    La morte [] non un possibile utilizzabile o una semplice-presenza, ma una possibilit dellessere dellEsserci []. Lessere-per-la-morte non concerne la realizzazione della morte; tuttavia non consiste neppure nel sostare dinanzi ad essa come semplice possibilit. Un tale atteggiamento si risolverebbe nel pensare alla morte []. Lessere per la possibilit, in quanto essere-per-la-morte, deve rapportarsi alla morte in modo che essa, in questo essere e per esso, si scopra come possibilit. A questo modo di essere della possibilit noi diamo il nome di anticipazione della possibilit. [] La vicinanza massima dellessere-per-la-morte come possibilit coincide con la sua lontananza massima da ogni realt2.

    Il carattere ontologico della morte permette al Dasein (alluomo) di comprendere la differenza ontologica: la morte lunico fatto che inerisce completamente allEsserci, lunica esperienza radicale con cui esso faccia a faccia con la propria caducit e con il nulla che in essa si annuncia.

    Morire significa essere capaci della morte in quanto morte. Solo luomo muore. Lanimale perisce. Esso non ha la morte in quanto morte n davanti a s n dietro di s. La morte lo scrigno del nulla, ossia di ci che, sotto tutti i rispetti, non mai qualcosa di semplicemente essente, e che tuttavia , e addirittura si dispiega con il segreto dellessere stesso. La morte, in quanto scrigno del nulla, alberga in s ci che essenziale dellessere. In quanto scrigno del nulla la morte il riparo dellessere []. I

    1 M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1976, p. 300.

    2 M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 318 s.

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  • mortali sono quello che sono come mortali avendo la loro essenza nel riparo dellessere. essi sono il dispiegatesi rapporto allessere come essere3.

    In questo confronto con la sua costitutiva finitezza e con lo scacco del tempo che ne corrode la sostanza, lEsserci posto con la medesima abissalit e violenza di fronte allessere: L dove si tratta del nulla e della morte, pensato nel modo pi profondo lessere e nientaltro che lessere, mentre coloro che pretendono di occuparsi soltanto del reale vagano in ci che nullo4.

    La decisione anticipatrice, cio lessere-per-la-morte, dischiude davanti al Dasein langoscia la quale si configura come la determinazione pi propria della situazione emotiva dellEsserci, come lo sguardo disincantato di fronte allinautenticit dellesistenza; attraverso questa ostinazione dello sguardo sullangoscia che il Dasein concede a se stesso la possibilit di una libert appassionata, affrancata dalle illusioni del Si, effettiva, certa di se stessa e piena di angoscia: LA LIBERTA PER LA MORTE5. Attraverso la decisione anticipatrice, cio la comprensione ontologica della propria fine, lEsserci pu realizzare consapevolmente lesistenza autentica.

    proprio questo essere-per-la-morte che riesce a rovesciare lordine della temporalit quotidiana, scrive Heidegger in Essere e tempo. Tale rovesciamento si realizza in un duplice movimento: quello dellanticipazione del futuro inesorabile, cio la propria fine, la propria morte; e quello del ritorno al presente, fondando un nuovo margine di temporalit: quella autentica, allinterno della quale esperire la progettualit, la libert e la storicit dellEsserci stesso. Solo attraverso la decisione anticipatrice il Dasein si appropria della cifra ontologica che lo costituisce: la finitezza. La morte addita cos verso una trascendenza che abbraccia la totalit del finito e che nel finito vuole rimanere ancorata 6. LEsserci, luomo, il finito pu fare esperienza del moto dialettico della libert che si radica

    3 M. Heidegger, La cosa, in Saggi e discorsi, trad. it. a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p. 118 s.

    4 M. Heidegger, Nietzsche, trad. it. cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1994, p. 391.

    5 M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. 323.

    6 Sul tema della morte in Heidegger cfr. U. M. Ugazio, Il problema della morte nella filosofia di Heidegger, Mursia, Milano 1976; V. Vitiello, Heidegger. Il nulla e la fondazione della storicit, cit., pp. 398 ss.; G. Morpurgo Tagliabue, Le strutture del trascendentale, cit., in particolare pp. 251 ss.

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  • proprio nella decisione anticipatrice, moto che oscilla fra lesperienza della propria finitezza che trascende se stessa verso lessere e che ritorna in s.

    Sul versante opposto al procedere heideggeriano, sta il concetto di natalit con cui la Arendt si rivolge contro quei filosofi per i quali la vita un incamminarsi verso la morte, o meglio e in stretto riferimento ad Heidegger, per i quali a partire dal proprio esser-per-la-morte che si declina la decisione autentica con cui inverare il progetto dellesistere. Per la Arendt non a partire dello sguardo verso la morte il punto di partenza dellesistere autentico e la fonte del vero agire, bens al contrario, proprio lo sguardo indietro, verso la nascita:

    Il fatto che luomo sia capace dazione significa che da lui ci si pu attendere linatteso, che in grado di compiere ci che infinitamente improbabile. E ci possibile solo perch ogni uomo unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicit [...]. Con la parola e con lagire ci inseriamo nel mondo umano, e questo inserimento come una seconda nascita, in cui confermiamo e ci sobbarchiamo la nuda realt della nostra apparenza fisica originale [...]. Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane, dalla sua normale, naturale rovina in definitiva il fatto della natalit, in cui ontologicamente radicata la facolt dell'azione. , in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, lazione di cui essi sono capaci in virt dell'esser nati. Solo la piena esperienza di questa facolt pu conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dellesperienza umana che l'antichit greca ignor completamente. questa fede e speranza nel mondo che trova forse la sua pi gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il vangelo annunci la lieta novella dellavvento: Un bambino nato per noi7.

    Lagire ed il parlare sono le modalit con cui levento della nascita accade sempre e nuovamente. Evento, parola che volutamente compare anche nella riflessione della Arendt ma spogliata delle connotazioni ontologiche che presentava in Heidegger per essere restituito alluomo a partire dal suo qui ed ora. Lazione per la Arendt costituisce una seconda nascita, non pi biologica ma mondana. L'uomo rinasce ad una sfera pubblica, rinasce cio per la pluralit, orizzonte nel quale egli agisce ed intesse relazioni di cui la pluralit la cifra fondamentale. Lazione, in quanto natalit, insieme liberazione e costituisce proprio la possibilit di configurare un mondo. Essa riscatta, o se si vuole corregge, la nozione heideggeriana di deiezione:

    La capacit stessa di cominciamento ha le sue radici nella natalit e non certo nella creativit, non in una dote o in un dono, ma nel fatto che gli esseri umani, uomini nuovi, sempre e sempre di nuovo appaiono nel mondo in virt della nascita. Sono del tutto consapevole che anche nella versione agostiniana l'argomento resta in un certo qual modo trasparente, che non sembra dirci null'altro che siamo condannati a essere liberi in ragione dell'essere nati, non importa se la libert ci piace o aborriamo la sua arbitrariet, se ci sia "gradita" o preferiamo fuggire la sua responsabilit tremenda scegliendo una forma qualunque di fatalismo. Questa impasse, se veramente tale, pu essere superata o risolta solo facendo appello a un'altra facolt della mente, non meno misteriosa della facolt del cominciamento, la facolt del Giudizio, un'analisi della quale, forse, pu almeno dirci che cosa sia implicato nei nostri giudizi mi piace o non mi piace.8

    7 H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, trad. it. a cura di S. Finzi, Bompiani, Milano 1994, p. 127 e ss.

    8 H. Arendt, La vita della mente, trad. it. a cura di A. Dal Lago, Il Mulino, Bologna 2009. p. 546.

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  • La filosofia della nascita alla base dello sviluppo della teoria politica che Hannah Arendt elaborer da ora in poi. La natalit designa il fatto che luomo, agendo, d inizio a qualcosa che, una volta iniziato, viene donato al mondo, alla polis, agli altri. In questa consegna, lopera iniziata, lazione intrapresa, pu essere continuata, ripresa o lasciata senza prosecuzione alcuna; non resta nelle mani di colui che lha inaugurata ma si presta ad essere ripresa o anche a restare senza alcun seguito. In tal senso, la natalit implica lammissione della discontinuit.

    Nessun animale, nessun esemplare di una specie, possiede un inizio e una fine in questo senso. Con luomo, creato a immagine di Dio, venne al mondo un essere che, costituendo un inizio che si muove verso la fine, poteva essere dotato della capacit di volere e non volere. Sotto questo riguardo, egli era limmagine di un Dio Creatore; ma poich era temporale e non eterno, tale capacit si orientava esclusivamente verso il futuro []. Ogni uomo, creato come singolarit, costituisce un nuovo inizio in virt della sua nascita; se Agostino avesse tratto tutte le conseguenze delle speculazioni, avrebbe definito gli uomini non, al modo dei Greci, come mortali, bens come natali, avrebbe definito la libert della Volont non come liberum arbitrium, la libera scelta tra volere e non-volere, ma come libert di cui parla Kant nella Critica della ragion pura 9.

    In Comprensione e politica (le difficolt del comprendere), la Arendt osserva:

    Proprio come nelle nostre vite personali le nostre peggiori paure e le nostre migliori speranze non ci preparano mai adeguatamente a ci che effettivamente accadr perch nel momento in cui un evento, anche se previsto, accade, tutto cambia e noi non possiamo essere preparati allinesauribile letteralit di questo tutto cos ogni evento nella storia umana rivela un panorama inatteso di azioni, sofferenze e nuove possibilit umane che nel complesso trascendono la somma totale di tutte le intenzioni deliberate e il significato di tutte le origini. Il compito dello storico proprio scovare in ogni determinata epoca questo nuovo inteso con tutte le sue implicazioni e di portare alla luce tutta la forza del suo significato10.

    La storia,

    per lappunto una storia (story) che ha molti inizi ma nessuna fine. La fine, nel senso stretto e ultimo del termine, potrebbe essere solo la scomparsa delluomo dalla faccia della terra, perch tutto ci che lo storico chiama fine, la fine di unepoca, di una tradizione o di una civilt, rappresenta un nuovo inizio per coloro che sono vivi. La fallacia di tutte le profezie apocalittiche si nasconde nella sottovalutazione di questa semplice ma fondamentale fatto11.

    9 H. Arendt, La vita della mente, cit., p.430.

    10 H. Arendt, Comprensione e politica (le difficolt del comprendere), in Antologia. Pensiero, azione e critica nellepoca dei totalitarismi, trad. it a cura di P. Costa, Feltrinelli, Milano 2006. p. 121 e s.

    11 Ivi, p. 122.

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  • In sintesi, la natalit non una propriet e nemmeno uno stato ma una possibilit che si attualizza mentre si produce. La natalit sancisce la nascita pubblica del singolo, di colui che il gi nato, nel suo essere con gli altri, traducendo lheideggeriano essere-nel-mondo nella dimensione politica e democratica12. In questo spazio pubblico, il singolo agisce e parla garantendo ad ogni individuo la propria inconfondibilit e permettendo di percepire laltrui inconfondibilit come la possibilit di interrogarsi sulla vita con gli altri. Ci che salvaguardia la pluralit proprio la libert terrena espressa in parole e azioni; questa coniugazione di discorso ed azione ha evidenziato la natura comunicativa dellagire, per la quale il soggetto non pi una costruzione astratta che deve pagare lo scotto del fallimento di una certa metafisica, quanto una soggettivit che essa stessa presenza. Come scrive in una pagina del suo diario: La nostra intera esistenza qui pura presenza. Vivere realmente significa realizzare questo presente [...] e fare in modo che non si scinda in passato e futuro. A differenza delle eternit, infatti, il proprio passato temporale cos come il proprio futuro temporale hanno la tendenza a divorare il presente13.

    attraverso lutilizzo di questo concetto che Hannah Arendt individua un sentiero allinterno della realt: attraverso la natalit non si opera un trascendimento del sensibile n un suo rifiuto, quanto un vero e proprio attraversamento con cui ritornare a Kant, il costante interlocutore del procedere arendtiano. Sono proprio le considerazioni contenute nel capitolo dedicato alla volont nella Vita della mente che indicano una possibile trascrizione in termini di natalit della volont kantiana14. Nella scelta appassionata di attraversare il sensibile con tutte le sue declinazioni, la natalit la cifra di un pensiero incarnato che attraversa la speculazione della filosofa tedesca. Come lei stessa ha scritto, Non credo che possa esistere qualche processo di pensiero senza esperienze personali. Tutto il pensiero meditazioni [Nachdenken], pensare in seguito a una cosa15. Se la categoria della natalit diventa il segnavia della comprensione dellesser-nel-mondo delluomo, allora essa implica una fedelt alle cose, alla loro realt nella datit del loro accadere: Essere fedeli alla realt

    12 Cfr. E. Parise (a cura di), La politica tra natalit e mortalit. Hannah Arendt, ESI, Napoli 1993.

    13 H. Arendt, Quaderni e Diari, trad. it. a cura di C. Marazia, Neri Pozza Editore, Vicenza 2007, p. 14. Cfr su questo tema A. Dal Lago, Una filosofia della presenza. Hannah Arendt, Heidegger e la possibilit dell'agire, in R.Esposito (a cura di), La pluralit irrappresentabile. Il pensiero politico di Hannah Arendt, Quattroventi, Urbino 1987, pp. 93 e ss.

    14 H. Arendt, La vita della mente, cit., p. 430.

    15 H Arendt, La lingua materna, trad. it. a cura di A. Dal Lago, Mimesis, Milano, 1996.

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  • delle cose, nel bene e nel male, implica un integrale amore per la verit e una totale gratitudine per il fatto stesso di essere nati16.

    La fedelt alle cose e lamore per il mondo sono il frutto del dialogo che la Arendt ha costruito con Agostino. Nel filosofo di Ippona, trova le parole per dire lesperienza esistenziale dellessere con altri e che in Agostino si veste di quella fiducia nella capacit dellamore di cambiare il mondo. lAmor mundi. Nella sua tesi dottorale, Il concetto damore in Agostino, lautrice trova la formulazione migliore del concetto damore, nellaccezione pi ampia e a vantaggio di tutti gli interrogativi esistenziali e fenomenologici.

    La Arendt scorge la valenza politica insita nel concetto di agostinano di caritas nei termini di amore del bene, caratterizzato socialmente; amore portato avanti secondo lordine delle cose e rispettando lordine del proprio essere. Amando Dio, lumano ama i suoi simili, e il mondo con essi. Questo Amor Mundi linfra, lo Zwischen-sein che si pone tra gli uomini: senza il mondo, la pluralit degli uomini perde di senso e diviene impossibile la stessa idea di politica.

    Hannah Arendt flette la riflessione agostiniana nei termini di amore per il prossimo reso possibile solo nel tessuto della comunit, in cui ogni singolo accede alluniversale: un amore che possibile solo sulla base della mondit del mondo, cio di un mondo edificato, immaginato e salvato da esseri umani in grado di agire e pensare. Lamore un evento, scrive nel suo diario17 che non oltrepassa n trascende i limiti del mondo, ma rimane interno ad esso: lamore e si manifesta nel suo essere nel mondo. La mondit arendtiana ha il sapore della condizione umana, segnata dalla contingenza ed esposta al rischio dellannullamento e della perdita proprio perch esiste e non gode di alcuna assolutezza.

    Ancora una volta torna una categoria del pensiero heideggeriano, la mondit cio la struttura dellessere del mondo come tale, tuttavia pensata in modo diverso da quella di Heidegger: se per questultimo il mondo la radura dell'essere, in cui l'uomo sta fuori a partire dalla sua essenza gettata18, per la Arendt il mondo pensato in termini squisitamente umanistici, comunitari e politici e questo suo modo di pensare il mondo rimanda a delle eco kantiane. Il mondo lo spazio in cui facciamo ingresso apparendo da nessun luogo e dal quale scompariamo verso nessun luogo19.

    16 Lettera dell11 Giugno 1965 a Jaspers, in H.Arendt, Carteggio con Karl Jaspers, trad. it. a cura di A. Dal Lago, Feltrinelli, Milano 1999.

    17 Cfr. H. Arendt, Quaderni e Diari, cit., p. 47.

    18 M. Heidegger, Lettera sull'umanesimo, in Segnavia, trad. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987, p. 302.

    19 H. Arendt, La vita della mente, cit., p. 99.

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  • Il mondo a cui la filosofa fa riferimento quello posto in essere di volta in volta dai soggetti parlanti ed agenti e non da una soggettivit astratta definita sulla scorta dellontologia. Il mondo arendtiano ha a che fare anche con la meraviglia e con lo stupore che animano il pensiero e spingono alla filosofia; non un tutto assoluto, n sovrastato da alcuna entit sovra mondana. Il mondo per la Arendt un qualcosa di fragile che necessita di cure ma che sa anche convertire tale fragilit in forza quanto pi non ha pretese totalizzanti.

    Dal lato opposto, Heidegger parla del mondo in relazione a ci che sorge attraverso il disvelamento dellopera darte. Secondo Heidegger lopera espone il Mondo20 nella sua apertura verso la Terra che lo produce. Cos' il Mondo? Questo termine compare gi in Essere e tempo e l stava ad indicare la totalit di riferimento del progetto dell'esserci. Ora esso definito come la radura dellessere in cui luomo sta fuori a partire dalla sua essenza gettata []. Pensato a partire dalle-sistenza, il Mondo in un certo modo proprio lal di l entro e per le-sistenza21. Ora il significato che assume il termine Mondo sembra avere delle caratteristiche antropologiche ben precise. Mondo e Terra sono in relazione:

    Esporre un Mondo e porre-qui la Terra sono due tratti essenziali dellessere opera dellopera []. Il Mondo lautoaprentesi apertura delle ampie vie delle opzioni semplici e decisive nel destino di un popolo storico. La Terra la non costretta apparizione del costantemente autoschiudentesi, cio del coprente-custodente. Mondo e Terra sono essenzialmente diversi lun dallaltro e tuttavia mai separati. Il Mondo si fonda sulla Terra e la Terra sorge attraverso il Mondo22.

    Come dice Gadamer, la terra si configura come un contro-concetto rispetto al mondo, poich la sua funzione quella di delineare la lotta che con esso instaura23. Per Heidegger il rapporto determinante della terra con la natura, non con il mondo, e con una natura come tale, diversa da quella svelata - che appare allessere umano. 20 M. Heidegger, Lorigine dellopera darte, Sentieri interrotti, trad. it. a cura di P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze 1997, p. 29.

    21 M. Heidegger, Lettera sullumanismo, in Segnavia, cit., p. 302.

    22 Cfr. M. Heidegger, Lorigine dellopera darte, in Sentieri interrotti, cit., p. 33 e s.

    2323 H. G. Gadamer, I sentieri di Heidegger, trad. it. a cura di di R. Cristin e (solo per il cap. VIII) di G. Moretto, Marietti, Casale Monferrato 1987, p 91.

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  • Al contrario, ma ancora una volta quasi ad eco, lidea di mondo della Arendt affonda le sue radici nella condizione umana che fa delluomo un essere declinato alla pluralit. Il mondo arendtiano abbraccia la nascita e la morte, il pensiero, lazione e il discorso e tutto lo spazio che intercorre fra questi termini volto a delimitare lesistenza umana nel mondo e per amore del mondo.

    Elisabeth Young-Bruhel, nella sua biografia su Hannah Arendt, ricorda che la filosofa avrebbe voluto intitolare il libro Vita Activa con Amor mundi24. Lamore per il mondo un filo dArianna che percorre la riflessione della Arendt, a partire dallo studio su Agostino fino a La vita della mente. Questo amore per il mondo stride con lo scenario filosofico allora contemporaneo, dove al posto dellamore per il mondo si assisteva alla produzione di opere e alla formulazione di riflessioni che avessero in disprezzo il mondo: Nulla forse pi sorprendente, in questo nostro mondo, della variet pressoch infinita delle sue apparenze, del puro valore spettacolare delle sue vedute, dei suoni, degli odori, qualcosa di pressoch dimenticato negli scritti dei pensatori e dei filosofi25.

    Non si tratta di un ingenuo ottimismo ma di un appassionato pensare la finitezza delluomo a partire da ci che pi gli inerisce: il suo stare nel mondo insieme agli altri. Non c nessuna fuga prospettica verso la metafisica n verso unontologia disancorata dalla finitezza; c piuttosto la collocazione delluomo nel mondo a partire da ci che gli compete: la parola, il pensiero e lazione.

    2424 Cfr E. Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906-1975: per amore del mondo, trad. it. a cura di D. Mezzacapa, Bollati Boringhieri, Torino 1990, p. 370.

    2525 H.Arendt, La vita della mente, cit.,p. 100.

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