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Costantinopoli e il mondo bizantino Capitolo 7 Appunti a cura di Sandro Caranzano , riservati ai fruitori del corso di archeologia presso l'Università Popolare di Torino 2008-2009. Lezioni tenute il 20 e 27/01/2009 7.1. – Breve storia delle genesi dell’impero bizantino La data di nascita di un mondo pienamente bizantino è dibattuta. Il grande storico bizantino Ostrogovsky, per esempio, ha proposto che solo con Eraclio si possa parlare di un oriente romano del tutto autonomo e indipendente. In ogni caso la fondazione di Costantinopoli alla foce del Bosforo sui resti dell’antica Bisanzio da parte di Costantino fu un passo indispensabile ma non sufficiente, dal momento che non era probabilmente nelle intenzioni dell’imperatore creare una città antagonista a Roma. L’investimento di capitali e risorse nella nuova Costantinopoli fu probabilmente uno strascico della tendenza già presente ai tempi della tetrarchia di abbellire o fondare città in posizioni strategiche da utilizzare per il controllo amministrativo e militare di un impero molto vasto (ricordiamo a questo titolo le dimensioni raggiunte da Arles, Treviri, Milano, Tessalonica, Milano etc.) Dal punto di vista politico molti ravvisano nella criterio scelto da Teodosio I per la successione un momento strategico che avrebbe segnato l’inizio di una separazione sempre più netta, anche sul piano culturale, tra occidente o oriente. Teodosio morendo nel 395, spartì il regno tra i due giovani figlioletti Arcadio (in oriente) e Onorio (in occidente) che posti sotto la tutela di consiglieri: in particolare Arcadio – di soli 7 anni - era influenzato dai consiglieri di corte eunuchi (in particolare Rufino e Eutropio) mentre Onorio si appoggiava al generale barbarico Silicone. I due giovani imperatori molto presto incominciarono a sospettare vicendevolmente mentre la rivendicazione del governo delle province di Tracia e dell’Illirico erano motivo di disputa tra le due parti dell’Impero. Nel 402-3 il settore occidentale fu messo in pericolo dalle scorrerie perpetuate dai Goti di Radegaiso e poi nel 407 dai Goti di Alarico che ebbero l’ardire di passare le Alpi e saccheggiare la Pianura Padana. Silicone riuscì a respingere i nemici nelle famose battaglie di Pollenzo (non lontano da Bra) e di Mantova; in seguito, però, divenne oggetto di invidia e fu screditato a corte (che vedeva in lui un capo germanico sempre pronto a scendere a patti con i nemici per il proprio personale interesse). Così Stilicone, il figlio Eucherio e la moglie Serena furono richiamati alla corte di Ravenna e decapitati dall’Imperatore. In un’Italia priva di un esercito addestrato e ben coordinato la situazione declinò molto rapidamente. Fig. 44 – Busto di Teodosio II da Costantinopoli / Fig 45. L’impero romano ai tempi di Teodosio II Le orde di Alarico giunsero per due volte sin sotto le mura di Roma e non contente di aver innalzato alla porpora uno sbiadito senatore di nome Attalo, nel 410 saccheggiarono la città. In Oriente, alla morte di Arcadio, andò al potere Teodosio II che si mantenne sempre in ottimi rapporti con Galla Placidia che invece non mancava di litigare con il fratello, Onorio. L’esperienza vissuta dall’occidente consigliò ad Arcadio e al suo reggente, il prefetto al Pretorio Flavio Antemio, di dare una nuova potente cinta di mura a Costantinopoli. Nel 413 41

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Costantinopoli e il mondo bizantino Capitolo 7 Appunti a cura di Sandro Caranzano , riservati ai fruitori del corso di archeologia presso l'Università Popolare di Torino 2008-2009. Lezioni tenute il 20 e 27/01/2009

7.1. – Breve storia delle genesi dell’impero bizantino La data di nascita di un mondo pienamente bizantino è dibattuta. Il grande storico bizantino Ostrogovsky, per esempio, ha proposto che solo con Eraclio si possa parlare di un oriente romano del tutto autonomo e indipendente. In ogni caso la fondazione di Costantinopoli alla foce del Bosforo sui resti dell’antica Bisanzio da parte di Costantino fu un passo indispensabile ma non sufficiente, dal momento che non era probabilmente nelle intenzioni dell’imperatore creare una città antagonista a Roma. L’investimento di capitali e risorse nella nuova Costantinopoli fu probabilmente uno strascico della tendenza già presente ai tempi della tetrarchia di abbellire o fondare città in posizioni strategiche da utilizzare per il controllo amministrativo e militare di un impero molto vasto (ricordiamo a questo titolo le dimensioni raggiunte da Arles, Treviri, Milano, Tessalonica, Milano etc.) Dal punto di vista politico molti ravvisano nella criterio scelto da Teodosio I per la successione un momento strategico che avrebbe segnato l’inizio di una separazione sempre più netta, anche sul piano culturale, tra occidente o oriente. Teodosio morendo nel 395, spartì il regno tra i due giovani figlioletti Arcadio (in oriente) e Onorio (in occidente) che posti sotto la tutela di consiglieri: in particolare Arcadio – di soli 7 anni - era influenzato dai consiglieri di corte eunuchi (in particolare Rufino e Eutropio) mentre Onorio si appoggiava al generale barbarico Silicone. I due giovani imperatori molto presto incominciarono a sospettare vicendevolmente mentre la rivendicazione del governo delle province di Tracia e dell’Illirico erano motivo di disputa tra le due parti dell’Impero. Nel 402-3 il settore occidentale fu messo in pericolo dalle scorrerie perpetuate dai Goti di Radegaiso e poi nel 407 dai Goti di Alarico che ebbero l’ardire di passare le Alpi e saccheggiare la Pianura Padana. Silicone riuscì a respingere i nemici nelle famose battaglie di Pollenzo (non lontano da Bra) e di Mantova; in seguito, però, divenne oggetto di invidia e fu screditato a corte (che vedeva in lui un capo germanico sempre pronto a scendere a patti con i nemici per il proprio personale interesse). Così Stilicone, il figlio Eucherio e la moglie Serena furono richiamati alla corte di Ravenna e decapitati dall’Imperatore. In un’Italia priva di un esercito addestrato e ben coordinato la situazione declinò molto rapidamente. I

Le orde di Alariinnalzato alla pIn Oriente, alla ottimi rapporti L’esperienza visPretorio Flavio

Fig. 44 – Busto di Teodosio II da Costantinopoli / Fig 45. L’impero romano ai tempi di Teodosio I

co giunsero per due volte sin sotto le mura di Roma e non contente di aver orpora uno sbiadito senatore di nome Attalo, nel 410 saccheggiarono la città. morte di Arcadio, andò al potere Teodosio II che si mantenne sempre in con Galla Placidia che invece non mancava di litigare con il fratello, Onorio. suta dall’occidente consigliò ad Arcadio e al suo reggente, il prefetto al Antemio, di dare una nuova potente cinta di mura a Costantinopoli. Nel 413

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venne così costruita in fretta e furia la cinta che vediamo ancora oggi estendersi dal Corno d’Oro fino al Mar di Marmara (Propontide). Nel 423, in occidente, moriva Onorio e saliva al potere – alla modesta età di 6 anni e sotto la tutela della madre - l’imperatore Valentiniano III, figlio di Galla Placidia (la sorella di Onorio) e di un nobile romano (Costanzo III): gli Unni guidati da Attila dopo aver messo a ferro e a fuoco le Gallie, scesero in Italia e vennero fermati sul Mincio dalla missione di papa Leone I. L’ultima grande battaglia dell’esercito romano contro una coalizione di barbari fu guidata ai famosi Campi Catalaunici dal generale romano barbarico Ezio (Etzel in germanico) che si era imposto come protettore dell’impero. Valentiniano III si sposava ora con Licinia Eudossia, la figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio II (indotto dalla sorella Pulcheria - una fervente cristiana grande fautrice della verginità - a impalmare Elia Eudossia). Teodosio II fu, in questi anni, un po’ il segreto coordinatore delle vicende politiche dell’occidente. Il periodo non era dei più propizi perché negli stessi anni (439), i Vandali, insediati in Spagna, spinti ad oriente dall’arrivo dei Visigoti, avevano passato lo stretto di Gibilterra conquistando l’Africa romana proconsolare e Cartagine. Come noto, durante l’assedio della città africana di Ippona perse anche la vita Agostino che nel frattempo aveva provveduto a scrivere il famoso libro “la città di Dio”. Nel 454 Valentiniano III, forse mal consigliato a corte, dopo aver convocato a palazzo Ezio lo uccise con un colpo di spada; Ezio fu vendicato qualche tempo dopo da alcuni guerrieri sciri aizzati dal senatore Massimo. Valentiniano II morì determinando la fine della dinastia e lasciando l’impero privo di un valido comandante militare. Intanto i Vandali, messe le mani sulla flotta romana, bloccarono il rifornimento di grano africano da cui dipendeva l’impero (annona). Trasformatisi ora anche in marinai sbarcarono in centro Italia perpetuando nel 455 un nuovo e traumatizzante sacco di Roma.

Fig. 46 Dittico di Onorio dal tesoro di Aosta / Fig 47- estensione dell’impero d’occidente alla morte di Teodosio I / Fig. 48 Busto di Onorio Nel 450, in Oriente, Teodosio moriva spezzandosi la schiena per una caduta da cavallo. Aveva garantito allo spezzone orientale dell’impero la sopravvivenza alla prima dura serie di invasioni barbariche e promulgato l’importantissimo codice teodosiano, una raccolta di leggi che avrebbe fatto la felicità dei giuristi medievali e del futuro imperatore Giustiniano. Nel 451 andava al potere in Oriente l’imperatore Marciano che per garantirsi una legittimazione politica sposava la virtuosa sorella di Teodosio II, Pulcheria. In questo periodo l’oriente era scosso da importanti dibattiti teologici sulla natura di Cristo. I patriarcati di Roma, Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopli si contendevano il favore a corte e il peso sullo scacchiere mediterraneo sostenendo specifiche tesi che trovavano l’appoggio di particolari settori della società romana. In particolare nell’area antiochena aveva ricevuto un certo favore la tesi di Nestorio secondo cui in Cristo erano presenti due nature distinte , quella umana e quella divina. Tale teoria metteva in crisi il Credo già enunciato nel 325 alla presenza di Costantino nel famoso concilio di Nicea e rischiava di evidenziare la natura umana di Cristo nel momento della sua incarnazione. Dall’altra parte, il patriarca di Alessandria, influenzato dalle teorie del monaco Eutiche, aveva teorizzato il monofisismo secondo cui la parte carnale di Cristo si era parzialmente dissolta in quella divina. L’imperatore Marciano è noto per aver convocato nel 451 a Calcedonia un famoso concilio con cui le teorie eretiche furono condannate. Nestorio, in particolare, fuggì dall’Impero presso i nemici storici dei bizantini, i Sasanidi, dove diede origine ad una comunità cristiana eretica.

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Nel 457, morto Zenone andò al potere in Oriente Leone I che dovette far fronte alla influenza sempre più marcata dei barbari e in particolare del capo goto Aspar. Leone I scelse così di appoggiarsi per la prima volta ad un comandante isaurico (l’Isauria era una regione

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dell’Anatolia che aveva come centro l’attuale Antalia), Zenone I, che fu associato al potere in una posizione secondaria ma che poi, per una serie di fortunate vicende, ereditò l’impero alla morte di Leone I , nel 474. Intanto l’Africa occupata dai Vandali continuava ad essere un problema irrisolto. A nulla servirono le azioni coordinate dall’imperatore d’occidente Antemio (nel 568) per un colpo di mano in Africa e neanche quelle condotte, in parallelo, dal cognato dell’imperatore bizantino Leone I, Basilisco, che dopo alcune azioni a Capo Bon fu costretto a scendere a patti con il re vandalo Genserico e a rientrare a Bisanzio con la flotta gravemente dnneggiata. Nel 476 il mal ridotto impero d’occidente subiva la deposizione del famoso Romolo Augustulo e il potere preso da Odoacre, figlio del comandante della guardia scira a Ravenna. Odoacre riconobbe la sovranità di Bisanzio sull’occidente ma essendo barbaro non ottenne mai le insegne imperiali e fu nominato semplicemente magister militum per Italiam. Sotto Zenone nacquero nuovi problemi con i Goti insediati nella Mesia (guidati da Teodorico della dinastia degli Amali) e in Tracia (guidati da Teodorico Strabone); la morte di Teodorico Strabone non impedì a Teodorico di riversarsi nelle terre al di qua del Danubio a causa del mancato rispetto dei patti da parte dell’imperatore bizantino. Questo riuscì a sbarazzarsi delle orde barbariche innalzando Teodorico come comandante delle truppe dell’Illirico e spedendolo in Italia nella speranza che si logorasse nella lotta contro Odoacre. Nel 493, tuttavia, inaspettatamente Teodorico riuscì ad avere ragione di Odoacre e si insediò a Ravenna inaugurando un tentativo di coesistenza tra romani e germani del tutto nuovo. Anche lui non ricevette le insegne da Costantinopoli in quanto barbaro ma il titolo onorifico di patricius. L’esperimento non sarebbe andato a buon fine anche per l’ostilità delle elité romane e così Teodorico, dopo aver promosso la costruzione di alcune chiese e battisteri di un certo pregio per i cattolici e gli ariani nella stessa Ravenna (si pensi al battistero degli ariani o a sant’Agata), si irrigidì eliminando personaggi eminenti come il senatore Cassiodoro o lo stesso filosofo Severino Boezio che avrebbe scritto in prigione, prima di essere giustiziato, il famoso De consolatione filosofia. Alla morte di Zenone, nel 491, il popolo di Costantinopoli chiese un imperatore romano a causa della diffidenza verso gli Isaurici che venivano considerati comunque cittadini di secondo livello. La vedova Ariadne, andò dunque in sposa ad Anastasio (491-518) che portò avanti una politica energica contro gli Isaurici che furono deportati parzialmente in Tracia. Anastasio si trovò in difficoltà a causa del suo appoggio alla corrente religiosa monofisita che era sempre attiva a Costantinopoli. Alla morte di Anastasio andò al potere Giustino I (518-526) , un rozzo contadino semi-analfabeta (si dice che firmasse con il normografo dal momento che non era in grado di scrivere fluidamente) che era riuscito a scalare la carriera militare fino alla porpora. Giustinano gli stette a fianco mentre era ancora in vita e riuscì ad ereditarne il regno alla sua morte. Il regno di Giustiniano (526-565) rappresenta il grande periodo della restaurazione bizantina. Giustiniano cercò infatti di garantirsi la neutralità di Cosroe II di Persia a cui versò dei tributi annuali per poter inviare i suoi generali più fidati, Belisario (sposato con Antonina) e poi Narsete alla riconquista dell’Africa, della Spagna e dell’Italia. Tutte le operazioni furono condotte brillantemente e con successo mentre lungo il limes orientale e quello africano veniva costruita una nuova rete di potenti fortezze le cui rovine si possono visitare ancora oggi (basta pensare a Zenobia Halabya in Siria o a Haidra in Africa) La guerra per la riconquista dell’Italia fu molto lunga e sanguinosa e si svolse dal 535 al 553. La penisola ne uscì fuori dissanguata e tormentata da pestilenze. E’ possibile affermare con le guerre gotiche l’Italia sia entrata di fatto nell’alto-medioevo. Spunto per l’aggressione ai Goti era stato l’omicidio della figlia di Teodorico (morto nel 526 proprio l’anno della salita al potere di Giustiniano) Amalasunta – strozzata sul Lago di Bolsena – che aveva sotto tutela il giovane figlio Atalarico. Dietro questo vicenda si pone la figura del cugino Teodato, proprietario di vasti latifondi in Toscana, che aveva indotto con la forza la donna sposarlo. La guerra fu lunga e sanguinosa e si protrasse nel 553 con la cattura del nuovo re goto Vitige (che aveva sposato per legittimarsi l’unica figlia di Amalasunta, Matasunta) che fu condotto in trionfo a Costantinopoli. Il comando delle truppe Gote passò allora a Totila 1 e quindi a Teia che

1 Dopo quattro assedi Roma sembrava un unico campo di battaglia. Se nella prima conquista della città da parte di Totila, tutto ciò che era rimasto della città pagana era stato risparmiato, nei successivi assedi l'Urbe perse il suo grandissimo patrimonio architettonico. Gli assediati bizantini per far fronte alla carenza di armi dovettero eliminare tutto il bronzo che rimaneva nei templi. Il Foro Romano era mutilato di ogni statua o rostrum che da secoli lo aveva caratterizzato, il tempio di Giove Ottimo Massimo in cima al Campidoglio era ridotto ad un cumulo di macerie e colonne a causa delle spoliazioni. Si stima che circa trentamila statue bronzee siano state fuse soltanto durante questi assedi e che circa 250 mila colonne di marmo siano cadute per esser riusate come rinforzo alle porte cittadine o addirittura come arma contro i nemici oltre le mura (venendo fatte rotolare lungo le mura al momento dell'assedio) oppure per venire riutilizzate nella costruzione di chiese. A questo periodo si fa risalire la distruzione completa delle grandi Basiliche romane: la Basilica Emilia, la Basilica Giulia e la più grande, la Basilica Ulpia, tutte crollarono a causa di ripetuti incendi. Le macerie della Basilica Ulpia erano tanto grandi che ostruirono in parte il Foro di Augusto ed il Foro di Cesare. I Goti, nell'ultima presa della città, ed in segno di disprezzo, abbatterono tutti i più grandi edifici pagani rimasti: si persero così il tempio di Venere e Roma e la sua colossale statua; le Terme di Caracalla e quelle di Traiano vennero spogliate di ogni cosa, dal bronzo rimasto al marmo perfino i mosaici furono

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sarebbe stato l’ultimo re dei Goti. I bizantini non avevano però forze sufficienti per governare un impero così grande. In un primo momento Narsete rimase ancora in Italia con poteri straordinari e riorganizzò anche l'apparato difensivo, amministrativo e fiscale. A difesa della penisola furono stanziati quattro comandi militari, uno a Forum Iulii (Cividale del Friuli), uno a Trento, uno sull'isola Cumana ed infine uno presso le Alpi Cozie. L'Italia fu organizzata in Prefettura e suddivisa in province. Tuttavia molto presto si comprese che solo Ravenna, controllata per via marittima dalla capitale, avrebbe potuto resistere a lungo. Il successore di Giustiniano, Giustino II costituì allora la nuova figura del governatore di Ravenna, chiamato esarca. Questo magistrato era di nomina imperiale e quasi sempre un orientale, a volte un eunuco di corte, deteneva sia il potere civile che quello militare ed esercitava la propria autorità tramite tribuni e magistri militum. Le autorità civili non scomparvero, ma furono in posizione subordinata rispetto all'esarca. Anche Africa, Sardegna e Corsica vennero costituite in Esarcato. Il potere di Giustiniano vacillò pochi anni dopo la presa del potere, nel 532, le fazioni dei verdi e degli azzurri si sollevarono contro l’imperatore nel grande ippodromo di Costantinopoli. Giustiniano aveva infatti sostenuto gli azzurri (corrispondenti alle fasce più aristocratiche della cittadinanza e vicine all’ortodossia) mentre la giovane moglie Teodora, secondo alcuni in diabolico accordo con il marito, la fazione dei verdi (più vicina alla borghesia mercantile e alla setta monofisita). Il doppio gioco unito al forte fiscalismo aveva finito per scontentare tutti. Giustiniano riuscì ad avere ragione della sommossa ordinando alle guardie di massacrare circa 30.000 persone radunate nell’ippodromo. Aiutato dal prefetto al pretorio Giovanni il Cappàdoce (che però presto cadde a seguito delle trame dell’imperatrice) e dal giurista Triboniano, Giustiniano governò senza grandi traumi fino alla morte. Sotto di lui venne anche redatta l’importante raccolta giuridica del Digesto che si componeva di una raccolta di leggi di età romana (Codex +Digesto), di un manuale per lo studio del diritto (institutiones) e di una raccolta di leggi moderne (novellae). Nel 568, quando era al potere Giustino II, l'Italia venne invasa dai Longobardi di re Alboino, i quali, entrati attraverso le Alpi Giulie, conquistarono, dapprima Forum Iulii, costringendo il presidio militare bizantino, in numero esiguo rispetto agli invasori, a ripiegare prima su Grado, poi in successione, passando per la Via Postumia, su Treviso, Vicenza e Verona. Nel settembre 569 i Longobardi arrivano a Milano. Bisanzio, già impegnata su altri fronti, non ebbe la forza di reagire all'invasione. Così negli anni settanta del secolo i Longobardi posero la loro capitale a Pavia e dilagarono anche nel centro e nel sud, così che due terzi della penisola erano in mano longobarda e solo la restante frazione era in mano imperiale. Bisanzio tuttavia non rinunciò passivamente all'invasione e ad una controffensiva. SC

Gli esarchi di Ravenna 568-573 Flavio Longino 573-576 Baduario 576-585 Decio 585-589 Smaragdo (1° mandato) 589-598 Romano 598-603 Callinico 603-611 Smaragdo (2° mandato) 611-615 Giovanni I Lemigio 616-625 Eleuterio 625-644 Isacco 646-648 Platone 648-649 Teodoro I Calliope (1° mandato) 649-652 Olimpio 652-666 Teodoro I Calliope (2° mandato) 666-678 Gregorio 678-687 Teodoro II 687-702 Giovanni II Platino 702-710 Teofilatto 710-711 Giovanni III Rizocopo 711-713 Entichio 713-726 Scolastico 726-728 Paolo 728-751 Eutichio

Imperatori bizantini fino ad Eraclio395-408 Arcadio 408-450 Teodosio II 450-457 Marciano 457-474 Leone I il Grande 474 Leone II 474-491 Zenone 475-476 Basilisco 491-518 Anastasio I 518-527 Giustino I 527-565 Giustiniano I 565-578 Giustino II 578-582 Tiberio II 582-602 Maurizio 602-610 Foca 610-641 Eraclio I 641 Costantino III 641 Eraclio II 641-668 Costante II

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strappati. Totila si insediò poi all'interno dei Palazzi Imperiali già precedentemente usati da Teodorico. Erano questi immensi saloni che in breve dopo numerosi saccheggi erano stati spogliati dei marmi e dati alle fiamme più volte in segno di odio nei confronti di Roma, saccheggi questi che avevano un forte significato simbolico dato che sul Palatino era nata la città. Degna di nota è la sorte dei teatri di Roma, le cui orchestre vennero abbattute a martellate sulle colonne. Al termine di quattro assedi disastrosi, Roma era l'ombra di se stessa; all'interno dell'enorme città, che aveva avuto 1 milione e mezzo di abitanti, 15 mila persone vagavano smarrite, perlopiù nobili pagani scampati alla morte, il popolo sopravvissuto e la corte del Papa. La peste iniziò a serpeggiare nell'immensa città, molte zone vennero chiuse con muri, abbandonate e disabitate, dove si annidavano malattie; e in breve la natura nascose quelle zone abbandonate. Franò nell'inverno del 550 dal Campidoglio una grande quantità di terra che coprì le rovine rimaste dei templi di Saturno, Vespasiano, il Tabularium e molti altri edifici adiacenti, persino l'arco di Settimio Severo venne in gran parte sotterrato. Il cuore di Roma divenne un campo di macerie che affioravano dal terreno. Alla fine della guerra, Roma aveva aumentato il suo livello urbano di 4 metri.

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7.2. Caratteri dell’architettura bizantina L’architettura bizantina è naturalmente l’erede di quella romana. Per il carattere in un certo senso spontaneo e meno organizzato della cantieristica tardo antica, l’architettura bizantina appare più influenzata dalla locale disponibilità di materia prima. Capita così che in Oriente (Palestina, Siria, Giordania) data la carenza cronica di legno e di argille adatta ella produzione di mattoni si faccia spesso uso della pietra locale (tra cui molti basalti di origine vulcanica, ad es a Umm Al Jimal, Bosra, Rasafa e più in generale nell’Heuran) che viene tagliata in grandi blocchi isodomi spesso montati senza uso di calce. In Anatolia e in occidente si continua ad utilizzare l’antica tradizione della malta frammista a ciottoli alternata a filari di mattoni. I mattoni hanno naturalmente la funzione di strati elastici, capaci di assorbire piccoli ed eventuali assestamenti delle strutture (dovute a sismi, smottamenti del terreno etc.). La tendenza generalizzata (già attestata nella tarda romanità) è però quella verso un assottigliamento dei mattoni (forse per risparmiare sui costi) così che molto spesso la calce che separa i filari viene ad avere la stessa altezza dei mattoni. Di per sé la cosa non sarebbe particolarmente grave se non fosse che la calce bizantina, in assenza di quelle ottime sabbie pozzolane che troviamo ad es. nel Lazio, non ha la qualità di quella romana. I mattoni sono in ogni caso prodotti in dimensioni standard e con una organizzazione protoindustriale come ai bei tempi dell’impero. Hanno il lato 36 cm e posti in doppio filare permettono di realizzare muri spessi circa 80 cm senza problemi. Dal punto di vista della copertura degli spazi, i bizantini fanno uso ripetuto della volta a botte, della volta a vela e della cupola. Come noto, la differenza tra la volta a vela e la cupola è il punto di imposta della sfera di pietre e mattoni. Nel caso della vela, i muri dell’ambiente quadrangolare si raccordano direttamente con la copertura tramite pennacchi ma il diametro della vela è uguale al lato del quadrato di base. La cupola invece appoggia su pennacchi aggettanti e ha un diametro minore del quadrato di base. La cosa più curiosa è che per la cronica assenza di legno, molti architetti bizantini furono in grado di costruire queste volte senza l’aiuto della tradizionale impalcatura di sostegno (centina). Temerariamente iniziavano a costruire le volte partendo dal basso confidando sulla tenuta della calce fino ad arrivare al centro ove, infine, ponevano la chiave garantendo stabilità alla struttura. Per questo i muratori bizantini misero a punto determinate tecniche di posa dei mattoni che garantivano stabilità a queste volte sospese nel vuoto durante le fasi di cantiere. Uso tipico del mondo bizantino è quello di inserire delle anfore nella muratura per alleggerirle. La cosa si vede con chiarezza a Ravenna, a Sant’Apollinare Nuovo, dove cocci di anfora frammisti a malta sono interposti tra l’arco di scarico dei muri portanti e l’architrave delle porte di accesso della basilica. Come noto gli edifici bizantini sono completamente proiettati verso l’interno. La definizione dello spazio interno è affidata ai marmi e ai mosaici policromi in pasta vitrea (si pensi a Ravenna in generale) e la luce proveniente dai finestroni in alto ha un gioco importante (anche simbolico) nella definizione dei volumi e nella percezione delle membrature architettoniche. L’esterno è invece normalmente spoglio, semplicemente intonacato o lasciato con il mattone a vista. Le cupole, all’interno, presentano delle costolature che però non hanno la funzione di rafforzare i punti di scarico dei pesi ma sono solamente decorative; tutto l’opposto di quanto vedremo nell’architettura gotica del medioevo quando gli architetti elaborarono alcune intelligenti soluzioni per lanciare le proprie ardite cattedrali verso altezze sempre più spinte. e

Fig. 49 - Volta bizantina realizzata con mattoni messi di coltello / Fig. 50 - Costruzione di volta a bott

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Nel mondo bizantino si osserva inoltre come la figura dell’architetto professionista stia sbiadendosi sempre di più. I documenti antichi ci riportano i nomi mechanichòs e di architekton. Differentemente da quanto potremmo aspettarci, i primi hanno uno status superiori ai secondi. Si tratta, in generale, ingeneri ed esperti in matematica che vengono prestati alla cantieristica spesso su incarico imperiale. Fanno parte di questa categoria Giovanni di Costantinopoli e Isodoro che saranno incaricati da Giustiniano di realizzare la fortezza sull’Eufrate di Halabyia (Zenobia) e gli stessi dell’Hagia Sofia. Gli “architetti” veri e propri sono invece figure più sbiadite; sembra che possano corrispondere ai nostri geometri ed il loro stipendio non è superiore a quello di un maestro di matematica e di stenografia ma ad es. guadagnano la metà di un maestro di grammatica. In questa fase, molte delle professioni si sono fatte ereditarie per volere dello Stato cosa che, lungi dal creare un favorevole regime protezionistico, aveva spinto molti a fuggire dall’impero o a far perdere le proprie tracce. Le tariffe previste per ogni categoria di lavoratori erano state rigidamente definitive già al tempo di Diocleziano dal famoso calmiere dei prezzi; da esso deduciamo che la paga giornaliera di un pittore era stimata in 150 denari, quella di un muratore a 75, quella di un mosaicista meramente esecutore a 60 e quella di un carpentiere a 50.Molti di questi professionisti erano inoltre obbligati dallo stato a prestazioni di corvéé e a servizi obbligatori tutt’altro che graditi (per es. la pulizia periodica delle fogne cittadine). Disponiamo di alcuni documenti che fanno luce sui caratteri di “improvvisazione” di alcuni cantieri. Già al tempo di Costantino il vescovo di Gerusalemme Macario (nel 326) aveva scritto una lettera all’imperatore in merito alla costruzione della chiesa del Santo Sepolcro. Nella corrispondenza tra i due Costantino sembra all’oscuro della forma definitiva che avrebbe dovuto assumere l’edificio e si raccomanda di ordinare per tempo i marmi provenienti dalle cave imperiali e sottolinea che se l’edificio dovrà avere un soffitto a cassettoni sarà necessario farlo presente perché in quel caso dovrà essere rivestito d’oro e l’imperatore provvederà al rifornimento. Conosciamo anche una lettera del vescovo Gregorio di Nissa al collega Iconio in cui il prelato si lamenta dell’esosità dei muratori della sua regione e chiede al collega se gli può mandare un po’ di maestranze più a buon mercato. In questo modo sappiamo che il prezzo normale di un lavoratore salariato era di 6 o 7 solidi d’oro all’anno mentre i concittadini di Gregorio avevano fatto un preventivo di 1/30 di solido al giorno.

Fig. 51- Muro bizantino a filari alternati di pietra + calce e mattoni / Fig. 52 - pianta della basilica bizantina di S. Irene e Costantinopoli

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Molto interessante, infine il caso della chiesa di Gaza, che si situa ai tempi dell’imperatrice Eudocia. In questo caso la comunità locale era prevalentemente pagana; si trovavano a Gaza solamente 250 cristiani Dopo l’editto di Teodosio II che aveva irrigidito quello più famoso del padre decretando la distruzione di tutti gli edifici pagani d’Oriente, il vescovo di Gaza fu perplesso sulla forma da dare alla nuova chiesa cristiana che stava costruendo sulle rovine del tempio di Zeus Marnas. Si era infatti nel dubbio se utilizzare una pianta centrale perché anche il tempio appena distrutto aveva una planimetria di questo tipo. Dopo molti tentennamenti si scelse una pianta a croce ma ciò che è interessante e che il vescovo e i suoi fedeli tracciarono il perimetro sul terreno con un gesso e poi diedero via ad una costruzione che per la scarsità di mezzi durò 5 anni.Partecipavano al cantiere semplici cittadini che si industriavano a tagliare la pietra e a innalzare muri. In queste condizioni è naturale che molti edifici bizantini presentino errori di progettazione e lati di misura irregolare.Ciò che colpisce, soprattutto in Oriente, è poi il moltiplicarsi di chiese ed abbazie in tutte le città dell’impero.

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Piccoli centri vengono ad avere anche 15/20 chiese. Una delle ragioni di questa moltiplicazione è legata all’indotto economico che le chiese, soprattutto quelle martiriali, portavano ai loro fondatori. Molti laici avevano infatti iniziato a investire in chiese la cui rendita, in parte, veniva versata al fondatore. Con il tempo si giunse ad una vera inflazione al punto che le chiese erano superiori al numero potenziale di pellegrini che le potevano visitare e finanziare. Si cercò di ovviare al problema dei costi di gestione affidando ad un solo presule più chiese ma ad un certo punto il sistema parve collassate e Giustiniano dovette provvedere con un decreto che vietava le nuove fondazioni. In generale, al contrario di quanto si crede, le nuove chiese non furono costruite sulle rovine di quelle pagane perché i luoghi pagani erano spesso considerati popolati da demoni ed evitati. Un ultimo capitolo piuttosto stimolante è quello relativo alla dislocazione degli ambienti nelle prime chiese e sulla loro funzione. La situazione è abbastanza confusa è sembra che la ripetitività non fosse la regola. Di solito gli elementi fondamentali di una chiesa bizantina sono il nartece e il quadriportico anteriori; quindi, all’interno di trovano uno spazio rialzato per l’altare (bema), un synthronos (ovvero un bancale circolare situato al fondo dell’abside centrale su cui sedevano i celebranti con al centro la cattedra del vescovo o dell’archimandrita), un passaggio che conduceva all’altare (spesso definito da transenne utile alla sfilata iniziale effettuata dai chierici che entravano in chiesa), un ciborio (sorta di edicola in muratura sostenuta da colonne che dava rilievo all’altare) e un pulpito (a metà navata per la lettura dei Salmi). Sino all’VIII sec. anche in Oriente mancava ogni sorta di iconostasi e la chiesa era attrezzata di alcuni ambienti laterali di servizio: il diaconicon (ove si raccoglievano le offerte dei fedeli ed erano posti gli arredi liturgici), la prothesis (spesso l’abside di sinistra, dove si effettuava la preparazione dei pani per l’eucarestia) , talora anche accorpati in un unico locale definito pastophoria. Quanto all’utilizzo delle varie parti della chiesa sussistono delle incertezze. Sembra quasi che gli architetti si attenessero ad un modello generico e che poi i fedeli e i celebranti ne interpretassero liberamente l’uso. Come ha fatto notare Cyrill Mango, in effetti, è curioso che i monasteri e le chiese parrocchiali abbiano più o meno la stessa pianta pur essendo destinati a funzioni liturgiche differenti. Sappiamo per esempio che i catecumeni potevano assistere solamente alla prima parte della messa relativa alla lettura dei testi sacri ma che poi dovevano uscire dalla chiesa nel momento della celebrazione eucaristica; molto spesso osservavano la funzione dal cortile antistante (quadriportico e nartece) e le porte della chiesa venivano chiuse escludendoli nel momento topico. Sappiamo però che in alcune chiese essi prendevano posto nelle navate laterali interne, da cui potevano defluire velocemente quando necessario. Il fatto che in alcune chiese il matroneo (portico superiore delle navate laterali) sia chiamato catecumenion sembra prospettare anche altre soluzioni. C’è poi il problema della divisione tra uomini e donne. In alcune chiese le donne vengono sistemate nella navata sinistra e gli uomini in quelle di destra.Di certo le funzioni erano più impegnative di quelle odierne perché duravano almeno due ore e si rimaneva rigorosamente in piedi, proprio come accade nelle attuali chiese ortodosse d’oriente. Per dare un’idea delle scarsa conoscenza che abbiamo di queste prime chiese si consideri che rimane tutt’oggi un mistero il criterio che ha indotto alla genesi dello stesso transetto. SC

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7.3. Le chiese di Bisanzio fino all’Hagia Sofia

Uno degli edifici più significativi dell’architettura sacra costantinopolitana è la chiesa di San Giovanni di Studios, costruita tra 454 e il 463 a.C. da un influente senatore cristiano ai tempi di Marciano e Leone I. L’edificio non è particolarmente noto ai turisti a causa del fatto non si presenta in forme monumentali e ha caratteri architettonici non molto esotici per un visitatore occidentale. E’ pero interessante per la sua antichità e perché ci dimostra che non tutte le chiese dell’Oriente furono a pianta centrale ma elaborarono la tradizione basilicale occidentale anche in modo significativo. Si tratta infatti di una chiesa a tre navate con abside circolare all’interno e poligonale all’esterno così da facilitare il cantiere costruttivo. Tre finestre si aprono sull’abside illuminando l’interno e alludendo indirettamente al dogma trinitario. La navata ha forma pressoché quadrata, anticipata, all’esterno, da un quadriportico abbastanza sviluppato. Le colonne interne sono realizzate in una bella breccia verde di Tessaglia.Oltre al tradizionale ciborio e al synthronos notiamo la presenza dei cosiddetti matronei sopra le navate laterali.

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Fig. 53 – Ricostruzione al computer dell’ingresso presso il quadriportico di San Giovanni Stoudios / Fig. 54 – abside di San Giovanni Stoudio

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Altrettanto interessante sarebbe è lo studio della chiesa di San Polieucto fondata da una potente aristocratica romana, Anicia Giuliana, già figlia di Galla Placidia e di Anicio Oliario (imperatore d’occidente nel 474). Dopo aver rifiutato le nozze con Teodorico degli Amali si trasferì a Costantinopoli andando in sposa a Flavio Aerobindo nella speranza di poter portare al trono il figlio Flavio Anicio. Anche per questa ragione cercò di mettersi in mostra presso i concittadini finanziando la costruzione di importanti edifici religiosi. L'edificazione di una così splendente basilica era una dimostrazione del suo potere economico e del suo prestigio sociale, come discendente degli antichi imperatori romani, eclissando il tempio dei Santi Sergio e Bacco, edificato vicino al palazzo imperiale da Teodora e Giustiniano I, nipote e successore di Giustino I. San Polieucto si trovava nel centro della città di Costantinopoli, a mezzo cammino tra il palazzo imperiale e la basilica dei Santi Apostoli, il mausoleo degli imperatori d'Oriente costruito dall'augusto Costantino I, fondatore della città. Il fregio commemorativo della fondazione specifica che i mosaici dell'atrio erano dedicati alla figura di Costantino e spiega che il proposito di Giuliana nel costruire questo tempio era onorare la fede di questo imperatore e quella del suo avo Teodosio I, i primi imperatori cristiani. La chiesa di San Polieucto è andata distrutta ma sono giunte a noi diverse partiture architettoniche in marmo che ne sottolineano la ricchezza. I marmi sono intagliati in modo esuberante e ricercato, con inclusioni paste vitree pietre preziose. Frammenti di questa chiesa si trovano a Venezia, proprio all’uscita di palazzo ducale. Si tratta dei cosiddetti pilastri acritani (cioè recuperati dai Crociati a S. Giovanni d’Acri). Riccamente intagliati, erano sfiorati dalla processione che accompagnava il doge nella basilica di San Marco per l’incoronazione (passando volutamente davanti alle statue dei tetrarchi per segnare visivamente l’eredità culturale e imperiale romana).

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Fig. 55-56 – Frammenti architettonici in marmo del proconneso provenienti da San Polieucto (oggi a Costantinopoli)

uanto alla chiesa di SS Sergio e Bacco fu iniziata nel 527, primo anno di regno di iustiniano I e trasformata in moschea nel ‘600. È nota come Küçük Aya Sofya Camii

moschea della piccola Santa Sofia) per affinità architettoniche con la famosa basilica di agia Sophia.L’edificio presenta un a pianta centrale con un alternarsi di absidi quadrate e

ircolari ed è sormontata da una cupola con costolature. Anche se i dipinti e gli stucchi della oderna moschea hanno rovinato l’effetto originale, ciò che resta dei capitelli traforati e

egli architravi marmorei ci dà un idea degli interni sfolgoranti di un tempo. Interessante la olta a cupola fatta “a zucca” nel tentativo di fondere i pennacchi di raccordo con il tamburo on la cupola stessa. All'esterno il muro meridionale presenta archi murati che collegavano 'edificio ad una chiesa precedente. La qualità delle membrature contrasta però con le rregolarità costruttive, tali che spesso molte misure sono sbilanciate e irregolari. Si è upposto pertanto che l’esecuzione pratica della struttura sia stata affidata a maestranze non olto perite.

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Fig. 57 – Tamburo di SS. Sergio e Bacco con i marmi bizantini / Fig. 58 Ricostruzione di SS Sergio e Bacc

ane ora che accennare al grande capolavoro dell’architettura bizantina, la chiesa a Giustiniano e Teodora alla divina sapienza, la Haghia Sofia. Come noto la chiesa

e già all’età di Costantino si trovava un edificio religioso edificato nel 360. Durante di Nika del 532 un incendio si era propagato per la città distruggendo molti edifici ti come le terme di Zeuxippo. Lo spazio che si era generato nel centro storico diede coppia imperiale di progettare un edificio in grande stile. La dedica avvenne ente nel Natale del 537. Erano stati incaricati della costruzione di questo edificio matici, Antemio di Tralles e Isidoro di Mileto che progettarono un chiesa del tutto a: tre navate (di cui la centrale molto dilatata) avrebbero sostenuto una cupola dal spaventoso di 31 m. Per questo fu progettata con molta cura la base di 69,70 x doveva sostenere l’immane peso. All’epoca il triangolo delle forze non era o e non esistevano dei calcoli di precisione per valutare le spinte. Per questo già l cantiere nacquero dei problemi molto seri. In un primo momento i piloni che dovuto sostenere la cupola iniziarono ad inclinarsi verso l’esterno di 60 cm. Gli

preoccupati, si rivolsero all’imperatore che li confortò esortandosi ad arrivare sino

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A titolo orienAKATHISTOS: lsettimana di Qucorrispondente alla Madre di DiACHEIROPOIEAMNÒS: lettera

Fig. 59 – Pianta d Santa Sofia / Fig. 60 – Ricostruzione 3D di Santa Sofia nella sua forma original

volta degli archi che avrebbe garantito solidità al complesso. Ciò in effetti a base ne risultò deformata in modo definitivo. colonne di porfido che componevano le trifore interne iniziarono a polverizzarsi della muratura superiore. Questa volta furono smontate in attesa che la calce (che era piena d’acqua perché doveva ancora asciugarsi) si alleggerisse. che poco tempo dopo un terremoto facesse crollare l’immane cupola. Fu matematico di nome Isodoro che fu capace di intuire il problema dovuto al o depresso della cupola; la nuova cupola fu costruita più alta e con minore antendo spinte verso il basso più verticalizzate. In questo modo, nonostante ri, l’Haghia Sofia è giunta sino a noi anche se trasformata in moschea, stretta tra intonacata orribilmente di giallo. vista planimetrico rappresenta una vera innovazione e anche una bizzarria dal e è persino difficile chiarire si tratti di un edificio a pianta centrale o di una avate sormontata da una cupola. E’ certo che però la sua grandezza manifestò in saggio cittadino la potenza e la forza di Giustiniano, venendo a costituire un che psicologico per le tumultuose fazioni di Costantinopoli e le fronde di

politica ad un potere che si era fatto sempre più centralizzato, con un imperatore a sé in una morsa molto stretta anche la gerarchia ecclesiastica. SC

tativo pubblico qui un piccolo glossario religioso in uso in età bizantina: ett. "non seduto". Inno di ringraziamento dell'ufficio bizantino che si canta in piedi il sabato della 5a aresima. Composto da Romano il Melode nel IV secolo è un acrostico di 24 strofe (ikos) alle 24 lettere dell'alfabeto greco. Nell'anno 626 fu aggiunta una 25esima strofa di ringraziamento o per aver salvato Costantinopoli dagli Arabi e dai Persiani TA: immagine "non fatta da mano umana", la cui origine è da attribuire a un evento prodigioso lmente "agnello" indica la particella a forma quadrata che il sacerdote ricava dal pane eucaristico e

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che ha inciso il monogramma di Cristo AMPOLLE: piccoli contenitori in metallo o terracotta che i pellegrini utilizzavano per conservare l'olio preso dalle lampade che ardono presso le tombe dei santi o l'acqua delle sorgenti miracolose; portano l'immagine del santo e così divennero i prototipi di successive icone ANACORETA: dal greco "anachorein" (ritirarsi) ha come suo sinonimo il termine "eremita" da "eremos" (deserto o luogo solitario) ANAGOGICO: dal greco "anagoghé" (ciò che innalza, che eleva) si dice di un'immagine che innalza lo spirito verso le cose invisibili ANALOGION: pulpito o leggio sul quale viene esposta l'icona ANASTASIS: lett. "resurrezione": l'icona della discesa di Cristo agli Inferi APOFASI: teologia negativa che si avvicina a Dio per la via della negazione APOFTEGMI: raccolte anonime di parole e opere dei primi "abba" del deserto dell'Egitto raccolti dalla tradizione orale copta e poi trascritti in greco in ordine alfabetico ARCHIMANDRITA: il superiore di un monastero greco-ortodosso ARTOFORION: dal greco "portatore del pane", (in slavo viene tradotto "conservatore dei doni") è un piccolo tabernacolo in cui si conserva il pane eucaristico ARTOS: pane eucaristico ASKITIS: asceta ASSIST: sottili colpi di luce, striature d'oro o di colore molto luminoso, che irradiano dal volto, dalle vesti (persino a volte dagli edifici); esprimono santità e illuminazione, deificazione della carne, una vera e propria teologia della luce BENEDIZIONE GRECA: il pollice e l'anulare della mano destra si uniscono lasciando l'indice diritto, e formando così l'anagramma di Cristo: IC XC (manuale monte Athos). Le due dita che si uniscono indicano anche l'unione della natura umana e divina di Gesù BEMA: il santuario, la parte più sacra del tempio dietro all'iconostasi dove si trova l'altare CENOBITI: i monaci di un cenobio dove si fa vita comune CHERUBINO: creatura angelica dalle molte ali CHITONE: sottoveste o veste da casa dei Greci, ornata da una fascia colorata (stichos o clavus) CLAMIDE: mantello leggero dei cavalieri e dignitari bizantini CLAVIO: (in greco stichos, in latino clavus) larga fascia ornamentale laterale sulla manica della tunica (chitone) di Cristo e degli apostoli CRISOGRAFIA: fondo oro che caratterizza le icone, anche se in alcune è sostituito da fondi rosso o blu. Gli abiti e i volti ricoperti di striature oro sottolineano la luce della divinità di Cristo. Sui santi dicono la loro trasfigurazione e divinizzazione CULLA: parte centrale della tavola dell'icona, ribassata di qualche millimetro così che intorno si formi una cornice DEESIS: "intercessione" della madre di Dio, Giovanni Battista, apostoli e santi chini ai lati del trono di Cristo, intercedono a favore dei fedeli DEIPARA: "Colei che ha partorito Dio" è il titolo concesso alla Madre di Dio dal concilio ecumenico di Nicea del 325 DIAKONIKON: lo spazio dietro l'iconostasi, a destra del bema, dove si conservano i paramenti, gli oggetti, i libri sacri e tutto ciò che serve per la liturgia DIACONO: al servizio del sacerdote durante la liturgia, vestito con stikarion e l'orarion. Nelle icone se il diacono è santo viene raffigurato con l'incensiere e lo scrigno dei santi doni DISCOS: la patena dove si dispone il pane eucaristico (artos) frazionato in pezzetti (melismos) DODEKAORTON: dodici grandi feste dell'anno liturgico bizantino (in russo prazoniki). Le feste despotike, cioè di prima classe, sono precedute da un giorno di vigilia (preortia), sette di dopo-festa (meteortia) e un ottavo giorno di congedo (apòdosis) EISODOS: dal greco " ingresso": le icone della Presentazione al Tempio (di Maria e di Gesù) e dell'ingresso a Gerusalemme EMMANUELE: Cristo bambino o giovane imberbere EPIGONATION: stoffa ricamata e inamidata, a forma di rombo, pende dal fianco destro del celebrante, appeso a un nastro che gli passa sopra la spalla; si usa nelle solennità EPITAPHION: velo con il compianto funebre di Cristo morto che viene solennemente portato in processione in chiesa il venerdì (parasceve) e il sabato santo EPITRACHELION: stola sacerdotale di rito orientale con scene evangeliche ESCATOLOGIA: tutto ciò che concerne gli avvenimenti ultimi ESICASMO: dal greco "esychia" (lett. "refrigerio"), termine monastico che indica la quiete, il silenzio e la pace dell'uomo che, libero da passioni e turbamenti, si raccoglie e riposa in Dio. Antica corrente spirituale ripresa nel sec XV da Gregorio Palmas, l'esicasmo si caratterizzata per la ricerca della luce (energia divina increata) e per la ripetizione della preghiera di Gesù ESTASI: uscire da sè nella preghiera ETIMASIA: lett."preparazione del trono" per il giudizio finale: su un cuscino è posto il mantello del Giudice, un Libro chiuso, la Croce e gli strumenti della passione FELON: da "phelonion", manto liturgico sacerdotale e vescovile di origine antica in uso in Grecia e poi diffuso in Russia, senza apertura, corto davanti lungo dietro; nelle icone i vescovi dei primi secoli come san Nicola sono rappresentati con il felon, che poi viene sostituito dal sakkos FILOCALIA: raccolta di detti e fatti dei Padri del deserto (vedi apoftegmi) FILOXENIA: ospitalità di Abramo ai tre angeli-pellegrini, rivelazione trinitaria HIMATION: dal greco "mantello" la (toga dei romani) che Cristo portava sopra la tunica HYPAPANTE: dal greco "incontro": Gesù tra le braccia del vecchio Simeone HOROLOGION: libro liturgico bizantino simile al Libro delle Ore latino ICONA: dal greco "eikon", cioè immagine, più specificatamente attribuito alle immagini sacre, destinate ad un uso liturgico (ma anche domestiche, da viaggio, da processione) ICONOCLASMO: o iconoclastia, cioè "distruzione delle immagini", è quel movimento che avversò l'uso delle immagini tra il 626 e l'842, provocando molti martiri e la scomparsa di molte immagini sacre, spezzate e date alle fiamme ICONODULI: servitori delle immagini ICONOFILI: amanti delle immagini ICONOSTASI: lett. "luogo delle icone" è il tramezzo di legno ricoperto di immagini sacre (ffisse o mobili) che divide il "naos" dal "bema", cioè la navata dal presbiterio IEROMONACO: monaco che ha ricevuto l'ordine sacerdotale IERONDA: l'anziano, il saggio del monastero orotodosso (corrisponde allo starestz russo) IGUMENO: superiore di un monastero cenobitico IPOSTASI: unità in Cristo della natura umana e divina

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JHWH: tetragramma di Javhè, che significa "Io sono colui che sono": è il nome di Dio, impronunciabile presso gli Ebrei anche durante la lettura dei testi sacri KATOLIKON: la chiesa principale di un monastero greco, separata dagli altri edifici e situata nel mezzo del recinto del monastero KENOSIS: spoliazione, abbassamento, annullamento, rinuncia, morte: icona Battesimo di Gesù, Crocifissione, Discesa agli Inferi KONTAKION: inni liturgici simili ai tropari ma che si concludono con acclamazioni KLOBUC: copricapo semisferico con due fasce laterali ornato con piccole croci e cherubini usato dai mnetropoliti KOUKOULION: cappuccio che copre testa e spalle del monaco che indossa il "grande skema" durante il pranzo e la preghiera comune LAVRA: dal greco "via", strada intorno a cui si raccoglievano le piccole capanne ("kellia") degli eremiti greci LEVKAS: dal greco "bianco" è la preparazione del fondo dell'icona fatta di colla, gesso, polvere di alabastro LIK: sguardo, volto inteso in senso non fisico ma che assume una dignità espressiva spirituale LOROS: omophorion solenne che avvolge il corpo due volte e viene portato sopra le vesti dall'imperatore o dagli arcangeli Michele e Gabriele MANDYLION: dall'arabo "asciugamano", è il lino o sudario sul quale Cristo lasciò impresso il suo Volto Santo per mandarlo a Emessa da re Abgar, dove rimase fino al 944; poi fu trasferito a Costantinopoli, in Santa Sofia, e rubato nel 1204 MANUALI DI PITTURA: Dionigi di Furna, Ermeneutica della pittura (secolo XVII); Foti Kontoglou, Ekphrasis (Trattato di iconografia ortodossa) MAPHORION: manto rosso porpora che avvolge la Madre di Dio ricoprendo la sua umanità (la veste azzurra) di dignità regale MELISMOS: frazione del pane eucaristico METAMORFOSI: dal greco "trasfigurazione", rappresenta il momento in cui Gesù si trasfigura davanti ai suoi apostoli sul monte Tabor METANOIA: rovesciamento dell'intelligenza e del cuore, di tutto il nostro modo di cogliere il reale METANIA: inchino profondo (piccola metania) oppure prostrati con la faccia a terra (grande metania) MENOLOGIO: raccolta vite santi secondo il calendario liturgico MIROFORE: donne portatrici di unguento e profumo (myron) per la sepoltura di Criito MITRA: copricapo alto e diviso nella sommità in due punte NAOS: navata della chiesa NIMBO: aureola d'oro intorno capo di Cristo (con la croce, detto "nimbo crocifero"), di Maria e dei santi OMOPHORION: lunga stola generalmente bianca e ornata di croci, sviluppo del loros, di derivazione imperiale, indica la dignità vescovile: viene incrociata sul petto e ricade sul braccio sinistro; termina con tre linee che indicano l'ordine diaconale, sacerdotale e vescovile ORARION: lunga fascia che il diacono porta sulla spalla sinistra sopra lo stikarion e, durante la preghiera, tiene alzata con la mano destra; oggi l'orarion è bianco come lo stikarion ma nelle icone antiche può essere rosso o nero anche se lo stikarion è bianco PATIBULUM: parte orizzontale della croce sulla quale venivano legate o inchiodate le mani del condannato prima di essere innalzato sul palo verticale (stipes) della croce PHELONION: veste liturgica PODLINIKI: manuali usati dagli iconografi per la corretta raffigurazione dei soggetti; il più famoso esempio è il "Manuale della pittura" del monaco e pittore Dionigi di Furna POLOS: sfera trasparente con la croce e il monogramma di Cristo, indica il cielo, è simbolo di forza e potere e viene tenuta in mano da Cristo, dagli arcangeli o dall'imperatore PORTE REGALI: porte centrali dell'iconostasi da cui il sacerdote accede durante la liturgia PORTE DIACONALI: a destra e a sinistra delle porte regali introducono rispettivamente nel diakonicon e nel proskomidion PREPODOBNYE: titolo dato a tutti i santi monaci della Chiesa russa, che significa "molto simile", sottinteso a "Cristo" o ai martiri PREGHIERA DI GESÙ: consiste nella ripetizione continua, ritmata sul respiro e sui batti del cuore, delle parole "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio , abbi pietà di me peccatore" PROSKYNETARIA: leggi, sostegni o piccole edicole in cui le icone vengono poste per facilitarne la devozione: incensamento, genuflessione, bacio PROSKINESIS: (gr. proskinesis=onorare prostrandosi fino a terra) inchino profondo davanti a un'icona che si accompagna al segno della croce, al bacio dell'immagine e all'accensione di un cero PROSKINETARION: leggio o edicola dove vengono esposte le icone del santo o della festa per facilitarne la devozione che consiste in aspersioni con l'acqua benedetta, incensamento, genuflessioni, segno della croce e bacio delle icone. Il leggio su cui poggia l'icona è ricoperto di un drappo che pende fino a terra generalmente ricamato con croci (etimasia) PROSKOMIDIA: il sacerdote prepara il pane benedetto sul discos (o patena) e prega per le anime dei fedeli vivi e morti PARUSIA: la seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi PATERIK (paterikon): raccolte russe di vite di santi, monaci e padri della Chiesa PLURISTAURICA: (polystaurion), la parola significa "con molte croci" e si riferisce alle vesti liturgiche (felon, saccos) tessute o ricamate appunto con molte croci PODLINNIKI: "testi autentici", manuali salvi di pittura guida con i modelli per gli iconografi PROSKOMIDIA: rito della preparazione dei doni PROTHESIS: l'abside di sinistra dove si celebra il rito della preparazione dei pani PROSFORA: i pani che si usano per la consacrazione RASKOLNIKI: setta russa dei "vecchi credenti", tradizionalisti che non volendo accettare la riforma liturgica del patriarca Nikon si separò dalla Chiesa dopo il concilio di Mosca del 1666 e il cui principale esponente fu l'arciprete Avvakum, bruciato sul rogo nel 1682 RIPIDION: ventaglio liturgico rotondo di metallo, con inciso un cherubino o un serafino, usati dai diaconi RIZA: lamina di copertura parziale in oro o argento, cesellata finemente e con inserimento di pietre preziose e smalti che lascia scoperto i volti, le mani e i piedi; impreziosisce le icone, soprattutto quelle ritenute miracolose ROSARIO PREGHIERA DI GESÙ: fatto di lana intrecciata o cuoio veniva portato in mano o intorno al polso del monaco per recitare la giaculatoria "Gesù Cristo, Figlio di Dio , abbi pietà di me peccatore" quando si trovava lontano dal monastero al posto dei salme delle ore canoniche secondo tabelle prestabilite. Ad esempio: Mattutino 700 o 400 o 200; Ora prima 150 o 100 o 50; Vespri 100 o 200. Il rosario terminava con due pendagli triangolari di cuoio con incise preghiere o immagini sacre SAKKOS: tunica di derivazione imperiale usata dal vescovo, aperta sui due lati e chiuso da bottoni, in sostituzione

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del più antico felon SCABELLUM PEDUM: traversa poggiapiedi della croce che sosteneva il corpo dei condannati SKEMA: in greco "veste", è in realtà una stola monastica (analabos) che copre il corpo davanti e dietro, la ci parte anteriore è coperta di croci e iscrizioni; il monaco ordinario indossa il "micron skema" (piccolo abito) mentre il monaco di stretta osservanza il "megalon skema" (grande abito) SEMANTRON: asse di legno, generalmente appeso nei chiostri dei monasteri, che viene battuto come una campana per chiamare i monaci alla preghiera SERAFINI: il loro nome deriva dal termine ebraico serafim legato al verbo saraf, che significa bruciare; sono creature angeliche con sei ali, di cui con due si coprono la faccia, con due il corpo SINASSI: assemblea liturgica: la sinassi eucaristica è la messa SKITI: deriva da askiti (asceta) ed è un insieme di piccoli eremi di singoli o piccole fraternità chiamate kalìvi (capanna). E' invece chiamato kellion la cella eremitica o la comunità di asceti più grande della kalivi ma inferiore a una skiti SPAS: in russo "Salvatore" STARETZ: (geronda in greco): "vecchio pieno di bellezza" (kalogeros), uomo spirituale, illuminato dalla grazia, dotato del dono del discernimento delle menti, intorno a cui si raduna una piccola comunità di discepoli STAUROTECA: reliquiario contenente una particella della vera croce; icona in cui è inserita una croce di metallo a otto punte STICHOS: nome greco che corrisponde al latino clavio (vedi clavus), fascia che circonda il braccio destro della tunica di Cristo, generalmente dorata, e ne indica la divinità STIKARION: è la veste più semplice che può essere indossata da tutti coloro che durante la liturgia svolgono un compito di servizio come i cantori, i lettori, chi prepara l'incenso o porta il cero STIPES: il palo verticale della croce che normalmente si trovava già conficcato nel terreno e al quale veniva aggiunto il patibulum che il condannato portava sulle spalle fino al luogo della crocefissione STILITA: anacoreta che fa il voto di vivere su una colonna da cui predica, guarisce, dà consigli e dove fa vita di penitenza e, se sacerdote, celebra l'eucarestia STOLA: (epitrakelion) intera o in due pezzi, a volte chiusa davanti da bottoni, è l'ornamento del vescovo e del sacerdote che si porta diritto, appeso al collo, sopra il sakkos; un suo sviluppo più ricco e sontuoso è l'omoforion vescovile SUPPEDANEUM: (sotto i piedi) veniva inchiodato allo stipes perché il condannato a morte potesse stare in piedi SYNTHRONON: (trono condiviso) indica appunto un trono collettivo, per esempio unico per le tre persone della Trinità o per i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe ma anche per i dodici apostoli nell'icona della Pentecoste TEOFANIA: manifestazione della divinità di Cristo, si divide in grande (Battesimo) e piccola (..) TRICHINAS: del cilicio TROPARIO: inno variabile breve della liturgia ortodossa che descrive in forma poetica il significato delle feste e quindi aiuta il pittore di icone nella composizione TSHIN: fila, ordine, registro dell'iconòstasi UBRUS: velo e fazzoletto UMILENIE: tenerezza VELUM: cuffia pieghettata