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Francesco Luini Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici e signori suoi nel 1783 www.liberliber.it Francesco Luini Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici e signori suoi nel 1783 www.liberliber.it

Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici e signori suoi … · 2020. 10. 26. · Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici, e si-gnori suoi nel 1783

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Francesco LuiniLettere

scritte da più parti d’Europaa diversi amici e signori suoi

nel 1783

www.liberliber.it

Francesco LuiniLettere

scritte da più parti d’Europaa diversi amici e signori suoi

nel 1783

www.liberliber.it

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Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Lettere scritte da più parti d’Europa a di-versi amici, e signori suoi nel 1783 da FrancescoLuini.AUTORE: Luini, FrancescoTRADUTTORE:CURATORE:NOTE:CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D’AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Lettere scritte da più parti d’Europa adiversi amici, e signori suoi nel 1783 da FrancescoLuini – In Pavia : nella stamperia del R., ed I. Mo-nistero di S. Salvatore, 1785 – VIII, 287,[1] p. ;8°.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

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TITOLO: Lettere scritte da più parti d’Europa a di-versi amici, e signori suoi nel 1783 da FrancescoLuini.AUTORE: Luini, FrancescoTRADUTTORE:CURATORE:NOTE:CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D’AUTORE: no

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COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Lettere scritte da più parti d’Europa adiversi amici, e signori suoi nel 1783 da FrancescoLuini – In Pavia : nella stamperia del R., ed I. Mo-nistero di S. Salvatore, 1785 – VIII, 287,[1] p. ;8°.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 26 ottobre 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:ARC008000 ARCHITETTURA / PaesaggiHIS010000 STORIA / Europa / GeneraleHIS052000 STORIA / Geografia storicaTRV009050 VIAGGI / Europa / FranciaTRV009070 VIAGGI / Europa / Gran Bretagna

DIGITALIZZAZIONE:Giovanni Mennella, [email protected]

REVISIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 26 ottobre 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:ARC008000 ARCHITETTURA / PaesaggiHIS010000 STORIA / Europa / GeneraleHIS052000 STORIA / Geografia storicaTRV009050 VIAGGI / Europa / FranciaTRV009070 VIAGGI / Europa / Gran Bretagna

DIGITALIZZAZIONE:Giovanni Mennella, [email protected]

REVISIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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Liber Liber

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici, e si-gnori suoi nel 1783.........................................................8

L’autore a chi legge....................................................9Indice........................................................................10I. All’Illustrissimo Sig. D. Domenico Ferri PubblicoMaestro di Rettorica nelle Regie Scuole minori di Pa-via.............................................................................13II. All’Illustrissimo Sig. D. Leone Stoppani Canonicodella Cattedrale in Como..........................................16III. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppa-ni. Como...................................................................22IV. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppa-ni. Como...................................................................28V. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppani.Como........................................................................33VI. All’Illustrissimo Sig. D. Leone Stoppani. Como...................................................................................44VII. All’Illustrissimo Sig. Abbate D. Domenico Ferri.Pavia.........................................................................54VIII. All’Illustrissimo Sig. D. Domenico Ferri. Pavia...................................................................................58IX. Al Padre Lettore D. Girolamo Belcredi Benedetti-no Pavia....................................................................76X. All’Illustrissimo Sig. D. Antonio Della Porta Se-

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Lettere scritte da più parti d’Europa a diversi amici, e si-gnori suoi nel 1783.........................................................8

L’autore a chi legge....................................................9Indice........................................................................10I. All’Illustrissimo Sig. D. Domenico Ferri PubblicoMaestro di Rettorica nelle Regie Scuole minori di Pa-via.............................................................................13II. All’Illustrissimo Sig. D. Leone Stoppani Canonicodella Cattedrale in Como..........................................16III. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppa-ni. Como...................................................................22IV. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppa-ni. Como...................................................................28V. All’Illustrissimo Sig. Canonico D. Leone Stoppani.Como........................................................................33VI. All’Illustrissimo Sig. D. Leone Stoppani. Como...................................................................................44VII. All’Illustrissimo Sig. Abbate D. Domenico Ferri.Pavia.........................................................................54VIII. All’Illustrissimo Sig. D. Domenico Ferri. Pavia...................................................................................58IX. Al Padre Lettore D. Girolamo Belcredi Benedetti-no Pavia....................................................................76X. All’Illustrissimo Sig. D. Antonio Della Porta Se-

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niore Como...............................................................81XI. Al Molto Rev. e Pregiatissimo Sig. Abbate D.Giambattista Clerici. Como......................................86XII. All’Illustrissimo Sig. Cavaliere D’Arvillars.Chambery..................................................................97XIII. All’Illustrissimo Sig. D. Antonio Della Porta Ju-niore Delegato per la Facoltà Medica, e pel Magistra-to di Sanità in Como...............................................100XIV. All’Illustrissimo Sig. Abbate D. Domenico FerriPavia.......................................................................106XV. All’Illustrissimo Sig. D. Giovanni Bellisomi. Pa-via............................................................................111XVI. All’Illustrissimo Sig. D. Luigi Albertolli RegioProfessore. Milano..................................................118XVII. All’Illustrissimo Sig. Conte Andrea Passalac-qua. Como...............................................................123XVIII. Alla Illustrissima Signora Contessa Fantoni.Pavia.......................................................................129XIX. Al Riveritissimo Signor Bosquet. Lione.......135XX. All’Illustrissima Signora Donna Marianna Gior-gi. Pavia..................................................................137XXI. Alle Illme Signore Marchesine D’Oncieu.Chambery................................................................143XXII. Al Padre Lettore D. Girolamo Belcredi Bene-dettino Pavia...........................................................147XXIII. Alle Illustrissime Signore Damigelle Fuselier.Lione.......................................................................154XXIV. Alla Illustrissima Signora Marchesa DonnaCostanza Mossi Malaspina. Pavia..........................156

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niore Como...............................................................81XI. Al Molto Rev. e Pregiatissimo Sig. Abbate D.Giambattista Clerici. Como......................................86XII. All’Illustrissimo Sig. Cavaliere D’Arvillars.Chambery..................................................................97XIII. All’Illustrissimo Sig. D. Antonio Della Porta Ju-niore Delegato per la Facoltà Medica, e pel Magistra-to di Sanità in Como...............................................100XIV. All’Illustrissimo Sig. Abbate D. Domenico FerriPavia.......................................................................106XV. All’Illustrissimo Sig. D. Giovanni Bellisomi. Pa-via............................................................................111XVI. All’Illustrissimo Sig. D. Luigi Albertolli RegioProfessore. Milano..................................................118XVII. All’Illustrissimo Sig. Conte Andrea Passalac-qua. Como...............................................................123XVIII. Alla Illustrissima Signora Contessa Fantoni.Pavia.......................................................................129XIX. Al Riveritissimo Signor Bosquet. Lione.......135XX. All’Illustrissima Signora Donna Marianna Gior-gi. Pavia..................................................................137XXI. Alle Illme Signore Marchesine D’Oncieu.Chambery................................................................143XXII. Al Padre Lettore D. Girolamo Belcredi Bene-dettino Pavia...........................................................147XXIII. Alle Illustrissime Signore Damigelle Fuselier.Lione.......................................................................154XXIV. Alla Illustrissima Signora Marchesa DonnaCostanza Mossi Malaspina. Pavia..........................156

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XXV. All’Ornatissima Signora Grivet. Parigi........163XXVI. Alla Stessa..................................................168XXVII. All’Illustrissimo Sig. Marchese D. GaspareBelcredi Regio Professore. Pavia...........................170XXIX. All’Illustrissimo Sig. Marchese D. Luigi Ma-laspina. Londra.......................................................183

Frammenti...................................................................188

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XXV. All’Ornatissima Signora Grivet. Parigi........163XXVI. Alla Stessa..................................................168XXVII. All’Illustrissimo Sig. Marchese D. GaspareBelcredi Regio Professore. Pavia...........................170XXIX. All’Illustrissimo Sig. Marchese D. Luigi Ma-laspina. Londra.......................................................183

Frammenti...................................................................188

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LETTERESCRITTE

DA PIÙ PARTI D’EUROPAA DIVERSI AMICI, E

SIGNORI SUOINEL 1783.

DA

FRANCESCO LUINIP. P.

IN PAVIA. MDCCLXXXV._________________________________________________________________________

Nella stamperia del R., ed I. Monisterodi S. Salvatore.

Con permissione.

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LETTERESCRITTE

DA PIÙ PARTI D’EUROPAA DIVERSI AMICI, E

SIGNORI SUOINEL 1783.

DA

FRANCESCO LUINIP. P.

IN PAVIA. MDCCLXXXV._________________________________________________________________________

Nella stamperia del R., ed I. Monisterodi S. Salvatore.

Con permissione.

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L’AUTORE A CHI LEGGE._______________

chi intraprendesse a leggere queste Lettere iochiedo una grazia, che non dovrebbe essere delle

difficili ad accordarsi. Lo prego innanzi di accingersi aciò a compiacersi di leggere il primo dei Frammenti, chetroverà posti a’ piedi di queste lettere medesime. Vivaintanto felice. [V]

A

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L’AUTORE A CHI LEGGE._______________

chi intraprendesse a leggere queste Lettere iochiedo una grazia, che non dovrebbe essere delle

difficili ad accordarsi. Lo prego innanzi di accingersi aciò a compiacersi di leggere il primo dei Frammenti, chetroverà posti a’ piedi di queste lettere medesime. Vivaintanto felice. [V]

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INDICEI. All’Illustrissimo Sig. Ab-bate D. Domenco FerriPubblico Maestro di Retto-rica nelle Regie Scuole diPavia. A Pavia da Torino.

Sulle lettere de’ Viaggiato-ri.

II. All’Illustrissimo Sig.Don Leone Stoppani Cano-nico della Cattedrale diComo.

Como da Chambe-ry.

Passaggio del Monsenisper Susa.

III. Allo stesso. Aspetto della Savoja.

IV. Allo stesso. Vita beata de’ Savojardi.

V. Allo stesso. Il presente Secolo è Secolodi abuso, e di eccesso.

VI. Allo stesso. Poscritta sullo stesso ar-gomento.

VII. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Domenico Ferri. Pavia. Poveraglia di Chambery.

VIII. Allo stesso. Progetto pel mantenimen-to, e diminuzione de’ Pove-ri d’una Città.[VI]

IX. Al Molto ReverendoPadre d. Gerolamo BelcrediLettore Benedettino. Pavia

Esperienze di Chimica sulMercurio.

X. All’Illustrissimo Sig.Dottore D. Antonio dellaPorta Seniore. Como.

Analisi Chimica sulle ac-que della Boisse.

XI. Al Molto ReverendoSig. Abbate D. Giambatti-sta Clerici. Como.

Passeggi, Pranzi, e Con-versazioni di Chambery.

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INDICEI. All’Illustrissimo Sig. Ab-bate D. Domenco FerriPubblico Maestro di Retto-rica nelle Regie Scuole diPavia. A Pavia da Torino.

Sulle lettere de’ Viaggiato-ri.

II. All’Illustrissimo Sig.Don Leone Stoppani Cano-nico della Cattedrale diComo.

Como da Chambe-ry.

Passaggio del Monsenisper Susa.

III. Allo stesso. Aspetto della Savoja.

IV. Allo stesso. Vita beata de’ Savojardi.

V. Allo stesso. Il presente Secolo è Secolodi abuso, e di eccesso.

VI. Allo stesso. Poscritta sullo stesso ar-gomento.

VII. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Domenico Ferri. Pavia. Poveraglia di Chambery.

VIII. Allo stesso. Progetto pel mantenimen-to, e diminuzione de’ Pove-ri d’una Città.[VI]

IX. Al Molto ReverendoPadre d. Gerolamo BelcrediLettore Benedettino. Pavia

Esperienze di Chimica sulMercurio.

X. All’Illustrissimo Sig.Dottore D. Antonio dellaPorta Seniore. Como.

Analisi Chimica sulle ac-que della Boisse.

XI. Al Molto ReverendoSig. Abbate D. Giambatti-sta Clerici. Como.

Passeggi, Pranzi, e Con-versazioni di Chambery.

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XII. All’Illustrissimo Sig.Cavaliere d’Arvillars.

Chambery da Lio-ne. Visita a Madame Bosquet.

XIII. All’Illustrissimo Sig.Dottore D. Antonio dellaPorta Juniore. Como.

Progetto di una Scuola Ve-terinaria in Como.

XIV. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Domenico Ferri. Pavia. Cene Lionesi.

XV. All’Illustrissimo Sig.D. Giovanni Bellisomi.

Pavia.

Scorrerìe per Lione, Acca-demia delle Scienze, Mu-seo del Sig. Camus.[VI]

XVI. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Luigi Albertollipubblico Maestro di umanelettere nel Regio Ginnasiodi Brera. Milano da Parigi. Rarità di Parigi.

XVII. All’Illustrissimo Sig.Conte D. Andrea Passalac-qua. Como. Divertimenti di Parigi.

XVIII. All’Illustrissima Si-gnora Contessa Fantoni. Pavia. Il Disinganno.

XIX. All’Ornatissimo Sig.Bosquet. Lione. Visita a Madame Grivet.

XX. All’Illustrissima Si-gnora Donna Marianna deGiorgi. Pavia.

Vita de’ forestieri in Pari-gi.

XXI. Alle Illustrissime Si-gnore Marchesined’Oncieu. Chambery. Carattere de’ Parigini.

XXII. Al Molto ReverendoPadre D. Gerolamo Belcre-di. Pavia. Dotti di Parigi.

XXIII. Alle IllustrissimeSignore Damigelle Fuselier. Lione. Lettera di complimento.

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XII. All’Illustrissimo Sig.Cavaliere d’Arvillars.

Chambery da Lio-ne. Visita a Madame Bosquet.

XIII. All’Illustrissimo Sig.Dottore D. Antonio dellaPorta Juniore. Como.

Progetto di una Scuola Ve-terinaria in Como.

XIV. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Domenico Ferri. Pavia. Cene Lionesi.

XV. All’Illustrissimo Sig.D. Giovanni Bellisomi.

Pavia.

Scorrerìe per Lione, Acca-demia delle Scienze, Mu-seo del Sig. Camus.[VI]

XVI. All’Illustrissimo Sig.Abbate D. Luigi Albertollipubblico Maestro di umanelettere nel Regio Ginnasiodi Brera. Milano da Parigi. Rarità di Parigi.

XVII. All’Illustrissimo Sig.Conte D. Andrea Passalac-qua. Como. Divertimenti di Parigi.

XVIII. All’Illustrissima Si-gnora Contessa Fantoni. Pavia. Il Disinganno.

XIX. All’Ornatissimo Sig.Bosquet. Lione. Visita a Madame Grivet.

XX. All’Illustrissima Si-gnora Donna Marianna deGiorgi. Pavia.

Vita de’ forestieri in Pari-gi.

XXI. Alle Illustrissime Si-gnore Marchesined’Oncieu. Chambery. Carattere de’ Parigini.

XXII. Al Molto ReverendoPadre D. Gerolamo Belcre-di. Pavia. Dotti di Parigi.

XXIII. Alle IllustrissimeSignore Damigelle Fuselier. Lione. Lettera di complimento.

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XXIV. Alla Illustrissima Si-gnora Marchesa Donna Co-stanza Mossi Malaspina.

Pavia. Mode di Parigi.

XXV. Alla Ornatissima Si-gnora Grivet

Parigi da Londra.

Passaggio a Calais, Vistadi Londra, suo Parco.[VII]

XXVI. Alla stessa. Lettera di replica.

XXVII. All’IllustrissimoSig. Marchese D. GaspareBelcredi Pubblico Professo-re nella Regia Università diPavia. Pavia.

Città e Cittadini di Lon-dra.

XXVIII. All’IllustrissimoSig. Marchese D. LuigiMalaspina. Londra da Como.

Ritorno da Londra in Ita-lia per la via de’ PaesiBassi.

XXIX. Frammenti.

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XXIV. Alla Illustrissima Si-gnora Marchesa Donna Co-stanza Mossi Malaspina.

Pavia. Mode di Parigi.

XXV. Alla Ornatissima Si-gnora Grivet

Parigi da Londra.

Passaggio a Calais, Vistadi Londra, suo Parco.[VII]

XXVI. Alla stessa. Lettera di replica.

XXVII. All’IllustrissimoSig. Marchese D. GaspareBelcredi Pubblico Professo-re nella Regia Università diPavia. Pavia.

Città e Cittadini di Lon-dra.

XXVIII. All’IllustrissimoSig. Marchese D. LuigiMalaspina. Londra da Como.

Ritorno da Londra in Ita-lia per la via de’ PaesiBassi.

XXIX. Frammenti.

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I.All’Illustrissimo Sig.

D. DOMENICO FERRIPubblico Maestro di Rettorica

nelle Regie Scuole minori di Pavia.Sulle lettere de’ Viaggiatori.__________________AMICO CARISSIMO.

ome siete impaziente nella vostra amicizia! Ho ap-pena abbandonata Strada nuova; mi sono appena

congedato da voi al Gravellone, dove ho avuto il piacered’incontrarvi; portate forse ancora i segni de’ caldi baci,che vi ho stampati sulla fronte, e sulle guancie nel la-sciarvi; e già mi domandate mille nuove; e già m’inse-guite con una salva d’interrogazioni su ciò, che ho visto,e che non ho veduto mai.

C

Che carattere hanno, voi dite, i Piemontesi? [2] Qualè il loro gusto nelle scienze, nelle arti, nelle mode? Qua-le il loro commercio, la loro Giurisprudenza? Amanoessi i forastieri, o no? Si divertono nelle pubbliche as-semblee, oppure si annojano come tra noi?.... Con qualegiubilo sarebbero accolte queste vostre questioni da ta-luno de’ miei amici viaggiatori! Con quale enfasi, e conquanta profusione avrebbe cercato di soddisfarvi! Tostoch’egli ebbe posto piede fuori delle patrie mura, si credè

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I.All’Illustrissimo Sig.

D. DOMENICO FERRIPubblico Maestro di Rettorica

nelle Regie Scuole minori di Pavia.Sulle lettere de’ Viaggiatori.__________________AMICO CARISSIMO.

ome siete impaziente nella vostra amicizia! Ho ap-pena abbandonata Strada nuova; mi sono appena

congedato da voi al Gravellone, dove ho avuto il piacered’incontrarvi; portate forse ancora i segni de’ caldi baci,che vi ho stampati sulla fronte, e sulle guancie nel la-sciarvi; e già mi domandate mille nuove; e già m’inse-guite con una salva d’interrogazioni su ciò, che ho visto,e che non ho veduto mai.

C

Che carattere hanno, voi dite, i Piemontesi? [2] Qualè il loro gusto nelle scienze, nelle arti, nelle mode? Qua-le il loro commercio, la loro Giurisprudenza? Amanoessi i forastieri, o no? Si divertono nelle pubbliche as-semblee, oppure si annojano come tra noi?.... Con qualegiubilo sarebbero accolte queste vostre questioni da ta-luno de’ miei amici viaggiatori! Con quale enfasi, e conquanta profusione avrebbe cercato di soddisfarvi! Tostoch’egli ebbe posto piede fuori delle patrie mura, si credè

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in obbligo d’istruirci su le cose ancor più minute; ci par-lava col grave tono degli Anson, e dei Banchs, e con-frontava con sistema i diversi climi di uno stesso Zenith.Ma io penso un po’ diversamente: non sono Cosmopoli-ta; non voglio sbalordire il mondo; non voglio essereLegislatore, nè Riformatore, nè Declamatore, nè Morali-sta. Non iscriverò nemmeno la Storia del mio viaggio;amo d’istruirmi, di esaminare, di conoscere gli oggettimigliori, [3] che mi si presentano tra via; ma amo anco-ra di divertirmi. Per me bastar possono poche annotazio-ni; e per un’opera di lunga lena conviene prestarsi a fati-che enormi, e lavorare da giornaliere. Non mi darò van-to di comprendere alla prima occhiata la natura di ognipaese, a cui mi affacci; non pretenderò di aver visto tut-to; mi studierò di veder bene; non so, se vi riuscirò;sono persuaso, che io, e voi, e tutto l’uman genere ab-biamo le tempia armate di moltiformi traveggole. Faròogni sforzo per contentare voi, e me: ma lasciatemi sco-stare un po’ più dal Ticino, se volete aver diritto a qual-che notizia non triviale. Voi sapete meglio di me ciò,che forse per celia fingete qui d’ignorare.

A non chiudere questa mia senza dirvi nulla di mienuove, vi accennerò di fuga, che dai 10 marzo, giornodella mia partenza dalla Regio-inclita Città Pavese, finoal presente non siamo usciti dal Piemonte; [4] e non soperchè ci fermiamo tanti giorni alle prime mosse. IlMarchese Malaspina mio Signore, che con tanta grazia,e distinzione mi chiama a parte de’ più geniali piaceri diquesta prima sua scorrerìa fuori d’Italia, può, e deve di-

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in obbligo d’istruirci su le cose ancor più minute; ci par-lava col grave tono degli Anson, e dei Banchs, e con-frontava con sistema i diversi climi di uno stesso Zenith.Ma io penso un po’ diversamente: non sono Cosmopoli-ta; non voglio sbalordire il mondo; non voglio essereLegislatore, nè Riformatore, nè Declamatore, nè Morali-sta. Non iscriverò nemmeno la Storia del mio viaggio;amo d’istruirmi, di esaminare, di conoscere gli oggettimigliori, [3] che mi si presentano tra via; ma amo anco-ra di divertirmi. Per me bastar possono poche annotazio-ni; e per un’opera di lunga lena conviene prestarsi a fati-che enormi, e lavorare da giornaliere. Non mi darò van-to di comprendere alla prima occhiata la natura di ognipaese, a cui mi affacci; non pretenderò di aver visto tut-to; mi studierò di veder bene; non so, se vi riuscirò;sono persuaso, che io, e voi, e tutto l’uman genere ab-biamo le tempia armate di moltiformi traveggole. Faròogni sforzo per contentare voi, e me: ma lasciatemi sco-stare un po’ più dal Ticino, se volete aver diritto a qual-che notizia non triviale. Voi sapete meglio di me ciò,che forse per celia fingete qui d’ignorare.

A non chiudere questa mia senza dirvi nulla di mienuove, vi accennerò di fuga, che dai 10 marzo, giornodella mia partenza dalla Regio-inclita Città Pavese, finoal presente non siamo usciti dal Piemonte; [4] e non soperchè ci fermiamo tanti giorni alle prime mosse. IlMarchese Malaspina mio Signore, che con tanta grazia,e distinzione mi chiama a parte de’ più geniali piaceri diquesta prima sua scorrerìa fuori d’Italia, può, e deve di-

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sporre a suo grado di me, del tempo, e delle stazioni tut-te del presente viaggio; ma io conosco Torino quasicome casa mia; non faccio che rivedere ciò, che millevolte ho veduto. Con tutto questo la faconda, e vivaceMadama Allioni; il dotto, e gentile Commendatore Tari-ni, il profondo, ed instancabile Conte Saluzzi; il sincero,e liberale Marchese Cortrance; il Principe della Cisternamagnifico nel pensare, e di tratto affabile; la dignitosasua madre Marchesa di Voghera, che tralle Dame pri-meggia senza fasto; la Pavese Castellani, che onora lasolitudine, e la filosofia; il Conte, e la Contessa Prova-na, che brillano in mezzo ad una preziosa corona di beneducati figliuolini, [5] e soprattutto il Continetto Miche-le, che in verde età d’anni dodici mostra senno, e saperenon comune...... mi hanno sorpresa di novità, e mi ren-dono troppo breve il dì. Più mi lusinga la loro conversa-zione, che non la monotonìa della Real Corte, e le ampiestrade a squadra, e le piazze riquadrate, e le mediocri ele sublimi idee architettoniche del celebratissimo Iuvara.

Vogliatemi bene; sappiatemi grado del pochissimo,che vi scrivo ora, e credetemi.

Torino. 16. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo.

Francesco Luini. [6]

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sporre a suo grado di me, del tempo, e delle stazioni tut-te del presente viaggio; ma io conosco Torino quasicome casa mia; non faccio che rivedere ciò, che millevolte ho veduto. Con tutto questo la faconda, e vivaceMadama Allioni; il dotto, e gentile Commendatore Tari-ni, il profondo, ed instancabile Conte Saluzzi; il sincero,e liberale Marchese Cortrance; il Principe della Cisternamagnifico nel pensare, e di tratto affabile; la dignitosasua madre Marchesa di Voghera, che tralle Dame pri-meggia senza fasto; la Pavese Castellani, che onora lasolitudine, e la filosofia; il Conte, e la Contessa Prova-na, che brillano in mezzo ad una preziosa corona di beneducati figliuolini, [5] e soprattutto il Continetto Miche-le, che in verde età d’anni dodici mostra senno, e saperenon comune...... mi hanno sorpresa di novità, e mi ren-dono troppo breve il dì. Più mi lusinga la loro conversa-zione, che non la monotonìa della Real Corte, e le ampiestrade a squadra, e le piazze riquadrate, e le mediocri ele sublimi idee architettoniche del celebratissimo Iuvara.

Vogliatemi bene; sappiatemi grado del pochissimo,che vi scrivo ora, e credetemi.

Torino. 16. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo.

Francesco Luini. [6]

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II.All’Illustrissimo Sig.

D. LEONE STOPPANICanonico della Cattedrale in Como.

Passaggio del Monsenis per Susa.__________________AMICO CARISSIMO.

o toccato anch’io, ho visto, ho valicato il Monseni-sio; tripudio, e mi congratulo meco di essere ormai

Oltramontano, e di esserlo divenuto nel modo più giojo-so, che dir si possa.

HPoffare! nol credo quasi a me stesso. Sono fuori usci-

to da dove sembra, che abbia il suo regno il pregiudizio;scorrerò il paese de’ liberi pensatori; vedrò il mondo [7]in grande, e non già dal buco, che il portentoso aceto diAnnibale aprì nelle montagne della Savoja. D’ora in poidarò solenni mentite in viso a chi mi chiamerà ranoc-chio Lombardo, o quel, che è peggio, insetto Cisalpino.Non lo son più; sono Paesano di Europa.

Voi vi stupite nel vedermi di buon umore dopo unastrada forse la più disastrosa del nostro viaggio. Ma que-sta appunto mi presentò uno spettacolo singolare, espassoso. Poco lungi da Torino oltre Rivoli, e molto piùal di quà di S. Antonio, e fino a Susa voi v’internate inlunga valle, boscosa in parte, e in parte nuda, o da poche

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II.All’Illustrissimo Sig.

D. LEONE STOPPANICanonico della Cattedrale in Como.

Passaggio del Monsenis per Susa.__________________AMICO CARISSIMO.

o toccato anch’io, ho visto, ho valicato il Monseni-sio; tripudio, e mi congratulo meco di essere ormai

Oltramontano, e di esserlo divenuto nel modo più giojo-so, che dir si possa.

HPoffare! nol credo quasi a me stesso. Sono fuori usci-

to da dove sembra, che abbia il suo regno il pregiudizio;scorrerò il paese de’ liberi pensatori; vedrò il mondo [7]in grande, e non già dal buco, che il portentoso aceto diAnnibale aprì nelle montagne della Savoja. D’ora in poidarò solenni mentite in viso a chi mi chiamerà ranoc-chio Lombardo, o quel, che è peggio, insetto Cisalpino.Non lo son più; sono Paesano di Europa.

Voi vi stupite nel vedermi di buon umore dopo unastrada forse la più disastrosa del nostro viaggio. Ma que-sta appunto mi presentò uno spettacolo singolare, espassoso. Poco lungi da Torino oltre Rivoli, e molto piùal di quà di S. Antonio, e fino a Susa voi v’internate inlunga valle, boscosa in parte, e in parte nuda, o da poche

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liste di arsicci campi interrotta, e da irte annose piantenon mai soggette a rustica potagione. Piegando a sini-stra entrate nella valle della Brunetta, che mostra essapure indizii scarsi di vegetazione nelle siepi, ne’ campi,ne’ rivaggi, ne’ boschi. Nevosi tratti vi si presentano, eduro ghiaccio sulle creste ineguali [8] delle adjacentimontagne, e rialzamenti; ed inabissamenti di strade, erare case, o tugurii, o capanne quà, e là sparse senz’ordi-ne, e pochi uomini pallidi e sdrusciti, che vanno ronzan-do intorno, non so se spinti dalla fame, o dall’amore disollazzevole passatempo. Tutto questo intreccio di soli-tudine, di orrori, di morte fedelmente vi accompagnafino alla Novalesa, cioè fino al piede del Monsenisio; eva accostumando a poco a poco il vostro spirito ad unascena impensata, cui ogni abitante di Provincie colte ve-der dovrebbe per avere idea chiara, e distinta de’ dueestremi. Ed il confronto di questi due estremi fu a dirvero ciò, che mi sostenne, che mi elettrizzò, che miempì d’entusiastico piacere ne’ quattro giorni trascorsi.Io non ebbi in tutto questo intervallo di tempo, che ri-brezzi momentanei di qualche leggiere raccapriccio; egli orrori locali, e quelle territoriali turpitudini, che an-dava riscontrando tra via, mi risvegliavano più [9] grataricordanza del bel paese = Che Appenin parte, e ’l marcirconda, e l’Alpe.

Su dunque affrettiamo la difficil salita del montescortati da ben undici muli, da sei robusti montanari,che tanti per verità richiedonsi al signoril nostro equi-paggio. Non è molto incomoda da principio la strada

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liste di arsicci campi interrotta, e da irte annose piantenon mai soggette a rustica potagione. Piegando a sini-stra entrate nella valle della Brunetta, che mostra essapure indizii scarsi di vegetazione nelle siepi, ne’ campi,ne’ rivaggi, ne’ boschi. Nevosi tratti vi si presentano, eduro ghiaccio sulle creste ineguali [8] delle adjacentimontagne, e rialzamenti; ed inabissamenti di strade, erare case, o tugurii, o capanne quà, e là sparse senz’ordi-ne, e pochi uomini pallidi e sdrusciti, che vanno ronzan-do intorno, non so se spinti dalla fame, o dall’amore disollazzevole passatempo. Tutto questo intreccio di soli-tudine, di orrori, di morte fedelmente vi accompagnafino alla Novalesa, cioè fino al piede del Monsenisio; eva accostumando a poco a poco il vostro spirito ad unascena impensata, cui ogni abitante di Provincie colte ve-der dovrebbe per avere idea chiara, e distinta de’ dueestremi. Ed il confronto di questi due estremi fu a dirvero ciò, che mi sostenne, che mi elettrizzò, che miempì d’entusiastico piacere ne’ quattro giorni trascorsi.Io non ebbi in tutto questo intervallo di tempo, che ri-brezzi momentanei di qualche leggiere raccapriccio; egli orrori locali, e quelle territoriali turpitudini, che an-dava riscontrando tra via, mi risvegliavano più [9] grataricordanza del bel paese = Che Appenin parte, e ’l marcirconda, e l’Alpe.

Su dunque affrettiamo la difficil salita del montescortati da ben undici muli, da sei robusti montanari,che tanti per verità richiedonsi al signoril nostro equi-paggio. Non è molto incomoda da principio la strada

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perchè selciata a dovere, e serpentina. Ma non vi sor-prende essa la varia prospettiva de’ boschi internati nellevicine valli e su per lo dosso delle colline, che servonocome di puntello, e di scarpa agli alti monti? Vedete làque’ canuti padiglioni or di fronte, ed or di fianco, chenegli improvvisi risvolti della nostra posatissima proces-sione lasciano scorrere lo sguardo su altre schiene, e sualtri enormi sassosi massi, o nudi, o risplendenti perduro gelo? Spirano d’ogni intorno aurette placide, chevanno insensibilmente crescendo in forza, e poi sbucanoimpetuose dalle gole aperte in molti monti [10] fino aprorompere in vere tormente. Innalzano queste la nevedal suolo a guisa di arsa polvere, e la addensano in nem-bi per l’aria, e la torcono in turbini, e la increspano, e laincalzano sulla pianura come acqua instabile di uno sta-gno, o di un lago ondoso. Vi sentite flagellato alle spalleda una pioggia, direi quasi, di aridissima arena, che altronon è infatti se non neve gelata. Un simil vortice vi as-sale di fronte, e con replicati sonanti colpi vi obbliga achiuder gli occhi, ed a lasciarvi guidare come cieco natodal vostro mulatiere e dal vostro mulo, entrambi incallitiper lunghi anni, e resi insensibili a quel rigido verno, edall’urto spietato di quelle acquose meteore pietrificate.

A due terzi circa del disastroso cammino un profondogenerale silenzio par, che mi avvisi di cosa nuova. Miscuoto, mi levo il pappafico dal viso, apro gli occhj, evedo......, anzi non vedo [11] nulla, perchè mi trovo inuna grotta oscura e profonda. La guida c’istruisce, chequella è grotta artefatta a gran voltoni entro le viscere

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perchè selciata a dovere, e serpentina. Ma non vi sor-prende essa la varia prospettiva de’ boschi internati nellevicine valli e su per lo dosso delle colline, che servonocome di puntello, e di scarpa agli alti monti? Vedete làque’ canuti padiglioni or di fronte, ed or di fianco, chenegli improvvisi risvolti della nostra posatissima proces-sione lasciano scorrere lo sguardo su altre schiene, e sualtri enormi sassosi massi, o nudi, o risplendenti perduro gelo? Spirano d’ogni intorno aurette placide, chevanno insensibilmente crescendo in forza, e poi sbucanoimpetuose dalle gole aperte in molti monti [10] fino aprorompere in vere tormente. Innalzano queste la nevedal suolo a guisa di arsa polvere, e la addensano in nem-bi per l’aria, e la torcono in turbini, e la increspano, e laincalzano sulla pianura come acqua instabile di uno sta-gno, o di un lago ondoso. Vi sentite flagellato alle spalleda una pioggia, direi quasi, di aridissima arena, che altronon è infatti se non neve gelata. Un simil vortice vi as-sale di fronte, e con replicati sonanti colpi vi obbliga achiuder gli occhi, ed a lasciarvi guidare come cieco natodal vostro mulatiere e dal vostro mulo, entrambi incallitiper lunghi anni, e resi insensibili a quel rigido verno, edall’urto spietato di quelle acquose meteore pietrificate.

A due terzi circa del disastroso cammino un profondogenerale silenzio par, che mi avvisi di cosa nuova. Miscuoto, mi levo il pappafico dal viso, apro gli occhj, evedo......, anzi non vedo [11] nulla, perchè mi trovo inuna grotta oscura e profonda. La guida c’istruisce, chequella è grotta artefatta a gran voltoni entro le viscere

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del monte; che è di cento trabucchi all’incirca, e chechiamasi ponte-secco. Marciavamo però sulla neve sof-fice, che una luce dubbia da picciole fenestrelle traman-dataci di quando in quando ci lasciava scorgere con evi-denza. Le tormente, che infilano quasi di continuo unadelle due estreme aperture della grotta immensa, ve larecan dentro in varie riprese, e la dispongono a stratipiù, o meno condensati. Eccoci intanto usciti all’aperto,ed esposti più di prima a brutti passi. Eccoci all’orlo diorridi precipizj. Là si ergono sponde agghiacciate, cherovesciandoci ci metterebbero in altri valloni profondis-simi; altrove è troppo erto, e quasi senza declività il sen-tiero, ed or senza ripari, che non vi furono mai, or conripari infranti da recenti rovine di uomini e di bestiame,[12] che mostrano ancora le tracce sanguinose della fa-tale loro caduta. Qui è dove mi sono intimorito per qual-che istante, e sì che mi picco di avere cuor grande, edanima non paurosa.

Ma già siam giunti alla gran Croce, che forma trian-golo quasi equilatero col grande e col picciolo Cenis, trai quali passiam noi, e la nostra comitiva. Fermiamociqui per respirare alcun poco dopo i passati cimenti, e percontemplare con agio il bel tondo di questa pianura cin-ta intorno da nevate punte, che alla livella del mare nonsovrastanno più di 434 tese: eppure sono più celebri delLignone sul Lario di tese 1490, e del S. Gotardo negliSvizzeri di tese 1650. È il Cenis per fama, e per meritoil Tenariffe, e ’l Chimboraço d’Italia; e perchè? Perchèesso forma il sospirato, il dilettoso, il più frequentato

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del monte; che è di cento trabucchi all’incirca, e chechiamasi ponte-secco. Marciavamo però sulla neve sof-fice, che una luce dubbia da picciole fenestrelle traman-dataci di quando in quando ci lasciava scorgere con evi-denza. Le tormente, che infilano quasi di continuo unadelle due estreme aperture della grotta immensa, ve larecan dentro in varie riprese, e la dispongono a stratipiù, o meno condensati. Eccoci intanto usciti all’aperto,ed esposti più di prima a brutti passi. Eccoci all’orlo diorridi precipizj. Là si ergono sponde agghiacciate, cherovesciandoci ci metterebbero in altri valloni profondis-simi; altrove è troppo erto, e quasi senza declività il sen-tiero, ed or senza ripari, che non vi furono mai, or conripari infranti da recenti rovine di uomini e di bestiame,[12] che mostrano ancora le tracce sanguinose della fa-tale loro caduta. Qui è dove mi sono intimorito per qual-che istante, e sì che mi picco di avere cuor grande, edanima non paurosa.

Ma già siam giunti alla gran Croce, che forma trian-golo quasi equilatero col grande e col picciolo Cenis, trai quali passiam noi, e la nostra comitiva. Fermiamociqui per respirare alcun poco dopo i passati cimenti, e percontemplare con agio il bel tondo di questa pianura cin-ta intorno da nevate punte, che alla livella del mare nonsovrastanno più di 434 tese: eppure sono più celebri delLignone sul Lario di tese 1490, e del S. Gotardo negliSvizzeri di tese 1650. È il Cenis per fama, e per meritoil Tenariffe, e ’l Chimboraço d’Italia; e perchè? Perchèesso forma il sospirato, il dilettoso, il più frequentato

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passaggio dallo Stivale di Europa alle altre parti delgrandioso suo corpo.... Interrompe [13] questi nostri ra-gionamenti una gentil pastorella, che al romore improv-viso di tanta gente balza fuori dal suo casolare, e corte-semente c’invita a rifocillarci col cibo de’ Nazareni, bu-tiro, e mele. Al dolce suono di quella voce angelica, emolto più all’aria di facile sorriso, con cui ella ci riguar-dò, in largo giubilo si trasmutarono le angustie d’animoper noi raccolte nella perigliosa salita. Abbiamo gradite,e compensate le offerte; ma il tempo mancò per poterciprofittare più oltre di questo incontro fortunato.

Ci siam posti in traino, il Marchese, ed io, e l’altragente di servizio; un traino v’avea per ciascuno, e senzaruote, e dopo piccol tratto, anche senza cavalli; si scen-deva scivolando sulla neve fresca, ed alta da dieci inquindici piedi. Eh! voi direte, manco male. Questa fuuna slittata. Che slittata! Convien provarla per averneidea. Correvamo, volavamo, precipitavamo, come [14]saetta folgore: sempre strade in pendìo; sempre in mag-giori declività: se incontravamo de’ muli carichi, decli-navamo gli intoppi, e le controversie col buttarci in uncammino affatto nuovo; in un attimo passavamo da ci-glio a ciglio di que’ degradanti colli, ci slanciavamo perlo dorso di un rivone entro la vicina vallata, che prestosi rompeva essa pure come in taglio, per cacciarci giù inun’altra. Che bella sorpresa nel vederci sempre al mo-mento di romperci il collo, e nel sentircelo sempre inte-ro! In una parola si fecero tre miglia e mezzo in undiciminuti, e con questa velocità di diciotto miglia l’ora ar-

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passaggio dallo Stivale di Europa alle altre parti delgrandioso suo corpo.... Interrompe [13] questi nostri ra-gionamenti una gentil pastorella, che al romore improv-viso di tanta gente balza fuori dal suo casolare, e corte-semente c’invita a rifocillarci col cibo de’ Nazareni, bu-tiro, e mele. Al dolce suono di quella voce angelica, emolto più all’aria di facile sorriso, con cui ella ci riguar-dò, in largo giubilo si trasmutarono le angustie d’animoper noi raccolte nella perigliosa salita. Abbiamo gradite,e compensate le offerte; ma il tempo mancò per poterciprofittare più oltre di questo incontro fortunato.

Ci siam posti in traino, il Marchese, ed io, e l’altragente di servizio; un traino v’avea per ciascuno, e senzaruote, e dopo piccol tratto, anche senza cavalli; si scen-deva scivolando sulla neve fresca, ed alta da dieci inquindici piedi. Eh! voi direte, manco male. Questa fuuna slittata. Che slittata! Convien provarla per averneidea. Correvamo, volavamo, precipitavamo, come [14]saetta folgore: sempre strade in pendìo; sempre in mag-giori declività: se incontravamo de’ muli carichi, decli-navamo gli intoppi, e le controversie col buttarci in uncammino affatto nuovo; in un attimo passavamo da ci-glio a ciglio di que’ degradanti colli, ci slanciavamo perlo dorso di un rivone entro la vicina vallata, che prestosi rompeva essa pure come in taglio, per cacciarci giù inun’altra. Che bella sorpresa nel vederci sempre al mo-mento di romperci il collo, e nel sentircelo sempre inte-ro! In una parola si fecero tre miglia e mezzo in undiciminuti, e con questa velocità di diciotto miglia l’ora ar-

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rivammo finalmente a Laneburgo, dove si pernottò. Nonlascierò di dirvi, che il traino era diretto a stupore da unuomo, che sedutosi sui piedi del forestiere, ne afferravafortemente le sponde. Urtando egli, o solcando col de-stro piede la neve indurita, obbligava il traino a piegarsior quà, or là [15] a suo piacimento. Era mirabile la de-strezza, con cui maneggiava questo timone di nuovafoggia; ma è certo altresì, che si affaticava assai nel re-golarlo fino ad avere i capegli intrisi, ed ammollati digrondante sudore. Da Laneburgo a Modâna altre slitte,ma meno precipitose. Ivi si attaccarono i soliti cavalli alcocchio inglese del Sig. Marchesino per Chambery,dove siam giunti felicemente jeri sera.

Siete contento di questa lunga lettera? Io no. Vorreileggerla, correggerla, abbreviarla. Oggi non farò nulla ditutto ciò, perchè la Posta è sul partire. Addio.

Chambery. 23. Marzo 1783.Tutto Vostro Affezionatissimo [16]

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rivammo finalmente a Laneburgo, dove si pernottò. Nonlascierò di dirvi, che il traino era diretto a stupore da unuomo, che sedutosi sui piedi del forestiere, ne afferravafortemente le sponde. Urtando egli, o solcando col de-stro piede la neve indurita, obbligava il traino a piegarsior quà, or là [15] a suo piacimento. Era mirabile la de-strezza, con cui maneggiava questo timone di nuovafoggia; ma è certo altresì, che si affaticava assai nel re-golarlo fino ad avere i capegli intrisi, ed ammollati digrondante sudore. Da Laneburgo a Modâna altre slitte,ma meno precipitose. Ivi si attaccarono i soliti cavalli alcocchio inglese del Sig. Marchesino per Chambery,dove siam giunti felicemente jeri sera.

Siete contento di questa lunga lettera? Io no. Vorreileggerla, correggerla, abbreviarla. Oggi non farò nulla ditutto ciò, perchè la Posta è sul partire. Addio.

Chambery. 23. Marzo 1783.Tutto Vostro Affezionatissimo [16]

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III.All’Illustrissimo Sig. CanonicoD. LEONE STOPPANI. COMO.

Aspetto lurido della Savoja.__________________AMICO CARISSIMO.

e la neve, che m’ha accompagnato fino a Modâna,non avesse finito che a Chambery, sarei ora meno

impacciato di quel che sono. Non avrei visto la Savojanella sua parte più frequentata da Laneburgo fino a que-sta Capitale; non avrei potuto argomentare nè prò, nècontro per la sua più rozza linea settentrionale da Barde-nade a Thonon; non mi troverei ora al cimento di dirmale di un paese, che da settecento, e più anni soggiaceal Dominio Augusto di una delle tre prime Case d’Euro-pa. La bianca immensa veste, da cui sarebbe esso statoricoperto, mi avrebbe [17] celato il suo vero aspetto;avrebbe lasciato giuocare la mia immaginazione, e for-mate eziandio in me delle vaste idee di ricchezze, e te-sori nascosti. Ma non posso di presente fare più a mestesso alcuna illusione: ho rimirato a bell’agio la nudaverità, e parmi di dovervi dire, che tranne poca pianura aS. Iean, ed a Mommelliano, la Savoja è lurida al sommogrado.

S

Strade. Le strade della Posta non sono mal costrutte;

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III.All’Illustrissimo Sig. CanonicoD. LEONE STOPPANI. COMO.

Aspetto lurido della Savoja.__________________AMICO CARISSIMO.

e la neve, che m’ha accompagnato fino a Modâna,non avesse finito che a Chambery, sarei ora meno

impacciato di quel che sono. Non avrei visto la Savojanella sua parte più frequentata da Laneburgo fino a que-sta Capitale; non avrei potuto argomentare nè prò, nècontro per la sua più rozza linea settentrionale da Barde-nade a Thonon; non mi troverei ora al cimento di dirmale di un paese, che da settecento, e più anni soggiaceal Dominio Augusto di una delle tre prime Case d’Euro-pa. La bianca immensa veste, da cui sarebbe esso statoricoperto, mi avrebbe [17] celato il suo vero aspetto;avrebbe lasciato giuocare la mia immaginazione, e for-mate eziandio in me delle vaste idee di ricchezze, e te-sori nascosti. Ma non posso di presente fare più a mestesso alcuna illusione: ho rimirato a bell’agio la nudaverità, e parmi di dovervi dire, che tranne poca pianura aS. Iean, ed a Mommelliano, la Savoja è lurida al sommogrado.

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Strade. Le strade della Posta non sono mal costrutte;

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ma si potrebbero risparmiare infiniti risvolti, e transitidell’Arco, e dell’Isera; si potrebbero rendere più solidee risuonanti collo spianamento di varj dossi in ghiajaforte; si potrebbero nascondere agli occhi impauriti de’passaggieri tanti orridi precipizj, fiancheggiandole conbuoni parapetti. Ho passate delle vallette spaventose perla loro profondità sopra semplici ballatoj, o tavolati so-spesi in aria, mal connessi, e quà e là sdrusciti. [18]

Alberghi. Ho sentito narrare stupende cose dell’angu-stia, della povertà, e del sudiciume ancora delle OsterieUnghere, e Transilvane, che or finalmente cominciano ariformarsi. Credo, che quelle della Savoja le sorpassinodi lunga mano. A Laneburgo non si sta pessimamente,perchè la umanissima albergatrice allevia di molto collasua buona grazia la noja de’ forastieri. Ma oh Modâna,oh Termignone, oh Brabante, oh sgraziatissimo S. Mi-chele! Come ci fate desiderare i paesi, da cui veniamo, equegli, a cui siamo addirizzati! Converrebbe non averenè freddo, nè fame, nè sete, nè sonno per vedervi senzafremere. Alla Chambre, e ad Aiguebelle, sia esigenza ri-dotta all’estremo, che ci fa parer grato ogni lieve ristoro,sia che veramente forman essi l’anello tra il grossolano,ed il tollerabile, cominciasi a respirare. Si migliora an-cor più a Mommelliano; e pare finalmente, che quì aChambery saremo trattati [19] costantemente con isqui-sitezza, e con garbo. Il grato odore del Rosmarino nelleSpagne diffondesi a trecento e più miglia di distanza.Digbeo se ne beò molti giorni prima di approdare. Sa-rebbe bella, che in Chambery non si sentissero i profumi

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ma si potrebbero risparmiare infiniti risvolti, e transitidell’Arco, e dell’Isera; si potrebbero rendere più solidee risuonanti collo spianamento di varj dossi in ghiajaforte; si potrebbero nascondere agli occhi impauriti de’passaggieri tanti orridi precipizj, fiancheggiandole conbuoni parapetti. Ho passate delle vallette spaventose perla loro profondità sopra semplici ballatoj, o tavolati so-spesi in aria, mal connessi, e quà e là sdrusciti. [18]

Alberghi. Ho sentito narrare stupende cose dell’angu-stia, della povertà, e del sudiciume ancora delle OsterieUnghere, e Transilvane, che or finalmente cominciano ariformarsi. Credo, che quelle della Savoja le sorpassinodi lunga mano. A Laneburgo non si sta pessimamente,perchè la umanissima albergatrice allevia di molto collasua buona grazia la noja de’ forastieri. Ma oh Modâna,oh Termignone, oh Brabante, oh sgraziatissimo S. Mi-chele! Come ci fate desiderare i paesi, da cui veniamo, equegli, a cui siamo addirizzati! Converrebbe non averenè freddo, nè fame, nè sete, nè sonno per vedervi senzafremere. Alla Chambre, e ad Aiguebelle, sia esigenza ri-dotta all’estremo, che ci fa parer grato ogni lieve ristoro,sia che veramente forman essi l’anello tra il grossolano,ed il tollerabile, cominciasi a respirare. Si migliora an-cor più a Mommelliano; e pare finalmente, che quì aChambery saremo trattati [19] costantemente con isqui-sitezza, e con garbo. Il grato odore del Rosmarino nelleSpagne diffondesi a trecento e più miglia di distanza.Digbeo se ne beò molti giorni prima di approdare. Sa-rebbe bella, che in Chambery non si sentissero i profumi

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della vicina Francia.Architettura. Non vi sono nella Savoja nè palagi di

Città, nè palagi di Campagna. Vi si presentano per ognidove casamatte, casaccie, casette, cascine, casoni, caser-me; la maggior parte ad un sol pian terreno, le altre adun sol piano superiore; gabbie di legno intersiate a fan-go secco, o con creta, che apresi quà e là in mille fendi-ture, coperte di paglia, di fascine, di strame, di muffateardesie.... senza cortili, senza scale, senza finestre, direiquasi, e senza porte. Quale rovesciamento d’idee pelMarchesino Malaspina amatore, cultore, e giudice dellagreca architettonica venustà! Dopo il Pitti, dopo il Far-nese, dopo [20] Caserta.... vedersi trasportato alle abita-zioni di Giapeto, e di Orfeo! Non è però da omettersiuna sorpresa piacevole, che abbiamo avuta accostandocia più d’una Città. Scorgiamo da lungi un ampio ammas-so di maestosi tetti torreggianti, da simetriche riquadratelavagne ricoperti, ed armati agli angoli e sulle punte de’cammini con girandole, con lastre, e con tubi di latta ri-lucente. I raggi del Sole vi giuocavan per entro con va-ghissima illusione: tutto ci prometteva bene, ed anima-vamo i postiglioni a torre di mezzo, e a divorare la via,che separavaci da que’ luoghi di delizie. Ma al primomettere piede a terra, dileguaronsi tutte le immaginatebellezze come neve al Sole. Non ci apparvero che poz-ze, e pozzanghere nelle strade, e nel fabbricato muragliecorrose dalla vecchiezza, o tarlate da salnitri, o rattoppa-te, o cadenti, o irregolari e stravaganti nelle piegature,nelle posizioni, e ne’ risalti. Sembra, [21] che quì la de-

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della vicina Francia.Architettura. Non vi sono nella Savoja nè palagi di

Città, nè palagi di Campagna. Vi si presentano per ognidove casamatte, casaccie, casette, cascine, casoni, caser-me; la maggior parte ad un sol pian terreno, le altre adun sol piano superiore; gabbie di legno intersiate a fan-go secco, o con creta, che apresi quà e là in mille fendi-ture, coperte di paglia, di fascine, di strame, di muffateardesie.... senza cortili, senza scale, senza finestre, direiquasi, e senza porte. Quale rovesciamento d’idee pelMarchesino Malaspina amatore, cultore, e giudice dellagreca architettonica venustà! Dopo il Pitti, dopo il Far-nese, dopo [20] Caserta.... vedersi trasportato alle abita-zioni di Giapeto, e di Orfeo! Non è però da omettersiuna sorpresa piacevole, che abbiamo avuta accostandocia più d’una Città. Scorgiamo da lungi un ampio ammas-so di maestosi tetti torreggianti, da simetriche riquadratelavagne ricoperti, ed armati agli angoli e sulle punte de’cammini con girandole, con lastre, e con tubi di latta ri-lucente. I raggi del Sole vi giuocavan per entro con va-ghissima illusione: tutto ci prometteva bene, ed anima-vamo i postiglioni a torre di mezzo, e a divorare la via,che separavaci da que’ luoghi di delizie. Ma al primomettere piede a terra, dileguaronsi tutte le immaginatebellezze come neve al Sole. Non ci apparvero che poz-ze, e pozzanghere nelle strade, e nel fabbricato muragliecorrose dalla vecchiezza, o tarlate da salnitri, o rattoppa-te, o cadenti, o irregolari e stravaganti nelle piegature,nelle posizioni, e ne’ risalti. Sembra, [21] che quì la de-

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cenza di una fabbrica dipenda unicamente dall’ampiez-za, e dall’ornato degli altissimi tetti isoscelo-acutangoli,come la donnesca ambizione non di rado riducesiall’apparato delle cuffie. Incontrasi, nol niego, alcunapiazza, alcun tempio.... di mediocre struttura; ma quì fi-nisce tutto il raro, e tutto il magnifico delle Savojardesustruzioni. Binasco, e Barlasina ânno migliore apparen-za fra noi.

Agricoltura. La parte orientale della Savoja è freddis-sima, e sterile. Tale la mostrano i vasti Pineti, che vi cre-scono a dovizia, e formano corona eterna a’ più altimonti, da’ quali è circondata, e rotta per ogni dove. Legrandi sue irregolarità di salite, e discese la rendono inoltre pochissimo atta a floridi semenzaj. A S. Iean sispiana il paese, e rendesi alquanto aprico. Ma non viaspettate neppur quì i latifondj della Lodigiana. Le cam-pagne, e i prati sono divisi, e suddivisi [22] in porzionisì anguste, che a riguardarle da qualche distanza vi sem-bran lenzuoli. Quindi è, che quasi tutti gli abitanti diqueste comarche hanno qualche tenimento, qualche per-tica, qualche crosta di terren coltivo. Non sono molto inuso gli affitti; l’agronomica non è vilipesa; i padroni de’fondi se ne mischiano, e mettono le mani proprieall’aratro, ed al potatojo. A Mommelliano l’agricolturagrandeggia un po’ più. Vi ho anzi trovata qualche stesadi terreno, che se appartiene ad un sol padrone, come celo indica la stessa uniformità di coltivamento, può di ve-rità gareggiare colle più vaste tenute della Lombardia.Parlo di una immensa Vigna, ch’io chiamerei Vigna a

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cenza di una fabbrica dipenda unicamente dall’ampiez-za, e dall’ornato degli altissimi tetti isoscelo-acutangoli,come la donnesca ambizione non di rado riducesiall’apparato delle cuffie. Incontrasi, nol niego, alcunapiazza, alcun tempio.... di mediocre struttura; ma quì fi-nisce tutto il raro, e tutto il magnifico delle Savojardesustruzioni. Binasco, e Barlasina ânno migliore apparen-za fra noi.

Agricoltura. La parte orientale della Savoja è freddis-sima, e sterile. Tale la mostrano i vasti Pineti, che vi cre-scono a dovizia, e formano corona eterna a’ più altimonti, da’ quali è circondata, e rotta per ogni dove. Legrandi sue irregolarità di salite, e discese la rendono inoltre pochissimo atta a floridi semenzaj. A S. Iean sispiana il paese, e rendesi alquanto aprico. Ma non viaspettate neppur quì i latifondj della Lodigiana. Le cam-pagne, e i prati sono divisi, e suddivisi [22] in porzionisì anguste, che a riguardarle da qualche distanza vi sem-bran lenzuoli. Quindi è, che quasi tutti gli abitanti diqueste comarche hanno qualche tenimento, qualche per-tica, qualche crosta di terren coltivo. Non sono molto inuso gli affitti; l’agronomica non è vilipesa; i padroni de’fondi se ne mischiano, e mettono le mani proprieall’aratro, ed al potatojo. A Mommelliano l’agricolturagrandeggia un po’ più. Vi ho anzi trovata qualche stesadi terreno, che se appartiene ad un sol padrone, come celo indica la stessa uniformità di coltivamento, può di ve-rità gareggiare colle più vaste tenute della Lombardia.Parlo di una immensa Vigna, ch’io chiamerei Vigna a

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bosco, e che vi si presenta con un’aria veramente sor-prendente a due poste all’incirca da Chambery. Si battea destra un gran monte, che sulla cima è selvoso, e ter-mina al basso in una bella pianura; e in tutta quant’ella èla vastissima [23] schiena di questo monte altissimo, edin tutta quanta ella è la sottoposta pianura, a tirod’occhi, e per lo spazio di sei in sette miglia di circuitovoi non vedete che fitti e strettissimi filari di viti, le qua-li fuori spuntano dal suolo ad altezza non maggiore diun piede. Ciascuna vite ha un pollice, o due di grossez-za; sta appoggiata ad un ramoscello, o rametto seccoconficcatole a lato, ed alto due piedi al più; tra una vitee l’altra vi ha l’intervallo per camminarvi a stento il vi-gnajuolo; eppure mettono tralci, e grappoli abbondantis-simi, e ne è squisitissimo il vino.

Ma io non voglio, che una Vigna quantunque grandio-sa, e forse unica vi faccia cambiare il giudicio sul gene-rale aspetto della Savoja. Troppo più vi vorrebbe percassare il contrapposto di tanti precedenti orrori. Io nonsapeva persuadermi, che ci vivesser uomini, vale a direesseri sensibili, e razionali. Eppure sto [24] per dirvi unaterribil verità; cioè che la Savoja è popolosa, e che vi simena una vita beata. Sento la forza di quanto vi accen-no, e ne sono sorpreso altamente. Filosoferemo insiemenel prossimo ordinario su questo mistero, e su questaapparente contraddizione. Credetemi intanto.

Torino. 16. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo.

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bosco, e che vi si presenta con un’aria veramente sor-prendente a due poste all’incirca da Chambery. Si battea destra un gran monte, che sulla cima è selvoso, e ter-mina al basso in una bella pianura; e in tutta quant’ella èla vastissima [23] schiena di questo monte altissimo, edin tutta quanta ella è la sottoposta pianura, a tirod’occhi, e per lo spazio di sei in sette miglia di circuitovoi non vedete che fitti e strettissimi filari di viti, le qua-li fuori spuntano dal suolo ad altezza non maggiore diun piede. Ciascuna vite ha un pollice, o due di grossez-za; sta appoggiata ad un ramoscello, o rametto seccoconficcatole a lato, ed alto due piedi al più; tra una vitee l’altra vi ha l’intervallo per camminarvi a stento il vi-gnajuolo; eppure mettono tralci, e grappoli abbondantis-simi, e ne è squisitissimo il vino.

Ma io non voglio, che una Vigna quantunque grandio-sa, e forse unica vi faccia cambiare il giudicio sul gene-rale aspetto della Savoja. Troppo più vi vorrebbe percassare il contrapposto di tanti precedenti orrori. Io nonsapeva persuadermi, che ci vivesser uomini, vale a direesseri sensibili, e razionali. Eppure sto [24] per dirvi unaterribil verità; cioè che la Savoja è popolosa, e che vi simena una vita beata. Sento la forza di quanto vi accen-no, e ne sono sorpreso altamente. Filosoferemo insiemenel prossimo ordinario su questo mistero, e su questaapparente contraddizione. Credetemi intanto.

Torino. 16. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo.

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Francesco Luini. [6]

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Francesco Luini. [6]

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IV.All’Illustrissimo Sig. Canonico

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Vita beata de’ Savojardi.__________________

AMICOosì è, amico mio carissimo; nel paese degli antichiAllobrogi si vive bene; il Savojardo vi mena una

vita invidiabile e beata. Attivo egualmente che moderatodivide egli il tempo con misura fra l’utile occupazione, el’innocente riposo; frugale e semplice nel trattamentonon si lascia mancare nulla del necessario; ristrettonell’abitazione sa adattare a’ proprj bisogni una stanzasalubre, e riparata; veste per difendersi dalle ingiurie deltempo; non mette alla tortura l’ingegno per inventarenuove foggie di abiti, nè nuove stoffe; e uomini, e donne[26] ne vagliono quel, che sono, non quel, che altroveappajono per le vernici, e pei frastagli sovraggiunti; tut-to, spira mondezza, moderazione, riserbo. Il Savojardo èper lo più possidente, e coltivatore delle poche terre, chelo nodriscono; vino, mele, e bestiami sono i suoi raccol-ti; non estende i suoi progetti nè a tempi, nè a luoghitroppo rimoti dalla sua esistenza; convive, e conversacolla ridente sua famiglia, e col ristrettissimo suo vici-nato; parla a tutti massime di facile filosofia, ch’egli tro-

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IV.All’Illustrissimo Sig. Canonico

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Vita beata de’ Savojardi.__________________

AMICOosì è, amico mio carissimo; nel paese degli antichiAllobrogi si vive bene; il Savojardo vi mena una

vita invidiabile e beata. Attivo egualmente che moderatodivide egli il tempo con misura fra l’utile occupazione, el’innocente riposo; frugale e semplice nel trattamentonon si lascia mancare nulla del necessario; ristrettonell’abitazione sa adattare a’ proprj bisogni una stanzasalubre, e riparata; veste per difendersi dalle ingiurie deltempo; non mette alla tortura l’ingegno per inventarenuove foggie di abiti, nè nuove stoffe; e uomini, e donne[26] ne vagliono quel, che sono, non quel, che altroveappajono per le vernici, e pei frastagli sovraggiunti; tut-to, spira mondezza, moderazione, riserbo. Il Savojardo èper lo più possidente, e coltivatore delle poche terre, chelo nodriscono; vino, mele, e bestiami sono i suoi raccol-ti; non estende i suoi progetti nè a tempi, nè a luoghitroppo rimoti dalla sua esistenza; convive, e conversacolla ridente sua famiglia, e col ristrettissimo suo vici-nato; parla a tutti massime di facile filosofia, ch’egli tro-

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va scritte nella propria riflessione, e nel proprio cuore; eprofessa una cattolica religione non ingombra di artefat-ti misteri, non carica di gioghi arbitrarj, nè imbrattata dacasi, e Casisti, che esondano fra noi.

In una parola il Savojardo non conosce l’oziosità, nèil lusso, nè le convulsioni del commercio, nè l’empiri-smo delle moderne cognizioni, nè i ghiribizzi della no-stra Etica, e della nostra Teogonia. [27]

Un siffatto sistema in parte fisico, ed in parte moraleinfluisce eziandio sulla fisonomia, e sulla indoledell’abitatore di queste terre alla nostra vanità scono-sciute. Mostra egli un’aria dolce, e libera, un tempera-mento tranquillo, un carattere pacifico, ingenuo, pieghe-vole, non pretensivo; ama le costumanze nazionali, temele novità, e si attiene fortemente all’antico. Lui felice, seil clima rigido, e le aspre sue montagne faranno sempreargine a’ raffinamenti Europei, ed obbligheranno semprei forestieri a non soggiornarvi a lungo, anzi a passarvi ditutta fretta, come fanno le some, ed i somieri! Il loroconsorzio lo guasterebbe.

Oh la depravazione incredibile de’ nostri paesi, chia-mati colti! L’ozio infingardo de’ Nobili, e le fatiche im-portabili della plebe; il lusso delle Capitali; la miseriadelle campagne; l’odio eterno di certi uomini rei, chepossegon [28] tutto, contro virtuose persone, che nonposseggon nulla, mi sorprendono non poco, e mi fannoridere della pretesa umana perfettibilità. Questi sonomali della troppo diseguale distribuzione de’ comodi, edelle ricchezze. Vi ha ancor più; tutti parlano di com-

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va scritte nella propria riflessione, e nel proprio cuore; eprofessa una cattolica religione non ingombra di artefat-ti misteri, non carica di gioghi arbitrarj, nè imbrattata dacasi, e Casisti, che esondano fra noi.

In una parola il Savojardo non conosce l’oziosità, nèil lusso, nè le convulsioni del commercio, nè l’empiri-smo delle moderne cognizioni, nè i ghiribizzi della no-stra Etica, e della nostra Teogonia. [27]

Un siffatto sistema in parte fisico, ed in parte moraleinfluisce eziandio sulla fisonomia, e sulla indoledell’abitatore di queste terre alla nostra vanità scono-sciute. Mostra egli un’aria dolce, e libera, un tempera-mento tranquillo, un carattere pacifico, ingenuo, pieghe-vole, non pretensivo; ama le costumanze nazionali, temele novità, e si attiene fortemente all’antico. Lui felice, seil clima rigido, e le aspre sue montagne faranno sempreargine a’ raffinamenti Europei, ed obbligheranno semprei forestieri a non soggiornarvi a lungo, anzi a passarvi ditutta fretta, come fanno le some, ed i somieri! Il loroconsorzio lo guasterebbe.

Oh la depravazione incredibile de’ nostri paesi, chia-mati colti! L’ozio infingardo de’ Nobili, e le fatiche im-portabili della plebe; il lusso delle Capitali; la miseriadelle campagne; l’odio eterno di certi uomini rei, chepossegon [28] tutto, contro virtuose persone, che nonposseggon nulla, mi sorprendono non poco, e mi fannoridere della pretesa umana perfettibilità. Questi sonomali della troppo diseguale distribuzione de’ comodi, edelle ricchezze. Vi ha ancor più; tutti parlano di com-

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mercio, che vuolsi considerare, ed è veramente l’animadelle Nazioni; ma ciò, che si aggiunge ora al commer-cio, non si sottrae esso all’agricoltura? Possiamo noi lu-singarci, che gli smodati, ed ingordi interessi di uno nonoffendan di troppo i più misurati, e placidi interessidell’altra? Prima che comparisse sul nostro orizzontequel gran colosso, che preme con un piede la terra, ecoll’altro il mare, erano forse meno sani gli uomini,meno robusti, meno contenti? Non ha egli moltiplicatole nostre chimeriche indigenze, dalle quali, or che siamguasti, nè l’autorità, nè la ragione non ci libererannogiammai? Dal ben essere delle parti risulta il bene di tut-to il [29] corpo, ma non è sempre vera la inversa.L’agronomica si prende più a cuore la felicità de’ priva-ti; il commercio mostrasi troppo attivo per quella delpubblico.

In oltre le scienze, e l’arti hanno sublimate, e quasidivinizzate le nazioni, ma col nobilitare la massa degliuomini, non hanno esse pure depravato l’individuo?Quante passioni di vanità, di tracotanza, d’intrigo, di ri-valità.... non hanno esse risvegliate fra noi, e fatte cre-scere a gigantesca forma terribile! Le scienze sono piùdannose d’ogni ignoranza se passano certi limiti; equando le arti sono ridotte a mestiere, moltiplicano gliOperaj, e rendon ridicoli gli Artisti. Vedetelo voinell’arte medica ridotta a ciancivendole vecchiarellenell’arte architettonica ridotta a capi-mastri licenziosi,nell’arte musica ridotta ad esecutori disarmonici di or-chestre prezzolate.

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mercio, che vuolsi considerare, ed è veramente l’animadelle Nazioni; ma ciò, che si aggiunge ora al commer-cio, non si sottrae esso all’agricoltura? Possiamo noi lu-singarci, che gli smodati, ed ingordi interessi di uno nonoffendan di troppo i più misurati, e placidi interessidell’altra? Prima che comparisse sul nostro orizzontequel gran colosso, che preme con un piede la terra, ecoll’altro il mare, erano forse meno sani gli uomini,meno robusti, meno contenti? Non ha egli moltiplicatole nostre chimeriche indigenze, dalle quali, or che siamguasti, nè l’autorità, nè la ragione non ci libererannogiammai? Dal ben essere delle parti risulta il bene di tut-to il [29] corpo, ma non è sempre vera la inversa.L’agronomica si prende più a cuore la felicità de’ priva-ti; il commercio mostrasi troppo attivo per quella delpubblico.

In oltre le scienze, e l’arti hanno sublimate, e quasidivinizzate le nazioni, ma col nobilitare la massa degliuomini, non hanno esse pure depravato l’individuo?Quante passioni di vanità, di tracotanza, d’intrigo, di ri-valità.... non hanno esse risvegliate fra noi, e fatte cre-scere a gigantesca forma terribile! Le scienze sono piùdannose d’ogni ignoranza se passano certi limiti; equando le arti sono ridotte a mestiere, moltiplicano gliOperaj, e rendon ridicoli gli Artisti. Vedetelo voinell’arte medica ridotta a ciancivendole vecchiarellenell’arte architettonica ridotta a capi-mastri licenziosi,nell’arte musica ridotta ad esecutori disarmonici di or-chestre prezzolate.

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Finalmente la Religione, che congiunge [30] l’uomocoll’autore dell’uomo, la stessa Cristiana Religione au-gusta, quanto ora non serve per abuso di certuni alla no-stra corruttela! Si sono sminuzzati fino all’indecenzacerti precetti di morale; si sono sottilizzate fino alla piùinutile speculazione le più reverende verità; ogni Preti-cello in cotta e stola la vuol far da Dottore, ed il minimoCasista credesi in diritto di decidere sui Re.

Mi par giunto il tempo di dare addietro; ci siamo trop-po innoltrati in ogni cosa. Moderiamo l’eccesso de’ co-modi, che ci ammollisce; l’eccesso del traffico clamoro-so, che ci assorda; l’eccesso del sapere, che ci gonfia;togliamo l’abuso della Religione, che ci rende supersti-ziosi. E se noi disperiamo di guarire i nostri confratellidi quella manìa quadriforme, fuggiamo, andiamo a po-polare i monti, e le valli per trovarvi l’innocenza, e lapace. La solitudine, in cui mi trovo, m’inspira questisensi, che parer possono [31] sensi d’inquietezza e dicorruccio, ma che nel rimescolarmi lo spirito, mi vi in-fondono placidissima calma. Mi sembra ora di miraredalla cresta di un monte, come da securo loco, le sotto-poste nuvole tempestose, che minacciano l’uman gene-re, e non me. Non avrei mai creduto, che i nudi sassi, edil terreno arso da’ geli quì nella Savoja potesse darmitante lezioni di felicità isolata. La mia tranquillità non èsimile alla vostra o nella origine, o nel fatto; compatia-moci a vicenda, ed aspettiamo nuove occasioni per in-contrarci meglio nelle idee. Dalle mie lettere vedretesempre lo stato attuale del mio animo. Amatemi intanto,

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Finalmente la Religione, che congiunge [30] l’uomocoll’autore dell’uomo, la stessa Cristiana Religione au-gusta, quanto ora non serve per abuso di certuni alla no-stra corruttela! Si sono sminuzzati fino all’indecenzacerti precetti di morale; si sono sottilizzate fino alla piùinutile speculazione le più reverende verità; ogni Preti-cello in cotta e stola la vuol far da Dottore, ed il minimoCasista credesi in diritto di decidere sui Re.

Mi par giunto il tempo di dare addietro; ci siamo trop-po innoltrati in ogni cosa. Moderiamo l’eccesso de’ co-modi, che ci ammollisce; l’eccesso del traffico clamoro-so, che ci assorda; l’eccesso del sapere, che ci gonfia;togliamo l’abuso della Religione, che ci rende supersti-ziosi. E se noi disperiamo di guarire i nostri confratellidi quella manìa quadriforme, fuggiamo, andiamo a po-polare i monti, e le valli per trovarvi l’innocenza, e lapace. La solitudine, in cui mi trovo, m’inspira questisensi, che parer possono [31] sensi d’inquietezza e dicorruccio, ma che nel rimescolarmi lo spirito, mi vi in-fondono placidissima calma. Mi sembra ora di miraredalla cresta di un monte, come da securo loco, le sotto-poste nuvole tempestose, che minacciano l’uman gene-re, e non me. Non avrei mai creduto, che i nudi sassi, edil terreno arso da’ geli quì nella Savoja potesse darmitante lezioni di felicità isolata. La mia tranquillità non èsimile alla vostra o nella origine, o nel fatto; compatia-moci a vicenda, ed aspettiamo nuove occasioni per in-contrarci meglio nelle idee. Dalle mie lettere vedretesempre lo stato attuale del mio animo. Amatemi intanto,

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e credetemi.Chambery. 31. Marzo 1783.

Vostro Affezionatissimo.

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e credetemi.Chambery. 31. Marzo 1783.

Vostro Affezionatissimo.

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V.All’Illustrissimo Sig. Canonico

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Il secolo presente è secolo di abuso in materia eziandio di Reli-gione, e di eccesso di sapere, donde poi nascono gli increduli e

gli scioli.__________________AMICO CARISSIMO.

oi dunque non mi accordate così di leggieri, che ilpresente secolo sia secolo di abuso, e di eccesso, e

vi pare stranissimo, che io in ispezie gli attribuisca ec-cesso di sapere, ed abuso di Religione. Non voglio ne-gare, che quella lettera io l’abbia scritta con impeto, e diun sol tiro di penna, e per mera sovrabbondanza di fortiidee, dalle quali sentivami dominato. L’anima in estrocerca di esprimere con robustezza i suoi pensieri, nongli esamina; ed allora i paralogismi sono colpa innocen-te de’ primi istanti del suo rapimento, [33] ne’ quali nonpuò ella contenersi, nè modellarsi al vero. Voi avreteforse già prevenuta questa scusa per me: ve ne ringra-zio; ma vi avverto, che non ne ho bisogno. Mi pare diavervi già accennate delle buone ragioni; mi sforzeròora di svolgervele più ampiamente.

V

E in primo luogo io non ho parlato de’ Cristiani in ge-nerale, ma de’ ministri della Cristiana Religione. Non è

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V.All’Illustrissimo Sig. Canonico

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Il secolo presente è secolo di abuso in materia eziandio di Reli-gione, e di eccesso di sapere, donde poi nascono gli increduli e

gli scioli.__________________AMICO CARISSIMO.

oi dunque non mi accordate così di leggieri, che ilpresente secolo sia secolo di abuso, e di eccesso, e

vi pare stranissimo, che io in ispezie gli attribuisca ec-cesso di sapere, ed abuso di Religione. Non voglio ne-gare, che quella lettera io l’abbia scritta con impeto, e diun sol tiro di penna, e per mera sovrabbondanza di fortiidee, dalle quali sentivami dominato. L’anima in estrocerca di esprimere con robustezza i suoi pensieri, nongli esamina; ed allora i paralogismi sono colpa innocen-te de’ primi istanti del suo rapimento, [33] ne’ quali nonpuò ella contenersi, nè modellarsi al vero. Voi avreteforse già prevenuta questa scusa per me: ve ne ringra-zio; ma vi avverto, che non ne ho bisogno. Mi pare diavervi già accennate delle buone ragioni; mi sforzeròora di svolgervele più ampiamente.

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E in primo luogo io non ho parlato de’ Cristiani in ge-nerale, ma de’ ministri della Cristiana Religione. Non è

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egli vero, che per pretendere di ben ispiegare i precettidella legge, e sminuzzargli, ed applicargli al giornalierocostume si sono moltiplicati i lacci all’innocenza? Bellasemplicità de’ primi secoli della Chiesa! non fare adul-terio, dicevasi; non desiderare la donna d’altri: i fedeliintendevano abbastanza; non ne cercavano più in là, ederan casti. Adesso mo Tizio, e Berta hanno scandolezza-to il Mondo; tutto va a loro conto; si anatomizza il cor-po, e l’anima, la veglia, e ’l sonno, e i sogni, il ridere, ilguardare, il sospirare del celibe, e del maritato. [34] Lecose più laide passano sotto la penna, e sulla lingua de’casisti; mettono sentinelle dappertutto per guardare lacastità, ed in vece raffinano la malizia; e col dire tuttociò, che non si può fare, insegnano a fare ogni cosa.

Aggiugnete quell’aria d’importanza, e di autorità, concui s’intrudono da se stessi ne’ pubblici e ne’ privati af-fari. Dove c’entra peccato, c’entro io, grida il Casista;nè varrebbero le museruole a rattenerlo dalle sue decla-mazioni. Ella è una maraviglia, che ne’ due anni, o pocopiù della sua morale Teologia pretenda di racchiudere icasi tutti de’ due emisferi; ed è maggior maraviglia, chesi lusinghi di far valere i suoi decreti. Chiunque giugneo grande, o piccolo, o dotto, o indotto a toccare col ditole chiavi di S. Pietro, pretende di essere immediatamen-te investito di quel potente fedecommesso quodcumqueligaveris; ed oh a quante cose certi poco versati Ministridel Santuario [35] estendon eglino questo quodcumque?Cielo, terra, inferno, tutto vi è compreso; tutto resta ab-bandonato al loro arbitrìo, a’ loro lumi; d’uomini che

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egli vero, che per pretendere di ben ispiegare i precettidella legge, e sminuzzargli, ed applicargli al giornalierocostume si sono moltiplicati i lacci all’innocenza? Bellasemplicità de’ primi secoli della Chiesa! non fare adul-terio, dicevasi; non desiderare la donna d’altri: i fedeliintendevano abbastanza; non ne cercavano più in là, ederan casti. Adesso mo Tizio, e Berta hanno scandolezza-to il Mondo; tutto va a loro conto; si anatomizza il cor-po, e l’anima, la veglia, e ’l sonno, e i sogni, il ridere, ilguardare, il sospirare del celibe, e del maritato. [34] Lecose più laide passano sotto la penna, e sulla lingua de’casisti; mettono sentinelle dappertutto per guardare lacastità, ed in vece raffinano la malizia; e col dire tuttociò, che non si può fare, insegnano a fare ogni cosa.

Aggiugnete quell’aria d’importanza, e di autorità, concui s’intrudono da se stessi ne’ pubblici e ne’ privati af-fari. Dove c’entra peccato, c’entro io, grida il Casista;nè varrebbero le museruole a rattenerlo dalle sue decla-mazioni. Ella è una maraviglia, che ne’ due anni, o pocopiù della sua morale Teologia pretenda di racchiudere icasi tutti de’ due emisferi; ed è maggior maraviglia, chesi lusinghi di far valere i suoi decreti. Chiunque giugneo grande, o piccolo, o dotto, o indotto a toccare col ditole chiavi di S. Pietro, pretende di essere immediatamen-te investito di quel potente fedecommesso quodcumqueligaveris; ed oh a quante cose certi poco versati Ministridel Santuario [35] estendon eglino questo quodcumque?Cielo, terra, inferno, tutto vi è compreso; tutto resta ab-bandonato al loro arbitrìo, a’ loro lumi; d’uomini che

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prima erano, sono divenuti altrettanti Dei. Guardateli, sevi piace, quando seggono nel tribunale di penitenza.Sembra, che la parola stessa di Tribunale li ringalluzzi.Quante durezze, quanta ostinazione, quanta vanità nelvedersi cadere a’ piedi l’addottrinato, ed il possente delsecolo! Non vi ha Re sul trono, che si creda più formi-dabile, ed assoluto di costoro, che esser dovrebbero iNunzj di pace, ed i conciliatori benevoli tra Dio, el’uomo. Ciò accade, a dirla schietta, per la comune abu-siva intelligenza di quegli speciosi titoli di Direttore, diPadre, di Maestro, di Giudice....

Che dovrà dirsi finalmente delle intemperanti curiosi-tà, con cui tanti Teologi trattano le cose più recondite dinostra Religione? Sugli altari privilegiati quante [36]follie! sulle indulgenze quante stiracchiature! sulle quat-tro caverne dell’altro mondo quante vacuità! sulla con-cezione della Vergine quanti inutili riscaldamenti! sullaconcezione di Gesù Cristo quante indecenze! e sullo sta-to di natura pura quante sofficienze, quante pretensioni!Povero Adamo! I cattivi Teologi ti malmenano vera-mente, e si burlano di te. Tu paghi anche in ciò ben carofio della tua ghiottonerìa: si vuol perfino sapere, e si di-sputa non senza ardore, se tu avessi o non avessi ombe-lico, poichè non sei nato da donna.

Farò una sola riflessione. Gli increduli, i miscredenti,i tanto rinomati spiriti forti hanno avuta una grandespinta da tutto questo guazzabuglio di dottrine, e di dog-mi, e di quistioni ad essere quel, che sono. Un falso zelode’ nostri campioni, ne’ privati crocchi conversevoli,

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prima erano, sono divenuti altrettanti Dei. Guardateli, sevi piace, quando seggono nel tribunale di penitenza.Sembra, che la parola stessa di Tribunale li ringalluzzi.Quante durezze, quanta ostinazione, quanta vanità nelvedersi cadere a’ piedi l’addottrinato, ed il possente delsecolo! Non vi ha Re sul trono, che si creda più formi-dabile, ed assoluto di costoro, che esser dovrebbero iNunzj di pace, ed i conciliatori benevoli tra Dio, el’uomo. Ciò accade, a dirla schietta, per la comune abu-siva intelligenza di quegli speciosi titoli di Direttore, diPadre, di Maestro, di Giudice....

Che dovrà dirsi finalmente delle intemperanti curiosi-tà, con cui tanti Teologi trattano le cose più recondite dinostra Religione? Sugli altari privilegiati quante [36]follie! sulle indulgenze quante stiracchiature! sulle quat-tro caverne dell’altro mondo quante vacuità! sulla con-cezione della Vergine quanti inutili riscaldamenti! sullaconcezione di Gesù Cristo quante indecenze! e sullo sta-to di natura pura quante sofficienze, quante pretensioni!Povero Adamo! I cattivi Teologi ti malmenano vera-mente, e si burlano di te. Tu paghi anche in ciò ben carofio della tua ghiottonerìa: si vuol perfino sapere, e si di-sputa non senza ardore, se tu avessi o non avessi ombe-lico, poichè non sei nato da donna.

Farò una sola riflessione. Gli increduli, i miscredenti,i tanto rinomati spiriti forti hanno avuta una grandespinta da tutto questo guazzabuglio di dottrine, e di dog-mi, e di quistioni ad essere quel, che sono. Un falso zelode’ nostri campioni, ne’ privati crocchi conversevoli,

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nelle Chiese, nelle Cattedre ha prodotto in moltissimi unreale difetto di Religione. [37] Converrebbe persuaderquesti ultimi, che la Religione, che essi disapprovano, èdegna di disprezzo, ma che non è la nostra; forse allorasi cambierebbero. So, che per molti ciò non sarà che unpretesto; ma perchè lasciar loro questo pretesto inmano? So, che in mancanza sua se ne troverebbero altriegualmente palliativi; ma allora non avremmo noi il tor-to di somministrarne uno de’ più appariscenti. Sforzia-moci noi di non essere rei, per render quelli vieppiù ine-scusabili; moderiamo le nostre poco cristiane invettivecontro di loro; riserviamone alcuna eziandio per noi;contentiamoci di svolgere il puro dogma con semplicitàdi mente, e le virtù morali con innocenza di cuore; tuttoil restante consegniamolo alla storia o de’ sogni umani,o delle miserie dell’umano intelletto. Così non avremoad arrossire, che anche il difetto di pietà ne’ cristianidell’età nostra possa essere e sia una ripruova fortissimadel nostro [38] abuso di Religione.

Vorrei potervi dimostrare con eguale solidità ciò, chesembrami caratterizzare il presente secolo, cioè l’ecces-so di sapere. E per non dir nulla sull’eccesso di sapere inmateria di Religione, del quale abbastanza raggionam-mo finquì, mi ristringerò principalmente alle profanescienze, e mi contenterò di ricordare a me stesso i primianni delle mie letterarie occupazioni. Dominavano allo-ra gli Eruditi; epoche, nomenclature, memorie, disotter-rate nell’Arabia, nella Grecia, in Roma, e seminate esparse nelle gramaticali controversie, e nelle storiche, e

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nelle Chiese, nelle Cattedre ha prodotto in moltissimi unreale difetto di Religione. [37] Converrebbe persuaderquesti ultimi, che la Religione, che essi disapprovano, èdegna di disprezzo, ma che non è la nostra; forse allorasi cambierebbero. So, che per molti ciò non sarà che unpretesto; ma perchè lasciar loro questo pretesto inmano? So, che in mancanza sua se ne troverebbero altriegualmente palliativi; ma allora non avremmo noi il tor-to di somministrarne uno de’ più appariscenti. Sforzia-moci noi di non essere rei, per render quelli vieppiù ine-scusabili; moderiamo le nostre poco cristiane invettivecontro di loro; riserviamone alcuna eziandio per noi;contentiamoci di svolgere il puro dogma con semplicitàdi mente, e le virtù morali con innocenza di cuore; tuttoil restante consegniamolo alla storia o de’ sogni umani,o delle miserie dell’umano intelletto. Così non avremoad arrossire, che anche il difetto di pietà ne’ cristianidell’età nostra possa essere e sia una ripruova fortissimadel nostro [38] abuso di Religione.

Vorrei potervi dimostrare con eguale solidità ciò, chesembrami caratterizzare il presente secolo, cioè l’ecces-so di sapere. E per non dir nulla sull’eccesso di sapere inmateria di Religione, del quale abbastanza raggionam-mo finquì, mi ristringerò principalmente alle profanescienze, e mi contenterò di ricordare a me stesso i primianni delle mie letterarie occupazioni. Dominavano allo-ra gli Eruditi; epoche, nomenclature, memorie, disotter-rate nell’Arabia, nella Grecia, in Roma, e seminate esparse nelle gramaticali controversie, e nelle storiche, e

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nelle mediche, e nelle filosofiche, e nelle teologiche.Ogni scritto sembrava un’allegazione; erano più le an-notazioni erudite che il testo; erano più le citazioni, chele ragioni. Un mio Collega s’indispettiva un dì, perchènon sapeva aumentare le citazioni oltre il terzo della suadissertazione filosofica. Si trovava luogo da inserireovunque aneddotti, sentenze, [39] detti arguti… affastel-lati comunque, ed a tutta salsa variamente conditi. IlMarini, il Tassoni, il Lagomarsini.... ne sono una pruo-va. Questo era un modernismo nato dalle anticaglie de’commentatori, e de’ glossatori La Cerda, e Servio, eGretsero, e Cornelio a Lapide, che passando dalla barba-rie seicentistica a noi, credettero di così illustrare gli au-tori più antichi.

I Poeti si unirono agli eruditi, e mentre questi ci stan-cavano la mente con eterne Date, quegli sforzavansi dialleviarla col suono della lor cetra. Presto però inonda-rono i madrigali, e le canzoni, ed i sonetti, ed i poemi:verseggiava il guattero, ed il parrucchiere; lo zerbinonon si lagnava colla sua Dama, nè il Medico stendevaconsulti sull’ammalato, nè il castaldo scriveva al suo Si-gnore senza usare emistichj di Dante, di Ariosto, di Pe-trarca.... Quanta poesia per maritande, per monacande,per ordinandi, per funerali, per confaloni, per lauree,[40] per ogni sacra e profana solennità! Non vi sonoignoti i dolcissimi epigrammi sul quadrato della ipote-nusa, e sulla attrazione in ragione duplicata inversa delquadrato delle distanze. La filosofia novo-antiqua delCeva, i vortici Cartesiani, e la Teoria Nevvtoniana dello

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nelle mediche, e nelle filosofiche, e nelle teologiche.Ogni scritto sembrava un’allegazione; erano più le an-notazioni erudite che il testo; erano più le citazioni, chele ragioni. Un mio Collega s’indispettiva un dì, perchènon sapeva aumentare le citazioni oltre il terzo della suadissertazione filosofica. Si trovava luogo da inserireovunque aneddotti, sentenze, [39] detti arguti… affastel-lati comunque, ed a tutta salsa variamente conditi. IlMarini, il Tassoni, il Lagomarsini.... ne sono una pruo-va. Questo era un modernismo nato dalle anticaglie de’commentatori, e de’ glossatori La Cerda, e Servio, eGretsero, e Cornelio a Lapide, che passando dalla barba-rie seicentistica a noi, credettero di così illustrare gli au-tori più antichi.

I Poeti si unirono agli eruditi, e mentre questi ci stan-cavano la mente con eterne Date, quegli sforzavansi dialleviarla col suono della lor cetra. Presto però inonda-rono i madrigali, e le canzoni, ed i sonetti, ed i poemi:verseggiava il guattero, ed il parrucchiere; lo zerbinonon si lagnava colla sua Dama, nè il Medico stendevaconsulti sull’ammalato, nè il castaldo scriveva al suo Si-gnore senza usare emistichj di Dante, di Ariosto, di Pe-trarca.... Quanta poesia per maritande, per monacande,per ordinandi, per funerali, per confaloni, per lauree,[40] per ogni sacra e profana solennità! Non vi sonoignoti i dolcissimi epigrammi sul quadrato della ipote-nusa, e sulla attrazione in ragione duplicata inversa delquadrato delle distanze. La filosofia novo-antiqua delCeva, i vortici Cartesiani, e la Teoria Nevvtoniana dello

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Stay, le solari e lunari ecclissi di Boscovich, la storia ec-clesiastica, o i trionfi della Chiesa del Rezzani.... tuttematerie inettissime al verso, e tutte in versi. Ho visto an-che in ottava rima il trattato teologico de Sacramentisdell’Abbate Magnocavalli, ed i sette peccati capitali interza rima dello Scalini. Che melodia! Che grazie! Nonera raro ad accadere, che nessuno intendesse un jota dique’ gerghi poetici; eppure gli autori se ne compiaceva-no. Conobbi un uomo di merito, che alle mense più flo-ride del bel mondo infilava delle trentine di versi latiniall’orecchio di questa, e quella Dama sulla parallassi delsole, e su tali altre novelle [41] planetarie. Credeva eglidi dir cose toccantissime, e la Dama, che ignorava il la-tino, si lusingava quasi d’intenderle.

Succederono gli Oratori; ma deh come precipitaronoessi pure le saggie regole della lor arte! Parliamo per oradi alcuni tra i sacri. Giuglaris, e Segneri riformatori illu-stri del pulpito fra stupendi piantati di eloquentissimeorazioni hanno lasciati trascorrere troppi frizzi, troppiconcetti falsi, interpretazioni troppo violente, troppi rac-conti profani, nè troppo avverati, ed una svisata storianaturale da credula donnicina. Sono ora confinate leloro opere tralle mani de’ Parrochi forensi, e nelle anti-camere de’ Grandi per trastullo de’ servidori sfacendati.Tornielli, e Rossi.... resero l’oratoria più regolare, ma diun salto fu portata in appresso ad un ridicolo raffina-mento. Si amavano le macchine di molteplici suddivi-sioni negli assunti alla franzese; o alla inglese le imma-gini forti, e le [42] allegorie ricercate, che guidassero

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Stay, le solari e lunari ecclissi di Boscovich, la storia ec-clesiastica, o i trionfi della Chiesa del Rezzani.... tuttematerie inettissime al verso, e tutte in versi. Ho visto an-che in ottava rima il trattato teologico de Sacramentisdell’Abbate Magnocavalli, ed i sette peccati capitali interza rima dello Scalini. Che melodia! Che grazie! Nonera raro ad accadere, che nessuno intendesse un jota dique’ gerghi poetici; eppure gli autori se ne compiaceva-no. Conobbi un uomo di merito, che alle mense più flo-ride del bel mondo infilava delle trentine di versi latiniall’orecchio di questa, e quella Dama sulla parallassi delsole, e su tali altre novelle [41] planetarie. Credeva eglidi dir cose toccantissime, e la Dama, che ignorava il la-tino, si lusingava quasi d’intenderle.

Succederono gli Oratori; ma deh come precipitaronoessi pure le saggie regole della lor arte! Parliamo per oradi alcuni tra i sacri. Giuglaris, e Segneri riformatori illu-stri del pulpito fra stupendi piantati di eloquentissimeorazioni hanno lasciati trascorrere troppi frizzi, troppiconcetti falsi, interpretazioni troppo violente, troppi rac-conti profani, nè troppo avverati, ed una svisata storianaturale da credula donnicina. Sono ora confinate leloro opere tralle mani de’ Parrochi forensi, e nelle anti-camere de’ Grandi per trastullo de’ servidori sfacendati.Tornielli, e Rossi.... resero l’oratoria più regolare, ma diun salto fu portata in appresso ad un ridicolo raffina-mento. Si amavano le macchine di molteplici suddivi-sioni negli assunti alla franzese; o alla inglese le imma-gini forti, e le [42] allegorie ricercate, che guidassero

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tutto quasi il sermone; o alla tedesca veemenze e tra-sporti da forsennato. Venini signoreggiò tutti per venu-stà di lingua, per armonia di stile, per robustezza di ra-gionare; ma egli pure è troppo pieno; è un tutto da se; èinimitabile; da pochi si legge, da più pochi s’intende.Nelle Accademie si passò dagli Algarotti, dai Bettinelli,dai Roberti, dai Fontanelle.... esemplari di ogni gaja di-citura ai vuoti ragionamenti del Granelli, agli elogj in-sulsi di...., ed ai forzatissimi, e tronfj del Thomas.

I Metafisici, i Geometri, i Naturalisti, gli Esperimen-tatori venner dietro per ordine, e tutti con egual fortuna,agitati sempre, o ridotti al fanatismo. Sovvengavi sol-tanto del guasto umiliante, che la Metafisica, e la Geo-metria portò a’ più colti idiomi. Si erano essi metafisica-ti, e geometrizzati, se così è lecito di esprimermi. Inne-stavansi in ogni periodo le entità, l’ontologico, la logo-machia.... il perimetro, [43] i raggi, la forza centrifuga, ela centripeta.... con significazioni traslate, e fuori affattodal naturale. Vinse la Geometria, e con essa fiorì laMeccanica, e l’Astronomia, e generalmente la Fisico-Matematica. Non si parlava che di Grafometri e Qua-dranti, di condotte d’acque e di Pianeti. Io allora mi cre-dei essere qualche cosa nel mondo, perchè mi vidi av-volto in quel vortice fortunato, e sembravami di galleg-giare. Si tirò poscia Euclide, e Nevvton nella Medicina,nella Economia, nella Giurisprudenza....; dappertutto in-trecciavansi calcoli, e formole e curve sulle forze mor-bose, sui prodotti delle terre e dell’aria, sulle tavolemortuali.... ed anche sulla reità, o in innocenza di un ac-

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tutto quasi il sermone; o alla tedesca veemenze e tra-sporti da forsennato. Venini signoreggiò tutti per venu-stà di lingua, per armonia di stile, per robustezza di ra-gionare; ma egli pure è troppo pieno; è un tutto da se; èinimitabile; da pochi si legge, da più pochi s’intende.Nelle Accademie si passò dagli Algarotti, dai Bettinelli,dai Roberti, dai Fontanelle.... esemplari di ogni gaja di-citura ai vuoti ragionamenti del Granelli, agli elogj in-sulsi di...., ed ai forzatissimi, e tronfj del Thomas.

I Metafisici, i Geometri, i Naturalisti, gli Esperimen-tatori venner dietro per ordine, e tutti con egual fortuna,agitati sempre, o ridotti al fanatismo. Sovvengavi sol-tanto del guasto umiliante, che la Metafisica, e la Geo-metria portò a’ più colti idiomi. Si erano essi metafisica-ti, e geometrizzati, se così è lecito di esprimermi. Inne-stavansi in ogni periodo le entità, l’ontologico, la logo-machia.... il perimetro, [43] i raggi, la forza centrifuga, ela centripeta.... con significazioni traslate, e fuori affattodal naturale. Vinse la Geometria, e con essa fiorì laMeccanica, e l’Astronomia, e generalmente la Fisico-Matematica. Non si parlava che di Grafometri e Qua-dranti, di condotte d’acque e di Pianeti. Io allora mi cre-dei essere qualche cosa nel mondo, perchè mi vidi av-volto in quel vortice fortunato, e sembravami di galleg-giare. Si tirò poscia Euclide, e Nevvton nella Medicina,nella Economia, nella Giurisprudenza....; dappertutto in-trecciavansi calcoli, e formole e curve sulle forze mor-bose, sui prodotti delle terre e dell’aria, sulle tavolemortuali.... ed anche sulla reità, o in innocenza di un ac-

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cusato, dato il numero, e la qualità degli indizj. Chi nonnominava le nebulose, gli isoperimetri, il calcolo infini-tesimale era stimato zotico.

L’Istorico naturale, e l’esperimentatore rovesciaronoqueste statue di creta, [44] e s’impadronirono dellescientifiche ragunanze. Ma il Naturalista divenne benpresto un arido nomenclatore, e si confusero gli esperi-menti coi giuochi di mano. Si ammucchiarono nomi so-pra nomi senza ordine, e senza compassione, e le più tri-viali ostensioni di Fisica si presero per legittime dimo-strazioni. Il volgo applaudiva a questo caos, che a luipareva una specie di creazione; più valeva la testa recisadi una ripullulante lumaca, che non quella di un mate-matico; un gorgo d’aria infiammabile, un nuovo cusci-netto per la machina elettrica, una fetta di marmo scava-ta in un monte al di là de’ monti Briantei, un animale in-fusorio, un’erba mimosa.... comperava tutte le formolesull’Esto marino, ed il metodo flussionario.

Questo è traboccare, amico mio carissimo, questo èaggirarsi come una ventaruola, e marciare su lunghitrampani al bujo. Così si spinge ogni scienza, ed ogniarte ad un vero eccesso contrario a quella [45] sobrietà,che formar dovrebbe il suo elogio: Non plus saperequam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem. Aspet-tatevi lo stesso destino per la Chimica, che oggi sembraregnare da sola a danno estremo d’alcuni giuocarelli,che or tutta occupano la mano degli sperimentatori. Pe-rirà questa filosofia da saltimbanco, e sul suo sepolcro sialzeranno, si ammonticchieranno, si accavalleranno fino

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cusato, dato il numero, e la qualità degli indizj. Chi nonnominava le nebulose, gli isoperimetri, il calcolo infini-tesimale era stimato zotico.

L’Istorico naturale, e l’esperimentatore rovesciaronoqueste statue di creta, [44] e s’impadronirono dellescientifiche ragunanze. Ma il Naturalista divenne benpresto un arido nomenclatore, e si confusero gli esperi-menti coi giuochi di mano. Si ammucchiarono nomi so-pra nomi senza ordine, e senza compassione, e le più tri-viali ostensioni di Fisica si presero per legittime dimo-strazioni. Il volgo applaudiva a questo caos, che a luipareva una specie di creazione; più valeva la testa recisadi una ripullulante lumaca, che non quella di un mate-matico; un gorgo d’aria infiammabile, un nuovo cusci-netto per la machina elettrica, una fetta di marmo scava-ta in un monte al di là de’ monti Briantei, un animale in-fusorio, un’erba mimosa.... comperava tutte le formolesull’Esto marino, ed il metodo flussionario.

Questo è traboccare, amico mio carissimo, questo èaggirarsi come una ventaruola, e marciare su lunghitrampani al bujo. Così si spinge ogni scienza, ed ogniarte ad un vero eccesso contrario a quella [45] sobrietà,che formar dovrebbe il suo elogio: Non plus saperequam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem. Aspet-tatevi lo stesso destino per la Chimica, che oggi sembraregnare da sola a danno estremo d’alcuni giuocarelli,che or tutta occupano la mano degli sperimentatori. Pe-rirà questa filosofia da saltimbanco, e sul suo sepolcro sialzeranno, si ammonticchieranno, si accavalleranno fino

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alle stelle e cucurbite, e guastadelle, e pinzette, e soffio-ni, e forni, e fornelli del Chimico affumicato. Corsi diChimica, dissertazioni di Chimica, dizionarj di Chimica,linguaggio di Chimica; saremo tutti speziali, e farma-ceutici. Faremo delle utili scoperte colle nostre decom-posizioni; ma temo che non decomponiamo troppe cose,e che alla finfine il cervello umano entri esso pure nelmatraccio. O Corneille! (grida col suo tono eloquente ilMerçier) O Nevvton! O Stehl! O Becker! Allez vous êtremis tous ensemble dans le même matras, [46] pour quetoutes vos idées soient refondues neuf? j’en ai vraimentpeur.

Or questo spirito di vertigine, questa irrequieta con-vulsione, questo intestino fermento, che agita, e scon-volge la maggior parte de’ letterati d’ogni Nazione, cheli costringe a balzare con tanta foga d’una in altra facol-tà, e ad urtare ciascuna, e spingerla al di là de’ suoi giu-sti confini, quale confusione non deve esso generarenella mente d’ogni individuo, e quale distonantissimoparapiglia eccitare nelle sue idee? Sarà egli possibile,che un albero dia frutti, quando per alteramento procu-rato ne’ sughi s’alzi esso e passi di un salto oltre il preci-so istante della sua fruttificazione? Si scioglierà esso alpiù in un denso fogliame, che lo ingombri. E noi in fattici troviamo ormai rivestiti di mere foglie. Col portareall’eccesso ogni facoltà misurare non ne possiamo nè laloro utilità, nè la forza; vogliamo unirle tutte in noi, enon abbiamo la capacità [47] di contenerle; pretendiamodi saperle tutte, e non ne possediamo alcuna; ci diamo

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alle stelle e cucurbite, e guastadelle, e pinzette, e soffio-ni, e forni, e fornelli del Chimico affumicato. Corsi diChimica, dissertazioni di Chimica, dizionarj di Chimica,linguaggio di Chimica; saremo tutti speziali, e farma-ceutici. Faremo delle utili scoperte colle nostre decom-posizioni; ma temo che non decomponiamo troppe cose,e che alla finfine il cervello umano entri esso pure nelmatraccio. O Corneille! (grida col suo tono eloquente ilMerçier) O Nevvton! O Stehl! O Becker! Allez vous êtremis tous ensemble dans le même matras, [46] pour quetoutes vos idées soient refondues neuf? j’en ai vraimentpeur.

Or questo spirito di vertigine, questa irrequieta con-vulsione, questo intestino fermento, che agita, e scon-volge la maggior parte de’ letterati d’ogni Nazione, cheli costringe a balzare con tanta foga d’una in altra facol-tà, e ad urtare ciascuna, e spingerla al di là de’ suoi giu-sti confini, quale confusione non deve esso generarenella mente d’ogni individuo, e quale distonantissimoparapiglia eccitare nelle sue idee? Sarà egli possibile,che un albero dia frutti, quando per alteramento procu-rato ne’ sughi s’alzi esso e passi di un salto oltre il preci-so istante della sua fruttificazione? Si scioglierà esso alpiù in un denso fogliame, che lo ingombri. E noi in fattici troviamo ormai rivestiti di mere foglie. Col portareall’eccesso ogni facoltà misurare non ne possiamo nè laloro utilità, nè la forza; vogliamo unirle tutte in noi, enon abbiamo la capacità [47] di contenerle; pretendiamodi saperle tutte, e non ne possediamo alcuna; ci diamo

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l’aria d’omniscii, e la nostra onniscienza ci dichiara adogni passo per saputelli. Quindi è, che noi sentiamocontraggenio ai libri voluminosi; non amiamo che i li-brettini; conosciamo gli indici delle materie, ne ignoria-mo la trattazione; i fogli periodici ci indicano la superfi-cie, nè noi agogniamo a toccarne il fondo. Un discorsolegato ci fa sbadigliare, una dimostrazione ci spaventa;ci attacchiamo alla inutile, e lieve filologia, perchè nonabbiamo carattere fermo in alcuna solida professione.Quindi ancora in noi nascono le picciole passioni, che cidegradano, che ci mettono in lizza co’ nostri simili, cirendono presontuosi, insolenti, loquaci, decisivi, immo-desti, incontentabili, milantatori.

Ed eccovi i vostri scioli, ornatissimo Sig. Canonico;ve ne ho assegnata l’origine; vi sfido a trovarne altra mi-gliore. [48] Non rade volte nelle opere l’abbondanzad’ingegno degenera in superfluo, e divien cosa volgare,e crea sazietà, sicchè volendosi pur del piacere, ed es-sendo a quel necessaria la novità, vassi a cercarla fuorde’ giusti confini, e ne vengono corruttele d’ogni manie-ra, dice il Bettinelli (l’Entusiasmo); e da’ troppo dottinascon appunto, e per la medesima cagione, e modo isemidotti. Furon sempre questi di funestissimo augurioin ogni età. Indican l’eccesso, da cui vengono, e ’l difet-to di scienza, in cui sono. Ma non è da misurarsi perciòla quantità assoluta del loro sapere, che non sarà diffici-le a ritrovarne or più, or men tardi una eguale in ogni se-colo, che lietamente si avvii a più elevato segno di co-gnizioni. È piuttosto da riguardarsi lo stato di decremen-

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l’aria d’omniscii, e la nostra onniscienza ci dichiara adogni passo per saputelli. Quindi è, che noi sentiamocontraggenio ai libri voluminosi; non amiamo che i li-brettini; conosciamo gli indici delle materie, ne ignoria-mo la trattazione; i fogli periodici ci indicano la superfi-cie, nè noi agogniamo a toccarne il fondo. Un discorsolegato ci fa sbadigliare, una dimostrazione ci spaventa;ci attacchiamo alla inutile, e lieve filologia, perchè nonabbiamo carattere fermo in alcuna solida professione.Quindi ancora in noi nascono le picciole passioni, che cidegradano, che ci mettono in lizza co’ nostri simili, cirendono presontuosi, insolenti, loquaci, decisivi, immo-desti, incontentabili, milantatori.

Ed eccovi i vostri scioli, ornatissimo Sig. Canonico;ve ne ho assegnata l’origine; vi sfido a trovarne altra mi-gliore. [48] Non rade volte nelle opere l’abbondanzad’ingegno degenera in superfluo, e divien cosa volgare,e crea sazietà, sicchè volendosi pur del piacere, ed es-sendo a quel necessaria la novità, vassi a cercarla fuorde’ giusti confini, e ne vengono corruttele d’ogni manie-ra, dice il Bettinelli (l’Entusiasmo); e da’ troppo dottinascon appunto, e per la medesima cagione, e modo isemidotti. Furon sempre questi di funestissimo augurioin ogni età. Indican l’eccesso, da cui vengono, e ’l difet-to di scienza, in cui sono. Ma non è da misurarsi perciòla quantità assoluta del loro sapere, che non sarà diffici-le a ritrovarne or più, or men tardi una eguale in ogni se-colo, che lietamente si avvii a più elevato segno di co-gnizioni. È piuttosto da riguardarsi lo stato di decremen-

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to, in cui essa è. La prima delle astronomiche altezzecorrispondenti del Sole sta tra il mattino, ed il mezzo dì;l’altra a lei eguale sta tra il mezzo dì e la sera e questadiversità di stare sul crescere, o [49] sul decrescere mo-difica molto diversamente e la cosa stessa, ed il suo sub-bjetto.

Notate finalmente, che a togliere ogni equivoco lascioltezza è bensì figlia dell’eccesso di sapere; ma cheeccesso non significa sempre aritmetica maggioranza.Prendesi esso eziandio per travolgimento, disordine,abuso. Il sapere può crescere all’infinito, e non esseremai sotto quella prima nozione eccessivo; e può esservil’altro eccesso in una sua misuratissima dose.

Non m’innoltro di più per non dare io pure in un ec-cesso di prolissità. Sono anche stanco dallo scrivere, evoi forse dal leggere. Desidero di non avervi annojato.Credetemi

Chambery. 24. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo.

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to, in cui essa è. La prima delle astronomiche altezzecorrispondenti del Sole sta tra il mattino, ed il mezzo dì;l’altra a lei eguale sta tra il mezzo dì e la sera e questadiversità di stare sul crescere, o [49] sul decrescere mo-difica molto diversamente e la cosa stessa, ed il suo sub-bjetto.

Notate finalmente, che a togliere ogni equivoco lascioltezza è bensì figlia dell’eccesso di sapere; ma cheeccesso non significa sempre aritmetica maggioranza.Prendesi esso eziandio per travolgimento, disordine,abuso. Il sapere può crescere all’infinito, e non esseremai sotto quella prima nozione eccessivo; e può esservil’altro eccesso in una sua misuratissima dose.

Non m’innoltro di più per non dare io pure in un ec-cesso di prolissità. Sono anche stanco dallo scrivere, evoi forse dal leggere. Desidero di non avervi annojato.Credetemi

Chambery. 24. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo.

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VI.All’Illustrissimo Sig.

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Poscritta alla lettera precedente.__________________AMICO CARISSIMO.

accio correr dietro per le poste unaposcritta alla precedente mia lettera,

poichè mi frulla in capo una geometricaimmagine sullo stato scientifico di ognisecolo, e spezialmente del nostro. Lascia-te, che mi sfoghi quì con precipizio finchèsono vive l’idee, che vi ho testè comuni-cate. Sarà questa un’appendice, non unacopia, del notissimo Vaticinium geometri-cum de’ supplementi allo Stay.

F

Sia MN una retta indefinita, [51] cherappresenti l’uniforme scorrimento deltempo; A l’epoca, da cui noi vogliamo co-minciare il nostro computo; le normaliBF, CG, DH, EI .... la quantità o lo statod’ignoranza o di sapere corrispondente atutti gli istanti B, C, D, E ..... de’ tempiAB, AC, AD, AE,...., per rapporto ad unafacoltà qualunque, o al complesso di tutte

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VI.All’Illustrissimo Sig.

D. LEONE STOPPANI. COMO.

Poscritta alla lettera precedente.__________________AMICO CARISSIMO.

accio correr dietro per le poste unaposcritta alla precedente mia lettera,

poichè mi frulla in capo una geometricaimmagine sullo stato scientifico di ognisecolo, e spezialmente del nostro. Lascia-te, che mi sfoghi quì con precipizio finchèsono vive l’idee, che vi ho testè comuni-cate. Sarà questa un’appendice, non unacopia, del notissimo Vaticinium geometri-cum de’ supplementi allo Stay.

F

Sia MN una retta indefinita, [51] cherappresenti l’uniforme scorrimento deltempo; A l’epoca, da cui noi vogliamo co-minciare il nostro computo; le normaliBF, CG, DH, EI .... la quantità o lo statod’ignoranza o di sapere corrispondente atutti gli istanti B, C, D, E ..... de’ tempiAB, AC, AD, AE,...., per rapporto ad unafacoltà qualunque, o al complesso di tutte

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insieme. S’indicherà lo stato di sapere, quando quellegiaceranno sopra MN, come BF. S’indicherà quellod’ignoranza, quando esse troverannosi al di sotto dellamedesima MN; le estremità poi F, G, H, I.... formerannoun contorno curviforme, o staranno nel perimetro di unacurva.

Sarà essa continua questa curva? Convien dire che sì;perchè tutte le mutazioni in Natura, ed in particolare lemorali, e miste, come sono i costumi, la legislazione, lapopolazione maggiore, o minore di una Provincia...., se-guono sempre la legge di continuità. Si potrebbe anche[52] dimostrare a priori, che non possono variarsi peraltra guisa; così almeno ho pensato fin quì.

Avrà essa cuspidi, o no; avrà nodi, o no; avrà regressi,o no....? Convien dire che no; perchè rarissimi sono, eperciò generalmente improbabili in Natura i precipitosie subitanei cambiamenti; ed i casi di cuspidi, di regres-so.... nelle curve appartengono solamente a certi deter-minati punti, mentre il caso di un continuo progressivopiegamento intorno ad un asse istesso è comune ad infi-niti punti d’infiniti archi continui.

Sarà essa assintotica? Dovrebbersi prima distinguere,e separare in classi le scienze astratte, le miste, le arti dinecessità, quelle di lusso...., e queste stesse scienze, edarti o considerarle in se stesse, o per rapporto alla uma-na, o ad altra superiore o inferiore perfettibilità. Perognuna di queste classi si troverebbe la sua curva, quìassintotica, là parabolica, altrove rientrante, [53] od an-che cuspidata, o nodosa, o regressiva, o spirale...., cosic-

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insieme. S’indicherà lo stato di sapere, quando quellegiaceranno sopra MN, come BF. S’indicherà quellod’ignoranza, quando esse troverannosi al di sotto dellamedesima MN; le estremità poi F, G, H, I.... formerannoun contorno curviforme, o staranno nel perimetro di unacurva.

Sarà essa continua questa curva? Convien dire che sì;perchè tutte le mutazioni in Natura, ed in particolare lemorali, e miste, come sono i costumi, la legislazione, lapopolazione maggiore, o minore di una Provincia...., se-guono sempre la legge di continuità. Si potrebbe anche[52] dimostrare a priori, che non possono variarsi peraltra guisa; così almeno ho pensato fin quì.

Avrà essa cuspidi, o no; avrà nodi, o no; avrà regressi,o no....? Convien dire che no; perchè rarissimi sono, eperciò generalmente improbabili in Natura i precipitosie subitanei cambiamenti; ed i casi di cuspidi, di regres-so.... nelle curve appartengono solamente a certi deter-minati punti, mentre il caso di un continuo progressivopiegamento intorno ad un asse istesso è comune ad infi-niti punti d’infiniti archi continui.

Sarà essa assintotica? Dovrebbersi prima distinguere,e separare in classi le scienze astratte, le miste, le arti dinecessità, quelle di lusso...., e queste stesse scienze, edarti o considerarle in se stesse, o per rapporto alla uma-na, o ad altra superiore o inferiore perfettibilità. Perognuna di queste classi si troverebbe la sua curva, quìassintotica, là parabolica, altrove rientrante, [53] od an-che cuspidata, o nodosa, o regressiva, o spirale...., cosic-

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chè ne potrebbe forse risultare un volume di oziosi su-blimissimi teoremi, e di formole rabuffate, e di labirinti-che figure. La quistione non ammette una sola risposta;e quegli autori, che stanno per una tal specie di curve, siaccorderebbero di leggieri co’ loro avversarj, se si faces-sero a distinguerla meglio nelle sue parti. Lo scibile èinfinito; l’umano intelletto è limitato; i vezzi delle no-str’arti belle sono circoscritti; il desiderio di sapere èsempre irrequieto, ed immenso.... ec.

Ma via tronchiamo di un poderoso fendente tutti que-sti bronchi, e tutte queste spine, che intralciano i nostripassi. Assumiamo con franchezza, che la curva rappre-sentatrice delle vicende umane, ed in ispecie quella del-la coltura, o rozzezza di un dato secolo sia continua, erivolga sempre la sua concavità all’asse, come le ser-pentine. Co’ suoi accostamenti, discostamenti, ed inter-sezioni coll’asse MN indicherà [54] essa le vicende let-terarie, e la storia ci somministrerà di mano in mano ilvalore delle BF, EI, che sono ordinate alla curva per cia-scun secolo.

Non è necessario di avvertire, che le intersezioni b, c,d... sono alternativamente di specie diversa. L’interse-zione b è il passaggio dalla filosofica coltura alla igno-ranza, e c è il passaggio da questa a quella; sarà d analo-go a b, ed e analogo a c; e chi non vede la diversità tota-le, e direi quasi la opposizione de’ passaggi b, e, deglialtri interpolati, e seguenti? Diversità, ed opposizioneper rapporto al termine, da cui si parte, ed al termine, acui si va, sapere ed ignoranza, ignoranza, e sapere; di-

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chè ne potrebbe forse risultare un volume di oziosi su-blimissimi teoremi, e di formole rabuffate, e di labirinti-che figure. La quistione non ammette una sola risposta;e quegli autori, che stanno per una tal specie di curve, siaccorderebbero di leggieri co’ loro avversarj, se si faces-sero a distinguerla meglio nelle sue parti. Lo scibile èinfinito; l’umano intelletto è limitato; i vezzi delle no-str’arti belle sono circoscritti; il desiderio di sapere èsempre irrequieto, ed immenso.... ec.

Ma via tronchiamo di un poderoso fendente tutti que-sti bronchi, e tutte queste spine, che intralciano i nostripassi. Assumiamo con franchezza, che la curva rappre-sentatrice delle vicende umane, ed in ispecie quella del-la coltura, o rozzezza di un dato secolo sia continua, erivolga sempre la sua concavità all’asse, come le ser-pentine. Co’ suoi accostamenti, discostamenti, ed inter-sezioni coll’asse MN indicherà [54] essa le vicende let-terarie, e la storia ci somministrerà di mano in mano ilvalore delle BF, EI, che sono ordinate alla curva per cia-scun secolo.

Non è necessario di avvertire, che le intersezioni b, c,d... sono alternativamente di specie diversa. L’interse-zione b è il passaggio dalla filosofica coltura alla igno-ranza, e c è il passaggio da questa a quella; sarà d analo-go a b, ed e analogo a c; e chi non vede la diversità tota-le, e direi quasi la opposizione de’ passaggi b, e, deglialtri interpolati, e seguenti? Diversità, ed opposizioneper rapporto al termine, da cui si parte, ed al termine, acui si va, sapere ed ignoranza, ignoranza, e sapere; di-

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versità, per la modificazione contraria, che quindi ne ri-ceve l’umano spirito, che li trascorre; diversità negli ef-fetti reciproci, che vanno ivi a produrre tra ogni indivi-duo, ed ogni altro simile, di stima, di parzialità, di disa-more, di disprezzo; diversità, che [55] non isvanisce senon per rapporto all’apparenza di omogeneo comun le-game fra gli archi diversi della curva generale.

Anche gli archi di questa curva, che hanno sopra, esotto l’asse MN, sono alternativamente diversi. Gli archisuperiori sono tutti, a dir vero, sacentissimi; gli inferiorisono tutti zotici, e melensi, e barbari; in ciò stesso gli ar-chi superiori si rassomiglian fra loro, come fra loro sirassomigliano gli inferiori. Ma qual’enorme diversità fral’arco ab, e ’l suo emologo cG! In quello tramonta, inquesto rinasce il sapere; e sarà per simil guisa grandissi-mo il divario tra l’arco bc, e ’l suo emologo dIe, comesvolgeremo più ampiamente nel rispondere a due impor-tantissime quistioni, ch’io qui propongovi per trastullo.

Questione 1. Quale si è lo dato attuale del nostro se-colo per rapporto alle scienze?

Risposta. Si determini dalle osservazioni [56] unaporzione d’arco FG della curva spettante al corrente se-colo, che certamente è secolo di scienze. Se gli incre-menti di due ordinate infinitamente vicine dell’arco FG, dopo di essere stati assai grandi, e sensibili divenga-no minori, e quasi insensibili, sarà infinitamente piùprobabile, che l’arco FG sia vicino alla massima sua di-stanza CG dall’asse, ove gl’incrementi delle ordinate sicangiano in decrementi per avvicinarsi poi alla interse-

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versità, per la modificazione contraria, che quindi ne ri-ceve l’umano spirito, che li trascorre; diversità negli ef-fetti reciproci, che vanno ivi a produrre tra ogni indivi-duo, ed ogni altro simile, di stima, di parzialità, di disa-more, di disprezzo; diversità, che [55] non isvanisce senon per rapporto all’apparenza di omogeneo comun le-game fra gli archi diversi della curva generale.

Anche gli archi di questa curva, che hanno sopra, esotto l’asse MN, sono alternativamente diversi. Gli archisuperiori sono tutti, a dir vero, sacentissimi; gli inferiorisono tutti zotici, e melensi, e barbari; in ciò stesso gli ar-chi superiori si rassomiglian fra loro, come fra loro sirassomigliano gli inferiori. Ma qual’enorme diversità fral’arco ab, e ’l suo emologo cG! In quello tramonta, inquesto rinasce il sapere; e sarà per simil guisa grandissi-mo il divario tra l’arco bc, e ’l suo emologo dIe, comesvolgeremo più ampiamente nel rispondere a due impor-tantissime quistioni, ch’io qui propongovi per trastullo.

Questione 1. Quale si è lo dato attuale del nostro se-colo per rapporto alle scienze?

Risposta. Si determini dalle osservazioni [56] unaporzione d’arco FG della curva spettante al corrente se-colo, che certamente è secolo di scienze. Se gli incre-menti di due ordinate infinitamente vicine dell’arco FG, dopo di essere stati assai grandi, e sensibili divenga-no minori, e quasi insensibili, sarà infinitamente piùprobabile, che l’arco FG sia vicino alla massima sua di-stanza CG dall’asse, ove gl’incrementi delle ordinate sicangiano in decrementi per avvicinarsi poi alla interse-

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zione d, passaggio orribile alla ignoranza.Egli è manifesto, che grandissime furono le scoperte

fatte nel decimosettimo, ed al principio del corrente de-cimo ottavo secolo per l’Analisi, per la Meccanica, perl’Astronomia.... dai Cartesii, dai Gallilei, dagli Eugenii,dai Nevvtoni, dai Leibnizii, dai Bernoullj, dagliEuleri...., ma tutto si consumò in cento anni circa, e giàda un mezzo secolo si va a rilento, e le nostre scopertesull’aberrazione della luce, sulle meteore, sui veleni,sulle [57] arie, sull’elettricità,.... non sono per verunconto da paragonarsi a quelle prime; sono nastri porpo-rini di un libro legato alla franzese; sono il corredo diuna figlia, che va a marito senza dote; sono ombre senzacorpo; sono superficie senza profondità.

Ma generalizziamo ancor più. Riduciamo in classi larazza intera de’ nostri moderni inventori. Che miserabilecomparsa fa agli occhi miei l’attuale nostra repubblicaletteraria! Tranne pochi assai, che sanno scernere il qua-drato dal tondo, io non veggo che due truppe animose,che seguono alla rinfusa lo stendardo della vanità. Laprima è quella de’ Dottoroni, che depurano, raffinano,sottilizzano, portano al maraviglioso le conosciute teo-rie, e violentandole ad usi stravaganti, le disonorano.L’erudito cita almanacchi; l’esperimentatore si affratellacoi ciarlatani; l’economista ci opprime con tabellonieterni; l’algebrista, il meccanico, l’idrostatico.... [58]racchiudono il mondo intellettuale, ed il fisico in pocheformole apocaliptiche; tutti dettan leggi, e pochi le os-servano; tutti fanno sistemi sul ben privato e sul pubbli-

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zione d, passaggio orribile alla ignoranza.Egli è manifesto, che grandissime furono le scoperte

fatte nel decimosettimo, ed al principio del corrente de-cimo ottavo secolo per l’Analisi, per la Meccanica, perl’Astronomia.... dai Cartesii, dai Gallilei, dagli Eugenii,dai Nevvtoni, dai Leibnizii, dai Bernoullj, dagliEuleri...., ma tutto si consumò in cento anni circa, e giàda un mezzo secolo si va a rilento, e le nostre scopertesull’aberrazione della luce, sulle meteore, sui veleni,sulle [57] arie, sull’elettricità,.... non sono per verunconto da paragonarsi a quelle prime; sono nastri porpo-rini di un libro legato alla franzese; sono il corredo diuna figlia, che va a marito senza dote; sono ombre senzacorpo; sono superficie senza profondità.

Ma generalizziamo ancor più. Riduciamo in classi larazza intera de’ nostri moderni inventori. Che miserabilecomparsa fa agli occhi miei l’attuale nostra repubblicaletteraria! Tranne pochi assai, che sanno scernere il qua-drato dal tondo, io non veggo che due truppe animose,che seguono alla rinfusa lo stendardo della vanità. Laprima è quella de’ Dottoroni, che depurano, raffinano,sottilizzano, portano al maraviglioso le conosciute teo-rie, e violentandole ad usi stravaganti, le disonorano.L’erudito cita almanacchi; l’esperimentatore si affratellacoi ciarlatani; l’economista ci opprime con tabellonieterni; l’algebrista, il meccanico, l’idrostatico.... [58]racchiudono il mondo intellettuale, ed il fisico in pocheformole apocaliptiche; tutti dettan leggi, e pochi le os-servano; tutti fanno sistemi sul ben privato e sul pubbli-

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co, ed il privato ed il pubblico sono ormai senza ordinee sistema. L’altra classe de’ nostri letterati, e più copiosadella prima è quella de’ Dottorini, che rifriggono il giàfritto, che ristampano il già stampato, che fanno annota-zioni a testi chiari, che compilano, che compendiano,che compendiano di bel nuovo i compendj, che moltipli-cano i titoli, ingrossano indici, e racchiudono in un fo-glio ebdomadario, o mensuale la facil’arte di divenireenciclopedista. E potrà dirsi, che questi avanzino nelcammin erto del sapere? E non son essi più veramentestazionarj, od anche posti sul rovinoso pendìo di una de-cisa inscienza?

Questione 2. Quale è lo stato più invidiabile ad un se-colo per rapporto alle scienze? [59]

Risposta. Egli è lo stato indicatoci dall’arco cFG, odall’area cCG delle ordinate positive fino alla massima.Prima di quest’arco sarebb’esso immerso nell’arco diordinate negative, o nella assoluta ignoranza, che avvili-sce l’uomo, che lo istupidisce, che lo rende nimico a’suoi simili ed a se stesso, che rivolge contro di lui le po-tenze a lui date per istromenti della sua felicità. Dopol’arco cFG si troverebbe, come per grave nostra sventu-ra, ci troviam noi, al di là de’ giusti confini del sapermassimo della Natura a lui concesso, e questo sarebbeuno stato per molti riguardi più deplorabile dello statod’ignoranza precedente a c, o consecutiva al punto d. Ecome no, s’egli in essa alfin ricade, e per quella via me-desima, che ne lo dovrebbe allontanare, cioè per quelladelle pratiche cognizioni? Trovarsi senza avvedersene

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co, ed il privato ed il pubblico sono ormai senza ordinee sistema. L’altra classe de’ nostri letterati, e più copiosadella prima è quella de’ Dottorini, che rifriggono il giàfritto, che ristampano il già stampato, che fanno annota-zioni a testi chiari, che compilano, che compendiano,che compendiano di bel nuovo i compendj, che moltipli-cano i titoli, ingrossano indici, e racchiudono in un fo-glio ebdomadario, o mensuale la facil’arte di divenireenciclopedista. E potrà dirsi, che questi avanzino nelcammin erto del sapere? E non son essi più veramentestazionarj, od anche posti sul rovinoso pendìo di una de-cisa inscienza?

Questione 2. Quale è lo stato più invidiabile ad un se-colo per rapporto alle scienze? [59]

Risposta. Egli è lo stato indicatoci dall’arco cFG, odall’area cCG delle ordinate positive fino alla massima.Prima di quest’arco sarebb’esso immerso nell’arco diordinate negative, o nella assoluta ignoranza, che avvili-sce l’uomo, che lo istupidisce, che lo rende nimico a’suoi simili ed a se stesso, che rivolge contro di lui le po-tenze a lui date per istromenti della sua felicità. Dopol’arco cFG si troverebbe, come per grave nostra sventu-ra, ci troviam noi, al di là de’ giusti confini del sapermassimo della Natura a lui concesso, e questo sarebbeuno stato per molti riguardi più deplorabile dello statod’ignoranza precedente a c, o consecutiva al punto d. Ecome no, s’egli in essa alfin ricade, e per quella via me-desima, che ne lo dovrebbe allontanare, cioè per quelladelle pratiche cognizioni? Trovarsi senza avvedersene

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nella ignoranza è un destino, che non ci può affligere colconfronto della scienza, che non si ha; l’andarvi [60] co-noscendolo, egli è aggiugnere alla miseria il vitupero.Nell’arco di ordinate negative non vediam nulla senzasapere di aver occhj; nel’arco GHd c’incamminiamo aperder quelli, che abbiamo; in quello andiam tentone permancanza di luce; in questo smarriamo il sentiere perluce soverchia; ivi siamo ciechi nati, e quì siamo ciechifatti. Vero è, che ogni DE dell’arco GHd ha forse unaBF a se eguale nel arco precedente cFG; ma quella saràunicamente eguaglianza di quantità, non di qualità. Si ègiunto alla BF coll’ingrandirsi; si giugne alla DHcoll’impiccolirsi; BF esprime aumento avuto, DH deca-dimento sofferto; BF non ha ancor toccata la naturalesua perfezione CG, e la DH l’ha già oltrepassata; BF èspinta a crescere, DH è sospinta a decrescere ancor più.Perciò è, che le ordinate di quà e di là della massimaCG, se sono tra loro uguali in grandezza aritmetica, nonlo sono nelle morali indicazioni. [61]

E in oltre che gente incomoda sono essi mai que’ dot-toroni e que’ dottorini dell’arco GHd per rapporto agliaurei abitatori dell’arco cFG! Le anime brillano al lietoannunzio di luce in c, e successivamente riscaldansi perla crescente energia degli sfavillanti suoi rai; ciascun sisforza e concorre con lodevole impegno al comune esal-tamento, e ad estinguere gli avanzi miseri della barbarieprecorsa in bc, che per fatale inerzia vanno rallentando iprogressi della BF. Ogni passo è una vittoria, un trionfo;ma passato il segno altissimo CG, che è sempre relativo

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nella ignoranza è un destino, che non ci può affligere colconfronto della scienza, che non si ha; l’andarvi [60] co-noscendolo, egli è aggiugnere alla miseria il vitupero.Nell’arco di ordinate negative non vediam nulla senzasapere di aver occhj; nel’arco GHd c’incamminiamo aperder quelli, che abbiamo; in quello andiam tentone permancanza di luce; in questo smarriamo il sentiere perluce soverchia; ivi siamo ciechi nati, e quì siamo ciechifatti. Vero è, che ogni DE dell’arco GHd ha forse unaBF a se eguale nel arco precedente cFG; ma quella saràunicamente eguaglianza di quantità, non di qualità. Si ègiunto alla BF coll’ingrandirsi; si giugne alla DHcoll’impiccolirsi; BF esprime aumento avuto, DH deca-dimento sofferto; BF non ha ancor toccata la naturalesua perfezione CG, e la DH l’ha già oltrepassata; BF èspinta a crescere, DH è sospinta a decrescere ancor più.Perciò è, che le ordinate di quà e di là della massimaCG, se sono tra loro uguali in grandezza aritmetica, nonlo sono nelle morali indicazioni. [61]

E in oltre che gente incomoda sono essi mai que’ dot-toroni e que’ dottorini dell’arco GHd per rapporto agliaurei abitatori dell’arco cFG! Le anime brillano al lietoannunzio di luce in c, e successivamente riscaldansi perla crescente energia degli sfavillanti suoi rai; ciascun sisforza e concorre con lodevole impegno al comune esal-tamento, e ad estinguere gli avanzi miseri della barbarieprecorsa in bc, che per fatale inerzia vanno rallentando iprogressi della BF. Ogni passo è una vittoria, un trionfo;ma passato il segno altissimo CG, che è sempre relativo

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alle forze fisiche e morali d’ogni secolo, non reagisconopiù con eguale attività le molle dello spirito; le passioniprivate subentrano a quelle dell’interesse generale; lagara si cambia in rivalità, la smania impaziente succedeal pacifico travaglio, l’apparente al solido, ed abbando-nandosi alle stravaganze in prima, e poscia ancora alleinezie la stanca massa degli [62] uomini prepara a sestessa la decadenza; il semiarco seguente dI sarà forsepiù terribile e funesto della metà del precedente arcoanalogo cb.

Nés du sein de la barbarie, les arts et les sciences ontsuccessivement éclairé un petit nombre de nations privi-legiées. C’est une lumiere qui se cache aux unes, à me-sure qu’elle se montre aux autres, et qui n’éclaire ja-mais qu’un horison trés borné. Capable d’un certainaccroissement, elle s’affoiblit aussitôt qu’elle ne peutplus croitre, elle s’éteint par degrés, et elle ne se repro-duit, que pour éprouver encore les mêmes révolutions. Ily a donc deux sortes de barbaries, l’une qui succedeaux siecles éclairés, l’autre qui les précede; et elles nese ressemblent point! Toutes deux supposent une grandeignorance; mais un peuple, qui a toujours été barbare,n’a pas autant de vices, qu’un peuple qui le devientaprès avoir connu les arts de luxe (CONDILLAC Coursd’Etude, tom. 4. p. 2.). La Prima barbarie è indicata [63]da qualche porzion d’arco precedente a c, la seconda daqualche porzion d’arco dI, che vien dopo d. Egli è inquest’ultimo baratro che andiamo a gettarci, se ci tro-viam veramente sulla declività GH, che per ciò stesso è

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alle forze fisiche e morali d’ogni secolo, non reagisconopiù con eguale attività le molle dello spirito; le passioniprivate subentrano a quelle dell’interesse generale; lagara si cambia in rivalità, la smania impaziente succedeal pacifico travaglio, l’apparente al solido, ed abbando-nandosi alle stravaganze in prima, e poscia ancora alleinezie la stanca massa degli [62] uomini prepara a sestessa la decadenza; il semiarco seguente dI sarà forsepiù terribile e funesto della metà del precedente arcoanalogo cb.

Nés du sein de la barbarie, les arts et les sciences ontsuccessivement éclairé un petit nombre de nations privi-legiées. C’est une lumiere qui se cache aux unes, à me-sure qu’elle se montre aux autres, et qui n’éclaire ja-mais qu’un horison trés borné. Capable d’un certainaccroissement, elle s’affoiblit aussitôt qu’elle ne peutplus croitre, elle s’éteint par degrés, et elle ne se repro-duit, que pour éprouver encore les mêmes révolutions. Ily a donc deux sortes de barbaries, l’une qui succedeaux siecles éclairés, l’autre qui les précede; et elles nese ressemblent point! Toutes deux supposent une grandeignorance; mais un peuple, qui a toujours été barbare,n’a pas autant de vices, qu’un peuple qui le devientaprès avoir connu les arts de luxe (CONDILLAC Coursd’Etude, tom. 4. p. 2.). La Prima barbarie è indicata [63]da qualche porzion d’arco precedente a c, la seconda daqualche porzion d’arco dI, che vien dopo d. Egli è inquest’ultimo baratro che andiamo a gettarci, se ci tro-viam veramente sulla declività GH, che per ciò stesso è

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più spaventevole della ignoranza terminata in c, e moltopiù ancor di quella, che spunterà in d.

Ma intanto che faremo all’apparato per noi funestodella scientifica nostra curva? Gorgheggia e giubilal’ussignuolo sul mattino, quando la ridente aurora scac-cia da’ suoi dintorni le notturne tenebre maninconose, elo investe col chiaro dì; ma geme doglioso sull’imbruni-re della sera, che gli toglie l’aspetto della cara compa-gna e delle verzure del prato. Non vorrebb’egli in quelpunto aver goduti gli innocenti suoi piaceri, se dovevagiugnere per lui l’istante di perdergli. Eccovi la impres-sione, che far dovrebbe il nostro secolo illuminato sulleanime tenere e dilicate. Quante volte ci siamo [64] ralle-grati noi due per gli splendidi avanzamenti dell’arco cF!Ma ci lusingavamo in vano, che potesse esso innalzarsioltre CG. Una giusta analisi ci avvisa di presente, cheabbiam culminato; la nostra boria ci ha recati per la viade’ venti e delle ventosità, che poi ci sforzano a ripiegarverso l’asse. Piangete; sì piangete voi sul comune vicindanno, che, quando ne avrò voglia, piangerò anch’io.

Pongo fine a questa poscritta, che crebbe senza quasiavvedermene alla prolissità di una lettera. Ma i franzesipremettono alle loro Opere prefazioni anche più lunghedel libro, ed i poeti italiani ne’ loro sonetti con coda fan-no assai volte la coda più lunga del sonetto. Credo peròdi avervi detta la verità. Se v’impaccia qualche frasegeometrica, chiamate in soccorso il dotto, il modesto, ilcortesissimo Abbate Cloarec, l’unico forse, che può gio-varvi in codesto paese nè geometrico, [65] nè filosofico.

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più spaventevole della ignoranza terminata in c, e moltopiù ancor di quella, che spunterà in d.

Ma intanto che faremo all’apparato per noi funestodella scientifica nostra curva? Gorgheggia e giubilal’ussignuolo sul mattino, quando la ridente aurora scac-cia da’ suoi dintorni le notturne tenebre maninconose, elo investe col chiaro dì; ma geme doglioso sull’imbruni-re della sera, che gli toglie l’aspetto della cara compa-gna e delle verzure del prato. Non vorrebb’egli in quelpunto aver goduti gli innocenti suoi piaceri, se dovevagiugnere per lui l’istante di perdergli. Eccovi la impres-sione, che far dovrebbe il nostro secolo illuminato sulleanime tenere e dilicate. Quante volte ci siamo [64] ralle-grati noi due per gli splendidi avanzamenti dell’arco cF!Ma ci lusingavamo in vano, che potesse esso innalzarsioltre CG. Una giusta analisi ci avvisa di presente, cheabbiam culminato; la nostra boria ci ha recati per la viade’ venti e delle ventosità, che poi ci sforzano a ripiegarverso l’asse. Piangete; sì piangete voi sul comune vicindanno, che, quando ne avrò voglia, piangerò anch’io.

Pongo fine a questa poscritta, che crebbe senza quasiavvedermene alla prolissità di una lettera. Ma i franzesipremettono alle loro Opere prefazioni anche più lunghedel libro, ed i poeti italiani ne’ loro sonetti con coda fan-no assai volte la coda più lunga del sonetto. Credo peròdi avervi detta la verità. Se v’impaccia qualche frasegeometrica, chiamate in soccorso il dotto, il modesto, ilcortesissimo Abbate Cloarec, l’unico forse, che può gio-varvi in codesto paese nè geometrico, [65] nè filosofico.

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Riveritelo da parte mia, e ringraziatelo pel generososupplemento, che presta alla mia Cattedra nel Regio vo-stro Ginnasio. Procurate amendue di star sani, ed allegrial par di me.

Chambery. 31. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo

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Riveritelo da parte mia, e ringraziatelo pel generososupplemento, che presta alla mia Cattedra nel Regio vo-stro Ginnasio. Procurate amendue di star sani, ed allegrial par di me.

Chambery. 31. Marzo 1783.Vostro Affezionatissimo

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VII.All’Illustrissimo Sig. Abbate

D. DOMENICO FERRI. PAVIA.

Poveraglia di Chambery.__________________AMICO CARISSIMO.

l mio flusso epatico non mi lascia guardare Chamberyche dalle finestre dell’albergo. Metton queste su di

un’ampia strada, che potrebbesi paragonare alla vostrastrada nuova. Alla sinistra s’investe l’interno della Città,passando sotto un gran portone in pietra viva; alla destrasi tornerebbe per un superbo viale a Mommelliano,d’onde siam venuti Questa dunque sarà una strada desti-nata al passeggio; [67] vi si uniranno dopo il mezzo dìle Zerbine co’ suoi cascamorti. Oh che folla! Oh che in-cantesimo! Non ne passa pur una. O non vi ha bel mon-do in Chambery, o non è questo il centro d’unione.

I

Sapete cosa vi ho visto? sapete cosa vi ha quì? Nolcrederete, se lo dirò: nol credo quasi io stesso. È unostupendo prodigioso ammasso di pitocchissimi pitocchi,che inondano, che stivano, che frusciano sulla sera, e sulmattino questa contrada.

Fissategli in viso. Contraffatti, anneriti, abbronziti, in-crespati, macilenti, coi capegli sparsi senz’ordine, ed in-tralciati quai bronchi, o rabbatuffolati come le criniere

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VII.All’Illustrissimo Sig. Abbate

D. DOMENICO FERRI. PAVIA.

Poveraglia di Chambery.__________________AMICO CARISSIMO.

l mio flusso epatico non mi lascia guardare Chamberyche dalle finestre dell’albergo. Metton queste su di

un’ampia strada, che potrebbesi paragonare alla vostrastrada nuova. Alla sinistra s’investe l’interno della Città,passando sotto un gran portone in pietra viva; alla destrasi tornerebbe per un superbo viale a Mommelliano,d’onde siam venuti Questa dunque sarà una strada desti-nata al passeggio; [67] vi si uniranno dopo il mezzo dìle Zerbine co’ suoi cascamorti. Oh che folla! Oh che in-cantesimo! Non ne passa pur una. O non vi ha bel mon-do in Chambery, o non è questo il centro d’unione.

I

Sapete cosa vi ho visto? sapete cosa vi ha quì? Nolcrederete, se lo dirò: nol credo quasi io stesso. È unostupendo prodigioso ammasso di pitocchissimi pitocchi,che inondano, che stivano, che frusciano sulla sera, e sulmattino questa contrada.

Fissategli in viso. Contraffatti, anneriti, abbronziti, in-crespati, macilenti, coi capegli sparsi senz’ordine, ed in-tralciati quai bronchi, o rabbatuffolati come le criniere

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d’incolti ronzini; tutti si rassomigliano a certi tratti sce-nografici, e scommetto, che voi non distinguereste traquesti musi la femina dal maschio, nè il giovanello dallavecchiarda.

Osservate la generale abitudine del [68] loro corpo.Smilzi, insecchiti, lanternuti; chi ha le braccia, o le gam-be, o le coscie inaridite, nodose, falcate; chi termina conquattro innominati mozzicconi, e chi ne è affatto senza,come i Torsi antichi; questi vi presenta vuote le incassa-ture degli occhi; quegli ha la fronte, e le guancie spiana-te, senza traccia di naso, o di palpebre, o di ciglia; quìpendono gozzi a grappoli, là s’intreccian gobbi a terzoacuto; ognuno è ragguardevole per qualche sforzo di go-tica architettura, che lo puntella, e regge.

Esaminatene le vestimenta. Non si ammirano rabe-schi più variati nelle superbe Logge Vaticane, non simettono impellicciature più bizzarre ne’ moderni pavi-menti, non si trovano ricami più capricciosi sugli arazzidel mio quintavolo, di quel, che se ne veggano sulle to-ghe, sulle cioppe, sulle zimarre, sugli zamberlucchi, suigiulecchi, sugli andrienni, sulle casacche, sulle guarnac-cie di questo immenso popolo [69] di damerini. Cheproblema difficile per un Sartor di commedia, costruireuna clamide talare precisamente eguale ad una di que-ste! Archimede non saprebbe determinare il centro ditanti circoli, nè Leibnitz, e Nevvton la quadratura di tan-te curve, che circoscrivono, che intralciano i toppi e letoppe variamente incassate per l’attillata loro comparsa.

Se palleggiano per accattare, se stanno a crocchio per

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d’incolti ronzini; tutti si rassomigliano a certi tratti sce-nografici, e scommetto, che voi non distinguereste traquesti musi la femina dal maschio, nè il giovanello dallavecchiarda.

Osservate la generale abitudine del [68] loro corpo.Smilzi, insecchiti, lanternuti; chi ha le braccia, o le gam-be, o le coscie inaridite, nodose, falcate; chi termina conquattro innominati mozzicconi, e chi ne è affatto senza,come i Torsi antichi; questi vi presenta vuote le incassa-ture degli occhi; quegli ha la fronte, e le guancie spiana-te, senza traccia di naso, o di palpebre, o di ciglia; quìpendono gozzi a grappoli, là s’intreccian gobbi a terzoacuto; ognuno è ragguardevole per qualche sforzo di go-tica architettura, che lo puntella, e regge.

Esaminatene le vestimenta. Non si ammirano rabe-schi più variati nelle superbe Logge Vaticane, non simettono impellicciature più bizzarre ne’ moderni pavi-menti, non si trovano ricami più capricciosi sugli arazzidel mio quintavolo, di quel, che se ne veggano sulle to-ghe, sulle cioppe, sulle zimarre, sugli zamberlucchi, suigiulecchi, sugli andrienni, sulle casacche, sulle guarnac-cie di questo immenso popolo [69] di damerini. Cheproblema difficile per un Sartor di commedia, costruireuna clamide talare precisamente eguale ad una di que-ste! Archimede non saprebbe determinare il centro ditanti circoli, nè Leibnitz, e Nevvton la quadratura di tan-te curve, che circoscrivono, che intralciano i toppi e letoppe variamente incassate per l’attillata loro comparsa.

Se palleggiano per accattare, se stanno a crocchio per

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trastullarsi, se si sdraiano per prender riposo, vi offronsempre quadri nuovi d’ingegnose positure, armati sem-pre da poderosi bastoni, da stampelle, da croccie, dagruccie di varia forma, e figura, che accrescerebberopregio di rarità alla raccolta degli attrezzi Indiani delCook. Oh Calotta, oh Vandik! prendeste voi forse diquinci i vostri tanto lepidi modelli? Ciò, che pure vi hadi singolare, amico mio carissimo, si è, che voi poteterimirare tutte queste scene a vostro bell’agio, senza nau-sea, e senza sentirvi [70] ributtare. Non sono queruli imendichi di Chambery, non sono insozzati; vi porgonola destra in pace, e se non date nulla la ritirano con pa-catezza; non vi stancano le orecchie con importune la-mentazioni, nè vi presentano allo sguardo immondiavanzi di mal curati buboni, o nauseanti fasciature,come bruttamente costumasi sulle soglie delle nostreChiese. Non trovo di difettoso che l’ozio, in cui essi vi-vono, e la inerzia de’ Magistrati, che li tollerano.

Si commuovono a questo passo le mie viscere filoso-fiche, e sento suscitarsi, e ronzare per entro la cavità delmio celabro gli antichi nostri progetti sullo sbandire daogni Città, e dal Mondo la poveraglia. Il lugubre affolla-tissimo teatro, ch’io contemplo tuttodì da’ miei balconi,mi obbliga a ripensare più che non vorrei a questo diffi-cile argomento. L’erudita Compagnia del mio giovaneCavaliere, nato per far bene a’ suoi simili, e che in code-sta [71] vostra Città si è già segnalato nell’amore de’ po-verelli, impegna su ciò le nostre conversazioni. Chi sa,che non n’esca alcuna cosa di buono? Ve ne farò parte

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trastullarsi, se si sdraiano per prender riposo, vi offronsempre quadri nuovi d’ingegnose positure, armati sem-pre da poderosi bastoni, da stampelle, da croccie, dagruccie di varia forma, e figura, che accrescerebberopregio di rarità alla raccolta degli attrezzi Indiani delCook. Oh Calotta, oh Vandik! prendeste voi forse diquinci i vostri tanto lepidi modelli? Ciò, che pure vi hadi singolare, amico mio carissimo, si è, che voi poteterimirare tutte queste scene a vostro bell’agio, senza nau-sea, e senza sentirvi [70] ributtare. Non sono queruli imendichi di Chambery, non sono insozzati; vi porgonola destra in pace, e se non date nulla la ritirano con pa-catezza; non vi stancano le orecchie con importune la-mentazioni, nè vi presentano allo sguardo immondiavanzi di mal curati buboni, o nauseanti fasciature,come bruttamente costumasi sulle soglie delle nostreChiese. Non trovo di difettoso che l’ozio, in cui essi vi-vono, e la inerzia de’ Magistrati, che li tollerano.

Si commuovono a questo passo le mie viscere filoso-fiche, e sento suscitarsi, e ronzare per entro la cavità delmio celabro gli antichi nostri progetti sullo sbandire daogni Città, e dal Mondo la poveraglia. Il lugubre affolla-tissimo teatro, ch’io contemplo tuttodì da’ miei balconi,mi obbliga a ripensare più che non vorrei a questo diffi-cile argomento. L’erudita Compagnia del mio giovaneCavaliere, nato per far bene a’ suoi simili, e che in code-sta [71] vostra Città si è già segnalato nell’amore de’ po-verelli, impegna su ciò le nostre conversazioni. Chi sa,che non n’esca alcuna cosa di buono? Ve ne farò parte

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in altra mia. Conservatevi intanto, e credetemi.Chambery. 8. Aprile 1783.

Vostro Affezionatissimo

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in altra mia. Conservatevi intanto, e credetemi.Chambery. 8. Aprile 1783.

Vostro Affezionatissimo

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VIII.All’Illustrissimo Sig.

D. DOMENICO FERRI. PAVIA.

Progetto pel mantenimento, e diminuzione de’ poveri di unaCittà.

__________________AMICO CARISSIMO.

ccovi in poche parole il mio progetto per levare ipoveri da una Città. Se ne formi il Registro; si fon-

di una Cassa pel lor trattamento; si stabilisca un dicaste-rio per l’amministrazione di questa Cassa; si pongan re-gole fisse pel miglior ordine dell’amministrazione me-desima. Svolgiamo un po’ più ampiamente ciascuno diquesti capi, ed aggiugniamovi alfine alcuni generaliprovvedimenti, o massime, che ne rinforzino l’utilità.[73]

E

I. Registro de’ poveri. Si divida la Città in quartieri dimezzana estensione.

Si assegni un Deputato secolare ad ogni quartiere.Faccia egli costruire dall’anziano del suo quartiere

una nota esatta de’ poveri ivi abitanti, e li separi poi, e lidivida in classi con prese informazioni, e con disamineponderate.

Le note d’ogni quartiere saranno fatte sopra uno stes-so modello, cioè ognuna di esse verrà distinta in tre par-

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VIII.All’Illustrissimo Sig.

D. DOMENICO FERRI. PAVIA.

Progetto pel mantenimento, e diminuzione de’ poveri di unaCittà.

__________________AMICO CARISSIMO.

ccovi in poche parole il mio progetto per levare ipoveri da una Città. Se ne formi il Registro; si fon-

di una Cassa pel lor trattamento; si stabilisca un dicaste-rio per l’amministrazione di questa Cassa; si pongan re-gole fisse pel miglior ordine dell’amministrazione me-desima. Svolgiamo un po’ più ampiamente ciascuno diquesti capi, ed aggiugniamovi alfine alcuni generaliprovvedimenti, o massime, che ne rinforzino l’utilità.[73]

E

I. Registro de’ poveri. Si divida la Città in quartieri dimezzana estensione.

Si assegni un Deputato secolare ad ogni quartiere.Faccia egli costruire dall’anziano del suo quartiere

una nota esatta de’ poveri ivi abitanti, e li separi poi, e lidivida in classi con prese informazioni, e con disamineponderate.

Le note d’ogni quartiere saranno fatte sopra uno stes-so modello, cioè ognuna di esse verrà distinta in tre par-

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ti, o liste; la prima de’ poveri ammalati di malattia acci-dentale; la seconda degli ammalati cronici; la terza de’sani, che non trovano in che occuparsi, o sono incapacia guadagnarsi col lavoro il proprio sostentamento peretà troppo tenera, per vecchiezza innoltrata, per amputa-zioni, sconciature, e simili.... ec.

Ogni lista conterrà in altrettante colonne il nome, ecognome, l’età, patria, [74] professione, alloggio, porta-menti.... di ciascuno.

Con queste liste si formerà un particolare Registro al-fabetico de’ poveri di ciascun quartiere, e da’ particolariRegistri se ne formerà un particolare Registro alfabeticode’ poveri di ciascun quartiere, e da’ particolari Registrise ne formerà un alfabetico generale di tutta la Città.

Saranno mobili i listelli di ciascun Registro per como-do di levare e trasportare i nomi da uno all’altro ne’ casidi morte, di emigrazione, di passaggio d’una in altraclasse, o d’uno in altro luogo...., come usavasi ne’ cata-logi delle nostre confraternite.

Si possono anche introdurre de’ caratteri, o segni arbi-trarj per indicare in compendio le qualità d’ogni povero.

Se fossero numerizzate le Case della Città, riuscireb-bero più agevoli quelle indicazioni.

Ogni Deputato deve avere un subalterno suo custodede’ Registri, a cui spetti la formazione, la cura, i traspor-ti de’ listelli, [75] la distribuzione delle limosine, e la to-pografica cognizione del quartiere, per portare avvisi eordinazioni.

Avranno i Deputati un Presidente munito pure di un

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ti, o liste; la prima de’ poveri ammalati di malattia acci-dentale; la seconda degli ammalati cronici; la terza de’sani, che non trovano in che occuparsi, o sono incapacia guadagnarsi col lavoro il proprio sostentamento peretà troppo tenera, per vecchiezza innoltrata, per amputa-zioni, sconciature, e simili.... ec.

Ogni lista conterrà in altrettante colonne il nome, ecognome, l’età, patria, [74] professione, alloggio, porta-menti.... di ciascuno.

Con queste liste si formerà un particolare Registro al-fabetico de’ poveri di ciascun quartiere, e da’ particolariRegistri se ne formerà un particolare Registro alfabeticode’ poveri di ciascun quartiere, e da’ particolari Registrise ne formerà un alfabetico generale di tutta la Città.

Saranno mobili i listelli di ciascun Registro per como-do di levare e trasportare i nomi da uno all’altro ne’ casidi morte, di emigrazione, di passaggio d’una in altraclasse, o d’uno in altro luogo...., come usavasi ne’ cata-logi delle nostre confraternite.

Si possono anche introdurre de’ caratteri, o segni arbi-trarj per indicare in compendio le qualità d’ogni povero.

Se fossero numerizzate le Case della Città, riuscireb-bero più agevoli quelle indicazioni.

Ogni Deputato deve avere un subalterno suo custodede’ Registri, a cui spetti la formazione, la cura, i traspor-ti de’ listelli, [75] la distribuzione delle limosine, e la to-pografica cognizione del quartiere, per portare avvisi eordinazioni.

Avranno i Deputati un Presidente munito pure di un

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custode pel registro generale, e di un Cassiere e di unRagionato.

II. Cassa de’ poveri. Vi sarà una sola Cassa generalede’ poveri, che renda meno complicata e meno aggrava-ta la distribuzione delle limosine, ed a cui si riferiscansempre le Casse subalterne. Quella presso il Presidente;queste presso i respettivi Deputati.

Entreranno nella Cassa generale de’ poveri i fondi, ele rendite di tutti luoghi pii della Città, come si svolgeràpiù ampiamente al n. V.

Si assegnerà ad essa una qualche porzione delle con-fische, e multe, e penali pecuniarie, che si danno a’ con-travventori di certe leggi dello Stato.

Sarà proibito a tutti i Notari di rogare [76] alcun testa-mento, in cui non vi sia qualche legato per la Cassa ge-nerale de’ poveri.

Si esporranno a luoghi opportuni delle Casse morteper le obblazioni spontanee, assegnando anche fedeli ri-cevitori di robe, o danaro pel fine medesimo.

Invece della libertà delle questue private, e de’ minutiaccattamenti, che dovranno essere (n. V.) con rigor som-mo proibiti, sarà fissata dal Principe altra maniera, concui più utilmente animare la pietà de’ sudditi verso i bi-sognosi.

Saprà il Principe regolarsi ogni anno giusta il biso-gno.

III. Dicasterio d’amministrazione. I Deputati de’quartieri della Città col Presidente formano il dicasterioo tribunale di amministrazione.

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custode pel registro generale, e di un Cassiere e di unRagionato.

II. Cassa de’ poveri. Vi sarà una sola Cassa generalede’ poveri, che renda meno complicata e meno aggrava-ta la distribuzione delle limosine, ed a cui si riferiscansempre le Casse subalterne. Quella presso il Presidente;queste presso i respettivi Deputati.

Entreranno nella Cassa generale de’ poveri i fondi, ele rendite di tutti luoghi pii della Città, come si svolgeràpiù ampiamente al n. V.

Si assegnerà ad essa una qualche porzione delle con-fische, e multe, e penali pecuniarie, che si danno a’ con-travventori di certe leggi dello Stato.

Sarà proibito a tutti i Notari di rogare [76] alcun testa-mento, in cui non vi sia qualche legato per la Cassa ge-nerale de’ poveri.

Si esporranno a luoghi opportuni delle Casse morteper le obblazioni spontanee, assegnando anche fedeli ri-cevitori di robe, o danaro pel fine medesimo.

Invece della libertà delle questue private, e de’ minutiaccattamenti, che dovranno essere (n. V.) con rigor som-mo proibiti, sarà fissata dal Principe altra maniera, concui più utilmente animare la pietà de’ sudditi verso i bi-sognosi.

Saprà il Principe regolarsi ogni anno giusta il biso-gno.

III. Dicasterio d’amministrazione. I Deputati de’quartieri della Città col Presidente formano il dicasterioo tribunale di amministrazione.

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Potranno essi scegliersi dal Governo tra i Nobili e fa-coltosi della Città; altri saranno scelti tra i Decurioni; al-tri tra i Dottori Collegiati. [77]

I Custodi, il Cassiere, ed il Ragionato saranno i subal-terni del Tribunale, ed avranno una persona di serviziocomune, o portiere, che voglia dirsi.

Si uniranno tutti una volta per settimana nella Salaconsueta del grande spedale, di cui si dirà in appresso(n. IV.) per trattarvi gli affari correnti.

Saranno discretamente salariati dalla Cassa generalede’ poveri tutti gli inservienti al dicasterio secondo illoro impiego, ed a giudicio del Tribunale medesimo. ISignori Deputati, e il Presidente no, che pregiar si deb-bono di virtù e zelo gratuito pel pubblico bene. La lorobuona condotta in questa carica importante saprà apriread essi la strada a più cospicue dignità, ed alla grazia piùintima del principe.

La carica di Deputato sarà triennale, ed annale quelladel Presidente. Le nuove elezioni si faranno sempre dalGoverno sulla terna proposta dal dicasterio. [78]

In assenza del Sig. Presidente ne supplirà le veci ilDecano.

IV. Amministrazione della Cassa de’ poveri. Non vidovrebb’essere che un solo spedale, o in un corpo solo,o diviso in tre corpi sotto una sola amministrazione, peri bambini esposti, per i pazzarelli, e per le malattie cura-bili, che esigono cotidiana assistenza.

Questo sarà considerato come il centro di tutte le cari-tatevoli sovvenzioni, e interamente regolato dal supre-

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Potranno essi scegliersi dal Governo tra i Nobili e fa-coltosi della Città; altri saranno scelti tra i Decurioni; al-tri tra i Dottori Collegiati. [77]

I Custodi, il Cassiere, ed il Ragionato saranno i subal-terni del Tribunale, ed avranno una persona di serviziocomune, o portiere, che voglia dirsi.

Si uniranno tutti una volta per settimana nella Salaconsueta del grande spedale, di cui si dirà in appresso(n. IV.) per trattarvi gli affari correnti.

Saranno discretamente salariati dalla Cassa generalede’ poveri tutti gli inservienti al dicasterio secondo illoro impiego, ed a giudicio del Tribunale medesimo. ISignori Deputati, e il Presidente no, che pregiar si deb-bono di virtù e zelo gratuito pel pubblico bene. La lorobuona condotta in questa carica importante saprà apriread essi la strada a più cospicue dignità, ed alla grazia piùintima del principe.

La carica di Deputato sarà triennale, ed annale quelladel Presidente. Le nuove elezioni si faranno sempre dalGoverno sulla terna proposta dal dicasterio. [78]

In assenza del Sig. Presidente ne supplirà le veci ilDecano.

IV. Amministrazione della Cassa de’ poveri. Non vidovrebb’essere che un solo spedale, o in un corpo solo,o diviso in tre corpi sotto una sola amministrazione, peri bambini esposti, per i pazzarelli, e per le malattie cura-bili, che esigono cotidiana assistenza.

Questo sarà considerato come il centro di tutte le cari-tatevoli sovvenzioni, e interamente regolato dal supre-

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mo dicasterio precedente sotto la Governativa ispezione.Gli ammalati cronici, i vecchi cadenti...., che hanno

più bisogno di esser mantenuti che trattati dall’arte Me-dica, e Chirurgica, si lascieranno sparsi per Città, so-stentati dalla Cassa generale. Vedi il n. V.

Tutti però saranno ascritti al Registro, e nessuno go-derà de’ soccorsi della Cassa de’ poveri, che non vi siaascritto.

Si lascierà al giudicio de’ rispettivi [79] Deputati,sempre sotto la cognizione di tutto il dicasterio, l’ascri-zione a’ Registri, la cassazione, la riammissione, la fis-sazione del tempo, della natura, e quantità de’ soccorsi,giusta i buoni, o non buoni comportamenti di ciascuno,ed altre circostanze.

Chi abita in un quartiere non potrà aver limosina dallaCassa di un altro quartiere.

Onde chi sarà cassato dal Registro del suo quartierenon potrà essere ascritto a verun altro Registro se nonportandosi ad abitare nel quartiere, a cui esso appartie-ne.

Non si potrà cassare alcuno da’ Registri, se non pre-via una triplice ammonizione. Non dovrà esser riam-messo se non dopo avere pienamente soddisfatto a’ titolidi cassazione.

Dopo tre cassazioni non sarà più riammesso alcuno alRegistro.

Chi sarà così escluso da tutti i Registri non potrà piùessere ascritto al Registro [80] generale nè avere soccor-si dalle Casse.

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mo dicasterio precedente sotto la Governativa ispezione.Gli ammalati cronici, i vecchi cadenti...., che hanno

più bisogno di esser mantenuti che trattati dall’arte Me-dica, e Chirurgica, si lascieranno sparsi per Città, so-stentati dalla Cassa generale. Vedi il n. V.

Tutti però saranno ascritti al Registro, e nessuno go-derà de’ soccorsi della Cassa de’ poveri, che non vi siaascritto.

Si lascierà al giudicio de’ rispettivi [79] Deputati,sempre sotto la cognizione di tutto il dicasterio, l’ascri-zione a’ Registri, la cassazione, la riammissione, la fis-sazione del tempo, della natura, e quantità de’ soccorsi,giusta i buoni, o non buoni comportamenti di ciascuno,ed altre circostanze.

Chi abita in un quartiere non potrà aver limosina dallaCassa di un altro quartiere.

Onde chi sarà cassato dal Registro del suo quartierenon potrà essere ascritto a verun altro Registro se nonportandosi ad abitare nel quartiere, a cui esso appartie-ne.

Non si potrà cassare alcuno da’ Registri, se non pre-via una triplice ammonizione. Non dovrà esser riam-messo se non dopo avere pienamente soddisfatto a’ titolidi cassazione.

Dopo tre cassazioni non sarà più riammesso alcuno alRegistro.

Chi sarà così escluso da tutti i Registri non potrà piùessere ascritto al Registro [80] generale nè avere soccor-si dalle Casse.

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Ogni anno si presenterà dal dicasterio al Pretorio unalista di quelle vili ed infingarde persone, che co’ loromali portamenti, e principalmente coll’essere troppo tar-dive al lavoro avranno demeritata l’assistenza de’ Signo-ri Deputati, perchè siano tenute di mira e punite a’ primitrascorsi colla carcere, o col bando.

La prima, e più importante sovvenzione, che i Depu-tati dovranno fare a’ poveri del loro Registro, sarà diprocurare impiego a quelli, che ne saranno abili.

Potranno perciò tenere un libro separato de’ chiedentiimpiego nel suo quartiere per annicchiare i ricorrentinelle fattorìe, botteghe.... all’occasione di alcuna apertu-ra, o in Città, o in campagna.

Si potrebbe tenere ancora un libro a parte de’ poverivergognosi, cioè di quelli, che hanno giusti motivi danon essere in pubblico confusi coll’altra poveraglia. Ma[81] in ciò convien andar ben cauti per non confonderel’orgoglio colla ragione; i decaduti da buona fortunasono d’ordinario pretensivi, e superbi.

Le distribuzioni pecuniarie si faranno settimanalmen-te per Mandati del Dicasterio radunato ad ogni Deputatoparticolare, e da ogni Deputato a’ poveri del rispettivoquartiere, i quali verranno a prenderle ne’ giorni, e nelleore stabilite.

Ogni Deputato esporrà perciò nella sua anticamera lanota de’ poveri, che si devono soccorrere, colla quantitàe qualità della limosina assegnata, e colla indicazionedel tempo, in cui sarà dispensata. Una nota simile de’poveri vergognosi la conserverà a parte il Custode, o il

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Ogni anno si presenterà dal dicasterio al Pretorio unalista di quelle vili ed infingarde persone, che co’ loromali portamenti, e principalmente coll’essere troppo tar-dive al lavoro avranno demeritata l’assistenza de’ Signo-ri Deputati, perchè siano tenute di mira e punite a’ primitrascorsi colla carcere, o col bando.

La prima, e più importante sovvenzione, che i Depu-tati dovranno fare a’ poveri del loro Registro, sarà diprocurare impiego a quelli, che ne saranno abili.

Potranno perciò tenere un libro separato de’ chiedentiimpiego nel suo quartiere per annicchiare i ricorrentinelle fattorìe, botteghe.... all’occasione di alcuna apertu-ra, o in Città, o in campagna.

Si potrebbe tenere ancora un libro a parte de’ poverivergognosi, cioè di quelli, che hanno giusti motivi danon essere in pubblico confusi coll’altra poveraglia. Ma[81] in ciò convien andar ben cauti per non confonderel’orgoglio colla ragione; i decaduti da buona fortunasono d’ordinario pretensivi, e superbi.

Le distribuzioni pecuniarie si faranno settimanalmen-te per Mandati del Dicasterio radunato ad ogni Deputatoparticolare, e da ogni Deputato a’ poveri del rispettivoquartiere, i quali verranno a prenderle ne’ giorni, e nelleore stabilite.

Ogni Deputato esporrà perciò nella sua anticamera lanota de’ poveri, che si devono soccorrere, colla quantitàe qualità della limosina assegnata, e colla indicazionedel tempo, in cui sarà dispensata. Una nota simile de’poveri vergognosi la conserverà a parte il Custode, o il

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medesimo Deputato, a’ quali potranno essi indirizzarsisenza pubblicità.

Queste note saranno sempre firmate di propria manodal Deputato.

Non dovranno adoperarsi in somiglianti distribuzioninè Parrochi, nè altri Ministri [82] della Religione, sì pernon rendergli odiosi nelle negate o diseguali limosine, esì ancora per averli più liberi e disimpegnati nel dare leopportune informazioni.

Si procurerà, che le distribuzioni si facciano più tostoin roba che in danari per assicurarsi meglio, che le ele-mosine siano consumate nell’uso preciso, a cui sono de-stinati, e non in altri.

Ciò si otterrà facilmente dispensando viglietti al tale,o tal’altro Mercante, perchè dia al latore tanto panno perabiti, tanta tela per camisce...., pagabili al rimettere chesi farà ogni mese dal Mercante stesso i viglietti alla Cas-sa, d’onde sono usciti.

Una tale comunicazione fra il Dicasterio de’ poveri,ed i Mercanti della Città porterà un altro utile a’ poverimedesimi, cioè che nelle commissioni, e lavori perl’estero, e pel nazionale resteranno allettati i Mercantimedesimi a preferire la mano d’opera di que’, che ven-gono [83] loro trasmessi co’ predetti viglietti di Compe-re.

Ad animare ancor più questa corrispondenza, la Cassagenerale pagherà eziandio parte, o tutto il dazio di sorti-ta per que’ lavori, che i Mercanti avranno fatti eseguirea’ poveri del Registro.

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medesimo Deputato, a’ quali potranno essi indirizzarsisenza pubblicità.

Queste note saranno sempre firmate di propria manodal Deputato.

Non dovranno adoperarsi in somiglianti distribuzioninè Parrochi, nè altri Ministri [82] della Religione, sì pernon rendergli odiosi nelle negate o diseguali limosine, esì ancora per averli più liberi e disimpegnati nel dare leopportune informazioni.

Si procurerà, che le distribuzioni si facciano più tostoin roba che in danari per assicurarsi meglio, che le ele-mosine siano consumate nell’uso preciso, a cui sono de-stinati, e non in altri.

Ciò si otterrà facilmente dispensando viglietti al tale,o tal’altro Mercante, perchè dia al latore tanto panno perabiti, tanta tela per camisce...., pagabili al rimettere chesi farà ogni mese dal Mercante stesso i viglietti alla Cas-sa, d’onde sono usciti.

Una tale comunicazione fra il Dicasterio de’ poveri,ed i Mercanti della Città porterà un altro utile a’ poverimedesimi, cioè che nelle commissioni, e lavori perl’estero, e pel nazionale resteranno allettati i Mercantimedesimi a preferire la mano d’opera di que’, che ven-gono [83] loro trasmessi co’ predetti viglietti di Compe-re.

Ad animare ancor più questa corrispondenza, la Cassagenerale pagherà eziandio parte, o tutto il dazio di sorti-ta per que’ lavori, che i Mercanti avranno fatti eseguirea’ poveri del Registro.

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In caso di scarsezza di commissioni estere potrà il Di-casterio dare a’ Mercanti delle proporzionate sovvenzio-ni, per non lasciar mancare il travaglio a’ poveri; e diqueste sovvenzioni sarà poi, o in tutto o in parte rimbor-sata la Cassa colla vendita di quelle manifatture.

Ma i Mercanti dovranno a’ tempi stabiliti notificare alDicasterio il nome, e cognome de’ poveri, a’ qualiavranno somministrato de’ lavori, e la quantità del gua-dagno ad essi procurato, anche per regola delle ulteriorilimosine.

Si fisseranno pure i tempi al restringimento de’ contidi Cassa in pieno Dicasterio, ed una volta l’anno se nepresenterà [84] il bilancio al Governo.

Si potrebbe anche pubblicare annualmente colle stam-pe un ristretto dell’entrata ed uscita di Cassa, col nume-ro de’ poveri sussidiati: questo incoraggirebbe la pietàde’ facoltosi, alla vista de’ bisogni pressanti de’ loro si-mili, e dello zelo, con cui sono assistiti.

V. Providenze generali, e Massime utili pel manteni-mento e per la diminuzione de’ poveri.

Le case di ritiro per malmaritate, per giovanette peri-colanti...., sono fomento dell’ozio, e tentazione perma-nente di commettere reità, o introdurre disordini.

Le case de’ vedovi, delle vedove, de’ vecchj, degli in-curabili.... moltiplicano i poveri; dacchè il povero nonaspira che ad avere con che vivere senza darsi premuradi guadagnarselo, e mette ogni suo studio nel fingere bi-sogni, e mali che esigono ricovero, e miserie di stati ve-dovili... [85] che con maggiore industria, e minore ne-

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In caso di scarsezza di commissioni estere potrà il Di-casterio dare a’ Mercanti delle proporzionate sovvenzio-ni, per non lasciar mancare il travaglio a’ poveri; e diqueste sovvenzioni sarà poi, o in tutto o in parte rimbor-sata la Cassa colla vendita di quelle manifatture.

Ma i Mercanti dovranno a’ tempi stabiliti notificare alDicasterio il nome, e cognome de’ poveri, a’ qualiavranno somministrato de’ lavori, e la quantità del gua-dagno ad essi procurato, anche per regola delle ulteriorilimosine.

Si fisseranno pure i tempi al restringimento de’ contidi Cassa in pieno Dicasterio, ed una volta l’anno se nepresenterà [84] il bilancio al Governo.

Si potrebbe anche pubblicare annualmente colle stam-pe un ristretto dell’entrata ed uscita di Cassa, col nume-ro de’ poveri sussidiati: questo incoraggirebbe la pietàde’ facoltosi, alla vista de’ bisogni pressanti de’ loro si-mili, e dello zelo, con cui sono assistiti.

V. Providenze generali, e Massime utili pel manteni-mento e per la diminuzione de’ poveri.

Le case di ritiro per malmaritate, per giovanette peri-colanti...., sono fomento dell’ozio, e tentazione perma-nente di commettere reità, o introdurre disordini.

Le case de’ vedovi, delle vedove, de’ vecchj, degli in-curabili.... moltiplicano i poveri; dacchè il povero nonaspira che ad avere con che vivere senza darsi premuradi guadagnarselo, e mette ogni suo studio nel fingere bi-sogni, e mali che esigono ricovero, e miserie di stati ve-dovili... [85] che con maggiore industria, e minore ne-

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ghitosità diverrebbero tollerabili, per ottenervi un posto;ed ottenutolo vi si adagia, come animal bruto, e serve dizimbello a’ suoi pari, che corrono ben presto ad imitarlo.

Gli Alberghi de’ poveri presentano una spezie di ga-stigo, che allarma. Chi vi viene forzato non trova com-penso alla perduta libertà; l’esterna coattiva ad atti buo-ni non fa quasi mai un buon abito; si detestano le mura,che ci custodiscono contro voglia, i sopraintendenti checi scuotono con rigore, e l’arte istessa, che ci si vuoleinsegnare con rapidità.

Anche gli Orfanotrofi dovrebbero essere aboliti; nonhanno altro di buono che il nome. La pratica ha dimo-strato, che i figlj vi mancano di educazione, e d’istruzio-ne; il loro fuoco, e lo spirito di bagatella, da cui sono ge-neralmente dominati, non consente di educargli in trup-pa; convien trattargli a parte, [86] o in piccolissimo nu-mero per non rendergli o vili, o caparbj, o sfrenati, comeriescono tuttodì sotto questi effimeri regolamenti.

Ma che ne diverrà degli orfani poverelli? A me sem-bra di tutta giustizia, ed equità, che i più prossimi con-giunti, ai quali si apparterrebbe ab intestato la ereditàde’ defunti, se fossero morti ricchi e senza figli, debbanoincaricarsi della loro custodia, ed allevamento. E la Cas-sa de’ poveri dovrebbe riguardarli con parzialità, cosìche quegli, a’ quali restano consegnati, possano ancheper questo titolo assisterli con amore.

Quelli soli resterebbero a totale aggravio della Cassagenerale, che non hanno al mondo parenti conosciuti,caso non infrequente ad accadere tra’ poveri. Il Deputato

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ghitosità diverrebbero tollerabili, per ottenervi un posto;ed ottenutolo vi si adagia, come animal bruto, e serve dizimbello a’ suoi pari, che corrono ben presto ad imitarlo.

Gli Alberghi de’ poveri presentano una spezie di ga-stigo, che allarma. Chi vi viene forzato non trova com-penso alla perduta libertà; l’esterna coattiva ad atti buo-ni non fa quasi mai un buon abito; si detestano le mura,che ci custodiscono contro voglia, i sopraintendenti checi scuotono con rigore, e l’arte istessa, che ci si vuoleinsegnare con rapidità.

Anche gli Orfanotrofi dovrebbero essere aboliti; nonhanno altro di buono che il nome. La pratica ha dimo-strato, che i figlj vi mancano di educazione, e d’istruzio-ne; il loro fuoco, e lo spirito di bagatella, da cui sono ge-neralmente dominati, non consente di educargli in trup-pa; convien trattargli a parte, [86] o in piccolissimo nu-mero per non rendergli o vili, o caparbj, o sfrenati, comeriescono tuttodì sotto questi effimeri regolamenti.

Ma che ne diverrà degli orfani poverelli? A me sem-bra di tutta giustizia, ed equità, che i più prossimi con-giunti, ai quali si apparterrebbe ab intestato la ereditàde’ defunti, se fossero morti ricchi e senza figli, debbanoincaricarsi della loro custodia, ed allevamento. E la Cas-sa de’ poveri dovrebbe riguardarli con parzialità, cosìche quegli, a’ quali restano consegnati, possano ancheper questo titolo assisterli con amore.

Quelli soli resterebbero a totale aggravio della Cassagenerale, che non hanno al mondo parenti conosciuti,caso non infrequente ad accadere tra’ poveri. Il Deputato

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del quartiere, a cui appartengono, avrà cura di allogarlipresso savie persone, ed intertenerli con discreto stipen-dio [87].

Questa seconda classe d’Orfani dovrebbe essere regi-strata a parte, perchè l’amministrazione pensar deve al-tresì al loro collocamento.

Non vorrei orfanotrofio neppure per questi ultimi, eper le generali ragioni già indicate, e perchè essi giovaresi possono facilmente con privati sussidj presso privatepersone.

Quando non vi aveva provvedimento pubblico per so-stentare così, e ripiegare dolcemente i poveri al trava-glio, la carità de’ privati non poteva meglio impiegarsiche in quelle private fondazioni d’alberghi, di ritiri, diorfanotrofj.... Se il Principe vi s’interessa con una Cassagenerale, divengon esse inutili, e se ne vede anzi il dan-no.

Si aggiunge, che altro è incaricarsi del mantenimentode’ poveri, altro è incaricarsi delle persone de’ poveri.Quello è un dovere del pubblico, che ridonda in vantag-gio del pubblico medesimo; questo sarebbe [88] un pesonon necessario, insopportabile, e dannoso. Sarebbe pesonon necessario, perchè tranne gli ammalati curabili, ipazzarelli, gli esposti, e la giovani figlie, delle quali par-leremo in appresso, si possono custodire e giovare tuttigli altri, come detto è, alle case loro, con facilità e conordine. Sarebbe un peso insopportabile e dannoso, per-chè una truppa concentrata inquieta assai più di una di-spersa; perchè la complicazione, che viene dal gran nu-

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del quartiere, a cui appartengono, avrà cura di allogarlipresso savie persone, ed intertenerli con discreto stipen-dio [87].

Questa seconda classe d’Orfani dovrebbe essere regi-strata a parte, perchè l’amministrazione pensar deve al-tresì al loro collocamento.

Non vorrei orfanotrofio neppure per questi ultimi, eper le generali ragioni già indicate, e perchè essi giovaresi possono facilmente con privati sussidj presso privatepersone.

Quando non vi aveva provvedimento pubblico per so-stentare così, e ripiegare dolcemente i poveri al trava-glio, la carità de’ privati non poteva meglio impiegarsiche in quelle private fondazioni d’alberghi, di ritiri, diorfanotrofj.... Se il Principe vi s’interessa con una Cassagenerale, divengon esse inutili, e se ne vede anzi il dan-no.

Si aggiunge, che altro è incaricarsi del mantenimentode’ poveri, altro è incaricarsi delle persone de’ poveri.Quello è un dovere del pubblico, che ridonda in vantag-gio del pubblico medesimo; questo sarebbe [88] un pesonon necessario, insopportabile, e dannoso. Sarebbe pesonon necessario, perchè tranne gli ammalati curabili, ipazzarelli, gli esposti, e la giovani figlie, delle quali par-leremo in appresso, si possono custodire e giovare tuttigli altri, come detto è, alle case loro, con facilità e conordine. Sarebbe un peso insopportabile e dannoso, per-chè una truppa concentrata inquieta assai più di una di-spersa; perchè la complicazione, che viene dal gran nu-

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mero, genera di per se confusione e torbidi; perchè cre-scerebbe eccessivamente la spesa di abitazioni, di uten-sigli, d’inservienti, di superiori....; perchè educando inCorpi si tocca per lo più uno de’ due estremi o di troppacoattiva, o di troppa indulgenza; perchè riducendo anchesiffatta educazione ad un giusto mezzo, vi traspirerebbesempre una cert’aria di Convento, ed una patina clau-strale ognor contraria alla scioltezza, che aver debbono isecolari; perchè il Dicasterio de’ poveri, in [89] cui fi-nalmente converrebbe, che si risolvessero que’ subalter-ni stabilimenti, avrebbe sempre a cozzare co’ loro supe-riori, che a corto andare divengono duri, ostinati, intrat-tabili, od almeno contradditorj a vicenda nel pensare. Iovi sfido a trovarmi due Ordini Regolari, due Confrater-nite non rivali tra se.

Meno Corpi che si può, e molto meno ancora parlan-dosi di quelli, che vivono sotto una medesima regola, esotto un medesimo tetto. I Corpi mentali unicamente,ossia di gente, che vivono ciascun da se in case dispara-te, e si uniscono a tempi fissi per gli affari alla loro dire-zione commessi, come il Senato, ed il nostro Dicasterio,sono utili alla unità di governo sotto un Principe, che gliorganizzi a dovere Questa è la prima mia massima fon-damentale di pubblica polizia.

L’altra massima fondamentale si è una discreta liber-tà. Tribunali meno che si può; molte istruzioni, e pocheleggi; [90] molta insinuazione, e poca coattiva. Le paro-le spesso obbligano più che la forza.

L’educazione in Corpi, e la stessa educazione de’ Se-

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mero, genera di per se confusione e torbidi; perchè cre-scerebbe eccessivamente la spesa di abitazioni, di uten-sigli, d’inservienti, di superiori....; perchè educando inCorpi si tocca per lo più uno de’ due estremi o di troppacoattiva, o di troppa indulgenza; perchè riducendo anchesiffatta educazione ad un giusto mezzo, vi traspirerebbesempre una cert’aria di Convento, ed una patina clau-strale ognor contraria alla scioltezza, che aver debbono isecolari; perchè il Dicasterio de’ poveri, in [89] cui fi-nalmente converrebbe, che si risolvessero que’ subalter-ni stabilimenti, avrebbe sempre a cozzare co’ loro supe-riori, che a corto andare divengono duri, ostinati, intrat-tabili, od almeno contradditorj a vicenda nel pensare. Iovi sfido a trovarmi due Ordini Regolari, due Confrater-nite non rivali tra se.

Meno Corpi che si può, e molto meno ancora parlan-dosi di quelli, che vivono sotto una medesima regola, esotto un medesimo tetto. I Corpi mentali unicamente,ossia di gente, che vivono ciascun da se in case dispara-te, e si uniscono a tempi fissi per gli affari alla loro dire-zione commessi, come il Senato, ed il nostro Dicasterio,sono utili alla unità di governo sotto un Principe, che gliorganizzi a dovere Questa è la prima mia massima fon-damentale di pubblica polizia.

L’altra massima fondamentale si è una discreta liber-tà. Tribunali meno che si può; molte istruzioni, e pocheleggi; [90] molta insinuazione, e poca coattiva. Le paro-le spesso obbligano più che la forza.

L’educazione in Corpi, e la stessa educazione de’ Se-

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minarj è troppo vincolata, pedantesca e contraria alla li-bertà razionale. Accademie di studenti, e non collegi;pecuniarj soccorsi liberi agli individui, e non clausureda nobili carcerati tra quattro mura, nè confuse e stolideaggregazioni sotto sistematici Mandriani.

Ma ritorniamo al nostro argomento, e riconosciuta lainutilità, ed il danno di tanti separati luoghi pii per soc-corso de’ poveri ivi ragunati, risolviamoci alla plenarialoro abolizione. Le loro entrate andranno ad impinguarecon frutto la generale Cassa del nostro Dicasterio.

Ogni Principe deve prima alimentare i poveri del suoStato, che non i forestieri, ed in caso di troppo ringurgi-to deve espellere questi ultimi. Il Dicasterio de’ poveripuò presiedere a tutto ciò per le [91] Governative istru-zioni.

Si dia bando perpetuo agli oziosi, ai vagabondi, aimendichi di piazza e di strada, massimamente se fore-stieri. Sarà cura dell’Anziano d’ogni quartiere, che imendichi passaggieri rilevin subito dal Dicasterio la li-cenza in iscritto di questuare nel triduo della loro dimo-ra in Città, e che subito dopo il triduo se ne partano.

Gli sgherri o fanti del Pretorio dovranno arrestarequelli, che ardissero fermarsi più lungo tempo; e perogni simile arresto riceveranno dal Dicasterio una man-cia.

Si proibiscono sotto pene di cassazione da’ registri, dibando.... le altre minute questue, e gli accattamenti inCittà ed in campagna, per le case, per le Chiese, e per lestrade.

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minarj è troppo vincolata, pedantesca e contraria alla li-bertà razionale. Accademie di studenti, e non collegi;pecuniarj soccorsi liberi agli individui, e non clausureda nobili carcerati tra quattro mura, nè confuse e stolideaggregazioni sotto sistematici Mandriani.

Ma ritorniamo al nostro argomento, e riconosciuta lainutilità, ed il danno di tanti separati luoghi pii per soc-corso de’ poveri ivi ragunati, risolviamoci alla plenarialoro abolizione. Le loro entrate andranno ad impinguarecon frutto la generale Cassa del nostro Dicasterio.

Ogni Principe deve prima alimentare i poveri del suoStato, che non i forestieri, ed in caso di troppo ringurgi-to deve espellere questi ultimi. Il Dicasterio de’ poveripuò presiedere a tutto ciò per le [91] Governative istru-zioni.

Si dia bando perpetuo agli oziosi, ai vagabondi, aimendichi di piazza e di strada, massimamente se fore-stieri. Sarà cura dell’Anziano d’ogni quartiere, che imendichi passaggieri rilevin subito dal Dicasterio la li-cenza in iscritto di questuare nel triduo della loro dimo-ra in Città, e che subito dopo il triduo se ne partano.

Gli sgherri o fanti del Pretorio dovranno arrestarequelli, che ardissero fermarsi più lungo tempo; e perogni simile arresto riceveranno dal Dicasterio una man-cia.

Si proibiscono sotto pene di cassazione da’ registri, dibando.... le altre minute questue, e gli accattamenti inCittà ed in campagna, per le case, per le Chiese, e per lestrade.

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Si proibisca eziandio il fare simili elemosine ne’ so-praddetti luoghi. Le limosine spontanee devono darsi a’soli passaggieri, che hanno, e mostrano la licenza iniscritto, [92] e ad alcuna delle Casse morte, delle quali siè già parlato. Verrà stabilità penale contro i contravven-tori, da dividersi alla Cassa de’ poveri, ed a chi ne avràfatta la delazione.

Finchè vi saranno Religiosi mendicanti sarà sempredifficile e contrastata questa pubblica providenza. Alme-no i loro cercatori rivolgeranno di continuo la pietà de’facoltosi alle private limosine de’ loro Conventi, e li di-storranno dalle pubbliche; sono essi inoltre di un pesoenorme a’ contadini, sono sanguisughe, che non si di-staccano mai dalla vena, che smongono; ed un fiume di-vertito in troppi rivoli scarseggerà poi d’acqua perl’alveo principale.

La povertà evangelica è povertà di spirito, o certa-mente non è un artificio di sostituire al poco, che ciascu-no abbandona col farsi frate, le rendite ampissime diun’intera Provincia, ch’egli va pizzicando senza posa.[93]

Al governo Gerarchico della Chiesa appartiene il giu-dicare senza appello della morale degli Ordini Religiosi;al Principe secolare appartiene il giudicare appello dellaloro bontà civile; ed è falsissmo, che la bontà morales’identifichi sempre colla civile.

Se il Principe credesse espediente di tollerare alcunOrdine mendicante, dovrebbe mantenerlo non sulla Cas-sa de’ poveri, nè a diminuzione del pubblico loro Patri-

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Si proibisca eziandio il fare simili elemosine ne’ so-praddetti luoghi. Le limosine spontanee devono darsi a’soli passaggieri, che hanno, e mostrano la licenza iniscritto, [92] e ad alcuna delle Casse morte, delle quali siè già parlato. Verrà stabilità penale contro i contravven-tori, da dividersi alla Cassa de’ poveri, ed a chi ne avràfatta la delazione.

Finchè vi saranno Religiosi mendicanti sarà sempredifficile e contrastata questa pubblica providenza. Alme-no i loro cercatori rivolgeranno di continuo la pietà de’facoltosi alle private limosine de’ loro Conventi, e li di-storranno dalle pubbliche; sono essi inoltre di un pesoenorme a’ contadini, sono sanguisughe, che non si di-staccano mai dalla vena, che smongono; ed un fiume di-vertito in troppi rivoli scarseggerà poi d’acqua perl’alveo principale.

La povertà evangelica è povertà di spirito, o certa-mente non è un artificio di sostituire al poco, che ciascu-no abbandona col farsi frate, le rendite ampissime diun’intera Provincia, ch’egli va pizzicando senza posa.[93]

Al governo Gerarchico della Chiesa appartiene il giu-dicare senza appello della morale degli Ordini Religiosi;al Principe secolare appartiene il giudicare appello dellaloro bontà civile; ed è falsissmo, che la bontà morales’identifichi sempre colla civile.

Se il Principe credesse espediente di tollerare alcunOrdine mendicante, dovrebbe mantenerlo non sulla Cas-sa de’ poveri, nè a diminuzione del pubblico loro Patri-

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monio, che è la carità de’ ricchi, ma sulla Cassa, che orva saggiamente introducendosi col titolo di Cassa diReligione.

Le precedenti massime e riflessioni avranno uso gran-dissimo per la formazione, per la manutenzione, e per lasavia amministrazione della Cassa de’ poveri; servonoanche in parte per la loro diminuzione, cioè fino a quelsegno, che può competere al nostro Dicasterio.

Altre massime, altre providenze si esigono [94] perlevare dal pubblico le radici più feconde della povertà,che son l’oziosità, e l’ignoranza della plebe. Il decadi-mento delle manifatture e delle arti rende ozioso il po-polo; e la ignoranza del popolo in fatto d’arti e di me-stieri produce irreparabilmente il loro decadimento.

Convien dunque incoraggir quelle prime, svincolarle,sollevarle, premiarne gli inventori e gli introduttori;convien regolare il commercio sì che non intorpidiscaper lentezza, nè per troppo ardor si consumi; convienpromuovere l’agricoltura, e mantenere un certo equili-brio tralle ricchezze territoriali, e le esterne. Gli agrono-mici, ed i Negozianti di professione sapranno suggerirnei mezzi opportuni.

È inoltre da educarsi al guadagno il minuto popolo,cioè i figli de’ bassi artisti, e poi ancora i figli de’ botte-gaj di non infima condizione.

Quanto alla prima classe di figli de’ poveri artisti, do-vrebbero introdursi, o moltiplicarsi [95] le libere privateScuole di mestieri, e d’arti con sovvenzioni, con prestitigratuiti, e con altri simili sussidj. Quel fabbro ferrajo a

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monio, che è la carità de’ ricchi, ma sulla Cassa, che orva saggiamente introducendosi col titolo di Cassa diReligione.

Le precedenti massime e riflessioni avranno uso gran-dissimo per la formazione, per la manutenzione, e per lasavia amministrazione della Cassa de’ poveri; servonoanche in parte per la loro diminuzione, cioè fino a quelsegno, che può competere al nostro Dicasterio.

Altre massime, altre providenze si esigono [94] perlevare dal pubblico le radici più feconde della povertà,che son l’oziosità, e l’ignoranza della plebe. Il decadi-mento delle manifatture e delle arti rende ozioso il po-polo; e la ignoranza del popolo in fatto d’arti e di me-stieri produce irreparabilmente il loro decadimento.

Convien dunque incoraggir quelle prime, svincolarle,sollevarle, premiarne gli inventori e gli introduttori;convien regolare il commercio sì che non intorpidiscaper lentezza, nè per troppo ardor si consumi; convienpromuovere l’agricoltura, e mantenere un certo equili-brio tralle ricchezze territoriali, e le esterne. Gli agrono-mici, ed i Negozianti di professione sapranno suggerirnei mezzi opportuni.

È inoltre da educarsi al guadagno il minuto popolo,cioè i figli de’ bassi artisti, e poi ancora i figli de’ botte-gaj di non infima condizione.

Quanto alla prima classe di figli de’ poveri artisti, do-vrebbero introdursi, o moltiplicarsi [95] le libere privateScuole di mestieri, e d’arti con sovvenzioni, con prestitigratuiti, e con altri simili sussidj. Quel fabbro ferrajo a

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cagione di esempio, o quell’altro legnajuolo...., che pre-sentasse alla società Patriotica, o ad altra analoga Giudi-catura qualche bravo suo allievo, che reggesse a certiproporzionati esperimenti potrebbe aver diritto ad unpremio unitamente all’allievo medesimo.

Lungi però da simili istituzioni la monastica clausura,e la forza. Un facile temperamento di leggieri gastighi, edi fratellevole correzione darà il velle a’ teneri novizjsenza opprimerli.

Ma per le zitelle figlie d’artisti, e di giornalieri sonoanzi da ristabilirsi i così detti Conservatorj per esercitar-le al lavoro: la debolezza del loro sesso non permette disbandirle nelle contrade, e botteghe della Città. Sono ne-cessarj questi Conservatorj, come sono necessarj glispedali; e la docilità generalmente annessa alla maggio-re [96] mollezza, e delicatezza muscolare delle giovanifiglie non lascia temere i disordini già accennati controla educazione de’ figli maschi in Comunità Religiose.

Vi vorrebbero tre Conservatorj per ogni Città divisifra loro d’abitazione, ma sotto una medesima ammini-strazione economica e civile, sempre dipendente dalPrincipe. Uno per la formazione delle Maestre da som-ministrarsi agli altri due, e da ritirarsi da essi per soprav-vegnente vecchiezza, o per altra inabilità qualunque; ilsecondo Conservatojo per l’educazione delle più tenerefigliuoline fino a certo grado di scienza d’ago, e di fuso;il terzo per quelle di mezza età, che portar debbono ilpeso de’ lavori utili, e delle ultime e più solide istruzio-ni. La sì grande diversità d’ispezioni, di regole, di distri-

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cagione di esempio, o quell’altro legnajuolo...., che pre-sentasse alla società Patriotica, o ad altra analoga Giudi-catura qualche bravo suo allievo, che reggesse a certiproporzionati esperimenti potrebbe aver diritto ad unpremio unitamente all’allievo medesimo.

Lungi però da simili istituzioni la monastica clausura,e la forza. Un facile temperamento di leggieri gastighi, edi fratellevole correzione darà il velle a’ teneri novizjsenza opprimerli.

Ma per le zitelle figlie d’artisti, e di giornalieri sonoanzi da ristabilirsi i così detti Conservatorj per esercitar-le al lavoro: la debolezza del loro sesso non permette disbandirle nelle contrade, e botteghe della Città. Sono ne-cessarj questi Conservatorj, come sono necessarj glispedali; e la docilità generalmente annessa alla maggio-re [96] mollezza, e delicatezza muscolare delle giovanifiglie non lascia temere i disordini già accennati controla educazione de’ figli maschi in Comunità Religiose.

Vi vorrebbero tre Conservatorj per ogni Città divisifra loro d’abitazione, ma sotto una medesima ammini-strazione economica e civile, sempre dipendente dalPrincipe. Uno per la formazione delle Maestre da som-ministrarsi agli altri due, e da ritirarsi da essi per soprav-vegnente vecchiezza, o per altra inabilità qualunque; ilsecondo Conservatojo per l’educazione delle più tenerefigliuoline fino a certo grado di scienza d’ago, e di fuso;il terzo per quelle di mezza età, che portar debbono ilpeso de’ lavori utili, e delle ultime e più solide istruzio-ni. La sì grande diversità d’ispezioni, di regole, di distri-

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buzioni d’ore e simili, che si richiede a ciascuna di que-ste tre case, mostra quasi all’evidanza, che è impossibileridurle in una sola.

In nessuna di queste case non traspiri [97] mai ariamonacale, non beghinismo, non vesti uniformi, nonascetici impedimenti, non voti perpetui, non formalitàd’ammissioni...., ed invece di tutto ciò sianvi soda Reli-gione, trattamento civile, e fondate speranze di essereonestamente dotate al caso di matrimonio.

Ci resta ora l’altra classe di figli, e figlie de’ bottegajdi non infima condizione. Alle tante e tanto inutili sco-lette di lingua latina, entro cui da’ figli de’ bottegaj siperdono tanti anni inutilmente, si sostituiscano scuole li-bere di bella scrittura, di aritmetica, di disegno, di mate-ria epistolare, di lingua patria.

Oh se di un colpo risoluto e forte si tagliasse dallostato la latinità in tanti, e così inutili rami suddivisa! Ohse si confinasse lo studio di questa lingua nelle sole uni-versità, come si riserba la greca, e l’ebrea! Si facilitereb-be d’assai quella providenza pel popolo, e si torrebberod’inganno, e d’impaccio tutti gli altri ordini [98] di Cit-tadini, che mandano i loro figli a studiar per dieci anni illatino, e dopo questi dieci anni si accorgono finalmente,che non sanno nè il latino, nè nulla di tutto ciò, che conquell’incognito stromento si è ad essi preteso d’insegna-re.

Io non so se nelle storie vi sia esempio dell’uso bar-baro, che abbiamo noi di trattare le cose politiche, lescientifiche, le sacre in lingua forestiera e morta già da

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buzioni d’ore e simili, che si richiede a ciascuna di que-ste tre case, mostra quasi all’evidanza, che è impossibileridurle in una sola.

In nessuna di queste case non traspiri [97] mai ariamonacale, non beghinismo, non vesti uniformi, nonascetici impedimenti, non voti perpetui, non formalitàd’ammissioni...., ed invece di tutto ciò sianvi soda Reli-gione, trattamento civile, e fondate speranze di essereonestamente dotate al caso di matrimonio.

Ci resta ora l’altra classe di figli, e figlie de’ bottegajdi non infima condizione. Alle tante e tanto inutili sco-lette di lingua latina, entro cui da’ figli de’ bottegaj siperdono tanti anni inutilmente, si sostituiscano scuole li-bere di bella scrittura, di aritmetica, di disegno, di mate-ria epistolare, di lingua patria.

Oh se di un colpo risoluto e forte si tagliasse dallostato la latinità in tanti, e così inutili rami suddivisa! Ohse si confinasse lo studio di questa lingua nelle sole uni-versità, come si riserba la greca, e l’ebrea! Si facilitereb-be d’assai quella providenza pel popolo, e si torrebberod’inganno, e d’impaccio tutti gli altri ordini [98] di Cit-tadini, che mandano i loro figli a studiar per dieci anni illatino, e dopo questi dieci anni si accorgono finalmente,che non sanno nè il latino, nè nulla di tutto ciò, che conquell’incognito stromento si è ad essi preteso d’insegna-re.

Io non so se nelle storie vi sia esempio dell’uso bar-baro, che abbiamo noi di trattare le cose politiche, lescientifiche, le sacre in lingua forestiera e morta già da

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più secoli, anzi di così trattarle per pubblica autorità. Lastessa Religione Cristiana ha sempre celebrati i divinimisteri in lingua volgare. Passò essa dalla lingua Ebreaper gli Ebrei alla Greca, alla Siriaca, alla Assiria peiGreci, pei Siriaci, per gli Assirj.... ed alla Latina pei La-tini. Qual privilegio avrà essa mai la lingua latina, per-chè avendo cessato d’esser volgare non si passi a quelle,che vi subentrarono, mentre pure son già ridotte ad altis-sima perfezione? Che che sia di ciò, egli è certissimo,che sotto la legislazione, e sotto [99] gli usi generali delpresente secolo la lingua latina è inutile, ed anzi danno-sa alla pubblica educazione, e ciò, che fa al propositonostro, è cagione immediata di molta inerzia e povertàdel popolo.

Le figlie di mezzana estrazione devono custodirsi ededucarsi in un modo analogo a quello delle figlie del po-polo più minuto. Per queste si son proposti i conservato-rj, per quelle sono da ammettersi e similmente i Collegid’istruzione, ch’io disapprovo altamente pe’ giovanetti,e per le altre classi di più adulte persone. Ora a qual protanti conventi di Monache al mondo, che dividono sgra-ziatamente il loro tempo in tre parti, una al direttore,l’altra al Medico, la terza al parlatorio? Si convertano, sitrasformino le loro case in tante scuole secolaresche perfiglie nubili di mezzana, di civile, ed anche di nobilequalità, che v’imparino a parlare, a leggere, a scrivere, aconteggiare, a cucire.... Giubilano i buoni, che il nostro[100] Governo Milanese seriamente pensi a sì salutarimetamorfosi.

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più secoli, anzi di così trattarle per pubblica autorità. Lastessa Religione Cristiana ha sempre celebrati i divinimisteri in lingua volgare. Passò essa dalla lingua Ebreaper gli Ebrei alla Greca, alla Siriaca, alla Assiria peiGreci, pei Siriaci, per gli Assirj.... ed alla Latina pei La-tini. Qual privilegio avrà essa mai la lingua latina, per-chè avendo cessato d’esser volgare non si passi a quelle,che vi subentrarono, mentre pure son già ridotte ad altis-sima perfezione? Che che sia di ciò, egli è certissimo,che sotto la legislazione, e sotto [99] gli usi generali delpresente secolo la lingua latina è inutile, ed anzi danno-sa alla pubblica educazione, e ciò, che fa al propositonostro, è cagione immediata di molta inerzia e povertàdel popolo.

Le figlie di mezzana estrazione devono custodirsi ededucarsi in un modo analogo a quello delle figlie del po-polo più minuto. Per queste si son proposti i conservato-rj, per quelle sono da ammettersi e similmente i Collegid’istruzione, ch’io disapprovo altamente pe’ giovanetti,e per le altre classi di più adulte persone. Ora a qual protanti conventi di Monache al mondo, che dividono sgra-ziatamente il loro tempo in tre parti, una al direttore,l’altra al Medico, la terza al parlatorio? Si convertano, sitrasformino le loro case in tante scuole secolaresche perfiglie nubili di mezzana, di civile, ed anche di nobilequalità, che v’imparino a parlare, a leggere, a scrivere, aconteggiare, a cucire.... Giubilano i buoni, che il nostro[100] Governo Milanese seriamente pensi a sì salutarimetamorfosi.

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Un Dicasterio analogo a quello de’ poveri sulle mani-fatture ed arti, ed un altro Dicasterio sulla pubblica edu-cazione delle figlie nubili darebbe compimento, e stabi-lità a tutto il precedente sistema. Il Principe è motor su-premo e perenne della gran macchina legislativa, ed iDicasterj, de’ quali parliamo, devono considerarsi comeruote maestre della macchina medesima.

E quì termina, amico carissimo, il mio Piano di so-stentamento e di riduzione de’ poveri, forse utile, e forseno; forse plausibile, e forse no. Mi sovviene di ciò, chesta scritto negli statuti municipali di Poncurone. Vi sinarra la pubblicazione di certe leggi, e collo stile tersis-simo di que’ tempi si conchiude trombetatum est permediam horam, et conclusum est, se nihil velle facerede supradictis. Chi sa, che non abbia lo stesso esito que-do mio progetto, [101] ch’io per altro invio a voi, ed a’comuni amici, e non posso affiggere nè alle Porte dellaCittà, nè a quelle del Pretorio. Addio.

Chambery. 16. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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Un Dicasterio analogo a quello de’ poveri sulle mani-fatture ed arti, ed un altro Dicasterio sulla pubblica edu-cazione delle figlie nubili darebbe compimento, e stabi-lità a tutto il precedente sistema. Il Principe è motor su-premo e perenne della gran macchina legislativa, ed iDicasterj, de’ quali parliamo, devono considerarsi comeruote maestre della macchina medesima.

E quì termina, amico carissimo, il mio Piano di so-stentamento e di riduzione de’ poveri, forse utile, e forseno; forse plausibile, e forse no. Mi sovviene di ciò, chesta scritto negli statuti municipali di Poncurone. Vi sinarra la pubblicazione di certe leggi, e collo stile tersis-simo di que’ tempi si conchiude trombetatum est permediam horam, et conclusum est, se nihil velle facerede supradictis. Chi sa, che non abbia lo stesso esito que-do mio progetto, [101] ch’io per altro invio a voi, ed a’comuni amici, e non posso affiggere nè alle Porte dellaCittà, nè a quelle del Pretorio. Addio.

Chambery. 16. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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IX.Al Padre Lettore

D. GIROLAMO BELCREDIBENEDETTINO

PAVIA.Esperimenti di Chimica.

__________________AMICO CARISSIMO.

l nostro albergo in Chambery si è ora cambiato in unaAccademia di scienze. Che bella, ed agiata convale-

scenza! Concorrono quì letterati, ed artisti, e ci trattenia-mo gajamente sull’agronomica, sulla Chimica, sulla sto-ria naturale, e che so io? Jeri si è parlato assai sulla cal-cinazione de’ corpi, ed io vi ho proposti i novissimi[103] risultati dell’egregio ed instancabil Sig. Conte Sa-luzzi. Me gli aveva egli comunicati in Torino ne’ tregiorni, che ho avuto l’onore distinto, ed il piacere di ve-derlo ad operare nel suo ricco laboratorio. Non avrebbeamato di azzardargli al pubblico prima che da altri si ri-facessero tutte le sue esperienze: noi le abbiamo rifattequì, ed a fare omaggio all’illustre autore, e per darviconto delle mie piacevoli occupazioni, le consegno aquesta lettera.

I

Materie, e dosi miste nel matraccio. Due oncie ed un

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IX.Al Padre Lettore

D. GIROLAMO BELCREDIBENEDETTINO

PAVIA.Esperimenti di Chimica.

__________________AMICO CARISSIMO.

l nostro albergo in Chambery si è ora cambiato in unaAccademia di scienze. Che bella, ed agiata convale-

scenza! Concorrono quì letterati, ed artisti, e ci trattenia-mo gajamente sull’agronomica, sulla Chimica, sulla sto-ria naturale, e che so io? Jeri si è parlato assai sulla cal-cinazione de’ corpi, ed io vi ho proposti i novissimi[103] risultati dell’egregio ed instancabil Sig. Conte Sa-luzzi. Me gli aveva egli comunicati in Torino ne’ tregiorni, che ho avuto l’onore distinto, ed il piacere di ve-derlo ad operare nel suo ricco laboratorio. Non avrebbeamato di azzardargli al pubblico prima che da altri si ri-facessero tutte le sue esperienze: noi le abbiamo rifattequì, ed a fare omaggio all’illustre autore, e per darviconto delle mie piacevoli occupazioni, le consegno aquesta lettera.

I

Materie, e dosi miste nel matraccio. Due oncie ed un

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ottavo di argento vivo, con due oncie di acido nitrosofumante concentratissimo, che danno in tutto onciequattro, ed un ottavo.

Si hanno vapori gialli a freddo. Cresce la intensità de’vapori col fuoco; giunta la distillazione a circa due terzi,scemano di bel nuovo, e finita la dissoluzione resta dia-fana la capacità. La vescica attaccata al collo del ma-traccio prende [104] una tinta rossa, e per impedire laespulsione de’ vapori nitrosi la umettavamo continua-mente con olio di tartaro debolissimo.

Scomparsi i vapori col finire della dissoluzione co-mincia la distillazione, la quale è limpidissima. Quandonon rimane più che il terzo del liquore distillato, comin-cia essa a prendere un color gialliccio, che si rende sem-preppiù carico passando anche al rosso; sul fine delladissipazione dell’umido la materia diventa spumante.

Compajon ora nuovamente i vapori rossi, diventanopiù intensi sul finire della operazione. Ad assicurarsidella massima espulsione dell’acido, è necessario conti-nuare il fuoco fino a che cominci la riduzione.

Si osservi, che quando la materia non ritiene se non laquantità necessaria di principio acquoso per essere cri-stallizzabile, i vapori rossi si riproducono sempreppiù[105] intensi a misura, che l’acqua di cristallizzazione sidissipa, e sul fine sono quasi neri. Pare dunque dimo-strato, che l’acido avrà lasciata la parte più attiva a que-sta sostanza metallica, e che il principio acquoso è unmezzo necessario per la combinazione di questa partecol mercurio, poichè può esserne separato col togliergli

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ottavo di argento vivo, con due oncie di acido nitrosofumante concentratissimo, che danno in tutto onciequattro, ed un ottavo.

Si hanno vapori gialli a freddo. Cresce la intensità de’vapori col fuoco; giunta la distillazione a circa due terzi,scemano di bel nuovo, e finita la dissoluzione resta dia-fana la capacità. La vescica attaccata al collo del ma-traccio prende [104] una tinta rossa, e per impedire laespulsione de’ vapori nitrosi la umettavamo continua-mente con olio di tartaro debolissimo.

Scomparsi i vapori col finire della dissoluzione co-mincia la distillazione, la quale è limpidissima. Quandonon rimane più che il terzo del liquore distillato, comin-cia essa a prendere un color gialliccio, che si rende sem-preppiù carico passando anche al rosso; sul fine delladissipazione dell’umido la materia diventa spumante.

Compajon ora nuovamente i vapori rossi, diventanopiù intensi sul finire della operazione. Ad assicurarsidella massima espulsione dell’acido, è necessario conti-nuare il fuoco fino a che cominci la riduzione.

Si osservi, che quando la materia non ritiene se non laquantità necessaria di principio acquoso per essere cri-stallizzabile, i vapori rossi si riproducono sempreppiù[105] intensi a misura, che l’acqua di cristallizzazione sidissipa, e sul fine sono quasi neri. Pare dunque dimo-strato, che l’acido avrà lasciata la parte più attiva a que-sta sostanza metallica, e che il principio acquoso è unmezzo necessario per la combinazione di questa partecol mercurio, poichè può esserne separato col togliergli

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ogni umidità.Risultati. Il peso del precipitato rosso era di oncie

due, quattro ottavi, e 24. grani; il liquore distillato pesa-va solamente un’oncia, tre ottavi, e 24. grani; ed il gasannicchiato tralle vesciche, ed i recipienti era di quattrodenari, o di quattro terzi d’ottavo d’oncia. Quindi il pesoaggiunto al mercurio nella sua calcinazione agguagliaprecisamente il peso sottratto al menstruo nella calcina-zione medesima.

Abbiamo combinato queste due sostanze metalliche,cioè il mercurio, ed il precipitato rosso con quattro men-strui [106] comunissimi, che avevamo con noi.

L’acido nitroso coobato quattro volte sopra nuovoMercurio non mordeva più l’argento vivo, se non debol-mente con un gran fuoco alla quarta volta.

Esplorato coll’olio di tartaro si eccitava soltanto undebolissimo movimento assai minore di quello, che si fada un aceto vapido sopra quest’alcali fisso.

Non cristallizza più questo liquore; esso ha un odoredi viole, ed è oleaginoso al gusto.

Il precipitato rosso è attaccabile dallo spirito di aceto,e fa un precipitato bianco.

È parimenti attaccabile dallo spirito di vino e fa unprecipitato giallo-grigio.

L’alcali fisso, ossia l’olio di tartaro fa la riduzione delsuddetto precipitato in mercurio.

Finalmente ho esaminata con piacere la materia gaso-sa, che stava nelle vesciche [107] della prima esperien-za. La credete voi salubre o micidiale? mofetica o respi-

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ogni umidità.Risultati. Il peso del precipitato rosso era di oncie

due, quattro ottavi, e 24. grani; il liquore distillato pesa-va solamente un’oncia, tre ottavi, e 24. grani; ed il gasannicchiato tralle vesciche, ed i recipienti era di quattrodenari, o di quattro terzi d’ottavo d’oncia. Quindi il pesoaggiunto al mercurio nella sua calcinazione agguagliaprecisamente il peso sottratto al menstruo nella calcina-zione medesima.

Abbiamo combinato queste due sostanze metalliche,cioè il mercurio, ed il precipitato rosso con quattro men-strui [106] comunissimi, che avevamo con noi.

L’acido nitroso coobato quattro volte sopra nuovoMercurio non mordeva più l’argento vivo, se non debol-mente con un gran fuoco alla quarta volta.

Esplorato coll’olio di tartaro si eccitava soltanto undebolissimo movimento assai minore di quello, che si fada un aceto vapido sopra quest’alcali fisso.

Non cristallizza più questo liquore; esso ha un odoredi viole, ed è oleaginoso al gusto.

Il precipitato rosso è attaccabile dallo spirito di aceto,e fa un precipitato bianco.

È parimenti attaccabile dallo spirito di vino e fa unprecipitato giallo-grigio.

L’alcali fisso, ossia l’olio di tartaro fa la riduzione delsuddetto precipitato in mercurio.

Finalmente ho esaminata con piacere la materia gaso-sa, che stava nelle vesciche [107] della prima esperien-za. La credete voi salubre o micidiale? mofetica o respi-

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rabile? la credete voi un fluido di suo genere, un’aria dase, una sostanza precisamente prodotta in quella Chimi-ca operazione? L’abbiamo raccolta in lunghi tubi di ve-tro aperti da un lato, spremendovela dal collo delle ve-sciche maneggiate con destrezza. Era di colore azzurro,opaca a guisa di folta nebbia, inquieta, ed agitata a con-tinui vortici lentissimi per tutta la lunghezza del reci-piente. Sopra un fil di ferro uncinato ad una delle dueestremità conficcammo un accesa candeletta, che cosìpian piano immergevamo nel tubo. Entrando il lucigno-lo nella stagnante aria vedevamo raccorciarsi la fiam-mettina, rannicchiarsi in se stessa, ritirarsi nella sua pun-ta estrema, e poi da lui interamente distaccarsi, e correreserpeggiando sulla superficie di quel mar fumoso finoad estinguersi interamente. Pareva, che la densità delfluido ne impedisse l’entrata, [108] e quando tentavamodi sommergere all’improvviso e con sensibile velocità ilpiccol cereo ralluminato, lo vedevamo estinguersi comedi un salto. In una parola, non solamente non ci vive inquel gas troppo flogisticato il lume acceso, ma non vientra neppure, nè può entrarvi. Potranno dunque entrar-vi e vivervi gli animali? Sarà egli accendibile da scintil-la elettrica, o da luce solare condensata ne’ caustici?Continuate voi da chimico dilettante questi esperimenti,e queste pratiche indagazioni, ma guardatevi bene dalfingere entità, che non vi sono, o da moltiplicarle senzabisogno. In questo secolo si vuol essere creatore; e perDio Bacco, non si creano che vocaboli. Nelle presentiquistioni basterebbe ammettere, che l’aria atmosferica è

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rabile? la credete voi un fluido di suo genere, un’aria dase, una sostanza precisamente prodotta in quella Chimi-ca operazione? L’abbiamo raccolta in lunghi tubi di ve-tro aperti da un lato, spremendovela dal collo delle ve-sciche maneggiate con destrezza. Era di colore azzurro,opaca a guisa di folta nebbia, inquieta, ed agitata a con-tinui vortici lentissimi per tutta la lunghezza del reci-piente. Sopra un fil di ferro uncinato ad una delle dueestremità conficcammo un accesa candeletta, che cosìpian piano immergevamo nel tubo. Entrando il lucigno-lo nella stagnante aria vedevamo raccorciarsi la fiam-mettina, rannicchiarsi in se stessa, ritirarsi nella sua pun-ta estrema, e poi da lui interamente distaccarsi, e correreserpeggiando sulla superficie di quel mar fumoso finoad estinguersi interamente. Pareva, che la densità delfluido ne impedisse l’entrata, [108] e quando tentavamodi sommergere all’improvviso e con sensibile velocità ilpiccol cereo ralluminato, lo vedevamo estinguersi comedi un salto. In una parola, non solamente non ci vive inquel gas troppo flogisticato il lume acceso, ma non vientra neppure, nè può entrarvi. Potranno dunque entrar-vi e vivervi gli animali? Sarà egli accendibile da scintil-la elettrica, o da luce solare condensata ne’ caustici?Continuate voi da chimico dilettante questi esperimenti,e queste pratiche indagazioni, ma guardatevi bene dalfingere entità, che non vi sono, o da moltiplicarle senzabisogno. In questo secolo si vuol essere creatore; e perDio Bacco, non si creano che vocaboli. Nelle presentiquistioni basterebbe ammettere, che l’aria atmosferica è

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impregnata da diverse esalazioni mercuriali, nitrose....de’ corpi sottoposti a diversi processi chimici, senzametterci in compromesso per cosmetiche produzioni, oper Ovidiane metamorfosi. [109] Tale si era la opinionede’ nostri buoni vecchj, che se erano ridicoli in moltecose, non lo erano di certo in queste, come i superficia-lissimi novatori d’oggidì. Sì fatta maniera di filosofarepiaceva assaissimo al Sig. Conte di Saluzzo, al suo Ca-valier Morozzi fortunatissimo decompositore dei gas, enon è discara a’ fidi compagni di queste nostre letterariesessioni. State sani. Riveritemi l’impareggiabile Sig.Scopoli, l’espertissimo Sig. Nocetti, al cui fornello giàvi veggo assiso per ripetere le quì descritte esperienze, ecredetemi pure, che sono

Chambery. 16. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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impregnata da diverse esalazioni mercuriali, nitrose....de’ corpi sottoposti a diversi processi chimici, senzametterci in compromesso per cosmetiche produzioni, oper Ovidiane metamorfosi. [109] Tale si era la opinionede’ nostri buoni vecchj, che se erano ridicoli in moltecose, non lo erano di certo in queste, come i superficia-lissimi novatori d’oggidì. Sì fatta maniera di filosofarepiaceva assaissimo al Sig. Conte di Saluzzo, al suo Ca-valier Morozzi fortunatissimo decompositore dei gas, enon è discara a’ fidi compagni di queste nostre letterariesessioni. State sani. Riveritemi l’impareggiabile Sig.Scopoli, l’espertissimo Sig. Nocetti, al cui fornello giàvi veggo assiso per ripetere le quì descritte esperienze, ecredetemi pure, che sono

Chambery. 16. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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X.All’Illustrissimo Sig.

D. ANTONIO DELLA PORTA SENIORECOMO.

Acque della Boisse.__________________

Ill.mo Sig. Pron. Col.mo.ezipe nel primo dì una bottiglia di acqua mineraledella Boisse, nel secondo una e mezzo, nel terzo

due, nel quarto due e mezzo, nel quinto tre; si continuicon tre per alcuni giorni consecutivi fino a guarigioneinnoltrata; si scemi in appresso la dose con ordine retro-grado al precedente, e con una bottiglia al dì si proseguafino al totale ristabilimento.

R

Questa, o valorosissimo Sig. Dottore [111] Antonio, èla ricetta popolare, salutifera, che mi venne intimata inChambery per la mia indisposizione a lei ben nota. Cre-dè il medico, che dovessero le acque della Boisse essereancor più pronte di quelle delle sue della Villa, che quìsi conoscono, e non si hanno; e vi aggiunse lo stesso usodi cibi, e l’istessa quiete da lei consigliatami l’annoscorso. Le scrivo ora queste cose, mentre sono perfetta-mente ristabilito, per mostrarle il conto, che faccio, efarò sempre de’ suoi consiglj, e che anche sott’altro Cie-lo vivo memore de’ doveri, che a lei mi stringono. Fra-

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X.All’Illustrissimo Sig.

D. ANTONIO DELLA PORTA SENIORECOMO.

Acque della Boisse.__________________

Ill.mo Sig. Pron. Col.mo.ezipe nel primo dì una bottiglia di acqua mineraledella Boisse, nel secondo una e mezzo, nel terzo

due, nel quarto due e mezzo, nel quinto tre; si continuicon tre per alcuni giorni consecutivi fino a guarigioneinnoltrata; si scemi in appresso la dose con ordine retro-grado al precedente, e con una bottiglia al dì si proseguafino al totale ristabilimento.

R

Questa, o valorosissimo Sig. Dottore [111] Antonio, èla ricetta popolare, salutifera, che mi venne intimata inChambery per la mia indisposizione a lei ben nota. Cre-dè il medico, che dovessero le acque della Boisse essereancor più pronte di quelle delle sue della Villa, che quìsi conoscono, e non si hanno; e vi aggiunse lo stesso usodi cibi, e l’istessa quiete da lei consigliatami l’annoscorso. Le scrivo ora queste cose, mentre sono perfetta-mente ristabilito, per mostrarle il conto, che faccio, efarò sempre de’ suoi consiglj, e che anche sott’altro Cie-lo vivo memore de’ doveri, che a lei mi stringono. Fra-

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tello, e Zio di due medici sapientissimi, raro ornamentodi cotesta Città, Ella ha diritto a tutti i sentimenti di sti-ma, e di affetto, che obbligar possono la mia riconoscen-za.

Ma oh grotta della Boisse, mia ultima salute e ristoro!Dove sei? e perchè mai ti nascondi? io divoro la strada,che ti separa al sud-ovest dalla Città, e colla mente in tefissa, e colla gratitudine per te [112] nel cuore solo so-letto da me, con un libro in mano, e con un guidajuolosilenzioso a’ fianchi, carico di ampolle d’esperimento,pellegrinando instancabilmente per un intero quarto dilega e forse più, sul mattin ruggiadoso a te ne vengo, emi prostro nel Santuario delle tue beneficenze. Oh fontevivo, e saliente di lunga vita! Lascia, che poste in noncale le verzure de’ prati, e l’amenità de’ poggi frondosi,che ti circondano, e ’l vicin fiume cristallino de Laisse,io mi fermi a scoprire i tesori di vita, che in sen racchiu-di. Colle chimico-fisiche preparazioni, che ho meco re-cate, farò l’analisi della terra, e dell’acqua alle loro sor-genti, ed Ella, Illustrissimo Sig. D. Antonio, vedrà an-che a priori, che questo rimedio non poteva essere perme nè inefficace, nè effimero.

Terra sabbiosa alla sorgente. Si lasci diseccare al Soleuna manatella di quella sabbia, che sta ne’ dintorni diqueste sorgenti; [113] si accosti ad essa un pezzo di ca-lamita: si vedranno piccolissime scheggie di ferro fuoriuscire con empito dalla sabbia, e raccogliersi, ed affol-larsi sulla esterna sua superficie.

Lo spirito di vino versato su questa sabbia vi eccita

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tello, e Zio di due medici sapientissimi, raro ornamentodi cotesta Città, Ella ha diritto a tutti i sentimenti di sti-ma, e di affetto, che obbligar possono la mia riconoscen-za.

Ma oh grotta della Boisse, mia ultima salute e ristoro!Dove sei? e perchè mai ti nascondi? io divoro la strada,che ti separa al sud-ovest dalla Città, e colla mente in tefissa, e colla gratitudine per te [112] nel cuore solo so-letto da me, con un libro in mano, e con un guidajuolosilenzioso a’ fianchi, carico di ampolle d’esperimento,pellegrinando instancabilmente per un intero quarto dilega e forse più, sul mattin ruggiadoso a te ne vengo, emi prostro nel Santuario delle tue beneficenze. Oh fontevivo, e saliente di lunga vita! Lascia, che poste in noncale le verzure de’ prati, e l’amenità de’ poggi frondosi,che ti circondano, e ’l vicin fiume cristallino de Laisse,io mi fermi a scoprire i tesori di vita, che in sen racchiu-di. Colle chimico-fisiche preparazioni, che ho meco re-cate, farò l’analisi della terra, e dell’acqua alle loro sor-genti, ed Ella, Illustrissimo Sig. D. Antonio, vedrà an-che a priori, che questo rimedio non poteva essere perme nè inefficace, nè effimero.

Terra sabbiosa alla sorgente. Si lasci diseccare al Soleuna manatella di quella sabbia, che sta ne’ dintorni diqueste sorgenti; [113] si accosti ad essa un pezzo di ca-lamita: si vedranno piccolissime scheggie di ferro fuoriuscire con empito dalla sabbia, e raccogliersi, ed affol-larsi sulla esterna sua superficie.

Lo spirito di vino versato su questa sabbia vi eccita

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effervescenza, e ne scioglie la quarta parte. Si precipitala dissoluzione coll’alcali fisso; il precipitato è bianca-stro e colorito di terra marziale; ed unito all’acido formauna selenite.

Ho voluto provare anche la terra ocreacea, che le ac-que depongono alla sorgente; non ho trovato sul posto,ch’essa fosse sensibile alla calamita, ma lo divenne pereccellenza nel nostro laboratorio dopo che stette a fuocolento in un crogiuolo per un quarto d’ora unitamente aduna piccola porzione di sevo, con cui venne rimescolata.

Si può conchiudere da queste tre esperienze, chequella sabbia contenga terra [114] vetrificabile, terra as-sorbente, ferro, e mica.

Acqua dalle sorgenti. Sette o otto goccie di tintura ditornesole versate il un bicchiere di acqua della Boissel’hanno colorita in violetto, e versate in un bicchiere diacqua comune raccolta dal fiume vicino, la resero azzur-rognola; si smorza e svanisce quel color violaceo, se silasci esposta l’acqua all’aria aperta; si rinforza e si avvi-cina al lillà se si custodisca in vaso chiuso.

Se in quell’acqua violacea si versi una goccia di alcalifisso in liquore, smorza il color primiero e ne risulta uncilestro affatto simile a quello dell’altra acqua di fiume.

Queste due esperienze provano, che nell’acqua dellaBoisse si contiene una porzione di gas d’acido fosfori-co.

Se in un bicchiere d’acqua della Boisse si versino al-cun goccie di alcali prussiano preparato per le acque mi-nerali, [115] non si vedrà cambiamento alcuno di colore.

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effervescenza, e ne scioglie la quarta parte. Si precipitala dissoluzione coll’alcali fisso; il precipitato è bianca-stro e colorito di terra marziale; ed unito all’acido formauna selenite.

Ho voluto provare anche la terra ocreacea, che le ac-que depongono alla sorgente; non ho trovato sul posto,ch’essa fosse sensibile alla calamita, ma lo divenne pereccellenza nel nostro laboratorio dopo che stette a fuocolento in un crogiuolo per un quarto d’ora unitamente aduna piccola porzione di sevo, con cui venne rimescolata.

Si può conchiudere da queste tre esperienze, chequella sabbia contenga terra [114] vetrificabile, terra as-sorbente, ferro, e mica.

Acqua dalle sorgenti. Sette o otto goccie di tintura ditornesole versate il un bicchiere di acqua della Boissel’hanno colorita in violetto, e versate in un bicchiere diacqua comune raccolta dal fiume vicino, la resero azzur-rognola; si smorza e svanisce quel color violaceo, se silasci esposta l’acqua all’aria aperta; si rinforza e si avvi-cina al lillà se si custodisca in vaso chiuso.

Se in quell’acqua violacea si versi una goccia di alcalifisso in liquore, smorza il color primiero e ne risulta uncilestro affatto simile a quello dell’altra acqua di fiume.

Queste due esperienze provano, che nell’acqua dellaBoisse si contiene una porzione di gas d’acido fosfori-co.

Se in un bicchiere d’acqua della Boisse si versino al-cun goccie di alcali prussiano preparato per le acque mi-nerali, [115] non si vedrà cambiamento alcuno di colore.

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Ciò mostra, che essa non contiene veruna sostanza me-tallica unita ad alcun acido.

Il semplice alcali prussiano dà un color cilestro nelleacque della Boisse, e non cambia colore all’acqua di fiu-me. Ciò mostra, che in quelle acque si contiene del fer-ro.

L’alcali fisso in liquore imbianca l’acqua della Bois-se, che poi lascia una deposizione biancastra. Ciò mo-stra, che vi si mischia terra assorbente.

Quest’acqua albicante dà un precipitato giallo permezzo del nitro mercuriale. Ciò mostra la precipitaziondel Mercurio fatta dalla terra assorbente.

Si può pure conchiudere, che le acque della Boissesono minerali, gasose, marziali, selenitiche, saline abase terrosa nello stato di acqua madre, e perciò sembra-no nate fatte per dar tono alle fibre ed gli intestini, e perimpedire, che le vene [116] e le arterie capillari non sirendano varicose, e facili alla rottura. Poterono dunqueessere per me specifiche, e sono contento, che la loroanalisi abbia corrisposto al fatto.

Vi sono altre acque minerali ne’ dintorni di Chambe-ry; io mi sono appigliato alle più commendate dal popo-lo. Non mi sarebbe difficile il tesser quì una lunga dis-sertazione sui bagni d’Aix ad una posta in circa dellaCittà: mi vi sono portato jer l’altro; ma oltrecchè il miocuore mi renderebbe parziale per la Boisse, non godonessi ancora un Regno pacifico tra i cittadini per la fab-brica un po’ po’ dispendiosa, ed un po’ po’ incomoda,che vi si fa; per i tubi in piombo, ed in rame, che vi si

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Ciò mostra, che essa non contiene veruna sostanza me-tallica unita ad alcun acido.

Il semplice alcali prussiano dà un color cilestro nelleacque della Boisse, e non cambia colore all’acqua di fiu-me. Ciò mostra, che in quelle acque si contiene del fer-ro.

L’alcali fisso in liquore imbianca l’acqua della Bois-se, che poi lascia una deposizione biancastra. Ciò mo-stra, che vi si mischia terra assorbente.

Quest’acqua albicante dà un precipitato giallo permezzo del nitro mercuriale. Ciò mostra la precipitaziondel Mercurio fatta dalla terra assorbente.

Si può pure conchiudere, che le acque della Boissesono minerali, gasose, marziali, selenitiche, saline abase terrosa nello stato di acqua madre, e perciò sembra-no nate fatte per dar tono alle fibre ed gli intestini, e perimpedire, che le vene [116] e le arterie capillari non sirendano varicose, e facili alla rottura. Poterono dunqueessere per me specifiche, e sono contento, che la loroanalisi abbia corrisposto al fatto.

Vi sono altre acque minerali ne’ dintorni di Chambe-ry; io mi sono appigliato alle più commendate dal popo-lo. Non mi sarebbe difficile il tesser quì una lunga dis-sertazione sui bagni d’Aix ad una posta in circa dellaCittà: mi vi sono portato jer l’altro; ma oltrecchè il miocuore mi renderebbe parziale per la Boisse, non godonessi ancora un Regno pacifico tra i cittadini per la fab-brica un po’ po’ dispendiosa, ed un po’ po’ incomoda,che vi si fa; per i tubi in piombo, ed in rame, che vi si

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usano; per la qualità de’ mali, a’ quali destinansi; per ladissensione de’ medici, che o vi presiedono, o vi voglio-no presiedere.

Si aggiunge a tutto ciò, che mi sento omai stanco daltroppo lungo ritiro, e fors’anche dalle troppe incumben-ze [117] addossatemi negli scorsi dì. Non voglio dunquegettar più tempo a trascrivere dal mio giornale le spe-rienze sulle nuove acque sulfuree di Aix; voglio anzi, seVossignoria Illustrissima il consente, voglio interrompe-re di un salto questa stessa lettera di officiosità e di do-vere, e recarmi subito ad una geniale conversazione, chemi aspetta, e sarà la prima, che godrò di quà da’ Monti.

La filosofia non serve che in mancanza di altri passa-tempi, o per renderli più saporosi coll’alternazione. Vo-glio ora scorrere gli orti di Vertunno, e di Pomona. Lagelosia, che ispirerò al primo, darà segno de’ piaceriprocuratimi colla seconda. Mi protesto con sincerità diLei, di tutta la stimatissima sua casa, e de’ nostri comuniamici.

Chambery. 24. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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usano; per la qualità de’ mali, a’ quali destinansi; per ladissensione de’ medici, che o vi presiedono, o vi voglio-no presiedere.

Si aggiunge a tutto ciò, che mi sento omai stanco daltroppo lungo ritiro, e fors’anche dalle troppe incumben-ze [117] addossatemi negli scorsi dì. Non voglio dunquegettar più tempo a trascrivere dal mio giornale le spe-rienze sulle nuove acque sulfuree di Aix; voglio anzi, seVossignoria Illustrissima il consente, voglio interrompe-re di un salto questa stessa lettera di officiosità e di do-vere, e recarmi subito ad una geniale conversazione, chemi aspetta, e sarà la prima, che godrò di quà da’ Monti.

La filosofia non serve che in mancanza di altri passa-tempi, o per renderli più saporosi coll’alternazione. Vo-glio ora scorrere gli orti di Vertunno, e di Pomona. Lagelosia, che ispirerò al primo, darà segno de’ piaceriprocuratimi colla seconda. Mi protesto con sincerità diLei, di tutta la stimatissima sua casa, e de’ nostri comuniamici.

Chambery. 24. Aprile 1783.Vostro Affezionatissimo

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XI.Al Molto Rev. e Pregiatissimo Sig.

ABBATE D. GIAMBATTISTA CLERICI.COMO.

Passeggi, Pranzi, e Conversazioni di Chambery.__________________

Pregiatissimo Sig. Abbate.tiamo sul partire per Lione, dove mi contenterei ditrovarmi così bene come in Chambery. In questi ul-

timi otto giorni di vita viva l’ho visto in tutt’altro aspet-to che ne’ primi. Vi ho goduto tanto, mi vi sono tantoscapricciato, che stimo pagati con usura gli incomodi, ele pene del viaggio per giugnervi.

S

I divertimenti di questo paese si riducono, come tranoi, a passeggiate, a [119] conversazioni. Ma per quantoio abbia soventi avuto l’alto onore di gustarli costì, perquanto fossi prevenuto a favore del buon gusto dellasplendida Lombardia, ho dovuto convincermi e confes-sare, che noi ignoriamo profondamente e le amenità delpasseggio, e la delicatezza delle tavole, e le lusinghedelle assemblee. Più mi piacciono le ricreazioni del soloChambery, che non quelle di tutto il Milanese prese in-sieme; ed una di queste Dame può dar lezioni dell’arted’intrattenere a tutte le Dame Cisalpine. Non esagero,non insulto, non tolgo pregio a chi lo ha grandissimo;

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XI.Al Molto Rev. e Pregiatissimo Sig.

ABBATE D. GIAMBATTISTA CLERICI.COMO.

Passeggi, Pranzi, e Conversazioni di Chambery.__________________

Pregiatissimo Sig. Abbate.tiamo sul partire per Lione, dove mi contenterei ditrovarmi così bene come in Chambery. In questi ul-

timi otto giorni di vita viva l’ho visto in tutt’altro aspet-to che ne’ primi. Vi ho goduto tanto, mi vi sono tantoscapricciato, che stimo pagati con usura gli incomodi, ele pene del viaggio per giugnervi.

S

I divertimenti di questo paese si riducono, come tranoi, a passeggiate, a [119] conversazioni. Ma per quantoio abbia soventi avuto l’alto onore di gustarli costì, perquanto fossi prevenuto a favore del buon gusto dellasplendida Lombardia, ho dovuto convincermi e confes-sare, che noi ignoriamo profondamente e le amenità delpasseggio, e la delicatezza delle tavole, e le lusinghedelle assemblee. Più mi piacciono le ricreazioni del soloChambery, che non quelle di tutto il Milanese prese in-sieme; ed una di queste Dame può dar lezioni dell’arted’intrattenere a tutte le Dame Cisalpine. Non esagero,non insulto, non tolgo pregio a chi lo ha grandissimo;

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non parla passione, ma la nuda verità del confronto.E in prima cos’è quel nostro marciar sempre incanala-

ti tra due mura, in una strada lunga lunga, e fiancheggia-ta da buoni, mediocri, e cattivi casamenti, pieni, e gravi-di ancor di Sol cocente, che vibrano, e riverberano, eraddoppiano da uno, od amendue i lati il calor estivo[120] nelle ore appunto, in cui usciamo a rinfrescarci, erespirare alquanto? Cos’è quel sentirci sempre intronarele orecchie dallo scrosciar de’ cocchi, dall’urlar de’ coc-chieri, e dall’eterno guarda guarda, con che l’un conl’altro si saluta, si urta, si fugge, per non avere o le gam-be arrotate, o calpestato un piede, o schiantato un brac-cio nella folla immensa; e tutto ciò in un momento, cheognuno prende per momento di riposo, e tranquilla ozio-sità? Quali sono poi finalmente gli oggetti lusinghieri,che fermano il nostro sguardo, ed empionci il cuore inqueste nostre corse tumultuose? Quattro, o quattrocento,o quattromila sceltissime Dame, vestite a pompa ed or-nate con garbo estremo, chiuse tutte entro cassoni di le-gno dorato, posti sopra dorati carri, e strascinate a grantrotto da una estremità all’altra della contrada. Nè civeggon esse, nè sono viste da noi, e dopo di esserci trat-tenuti in cotal guisa stranissima per ben due ore, fac-ciam [121] ritorno alle nostre case. L’uso, la moda, e piùdi tutto la ignorazione perfetta, in cui viviamo, di pas-seggiate più amene ci rendon paghi di quelle oscure elanguide apparizioni.

Oh popoli dell’Adda, e del Tesino! risvegliatevi,mentre ancora il potete; cavalcate la via di Vercelli e di

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non parla passione, ma la nuda verità del confronto.E in prima cos’è quel nostro marciar sempre incanala-

ti tra due mura, in una strada lunga lunga, e fiancheggia-ta da buoni, mediocri, e cattivi casamenti, pieni, e gravi-di ancor di Sol cocente, che vibrano, e riverberano, eraddoppiano da uno, od amendue i lati il calor estivo[120] nelle ore appunto, in cui usciamo a rinfrescarci, erespirare alquanto? Cos’è quel sentirci sempre intronarele orecchie dallo scrosciar de’ cocchi, dall’urlar de’ coc-chieri, e dall’eterno guarda guarda, con che l’un conl’altro si saluta, si urta, si fugge, per non avere o le gam-be arrotate, o calpestato un piede, o schiantato un brac-cio nella folla immensa; e tutto ciò in un momento, cheognuno prende per momento di riposo, e tranquilla ozio-sità? Quali sono poi finalmente gli oggetti lusinghieri,che fermano il nostro sguardo, ed empionci il cuore inqueste nostre corse tumultuose? Quattro, o quattrocento,o quattromila sceltissime Dame, vestite a pompa ed or-nate con garbo estremo, chiuse tutte entro cassoni di le-gno dorato, posti sopra dorati carri, e strascinate a grantrotto da una estremità all’altra della contrada. Nè civeggon esse, nè sono viste da noi, e dopo di esserci trat-tenuti in cotal guisa stranissima per ben due ore, fac-ciam [121] ritorno alle nostre case. L’uso, la moda, e piùdi tutto la ignorazione perfetta, in cui viviamo, di pas-seggiate più amene ci rendon paghi di quelle oscure elanguide apparizioni.

Oh popoli dell’Adda, e del Tesino! risvegliatevi,mentre ancora il potete; cavalcate la via di Vercelli e di

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Rivoli; volate; passate l’Alpi, e venite presto qui aChambery. Venite, e vi mostrerò giardini pubblici, piaz-ze pubbliche di passeggio, e viali, e praterie e scompar-timenti moltiplici di umane moltiplici prospettive. Vi hala Foresta; vi ha il Castello; e vi ha il Corso allemura.... ombreggiati, verdeggianti, mantenuti a tuttaspesa per sollazzo, e diporto de’ cittadini. Ad ore fisse diogni dì, a giorni fissi d’ogni settimana vi si accorre infrotta da tutti i lati della Città, e da tutti i ceti di pulitepersone. Ribolle e ondeggia l’immenso parterre di cuf-fie, di cappelline, di ciuffi, di ciocche innanellate, im-polverate, inghirlandate; voi vi [122] vedete vestimentad’ogni fatta, sorcotti, corsaletti, farsettini, robe a strasci-co; robe a bimbo ricamate, faldellate; mirate là quellefronti aperte, quegli occhi scintillanti, quelle guancieporporine, quel portamento sciolto, quel passo grave alpari di Camilla e di Cerere, che scorrono sulle spighetremole della biondeggiante campagna senza scomporlemai, o ripiegarle al suolo. Ogni Dama, ogni signora ha ilsuo rubacuore ai fianchi, che le serve di punto d’appog-gio, e queste Coppie vanno errando quà, e là nelle verdiajuole, e tra cupi seni di ramose piante, che frastaglianocon elegante simmetria la grande area deliziosa. Nessu-no schiamazza, e tutti parlano; nessun ride, e tutti sorri-dono; nessuno si scompone, e tutti si agitano; e senzafarsi impaccio svolgonsi graziosamente in ampj Ritorniquasi di danze misurate, o di modulato contrappunto.Che volete ch’io facessi a queste scene inaspettate? Mu-tolo, assorto, [123] estatico, con l’anima sugli occhi, co’

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Rivoli; volate; passate l’Alpi, e venite presto qui aChambery. Venite, e vi mostrerò giardini pubblici, piaz-ze pubbliche di passeggio, e viali, e praterie e scompar-timenti moltiplici di umane moltiplici prospettive. Vi hala Foresta; vi ha il Castello; e vi ha il Corso allemura.... ombreggiati, verdeggianti, mantenuti a tuttaspesa per sollazzo, e diporto de’ cittadini. Ad ore fisse diogni dì, a giorni fissi d’ogni settimana vi si accorre infrotta da tutti i lati della Città, e da tutti i ceti di pulitepersone. Ribolle e ondeggia l’immenso parterre di cuf-fie, di cappelline, di ciuffi, di ciocche innanellate, im-polverate, inghirlandate; voi vi [122] vedete vestimentad’ogni fatta, sorcotti, corsaletti, farsettini, robe a strasci-co; robe a bimbo ricamate, faldellate; mirate là quellefronti aperte, quegli occhi scintillanti, quelle guancieporporine, quel portamento sciolto, quel passo grave alpari di Camilla e di Cerere, che scorrono sulle spighetremole della biondeggiante campagna senza scomporlemai, o ripiegarle al suolo. Ogni Dama, ogni signora ha ilsuo rubacuore ai fianchi, che le serve di punto d’appog-gio, e queste Coppie vanno errando quà, e là nelle verdiajuole, e tra cupi seni di ramose piante, che frastaglianocon elegante simmetria la grande area deliziosa. Nessu-no schiamazza, e tutti parlano; nessun ride, e tutti sorri-dono; nessuno si scompone, e tutti si agitano; e senzafarsi impaccio svolgonsi graziosamente in ampj Ritorniquasi di danze misurate, o di modulato contrappunto.Che volete ch’io facessi a queste scene inaspettate? Mu-tolo, assorto, [123] estatico, con l’anima sugli occhi, co’

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sospiri al labbro, col cuore in tempesta mi sentiva mag-giore di me, e pieno di un delizioso sentimento. Arditeor voi di oppormi o la passeggiata all’olmo in Como, oil Corso di Porta Renza in Milano, o altrettali tratteni-menti delle nostre Città Lombarde.

Vossignoria forse risponderà, che ogni paese ha i suoigusti a parte, e che in Lombardia si preferisce una buonatavola al passeggio. Io ne convengo, che camminare aventre vuoto non è la miglior cosa del mondo. SappiaElla però, che le mense in Chambery sono raffinatissi-me, e parmi al confronto, che i tanto rinomati nostri Mi-lanesi non istiano ancor abbastanza bene di cucina. Po-trei quì farle una dissertazione di ghiottoneria, se non te-messi di sporcare questo foglio con antifilosofico argo-mento. Mi dica Ella se questo mio timore è ragionevole;di quando in quando patisco degli scrupoli. [124]

Veramente ogni genere di piaceri è degno dell’uomo,tanto solo che sieno presi con ordine, e con misura, enon siano dalla Legge riprovati. Il grande Epicuro collo-cò ne’ piaceri l’umana felicità; lo intesero male i suoiseguaci, che ne esclusero i piaceri di spirito; lo intende-rebbe male chi ne escludesse gli onesti piaceri de’ sensi.Gli stessi piaceri di spirito interessano per cagiond’unione al corpo; e ciò per certa effervescenza, per cer-ti moti intestini, che l’anima, misticamente agitata nellesublimi sue contemplazioni, produce, e genera nellamassa de’ nostri umori, e ci reca affanni, e debolezze, esincopi dolcissime al cuore; ed è pur noto, che i conten-tamenti in noi nati da’ nostri sensi risolvonsi a vicenda

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sospiri al labbro, col cuore in tempesta mi sentiva mag-giore di me, e pieno di un delizioso sentimento. Arditeor voi di oppormi o la passeggiata all’olmo in Como, oil Corso di Porta Renza in Milano, o altrettali tratteni-menti delle nostre Città Lombarde.

Vossignoria forse risponderà, che ogni paese ha i suoigusti a parte, e che in Lombardia si preferisce una buonatavola al passeggio. Io ne convengo, che camminare aventre vuoto non è la miglior cosa del mondo. SappiaElla però, che le mense in Chambery sono raffinatissi-me, e parmi al confronto, che i tanto rinomati nostri Mi-lanesi non istiano ancor abbastanza bene di cucina. Po-trei quì farle una dissertazione di ghiottoneria, se non te-messi di sporcare questo foglio con antifilosofico argo-mento. Mi dica Ella se questo mio timore è ragionevole;di quando in quando patisco degli scrupoli. [124]

Veramente ogni genere di piaceri è degno dell’uomo,tanto solo che sieno presi con ordine, e con misura, enon siano dalla Legge riprovati. Il grande Epicuro collo-cò ne’ piaceri l’umana felicità; lo intesero male i suoiseguaci, che ne esclusero i piaceri di spirito; lo intende-rebbe male chi ne escludesse gli onesti piaceri de’ sensi.Gli stessi piaceri di spirito interessano per cagiond’unione al corpo; e ciò per certa effervescenza, per cer-ti moti intestini, che l’anima, misticamente agitata nellesublimi sue contemplazioni, produce, e genera nellamassa de’ nostri umori, e ci reca affanni, e debolezze, esincopi dolcissime al cuore; ed è pur noto, che i conten-tamenti in noi nati da’ nostri sensi risolvonsi a vicenda

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nell’anima, che gli assapora, e vi s’immerge, come inoggetti di propria pertinenza. Non è l’occhio, che godealla settemplice tinta dell’arco baleno, ma gode l’animadestata, e scossa dal corrispondente tremolìo di quelle[125] fibre; non son le nari, che gustino la olezzantevermiglia rosa, ma la gusta l’anima da’ nervi olfattorj ir-ritata; e per non distorci dal nostro argomento, l’animaè, che sente la spiritosa bottiglia, e la salsa piccante. Echi sa, che qualche grandissima intellettuale scoperta di-pender non debba da ben acconcio manicaretto o da al-cuna straordinaria cuocitura? Certo è che alle tazze spu-manti di generoso falerno deve Orazio tante sue liricheinfocatissime canzoni; e ad una mela, che cadde im-provvisamente dall’albero in seno a Nevvton, debb’egli,e noi dobbiamo la conoscenza del mondano sistema. Suvia dunque; facciamci cuore, e ragionando di pappato-ria, immaginiamoci pure di essere filosofi, e letterati.

Dopo una vanguardia di sì speculativi teoremi le po-trò dire con franchezza, che le nostre tavole Italianehanno gran bisogno di riforma 1. nel troppo uso dellecarni sode; 2. nel poco uso degli erbaggi; [126] 3. nelniun uso de’ tornagusti. Nessuna delle due mute consue-te mancar deve di pollame, di pesci, di ortaggi; le ani-melle, ed il fegato.... in fricassea vergogninsi di compa-rire senza salsa; gli alessi nudi o di vitella, o di bue, o dibuessa giovane da ortense condimento disgiunti, e le sìcelebrate nostre trotte, e i lucci, e i temoli.... in biancolasciamogli in buon’ora alle zitelle itteriche; i pasticcie-ri, i pastellieri, la credenziera, le conserve, le composte,

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nell’anima, che gli assapora, e vi s’immerge, come inoggetti di propria pertinenza. Non è l’occhio, che godealla settemplice tinta dell’arco baleno, ma gode l’animadestata, e scossa dal corrispondente tremolìo di quelle[125] fibre; non son le nari, che gustino la olezzantevermiglia rosa, ma la gusta l’anima da’ nervi olfattorj ir-ritata; e per non distorci dal nostro argomento, l’animaè, che sente la spiritosa bottiglia, e la salsa piccante. Echi sa, che qualche grandissima intellettuale scoperta di-pender non debba da ben acconcio manicaretto o da al-cuna straordinaria cuocitura? Certo è che alle tazze spu-manti di generoso falerno deve Orazio tante sue liricheinfocatissime canzoni; e ad una mela, che cadde im-provvisamente dall’albero in seno a Nevvton, debb’egli,e noi dobbiamo la conoscenza del mondano sistema. Suvia dunque; facciamci cuore, e ragionando di pappato-ria, immaginiamoci pure di essere filosofi, e letterati.

Dopo una vanguardia di sì speculativi teoremi le po-trò dire con franchezza, che le nostre tavole Italianehanno gran bisogno di riforma 1. nel troppo uso dellecarni sode; 2. nel poco uso degli erbaggi; [126] 3. nelniun uso de’ tornagusti. Nessuna delle due mute consue-te mancar deve di pollame, di pesci, di ortaggi; le ani-melle, ed il fegato.... in fricassea vergogninsi di compa-rire senza salsa; gli alessi nudi o di vitella, o di bue, o dibuessa giovane da ortense condimento disgiunti, e le sìcelebrate nostre trotte, e i lucci, e i temoli.... in biancolasciamogli in buon’ora alle zitelle itteriche; i pasticcie-ri, i pastellieri, la credenziera, le conserve, le composte,

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ed altri simili favorevoli savori faccian le loro pruove ecomparsa colle frutta eziandio del pospasto. I nostricuochi son sempre o troppo semplici, o troppo compo-sti, e generalmente regna una stucchevole uniformità ne’portati. Non si amino i nomi, ma le cose; non il numero,ma la qualità; sono preferibili due piatti scelti a diecimediocri; studiamoci di accarezzare il palato, e non diempire come che sia il ventricolo. [127]

Non trovo nulla a ridire sui nostri vini. Quì a Cham-bery beviamo i vini squisiti di Mommelliano, e della vi-cina Borgogna, ma costì non manchiamo di vini abboc-cati, passanti, pieni, robusti, e facciam bene a guardarcida’ vini forestieri, che sono per lo più alterati.

Potremmo però migliorare alquanto nella scelta de’commensali. Questo è lo studio principale della Damapadrona quì a Chambery. Onora essa coll’invitare, e sistima onorata da chi accetta l’invito. Sono quasi dimen-ticati i pranzi di formalità; si coltivano i pranzi di piace-re. Si ha gran cura, che i convitati siano omogenei, diròcosì, e di buon accordo fra loro. Quindi la celia innocen-te, l’allegria tranquilla, il dolce sorriso, la rispettosaconfidenza sono i richiami, i vincoli, il pascolo più gra-dito di queste amabilissime brigate. Venga il canchero aquel Signore presuntuoso e vile, che pensa d’obbligarela mia riconoscenza col darmi di [128] quando in quan-do un posto alla sua mangiatoja. Riserbi egli pure siffat-te splendidezze ai pezzenti, ed agli immondi; sarò com-mensale di colui soltanto, che mi crederà capace d’inter-tenerlo senza noja in quelle ore equivoche del dì, in cui

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ed altri simili favorevoli savori faccian le loro pruove ecomparsa colle frutta eziandio del pospasto. I nostricuochi son sempre o troppo semplici, o troppo compo-sti, e generalmente regna una stucchevole uniformità ne’portati. Non si amino i nomi, ma le cose; non il numero,ma la qualità; sono preferibili due piatti scelti a diecimediocri; studiamoci di accarezzare il palato, e non diempire come che sia il ventricolo. [127]

Non trovo nulla a ridire sui nostri vini. Quì a Cham-bery beviamo i vini squisiti di Mommelliano, e della vi-cina Borgogna, ma costì non manchiamo di vini abboc-cati, passanti, pieni, robusti, e facciam bene a guardarcida’ vini forestieri, che sono per lo più alterati.

Potremmo però migliorare alquanto nella scelta de’commensali. Questo è lo studio principale della Damapadrona quì a Chambery. Onora essa coll’invitare, e sistima onorata da chi accetta l’invito. Sono quasi dimen-ticati i pranzi di formalità; si coltivano i pranzi di piace-re. Si ha gran cura, che i convitati siano omogenei, diròcosì, e di buon accordo fra loro. Quindi la celia innocen-te, l’allegria tranquilla, il dolce sorriso, la rispettosaconfidenza sono i richiami, i vincoli, il pascolo più gra-dito di queste amabilissime brigate. Venga il canchero aquel Signore presuntuoso e vile, che pensa d’obbligarela mia riconoscenza col darmi di [128] quando in quan-do un posto alla sua mangiatoja. Riserbi egli pure siffat-te splendidezze ai pezzenti, ed agli immondi; sarò com-mensale di colui soltanto, che mi crederà capace d’inter-tenerlo senza noja in quelle ore equivoche del dì, in cui

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si raffina lo spirito all’urto vivace di variati discorsi, e siistupidisce, e si rinserra se ci abbandoniam ciecamentead una crapula solitaria.

Ma siamo ormai giunti, senza quasi avvedercene, alpunto delle conversazioni. Vossignoria Riveritissima co-nosce quelle d’Italia, e specialmente della Lombardia.Sono quasi tutte di un medesimo tono. Carrozze, cavalli,staffieri, lacchè, torcie, lampioni, sale, arazzi, lampadarj,Dame, Cavalieri, abiti, gioje, e monture d’ogni manieraper l’ingresso; lunghe filze d’inchini freddi, di occhiatefredde, di parole fredde, di rinfreschi caldi, e freddi, dieticchette superficiali, di cerimonie compassate finoall’ora del giuoco; la padrona, [129] o bastoniera dellafesta forma le partite; si seggon tutti a’ quattro lati degliapprestati tavolini, si fanno tre, sei, nove.... giri, a taroc-chi, all’ombre, all’ombretta...., e dopo tutto ciò con unasalva di profonde riverenze affettuosamente insulse aque’, che restano, si ritira ciascuno a casa sua. Entriamdunque nelle assemblee con apparato; vi ci fermiamocon metodo; e passate alcune ore ne partiamo confettatidi stizza, e di flemme. Il vanerello unicamente sa resi-stervi a mesi ed anni, ed il forestiere non può non anno-jarvisi la prima volta. Sì indecisa maniera, e inconchiu-dente di conversare discende per linea retta dal carattereindeciso della nazione; onde non è da stupirsi, che quìtra noi la faccenda cammini diversamente.

La Città di Chambery, che conta non meno di 20.mila abitanti, è divisa in classi di famiglie, e ciascuna diqueste classi ama di concentrarsi in se stessa, e di [130]

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si raffina lo spirito all’urto vivace di variati discorsi, e siistupidisce, e si rinserra se ci abbandoniam ciecamentead una crapula solitaria.

Ma siamo ormai giunti, senza quasi avvedercene, alpunto delle conversazioni. Vossignoria Riveritissima co-nosce quelle d’Italia, e specialmente della Lombardia.Sono quasi tutte di un medesimo tono. Carrozze, cavalli,staffieri, lacchè, torcie, lampioni, sale, arazzi, lampadarj,Dame, Cavalieri, abiti, gioje, e monture d’ogni manieraper l’ingresso; lunghe filze d’inchini freddi, di occhiatefredde, di parole fredde, di rinfreschi caldi, e freddi, dieticchette superficiali, di cerimonie compassate finoall’ora del giuoco; la padrona, [129] o bastoniera dellafesta forma le partite; si seggon tutti a’ quattro lati degliapprestati tavolini, si fanno tre, sei, nove.... giri, a taroc-chi, all’ombre, all’ombretta...., e dopo tutto ciò con unasalva di profonde riverenze affettuosamente insulse aque’, che restano, si ritira ciascuno a casa sua. Entriamdunque nelle assemblee con apparato; vi ci fermiamocon metodo; e passate alcune ore ne partiamo confettatidi stizza, e di flemme. Il vanerello unicamente sa resi-stervi a mesi ed anni, ed il forestiere non può non anno-jarvisi la prima volta. Sì indecisa maniera, e inconchiu-dente di conversare discende per linea retta dal carattereindeciso della nazione; onde non è da stupirsi, che quìtra noi la faccenda cammini diversamente.

La Città di Chambery, che conta non meno di 20.mila abitanti, è divisa in classi di famiglie, e ciascuna diqueste classi ama di concentrarsi in se stessa, e di [130]

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non turbare colla curiosità, coll’ambizione e coll’invidiala pace altrui. Domina in tutte le classi una tinta genera-le ed uniforme di decoro, di contegno, di sussiego genti-le, dolce, e, direi quasi, amoroso. Ai modi, al gesto, altuono di voce, alle grazie del franzese idioma no non di-stinguesi di leggieri il Signor dal Plebeo; gravi, misurati,modesti annunziano raffinamento di pensare, e dilicatez-za di sentimenti. I pitocchi stessi, de’ quali ve ne ha unostuolo immenso, perchè vi accorrono da ogni parte dellaSavoja, vivono tranquilli, appartati, bene assistiti, e par-lano con aggiustatezza, e riserbo. Non trovate quì il faregrossolano, che ravvisasi ne’ nostri seminarj, nè la ma-gistrale pedanteria di alcuni nostri ecclesiastici. Gli stes-si più dozzinali fraticelli, ed i preti becchini mi sonoparsi degni di rispetto, e di stima. In una parola ogni cit-tadino, ogni classe, a cui egli appartiene, è ottimamenteeducata, fa i proprj doveri, sa i proprj [131] diritti, ri-spetta gli altri e se stesso, e vivon tutti in commercio dimutue officiosità.

Questa divisione di ranghi, e questa uniformità dibuona educazione, che non viene mica dal caso, nè dalclima, ma da un felice accoppiamento delle metodichespeculazioni d’ogni individuo, e del vegliante sistemapubblico, forma la moltiplicità di bene ammanierate ra-gunanze, distinte sì, come distinti sono i diversi gruppidi figure in un gran quadro, ma tra loro cospiranti in unsolo elegantissimo disegno. Se le unite in un giardino,voi non vi godete le amene passeggiate, delle quali ra-gionammo sul principio di questa lettera; se le spargete

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non turbare colla curiosità, coll’ambizione e coll’invidiala pace altrui. Domina in tutte le classi una tinta genera-le ed uniforme di decoro, di contegno, di sussiego genti-le, dolce, e, direi quasi, amoroso. Ai modi, al gesto, altuono di voce, alle grazie del franzese idioma no non di-stinguesi di leggieri il Signor dal Plebeo; gravi, misurati,modesti annunziano raffinamento di pensare, e dilicatez-za di sentimenti. I pitocchi stessi, de’ quali ve ne ha unostuolo immenso, perchè vi accorrono da ogni parte dellaSavoja, vivono tranquilli, appartati, bene assistiti, e par-lano con aggiustatezza, e riserbo. Non trovate quì il faregrossolano, che ravvisasi ne’ nostri seminarj, nè la ma-gistrale pedanteria di alcuni nostri ecclesiastici. Gli stes-si più dozzinali fraticelli, ed i preti becchini mi sonoparsi degni di rispetto, e di stima. In una parola ogni cit-tadino, ogni classe, a cui egli appartiene, è ottimamenteeducata, fa i proprj doveri, sa i proprj [131] diritti, ri-spetta gli altri e se stesso, e vivon tutti in commercio dimutue officiosità.

Questa divisione di ranghi, e questa uniformità dibuona educazione, che non viene mica dal caso, nè dalclima, ma da un felice accoppiamento delle metodichespeculazioni d’ogni individuo, e del vegliante sistemapubblico, forma la moltiplicità di bene ammanierate ra-gunanze, distinte sì, come distinti sono i diversi gruppidi figure in un gran quadro, ma tra loro cospiranti in unsolo elegantissimo disegno. Se le unite in un giardino,voi non vi godete le amene passeggiate, delle quali ra-gionammo sul principio di questa lettera; se le spargete

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ne’ loro quartieri, voi vi gustate le gioconde conversa-zioni, delle quali ora parliamo. Il passeggio altro non èche l’aggregazione simultanea di quelle nascoste assem-blee in un comune ricinto; e le private assemblee altronon sono che questa stessa unità prospettica [132] sud-divisa in parti più, o men grandi, e ridotta entro privatemura. E quì appunto è, che s’aprono allegri banchetti, esecreti simposii di pace amica, ed ora accademie di dan-ze festevoli, ora concerti di suoni, e canti melodiosi inCittà, in campagna, al bosco, al piano, al margine di ru-scello ombroso, colle matrone più amabili, colle ninfepiù gentili, colle più leggiadre Amarilli. Senza pubblici-tà si trovano le vie del cuore, e un dolce fascino vi arre-sta, vi lega; nè è quasi più in vostra mano misurare iltempo delle diurne, e notturne vostre lusinghe. La lette-ratura, e la filosofia vi trovano il suo pascolo; e raccontiteneri, e patetiche digressioni, e discussioni impegnate,e sottili lezioni di spirito introducono una varietà, chesorprende ne’ nostri crocchj, degni di Febo, e di Citera.Posso recarvi in ripruova di tutto ciò le società sceltissi-me del Sig. Governatore Tarini, dell’Abbate Victor,dell’eruditissimo Cavaliere d’Arvillars, della [133] Ro-chefort, della Pallavicina...., ma a se mi chiama la Mar-chesa d’Oncieu, il suo buon senso, il suo cuore, la suaattività, la sua eleganza, le sue figlie eloquenti, gaje,Fannì, e Meraldina, superiori ad ogni elogio, perchè su-periori ad ogni merito. Io confesso di avere quì assapo-rati per la prima volta i più soavi trasporti dell’amicizia.Se l’alto lor grado, se la loro ancor verde età mi negas-

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ne’ loro quartieri, voi vi gustate le gioconde conversa-zioni, delle quali ora parliamo. Il passeggio altro non èche l’aggregazione simultanea di quelle nascoste assem-blee in un comune ricinto; e le private assemblee altronon sono che questa stessa unità prospettica [132] sud-divisa in parti più, o men grandi, e ridotta entro privatemura. E quì appunto è, che s’aprono allegri banchetti, esecreti simposii di pace amica, ed ora accademie di dan-ze festevoli, ora concerti di suoni, e canti melodiosi inCittà, in campagna, al bosco, al piano, al margine di ru-scello ombroso, colle matrone più amabili, colle ninfepiù gentili, colle più leggiadre Amarilli. Senza pubblici-tà si trovano le vie del cuore, e un dolce fascino vi arre-sta, vi lega; nè è quasi più in vostra mano misurare iltempo delle diurne, e notturne vostre lusinghe. La lette-ratura, e la filosofia vi trovano il suo pascolo; e raccontiteneri, e patetiche digressioni, e discussioni impegnate,e sottili lezioni di spirito introducono una varietà, chesorprende ne’ nostri crocchj, degni di Febo, e di Citera.Posso recarvi in ripruova di tutto ciò le società sceltissi-me del Sig. Governatore Tarini, dell’Abbate Victor,dell’eruditissimo Cavaliere d’Arvillars, della [133] Ro-chefort, della Pallavicina...., ma a se mi chiama la Mar-chesa d’Oncieu, il suo buon senso, il suo cuore, la suaattività, la sua eleganza, le sue figlie eloquenti, gaje,Fannì, e Meraldina, superiori ad ogni elogio, perchè su-periori ad ogni merito. Io confesso di avere quì assapo-rati per la prima volta i più soavi trasporti dell’amicizia.Se l’alto lor grado, se la loro ancor verde età mi negas-

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sero questo nome compendioso delle più nobili, e piùvive affezioni si renderebbono Elleno ingiuste per voleressere modeste. La solinga via della Boisse, e la eruditasingolar discussione ivi fattasi sul numero finito in infi-nito de’ piaceri di questa vita non me le lasceranno ob-bliare giammai. Meraldina e Fannì fanno ornar di vezzi,ed infiorare con venustà le ecclissi e ’l prisma, i genj delGentilesimo, e simili altri argomenti astrusi della più se-vera filosofia.

E chi è che possa aggualiare col discorso, [134] e de-scrivere partitamente la giornata di jer l’altro? Sedici oreintere e continue nella Casa d’Oncieu, che scorrono, epassano come un minuto, che stampan nell’anima unaindelebile allegria, un sapor vero d’intima contentezza,un inebriamento, un’estasi, contro cui lottar debbo anco-ra per non languire. Sarà per me sempre memorabile larapidità, con cui la Marchesa Madre, e queste sue impa-reggiabili Damigelle seppero intrecciare tanto variati so-lazzi, ed in un’aria di facilità nativa, come se venisseroad offrirsi a caso, o collocarsi da se in perfetta ordinan-za.

Non la finirei mai se volessi dir tutto, e temerei, cheV. S. Riveritissima mi riprendesse di troppo vivide com-piacenze. Rianimi Ella ancor più colla fervida sua fanta-sia questa mia languida narrazione; ne faccia parte a’ co-muni amici, alla intera Città. Le montagne, che seque-strano coteste beate sedi dal restante del Mondo, e ten-gono da noi lontana la corruzione [135] delle Capitali, lafertilità dell’ardue lor cime unita a quella dell’adjacente

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sero questo nome compendioso delle più nobili, e piùvive affezioni si renderebbono Elleno ingiuste per voleressere modeste. La solinga via della Boisse, e la eruditasingolar discussione ivi fattasi sul numero finito in infi-nito de’ piaceri di questa vita non me le lasceranno ob-bliare giammai. Meraldina e Fannì fanno ornar di vezzi,ed infiorare con venustà le ecclissi e ’l prisma, i genj delGentilesimo, e simili altri argomenti astrusi della più se-vera filosofia.

E chi è che possa aggualiare col discorso, [134] e de-scrivere partitamente la giornata di jer l’altro? Sedici oreintere e continue nella Casa d’Oncieu, che scorrono, epassano come un minuto, che stampan nell’anima unaindelebile allegria, un sapor vero d’intima contentezza,un inebriamento, un’estasi, contro cui lottar debbo anco-ra per non languire. Sarà per me sempre memorabile larapidità, con cui la Marchesa Madre, e queste sue impa-reggiabili Damigelle seppero intrecciare tanto variati so-lazzi, ed in un’aria di facilità nativa, come se venisseroad offrirsi a caso, o collocarsi da se in perfetta ordinan-za.

Non la finirei mai se volessi dir tutto, e temerei, cheV. S. Riveritissima mi riprendesse di troppo vivide com-piacenze. Rianimi Ella ancor più colla fervida sua fanta-sia questa mia languida narrazione; ne faccia parte a’ co-muni amici, alla intera Città. Le montagne, che seque-strano coteste beate sedi dal restante del Mondo, e ten-gono da noi lontana la corruzione [135] delle Capitali, lafertilità dell’ardue lor cime unita a quella dell’adjacente

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vastissimo territorio, e il lago aprico, e l’amenità dellespiaggie, e le menti svegliate, e colte degli abitatori ciavvisano concordemente, che da noi dipende la nostrafelicità. E chi è, che intisichisce il nostro spirito, e nonci lascia prender lena, nè spiegar l’ali a Cielo aperto?Sgridiamo, scuotiamo la nostra sonnolenza; non cessia-mo dalle rampogne; chi sa che qualche voce non penetriin fondo al cuore de’ nostri concittadini, e li determini aricondurre sul Lario il lieto secolo de’ Plinii?

Sono intanto con parzialità di stimaChambery. 24. Aprile 1783.

Affezionatissimo di Lei Amico,e Servitore. [136]

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vastissimo territorio, e il lago aprico, e l’amenità dellespiaggie, e le menti svegliate, e colte degli abitatori ciavvisano concordemente, che da noi dipende la nostrafelicità. E chi è, che intisichisce il nostro spirito, e nonci lascia prender lena, nè spiegar l’ali a Cielo aperto?Sgridiamo, scuotiamo la nostra sonnolenza; non cessia-mo dalle rampogne; chi sa che qualche voce non penetriin fondo al cuore de’ nostri concittadini, e li determini aricondurre sul Lario il lieto secolo de’ Plinii?

Sono intanto con parzialità di stimaChambery. 24. Aprile 1783.

Affezionatissimo di Lei Amico,e Servitore. [136]

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XII.All’Illustrissimo Sig.

CAVALIERE D’ARVILLARS.CHAMBERY.

Visita a Madama Boschetti.__________________Illustrissimo Signore.

bbiamo recata la lettera di V. S. Illustrissima alSig. Boschetti, che ci ricevè con tutto garbo; che

venne subito all’albergo per restituirci visita; che mostròdi gradire ne’ dì seguenti una, e due, e tre nostre ciarlati-ne al suo gabinetto; che per varie guise tasteggiò il no-stro umore, le nostre mire; e finalmente acconsentì, chepassassimo a far omaggio alla degnissima sua consorte.Ce ne avevano dette tante [137] di quella Dama, che af-frettavamo già con impazienza il momento di ossequiar-la in persona.

A

Eccola in fatti la bella Clori uscire dal suo spogliatojonella sala, in cui stavamo aspettandola. Dati, e ricevuti iprimi inchini, ci si asside a lato su di un soffice Canapè,e ci indirizza compitissimamente il discorso. Che gra-zie! che venustà! Il Marchesino Malaspina, a cui nonmancano nè coltura, nè ingegno, godeva, com’era giu-sto, i primi favori; io che procuro sempre, com’Ella sa,di starmene riservato, mi tratteneva quatto quatto ascol-

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XII.All’Illustrissimo Sig.

CAVALIERE D’ARVILLARS.CHAMBERY.

Visita a Madama Boschetti.__________________Illustrissimo Signore.

bbiamo recata la lettera di V. S. Illustrissima alSig. Boschetti, che ci ricevè con tutto garbo; che

venne subito all’albergo per restituirci visita; che mostròdi gradire ne’ dì seguenti una, e due, e tre nostre ciarlati-ne al suo gabinetto; che per varie guise tasteggiò il no-stro umore, le nostre mire; e finalmente acconsentì, chepassassimo a far omaggio alla degnissima sua consorte.Ce ne avevano dette tante [137] di quella Dama, che af-frettavamo già con impazienza il momento di ossequiar-la in persona.

A

Eccola in fatti la bella Clori uscire dal suo spogliatojonella sala, in cui stavamo aspettandola. Dati, e ricevuti iprimi inchini, ci si asside a lato su di un soffice Canapè,e ci indirizza compitissimamente il discorso. Che gra-zie! che venustà! Il Marchesino Malaspina, a cui nonmancano nè coltura, nè ingegno, godeva, com’era giu-sto, i primi favori; io che procuro sempre, com’Ella sa,di starmene riservato, mi tratteneva quatto quatto ascol-

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tandogli, e misurava d’uno sguardo curioso il degno og-getto de’ nostri riguardi.

Folta capelliera; fronte aperta; occhi larghi, e a fior ditempia, che incoccan dardi; ciglia nere dolcemente ri-piegate in arco; vermiglissime gote; labbra purpureo-coralline; bocca piccola a doppio ordin vaghissimo dipiccole perle orientali; mento [138] ritondetto; alabastri-na pelle, e liscia al par del Raso; collo di latte.... Nondirò di più, nè più minuta esamina tesserò sulle altre suequalità, che i molti caratteri adempiono della perfettabellezza. Tutti in Lei li ravviso, tutti mi commuovono,ma svaniscono tutti in confronto dei modi graziosi, delvezzoso parlare, degli spiritosi inviti, della gentile suacondiscendenza in condurci a villa seco, in accompa-gnarci al Teatro, in portarsi con noi al Breteau, in farciin somma parer più gioconda la Città colla giocondissi-ma sua compagnia.

Godeva il bravo Sig. Boschetti di queste amichevolieffusioni della cara sua metà, che rimescolando da som-mo ad imo la sensibilità nostra, non rendeva però maivacillante la nostra virtù, e la rispettosa nostra stima perLei.

Vi vuol egli d’avvantaggio per far comprendere aVossignoria Illustrissima il bel regalo, che fu per noiquella sua lettera [139] di raccomandazione? Speriamodi trarne anche maggior profitto. Adesso ch’io vi ci soncolto, non me ne distacco più. Amo di esser preso adun’esca, che ha virtù di saziarmi sempre, e di agguzzar-mi sempre l’apetito. Mi risovviene in buon punto della

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tandogli, e misurava d’uno sguardo curioso il degno og-getto de’ nostri riguardi.

Folta capelliera; fronte aperta; occhi larghi, e a fior ditempia, che incoccan dardi; ciglia nere dolcemente ri-piegate in arco; vermiglissime gote; labbra purpureo-coralline; bocca piccola a doppio ordin vaghissimo dipiccole perle orientali; mento [138] ritondetto; alabastri-na pelle, e liscia al par del Raso; collo di latte.... Nondirò di più, nè più minuta esamina tesserò sulle altre suequalità, che i molti caratteri adempiono della perfettabellezza. Tutti in Lei li ravviso, tutti mi commuovono,ma svaniscono tutti in confronto dei modi graziosi, delvezzoso parlare, degli spiritosi inviti, della gentile suacondiscendenza in condurci a villa seco, in accompa-gnarci al Teatro, in portarsi con noi al Breteau, in farciin somma parer più gioconda la Città colla giocondissi-ma sua compagnia.

Godeva il bravo Sig. Boschetti di queste amichevolieffusioni della cara sua metà, che rimescolando da som-mo ad imo la sensibilità nostra, non rendeva però maivacillante la nostra virtù, e la rispettosa nostra stima perLei.

Vi vuol egli d’avvantaggio per far comprendere aVossignoria Illustrissima il bel regalo, che fu per noiquella sua lettera [139] di raccomandazione? Speriamodi trarne anche maggior profitto. Adesso ch’io vi ci soncolto, non me ne distacco più. Amo di esser preso adun’esca, che ha virtù di saziarmi sempre, e di agguzzar-mi sempre l’apetito. Mi risovviene in buon punto della

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nuova teoria de’ piaceri di questa vita. Vivano semprefelici, e al mondo care le preziose sue Nipotine Meraldi-na, e Fannì!

Faccia i nostri rispetti, e ringraziamenti a chi più lidobbiamo. Ma a chi più li dobbiamo, che a Lei, ed alleammirabili d’Oncieu? Mi creda.

Lione. 8. Maggio 1783.Suo Affezionatissimo. [140]

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nuova teoria de’ piaceri di questa vita. Vivano semprefelici, e al mondo care le preziose sue Nipotine Meraldi-na, e Fannì!

Faccia i nostri rispetti, e ringraziamenti a chi più lidobbiamo. Ma a chi più li dobbiamo, che a Lei, ed alleammirabili d’Oncieu? Mi creda.

Lione. 8. Maggio 1783.Suo Affezionatissimo. [140]

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XIII.All’Illustrissimo Sig.

D. ANTONIO DELLA PORTA JUNIOREDelegato per la Facoltà Medica, e pel

Magistrato di SanitàIN COMO.

Progetto di una Scuola Veterinaria in Como.__________________Illustrissimo Signore.

ono stato già da tre volte alle Scuole veterinarie diquesta Città Lionese; vi ho fatte lunghe conferenze

coll’egregio direttore Sig. Bredin; ho visto, ho ammiratoil suo giardino, il suo gabinetto, e mi sento elettrizzatoin favore di questa Facoltà. Mi viene un pensiero, chemi par buono; non lo voglio perdere; lo registro in que-sta carta, che invio a Vossignoria Illustrissima, perchèad esso dia corpo, e forma, e lo [141] renda utile ezian-dio al pubblico. Vorrei dunque, che ogni paese, ogni sta-to avesse una scuola Veterinaria; vorrei, che ne avesseuna la Lombardia, e scelgo Como per prima sua sede, eper primo suo direttore io scelgo Lei.

S

Scelgo Como per prima sede Veterinaria; doveva anzidire per l’unica, dacchè una sola bastar può per codestoStato più pingue d’assai, che esteso. Tutto quasi il be-

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XIII.All’Illustrissimo Sig.

D. ANTONIO DELLA PORTA JUNIOREDelegato per la Facoltà Medica, e pel

Magistrato di SanitàIN COMO.

Progetto di una Scuola Veterinaria in Como.__________________Illustrissimo Signore.

ono stato già da tre volte alle Scuole veterinarie diquesta Città Lionese; vi ho fatte lunghe conferenze

coll’egregio direttore Sig. Bredin; ho visto, ho ammiratoil suo giardino, il suo gabinetto, e mi sento elettrizzatoin favore di questa Facoltà. Mi viene un pensiero, chemi par buono; non lo voglio perdere; lo registro in que-sta carta, che invio a Vossignoria Illustrissima, perchèad esso dia corpo, e forma, e lo [141] renda utile ezian-dio al pubblico. Vorrei dunque, che ogni paese, ogni sta-to avesse una scuola Veterinaria; vorrei, che ne avesseuna la Lombardia, e scelgo Como per prima sua sede, eper primo suo direttore io scelgo Lei.

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Scelgo Como per prima sede Veterinaria; doveva anzidire per l’unica, dacchè una sola bastar può per codestoStato più pingue d’assai, che esteso. Tutto quasi il be-

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stiame del Milanese ci viene dalla vicina Svizzera, ed èben giusto, che siavi a’ confini un Giudice della buona orea sua qualità. Usasi in oltre nel territorio Comasco dicaricare le Alpi con greggie, e mandre solipedi, e cornu-te, e di colà tenerle per tre in quattro mesi lontanedall’abitato, ed in continuo pericolo di malattie gravi. Sela Providenza non viene da Como, corron rischio evi-dente di non essere sussidiate a tempo. Finalmente si ètemuto più d’una volta di Endemia, di Epidemia, di pe-ste bovina sul Lario, e [142] e ne’ suoi dintorni, senzasapersi dove prender lume, nè da chi. Lo Stato di Mila-no confina da tutte parti con regioni colte, e da questolato confina con un paese, che non pretende forse di ga-reggiare, nè grandeggiare in ogni genere di dottrina, e dicoltura. Non è necessario urtar di fronte, ma è necessa-rio di provedere almeno indirettamente a’ casi nostri; uncordone di abili maliscalchi ci salverà spesse fiate dacontagiose invasioni.

Ma io scelgo Lei per primo institutore Veterinario. Echi ardirà di nominarne altri in codesta Città o più illu-minato, o più sagace, o più instancabile? Figlio un Me-dico, che la professione onorò di solido sapere, e conaureo parlar facondo; Nipote di un Medico, che resosicelebre nelle più celebri Città d’Italia gode al presenteconcetto altissimo in codesta sua Patria illustre; autorconosciuto e rispettato per le dotte sue Ipocratiche pro-duzioni; Regio Delegato per la Facoltà [143] medica, epel Magistrato di Sanità, può ben Ella eziandio unire inse stessa gli opposti caratteri di supremo ispettore, e di

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stiame del Milanese ci viene dalla vicina Svizzera, ed èben giusto, che siavi a’ confini un Giudice della buona orea sua qualità. Usasi in oltre nel territorio Comasco dicaricare le Alpi con greggie, e mandre solipedi, e cornu-te, e di colà tenerle per tre in quattro mesi lontanedall’abitato, ed in continuo pericolo di malattie gravi. Sela Providenza non viene da Como, corron rischio evi-dente di non essere sussidiate a tempo. Finalmente si ètemuto più d’una volta di Endemia, di Epidemia, di pe-ste bovina sul Lario, e [142] e ne’ suoi dintorni, senzasapersi dove prender lume, nè da chi. Lo Stato di Mila-no confina da tutte parti con regioni colte, e da questolato confina con un paese, che non pretende forse di ga-reggiare, nè grandeggiare in ogni genere di dottrina, e dicoltura. Non è necessario urtar di fronte, ma è necessa-rio di provedere almeno indirettamente a’ casi nostri; uncordone di abili maliscalchi ci salverà spesse fiate dacontagiose invasioni.

Ma io scelgo Lei per primo institutore Veterinario. Echi ardirà di nominarne altri in codesta Città o più illu-minato, o più sagace, o più instancabile? Figlio un Me-dico, che la professione onorò di solido sapere, e conaureo parlar facondo; Nipote di un Medico, che resosicelebre nelle più celebri Città d’Italia gode al presenteconcetto altissimo in codesta sua Patria illustre; autorconosciuto e rispettato per le dotte sue Ipocratiche pro-duzioni; Regio Delegato per la Facoltà [143] medica, epel Magistrato di Sanità, può ben Ella eziandio unire inse stessa gli opposti caratteri di supremo ispettore, e di

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travagliatore indefesso nella nuova Accademia, ch’io voideando. Non mi manca, che di esser Principe per effet-tuare questo mio disegno.

Si assegni per la Veterinaria in Como un convento diMonache soppresse, il più comodo, ed adattato che sipotrà per tutti gli oggetti ad essa necessarj, cioè per unorto Veterinario, per una Sala di preparazioni, per unaSala d’istruzioni, per alloggio gratuito di dieci studenti.

Per l’orto Veterinario fia meglio seguire le classifica-zioni botaniche di Tournefort.

Le preparazioni saranno per lo più di anatomia com-parata, modelli di unghie, di sferre...., di stromenti pertaglj, e altre operazioni chirurgiche sulle bestie, princi-palmente sulle bovine, e sulle cavalline. [144]

Le istruzioni si aggireranno sulla materia medica perle bestie, sulle fasciature, sulle ferrature...., e sopra tuttaintera l’Ipiatrica del Sig. Bourgelat.

Sarà ordinato, che dal Milanese, dal Pavese, dal Cre-monese, dal Lodiggiano, e dal Comasco si mandinoogni tre anni alla scuola Veterinaria di Como due giova-ni abili a studiarvi per altrettanti anni consecutivi questainteressantissima Facoltà. A questi studenti si passerà inComo l’alloggio gratis, come detto è; ed il Pubblico, acui appartengono, o la Cassa d’istruzione somministreràuna discreta somma annua per l’ordinario trattamento.

Sarà similmente fissato onorario al bravo, e virtuosomio Dottor Porta Juniore, che sarà istitutore, e direttoregenerale di questa nuova Accademia. Gli si potrannoaggiungere due Commessi salariati a suo giudicio.

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travagliatore indefesso nella nuova Accademia, ch’io voideando. Non mi manca, che di esser Principe per effet-tuare questo mio disegno.

Si assegni per la Veterinaria in Como un convento diMonache soppresse, il più comodo, ed adattato che sipotrà per tutti gli oggetti ad essa necessarj, cioè per unorto Veterinario, per una Sala di preparazioni, per unaSala d’istruzioni, per alloggio gratuito di dieci studenti.

Per l’orto Veterinario fia meglio seguire le classifica-zioni botaniche di Tournefort.

Le preparazioni saranno per lo più di anatomia com-parata, modelli di unghie, di sferre...., di stromenti pertaglj, e altre operazioni chirurgiche sulle bestie, princi-palmente sulle bovine, e sulle cavalline. [144]

Le istruzioni si aggireranno sulla materia medica perle bestie, sulle fasciature, sulle ferrature...., e sopra tuttaintera l’Ipiatrica del Sig. Bourgelat.

Sarà ordinato, che dal Milanese, dal Pavese, dal Cre-monese, dal Lodiggiano, e dal Comasco si mandinoogni tre anni alla scuola Veterinaria di Como due giova-ni abili a studiarvi per altrettanti anni consecutivi questainteressantissima Facoltà. A questi studenti si passerà inComo l’alloggio gratis, come detto è; ed il Pubblico, acui appartengono, o la Cassa d’istruzione somministreràuna discreta somma annua per l’ordinario trattamento.

Sarà similmente fissato onorario al bravo, e virtuosomio Dottor Porta Juniore, che sarà istitutore, e direttoregenerale di questa nuova Accademia. Gli si potrannoaggiungere due Commessi salariati a suo giudicio.

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Questo è in breve il mio piano Veterinario, ch’io cre-do utile e praticabile; [145] V. S. Illustrissima si guardibene dallo scandolezzarsi, se preferisco Tournefort alLinneo. Io non faccio paragone tra questi duegrand’uomini, ma tra due loro sistemi; e a dir breve,qualunque sia, e comunque transcendente il merito diLinneo, il Sig. Brendin, e ’l suo antecessore Bourgelathanno dimostrato, che il metodo del Tournefort è in pra-tica tre volte più adattato, e più facile per gli studenti al-meno di Veterinaria.

E in fatti due classi v’hanno di erbe monopetali rego-lari, cioè i campaniformi, come le malve; e gli infondi-buliformi, come il tabacco.

Due di monopetali irregolari, cioè i personati, comel’accanto, ed i labiati, come la salvia, e la lavanda.

Due di polipetali regolari, cioè i cruciferi, come la co-clearia, e la senapa, ed i rosacei, come il papavero, e lerose.

Quattro di polipetali irregolari, cioè gli ombelliferi,come il petrosillo, i cariofilacei [146], come il lino, ga-rofani; i liliacei, come lo zafferano, ed i fiordalisi; e ipapillionacei, come le fave, i fagiuoli, i piselli,

Un’undecima classe vi è anomala irregolare, e senzaforma stabile, come le violette, o mammole.

Una flosculosa, come il cardo, ed il carcioffo.Una semiflosculosa, come la latuca, e l’indivia.Una a stamigne, come l’acetosa, l’ortica, il fromento.Una apetala senza fiori, come le felci, i muschi, le al-

ghe.

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Questo è in breve il mio piano Veterinario, ch’io cre-do utile e praticabile; [145] V. S. Illustrissima si guardibene dallo scandolezzarsi, se preferisco Tournefort alLinneo. Io non faccio paragone tra questi duegrand’uomini, ma tra due loro sistemi; e a dir breve,qualunque sia, e comunque transcendente il merito diLinneo, il Sig. Brendin, e ’l suo antecessore Bourgelathanno dimostrato, che il metodo del Tournefort è in pra-tica tre volte più adattato, e più facile per gli studenti al-meno di Veterinaria.

E in fatti due classi v’hanno di erbe monopetali rego-lari, cioè i campaniformi, come le malve; e gli infondi-buliformi, come il tabacco.

Due di monopetali irregolari, cioè i personati, comel’accanto, ed i labiati, come la salvia, e la lavanda.

Due di polipetali regolari, cioè i cruciferi, come la co-clearia, e la senapa, ed i rosacei, come il papavero, e lerose.

Quattro di polipetali irregolari, cioè gli ombelliferi,come il petrosillo, i cariofilacei [146], come il lino, ga-rofani; i liliacei, come lo zafferano, ed i fiordalisi; e ipapillionacei, come le fave, i fagiuoli, i piselli,

Un’undecima classe vi è anomala irregolare, e senzaforma stabile, come le violette, o mammole.

Una flosculosa, come il cardo, ed il carcioffo.Una semiflosculosa, come la latuca, e l’indivia.Una a stamigne, come l’acetosa, l’ortica, il fromento.Una apetala senza fiori, come le felci, i muschi, le al-

ghe.

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Una senza fiori, nè frutta apparenti, come i funghi.A queste diciassette classi di erbe aggiungansi le cin-

que classi d’alberi; gli apetali, come la quercia, e ’lpino; gli amentacei, o a pannocchia, come il pioppo, edil salice; i monopetali, come il ligustro, ed il sambuco; irosacei, come il rosajo, il rubo ideo, o pianta del lampo-ne; [147] ed i papillionacei, come il citiso, e la ginestrade’ tintori. Voila tout, e con questa predichina in caposembrerà a più d’uno d’essere già divenuti botanici.

Quì non si mettono in una medesima classe il cetriuo-lo e la quercia, quantunque abbiano i fiori maschi, efemmine sopra uno stesso individuo; nè la pimpinella,ed il castano in un medesimo ordine, quantunque abbia-no più di dodici stamigne; e senza esaminare le nozzevisibili e le occulte, le Erme, ed i Froditi, e le parti tutted’ogni fiore, noi prendiamo dai vegetabili tutte le piùutili cognizioni. Che se avvengaci di trovare alcun’erbarefrattaria alle altre classi per noi distinte, noi ci facciamcuore, e la collochiamo senza rammarico nel gazofila-cio, e nel magazzino generale, nella classe undecima de-gli anomali. Tournefort ha stimato meglio di passare diun salto questa difficoltà, che di rompersi il cervello perpoi scioglierla malamente. Questo è parlare con tono[148] Professorio.

Potrei ora descriverle il gabinetto delle preparazioniVeterinarie de’ Signori Bourgelat, e Bredin, e massima-mente quelle de’ Jumarts; potrei narrare il metodo, el’ordine, con cui s’istruiscono in queste scuole i giovani,che per Sovrana legge vi si inviano dalle diverse Provin-

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Una senza fiori, nè frutta apparenti, come i funghi.A queste diciassette classi di erbe aggiungansi le cin-

que classi d’alberi; gli apetali, come la quercia, e ’lpino; gli amentacei, o a pannocchia, come il pioppo, edil salice; i monopetali, come il ligustro, ed il sambuco; irosacei, come il rosajo, il rubo ideo, o pianta del lampo-ne; [147] ed i papillionacei, come il citiso, e la ginestrade’ tintori. Voila tout, e con questa predichina in caposembrerà a più d’uno d’essere già divenuti botanici.

Quì non si mettono in una medesima classe il cetriuo-lo e la quercia, quantunque abbiano i fiori maschi, efemmine sopra uno stesso individuo; nè la pimpinella,ed il castano in un medesimo ordine, quantunque abbia-no più di dodici stamigne; e senza esaminare le nozzevisibili e le occulte, le Erme, ed i Froditi, e le parti tutted’ogni fiore, noi prendiamo dai vegetabili tutte le piùutili cognizioni. Che se avvengaci di trovare alcun’erbarefrattaria alle altre classi per noi distinte, noi ci facciamcuore, e la collochiamo senza rammarico nel gazofila-cio, e nel magazzino generale, nella classe undecima de-gli anomali. Tournefort ha stimato meglio di passare diun salto questa difficoltà, che di rompersi il cervello perpoi scioglierla malamente. Questo è parlare con tono[148] Professorio.

Potrei ora descriverle il gabinetto delle preparazioniVeterinarie de’ Signori Bourgelat, e Bredin, e massima-mente quelle de’ Jumarts; potrei narrare il metodo, el’ordine, con cui s’istruiscono in queste scuole i giovani,che per Sovrana legge vi si inviano dalle diverse Provin-

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cie della Francia; potrei diffondermi sulle utilità delloStato, per mandare Commessi, per fare delazioni relati-ve alla generale sua giurisdizione...., ma non voglio farel’erudito con Lei per non recare acqua al mare, nè legnaal bosco. Le dirò piuttosto, e V. S. Illustrissima me loaccorderà facilmente, che se la Veterinaria è scienza dilusso, pare eziandio scienza di lusso tutta la Medicina;che si può forse dar bando a tutti i medici degli uomini,se non sono necessarj i medici degli animali Bruti; checi dovremmo per avventura contentare anche noi dellascienza medica, che hanno gli speziali, ed i flebotomisti,se per la specie [149] belluina contentar ci dobbiamodella scienza Veterinaria de’ fabbri ferraj. Potrà egli unplebeo vantarsi di essere maniscalco insieme e mali-scalco? In verun paese del Mondo non sarà mai lo stes-so trinciare le unghie di un cavallo per calzarlo, e trin-ciare, o guarire le affezioni sue morbose; tanto lo Scalcoin Clinica, quanto lo Scalco in Veterinaria dovrebberoessere ben distinti dallo Scalco di una tavola borghiggia-na.

Finisco senza aggiunger nulla nè di me, nè degli altrimiei trattenimenti. Scrivo a più d’uno, e le lettere di no-vità scritte a qualunque de’ miei amici sono di ragionepromiscua con tutti gli altri. Mi creda che sono

Di V. S. Illustrissima.Lione. 8. Maggio 1783.

Suo Affezionatissimo. [150]

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cie della Francia; potrei diffondermi sulle utilità delloStato, per mandare Commessi, per fare delazioni relati-ve alla generale sua giurisdizione...., ma non voglio farel’erudito con Lei per non recare acqua al mare, nè legnaal bosco. Le dirò piuttosto, e V. S. Illustrissima me loaccorderà facilmente, che se la Veterinaria è scienza dilusso, pare eziandio scienza di lusso tutta la Medicina;che si può forse dar bando a tutti i medici degli uomini,se non sono necessarj i medici degli animali Bruti; checi dovremmo per avventura contentare anche noi dellascienza medica, che hanno gli speziali, ed i flebotomisti,se per la specie [149] belluina contentar ci dobbiamodella scienza Veterinaria de’ fabbri ferraj. Potrà egli unplebeo vantarsi di essere maniscalco insieme e mali-scalco? In verun paese del Mondo non sarà mai lo stes-so trinciare le unghie di un cavallo per calzarlo, e trin-ciare, o guarire le affezioni sue morbose; tanto lo Scalcoin Clinica, quanto lo Scalco in Veterinaria dovrebberoessere ben distinti dallo Scalco di una tavola borghiggia-na.

Finisco senza aggiunger nulla nè di me, nè degli altrimiei trattenimenti. Scrivo a più d’uno, e le lettere di no-vità scritte a qualunque de’ miei amici sono di ragionepromiscua con tutti gli altri. Mi creda che sono

Di V. S. Illustrissima.Lione. 8. Maggio 1783.

Suo Affezionatissimo. [150]

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XIV.All’Illustrissimo Sig. Abbate

D. DOMENICO FERRIPAVIA.

Cene Lionesi.__________________CARISSIMO AMICO.

arà già costì cominciata la state, e voi andrete intraccia delle fresch’aure del delizioso Sicomario, e

stuzziccherete le allegre vostre brigate a’ consueti tra-stulli della stagione. Non v’invidio come in addietro; midiverto più assai di voi, e potrei farvi ottime lezioni dionesto Epicureismo. Una sola ve ne darò ora per saggio,ed è di animarvi ad introdurre costì l’uso carezzevolede’ notturni banchetti. Noi [151] ne abbiamo già godutidiciannove quì in Lione e ne possiamo parlare con fon-damento. Credo, che non ne abbiate idea; tenterò io didarvela così in passando, ma vi prevengo, che l’origina-le sarà sempre superiore alla Copia.

S

L’ora più comune delle Cene Lionesi è verso le ottodopo il mezzodì. Si fanno gli inviti o con viglietti, o avoce, giusta il grado di cerimonia, che esigesi dalle cir-costanze. Si entra nella sala di ricevimento senza molteformalità, e fatto inchino alla Dama padrona, ed a quei,che giunsero prima di noi, si parla promiscuamente con

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XIV.All’Illustrissimo Sig. Abbate

D. DOMENICO FERRIPAVIA.

Cene Lionesi.__________________CARISSIMO AMICO.

arà già costì cominciata la state, e voi andrete intraccia delle fresch’aure del delizioso Sicomario, e

stuzziccherete le allegre vostre brigate a’ consueti tra-stulli della stagione. Non v’invidio come in addietro; midiverto più assai di voi, e potrei farvi ottime lezioni dionesto Epicureismo. Una sola ve ne darò ora per saggio,ed è di animarvi ad introdurre costì l’uso carezzevolede’ notturni banchetti. Noi [151] ne abbiamo già godutidiciannove quì in Lione e ne possiamo parlare con fon-damento. Credo, che non ne abbiate idea; tenterò io didarvela così in passando, ma vi prevengo, che l’origina-le sarà sempre superiore alla Copia.

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L’ora più comune delle Cene Lionesi è verso le ottodopo il mezzodì. Si fanno gli inviti o con viglietti, o avoce, giusta il grado di cerimonia, che esigesi dalle cir-costanze. Si entra nella sala di ricevimento senza molteformalità, e fatto inchino alla Dama padrona, ed a quei,che giunsero prima di noi, si parla promiscuamente con

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chicchesia sugli spettacoli, e sulle novelle dalla giorna-ta. Si rinforza intanto l’Assemblea, e si ordina insensi-bilmente, e si rinserra. Chi giuoca, chi ciarla, chi gira,chi si rincantuccia con una, o più persone di genio; siparla, si sorride, si frizza, si spia; godonsi anche in si-lenzio certi gruppi animati, che vi si fanno. Egli è dapresupporsi un costume, direi quasi, generale, [152] de’ballerini franzesi sul teatro. Gli ultimi passi, le ultimecapriole di certe danze figurate le vibran essi con talgrazia, e misura, che ad un lieve batter di ciglia s’intrec-ciano in aggradevole prospettiva. L’affollata platea esta-tica vi mira il padre Giove corteggiato dalle minori Di-vinità, che si affaccia ad un balcone del Cielo per guar-dar giù in terra; e si compiace, che Paride pensierosostenda ancor dubbia la mano per offrire il pomo alla mi-glior beltà; in mezzo a questi incanti scende il sipario,che lascia mutoli, e inteneriti gli spettatori. Quest’artefina di darvi in un istante sul palco le attitudini più ac-concie per un quadro, per uno scorcio lusinghiere, si èquì trasportata nelle assemblee, e fa giuoco bellissimo alchiarore delle serotine illuminazioni, senza però offen-dere la modestia, ed il contegno. In un momento si for-mano quadri simili, in un momento svaniscono, e non èdi un momento la dolce impressione, che vi lasciano.Ma e [153] come mai s’insinua tanta armonia in questecomitive di piacere? Non v’entrano, che onesti uominiben conosciuti. Come vi si unisce tanta varietà? Vi siescludono gli stupidi. Come vi si trova tanto sapore? Siespellono gli insensibili. Sono tentato a dir di più. Dopo

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chicchesia sugli spettacoli, e sulle novelle dalla giorna-ta. Si rinforza intanto l’Assemblea, e si ordina insensi-bilmente, e si rinserra. Chi giuoca, chi ciarla, chi gira,chi si rincantuccia con una, o più persone di genio; siparla, si sorride, si frizza, si spia; godonsi anche in si-lenzio certi gruppi animati, che vi si fanno. Egli è dapresupporsi un costume, direi quasi, generale, [152] de’ballerini franzesi sul teatro. Gli ultimi passi, le ultimecapriole di certe danze figurate le vibran essi con talgrazia, e misura, che ad un lieve batter di ciglia s’intrec-ciano in aggradevole prospettiva. L’affollata platea esta-tica vi mira il padre Giove corteggiato dalle minori Di-vinità, che si affaccia ad un balcone del Cielo per guar-dar giù in terra; e si compiace, che Paride pensierosostenda ancor dubbia la mano per offrire il pomo alla mi-glior beltà; in mezzo a questi incanti scende il sipario,che lascia mutoli, e inteneriti gli spettatori. Quest’artefina di darvi in un istante sul palco le attitudini più ac-concie per un quadro, per uno scorcio lusinghiere, si èquì trasportata nelle assemblee, e fa giuoco bellissimo alchiarore delle serotine illuminazioni, senza però offen-dere la modestia, ed il contegno. In un momento si for-mano quadri simili, in un momento svaniscono, e non èdi un momento la dolce impressione, che vi lasciano.Ma e [153] come mai s’insinua tanta armonia in questecomitive di piacere? Non v’entrano, che onesti uominiben conosciuti. Come vi si unisce tanta varietà? Vi siescludono gli stupidi. Come vi si trova tanto sapore? Siespellono gli insensibili. Sono tentato a dir di più. Dopo

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varie combinazioni, e confronti fatti, dopo le più minuteinformazioni prese, mi do a credere, che Lione, e laFrancia non sia il clima de’ seccatori, degli importuni,de’ sussurroni, de’ sornioni, degli sguajati, dei melensi,che guastano, che ammorzano, che ammorbano, che am-mozzicano le conversazioni italiane; conversazioni fatteper lo più a porte aperte, e senza scelta, e per vana pom-pa, e per mero prurito ridicoloso di aver molta gente, edi far correr voce, che vi è stato un gran numero di tavo-lini.

Ma eccovi l’avviso, che si è messo in tavola. Tuttis’alzano, e si alza insieme un leggier zonzo nell’assem-blea, di melate paroline, di cortesi inviti, di finte [154]ambascie. Questo cioè è il momento, in cui ciascuno sisceglie la sua Dama, e la destra porgele, e con lei si uni-sce sogguardandosi, e sogghignando, nel passare da unappartamento all’altro, fino alla Sala del convito. Voi di-reste all’entrarvi, che Flora, e Ciprigna l’ornaron dirose, e la sparsero di profumi, e che la pallida aurora lainveste ancora col lume tremolo, e cangiante del mattinruggiadoso. Scintillano i cerei accesi entro limpide gua-stadette pampiniformi, calatiformi, infondibuliformi,quà e là pendenti dalle ampie dorate volte, e dan risaltovaghissimo alle addobbate pareti, ed alle ciotole, ed allecoppe della quadrilunga mensa imbandita. Non vi hamuta di vivande; non si fa che un sol portato di aggrade-volissimi camangiari. Ciascun serve al primo cenno diciò, che gli sta innanzi; non si sprona alcuno al bagordo;si assaggia, si gusta, si celia, si concettizza, si bisticcia,

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varie combinazioni, e confronti fatti, dopo le più minuteinformazioni prese, mi do a credere, che Lione, e laFrancia non sia il clima de’ seccatori, degli importuni,de’ sussurroni, de’ sornioni, degli sguajati, dei melensi,che guastano, che ammorzano, che ammorbano, che am-mozzicano le conversazioni italiane; conversazioni fatteper lo più a porte aperte, e senza scelta, e per vana pom-pa, e per mero prurito ridicoloso di aver molta gente, edi far correr voce, che vi è stato un gran numero di tavo-lini.

Ma eccovi l’avviso, che si è messo in tavola. Tuttis’alzano, e si alza insieme un leggier zonzo nell’assem-blea, di melate paroline, di cortesi inviti, di finte [154]ambascie. Questo cioè è il momento, in cui ciascuno sisceglie la sua Dama, e la destra porgele, e con lei si uni-sce sogguardandosi, e sogghignando, nel passare da unappartamento all’altro, fino alla Sala del convito. Voi di-reste all’entrarvi, che Flora, e Ciprigna l’ornaron dirose, e la sparsero di profumi, e che la pallida aurora lainveste ancora col lume tremolo, e cangiante del mattinruggiadoso. Scintillano i cerei accesi entro limpide gua-stadette pampiniformi, calatiformi, infondibuliformi,quà e là pendenti dalle ampie dorate volte, e dan risaltovaghissimo alle addobbate pareti, ed alle ciotole, ed allecoppe della quadrilunga mensa imbandita. Non vi hamuta di vivande; non si fa che un sol portato di aggrade-volissimi camangiari. Ciascun serve al primo cenno diciò, che gli sta innanzi; non si sprona alcuno al bagordo;si assaggia, si gusta, si celia, si concettizza, si bisticcia,

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si susurra all’orecchio della gradita Compagna. [155] Lesalse, il vino, ed il parlar vezzoso di tante Ireni vi met-ton nel sangue un fuoco, un fremito nelle fibre, che viscuote senza trasporto, che investe l’anima illanguidita,e la inclina alla gioja. Si levan le mense, e l’assembleadisperdesi nelle vicine Sale. Qual novità! Resi più palli-di i lumi, e l’aria brunita, e taciturna, si trasformano icommensali in altrettante ombre degli Elisi. Ombre inun canto aggruppate, ombre insieme accoccolatenell’altro, ombre erranti, e solitarie, che quà, e là portanlo sguardo, e ’l passo incerto. In nessun luogo, in nessuntempo voi vedete in Francia scomposti atti, nè ascoltateincondite sghignazzate nelle pulite ragunanze; ma inquesti ultimi istanti de’ notturni banchetti si guarda piùche altrove la convenevolezza, ed il decoro, per temaquasi di frastornarne il riposo, che vuolsi conciliare a’convitati. Ma la notte tocca già la metà del suo corso. Siritiran tutti a poco a [156] poco senza smorfiosi squasilj,e mi ritiro anch’io.

Volete saperne di più? Io vi spedisco questa letteraper la posta aerea, ed immaginosa del Linguet; la riceve-rete in un attimo. Voi cavalcando la rocca magica di Be-nevento, potete recarvi al nostro albergo di Provenza inmen d’un’ora. Martin del Rio ve ne darà la dimostrazio-ne, ed il metodo. Non mancate, no; mi lusingo di otte-nervi un Coperto alla cena di posdomani dall’Illustrissi-mo Sig. Fuselier.

Intanto se avete agio di fare ossequio alla Colleoni dilui figlia, che fa ora le delizie delle Dame Venete non

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si susurra all’orecchio della gradita Compagna. [155] Lesalse, il vino, ed il parlar vezzoso di tante Ireni vi met-ton nel sangue un fuoco, un fremito nelle fibre, che viscuote senza trasporto, che investe l’anima illanguidita,e la inclina alla gioja. Si levan le mense, e l’assembleadisperdesi nelle vicine Sale. Qual novità! Resi più palli-di i lumi, e l’aria brunita, e taciturna, si trasformano icommensali in altrettante ombre degli Elisi. Ombre inun canto aggruppate, ombre insieme accoccolatenell’altro, ombre erranti, e solitarie, che quà, e là portanlo sguardo, e ’l passo incerto. In nessun luogo, in nessuntempo voi vedete in Francia scomposti atti, nè ascoltateincondite sghignazzate nelle pulite ragunanze; ma inquesti ultimi istanti de’ notturni banchetti si guarda piùche altrove la convenevolezza, ed il decoro, per temaquasi di frastornarne il riposo, che vuolsi conciliare a’convitati. Ma la notte tocca già la metà del suo corso. Siritiran tutti a poco a [156] poco senza smorfiosi squasilj,e mi ritiro anch’io.

Volete saperne di più? Io vi spedisco questa letteraper la posta aerea, ed immaginosa del Linguet; la riceve-rete in un attimo. Voi cavalcando la rocca magica di Be-nevento, potete recarvi al nostro albergo di Provenza inmen d’un’ora. Martin del Rio ve ne darà la dimostrazio-ne, ed il metodo. Non mancate, no; mi lusingo di otte-nervi un Coperto alla cena di posdomani dall’Illustrissi-mo Sig. Fuselier.

Intanto se avete agio di fare ossequio alla Colleoni dilui figlia, che fa ora le delizie delle Dame Venete non

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meno che delle Milanesi, ditele, che è ben meritata lastima altissima, e la secura fama di splendidezza, e dicuore, che questo amoroso Padre gode costì fra noi; di-tele, che le frequenti sue comendatizie col moltiplicare alui gl’incomodi, gli moltiplicano eziandio appassionatiencomiatori; ditele, che la degnissima sua madre, e leragguardevoli [157] sue sorelle Sofia, e Rosalia, brillanoquai gemme in tutte le compagnevoli società; ditele fi-nalmente, che se noi sembrassimo ad essi un po’ po’scarsi in complimentosi ringraziamenti per tante ricevu-te cortesie, e pel facile accesso procuratoci in tante di-stinte Case, ciò è effetto piuttosto della difficoltà di bencorrispondere, che non di sconoscenza a’ nostri doveri.La Casa Fuselier sarà per noi immortale, ed è assai me-glio parlar bene di loro ad altrui, che a loro stessi.

Assicuratevi della mia amicizia, e credetemi.Lione. 25 Maggio 1783.

Tutto Vostro. [158]

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meno che delle Milanesi, ditele, che è ben meritata lastima altissima, e la secura fama di splendidezza, e dicuore, che questo amoroso Padre gode costì fra noi; di-tele, che le frequenti sue comendatizie col moltiplicare alui gl’incomodi, gli moltiplicano eziandio appassionatiencomiatori; ditele, che la degnissima sua madre, e leragguardevoli [157] sue sorelle Sofia, e Rosalia, brillanoquai gemme in tutte le compagnevoli società; ditele fi-nalmente, che se noi sembrassimo ad essi un po’ po’scarsi in complimentosi ringraziamenti per tante ricevu-te cortesie, e pel facile accesso procuratoci in tante di-stinte Case, ciò è effetto piuttosto della difficoltà di bencorrispondere, che non di sconoscenza a’ nostri doveri.La Casa Fuselier sarà per noi immortale, ed è assai me-glio parlar bene di loro ad altrui, che a loro stessi.

Assicuratevi della mia amicizia, e credetemi.Lione. 25 Maggio 1783.

Tutto Vostro. [158]

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XV.All’Illustrissimo Sig.

D. GIOVANNI BELLISOMI. PAVIA.

Scorreria per Lione, Accademia di Scienze, ed arti,e Museo del sig. Camus.

__________________Illustrissimo Signore.

on saprei dire ciocchè Vossignoria Illustrissimafosse per ammirare di più quì in Lione, o piuttosto

non saprei cosa Ella fosse per non ammirarvi somma-mente. Un uom di mondo vi trova finezza, scioltura, de-coro nelle maniere del pensare, e nell’agire; l’uom di beltempo una successione giudiciosa di piaceri in casa, efuori, che lo tien sempre in lena; l’uom di affari una di-stribuzion d’ore, e di [159] giornate, che gli fa alternarecon misura il travaglio, ed il riposo; l’uom di trafficouna dovizia, una farragine, una inondazione, a cosìesprimermi, di ogni sorta di mercanzie in lana, in lino,in seta, in ricami, in galloni, in nastri, che a giusto titolola chiamerebbe Emporio della Francia.

N

Bastano ad un Architetto la gran piazza di Luigi XIV.attorniata da superbissime fabbriche, e ’l Palazzo dellaCittà...., e i riquadrati rioni ampissimi della Città nuova;bastano ad un Idrostatico le ardite sustruzioni di Perache

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XV.All’Illustrissimo Sig.

D. GIOVANNI BELLISOMI. PAVIA.

Scorreria per Lione, Accademia di Scienze, ed arti,e Museo del sig. Camus.

__________________Illustrissimo Signore.

on saprei dire ciocchè Vossignoria Illustrissimafosse per ammirare di più quì in Lione, o piuttosto

non saprei cosa Ella fosse per non ammirarvi somma-mente. Un uom di mondo vi trova finezza, scioltura, de-coro nelle maniere del pensare, e nell’agire; l’uom di beltempo una successione giudiciosa di piaceri in casa, efuori, che lo tien sempre in lena; l’uom di affari una di-stribuzion d’ore, e di [159] giornate, che gli fa alternarecon misura il travaglio, ed il riposo; l’uom di trafficouna dovizia, una farragine, una inondazione, a cosìesprimermi, di ogni sorta di mercanzie in lana, in lino,in seta, in ricami, in galloni, in nastri, che a giusto titolola chiamerebbe Emporio della Francia.

N

Bastano ad un Architetto la gran piazza di Luigi XIV.attorniata da superbissime fabbriche, e ’l Palazzo dellaCittà...., e i riquadrati rioni ampissimi della Città nuova;bastano ad un Idrostatico le ardite sustruzioni di Perache

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pel prolungamento del Rodano, e della Sonna; bastanoad un Pittore gli insigni quadri de’ Beau, de’ Menard,de’ la Fausse, de’ Cadet, de’ Blanchet, de’ Corneille, de’Tremoullier,.... e sopra tutto il famoso Cristo in crocesenza lanciata del Rubens che a Luigi XIII. costò 20.mila franchi di prima compera, e 10. mila franchi di re-galo; bastano ad un Prospettivista la impareggiabil [160]mostra della Città guardata di quà da Broni, ove sale, escende, e archeggia a riprese simmetriche su per lo dos-so delle verdi colline opposte; i cento e mila, e centocinquanta mila scenografici punti sorprendentissimi allaSenna, al Rodano, al moltiforme Breteau, sulle alture diLion vecchio, allo Svizzero, alla Villeggiatura Arcive-scovile, a tanti casini di campagna, de’ quali è seminataquesta nuova Tempe; bastano ad un Machinista le mobi-li figure, lo Zodiaco, il Calendario del grande orologioarmonico della Cattedrale, ed i nuovi mulini oblunghi, erettilinei del Cachard per filare, vuotare, torcere la seta,e quelli della carità parimente oblunghi, e a piccoli archicircolari, e quelli de’ battilori sul Rodano, e de’ filatori,e tiratori d’ogni sorta di metallo sparsi in tanti viottoli, echiassolini della Città, e gli arcolaj dei bastardelli, co’quali da una donna sola si scarican ventiquattro oncie diseta al dì; basta ad un Progettista il gran barcone [161] avapori del Sig. Jouffroy per andar contr’acqua; e ad unamatore, e coltivatore degli studj profondi, e gai, cioèper Vossignoria Illustrissima bastano la Veterinaria, lascuola del disegno...., e l’Accademia delle scienze, edarti. Mi fermerò alquanto su quest’ultima.

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pel prolungamento del Rodano, e della Sonna; bastanoad un Pittore gli insigni quadri de’ Beau, de’ Menard,de’ la Fausse, de’ Cadet, de’ Blanchet, de’ Corneille, de’Tremoullier,.... e sopra tutto il famoso Cristo in crocesenza lanciata del Rubens che a Luigi XIII. costò 20.mila franchi di prima compera, e 10. mila franchi di re-galo; bastano ad un Prospettivista la impareggiabil [160]mostra della Città guardata di quà da Broni, ove sale, escende, e archeggia a riprese simmetriche su per lo dos-so delle verdi colline opposte; i cento e mila, e centocinquanta mila scenografici punti sorprendentissimi allaSenna, al Rodano, al moltiforme Breteau, sulle alture diLion vecchio, allo Svizzero, alla Villeggiatura Arcive-scovile, a tanti casini di campagna, de’ quali è seminataquesta nuova Tempe; bastano ad un Machinista le mobi-li figure, lo Zodiaco, il Calendario del grande orologioarmonico della Cattedrale, ed i nuovi mulini oblunghi, erettilinei del Cachard per filare, vuotare, torcere la seta,e quelli della carità parimente oblunghi, e a piccoli archicircolari, e quelli de’ battilori sul Rodano, e de’ filatori,e tiratori d’ogni sorta di metallo sparsi in tanti viottoli, echiassolini della Città, e gli arcolaj dei bastardelli, co’quali da una donna sola si scarican ventiquattro oncie diseta al dì; basta ad un Progettista il gran barcone [161] avapori del Sig. Jouffroy per andar contr’acqua; e ad unamatore, e coltivatore degli studj profondi, e gai, cioèper Vossignoria Illustrissima bastano la Veterinaria, lascuola del disegno...., e l’Accademia delle scienze, edarti. Mi fermerò alquanto su quest’ultima.

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L’abbiam voluta esaminare da vicino, ed a’ 6. Maggiointervennimo fortunatamente ad una sua pubblica ses-sione. Tre valorosi Accademici dottamente parlarono sulcarbon fossile, sull’amicizia, sulle lingue, ed il Sig. Ves-sallier ci scosse, e ci ravvivò con un elegante poemettosulla Pace testè conchiusa. Vidimo in un’ altra sessioneprivata come vi si trattano gli affari, che a tutto il Corpoappartengono: vi domina decenza, e libertà; si permiseanche a noi di cinguettar franzese, ragionando a lungo ilMarchese Malaspina sui fregamenti nelle macchinesemplici, e composte, ed io sopra un picciolissimo ramodi Fisica, cioè sopra l’elettricità, che ho tentato dedurre[162] non senza pregio di novità dalle chimiche decom-posizioni. Ci fece applauso sensibile l’assemblea, e noinon possiamo che lodarci della sua urbanità raffinata. Ame però sembrava strano, che un Corpo, ed un Corpoantico d’Accademici fosse ancor rispettabile, e rispetta-to. Mi pareva ancor più strano, che si potesse opporrel’Accademia di Lione alle invettive di Linguet. Nonandò guari, che Lione stesso mi confermò ne’ miei giu-dizj, e potrei dimostrare con istorielle bene avverate, chela scienziata Lionese Accademia impone più alla molti-tudine fuori Stato, che alla sua Patria. È egli questo ilmal destino di tutte le società letterarie, di essere unica-mente ne’ lontani paesi encomiate? Cremantur ubi sunt,laudantur ubi non sunt. Sono forse le loro bellezzecome la tonda cera rilucente del lunar desco, che offresempre all’occhio armato oscure valli, montagne ardite,e laghi, e mari in tempesta? Mi si voleva far credere,

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L’abbiam voluta esaminare da vicino, ed a’ 6. Maggiointervennimo fortunatamente ad una sua pubblica ses-sione. Tre valorosi Accademici dottamente parlarono sulcarbon fossile, sull’amicizia, sulle lingue, ed il Sig. Ves-sallier ci scosse, e ci ravvivò con un elegante poemettosulla Pace testè conchiusa. Vidimo in un’ altra sessioneprivata come vi si trattano gli affari, che a tutto il Corpoappartengono: vi domina decenza, e libertà; si permiseanche a noi di cinguettar franzese, ragionando a lungo ilMarchese Malaspina sui fregamenti nelle macchinesemplici, e composte, ed io sopra un picciolissimo ramodi Fisica, cioè sopra l’elettricità, che ho tentato dedurre[162] non senza pregio di novità dalle chimiche decom-posizioni. Ci fece applauso sensibile l’assemblea, e noinon possiamo che lodarci della sua urbanità raffinata. Ame però sembrava strano, che un Corpo, ed un Corpoantico d’Accademici fosse ancor rispettabile, e rispetta-to. Mi pareva ancor più strano, che si potesse opporrel’Accademia di Lione alle invettive di Linguet. Nonandò guari, che Lione stesso mi confermò ne’ miei giu-dizj, e potrei dimostrare con istorielle bene avverate, chela scienziata Lionese Accademia impone più alla molti-tudine fuori Stato, che alla sua Patria. È egli questo ilmal destino di tutte le società letterarie, di essere unica-mente ne’ lontani paesi encomiate? Cremantur ubi sunt,laudantur ubi non sunt. Sono forse le loro bellezzecome la tonda cera rilucente del lunar desco, che offresempre all’occhio armato oscure valli, montagne ardite,e laghi, e mari in tempesta? Mi si voleva far credere,

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[163] che questi fossero privilegi delle sole Accademied’Italia! ed oh Arcadia, oh sapienza di Roma! eravatecitate voi in testimonio. Profetizzo al presente, che nonsaranno a queste dissimili le altre tutte, che incontrerò incammino. Accademie, ascrizioni, e premj d’Accademiesono oggimai come i giornali, ed i mercatati elogi de’giornalisti. Appena esse reggono alla critica imparzialenegli anni verdi della prima loro istituzione; decadonoben presto, e si fan pascolo d’intrighi, ed acqua pe’ gon-zi.

Ma checchè ne sia di tutto ciò, ho conosciuto quì inLione il Sig. Châtillon, il Sig. Royer, il Sig. Camus....,ed altri valent’uomini eruditi, profondi, che bastan solialla propria fama, e che onorano l’Accademia stessa, dicui son membri illustri. Il ricco, e splendido Sig. Camus,per parlare di questo solo, si è formato una doviziosasceltissima libreria, che mostra la capacità della suamente, mille [164] volte superiore alla fresca sua età;egli è Astronomo, Chimico, Naturalista. La sua specola,il suo laboratorio, il suo museo farà epoca tra pochianni, s’egli continua a coltivare queste scienze colla suaordinaria energia. Non voglio, che V. S. Illustrissima siaffidi in ciò alle mie asserzioni soltanto; le trasmetto persaggio l’indice dell’ordine sistematico, ch’egli ha ideatoed eseguito nel suo Gabinetto. So, che scrivo ad un di-lettante, ad un giudice di queste materie; so ch’Ella pos-siede una raccolta non volgare di naturali produzioni,che per tanti anni ebbe anche costì il pregio di unica; soche gli eletti rampolli della nobilissima sua famiglia, e

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[163] che questi fossero privilegi delle sole Accademied’Italia! ed oh Arcadia, oh sapienza di Roma! eravatecitate voi in testimonio. Profetizzo al presente, che nonsaranno a queste dissimili le altre tutte, che incontrerò incammino. Accademie, ascrizioni, e premj d’Accademiesono oggimai come i giornali, ed i mercatati elogi de’giornalisti. Appena esse reggono alla critica imparzialenegli anni verdi della prima loro istituzione; decadonoben presto, e si fan pascolo d’intrighi, ed acqua pe’ gon-zi.

Ma checchè ne sia di tutto ciò, ho conosciuto quì inLione il Sig. Châtillon, il Sig. Royer, il Sig. Camus....,ed altri valent’uomini eruditi, profondi, che bastan solialla propria fama, e che onorano l’Accademia stessa, dicui son membri illustri. Il ricco, e splendido Sig. Camus,per parlare di questo solo, si è formato una doviziosasceltissima libreria, che mostra la capacità della suamente, mille [164] volte superiore alla fresca sua età;egli è Astronomo, Chimico, Naturalista. La sua specola,il suo laboratorio, il suo museo farà epoca tra pochianni, s’egli continua a coltivare queste scienze colla suaordinaria energia. Non voglio, che V. S. Illustrissima siaffidi in ciò alle mie asserzioni soltanto; le trasmetto persaggio l’indice dell’ordine sistematico, ch’egli ha ideatoed eseguito nel suo Gabinetto. So, che scrivo ad un di-lettante, ad un giudice di queste materie; so ch’Ella pos-siede una raccolta non volgare di naturali produzioni,che per tanti anni ebbe anche costì il pregio di unica; soche gli eletti rampolli della nobilissima sua famiglia, e

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cari nipoti suoi si addestrano alle più squisite cognizionicol famigliare consorzio della sensibil Natura riordinatane’ suoi scaffali dal Matematico, dal Fisico Gratogniniche ha l’onore, ed il merito della sua amicizia. Ma ap-punto perchè so tutte queste cose, e molt’altre ancora,che irriterebbero [165] la sua modestia se osassi dirle,indirizzo a Lei il presente elenco. Potrebb’Ella servirse-ne altresì per formare un Museo portatile entro un solcassettone tripartito giusta i tre Regni Naturali, e posciasuddiviso nelle sue classi. Quì in Francia si usano questiMusei portatili assai più che le tolette per le Dame, e lastanziolina di ritiro pel servente.

Sette Classi del Regno Minerale1. Classe. Terre argillose Sabbie, ele-

menti delle Pietre

Pietre, o terre dureGhiaja, o frantumi di pietre

alcalinegessose

2. ....Sali acidialcalineutri

3. ....Bitumi fluidi Gli Zolfi sono compresi in que-sta classe per varie ragioni.solidi

4. ....Piriti5. ....Semi-metal-li

fluidi

solidi6. ....Metalli7. ....Accidenti proprj del Regno Minerale, ed Oc-casionati [166]

1. dall’acqua

concrezioni.incrostazioni.pietrificazioni.

2. dal bitu-me, o bitu-minazione

il giajetto, le torbe

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cari nipoti suoi si addestrano alle più squisite cognizionicol famigliare consorzio della sensibil Natura riordinatane’ suoi scaffali dal Matematico, dal Fisico Gratogniniche ha l’onore, ed il merito della sua amicizia. Ma ap-punto perchè so tutte queste cose, e molt’altre ancora,che irriterebbero [165] la sua modestia se osassi dirle,indirizzo a Lei il presente elenco. Potrebb’Ella servirse-ne altresì per formare un Museo portatile entro un solcassettone tripartito giusta i tre Regni Naturali, e posciasuddiviso nelle sue classi. Quì in Francia si usano questiMusei portatili assai più che le tolette per le Dame, e lastanziolina di ritiro pel servente.

Sette Classi del Regno Minerale1. Classe. Terre argillose Sabbie, ele-

menti delle Pietre

Pietre, o terre dureGhiaja, o frantumi di pietre

alcalinegessose

2. ....Sali acidialcalineutri

3. ....Bitumi fluidi Gli Zolfi sono compresi in que-sta classe per varie ragioni.solidi

4. ....Piriti5. ....Semi-metal-li

fluidi

solidi6. ....Metalli7. ....Accidenti proprj del Regno Minerale, ed Oc-casionati [166]

1. dall’acqua

concrezioni.incrostazioni.pietrificazioni.

2. dal bitu-me, o bitu-minazione

il giajetto, le torbe

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3. da’ su-ghi mine-rali, o mi-neralizza-zione

le conchiglie mineralizzate

4. dal fuo-co, o pro-dotti vol-canici.

pietre getta-te, e non in-taccate dal fuoco

d’ogni genere

pietre calci-nate

d’ogni genere

pietre fuse, olave

porose pumiciscorie

compatte basalti – Omoge-nei; Composti – in tavole. in pri-smi. in masse.

Vetrificate.Pozzolane. rapillo

pozzolana propriamente taleCeneri agglutinate.

in polvere.Podinghi, o misture volcaniche.

Tre Classi del Regno Vegetale1. Classe. Piante minero-vegetali (Mandrepore, per varie buone ragio-

ni.)

2. Piante aeree, o piante semplici Radici.CortecciaLegno.Frutti.Piante intere, o Erbolajo di Tourne-fort [167]

3. Accidenti proprj del Regno Vegetale Gomme.Resine.Corpi gommo-resinosi.

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3. da’ su-ghi mine-rali, o mi-neralizza-zione

le conchiglie mineralizzate

4. dal fuo-co, o pro-dotti vol-canici.

pietre getta-te, e non in-taccate dal fuoco

d’ogni genere

pietre calci-nate

d’ogni genere

pietre fuse, olave

porose pumiciscorie

compatte basalti – Omoge-nei; Composti – in tavole. in pri-smi. in masse.

Vetrificate.Pozzolane. rapillo

pozzolana propriamente taleCeneri agglutinate.

in polvere.Podinghi, o misture volcaniche.

Tre Classi del Regno Vegetale1. Classe. Piante minero-vegetali (Mandrepore, per varie buone ragio-

ni.)

2. Piante aeree, o piante semplici Radici.CortecciaLegno.Frutti.Piante intere, o Erbolajo di Tourne-fort [167]

3. Accidenti proprj del Regno Vegetale Gomme.Resine.Corpi gommo-resinosi.

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Sette Classi del Regno Animale1. Classe. Quadrupedi

2. Rettili

3. Pesci Conchiglie o testacei, e crustacei

4. Anfibii

5. Uccelli

6. Insetti

7. Accidenti proprj al Regno Animale Calcoli.Bezuardi.Egagropili.

Nota bene ( mi soggiunse il Sig. Camus), che in que-sto Catalogo dimostrativo le denominazioni di Minera-le, di Vegetale, di Animale non formano veramente Clas-si distinte; seguito la Natura, non ne faccio, che unaClasse sola, e spero, che in progresso di tempo saremtutti convinti, che i così detti suoi tre Regni non sono alpiù, che tre Provincie di un medesimo Regno sottomes-so a certe costanti leggi, che la Natura stessa ha stabilitedappertutto. Si potrebbe dire altresì, che la Capitale diquest’unico Regno è tra’ Minerali; au [168] moins moije le dis. Cosi egli, ed io prego senza più Vossignoria Il-lustrissma a far gradire i miei ossequj a tutta la pregevo-lissima sua Casa ed a credermi eternamente.

Lione. 28. Maggio 1783.Suo Affezionatissimo. [169]

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Sette Classi del Regno Animale1. Classe. Quadrupedi

2. Rettili

3. Pesci Conchiglie o testacei, e crustacei

4. Anfibii

5. Uccelli

6. Insetti

7. Accidenti proprj al Regno Animale Calcoli.Bezuardi.Egagropili.

Nota bene ( mi soggiunse il Sig. Camus), che in que-sto Catalogo dimostrativo le denominazioni di Minera-le, di Vegetale, di Animale non formano veramente Clas-si distinte; seguito la Natura, non ne faccio, che unaClasse sola, e spero, che in progresso di tempo saremtutti convinti, che i così detti suoi tre Regni non sono alpiù, che tre Provincie di un medesimo Regno sottomes-so a certe costanti leggi, che la Natura stessa ha stabilitedappertutto. Si potrebbe dire altresì, che la Capitale diquest’unico Regno è tra’ Minerali; au [168] moins moije le dis. Cosi egli, ed io prego senza più Vossignoria Il-lustrissma a far gradire i miei ossequj a tutta la pregevo-lissima sua Casa ed a credermi eternamente.

Lione. 28. Maggio 1783.Suo Affezionatissimo. [169]

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XVI.All’Illustrissimo Sig.

D. LUIGI ALBERTOLLIRegio Professore.

MILANO.Rarità di Parigi.

__________________AMICO CARISSIMO.

iamo giunti jeri sera a Parigi verso la mezza notte;ed abbiam preso alloggio nell’Hotel d’Hambourg,

rue jacob, Faubourg S. Germain. Ho dormito bene; mialzo or ora che il centro del Sole tocca il meridiano, 28.minuti all’Occidente del vostro, e non differisco un mo-mento a farvi parte della mia contentezza, della [170]mia sorpresa, della specie di deliro, e di frenesia dolcis-sima, che m’assale nel vedermi in questo centrodell’Universo. Mi metto alla finestra del mio apparta-mento; tutto si spiana sotto di me, tutto rischiarasi; lemuraglie, i tetti, le case mi divengono trasparenti; mirola maestà degli ornati, e la grandezza, e l’uso che le di-stingue. Passa il mio sguardo pe’ muscoli intercostali, epel cranio d’ogni cittadino, e parmi di leggere gli affettide’ loro cuori, ed i pensieri stampati nelle loro meningi.Non so stare alle mosse. Che colpo d’occhio, che vista

S

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XVI.All’Illustrissimo Sig.

D. LUIGI ALBERTOLLIRegio Professore.

MILANO.Rarità di Parigi.

__________________AMICO CARISSIMO.

iamo giunti jeri sera a Parigi verso la mezza notte;ed abbiam preso alloggio nell’Hotel d’Hambourg,

rue jacob, Faubourg S. Germain. Ho dormito bene; mialzo or ora che il centro del Sole tocca il meridiano, 28.minuti all’Occidente del vostro, e non differisco un mo-mento a farvi parte della mia contentezza, della [170]mia sorpresa, della specie di deliro, e di frenesia dolcis-sima, che m’assale nel vedermi in questo centrodell’Universo. Mi metto alla finestra del mio apparta-mento; tutto si spiana sotto di me, tutto rischiarasi; lemuraglie, i tetti, le case mi divengono trasparenti; mirola maestà degli ornati, e la grandezza, e l’uso che le di-stingue. Passa il mio sguardo pe’ muscoli intercostali, epel cranio d’ogni cittadino, e parmi di leggere gli affettide’ loro cuori, ed i pensieri stampati nelle loro meningi.Non so stare alle mosse. Che colpo d’occhio, che vista

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sorprendente!Novecento settantacinque strade; 95. chiassolini; 50.

mila case; 134. Comunità regolari; 50. Parrocchie; 110.tra Capitoli e Cappelle; 26 Spedali; 12. Prigioni; 15. Se-minarj; 57. Collegi; il Museo Rozier; sei Accademie dilettere, di scienze e d’arti; quattro Biblioteche pubbli-che; il Giardin del Re; la Specola; le Specole; la grandeUniversità da Carlo Magno fondata. [171]

Il palazzo del Louvre, il palazzo alle Tuillierie, il pa-lazzo Reale, il Luxemburgo, gli Invalidi, il palazzo dellaCittà, il Pretorio, la Sorbona, la Val di grazia, l’Arcive-scovado, S. Sulpizio, S. Genieffa, il palazzo delle Mone-te.

Diciasette piazze pubbliche, e tra queste la PiazzaReale colla statua equestre di Luigi XIII., la piazza Van-domo colla statua equestre di Luigi XIV., la piazza delleVittorie del Maresciallo de la Feuilliarde colla statua inpiedi di Luigi XII., avanti a cui s’incatenano quattrocervellotiche Nazioni, e la piazza di Luigi XV., al finedelle Tuillierie.

Cinquantadue fontane pubbliche; 20 quais; 12. mer-cati; 20. ponti; 12. porti sulla Senna; 64. ufficj per lepubbliche vendite, altri 22. per le finanze, per gli appal-ti, pel commercio; dodici mila, e cinquecento carrozzesignorili e due mila carrozzacce d’affitto numerizzateper comodo di chi non si vergogna d’entrarvi; [172]quattro mila riverberi per la notturna illuminazione dellestrade; 36. cassette per le lettere della gran posta, chenon abbisognano di assicurazione, e 395. cassette per la

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sorprendente!Novecento settantacinque strade; 95. chiassolini; 50.

mila case; 134. Comunità regolari; 50. Parrocchie; 110.tra Capitoli e Cappelle; 26 Spedali; 12. Prigioni; 15. Se-minarj; 57. Collegi; il Museo Rozier; sei Accademie dilettere, di scienze e d’arti; quattro Biblioteche pubbli-che; il Giardin del Re; la Specola; le Specole; la grandeUniversità da Carlo Magno fondata. [171]

Il palazzo del Louvre, il palazzo alle Tuillierie, il pa-lazzo Reale, il Luxemburgo, gli Invalidi, il palazzo dellaCittà, il Pretorio, la Sorbona, la Val di grazia, l’Arcive-scovado, S. Sulpizio, S. Genieffa, il palazzo delle Mone-te.

Diciasette piazze pubbliche, e tra queste la PiazzaReale colla statua equestre di Luigi XIII., la piazza Van-domo colla statua equestre di Luigi XIV., la piazza delleVittorie del Maresciallo de la Feuilliarde colla statua inpiedi di Luigi XII., avanti a cui s’incatenano quattrocervellotiche Nazioni, e la piazza di Luigi XV., al finedelle Tuillierie.

Cinquantadue fontane pubbliche; 20 quais; 12. mer-cati; 20. ponti; 12. porti sulla Senna; 64. ufficj per lepubbliche vendite, altri 22. per le finanze, per gli appal-ti, pel commercio; dodici mila, e cinquecento carrozzesignorili e due mila carrozzacce d’affitto numerizzateper comodo di chi non si vergogna d’entrarvi; [172]quattro mila riverberi per la notturna illuminazione dellestrade; 36. cassette per le lettere della gran posta, chenon abbisognano di assicurazione, e 395. cassette per la

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piccol posta interna, introdotta nel 1760. dal Sig. Cha-mousset.

Gli arazzi a Goblin; le tappezzerie in carta; la mani-fattura degli specchi; la porcellana a Seve.... ec.

Sette Fiere, o Mercati di pubblico divertimento, comequella di S. Lorenzo in Giugno, che è migliore della Fie-ra S. Germano in Febbrajo per l’aggiuntovi ridotto Ci-nese fino dal 1781.; i piccoli spettacoli de’ baluardi, Ni-coletto; Audinot, le varietà dilettevoli rese tanto famosedal Jteanno; l’Opera, la Commedia Francese, la Com-media Italiana.

I passeggi alle arginate rive della Senna, che divide inmezzo la Città, e vi forma un’ isola; il ponte nuovo collastatua di Enrico IV; ed il ponte Reale, che guarda da unaparte il Louvre, e dall’altra [173] il palazzo Bourbon; igiardini delle Tuilliere; i giardini di Luxemburgo,dell’Infanta, del palazzo reale, del Re, dell’Arsenale; ilpiccol corso della Regina; i Campi elisi; i baluardi nuo-vi, ed i vecchj.

E la popolazione? Chi la fa montare ad un milione, echi ne leva trecento mila; si contano in questo gran nu-mero 361. caffettieri, 1824. calzolaj, 1302. ciabattini,282. libraj, 2184. merciajuoli, 252. levatrici, 700. par-rucchieri, 700. rigattieri, 1884. sartori, 36. stampatori,300. vetraj, e quel, che lusinga i giovani forastieri mas-simamente, ventotto mila ragazze di bel tempo. Quantiamanti, e quanti intrighi di cuore, e quanti vezzi, e quan-te violenze! quante ricchezze, e quante profusioni, equanta povertà! Quanta pace, e quanti allarmi!

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piccol posta interna, introdotta nel 1760. dal Sig. Cha-mousset.

Gli arazzi a Goblin; le tappezzerie in carta; la mani-fattura degli specchi; la porcellana a Seve.... ec.

Sette Fiere, o Mercati di pubblico divertimento, comequella di S. Lorenzo in Giugno, che è migliore della Fie-ra S. Germano in Febbrajo per l’aggiuntovi ridotto Ci-nese fino dal 1781.; i piccoli spettacoli de’ baluardi, Ni-coletto; Audinot, le varietà dilettevoli rese tanto famosedal Jteanno; l’Opera, la Commedia Francese, la Com-media Italiana.

I passeggi alle arginate rive della Senna, che divide inmezzo la Città, e vi forma un’ isola; il ponte nuovo collastatua di Enrico IV; ed il ponte Reale, che guarda da unaparte il Louvre, e dall’altra [173] il palazzo Bourbon; igiardini delle Tuilliere; i giardini di Luxemburgo,dell’Infanta, del palazzo reale, del Re, dell’Arsenale; ilpiccol corso della Regina; i Campi elisi; i baluardi nuo-vi, ed i vecchj.

E la popolazione? Chi la fa montare ad un milione, echi ne leva trecento mila; si contano in questo gran nu-mero 361. caffettieri, 1824. calzolaj, 1302. ciabattini,282. libraj, 2184. merciajuoli, 252. levatrici, 700. par-rucchieri, 700. rigattieri, 1884. sartori, 36. stampatori,300. vetraj, e quel, che lusinga i giovani forastieri mas-simamente, ventotto mila ragazze di bel tempo. Quantiamanti, e quanti intrighi di cuore, e quanti vezzi, e quan-te violenze! quante ricchezze, e quante profusioni, equanta povertà! Quanta pace, e quanti allarmi!

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Ed eccovi la Città maravigliosa, ch’io contemplo alpresente; ma come la contemplo? Lo dirò io? Rinvengoda una [174] specie d’estasi, e mi accorgo di aver inmano l’almanacco di Gotha, e di trascrivere quasi paro-la a parola il suo piccolo Tableau de Paris. Ne sappiamoora amendue egualmente, perchè non ne sappiamo, chela storia; tra poco vi sarà gran differenza tra me, e voi.Ciocchè vi ho quì trascritto servirà a me di spia, e mi re-cherò in persona a vedere, ad osservare, a vagheggiare,a godere or questo, or quell’oggetto della mia curiosità;ma voi avrete la sofferenza di restarvi a dente asciutto:io conoscerò le cose da vicino, e voi al più seguiterete acrederle; io le possederò, e voi non potrete averne, chela speranza; per me sarà l’arrosto, e per voi il fumo; perme il gusto, e per voi l’odore; per me la sensazione, eper voi l’immaginazione. O che disparità! o che invidia!Con tutto ciò non posso farvi la imprecazion di Marzia-le, perchè la vostra è invidia da amico. Poteva ben iotardare qualche settimana a mandarvi questa lettera,[175] e dissimularvi allora il fonte di sì squisite mie eru-dizioni. Mi sarei io lusingato di averne lode? Se ne sa-rebbero forse lusingati assai scrittori superficiali, e copi-sti; ma non mi sembra di aver bisogno di elogi precarj, efino a questa età di anni x = 6×7 + 2¼ (Oh, che matema-tico!) non ho potuto mai parlare che per sentimento. Sisagrifichi tutto alla verità, come io son pronto a tutto sa-grificare per voi.

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Ed eccovi la Città maravigliosa, ch’io contemplo alpresente; ma come la contemplo? Lo dirò io? Rinvengoda una [174] specie d’estasi, e mi accorgo di aver inmano l’almanacco di Gotha, e di trascrivere quasi paro-la a parola il suo piccolo Tableau de Paris. Ne sappiamoora amendue egualmente, perchè non ne sappiamo, chela storia; tra poco vi sarà gran differenza tra me, e voi.Ciocchè vi ho quì trascritto servirà a me di spia, e mi re-cherò in persona a vedere, ad osservare, a vagheggiare,a godere or questo, or quell’oggetto della mia curiosità;ma voi avrete la sofferenza di restarvi a dente asciutto:io conoscerò le cose da vicino, e voi al più seguiterete acrederle; io le possederò, e voi non potrete averne, chela speranza; per me sarà l’arrosto, e per voi il fumo; perme il gusto, e per voi l’odore; per me la sensazione, eper voi l’immaginazione. O che disparità! o che invidia!Con tutto ciò non posso farvi la imprecazion di Marzia-le, perchè la vostra è invidia da amico. Poteva ben iotardare qualche settimana a mandarvi questa lettera,[175] e dissimularvi allora il fonte di sì squisite mie eru-dizioni. Mi sarei io lusingato di averne lode? Se ne sa-rebbero forse lusingati assai scrittori superficiali, e copi-sti; ma non mi sembra di aver bisogno di elogi precarj, efino a questa età di anni x = 6×7 + 2¼ (Oh, che matema-tico!) non ho potuto mai parlare che per sentimento. Sisagrifichi tutto alla verità, come io son pronto a tutto sa-grificare per voi.

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Addio; sono e sarò sempre.Suo Affezionatissimo. [169]

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Addio; sono e sarò sempre.Suo Affezionatissimo. [169]

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XVII.All’Illustrissimo Sig.

CONTE ANDREA PASSALACQUA.COMO.

Divertimenti di Parigi.__________________Illustrissimo Signore.

utto s’impiccolisce nelle grandi distanze, e se Sci-pione dalla celestiale sua sfera trova a stento la ter-

ra, che poi sembra un atomo, ed in quest’atomo non di-stingue Roma città Principe del Romano Impero, comeposs’io veder Como da Parigi Capitale del Mondo?Contuttociò mi rammento con piacere del vivacissimoConte Bolza, e non rade volte m’immagino di decidereceliando con lui il destino [177] d’Europa. Ma soprad’ogni altro io mi rammento del pregiatissimo Sig. Con-te Andrea, e mi sembra a otta a otta di veleggiare conLei da Moltraso, e di tendere notturne insidie ai tremantiabitatori del Lario. Le memorie dolci non si cancellanosì di leggieri da un grato cuore, ed i doveri non iscema-no per allontanamento di luoghi, o di tempo.

T

Ma Ella non è in Parigi. E chi l’ha mai frastornata dalposporre l’acqua del patrio Fontanile alla Senna? Fuoridi Parigi non v’è salute, dice il Franzese proverbio, ed iodirò più vero, che fuori di Parigi non vi sono diverti-

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XVII.All’Illustrissimo Sig.

CONTE ANDREA PASSALACQUA.COMO.

Divertimenti di Parigi.__________________Illustrissimo Signore.

utto s’impiccolisce nelle grandi distanze, e se Sci-pione dalla celestiale sua sfera trova a stento la ter-

ra, che poi sembra un atomo, ed in quest’atomo non di-stingue Roma città Principe del Romano Impero, comeposs’io veder Como da Parigi Capitale del Mondo?Contuttociò mi rammento con piacere del vivacissimoConte Bolza, e non rade volte m’immagino di decidereceliando con lui il destino [177] d’Europa. Ma soprad’ogni altro io mi rammento del pregiatissimo Sig. Con-te Andrea, e mi sembra a otta a otta di veleggiare conLei da Moltraso, e di tendere notturne insidie ai tremantiabitatori del Lario. Le memorie dolci non si cancellanosì di leggieri da un grato cuore, ed i doveri non iscema-no per allontanamento di luoghi, o di tempo.

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Ma Ella non è in Parigi. E chi l’ha mai frastornata dalposporre l’acqua del patrio Fontanile alla Senna? Fuoridi Parigi non v’è salute, dice il Franzese proverbio, ed iodirò più vero, che fuori di Parigi non vi sono diverti-

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menti. I teatri, i passeggi, le cene, i Campi elisij, la Fie-ra, il Ridotto Cinese, le case di Città, quelle di Campa-gna, tutto è incanto; l’abbigliamento d’ogni Signora èuna moda; ogni loro occhiata sembra un dardo; ognisorriso, ogni passo vi piace, vi lusinga. Tutto spira de-cenza, e decoro, e questa stessa decenza, e questo deco-ro è forse un’arte, [178] un raffinamento di più.

Entriamo, per darlene un saggio, nel ridotto Cinese.Eccole una gran piazza circolare, e messa a piantarelled’alto fusto, che sull’imbrunir della sera presentano i ce-devoli rami, e le verdi mobilissime loro foglie alloscherzoso soffiar del vento, e sollievo arrecano, e ristoroalla turba immensa, che quì si sdraja sull’erbetta molle,e là si adagia sopra seggiole portatili, o sopra immobilicanapè. Egli è cinto questo bosco aprico da varie, non sos’io mi dica, stanze, o capanne, o ritiri, o nascondigli, onicchj di elegantissimo disegno.

La prima stanza a destra è destinata ad un vertical bi-lanciere, lungo diciotto in venti braccia, sospeso in altoa sodo perno orizzontale, intorno a cui può ravvolgersi,ed oscillare liberamente. L’altra delle sue estremità è ar-mata da due opposte seggiole a bracciuoli, sulle qualidue persone seder si ponno a schiena a schiena, e raffer-marsi. [179] Son forse due Eroi della Francia, que’, chevi si assidono or ora? Sono forse due genj tutelari di Pa-rigi? Sono Cupido, e Venere; sono Endimione, e Diana,sono due Ninfe, sono due Dee del bosco, sono quì pertrattenermi, dice ogni spettatore. Ma già urtasi dolce-mente la lunga trave, ed a poco a poco si aumenta il

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menti. I teatri, i passeggi, le cene, i Campi elisij, la Fie-ra, il Ridotto Cinese, le case di Città, quelle di Campa-gna, tutto è incanto; l’abbigliamento d’ogni Signora èuna moda; ogni loro occhiata sembra un dardo; ognisorriso, ogni passo vi piace, vi lusinga. Tutto spira de-cenza, e decoro, e questa stessa decenza, e questo deco-ro è forse un’arte, [178] un raffinamento di più.

Entriamo, per darlene un saggio, nel ridotto Cinese.Eccole una gran piazza circolare, e messa a piantarelled’alto fusto, che sull’imbrunir della sera presentano i ce-devoli rami, e le verdi mobilissime loro foglie alloscherzoso soffiar del vento, e sollievo arrecano, e ristoroalla turba immensa, che quì si sdraja sull’erbetta molle,e là si adagia sopra seggiole portatili, o sopra immobilicanapè. Egli è cinto questo bosco aprico da varie, non sos’io mi dica, stanze, o capanne, o ritiri, o nascondigli, onicchj di elegantissimo disegno.

La prima stanza a destra è destinata ad un vertical bi-lanciere, lungo diciotto in venti braccia, sospeso in altoa sodo perno orizzontale, intorno a cui può ravvolgersi,ed oscillare liberamente. L’altra delle sue estremità è ar-mata da due opposte seggiole a bracciuoli, sulle qualidue persone seder si ponno a schiena a schiena, e raffer-marsi. [179] Son forse due Eroi della Francia, que’, chevi si assidono or ora? Sono forse due genj tutelari di Pa-rigi? Sono Cupido, e Venere; sono Endimione, e Diana,sono due Ninfe, sono due Dee del bosco, sono quì pertrattenermi, dice ogni spettatore. Ma già urtasi dolce-mente la lunga trave, ed a poco a poco si aumenta il

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moto della macchina archeggiante, che si porta, e sale inmen ch’io il dissi fino quasi a toccar la tettoja, e giùscende e precipita da un lato per montar poscia conegual fretta, e ad altezza eguale dell’altro. Ciondolanessi pure in quelli archi larghissimi, i nostri due Cam-pioni con volto giulivo, e franco; provocan anzi confrizzi arguti il letizioso parterre, lo aizzano, e vi fannorisuonare con festevol plauso concettose espressioni tal-volta equivoche. Ogni cosa è monda ai mondi. Dura nonpiù d’un quarto d’ora questa specie di spassosissima al-talena, e si continua il giro alle altre stanze. [180]

Havvi nella stanza vicina il giuoco della balestra; nel-la seguente il saettatore Cupidine; nell’altra la battagliade’ bambocci; nell’ultima, che sta alla sinistradell’ingresso, vi ha un torneo antico di modernissimapetulanzia, in cui damerini, e damerine vezzosamenteciarliere fanno via imbolare gli anelli appesi al braccia-letto, ed i cuori convulsivi degli attoniti spettatori.

Ma scuoteci d’improvviso un romoroso frastuono dipiena Orchesra, e mi do fretta anch’io di salir le scale, ed’insinuarmi nel così detto Salon Cinese, da cui propria-mente questo Ridotto prende il suo nome. Quale sorpre-sa! Vi ha pericolo, che dia volta il cervello, e già mi paredi avere girato il Capo: lo raddoppierò nel ritorno; sonoalla Cina. Due Ordini antichi d’Architettura, l’unoall’altro sovrapposto; doppia serie corrispondente di co-lonnati aperti; la superiore, e la inferiore corsìa, che gliattornia; gli ornati, le dipinture, le lumiere, i lumi, quasidissi, ed i lucignoli.... manifestamente [181] annunziano

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moto della macchina archeggiante, che si porta, e sale inmen ch’io il dissi fino quasi a toccar la tettoja, e giùscende e precipita da un lato per montar poscia conegual fretta, e ad altezza eguale dell’altro. Ciondolanessi pure in quelli archi larghissimi, i nostri due Cam-pioni con volto giulivo, e franco; provocan anzi confrizzi arguti il letizioso parterre, lo aizzano, e vi fannorisuonare con festevol plauso concettose espressioni tal-volta equivoche. Ogni cosa è monda ai mondi. Dura nonpiù d’un quarto d’ora questa specie di spassosissima al-talena, e si continua il giro alle altre stanze. [180]

Havvi nella stanza vicina il giuoco della balestra; nel-la seguente il saettatore Cupidine; nell’altra la battagliade’ bambocci; nell’ultima, che sta alla sinistradell’ingresso, vi ha un torneo antico di modernissimapetulanzia, in cui damerini, e damerine vezzosamenteciarliere fanno via imbolare gli anelli appesi al braccia-letto, ed i cuori convulsivi degli attoniti spettatori.

Ma scuoteci d’improvviso un romoroso frastuono dipiena Orchesra, e mi do fretta anch’io di salir le scale, ed’insinuarmi nel così detto Salon Cinese, da cui propria-mente questo Ridotto prende il suo nome. Quale sorpre-sa! Vi ha pericolo, che dia volta il cervello, e già mi paredi avere girato il Capo: lo raddoppierò nel ritorno; sonoalla Cina. Due Ordini antichi d’Architettura, l’unoall’altro sovrapposto; doppia serie corrispondente di co-lonnati aperti; la superiore, e la inferiore corsìa, che gliattornia; gli ornati, le dipinture, le lumiere, i lumi, quasidissi, ed i lucignoli.... manifestamente [181] annunziano

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Canton, Pechino e l’originale gusto asiatico de’ munifi-centissimi discendenti di Yao. Qui non mentono le sto-rie, e i Rami spiranti de’ più illustri viaggiatori. Si danzaalla Cinese, si passeggia alla Cinese, si sede alla Cinese,si fa all’amore alla Cinese, cantonati, raggricchiati, am-musati quasi insieme. La mobil’onda di tanta gente, cheentra, ed esce in un istante, mi spinge, e giù mi obbligaa discendere nella sottopposta grotta Cinese in altregrotte minori scompartita, da rari lumi semicoperti, se-miaperti rischiarata, lavorata a tufi, a piote, a zole am-monticchiate con piacevole negligenza, servita a doviziada sorbetti, da acque, da siroppi, da spiriti d’ogni sorta.Mi confondo nella scelta. Accosto all’arso labbro unagelida aranciata, e dopo brieve riposo ne traccannoun’altra ad olio di Venere, che pare a me tanto morbidaal palato, quanto Venere, al dir de’ Poeti, lo è al tatto.Dopo i rinfreschi si ronza per la platea, si [182] rivedo-no i giuochi, e gli amici, si notano le caccie degli aman-ti, le compere, le vendite de’ curiosi nelle botteghe mer-ciajuole, che stanno aperte da ogni lato. Ma un’ora pri-ma di mezza notte si dà fine al Ridotto, e ciascuno ritira-si colla sua brigata per la cena e il sonno.

Assicuro Vossignoria Illustrissima, che in Parigi pare,che si goda non meno nel sonno, che nella veglia. Lepiacevoli idee di moltiplici divertimenti raccolte fra il dìritornan di notte a trastullarci con allegri fantasmi; la va-rietà, e la delicatezza de’ gusti, pe’ quali si passa ve-gliando, non istanca, nè spossa veruna fibra del celabro,cosicchè non sappia oscillare gradevolmente quando an-

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Canton, Pechino e l’originale gusto asiatico de’ munifi-centissimi discendenti di Yao. Qui non mentono le sto-rie, e i Rami spiranti de’ più illustri viaggiatori. Si danzaalla Cinese, si passeggia alla Cinese, si sede alla Cinese,si fa all’amore alla Cinese, cantonati, raggricchiati, am-musati quasi insieme. La mobil’onda di tanta gente, cheentra, ed esce in un istante, mi spinge, e giù mi obbligaa discendere nella sottopposta grotta Cinese in altregrotte minori scompartita, da rari lumi semicoperti, se-miaperti rischiarata, lavorata a tufi, a piote, a zole am-monticchiate con piacevole negligenza, servita a doviziada sorbetti, da acque, da siroppi, da spiriti d’ogni sorta.Mi confondo nella scelta. Accosto all’arso labbro unagelida aranciata, e dopo brieve riposo ne traccannoun’altra ad olio di Venere, che pare a me tanto morbidaal palato, quanto Venere, al dir de’ Poeti, lo è al tatto.Dopo i rinfreschi si ronza per la platea, si [182] rivedo-no i giuochi, e gli amici, si notano le caccie degli aman-ti, le compere, le vendite de’ curiosi nelle botteghe mer-ciajuole, che stanno aperte da ogni lato. Ma un’ora pri-ma di mezza notte si dà fine al Ridotto, e ciascuno ritira-si colla sua brigata per la cena e il sonno.

Assicuro Vossignoria Illustrissima, che in Parigi pare,che si goda non meno nel sonno, che nella veglia. Lepiacevoli idee di moltiplici divertimenti raccolte fra il dìritornan di notte a trastullarci con allegri fantasmi; la va-rietà, e la delicatezza de’ gusti, pe’ quali si passa ve-gliando, non istanca, nè spossa veruna fibra del celabro,cosicchè non sappia oscillare gradevolmente quando an-

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cor dormiamo.Quì direste, che non si vive che di piaceri. In mezzo a

ciò la Religione non vi è dimenticata. La mondezza nel-le Chiese, la salubrità dell’aria nelle medesime, la pom-pa delle guardie Svizzere, la gravità dell’abito clericale,la maestà del canto, [183] la serietà, ed il silenzio nellefunzioni sante v’ispira una quiete, un raccoglimento,una tranquillità d’animo, che vi appaga. Le Feste sonorare, e dignitose, e la frequenza de’ Signori, e del Popoloè anche perciò singolare ne’ Templi. Ma oh Messe par-rocchiali quanto siete mai desiderate! Ognun v’intervie-ne; ognun vi conduce forestieri; anche il profano vi ac-corre; anch’egli si ferma al patetico sermone; anch’eglivi fa limosine abbondanti; anch’io in somma vi ho prati-cato quelli devoti esercizj con interno grandissimo com-pungimento. E d’onde ciò? Come possono stare insiemespirito di franzese galanteria, spirito di moderno filoso-fismo, e spirito di detagliata Ecclesiastica pietà? Debbesiciò appunto (dirò io pure imitando, e trascrivendo il Me-rçier) ciò appunto debbesi a certe donzelle, che il Parro-co invita a questuare per le Chiese dopo la consuetaspiegazione del Vangelo. Compajon esse in ricco arredo,inghirlandate da Flora, [184] ed ammantate dalle Gra-zie; v’interpellano al suono toccante di voce tremola, vifissano con occhiate supplichevoli, e vi espugnano collaefficace eloquenza delle loro maniere. Ciascuno credesiin debito d’intervenire a sì pie funzioni, e di soccorrere ipoverelli per mezzo di siffatte cercatrici. Lo Svizzero leprecede, fa giuocar l’alabarba per aprir loro il passo; ed

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cor dormiamo.Quì direste, che non si vive che di piaceri. In mezzo a

ciò la Religione non vi è dimenticata. La mondezza nel-le Chiese, la salubrità dell’aria nelle medesime, la pom-pa delle guardie Svizzere, la gravità dell’abito clericale,la maestà del canto, [183] la serietà, ed il silenzio nellefunzioni sante v’ispira una quiete, un raccoglimento,una tranquillità d’animo, che vi appaga. Le Feste sonorare, e dignitose, e la frequenza de’ Signori, e del Popoloè anche perciò singolare ne’ Templi. Ma oh Messe par-rocchiali quanto siete mai desiderate! Ognun v’intervie-ne; ognun vi conduce forestieri; anche il profano vi ac-corre; anch’egli si ferma al patetico sermone; anch’eglivi fa limosine abbondanti; anch’io in somma vi ho prati-cato quelli devoti esercizj con interno grandissimo com-pungimento. E d’onde ciò? Come possono stare insiemespirito di franzese galanteria, spirito di moderno filoso-fismo, e spirito di detagliata Ecclesiastica pietà? Debbesiciò appunto (dirò io pure imitando, e trascrivendo il Me-rçier) ciò appunto debbesi a certe donzelle, che il Parro-co invita a questuare per le Chiese dopo la consuetaspiegazione del Vangelo. Compajon esse in ricco arredo,inghirlandate da Flora, [184] ed ammantate dalle Gra-zie; v’interpellano al suono toccante di voce tremola, vifissano con occhiate supplichevoli, e vi espugnano collaefficace eloquenza delle loro maniere. Ciascuno credesiin debito d’intervenire a sì pie funzioni, e di soccorrere ipoverelli per mezzo di siffatte cercatrici. Lo Svizzero leprecede, fa giuocar l’alabarba per aprir loro il passo; ed

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il reverendo Sacerdote che le segue, mostra un’aria con-tenta de’ loro trionfi. Ho cominciato a Maçon nel giornodell’Ascensione a famigliarizzarmi a questo rituale,ch’io prima, avrei annoverato tralle bizzare invenzionidegli increduli; eppure è verissimo.

Che ne dice Signor Conte Andrea, di questo bel siste-ma? Non ho potuto descriverle per ora che la facciaesterna de’ Parigini, e del loro modo di vivere. Non soquasi nulla delle interne Società; non ne ho visti chelampi; spero, che ci si apriranno quanto prima, e che po-tremo gustarle, e scandagliarle. [185]

Il forestiere deve fare in Parigi un noviziato lungoprima di essere introdotto più che da forestiere nelleCase. I Parigini bastano a se stessi, e se s’incaricasserofacilmente de’ forestieri ne sarebbero oppressi. Si aggiu-gne, che essi temono, ed abboriscono altamente la spiasegreta, il politico referendario, il seminator di discor-die, il balordo, lo spilorcio. In somma o convien darpruove non dubbie di non esser nulla di tutto ciò, o con-vien contentarsi di vivere sulle piazze, e nei caffè. ALei, Sig. Conte stimatissimo, a cui non mancano nè me-riti personali, nè beni di fortuna, si può insinuar confranchezza di venire, di venir presto a gustare d’una Cit-tà degna di Lei, e de’ suoi pari. Venga, e troverà pure inme un estimatore sincero delle sue virtù, ed un amicozelantissimo, che sempre si dichiarerà.

Parigi. 15. Giugno 1783.Tutto Suo. [186]

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il reverendo Sacerdote che le segue, mostra un’aria con-tenta de’ loro trionfi. Ho cominciato a Maçon nel giornodell’Ascensione a famigliarizzarmi a questo rituale,ch’io prima, avrei annoverato tralle bizzare invenzionidegli increduli; eppure è verissimo.

Che ne dice Signor Conte Andrea, di questo bel siste-ma? Non ho potuto descriverle per ora che la facciaesterna de’ Parigini, e del loro modo di vivere. Non soquasi nulla delle interne Società; non ne ho visti chelampi; spero, che ci si apriranno quanto prima, e che po-tremo gustarle, e scandagliarle. [185]

Il forestiere deve fare in Parigi un noviziato lungoprima di essere introdotto più che da forestiere nelleCase. I Parigini bastano a se stessi, e se s’incaricasserofacilmente de’ forestieri ne sarebbero oppressi. Si aggiu-gne, che essi temono, ed abboriscono altamente la spiasegreta, il politico referendario, il seminator di discor-die, il balordo, lo spilorcio. In somma o convien darpruove non dubbie di non esser nulla di tutto ciò, o con-vien contentarsi di vivere sulle piazze, e nei caffè. ALei, Sig. Conte stimatissimo, a cui non mancano nè me-riti personali, nè beni di fortuna, si può insinuar confranchezza di venire, di venir presto a gustare d’una Cit-tà degna di Lei, e de’ suoi pari. Venga, e troverà pure inme un estimatore sincero delle sue virtù, ed un amicozelantissimo, che sempre si dichiarerà.

Parigi. 15. Giugno 1783.Tutto Suo. [186]

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XVIII.Alla Illustrissima Signora CONTESSA FANTONI.

PAVIA.Il disinganno.

__________________Stimatissima Signora Contessa.

osa è viaggiare? Egli è vedere la Natura in grande.La mercanzia, e lo stupido non viaggiano; sono

quà, e là portati da forze esterne, nè sanno tampoco dicambiare ubicazione. Non viaggia che il contemplatore.Il filosofo naturalista studia i suoi tre Regni; il filosofomorale studia l’uomo; non viaggiano, dirò così, che permetà; il contemplatore studia il mondo intero, e dellesue parti divisamente esaminate [187] ne forma un soltutto. Passa egli con rapido volo dalla terra al Cielo, damonti selvosi alle Città popolate; non fugge gli uominiper vagheggiare un prato nè trascura gli insetti per get-tarsi nel vortice de’ cortigiani.

C

Di questa indole esser dovrebbe chi veder vuole co-stumi, e terre nuove. Io non so qual mi sia, nè qual luo-go mi occupi nella scala degli esseri razionali; ma sonovent’anni che osservo, che medito, che confronto la ra-gione col fatto entro il ricinto del mio gabinetto, e nellepicciole mie scorrerie nella Lombardia, nel Piemonte,

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XVIII.Alla Illustrissima Signora CONTESSA FANTONI.

PAVIA.Il disinganno.

__________________Stimatissima Signora Contessa.

osa è viaggiare? Egli è vedere la Natura in grande.La mercanzia, e lo stupido non viaggiano; sono

quà, e là portati da forze esterne, nè sanno tampoco dicambiare ubicazione. Non viaggia che il contemplatore.Il filosofo naturalista studia i suoi tre Regni; il filosofomorale studia l’uomo; non viaggiano, dirò così, che permetà; il contemplatore studia il mondo intero, e dellesue parti divisamente esaminate [187] ne forma un soltutto. Passa egli con rapido volo dalla terra al Cielo, damonti selvosi alle Città popolate; non fugge gli uominiper vagheggiare un prato nè trascura gli insetti per get-tarsi nel vortice de’ cortigiani.

C

Di questa indole esser dovrebbe chi veder vuole co-stumi, e terre nuove. Io non so qual mi sia, nè qual luo-go mi occupi nella scala degli esseri razionali; ma sonovent’anni che osservo, che medito, che confronto la ra-gione col fatto entro il ricinto del mio gabinetto, e nellepicciole mie scorrerie nella Lombardia, nel Piemonte,

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ne’ Griggioni...., eppure credeva di essermi mosso nonpiù di un polipo, che sta sempre affisso al suo scoglio;credeva necessario di prender l’ali, e di volare almeno aParigi per vedere degli uomini. Da quattro mesi esaminola Savoja, il Delfinato, la Borgogna, la Sciampagna, equesto stesso Emporio di tutte le Nazioni. Che ne ho ri-tratto per [188] me? Posso dire con verità di aver vistoora ciò, che aveva visto prima, cioè buffonate, giuochid’ombre, fantasmi accavallati nelle nuvole. Fu per mequesto, ed è tuttora uno spettacolo di piacere insieme, edi dispetto. Non vorrei essere stato orbo finquì, ma soncontento di avere ora almeno acquistati gli occhi. Cono-sco me, e gli Idoli che riscuotevano da lontano i miei in-censi.

In Parigi vi ha contrasto d’ogni estremo. Il sapere èmisto coll’ignoranza, le gentilezze colle inurbanità, laricchezza colla miseria, la legislazione coll’anarchia, lalibertà colla schiavitù. Siamo in un Caos di lumi avvoltiin tenebre ed i quattro elementi sono, quasi direi, in unapasta sola confusi. Ogni medaglia ha due facce; la Fran-cia, Parigi, ogni franzese ne ha mille, e parlandosi diloro si possono a franca voce pronunziare proposizionicontradditorie. Il Mondo sarà sempre su ciò diviso indue fazioni; gli uni innalzeranno la nazion franzese[189] fino alle stelle; gli altri la deprimeranno fino agliabissi, ed essa ecciterà sempre la gelosia, la gara ne’ fo-restieri. Tutti vorran decidere sulle buone, o ree sue qua-lità, tutti si affanneranno per conoscerla da vicino, edElla trionferà sempre di tutti.

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ne’ Griggioni...., eppure credeva di essermi mosso nonpiù di un polipo, che sta sempre affisso al suo scoglio;credeva necessario di prender l’ali, e di volare almeno aParigi per vedere degli uomini. Da quattro mesi esaminola Savoja, il Delfinato, la Borgogna, la Sciampagna, equesto stesso Emporio di tutte le Nazioni. Che ne ho ri-tratto per [188] me? Posso dire con verità di aver vistoora ciò, che aveva visto prima, cioè buffonate, giuochid’ombre, fantasmi accavallati nelle nuvole. Fu per mequesto, ed è tuttora uno spettacolo di piacere insieme, edi dispetto. Non vorrei essere stato orbo finquì, ma soncontento di avere ora almeno acquistati gli occhi. Cono-sco me, e gli Idoli che riscuotevano da lontano i miei in-censi.

In Parigi vi ha contrasto d’ogni estremo. Il sapere èmisto coll’ignoranza, le gentilezze colle inurbanità, laricchezza colla miseria, la legislazione coll’anarchia, lalibertà colla schiavitù. Siamo in un Caos di lumi avvoltiin tenebre ed i quattro elementi sono, quasi direi, in unapasta sola confusi. Ogni medaglia ha due facce; la Fran-cia, Parigi, ogni franzese ne ha mille, e parlandosi diloro si possono a franca voce pronunziare proposizionicontradditorie. Il Mondo sarà sempre su ciò diviso indue fazioni; gli uni innalzeranno la nazion franzese[189] fino alle stelle; gli altri la deprimeranno fino agliabissi, ed essa ecciterà sempre la gelosia, la gara ne’ fo-restieri. Tutti vorran decidere sulle buone, o ree sue qua-lità, tutti si affanneranno per conoscerla da vicino, edElla trionferà sempre di tutti.

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E quante cose non potrei io addurle a riprova? Sistampano tuttora in Parigi volumi dotti anche dalle Ac-cademie; ma vanno esse scemando, o crescendo in pre-gio? Se in fatto di cognizioni si mettessero gli Accade-mici, ed i non Accademici in un frullone, ne sorti-rebb’egli più farina, o crusca? Le maniere de’ Pariginisono garbate, e modeste; ma non dispensano essi forsecon garbo molte ingiurie al dì? e non traluce spesso daquella modestia compassata un carattere duro, morden-te, altiero? Grandi comparse, grandi fabbriche, grandientrate! ma che folla, che piena, che nembo di parasiti,di affamati, di gente, che altro non hanno al mondo fuoridello [190] stecco in bocca, con cui passeggiano sull’oradel pranzo, e d’un abito sì circoscritto, e per vecchiezzasì sopraffino, che se tu l’urti per poco o lo stropicci, sisface subito, e si discioglie in brandelli! S’intimano innome del Re le più minute cose; ma i progetti legislativisono iridi cangianti; e gli andirivieni del Foro sono infi-niti. Il tribunale di pubblica Polizia così necessario alcorpo immenso di questa Città diverrebbe tirannico inun momento, se titubasse un momento la integrità delsuo capo..... Ma non è quì luogo di parlare di ciò alla di-stesa; basti per ora il dire, che Parigi è la migliore, e for-se la peggiore Città del Mondo, perchè raccoglie in sestessa tutte le virtù, e tutti pare, che abbia i vizj delMondo.

Che dirò io dunque dell’Inghilterra, dell’Olanda, dellaGermania? Forse non mi spingerò tant’oltre; forse nonavrò tempo di farlo; forse non ne avrò bisogno. Il viag-

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E quante cose non potrei io addurle a riprova? Sistampano tuttora in Parigi volumi dotti anche dalle Ac-cademie; ma vanno esse scemando, o crescendo in pre-gio? Se in fatto di cognizioni si mettessero gli Accade-mici, ed i non Accademici in un frullone, ne sorti-rebb’egli più farina, o crusca? Le maniere de’ Pariginisono garbate, e modeste; ma non dispensano essi forsecon garbo molte ingiurie al dì? e non traluce spesso daquella modestia compassata un carattere duro, morden-te, altiero? Grandi comparse, grandi fabbriche, grandientrate! ma che folla, che piena, che nembo di parasiti,di affamati, di gente, che altro non hanno al mondo fuoridello [190] stecco in bocca, con cui passeggiano sull’oradel pranzo, e d’un abito sì circoscritto, e per vecchiezzasì sopraffino, che se tu l’urti per poco o lo stropicci, sisface subito, e si discioglie in brandelli! S’intimano innome del Re le più minute cose; ma i progetti legislativisono iridi cangianti; e gli andirivieni del Foro sono infi-niti. Il tribunale di pubblica Polizia così necessario alcorpo immenso di questa Città diverrebbe tirannico inun momento, se titubasse un momento la integrità delsuo capo..... Ma non è quì luogo di parlare di ciò alla di-stesa; basti per ora il dire, che Parigi è la migliore, e for-se la peggiore Città del Mondo, perchè raccoglie in sestessa tutte le virtù, e tutti pare, che abbia i vizj delMondo.

Che dirò io dunque dell’Inghilterra, dell’Olanda, dellaGermania? Forse non mi spingerò tant’oltre; forse nonavrò tempo di farlo; forse non ne avrò bisogno. Il viag-

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giare è un mezzo efficacissimo [191] per conoscere i co-stumi degli uomini, e per fissare con certe leggi i suoiproprj. I libri ragionano, e le Città, che viaggiandos’incontrano, sono come altrettante pratiche esperienze,o confronti, o applicazioni, che confermano, o rischiara-no le generali, e particolari teorìe de’ trattatori. Maall’ingegno non inerte bastano pochi casi per generaliz-zare; all’inertissimo ve ne vogliono assai più; edall’ingegno nullo non bastano tutti i casi possibili. Il nu-mero delle applicazioni necessarie a comprendere unadottrina sono in ragione inversa della forza di compren-sione. Che direbb’Ella di colui, a cui non bastassero nè icento, nè i mila, nè i dieci mila esempj per imparare leprime quattro regole dell’aritmetica? Che direbb’Ella dicolui, a cui bastassero per ciascuna regola due, o treesempj solamente? Quegli darebbe segno non dubbiodella sua inabilità per le scienze; questi ci metterebbe inisperanza di buona riuscita. [192] Dico io lo stesso nelpresente affare. Vi ha chi dopo un viaggio non lungo siritorna a casa illuminato, sistemato; vi ha chi dopo unviaggio più esteso si mostra poco migliore di quel di pri-ma; ve n’ha eziandio di coloro, che potrebbero viaggiaregli anni di Melchisedech senza trarne profitto di sorta, eche anzi decadono, e si rendono più stupidi, e più vizio-si. Tutto ciò dipende dalle disposizioni d’animo, collequali ci poniamo in cammino, e dall’ordine, e metodoche vi andiam praticando. No, no, alle persone bene or-ganizzate, riflessive non è mestieri di passare dall’unoall’altro Polo per conoscere con frutto gli uomini, e il

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giare è un mezzo efficacissimo [191] per conoscere i co-stumi degli uomini, e per fissare con certe leggi i suoiproprj. I libri ragionano, e le Città, che viaggiandos’incontrano, sono come altrettante pratiche esperienze,o confronti, o applicazioni, che confermano, o rischiara-no le generali, e particolari teorìe de’ trattatori. Maall’ingegno non inerte bastano pochi casi per generaliz-zare; all’inertissimo ve ne vogliono assai più; edall’ingegno nullo non bastano tutti i casi possibili. Il nu-mero delle applicazioni necessarie a comprendere unadottrina sono in ragione inversa della forza di compren-sione. Che direbb’Ella di colui, a cui non bastassero nè icento, nè i mila, nè i dieci mila esempj per imparare leprime quattro regole dell’aritmetica? Che direbb’Ella dicolui, a cui bastassero per ciascuna regola due, o treesempj solamente? Quegli darebbe segno non dubbiodella sua inabilità per le scienze; questi ci metterebbe inisperanza di buona riuscita. [192] Dico io lo stesso nelpresente affare. Vi ha chi dopo un viaggio non lungo siritorna a casa illuminato, sistemato; vi ha chi dopo unviaggio più esteso si mostra poco migliore di quel di pri-ma; ve n’ha eziandio di coloro, che potrebbero viaggiaregli anni di Melchisedech senza trarne profitto di sorta, eche anzi decadono, e si rendono più stupidi, e più vizio-si. Tutto ciò dipende dalle disposizioni d’animo, collequali ci poniamo in cammino, e dall’ordine, e metodoche vi andiam praticando. No, no, alle persone bene or-ganizzate, riflessive non è mestieri di passare dall’unoall’altro Polo per conoscere con frutto gli uomini, e il

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Mondo; non andrà guari, che potranno predire a se stes-se ciò, che poi vedranno. Io faccio a me l’onore di anno-verarmi tra queste. Ho terminate molte analisi; ho anco-ra due mesi prima di giugnere a Calais; profetizzeròdunque fin d’ora in segreto, mi studierò di riscontrare[193] colla realtà le mie predizioni, e quando ne avròverificate molte, mi crederò di sapere alquanto più in là,di saperne quanto è d’uopo, e mi ritirerò tranquillo nellamia Patria.

Sarebbe poi gioconda e gaja cosa, se per ultimo risul-tato delle mie meditazioni forzato fossi ad affermare,che si trova in lontane contrade ciò solo, che trovasi incasa sua; che gli uomini d’altri paesi non sono miglioride’ nostri; che una vita agiata in privato vale più de’ tur-binosi apparati del pubblico; che gl’incomodi di unviaggio sono unicamente compensati da un utile disin-ganno.

Il viaggiatore, che a ciò non si riduce, o non riflette, onon sa riflettere; è una macchina; viaggia come le ale diun molino a vento, che sempre gira, nè mai migliora,anzi si guasta. Ed in questo utile disinganno consistequella brillante luce, quel tatto fino, quel senso intimo,quell’odorato discernitore delle cose fisiche, [194] emorali, tanto essenziale per saper come viviamo, e conchi. Lo avrò io forse saputo in addietro per teorìa sterile,ma non comincio a sentirlo, che oggi.

Che immane distanza tra il sapere ed il sentire! Tuttisanno i proprj doveri, e pochi li sentono; tutti sanno lapropria piccolezza, e pochi la sentono; tutti sanno i pro-

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Mondo; non andrà guari, che potranno predire a se stes-se ciò, che poi vedranno. Io faccio a me l’onore di anno-verarmi tra queste. Ho terminate molte analisi; ho anco-ra due mesi prima di giugnere a Calais; profetizzeròdunque fin d’ora in segreto, mi studierò di riscontrare[193] colla realtà le mie predizioni, e quando ne avròverificate molte, mi crederò di sapere alquanto più in là,di saperne quanto è d’uopo, e mi ritirerò tranquillo nellamia Patria.

Sarebbe poi gioconda e gaja cosa, se per ultimo risul-tato delle mie meditazioni forzato fossi ad affermare,che si trova in lontane contrade ciò solo, che trovasi incasa sua; che gli uomini d’altri paesi non sono miglioride’ nostri; che una vita agiata in privato vale più de’ tur-binosi apparati del pubblico; che gl’incomodi di unviaggio sono unicamente compensati da un utile disin-ganno.

Il viaggiatore, che a ciò non si riduce, o non riflette, onon sa riflettere; è una macchina; viaggia come le ale diun molino a vento, che sempre gira, nè mai migliora,anzi si guasta. Ed in questo utile disinganno consistequella brillante luce, quel tatto fino, quel senso intimo,quell’odorato discernitore delle cose fisiche, [194] emorali, tanto essenziale per saper come viviamo, e conchi. Lo avrò io forse saputo in addietro per teorìa sterile,ma non comincio a sentirlo, che oggi.

Che immane distanza tra il sapere ed il sentire! Tuttisanno i proprj doveri, e pochi li sentono; tutti sanno lapropria piccolezza, e pochi la sentono; tutti sanno i pro-

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prj interessi, e pochi li sentono; io medesimo so molteverità, che non sento ancora, e che vorrei pur sentire. Ioperò sento il pregio altissimo della istruttiva amicizia, dicui Vossignoria mi onora. Una Dama perfettamente filo-sofa, che deve alle sue sole riflessioni la sua filosofia,che rivolge sempre la filosofia alla propria, ed altrui fe-licità, che sa conversare coi libri, e cogli uomini, che ligiudica senza invanirsi, che gli ama senza disordinarsi,ha diritto sul più intimo sentimento del mio cuore, elega, ed obbliga ogni mia venerazione.

Tocca ora a Vossignoria Illustrissima [195] il decide-re, se questa, che a Lei invio, sia veramente una lettera,o uno di quegli allegri slanci, che la sua gentile condi-scendenza permetter suole alle anime originali, che han-no l’onore di accodarsi a Lei. Se Ella il vorrà, ordiremosu ciò al mio ritorno alcune riflessioni. Mi creda intanto.

Parigi 1. Luglio 1783.Suo affezionatissimo

Servitore. [196]

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prj interessi, e pochi li sentono; io medesimo so molteverità, che non sento ancora, e che vorrei pur sentire. Ioperò sento il pregio altissimo della istruttiva amicizia, dicui Vossignoria mi onora. Una Dama perfettamente filo-sofa, che deve alle sue sole riflessioni la sua filosofia,che rivolge sempre la filosofia alla propria, ed altrui fe-licità, che sa conversare coi libri, e cogli uomini, che ligiudica senza invanirsi, che gli ama senza disordinarsi,ha diritto sul più intimo sentimento del mio cuore, elega, ed obbliga ogni mia venerazione.

Tocca ora a Vossignoria Illustrissima [195] il decide-re, se questa, che a Lei invio, sia veramente una lettera,o uno di quegli allegri slanci, che la sua gentile condi-scendenza permetter suole alle anime originali, che han-no l’onore di accodarsi a Lei. Se Ella il vorrà, ordiremosu ciò al mio ritorno alcune riflessioni. Mi creda intanto.

Parigi 1. Luglio 1783.Suo affezionatissimo

Servitore. [196]

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XIX.Al Riveritissimo Signor

BOSQUET.LIONE.

Visita a Madama Grivet.__________________Riveritissimo Signore.

21. Giugno il Signor de Jussieu ci ha condotti aCasa Grivet. Che elegante Dama! che amabile

presentatore! Quest’ultimo unisce al sapere tutti i carat-teri di onorata persona; quella cuopre le più fine qualitàd’intelligenza, di spirito, di cuore sotto un’aria di inte-ressante dimestichezza. La preghiamo de’ distinti nostriringraziamenti al rispettabile, e dotto Signor Camus, checi procurò così preziose [197] conoscenze mentre noi lifacciamo a Lei distintissimi, che ce le confermò. Se nelCielo Parigino risplendessero più stelle Grivet, e Jus-sieu, sarebbe un Cielo impareggiabile.

A’

Sfidiamo la stessa Sig. Grivet a non essere contentadelle pruove, che ci ha Ella date della sua cortesia in tut-ti questi giorni trascorsi. Eloquente, viva, filosofa, con-cettosa, miniatrice de’ costumi correnti, tutta grazia, tut-ta raffinamento ci occupa sì dolcemente per più ore deldì, che non pensiamo quasi ad entrare in altre Case. Lasua conversazione è un piccolo Parigi; troviam tutto in

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XIX.Al Riveritissimo Signor

BOSQUET.LIONE.

Visita a Madama Grivet.__________________Riveritissimo Signore.

21. Giugno il Signor de Jussieu ci ha condotti aCasa Grivet. Che elegante Dama! che amabile

presentatore! Quest’ultimo unisce al sapere tutti i carat-teri di onorata persona; quella cuopre le più fine qualitàd’intelligenza, di spirito, di cuore sotto un’aria di inte-ressante dimestichezza. La preghiamo de’ distinti nostriringraziamenti al rispettabile, e dotto Signor Camus, checi procurò così preziose [197] conoscenze mentre noi lifacciamo a Lei distintissimi, che ce le confermò. Se nelCielo Parigino risplendessero più stelle Grivet, e Jus-sieu, sarebbe un Cielo impareggiabile.

A’

Sfidiamo la stessa Sig. Grivet a non essere contentadelle pruove, che ci ha Ella date della sua cortesia in tut-ti questi giorni trascorsi. Eloquente, viva, filosofa, con-cettosa, miniatrice de’ costumi correnti, tutta grazia, tut-ta raffinamento ci occupa sì dolcemente per più ore deldì, che non pensiamo quasi ad entrare in altre Case. Lasua conversazione è un piccolo Parigi; troviam tutto in

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Lei, e nelle sue maniere. Le estasi, i trasporti, e le paroleentusiastiche, che impiegano a tutto pasto i franzesi, sa-rebbero le più misurate espressioni della nostra compia-cenza ne’ notturni passeggi, che facciamo spesso conLei al Palazzo Reale, e nelle saporosissime sue cene Sa-vojarde. Se noi continuiamo a vivere con Madama cosìcome [198] abbiam cominciato, arrischiamo di negli-gentare gli altri pregi di questa gran Capitale.

Evviva Sig. Boschetti, evviva. Ella avrà d’ora inavanti una sola mortificazione, cioè saprà, che esiste inFrancia una Signora simile in garbatezza, ed in cuorealla sceltissima Dama, che le è comparte. Col più rispet-toso ossequio ci protestiamo

Di amendue le Signorie loroParigi. 5. Luglio 1783.

Obbedientissimi Servitori F. L.a nome anche delM. D. L. M. [199]

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Lei, e nelle sue maniere. Le estasi, i trasporti, e le paroleentusiastiche, che impiegano a tutto pasto i franzesi, sa-rebbero le più misurate espressioni della nostra compia-cenza ne’ notturni passeggi, che facciamo spesso conLei al Palazzo Reale, e nelle saporosissime sue cene Sa-vojarde. Se noi continuiamo a vivere con Madama cosìcome [198] abbiam cominciato, arrischiamo di negli-gentare gli altri pregi di questa gran Capitale.

Evviva Sig. Boschetti, evviva. Ella avrà d’ora inavanti una sola mortificazione, cioè saprà, che esiste inFrancia una Signora simile in garbatezza, ed in cuorealla sceltissima Dama, che le è comparte. Col più rispet-toso ossequio ci protestiamo

Di amendue le Signorie loroParigi. 5. Luglio 1783.

Obbedientissimi Servitori F. L.a nome anche delM. D. L. M. [199]

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XX.All’Illustrissima Signora

DONNA MARIANNA GIORGI.PAVIA.

Vita de’ Forestieri in Parigi.__________________Illustrissima Signora.

osso io lusingarmi di non incomodarla con questamia? M’immagino di essere di ritorno costì, e di en-

trare con Lei in discorso sul mio modo di vivere in que-sta gran capitale. Ho visto tutto; posso parlare, ma mipermetta di non dirle tutto. Ciò, che da vicino risguardame, lo passerò sotto silenzio. Vossignoria Illustrissimaamerà unicamente di essere informata delle [200] piùgenerali occupazioni, che intertengono i forestieri quì inParigi.

P

Incominciamo da’ passeggi, che sono veramente sor-prendenti. Un sol viale delle Tuillierie vale più delle ar-cate di Palmira, e le due animate cangianti schiere disceltissime zitelle, e Dame, che lo fiancheggiano, sonopiù toccanti, che le bellezze Romane del secolo di Au-gusto. La ridondanza, la folla immensa, il vortice turbi-noso di tanta gente, che monta, che scende, che attraver-sa, che urta, che s’incrocicchia in questo, e in altri deli-ziosi giardini, nelle strade lunghissime, nelle vastissime

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XX.All’Illustrissima Signora

DONNA MARIANNA GIORGI.PAVIA.

Vita de’ Forestieri in Parigi.__________________Illustrissima Signora.

osso io lusingarmi di non incomodarla con questamia? M’immagino di essere di ritorno costì, e di en-

trare con Lei in discorso sul mio modo di vivere in que-sta gran capitale. Ho visto tutto; posso parlare, ma mipermetta di non dirle tutto. Ciò, che da vicino risguardame, lo passerò sotto silenzio. Vossignoria Illustrissimaamerà unicamente di essere informata delle [200] piùgenerali occupazioni, che intertengono i forestieri quì inParigi.

P

Incominciamo da’ passeggi, che sono veramente sor-prendenti. Un sol viale delle Tuillierie vale più delle ar-cate di Palmira, e le due animate cangianti schiere disceltissime zitelle, e Dame, che lo fiancheggiano, sonopiù toccanti, che le bellezze Romane del secolo di Au-gusto. La ridondanza, la folla immensa, il vortice turbi-noso di tanta gente, che monta, che scende, che attraver-sa, che urta, che s’incrocicchia in questo, e in altri deli-ziosi giardini, nelle strade lunghissime, nelle vastissime

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piazze, in ogni angolo della Città, forma esso pure unincanto non interrotto.

Vero è, che siamo ora battuti da un caldo cocentissi-mo, che spinge le Veneri, e gli Adoni alla campagna. LaCittà è vuota; Parigi è un deserto; non ci si vedrà omaifino all’Ottobre faccia da galantuomo; questi sono gliassiomi estivi, [201] che corrono ai Caffè, e per le Case.Che spettacolo adunque non ci presenteranno l’Autun-no, e la Primavera? Mi spavento al solo immaginarlo, ecertamente mi ci perderei inebriato di troppa gioja.

Dopo i pubblici passeggi convien entrare nelle privatesocietà. Questo è lo scoglio de’ forestieri. Quanti quìgiungono persuasi, che un nome altrove illustre serviràloro d’introduttore? Che inganno! Poco servono in Pari-gi le araldiche nomenclature. Presentato, che siate a Ver-sailles dal vostro Ministro, potete ambire l’onor distintodella caccia col Re ed insinuarvi così nel corpo diplo-matico, e nelle più distinte ragunanze de’ Potentati; mail famoso nipote del Vescovo d’Argentina vi farà segno,che corrono troppo rischio le vostre sostanze nel gran-deggiare in que’ dintorni. Mettetevi dunque nel ceto me-dio de’ Signori, e riservate quegli altri due estremi aqualche privata soddisfazione; vi gioverà sempre [202]l’averli conosciuti, e non soffrirete il danno di averli co-nosciuti troppo.

Vero è, che in questo Regno de’ piaceri, e del lussonon si può, non si deve guardar di troppo l’economia,quantunque vi ritiriate all’ordin di mezzo. Il decoro del-la vostra apparizione in Parigi o l’esattezza di non man-

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piazze, in ogni angolo della Città, forma esso pure unincanto non interrotto.

Vero è, che siamo ora battuti da un caldo cocentissi-mo, che spinge le Veneri, e gli Adoni alla campagna. LaCittà è vuota; Parigi è un deserto; non ci si vedrà omaifino all’Ottobre faccia da galantuomo; questi sono gliassiomi estivi, [201] che corrono ai Caffè, e per le Case.Che spettacolo adunque non ci presenteranno l’Autun-no, e la Primavera? Mi spavento al solo immaginarlo, ecertamente mi ci perderei inebriato di troppa gioja.

Dopo i pubblici passeggi convien entrare nelle privatesocietà. Questo è lo scoglio de’ forestieri. Quanti quìgiungono persuasi, che un nome altrove illustre serviràloro d’introduttore? Che inganno! Poco servono in Pari-gi le araldiche nomenclature. Presentato, che siate a Ver-sailles dal vostro Ministro, potete ambire l’onor distintodella caccia col Re ed insinuarvi così nel corpo diplo-matico, e nelle più distinte ragunanze de’ Potentati; mail famoso nipote del Vescovo d’Argentina vi farà segno,che corrono troppo rischio le vostre sostanze nel gran-deggiare in que’ dintorni. Mettetevi dunque nel ceto me-dio de’ Signori, e riservate quegli altri due estremi aqualche privata soddisfazione; vi gioverà sempre [202]l’averli conosciuti, e non soffrirete il danno di averli co-nosciuti troppo.

Vero è, che in questo Regno de’ piaceri, e del lussonon si può, non si deve guardar di troppo l’economia,quantunque vi ritiriate all’ordin di mezzo. Il decoro del-la vostra apparizione in Parigi o l’esattezza di non man-

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care a’ riguardi dovuti alle vostre Dame sforza la vostragenerosità. Ma questo stesso sarà un piacere di più, per-chè ristretto a certi limiti di brevi corse, di rinfreschi, dilogge.... servirà di anello a sempre nuove conoscenze.Sopra tutto però valutasi quì tra noi il merito personale,ed intrinseco. Nessun vi cerca, nessuno ha bisogno divoi, nessuno vuol annojarsi con voi precisamente perchèappartenete a qualche grandissimo Casato. Siete voi. enon i vostri Avi, che desiderate il loro consorzio; fateche le vostre virtù rendano caro il vostro nome; erudi-zione, scienze, concetti, vivacità di spirito, facilità diespressioni, [203] onestà di tratto, carattere aperto, mo-desto, ingenuo,..... e dopo tutto ciò lasciate pur traspari-re, se sì vi piace, il cognome, la parentela, lo splendidolignaggio, e ’l tronco, ed i rami, e le foglie eziandiodell’Albero Augusto, da cui siete sbucciato voi senzavostra colpa, e per singolare beneficio del Caso, e diMonna Fortuna. Se siete pretensivo, se le vostre manie-re, e le vostre qualità reggere non sanno al cimento, iovi consiglio a vivere isolato, muto, ed a contentarvi diciò, che sta in mostra a tutti sulle pubbliche piazze senzaaspirare a particolari officiosità; i vostri titoli sarannosempre titoli, e voi sareste sempre un Ridicolo titolato.

Buon per me, che godo la bella sorte di esser compa-gno d’un Cavaliere, com’Ella sa, dovizioso, ed ornato!Vedo con lui le Parigine società, perchè egli merita divederle. Le ton, le bon ton, le grand ton sono nomi, de’quali ora [204] intendiamo il significato, e la forza. Go-diamo frequenti Accademie di suoni, e canti, pranzi

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care a’ riguardi dovuti alle vostre Dame sforza la vostragenerosità. Ma questo stesso sarà un piacere di più, per-chè ristretto a certi limiti di brevi corse, di rinfreschi, dilogge.... servirà di anello a sempre nuove conoscenze.Sopra tutto però valutasi quì tra noi il merito personale,ed intrinseco. Nessun vi cerca, nessuno ha bisogno divoi, nessuno vuol annojarsi con voi precisamente perchèappartenete a qualche grandissimo Casato. Siete voi. enon i vostri Avi, che desiderate il loro consorzio; fateche le vostre virtù rendano caro il vostro nome; erudi-zione, scienze, concetti, vivacità di spirito, facilità diespressioni, [203] onestà di tratto, carattere aperto, mo-desto, ingenuo,..... e dopo tutto ciò lasciate pur traspari-re, se sì vi piace, il cognome, la parentela, lo splendidolignaggio, e ’l tronco, ed i rami, e le foglie eziandiodell’Albero Augusto, da cui siete sbucciato voi senzavostra colpa, e per singolare beneficio del Caso, e diMonna Fortuna. Se siete pretensivo, se le vostre manie-re, e le vostre qualità reggere non sanno al cimento, iovi consiglio a vivere isolato, muto, ed a contentarvi diciò, che sta in mostra a tutti sulle pubbliche piazze senzaaspirare a particolari officiosità; i vostri titoli sarannosempre titoli, e voi sareste sempre un Ridicolo titolato.

Buon per me, che godo la bella sorte di esser compa-gno d’un Cavaliere, com’Ella sa, dovizioso, ed ornato!Vedo con lui le Parigine società, perchè egli merita divederle. Le ton, le bon ton, le grand ton sono nomi, de’quali ora [204] intendiamo il significato, e la forza. Go-diamo frequenti Accademie di suoni, e canti, pranzi

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splendidi in Città, ed al bosco, cene private, e confiden-ziali..... e sono pochi i dì, ne’ quali ci ritiriamo a casaprima di mezza notte. Ci si aprono in giro le distinte e lemezzane assemblee, e procuriamo di conoscerle a fon-do. Quante lezioni di usanze, di precisione, di piaceri, digarbo, di lingua, conformi, diformi, coerenti, contraddit-torie, razionali, irrazionali! Tutto serve a nostro ammae-stramento. Le società di Parigi sono un Mondo in com-pendio.

Non ho ancor nominati gli spettacoli. Questi sono va-riatissimi; l’opera, il teatro de’ Francesi, quello degli Ita-liani, le piccole pezze, i fuochi di Ruggieri.... Gli hoperò visti più volte, e non ho quasi voglia di rivederli.Le leggi del decoro, e dell’azione sono più scrupolosa-mente osservate, che da noi; ma vi domina una monoto-nia, che stanca me, e [205] diverte moltissimo i Franze-si. La musica vocale mi sembra un coro di Zoccolanti;le logge sono tutte venali, troppo affollate, e sempremute; non vi sono sale da giuoco, nè stanze, nè stanzinidi ritiro, nè pasticcierìe, nè....., non vi ha nulla in sommafuori della illusione sulle scene, e di certe voci incondi-te, che tra un atto, e l’altro v’invitano a rinfrescarvi collafamosa loro Eau de groseille, eau de groseille.

Ogni spettacolo è distante dagli altri; non se ne posso-no goder due in un dì, e quello, a cui s’interviene, è or-dinariamente troppo uno, cioè non ammette distrazioni,esige immobilità, e silenzio. Vi si sta per imparare,come i ragazzi sotto la scutica del precettore. Non con-danno la massima; ma quanto noi Italiani avremmo bi-

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splendidi in Città, ed al bosco, cene private, e confiden-ziali..... e sono pochi i dì, ne’ quali ci ritiriamo a casaprima di mezza notte. Ci si aprono in giro le distinte e lemezzane assemblee, e procuriamo di conoscerle a fon-do. Quante lezioni di usanze, di precisione, di piaceri, digarbo, di lingua, conformi, diformi, coerenti, contraddit-torie, razionali, irrazionali! Tutto serve a nostro ammae-stramento. Le società di Parigi sono un Mondo in com-pendio.

Non ho ancor nominati gli spettacoli. Questi sono va-riatissimi; l’opera, il teatro de’ Francesi, quello degli Ita-liani, le piccole pezze, i fuochi di Ruggieri.... Gli hoperò visti più volte, e non ho quasi voglia di rivederli.Le leggi del decoro, e dell’azione sono più scrupolosa-mente osservate, che da noi; ma vi domina una monoto-nia, che stanca me, e [205] diverte moltissimo i Franze-si. La musica vocale mi sembra un coro di Zoccolanti;le logge sono tutte venali, troppo affollate, e sempremute; non vi sono sale da giuoco, nè stanze, nè stanzinidi ritiro, nè pasticcierìe, nè....., non vi ha nulla in sommafuori della illusione sulle scene, e di certe voci incondi-te, che tra un atto, e l’altro v’invitano a rinfrescarvi collafamosa loro Eau de groseille, eau de groseille.

Ogni spettacolo è distante dagli altri; non se ne posso-no goder due in un dì, e quello, a cui s’interviene, è or-dinariamente troppo uno, cioè non ammette distrazioni,esige immobilità, e silenzio. Vi si sta per imparare,come i ragazzi sotto la scutica del precettore. Non con-danno la massima; ma quanto noi Italiani avremmo bi-

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sogno di uno di questi teatri franzesi per istruzione delpopolo, altrettanto, a mio credere, i Franzesi avrebberobisogno di un teatro alla Italiana per divertirsi. [206]

Penso anch’io, che i pubblici divertimenti devonocontraddire in parte, ed in parte secondare il nazionalecarattere. Noi Italiani, che abitualmente partecipiamodella spagnuola gravità, possiamo essere senza pericoloirrequieti alle scene; i Franzesi, impazienti, volatilizzatihanno bisogno di esservi imbrigliati un po’ più. Dirò an-cor meglio. Il Parigino è troppo vivace; convien sor-prenderlo in mille guise, distrarlo, e suddividerlo in piùmasse, perchè ondeggi, ed oscilli senza posa. Guai allaFrancia se si desse tempo, che un sol pensier s’impadro-nisse di tutte le teste! Quindi la moltiplicità, e la concor-renza, e la varietà degli spettacoli in piccole superficieconcentrati. Il Tribunale di polizia vi presiede, e li guatacon cento occhj, e cento spie, e la faccia de’ pubblici di-vertimenti sempre cangiante, e sempre modellata suglistessi principj è forse unica, ed ottima pel bene generaledella Metropoli. [207]

Eccole dunque, Signora mia pregiatissima, a che ridu-casi la vita de’ forestieri quì in Parigi. Vi ci vivon eglinoper civettare nelle strade, per trastullarsi nelle case, eper istruirsi, o annojarsi agli spettacoli. Io trovo, che sipuò fare tutto ciò in qualunque paese del Mondo; bastamoderare i desiderj, e pensare più a’ risultati, che allascelta degli stromenti. Tutto si trova in casa sua quandosi è bene esaminato ciò, che esiste in casa altrui. Sotto-pongo alla savia di Lei censura questi miei pensamenti,

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sogno di uno di questi teatri franzesi per istruzione delpopolo, altrettanto, a mio credere, i Franzesi avrebberobisogno di un teatro alla Italiana per divertirsi. [206]

Penso anch’io, che i pubblici divertimenti devonocontraddire in parte, ed in parte secondare il nazionalecarattere. Noi Italiani, che abitualmente partecipiamodella spagnuola gravità, possiamo essere senza pericoloirrequieti alle scene; i Franzesi, impazienti, volatilizzatihanno bisogno di esservi imbrigliati un po’ più. Dirò an-cor meglio. Il Parigino è troppo vivace; convien sor-prenderlo in mille guise, distrarlo, e suddividerlo in piùmasse, perchè ondeggi, ed oscilli senza posa. Guai allaFrancia se si desse tempo, che un sol pensier s’impadro-nisse di tutte le teste! Quindi la moltiplicità, e la concor-renza, e la varietà degli spettacoli in piccole superficieconcentrati. Il Tribunale di polizia vi presiede, e li guatacon cento occhj, e cento spie, e la faccia de’ pubblici di-vertimenti sempre cangiante, e sempre modellata suglistessi principj è forse unica, ed ottima pel bene generaledella Metropoli. [207]

Eccole dunque, Signora mia pregiatissima, a che ridu-casi la vita de’ forestieri quì in Parigi. Vi ci vivon eglinoper civettare nelle strade, per trastullarsi nelle case, eper istruirsi, o annojarsi agli spettacoli. Io trovo, che sipuò fare tutto ciò in qualunque paese del Mondo; bastamoderare i desiderj, e pensare più a’ risultati, che allascelta degli stromenti. Tutto si trova in casa sua quandosi è bene esaminato ciò, che esiste in casa altrui. Sotto-pongo alla savia di Lei censura questi miei pensamenti,

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che di presente mi sembran veri. Se un’altra volta miparrà vero il contrario, lo dirò. Rimetto volentieri somi-glianti ricerche ad alcuna di quelle conversazioni, che ilbel cuore, e la gentilezza di Vossignoria Illustrissima, edil mio amor proprio soglionmi procurare costì.

Ambisco intanto di essereParigi. 25. Luglio 1783.

Accettissimo suo Servitore. [208]

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che di presente mi sembran veri. Se un’altra volta miparrà vero il contrario, lo dirò. Rimetto volentieri somi-glianti ricerche ad alcuna di quelle conversazioni, che ilbel cuore, e la gentilezza di Vossignoria Illustrissima, edil mio amor proprio soglionmi procurare costì.

Ambisco intanto di essereParigi. 25. Luglio 1783.

Accettissimo suo Servitore. [208]

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XXI.Alle Illme Signore Marchesine

D’ONCIEU.CHAMBERY.

Carattere de’ Parigini.__________________

Amabili Damigelle.o, no; non mi dimentico di Fannì, non posso di-menticarmi di Meraldina. Grazie, maniere, accor-

gimento, colto eloquio, analisi non volgare, varietà dicognizioni sul Mondo, sull’uomo, sul cuor dell’uomo;tutte vostre virtù non esagerate, e da me gustate al som-mo. Perchè non posso io dividermi dalle mie occupazio-ni per soggiornare costì, o cambiare il soggiorno delled’Oncieu colla mia patria! [209] Una sola di voi rende-rebbe felice il mio stato col perfezionarmi. Queste sonoestasi di filosofica divozione, che mi stringono a voi, eche mi beano in voi benchè lontane. Non son io chescrivo; obbedisco alle impressioni del mio cuore.

N

Ho veduto Parigi, e l’ho ricercato attentamente in cia-scuno de’ suoi 20. Quartieri; ho esaminati i suoi spetta-coli, e le sue passeggiate; seguito per quanto posso, e miaffanno ad assaporare le private società, nelle quali fi-nalmente abbiamo avuto accesso, e non sono poche innumero, nè ordinarie nella squisitezza. Tutto è ammira-

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XXI.Alle Illme Signore Marchesine

D’ONCIEU.CHAMBERY.

Carattere de’ Parigini.__________________

Amabili Damigelle.o, no; non mi dimentico di Fannì, non posso di-menticarmi di Meraldina. Grazie, maniere, accor-

gimento, colto eloquio, analisi non volgare, varietà dicognizioni sul Mondo, sull’uomo, sul cuor dell’uomo;tutte vostre virtù non esagerate, e da me gustate al som-mo. Perchè non posso io dividermi dalle mie occupazio-ni per soggiornare costì, o cambiare il soggiorno delled’Oncieu colla mia patria! [209] Una sola di voi rende-rebbe felice il mio stato col perfezionarmi. Queste sonoestasi di filosofica divozione, che mi stringono a voi, eche mi beano in voi benchè lontane. Non son io chescrivo; obbedisco alle impressioni del mio cuore.

N

Ho veduto Parigi, e l’ho ricercato attentamente in cia-scuno de’ suoi 20. Quartieri; ho esaminati i suoi spetta-coli, e le sue passeggiate; seguito per quanto posso, e miaffanno ad assaporare le private società, nelle quali fi-nalmente abbiamo avuto accesso, e non sono poche innumero, nè ordinarie nella squisitezza. Tutto è ammira-

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bile, e grande; mi delizio ne’ suoi contrasti; ogni sobbor-go è una nuova Nazione. Quì è lecito ciò, che là non èben fatto; varia il tono, ed il buon tono nello stesso gra-vicembalo giusta il variare della mano, che lo tasteggia.Lo stesso abito, e direi quasi le cere, ed il sorriso fannoun concerto di diversa armonia, ed un quadro di molti-plici tinte gustosissime. [210] Il Parigino è immobilecome un sasso al teatro, è irrequieto come il fuoco ne’gabinetti, è zefiro, ed onda placida nelle grandi Società.Ha una volatilità, che si fissa, una fissazione, che si vo-latilizza in un istante; estatico, entusiasta, damerino,amico, indifferente, distratto, riflessivo, trovate in luiunito il carattere d’ogni Europeo. S’ingannerebbe chi logiudicasse dal suo parlare. Più d’una volta ei parla ciò,che non pensa, eppur non mente; più d’una volta operacontro ciò, che dice, eppure non si contraddice. Sembra,ch’ei sia soggetto ad una specie di morale apoplesia; vidice di sì in buona fede, e dopo un momento il trovate dibuona fede cambiato in no. Le donne si mettono a stu-pore nell’abito, nel gesto, ne’ modi; con abiti semplicis-simi, ed anche dozzinali sanno darsi un’aria d’incontro;con una cappellina di paglia gialla, con una gonnella,con un farsetto di tela bianca, e con pochi nastri vi par-lano in mille modi agli [211] occhi, al cuore, e sanno di-versificare se stesse la notte, e ’l dì; i loro ornati sonoornati d’ingegno, e non di bottega. L’uomo segue ladonna, e la imita nella soavità, e nel decoro. Vi ha dicerto una scuola, un maneggio, un’arte a banda per ognimoto di piedi, di gambe, di vita, di braccia, di testa, di

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bile, e grande; mi delizio ne’ suoi contrasti; ogni sobbor-go è una nuova Nazione. Quì è lecito ciò, che là non èben fatto; varia il tono, ed il buon tono nello stesso gra-vicembalo giusta il variare della mano, che lo tasteggia.Lo stesso abito, e direi quasi le cere, ed il sorriso fannoun concerto di diversa armonia, ed un quadro di molti-plici tinte gustosissime. [210] Il Parigino è immobilecome un sasso al teatro, è irrequieto come il fuoco ne’gabinetti, è zefiro, ed onda placida nelle grandi Società.Ha una volatilità, che si fissa, una fissazione, che si vo-latilizza in un istante; estatico, entusiasta, damerino,amico, indifferente, distratto, riflessivo, trovate in luiunito il carattere d’ogni Europeo. S’ingannerebbe chi logiudicasse dal suo parlare. Più d’una volta ei parla ciò,che non pensa, eppur non mente; più d’una volta operacontro ciò, che dice, eppure non si contraddice. Sembra,ch’ei sia soggetto ad una specie di morale apoplesia; vidice di sì in buona fede, e dopo un momento il trovate dibuona fede cambiato in no. Le donne si mettono a stu-pore nell’abito, nel gesto, ne’ modi; con abiti semplicis-simi, ed anche dozzinali sanno darsi un’aria d’incontro;con una cappellina di paglia gialla, con una gonnella,con un farsetto di tela bianca, e con pochi nastri vi par-lano in mille modi agli [211] occhi, al cuore, e sanno di-versificare se stesse la notte, e ’l dì; i loro ornati sonoornati d’ingegno, e non di bottega. L’uomo segue ladonna, e la imita nella soavità, e nel decoro. Vi ha dicerto una scuola, un maneggio, un’arte a banda per ognimoto di piedi, di gambe, di vita, di braccia, di testa, di

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occhi, di bocca, di rughe nella fronte, che noi forestierinon sappiamo imitare; che distingue il Parigino raffinatodal Provinciale; che è il Scibolet infallibile d’ogni quar-tiere della Città. I dotti formano una piccola classe dase; i semidotti inondano le piazze, e le strade: una certacoltura, che tocca, e sorpassa la mediocrità, è più gene-rale in Parigi che altrove. Potete vivere incognito, e fi-gurare; spendere molto, o nulla. Ogni comparsa, ognicarattere trova quì i suoi lodatori, ed i suoi rivali, ched’un istante all’altro non si ricordano più di voi.

Scapperei io da Parigi, se avessi con che vivervi a ca-priccio? No. Mi vi fisserei, [212] appunto perchè potreiscegliermi quel tenore di vita, che più mi piacesse. Unanno ad un modo, ed un altr’anno ad un altro. Cambie-rei di casa, e d’abito, e di compagnie ogni sei mesi, eforse nessuno se n’accorgerebbe. Il solo Intendente diPulizia sarebbe informato di queste mie metamorfosi;egli solo saprebbe ravvisarmi in mezzo a tutte le miepossibili stravaganze. Ad Argo simile non gli si nascon-dono i Protei. Ma non posso giunger a questo grappoloper quanto mi sforzi al farlo; la Volpe mi avvisa, che èimmaturo.

Queste, ed altrettali sarebbero le riflessioni, che avreipiacere di fare colle Signorie loro stimatissime, se fossicostì. Vorrei sentirmi a correggere da Madamigella Fan-nì, che per mesi, ed anni si è dilettata di studiar Parigi inParigi, ed al cui occhio discernitore non saranno certa-mente sfuggite le più minute gradazioni morali e fisichedi questi abitanti. Chi sa, che per mia gran ventura non

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occhi, di bocca, di rughe nella fronte, che noi forestierinon sappiamo imitare; che distingue il Parigino raffinatodal Provinciale; che è il Scibolet infallibile d’ogni quar-tiere della Città. I dotti formano una piccola classe dase; i semidotti inondano le piazze, e le strade: una certacoltura, che tocca, e sorpassa la mediocrità, è più gene-rale in Parigi che altrove. Potete vivere incognito, e fi-gurare; spendere molto, o nulla. Ogni comparsa, ognicarattere trova quì i suoi lodatori, ed i suoi rivali, ched’un istante all’altro non si ricordano più di voi.

Scapperei io da Parigi, se avessi con che vivervi a ca-priccio? No. Mi vi fisserei, [212] appunto perchè potreiscegliermi quel tenore di vita, che più mi piacesse. Unanno ad un modo, ed un altr’anno ad un altro. Cambie-rei di casa, e d’abito, e di compagnie ogni sei mesi, eforse nessuno se n’accorgerebbe. Il solo Intendente diPulizia sarebbe informato di queste mie metamorfosi;egli solo saprebbe ravvisarmi in mezzo a tutte le miepossibili stravaganze. Ad Argo simile non gli si nascon-dono i Protei. Ma non posso giunger a questo grappoloper quanto mi sforzi al farlo; la Volpe mi avvisa, che èimmaturo.

Queste, ed altrettali sarebbero le riflessioni, che avreipiacere di fare colle Signorie loro stimatissime, se fossicostì. Vorrei sentirmi a correggere da Madamigella Fan-nì, che per mesi, ed anni si è dilettata di studiar Parigi inParigi, ed al cui occhio discernitore non saranno certa-mente sfuggite le più minute gradazioni morali e fisichedi questi abitanti. Chi sa, che per mia gran ventura non

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debba io giugnere [213] forse costì un’altra volta? Que-sto forse è per me dilettoso, e certamente mi terrà in brioin tutto il resto della mia pellegrinazione. Ma in ognievento mi racconsola un’interna sensibile compiacenzadi potermi or dichiarare qual fui, e sarò.

Delle Signorie loro Illustrissime, e della degnissimaloro Madre, e dello Zio.

Parigi. 30. Luglio 1783.Obbligatissimo Servitore. [214]

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debba io giugnere [213] forse costì un’altra volta? Que-sto forse è per me dilettoso, e certamente mi terrà in brioin tutto il resto della mia pellegrinazione. Ma in ognievento mi racconsola un’interna sensibile compiacenzadi potermi or dichiarare qual fui, e sarò.

Delle Signorie loro Illustrissime, e della degnissimaloro Madre, e dello Zio.

Parigi. 30. Luglio 1783.Obbligatissimo Servitore. [214]

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XXII.Al Padre Lettore

D. GIROLAMO BELCREDI BENEDETTINO

PAVIA.Dotti di Parigi.

__________________AMICO CARISSIMO.

hi avrà letto le Tableau de Paris, les Curiosités deParis, e le Voyage pittoresque de Paris, avrà letto

molto, e non ne saprà nulla di questa Isola insigne. Nonconoscerà nè gli uomini, nè le cose; si sarà formato intesta un laborioso inventario, un indice, un frontispizio,che coll’enunciare ogni cosa non dà idea precisa [215]di cosa alcuna. Mi sono tardi avveduto di questa verità,e la intendo, e la sento ora con piacere estremo. Le me-todiche descrizioni non vi esprimono mai abbastanza ilsenso di novità, di sorpresa, di piacere, che nell’animeimprime la vista immediata de’ grandi oggetti. L’ideasola di certi simmetrici aggregati di più cose piccole, eben conosciute, l’idea viva della loro unione, dell’insie-me, dell’ensemble, della identità indi nata è tanto priva-tiva d’ogni Essere pensatore, che non può egli comuni-carla, o trasfonderla in altrui. Quanti tentativi ho io fatti

C

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XXII.Al Padre Lettore

D. GIROLAMO BELCREDI BENEDETTINO

PAVIA.Dotti di Parigi.

__________________AMICO CARISSIMO.

hi avrà letto le Tableau de Paris, les Curiosités deParis, e le Voyage pittoresque de Paris, avrà letto

molto, e non ne saprà nulla di questa Isola insigne. Nonconoscerà nè gli uomini, nè le cose; si sarà formato intesta un laborioso inventario, un indice, un frontispizio,che coll’enunciare ogni cosa non dà idea precisa [215]di cosa alcuna. Mi sono tardi avveduto di questa verità,e la intendo, e la sento ora con piacere estremo. Le me-todiche descrizioni non vi esprimono mai abbastanza ilsenso di novità, di sorpresa, di piacere, che nell’animeimprime la vista immediata de’ grandi oggetti. L’ideasola di certi simmetrici aggregati di più cose piccole, eben conosciute, l’idea viva della loro unione, dell’insie-me, dell’ensemble, della identità indi nata è tanto priva-tiva d’ogni Essere pensatore, che non può egli comuni-carla, o trasfonderla in altrui. Quanti tentativi ho io fatti

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su ciò, e sempre inutili!Ve ne voglio dare un esempio. Sono entrato jer l’altro

nella fabbrica de’ cristalli, e fui obbligato a fermarmilungamente in un piccolo stanzino, entro cui un flemma-tichissimo operajo andava polendo lastre di vetro consabbia umida, con fina polvere, con una specie di smeri-glio e pareva, che non si pensasse a lasciarmi [216] in-noltrare nelle più interne officine. Già io incomincio adimpazientarmi col padrone del fondaco sul perchè, sulmodo, sull’aria di mistero...., ed egli freddamente ri-sponde, che vi si vedrebbe soltanto la stessa operazioneripetuta da un maggior numero di artefici. Mi accorsidopo, che indugi sì affettati mi disponevano a gustareciò, che altrimenti avrei appena saputo. Comanda egli infatti quel Signor cortese, che si spalanchino in un istantequattro porte chiuse del salettino. Quale mai si fu la miasorpresa! Come godeva egli di vedermi immobile, edistupidito! Eravamo alla crociera di quattro vastissimi, elunghissimi corridoj pieni zeppi di tavolieri, di mangani,di gente, che in doppia serie collocati si affacendavano alustrar cristalli più, e men grandi per ogni sorta di spec-chj, e camminiere. Cento, e duecento operaj per sala;quattrocento seicento, ottocento operaj sotto un sempli-ce volger di ciglia; casse, e cassoni [217] di specchj amigliaja di su, di giù, alle pareti, alle soffitta. Che vedu-ta unica, che unica unità! Si succedono i magazzini dellematerie già lavorate, e disposte in opportune scanzìe,con ordine, con distinzione di classi, co’ nomi, coi prez-zi rispettivi; vi ho veduti specchj grandissimi per anti-

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su ciò, e sempre inutili!Ve ne voglio dare un esempio. Sono entrato jer l’altro

nella fabbrica de’ cristalli, e fui obbligato a fermarmilungamente in un piccolo stanzino, entro cui un flemma-tichissimo operajo andava polendo lastre di vetro consabbia umida, con fina polvere, con una specie di smeri-glio e pareva, che non si pensasse a lasciarmi [216] in-noltrare nelle più interne officine. Già io incomincio adimpazientarmi col padrone del fondaco sul perchè, sulmodo, sull’aria di mistero...., ed egli freddamente ri-sponde, che vi si vedrebbe soltanto la stessa operazioneripetuta da un maggior numero di artefici. Mi accorsidopo, che indugi sì affettati mi disponevano a gustareciò, che altrimenti avrei appena saputo. Comanda egli infatti quel Signor cortese, che si spalanchino in un istantequattro porte chiuse del salettino. Quale mai si fu la miasorpresa! Come godeva egli di vedermi immobile, edistupidito! Eravamo alla crociera di quattro vastissimi, elunghissimi corridoj pieni zeppi di tavolieri, di mangani,di gente, che in doppia serie collocati si affacendavano alustrar cristalli più, e men grandi per ogni sorta di spec-chj, e camminiere. Cento, e duecento operaj per sala;quattrocento seicento, ottocento operaj sotto un sempli-ce volger di ciglia; casse, e cassoni [217] di specchj amigliaja di su, di giù, alle pareti, alle soffitta. Che vedu-ta unica, che unica unità! Si succedono i magazzini dellematerie già lavorate, e disposte in opportune scanzìe,con ordine, con distinzione di classi, co’ nomi, coi prez-zi rispettivi; vi ho veduti specchj grandissimi per anti-

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porte ad un sol pezzo di sei mila franchi l’uno. Che do-vizia, che abbondanza! Ma qui sta il punto della diffi-coltà; non mi so spiegare; non ti dico nulla di quel, cheè; voi non sapete ancor nulla delle idee vivaci, e nuove,che in quella occasione mi si sono ravvolte in capo; e mifermenta il sangue per dispetto di non sapervele neppureindicare.

E sì che questo è un tenue oggetto rispetto alla fabbri-ca degli arazzi a Goblin, a quella delle porcellane, aquella delle bottiglie, a quella dello zucchero, alla car-tiera.... alla scuola de’ muti, e sordi dell’Abbate l’Epée,alla tromba a vapori [218] de’ fratelli Perrier, al gabinet-to d’istoria naturale del Sig. Buffon, a’ piccoli apparta-menti Condè..... a tante villeggiature, ed in ispezie adErmanonville consacrato dagli ultimi sospiri del Gine-vrino filosofo, ed a Chantilly sì ragguardevole per la suaMenagerìa, pel suo serraglio, pel suo pollajo, per la suaisola d’amore, pel boschereccio suo casale, pe’ suoi duecigni silvestri, che contro un’oca domestica si allarma-no, la combattono, l’atterrano, l’uccidono, e scorrazzan-do poscia quà, e là per l’aja cantano a se stessi, ed a noi,la femmina in re mi, e il maschio in mi fa un non piùudito melodioso trionfo. In mezzo a questi trasporti hoquasi preferito il canto de’ nostri cigni allo Stabat del fa-mosissimo Pergolesi. Così è, amico mio, per adombrarequel, che sento, dovrei sempre dire stranissime strava-ganze; ed a scriver una lettera, che abbia l’aria di verità,sarò astretto a non parlarvi delle mie piacevoli sensazio-ni. [219].

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porte ad un sol pezzo di sei mila franchi l’uno. Che do-vizia, che abbondanza! Ma qui sta il punto della diffi-coltà; non mi so spiegare; non ti dico nulla di quel, cheè; voi non sapete ancor nulla delle idee vivaci, e nuove,che in quella occasione mi si sono ravvolte in capo; e mifermenta il sangue per dispetto di non sapervele neppureindicare.

E sì che questo è un tenue oggetto rispetto alla fabbri-ca degli arazzi a Goblin, a quella delle porcellane, aquella delle bottiglie, a quella dello zucchero, alla car-tiera.... alla scuola de’ muti, e sordi dell’Abbate l’Epée,alla tromba a vapori [218] de’ fratelli Perrier, al gabinet-to d’istoria naturale del Sig. Buffon, a’ piccoli apparta-menti Condè..... a tante villeggiature, ed in ispezie adErmanonville consacrato dagli ultimi sospiri del Gine-vrino filosofo, ed a Chantilly sì ragguardevole per la suaMenagerìa, pel suo serraglio, pel suo pollajo, per la suaisola d’amore, pel boschereccio suo casale, pe’ suoi duecigni silvestri, che contro un’oca domestica si allarma-no, la combattono, l’atterrano, l’uccidono, e scorrazzan-do poscia quà, e là per l’aja cantano a se stessi, ed a noi,la femmina in re mi, e il maschio in mi fa un non piùudito melodioso trionfo. In mezzo a questi trasporti hoquasi preferito il canto de’ nostri cigni allo Stabat del fa-mosissimo Pergolesi. Così è, amico mio, per adombrarequel, che sento, dovrei sempre dire stranissime strava-ganze; ed a scriver una lettera, che abbia l’aria di verità,sarò astretto a non parlarvi delle mie piacevoli sensazio-ni. [219].

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Sapete or dunque cosa io farò, postochè debbo, e vo-glio scrivervi una lettera? Mi appiglierò ad un argomen-to freddo, ad un argomento, che non possa interessarmil’anima. Non mi è difficile il ritrovarne; l’ho anzi giàfissato nell’ultima sessione dell’Accademia delle Scien-ze; vedete, che bell’effetto ella produsse in me. Vi parle-rò de’ dotti di Parigi, che altre volte mettevano in estrome, e voi, e che al presente mi sono divenuti indifferen-ti. Non temo, che in siffatto argomento s’isterilisca lamia penna, e chi sa, che dopo avermi letto non vi ritro-viate voi pure guarito dalla malattia, a cui sono più chepoco soggetti gli Italiani, di guardarli cioè da lontanocon troppo religiosa devozione!

Distinguonsi in questa Capitale tre sorta di letterati;l’autore, l’amatore, e il conoscitore. L’autore inventacose grandi senza sforzo; l’amatore le pregia in globo, esenza esame; il conoscitore le studia, le sente e le giudi-ca senza orgoglio. [220]. Le guerre aperte, ed intestinefra questi letterati vengono per lo più dal non saper egli-no collocarsi, nè contenersi dentro la sua sfera. Ciascu-no pensa di non aver competitore, pretende sugli altri ilprimato, e si crede in diritto di guardare d’alto in bassoil restante del genere umano.

Guai se vi dite autore! Tutti si uniscono contro di voi,siete assalito da un vespajo, che vi avvelena da ognilato. Se vi dite soltanto amatore, vi trattano con unacert’aria di misericordia, v’istruiscono de’ primi elemen-ti, e non si stancano mai dal darvi lezione; il casato rag-guardevole, la liberalità, le profusioni, vi daranno merito

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Sapete or dunque cosa io farò, postochè debbo, e vo-glio scrivervi una lettera? Mi appiglierò ad un argomen-to freddo, ad un argomento, che non possa interessarmil’anima. Non mi è difficile il ritrovarne; l’ho anzi giàfissato nell’ultima sessione dell’Accademia delle Scien-ze; vedete, che bell’effetto ella produsse in me. Vi parle-rò de’ dotti di Parigi, che altre volte mettevano in estrome, e voi, e che al presente mi sono divenuti indifferen-ti. Non temo, che in siffatto argomento s’isterilisca lamia penna, e chi sa, che dopo avermi letto non vi ritro-viate voi pure guarito dalla malattia, a cui sono più chepoco soggetti gli Italiani, di guardarli cioè da lontanocon troppo religiosa devozione!

Distinguonsi in questa Capitale tre sorta di letterati;l’autore, l’amatore, e il conoscitore. L’autore inventacose grandi senza sforzo; l’amatore le pregia in globo, esenza esame; il conoscitore le studia, le sente e le giudi-ca senza orgoglio. [220]. Le guerre aperte, ed intestinefra questi letterati vengono per lo più dal non saper egli-no collocarsi, nè contenersi dentro la sua sfera. Ciascu-no pensa di non aver competitore, pretende sugli altri ilprimato, e si crede in diritto di guardare d’alto in bassoil restante del genere umano.

Guai se vi dite autore! Tutti si uniscono contro di voi,siete assalito da un vespajo, che vi avvelena da ognilato. Se vi dite soltanto amatore, vi trattano con unacert’aria di misericordia, v’istruiscono de’ primi elemen-ti, e non si stancano mai dal darvi lezione; il casato rag-guardevole, la liberalità, le profusioni, vi daranno merito

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al più di essere lor Mecenate. Ma chi sa poi quante bellecose diranno eglino di voi dietro le vostre spalle? Il co-noscitore nè li ringalluzza, nè li fa rimbambire; amanoanzi di tirarlo ognuno dalla sua, e si mostrano con essolui umani, ed affabili. [221]

Io, che avrei mentito se avessi affettato alcuno de’primi due caratteri, mi sono appigliato al terzo; ho soste-nuti varj esami in più riprese, ed a modo di generaleconversazione credo di non essermi meritato voti neri, econ ciò ho potuto vedere da vicino, e toccar con mano lepiccolezze di questi uomini grandissimi. Nè conobbi al-cuni, che si possono paragonare alle rane di Esopo; pertroppo gonfiarsi arrischiano di crepare; altri voi li dire-ste formicaleoni, che a grande stento scavano nella sab-bia un imbuto rovesciato per prendere insetti; altri sirassomiglian a leggierissime farfalle, che svolazzano ar-dite al lume, che poi le incendia. Tengo meco un catalo-go di nomi, che servir possono d’esempio a queste clas-si. Nella letteratura convien guardarsi dalla jattanza, dal-la frivolezza, e dalla vergognosa pedisequa servitù. Par-lando in generale, non si conoscono queste massime quìin Parigi; il credito, ed il merito [222] sono una mercan-zia, un banco; vi ha la moda, e l’intrigo, che detronizza-no, ed incoronano in un istante.

Da ciò, che sono i letterati argomentar potrete qualisiano le letterarie radunanze. Mi rimetto al Linguet. Nèè già, ch’io approvi ogni sua espressione, egli è troppocaustico, egli vede i difetti col microscopio, e le virtùcoll’occhio all’obbiettivo. Ma detratte eziandio le sue

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al più di essere lor Mecenate. Ma chi sa poi quante bellecose diranno eglino di voi dietro le vostre spalle? Il co-noscitore nè li ringalluzza, nè li fa rimbambire; amanoanzi di tirarlo ognuno dalla sua, e si mostrano con essolui umani, ed affabili. [221]

Io, che avrei mentito se avessi affettato alcuno de’primi due caratteri, mi sono appigliato al terzo; ho soste-nuti varj esami in più riprese, ed a modo di generaleconversazione credo di non essermi meritato voti neri, econ ciò ho potuto vedere da vicino, e toccar con mano lepiccolezze di questi uomini grandissimi. Nè conobbi al-cuni, che si possono paragonare alle rane di Esopo; pertroppo gonfiarsi arrischiano di crepare; altri voi li dire-ste formicaleoni, che a grande stento scavano nella sab-bia un imbuto rovesciato per prendere insetti; altri sirassomiglian a leggierissime farfalle, che svolazzano ar-dite al lume, che poi le incendia. Tengo meco un catalo-go di nomi, che servir possono d’esempio a queste clas-si. Nella letteratura convien guardarsi dalla jattanza, dal-la frivolezza, e dalla vergognosa pedisequa servitù. Par-lando in generale, non si conoscono queste massime quìin Parigi; il credito, ed il merito [222] sono una mercan-zia, un banco; vi ha la moda, e l’intrigo, che detronizza-no, ed incoronano in un istante.

Da ciò, che sono i letterati argomentar potrete qualisiano le letterarie radunanze. Mi rimetto al Linguet. Nèè già, ch’io approvi ogni sua espressione, egli è troppocaustico, egli vede i difetti col microscopio, e le virtùcoll’occhio all’obbiettivo. Ma detratte eziandio le sue

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esagerazioni, vi resta tanto, che basta per formare giudi-cio sulla superficialità, sulla venalità, sulla rivalità diquesti Corpi immaginosi. Vivono di credito, si contenta-no, come i nobili scioperati, di trarre origine da un illu-stre legnaggio. Non vi parlo della ciarlataneria del Si-gnor Camus, che tiene scuola aperta ai Baluardi; nè ditanti corsi, di Fisica, di.... così bene descritti dal Me-rçier; parlo de’ Corpi pubblici, delle pubbliche Accade-mie, delle scuole di..., e di altrettali Confraternite Lette-rarie. [223]

E la Sorbona? Immaginatevi una Congregazione diCuratacci di montagna, prezzolati, avidi, attaccati allemassime secche de’ loro Padri fondatori; vivono dellabuona opinione, ch’essi hanno di se stessi, e si credonorispettabilissimi perchè il furono veramente quando Ber-ta filava; ora però non contano in Parigi più di quel, checontino i Casisti fra noi. Il Mausoleo di Richelieu, di cuisono depositarj, compera mille volte le piramidali loroteste.

Riserviamo le pruove più diffuse di tutto ciò al mioritorno. Ne rideremo abbastanza, e ci divertiremo allevarie mutazioni di scena, che s’introduranno, senza vo-lerlo noi, in questa commedia scientifica.

Voglio però avvertirvi, che in mezzo alla generale di-sistima, che godono, e goder debbono in complesso iDottori Parigini, vi ha un gran numero di rispettabilissi-me persone, che danno splendore a se, alla patria, ed a’Corpi, a’ quali appartengono. [224] Il profondo, e vastoSignor d’Alembert lo abbiamo trovato umanissimo, e

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esagerazioni, vi resta tanto, che basta per formare giudi-cio sulla superficialità, sulla venalità, sulla rivalità diquesti Corpi immaginosi. Vivono di credito, si contenta-no, come i nobili scioperati, di trarre origine da un illu-stre legnaggio. Non vi parlo della ciarlataneria del Si-gnor Camus, che tiene scuola aperta ai Baluardi; nè ditanti corsi, di Fisica, di.... così bene descritti dal Me-rçier; parlo de’ Corpi pubblici, delle pubbliche Accade-mie, delle scuole di..., e di altrettali Confraternite Lette-rarie. [223]

E la Sorbona? Immaginatevi una Congregazione diCuratacci di montagna, prezzolati, avidi, attaccati allemassime secche de’ loro Padri fondatori; vivono dellabuona opinione, ch’essi hanno di se stessi, e si credonorispettabilissimi perchè il furono veramente quando Ber-ta filava; ora però non contano in Parigi più di quel, checontino i Casisti fra noi. Il Mausoleo di Richelieu, di cuisono depositarj, compera mille volte le piramidali loroteste.

Riserviamo le pruove più diffuse di tutto ciò al mioritorno. Ne rideremo abbastanza, e ci divertiremo allevarie mutazioni di scena, che s’introduranno, senza vo-lerlo noi, in questa commedia scientifica.

Voglio però avvertirvi, che in mezzo alla generale di-sistima, che godono, e goder debbono in complesso iDottori Parigini, vi ha un gran numero di rispettabilissi-me persone, che danno splendore a se, alla patria, ed a’Corpi, a’ quali appartengono. [224] Il profondo, e vastoSignor d’Alembert lo abbiamo trovato umanissimo, e

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dolce, e non già burbero, ed altiero, come ci si dicevacostì. I Signori Parmentier, Sabatier, La-Lande, Cousin,Bossut, Iussieu, Mantelle, Rouvelle, Rozier.... hannomoltissimo merito, e modestia ancor maggiore; Mac-quer li vince tutti; il Signor de la Place è un genio vola-tore; è il più gran genio della Francia, e chi sa, che nondebba dirsi ancor di più?

Finisco pregandovi a farmi servo alla saggia SignoraContessa Fantoni, ed all’amabile Signora Donna Isabel-la Speciani. Più d’ogn’altro voi avrete presente la Fami-glia, a cui appartenete. Già m’immagino, che l’eruditoSignor Marchese Gaspare vostro Fratello commenteràquesta mia; voi lo stuzzicherete, e lo udirete risponder-vi; e penso anch’io di rimetterlo sul discorso a temposuo. Addio.

Parigi. 18 agosto 1783.Vostro affezionatissimo. [225]

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dolce, e non già burbero, ed altiero, come ci si dicevacostì. I Signori Parmentier, Sabatier, La-Lande, Cousin,Bossut, Iussieu, Mantelle, Rouvelle, Rozier.... hannomoltissimo merito, e modestia ancor maggiore; Mac-quer li vince tutti; il Signor de la Place è un genio vola-tore; è il più gran genio della Francia, e chi sa, che nondebba dirsi ancor di più?

Finisco pregandovi a farmi servo alla saggia SignoraContessa Fantoni, ed all’amabile Signora Donna Isabel-la Speciani. Più d’ogn’altro voi avrete presente la Fami-glia, a cui appartenete. Già m’immagino, che l’eruditoSignor Marchese Gaspare vostro Fratello commenteràquesta mia; voi lo stuzzicherete, e lo udirete risponder-vi; e penso anch’io di rimetterlo sul discorso a temposuo. Addio.

Parigi. 18 agosto 1783.Vostro affezionatissimo. [225]

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XXIII.Alle Illustrissime

SIGNORE DAMIGELLE FUSELIER.LIONE.

Lettera di Complimento.__________________Illustrissime Signore.

i sono io dunque dimenticato della seconda Me-tropoli della Francia? La vista di Parigi, ed il con-

sorzio de’ Parigini, mi ha egli fatto dimenticare me stes-so? Già da tre mesi sono partito da costì, nè faccio sape-re ad alcuno s’io viva ancora. Dove sono le mie estasiper le amene vedute de’ contorni di Lione, e le mie dolciemozioni pel tratto vivido, e toccante [224] de’ suoi abi-tatori? E le proteste di eterna ricordanza, e i voti fervidiper la possibilità del ritorno, e la sorpresa, e le irate vocicontro chi ne dubitasse ancor per celia se le sono forsevia recate i venti, siccome finte ambascie, ed insincereespressioni di volubile Viaggiatore? Niente di tutto ciò.In mezzo agli incanti della Capitale del Mondo non ces-so di spaziarmi coll’irrequieto pensiere nel deliziosoBreteau; lascio scorrer tuttora il mio sguardo sulle ma-niere, e sul maestoso andamento delle vistosissime Lio-nesi; mi affido nelle brillanti Sale de’ notturni Soupè,che i nomi Basset, Mion, Flachiat, Daret, e Fuselier mi

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XXIII.Alle Illustrissime

SIGNORE DAMIGELLE FUSELIER.LIONE.

Lettera di Complimento.__________________Illustrissime Signore.

i sono io dunque dimenticato della seconda Me-tropoli della Francia? La vista di Parigi, ed il con-

sorzio de’ Parigini, mi ha egli fatto dimenticare me stes-so? Già da tre mesi sono partito da costì, nè faccio sape-re ad alcuno s’io viva ancora. Dove sono le mie estasiper le amene vedute de’ contorni di Lione, e le mie dolciemozioni pel tratto vivido, e toccante [224] de’ suoi abi-tatori? E le proteste di eterna ricordanza, e i voti fervidiper la possibilità del ritorno, e la sorpresa, e le irate vocicontro chi ne dubitasse ancor per celia se le sono forsevia recate i venti, siccome finte ambascie, ed insincereespressioni di volubile Viaggiatore? Niente di tutto ciò.In mezzo agli incanti della Capitale del Mondo non ces-so di spaziarmi coll’irrequieto pensiere nel deliziosoBreteau; lascio scorrer tuttora il mio sguardo sulle ma-niere, e sul maestoso andamento delle vistosissime Lio-nesi; mi affido nelle brillanti Sale de’ notturni Soupè,che i nomi Basset, Mion, Flachiat, Daret, e Fuselier mi

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renderanno sempre memorabili; mi vi incrocchio in unangolo coi Desalimj, coi d’Athosii, coi Castillioni, colleDamberieux, colle Cusieux...., ma soprattutto colle ado-rabili Sophie, e Rosalie.

Che combinazione preziosa di queste due damigelle?Il cuore aperto di Rosalia [227] unito alle sue obbligantigrazie; il cuore aperto, e tenero di Sofia unito ad una vi-vacità sempre nuova, e gaja v’interessano, vi stuzzicano,vi legano. Accostareccie, e dignitose sanno eccitare del-le passioncelle dilicate, che vi addolcian l’animo senzaconfonderlo; uniscono nel loro tratto la confidenza al ri-spetto, l’affabilità al decoro, e fanno sentire le più fineattrattive dell’amicizia, che nulla ha di comune col bas-so amor del volgo.

Non so esprimermi come vorrei; ma è certo che, nonfu piccolo frutto della mia venuta in Francia la cono-scenza fatta di voi, rispettabili Damigelle, e della egre-gia comitiva, che vi attornia. Avvenimenti simili orne-rebbero ogn’altra stazione del filosofico mio pellegri-naggio, e me la renderebbero sempre gustosa, e cara. Inmezzo a questi buoni augurj, che faccio al mio amorproprio, ho ora il piacere di protestarmi con verace atta-camento. [228]

Delle Signorie vostre Illustrissime, e di quanti hannodiritto alla nostra gratitudine.

Parigi 18. Agosto 1783.Servidore Umilissimo,ed Obbligatissimo. [229]

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renderanno sempre memorabili; mi vi incrocchio in unangolo coi Desalimj, coi d’Athosii, coi Castillioni, colleDamberieux, colle Cusieux...., ma soprattutto colle ado-rabili Sophie, e Rosalie.

Che combinazione preziosa di queste due damigelle?Il cuore aperto di Rosalia [227] unito alle sue obbligantigrazie; il cuore aperto, e tenero di Sofia unito ad una vi-vacità sempre nuova, e gaja v’interessano, vi stuzzicano,vi legano. Accostareccie, e dignitose sanno eccitare del-le passioncelle dilicate, che vi addolcian l’animo senzaconfonderlo; uniscono nel loro tratto la confidenza al ri-spetto, l’affabilità al decoro, e fanno sentire le più fineattrattive dell’amicizia, che nulla ha di comune col bas-so amor del volgo.

Non so esprimermi come vorrei; ma è certo che, nonfu piccolo frutto della mia venuta in Francia la cono-scenza fatta di voi, rispettabili Damigelle, e della egre-gia comitiva, che vi attornia. Avvenimenti simili orne-rebbero ogn’altra stazione del filosofico mio pellegri-naggio, e me la renderebbero sempre gustosa, e cara. Inmezzo a questi buoni augurj, che faccio al mio amorproprio, ho ora il piacere di protestarmi con verace atta-camento. [228]

Delle Signorie vostre Illustrissime, e di quanti hannodiritto alla nostra gratitudine.

Parigi 18. Agosto 1783.Servidore Umilissimo,ed Obbligatissimo. [229]

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XXIV.Alla Illustrissima Signora Marchesa

DONNA COSTANZA MOSSI MALASPINA.PAVIA.

Mode di Parigi.__________________Illustrissima Signora.

artirò io da Parigi senza scriverle una lettera? Inmezzo a tante varietà di questa Capitale non troverò

io argomento, con cui intertenerla per qualche istante?Ve ne ha uno, ve ne hanno mille, ed io mi sono appiglia-to a quello, che esigeva maggior esame, e che deve per-ciò discolparmi sulla troppa tardanza nel compiere a’miei doveri con Lei. Voglio in somma comunicarle alcu-ni miei pensieri sulle mode Parigine. [230] A che servo-no i preamboli?

P

Le mode sono l’alimento di questa gran Città; sono learmi, colle quali la Francia ha conquistato il Mondo;sono le miniere inesauste del Regno. Finchè vi sarannocapricci negli uomini, finchè gli uomini saran frivoli (elo saranno sempre) si verseranno quì i tesori de’ dueemisferj, per riportarne de’ nastri, e de’ falbalà. L’inven-tore di questo sistema fu il primo Genio dell’Universo;dovrebbe erigersegli un monumento eterno, se se ne sa-pesse il nome, e si dovria celebrare negli annali politici

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XXIV.Alla Illustrissima Signora Marchesa

DONNA COSTANZA MOSSI MALASPINA.PAVIA.

Mode di Parigi.__________________Illustrissima Signora.

artirò io da Parigi senza scriverle una lettera? Inmezzo a tante varietà di questa Capitale non troverò

io argomento, con cui intertenerla per qualche istante?Ve ne ha uno, ve ne hanno mille, ed io mi sono appiglia-to a quello, che esigeva maggior esame, e che deve per-ciò discolparmi sulla troppa tardanza nel compiere a’miei doveri con Lei. Voglio in somma comunicarle alcu-ni miei pensieri sulle mode Parigine. [230] A che servo-no i preamboli?

P

Le mode sono l’alimento di questa gran Città; sono learmi, colle quali la Francia ha conquistato il Mondo;sono le miniere inesauste del Regno. Finchè vi sarannocapricci negli uomini, finchè gli uomini saran frivoli (elo saranno sempre) si verseranno quì i tesori de’ dueemisferj, per riportarne de’ nastri, e de’ falbalà. L’inven-tore di questo sistema fu il primo Genio dell’Universo;dovrebbe erigersegli un monumento eterno, se se ne sa-pesse il nome, e si dovria celebrare negli annali politici

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dell’Europa.Tutti a Parigi inventan mode; non vi ha privativa; cia-

scun vive degli atti suoi; ciascuno piccasi di riuscirvi.D’ordinario però vincono in questa gara le Filles del Pa-lazzo Reale; sono esse destinate ab antico a sedurre gliuomini, e perciò studiano più degli altri per distinguerela loro vocazione.

Tutto è di moda a Parigi; basta, che non [231] offendai sensi, e che non richiami idea indecente, o strana. Laparruccacia di Canidia, e la barba degli Orientali eccite-rebbe l’orrore, e le strida delle pulite assemblee. Nel re-sto potete mostrarvi come volete, purchè vi teniate condecenza.

Gli uniformi però non sono mai di moda. Partì unaDama dalla conversazione, perchè si accorse di avereuna cuffia troppo simile a quella di una sua compagna;ritornò poco dopo con due, o tre punte di più in capo, econ un fiore di meno, e tutti applaudirono al suo grandeingegno.

Vi ha spesso in Parigi la moda dominante, l’ultimamoda; ma cosi diversificata colle mode precedenti, ocon altre mode subalterne, che non è più l’unica, nè una.Sono già quattro mesi, che domina Marlborough; visono perfino i confetti, fino i garofani alla Marlborough;eppure cento, e mila Dame, che si vestono alla Marlbo-rough, sono tutte [232] fra loro diversissime nel vestito.

Dopo la scoperta de’ palloni Mongolferiani si prepa-rano gli abiti a pallone, le scarpe a pallone, le faldiglie apallone, le maniche a pallone, le cuffie a pallone, le cap-

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dell’Europa.Tutti a Parigi inventan mode; non vi ha privativa; cia-

scun vive degli atti suoi; ciascuno piccasi di riuscirvi.D’ordinario però vincono in questa gara le Filles del Pa-lazzo Reale; sono esse destinate ab antico a sedurre gliuomini, e perciò studiano più degli altri per distinguerela loro vocazione.

Tutto è di moda a Parigi; basta, che non [231] offendai sensi, e che non richiami idea indecente, o strana. Laparruccacia di Canidia, e la barba degli Orientali eccite-rebbe l’orrore, e le strida delle pulite assemblee. Nel re-sto potete mostrarvi come volete, purchè vi teniate condecenza.

Gli uniformi però non sono mai di moda. Partì unaDama dalla conversazione, perchè si accorse di avereuna cuffia troppo simile a quella di una sua compagna;ritornò poco dopo con due, o tre punte di più in capo, econ un fiore di meno, e tutti applaudirono al suo grandeingegno.

Vi ha spesso in Parigi la moda dominante, l’ultimamoda; ma cosi diversificata colle mode precedenti, ocon altre mode subalterne, che non è più l’unica, nè una.Sono già quattro mesi, che domina Marlborough; visono perfino i confetti, fino i garofani alla Marlborough;eppure cento, e mila Dame, che si vestono alla Marlbo-rough, sono tutte [232] fra loro diversissime nel vestito.

Dopo la scoperta de’ palloni Mongolferiani si prepa-rano gli abiti a pallone, le scarpe a pallone, le faldiglie apallone, le maniche a pallone, le cuffie a pallone, le cap-

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pelline a pallone, il tutto a pallone. Non so che fortunaavranno. Or cercasi d’immortalare gli abiti alla turca adue colori per mezza gala, e gli abiti a camiscia per lu-singante famigliarità. Che scossa alla immaginazionenon devono fare mai queste bicolorite Sultane, questeSultane a mussolina increspata!

Gli uomini seguono la moda, che piace alle lor Dame.Hanno l’abito casereccio, l’abito di cerimonia, l’abito digala. L’abito di gala è per le etichette superficiali, l’abitodi cerimonia è per le nojose corrispondenze, l’abito fa-migliare è per le visite di confidenza.

Poco può la moda sulle maniere, e sul tratto. Dicesi,che ogni dieci anni al più si cambian grazie; dicesi, cheogni [233] Provincia ha le sue; dicesi, che in ogni paesehanno un carattere proprio, originale, eterno. Non si va-riano che gli accidenti.

I Provinciali corrono gran rischio quando vengonoalla Capitale. Vogliono farsi credere Parigini; si studiandi parerlo, e si fanno compatire. Al passo, al portamentodella vita, al gesto, al tono di voce, al riso, al viso, agliocchi si conosce chi non l’è.

Gli oltramontani ne corrono un maggiore. Lascio ildifetto di lingua, che è essenziale a’ forestieri, e su cuinon si fa caso se sapete animare con buone idee il di-scorso. Parlo unicamente della esterna loro apparenza.Si affidano per lo più ad un sarto; si abbandonano ad unCompatrioto speculativo, o pregiudicato; si lusingano,che la pettinatura, l’abito, le scarpette, le fibbie del pae-se possano farli diventar nazionali; ma i nazionali si ac-

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pelline a pallone, il tutto a pallone. Non so che fortunaavranno. Or cercasi d’immortalare gli abiti alla turca adue colori per mezza gala, e gli abiti a camiscia per lu-singante famigliarità. Che scossa alla immaginazionenon devono fare mai queste bicolorite Sultane, questeSultane a mussolina increspata!

Gli uomini seguono la moda, che piace alle lor Dame.Hanno l’abito casereccio, l’abito di cerimonia, l’abito digala. L’abito di gala è per le etichette superficiali, l’abitodi cerimonia è per le nojose corrispondenze, l’abito fa-migliare è per le visite di confidenza.

Poco può la moda sulle maniere, e sul tratto. Dicesi,che ogni dieci anni al più si cambian grazie; dicesi, cheogni [233] Provincia ha le sue; dicesi, che in ogni paesehanno un carattere proprio, originale, eterno. Non si va-riano che gli accidenti.

I Provinciali corrono gran rischio quando vengonoalla Capitale. Vogliono farsi credere Parigini; si studiandi parerlo, e si fanno compatire. Al passo, al portamentodella vita, al gesto, al tono di voce, al riso, al viso, agliocchi si conosce chi non l’è.

Gli oltramontani ne corrono un maggiore. Lascio ildifetto di lingua, che è essenziale a’ forestieri, e su cuinon si fa caso se sapete animare con buone idee il di-scorso. Parlo unicamente della esterna loro apparenza.Si affidano per lo più ad un sarto; si abbandonano ad unCompatrioto speculativo, o pregiudicato; si lusingano,che la pettinatura, l’abito, le scarpette, le fibbie del pae-se possano farli diventar nazionali; ma i nazionali si ac-

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corgono ben presto del contrario.Non vi sforzate, mi diceva una Dama [234] di merito;

poichè nè voi, nè verun Italiano non vi farete mai pren-dere per Parigini; c’insultate col tentar d’ingannarci;non abbiate vergogna di comparire quel, che siete; vesti-te, agite, come i Signori del vostro paese, nessuno se neoffenderà, nessuno ve ne farà carico: altrimenti, guai!

In oltre i Parigini non s’impacciano facilmente de’ fo-restieri; ma amano di vedergli, hanno per essi molta in-dulgenza, li riguardano come cosa sacra, sanno, che essionorano, ed arricchiscono la Capitale. Si faranno lecitaqualche burla ingegnosa contro un Provinciale, ma nonardiranno mica di toccare lo straniero, che non cerchi dinascondersi per tale.

Il Sig. Marchese D. Luigi (che la riverisce con ognidistinzione) conoscendo tutte queste regole del viverquì, corrisponde alla sua nascita illustre, alla fina suaeducazione, a’ suoi talenti; mischia a tempo la giulivitàal decoro; ed i suoi lumi, la sua modestia, la sua genero-sità [235] lo rendono a tutti caro.

Ma come c’entro io a ragionare sulle mode? Sono cu-rioso de’ fatti altrui, perchè mi studio di non trasandare imiei. Può intanto Vossignoria Illustrissima accertarsi dalfinquì detto, ch’io non sono Abbatin franzese, non portole azzurrognole pappardelle al collo, non affetto attilatu-ra, nè saltarelli per le strade, nè inchini a schimbescio,nè torcimenti amorosi; sono quel, che fui, sarò quel, chesarò. Ho vista nel Sig..... nel Sig..... nel Sig..... la mostraarlechinesca, che danno di se i Preti Italiani infrancesati.

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corgono ben presto del contrario.Non vi sforzate, mi diceva una Dama [234] di merito;

poichè nè voi, nè verun Italiano non vi farete mai pren-dere per Parigini; c’insultate col tentar d’ingannarci;non abbiate vergogna di comparire quel, che siete; vesti-te, agite, come i Signori del vostro paese, nessuno se neoffenderà, nessuno ve ne farà carico: altrimenti, guai!

In oltre i Parigini non s’impacciano facilmente de’ fo-restieri; ma amano di vedergli, hanno per essi molta in-dulgenza, li riguardano come cosa sacra, sanno, che essionorano, ed arricchiscono la Capitale. Si faranno lecitaqualche burla ingegnosa contro un Provinciale, ma nonardiranno mica di toccare lo straniero, che non cerchi dinascondersi per tale.

Il Sig. Marchese D. Luigi (che la riverisce con ognidistinzione) conoscendo tutte queste regole del viverquì, corrisponde alla sua nascita illustre, alla fina suaeducazione, a’ suoi talenti; mischia a tempo la giulivitàal decoro; ed i suoi lumi, la sua modestia, la sua genero-sità [235] lo rendono a tutti caro.

Ma come c’entro io a ragionare sulle mode? Sono cu-rioso de’ fatti altrui, perchè mi studio di non trasandare imiei. Può intanto Vossignoria Illustrissima accertarsi dalfinquì detto, ch’io non sono Abbatin franzese, non portole azzurrognole pappardelle al collo, non affetto attilatu-ra, nè saltarelli per le strade, nè inchini a schimbescio,nè torcimenti amorosi; sono quel, che fui, sarò quel, chesarò. Ho vista nel Sig..... nel Sig..... nel Sig..... la mostraarlechinesca, che danno di se i Preti Italiani infrancesati.

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Sono andato alla levata del Re, e della Real Corte, misono presentato a’ Ministri del Corpo Diplomatico, aDame di prim’ordine.... in abito corto a mantellina, esempre altrove in modesto Frack di colore pur modesto,come uso costì, ed a Como. Persone gravi mi hannoconsigliato di fare così; e sia verità, sia dolce inganno,non può andar meglio la faccenda. Se qualche [236] Si-gnore le volesse sostenere il contrario, potrebb’Ella far-mi grazia di rispondere, che non ardisco mai di entrarein casa altrui, se non in quell’abito, che mi permette ilPadrone di casa; che nelle funzioni di Chiesa facciosempre uso dell’abito talare; che quando vado altrove inabito corto, vado in privato; osservo l’incognito; e chealmeno contro questo incognito, contro questo in priva-to pare, che non si debba inveire.

Questa però non è commessione da darsi a Dama dispirito; la ritratto, l’annullo, la dichiaro opposta ad ogniEuropea galanteria. Mi prenderò piuttosto la libertà diriflettere così in quattr’occhi con Lei, che l’uniformitàdell’abito, forse contraria al sollazzevol costume, hagrandissima influenza in altri oggetti di rimarco. Levisiper un momento la uniformità nelle livree. Quel Signoreambizioso, che prima godeva sì vivamente nel farsi ac-compagnare da folto stuolo di servidori, si sentirà [237]poco a poco ammorzar la voglia di vedersegli attornonelle comparse; ed essi medesimi saranno meno impe-gnati a corteggiarlo. Levisi l’uniformità ne’ cappotti, ene’ cappucci alle confraternite; sarà finita in un punto lagara, e le liti di preminenza, e di onore, che le animava-

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Sono andato alla levata del Re, e della Real Corte, misono presentato a’ Ministri del Corpo Diplomatico, aDame di prim’ordine.... in abito corto a mantellina, esempre altrove in modesto Frack di colore pur modesto,come uso costì, ed a Como. Persone gravi mi hannoconsigliato di fare così; e sia verità, sia dolce inganno,non può andar meglio la faccenda. Se qualche [236] Si-gnore le volesse sostenere il contrario, potrebb’Ella far-mi grazia di rispondere, che non ardisco mai di entrarein casa altrui, se non in quell’abito, che mi permette ilPadrone di casa; che nelle funzioni di Chiesa facciosempre uso dell’abito talare; che quando vado altrove inabito corto, vado in privato; osservo l’incognito; e chealmeno contro questo incognito, contro questo in priva-to pare, che non si debba inveire.

Questa però non è commessione da darsi a Dama dispirito; la ritratto, l’annullo, la dichiaro opposta ad ogniEuropea galanteria. Mi prenderò piuttosto la libertà diriflettere così in quattr’occhi con Lei, che l’uniformitàdell’abito, forse contraria al sollazzevol costume, hagrandissima influenza in altri oggetti di rimarco. Levisiper un momento la uniformità nelle livree. Quel Signoreambizioso, che prima godeva sì vivamente nel farsi ac-compagnare da folto stuolo di servidori, si sentirà [237]poco a poco ammorzar la voglia di vedersegli attornonelle comparse; ed essi medesimi saranno meno impe-gnati a corteggiarlo. Levisi l’uniformità ne’ cappotti, ene’ cappucci alle confraternite; sarà finita in un punto lagara, e le liti di preminenza, e di onore, che le animava-

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no dapprima, e ’l folle impegno per l’eterna lor sussi-stenza. Levisi l’abito uniforme ai militari; scommetto,ch’essi perdono in un istante una porzione di coraggioper se, ed una di stima nel popolo.

Ciò avviene a dir breve, perchè l’abito uniforme rap-presenta, e produce per naturale associazione d’idee unapiù stretta cospirazione di pensieri, di mire, di progetti,che rende ciascuno più animoso, e perciò stesso più for-midabile.

Non senza ragione adunque anche i Corpi Religiosihanno voluto contrassegnare i loro membri con una fog-gia determinata, e propria di vestimento. Zeleranno così,e con maggior energia lo zelo delle [238] rispettive lorCase. Rideranno forse di questa riflessione gli idioti; maio non sono il primo a parlare in tal guisa. Altri lo feceroprima di me.

L’uniformità di abito negli Ecclesiastici è un affare diStato, dissemi un gran Ministro quì in Parigi, e se ben siguardi, egli è molto serio. Volete voi togliere di un solcolpo la maggior parte de’ disordini, che nascono, e chenascer possono nel Principato da diversi Corpi Ecclesia-stici, tanto Secolari, che Regolari? Permettete l’abitouniforme nelle funzioni sacre a mero titolo di aumentareil rispetto, ed abolite nel resto ogni specie d’abito priva-tivo; vestan tutti da savj, e modesti secolari, e la lor san-ta vita ci edificherà, non ci nuocerà la profana; Cosìegli.

Non aggiungerò un jota a tutto ciò per non uscire daiconfini di una discreta conversazione. Saprei dire delle

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no dapprima, e ’l folle impegno per l’eterna lor sussi-stenza. Levisi l’abito uniforme ai militari; scommetto,ch’essi perdono in un istante una porzione di coraggioper se, ed una di stima nel popolo.

Ciò avviene a dir breve, perchè l’abito uniforme rap-presenta, e produce per naturale associazione d’idee unapiù stretta cospirazione di pensieri, di mire, di progetti,che rende ciascuno più animoso, e perciò stesso più for-midabile.

Non senza ragione adunque anche i Corpi Religiosihanno voluto contrassegnare i loro membri con una fog-gia determinata, e propria di vestimento. Zeleranno così,e con maggior energia lo zelo delle [238] rispettive lorCase. Rideranno forse di questa riflessione gli idioti; maio non sono il primo a parlare in tal guisa. Altri lo feceroprima di me.

L’uniformità di abito negli Ecclesiastici è un affare diStato, dissemi un gran Ministro quì in Parigi, e se ben siguardi, egli è molto serio. Volete voi togliere di un solcolpo la maggior parte de’ disordini, che nascono, e chenascer possono nel Principato da diversi Corpi Ecclesia-stici, tanto Secolari, che Regolari? Permettete l’abitouniforme nelle funzioni sacre a mero titolo di aumentareil rispetto, ed abolite nel resto ogni specie d’abito priva-tivo; vestan tutti da savj, e modesti secolari, e la lor san-ta vita ci edificherà, non ci nuocerà la profana; Cosìegli.

Non aggiungerò un jota a tutto ciò per non uscire daiconfini di una discreta conversazione. Saprei dire delle

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cose assai più forti. Vossignoria Illustrissima scelgaquel, che più le aggrada, e se [239] così le aggrada, noniscelga nulla. La prego però a considerarmi sempre.

Parigi. 21. Agosto 1783.P. S. Domattina partiam per Londra

Suo Affezionatissimo Servitore. [240]

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cose assai più forti. Vossignoria Illustrissima scelgaquel, che più le aggrada, e se [239] così le aggrada, noniscelga nulla. La prego però a considerarmi sempre.

Parigi. 21. Agosto 1783.P. S. Domattina partiam per Londra

Suo Affezionatissimo Servitore. [240]

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XXV.All’Ornatissima Signora

GRIVET.PARIGI.

Passaggio a Calais; vista di Londra; suo Parco.__________________Ornatissima Signora.

ccole nuove del nostro viaggio. Da Parigi adAmiens in un giorno; da Amiens a Calais nel dì se-

guente; nel terzo a Dovre in ore sei; nel quarto perno-tammo a Canterbury per difetto delle poste; a’ 16. delcorrente con 10. ore di cammino, verso le cinque e mez-zo della sera entrammo in Londra, volammo al Parco,ed oggi finalmente ci troviam tranquilli, e ben [241] di-sposti nel ricco albergo di un’ottima Vedova Conformi-sta a Charing-Gross, Street Suffolk num. 28. Ma questoè scrivere da spedizioniere. Ritoccherò nel mio stile usa-to qualche più rimarchevole circostanza sul passaggio aCalais, sulla prima comparsa, che ci fecero Londra, ed isuoi d’intorni, e sulla scorsa da noi fatta al Parco.

E

Passaggio a Calais. Io mi credeva, che il tragitto del-la Manica col farmi oscillare alcuna fibra vergine delmio cervello sul non prima visto Oceano mi dovesse fis-sare, riscaldare, e forzarmi a cantare poetando sul vero ol’amenità di quel vasto elemento in calma, o l’orrore de’

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XXV.All’Ornatissima Signora

GRIVET.PARIGI.

Passaggio a Calais; vista di Londra; suo Parco.__________________Ornatissima Signora.

ccole nuove del nostro viaggio. Da Parigi adAmiens in un giorno; da Amiens a Calais nel dì se-

guente; nel terzo a Dovre in ore sei; nel quarto perno-tammo a Canterbury per difetto delle poste; a’ 16. delcorrente con 10. ore di cammino, verso le cinque e mez-zo della sera entrammo in Londra, volammo al Parco,ed oggi finalmente ci troviam tranquilli, e ben [241] di-sposti nel ricco albergo di un’ottima Vedova Conformi-sta a Charing-Gross, Street Suffolk num. 28. Ma questoè scrivere da spedizioniere. Ritoccherò nel mio stile usa-to qualche più rimarchevole circostanza sul passaggio aCalais, sulla prima comparsa, che ci fecero Londra, ed isuoi d’intorni, e sulla scorsa da noi fatta al Parco.

E

Passaggio a Calais. Io mi credeva, che il tragitto del-la Manica col farmi oscillare alcuna fibra vergine delmio cervello sul non prima visto Oceano mi dovesse fis-sare, riscaldare, e forzarmi a cantare poetando sul vero ol’amenità di quel vasto elemento in calma, o l’orrore de’

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suoi flutti irati, o qualche saggio eziandio di minacciosatempesta, da cui si scampi. Già mi applaudiva tra me eme della doviziosa raccolta d’idee nuove, che mi prepa-ravano le sponde occidentali di Europa, e sentiva un fre-mito impaziente, perchè il Paquebotto inglese non finis-se mai di salpare [242]. Ma oimè!, che al sortire dal por-to un improvviso, e forte sconvolgimento di stomaco, untumultuoso ringurgito della savorra più eletta, con cuimi era equilibrato il ventricolo, una nausea fastidiosa,che a riprese molteplici mi stringeva, e mettevami infortissimi deliquj, mi obbligarono a gettarmi nella came-ra di Poppa su di un letticino men lungo, e men largo dime, ed ivi prima prorompere in interrotti mugiti, ed indolenti lai, e poi restare immobile, peggio che un ballot-to inerte di Mercanzia, cogli occhi fissi ad una trave, ecollo spirito interamente svaporato. Che ridicola figuraavrò io fatto allora in faccia agli altri passaggieri, cheper altro si provaron tutti, chi più, chi meno, a dare di sestesso spettacolo! Ce la siamo perdonata a vicenda, e di-scesi nel battello a Dovre un’ora avanti l’alta marea, ab-biam preso lena dal Sig. Marièe, per continuare nel dìseguente il nostro viaggio. [243]

Prima vista di Londra e de’ suoi d’intorni. Questo fuoggetto particolare delle mie riflessioni. A quattro, e piùleghe da Londra deviammo alquanto dalla strada mae-stra per avere un saggio anticipato delle amene sue cam-pagne. Oh la bella sorpresa che è questa mai! L’occhioscorre di quà di là sopra infiniti riquadri di verdeggiantipraterie, cinte intorno da alberi fronzuti, nè si ferma fino

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suoi flutti irati, o qualche saggio eziandio di minacciosatempesta, da cui si scampi. Già mi applaudiva tra me eme della doviziosa raccolta d’idee nuove, che mi prepa-ravano le sponde occidentali di Europa, e sentiva un fre-mito impaziente, perchè il Paquebotto inglese non finis-se mai di salpare [242]. Ma oimè!, che al sortire dal por-to un improvviso, e forte sconvolgimento di stomaco, untumultuoso ringurgito della savorra più eletta, con cuimi era equilibrato il ventricolo, una nausea fastidiosa,che a riprese molteplici mi stringeva, e mettevami infortissimi deliquj, mi obbligarono a gettarmi nella came-ra di Poppa su di un letticino men lungo, e men largo dime, ed ivi prima prorompere in interrotti mugiti, ed indolenti lai, e poi restare immobile, peggio che un ballot-to inerte di Mercanzia, cogli occhi fissi ad una trave, ecollo spirito interamente svaporato. Che ridicola figuraavrò io fatto allora in faccia agli altri passaggieri, cheper altro si provaron tutti, chi più, chi meno, a dare di sestesso spettacolo! Ce la siamo perdonata a vicenda, e di-scesi nel battello a Dovre un’ora avanti l’alta marea, ab-biam preso lena dal Sig. Marièe, per continuare nel dìseguente il nostro viaggio. [243]

Prima vista di Londra e de’ suoi d’intorni. Questo fuoggetto particolare delle mie riflessioni. A quattro, e piùleghe da Londra deviammo alquanto dalla strada mae-stra per avere un saggio anticipato delle amene sue cam-pagne. Oh la bella sorpresa che è questa mai! L’occhioscorre di quà di là sopra infiniti riquadri di verdeggiantipraterie, cinte intorno da alberi fronzuti, nè si ferma fino

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ad urtare in immensa distanza col cielo. Sono forse que-sti i tanto vantati giardini inglesi, o non sanno forsegl’Inglesi disporre la terra a giardini? Tutta la strada èfiancheggiata da gradevoli casettine di campagna, allequali danno risalto gli orti, ed i rigagni di acque vive perl’innaffiamento. Mentre io mi pascolo al dolce incantodi questa nuova Tempe, eccoci a Londra mi gridaall’orecchio l’attento interprete, che ci accompagnava;eccoci a Londra. Mi scossi a questo nome augusto, el’infinito ammasso di tanti tetti, e di tante torri, [244]che mi si affacciarono in un punto solo allo sguardo, mispaventò quasi, e mi rese estatico per un tempo notabile.Mi pareva di vedere una carta incisa da maestra mano, elumeggiata ad arte nell’Ottica misteriosa del Signor deCharles. Ma via c’involano gli spumanti nostri destrieri,e divorando in men, ch’io il dissi, il sobborgo immensodi S. Tommaso, ed il vaghissimo London-Bridge sulmaestoso Tamigi, ci recano nell’ampia, ed ariosa contra-da di S. Paolo, ch’io presi dapprima per una galleria diarmadj a specchio, entro i quali si racchiudessero le cosepiù preziose del Regno. Il bagliore de’ lucidi cristalli,l’armonia del disegno di quelle botteghe, la dovizia del-le merci d’ogni maniera ivi esposte, tutto in somma ilcomplesso di quel, che dico, e di quel, che non dico, ser-vì non poco a dilatarmi il cuore. Quante volte Madami-gella Merelle avrebbe pronunziato con enfasi il suo sa-poroso charmant! [245]

Parco. Smontati appena al primo albergo, e congeda-to l’interprete, ed i postiglioni, trovammo tempo di re-

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ad urtare in immensa distanza col cielo. Sono forse que-sti i tanto vantati giardini inglesi, o non sanno forsegl’Inglesi disporre la terra a giardini? Tutta la strada èfiancheggiata da gradevoli casettine di campagna, allequali danno risalto gli orti, ed i rigagni di acque vive perl’innaffiamento. Mentre io mi pascolo al dolce incantodi questa nuova Tempe, eccoci a Londra mi gridaall’orecchio l’attento interprete, che ci accompagnava;eccoci a Londra. Mi scossi a questo nome augusto, el’infinito ammasso di tanti tetti, e di tante torri, [244]che mi si affacciarono in un punto solo allo sguardo, mispaventò quasi, e mi rese estatico per un tempo notabile.Mi pareva di vedere una carta incisa da maestra mano, elumeggiata ad arte nell’Ottica misteriosa del Signor deCharles. Ma via c’involano gli spumanti nostri destrieri,e divorando in men, ch’io il dissi, il sobborgo immensodi S. Tommaso, ed il vaghissimo London-Bridge sulmaestoso Tamigi, ci recano nell’ampia, ed ariosa contra-da di S. Paolo, ch’io presi dapprima per una galleria diarmadj a specchio, entro i quali si racchiudessero le cosepiù preziose del Regno. Il bagliore de’ lucidi cristalli,l’armonia del disegno di quelle botteghe, la dovizia del-le merci d’ogni maniera ivi esposte, tutto in somma ilcomplesso di quel, che dico, e di quel, che non dico, ser-vì non poco a dilatarmi il cuore. Quante volte Madami-gella Merelle avrebbe pronunziato con enfasi il suo sa-poroso charmant! [245]

Parco. Smontati appena al primo albergo, e congeda-to l’interprete, ed i postiglioni, trovammo tempo di re-

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carci al Parco, che è la Tuillierie di Londra. Ma oh can-giamenti improvvisi delle umane cose! Dove sono glialberi annosi, e le arcate verdi, ed i ramosi portici, ed iviali scompartiti, e le lontananze de’ placidi Elisj? Vi sitrova in vece un nudo prato a lunghe file di piante scar-missime, un’acqua morta in mezzo, ed un tal quale casa-mento a fronte, che dicesi Palazzo del Re. Dove sono leseggiole a doppio, a triplo ordine, le signorine, le dame,le figlie, le pettegole, tutte messe in simmetria di passo,di portamento, di sorrisi, di occhiate, di accordi, d’inviti,che vi fermano, che vi scaldano, che vi debellano colfarvi credere vincitori? Se dovessi descrivere le Elegan-ti del Parco aumenterei le dipinture sguajate degli inge-gnosi Fiaminghi. N. quì lusinga gli occhi. Contuttociònon posso ancora giudicarne a [246] fondo, e vedremose sia vero, che le Parigine vincono in vezzi le Inglesi,quanto ne restan vinte dalla vivezza di sangue, e dallefattezze.

Madama, ho scritto molto finquì, non tanto per dirlemolte buone cose, che ben vedo di non averne detta al-cuna, che meritasse tanta prolissità, quanto per trattener-mi lungo tempo con Lei. Ella da lontano fa sopra di menon minore effetto, che da vicino. L’immaginazione miconcentra in ciascun istante tutto ciò, ch’io aveva il benedi ammirare di pregevole in lei per intere giornate. Ca-rattere fermo, previdenze dilicate, forza d’eloquio, origi-nalità di progetti gai, occhiate scintillanti, confidenzemisurate, garbo costante, tutta ordine, tutta sistema, tuttacuore, tutta sensibilità. Sento la forza, che a lei mi deter-

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carci al Parco, che è la Tuillierie di Londra. Ma oh can-giamenti improvvisi delle umane cose! Dove sono glialberi annosi, e le arcate verdi, ed i ramosi portici, ed iviali scompartiti, e le lontananze de’ placidi Elisj? Vi sitrova in vece un nudo prato a lunghe file di piante scar-missime, un’acqua morta in mezzo, ed un tal quale casa-mento a fronte, che dicesi Palazzo del Re. Dove sono leseggiole a doppio, a triplo ordine, le signorine, le dame,le figlie, le pettegole, tutte messe in simmetria di passo,di portamento, di sorrisi, di occhiate, di accordi, d’inviti,che vi fermano, che vi scaldano, che vi debellano colfarvi credere vincitori? Se dovessi descrivere le Elegan-ti del Parco aumenterei le dipinture sguajate degli inge-gnosi Fiaminghi. N. quì lusinga gli occhi. Contuttociònon posso ancora giudicarne a [246] fondo, e vedremose sia vero, che le Parigine vincono in vezzi le Inglesi,quanto ne restan vinte dalla vivezza di sangue, e dallefattezze.

Madama, ho scritto molto finquì, non tanto per dirlemolte buone cose, che ben vedo di non averne detta al-cuna, che meritasse tanta prolissità, quanto per trattener-mi lungo tempo con Lei. Ella da lontano fa sopra di menon minore effetto, che da vicino. L’immaginazione miconcentra in ciascun istante tutto ciò, ch’io aveva il benedi ammirare di pregevole in lei per intere giornate. Ca-rattere fermo, previdenze dilicate, forza d’eloquio, origi-nalità di progetti gai, occhiate scintillanti, confidenzemisurate, garbo costante, tutta ordine, tutta sistema, tuttacuore, tutta sensibilità. Sento la forza, che a lei mi deter-

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mina. Vorrei però, che tutte le donne di merito possedes-sero l’arte fina di lei di non farsi amare come femmine.Ma [247] ciò forse non avverrà, siccome non adivennegiammai. Negli uomini il più spesso domina l’animalità,e nelle donne ordinariamente non domina lo spirito.Qualunque cosa sia del vantato Platonicismo, certo sem-bra avere pochi seguaci. Io sono, e sarò sempre.

Di Lei, Madama rispettabile,Londra. 30. Agosto 1783.

Ammiratore Sincero,ed Affezionatissimo Amico. [248]

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mina. Vorrei però, che tutte le donne di merito possedes-sero l’arte fina di lei di non farsi amare come femmine.Ma [247] ciò forse non avverrà, siccome non adivennegiammai. Negli uomini il più spesso domina l’animalità,e nelle donne ordinariamente non domina lo spirito.Qualunque cosa sia del vantato Platonicismo, certo sem-bra avere pochi seguaci. Io sono, e sarò sempre.

Di Lei, Madama rispettabile,Londra. 30. Agosto 1783.

Ammiratore Sincero,ed Affezionatissimo Amico. [248]

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XXVI.Alla Stessa.

Lettera di replica alla Signora Grivet.__________________

Signora mia Stimatissima.arò io dunque reo delle soavi impressioni che Vossi-gnoria Carissima fece sopra di me nel mio soggior-

no in Parigi? Una tal reità sarebbe comune al Conte N.N., al Cavaliere N. N....., ed a quanti la conoscono, e perciò stesso saremmo tutti innocenti. Avrò io forse merita-to il suo sdegno nell’avergliele manifestate per lettera?La sua virtù, e il mio dovere mi proibirono di farlo in al-tra guisa, e da quel, che ho scritto, sembrami di esserestato io pure virtuoso. [249] Non si nascondi, non mitravisi; troverà che ho parlato di lei, e che ho detto mo-destamente il vero.

S

Mi trovo anzi in caso di dirle ora assai più; perchè quìin Londra sono affatto vedovo di geniali oneste amici-zie; non ho altro confronto, che la rimembranza dellesue passate, tento ogni via per richiamare in me i piace-voli momenti passati in Parigi. Oh donne inglesi! non socon qual nome chiamarvi, nè a che paragonarvi mai.Agli abbigliamenti, al passo ci promettono molto; la fre-schezza delle naturali lor tinte annunzia la più perfettasanità; il maestrevol giuoco delle cappelline variamente

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XXVI.Alla Stessa.

Lettera di replica alla Signora Grivet.__________________

Signora mia Stimatissima.arò io dunque reo delle soavi impressioni che Vossi-gnoria Carissima fece sopra di me nel mio soggior-

no in Parigi? Una tal reità sarebbe comune al Conte N.N., al Cavaliere N. N....., ed a quanti la conoscono, e perciò stesso saremmo tutti innocenti. Avrò io forse merita-to il suo sdegno nell’avergliele manifestate per lettera?La sua virtù, e il mio dovere mi proibirono di farlo in al-tra guisa, e da quel, che ho scritto, sembrami di esserestato io pure virtuoso. [249] Non si nascondi, non mitravisi; troverà che ho parlato di lei, e che ho detto mo-destamente il vero.

S

Mi trovo anzi in caso di dirle ora assai più; perchè quìin Londra sono affatto vedovo di geniali oneste amici-zie; non ho altro confronto, che la rimembranza dellesue passate, tento ogni via per richiamare in me i piace-voli momenti passati in Parigi. Oh donne inglesi! non socon qual nome chiamarvi, nè a che paragonarvi mai.Agli abbigliamenti, al passo ci promettono molto; la fre-schezza delle naturali lor tinte annunzia la più perfettasanità; il maestrevol giuoco delle cappelline variamente

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inclinate loro dà un’aria di maggiore vivacità; e i fiori, ei nastri, e i veli, che svolazzan sul capo, fissano losguardo mobile de’ passaggieri. Le giovani zitelle sisforzano di brillare a gara con una smingola, ed elegantecorporatura, e s’imprigionano, e si stivano entro fusella-ti corsaletti per parere più svelte. Marcian [250] leste, sidimenano, si affrettano, vi urtano talvolta, vi guatano, vimirano, vi sembran tutte socievolissime; ma se vi acco-state, se animate un po’ più il discorso, se stendendo lamano vi esibite ad accompagnarle in qualche difficiletragitto, si ritirano, vi schivano, e vi brontolan trai dentiparole di ripulsa, che vi mettono a capo chino.

Non vi sarebbe altro mezzo per un forastiere, che nondovesse lungamente soggiornare Londra, che buttarsi apersone di inferior rango, e di vita libera. Ridondanoesse per ogni dove, e a tutte le strade di Londra potrebbedarsi il nome di Saint Honoré; ve ne sono d’ogni ora,d’ogni età, d’ogni sesto, e in tanta copia, che vi formanoforse la decima parte della popolazion totale. Ma questeVeneri del trivio sono da fuggirsi. Amisi la sensibilità,non si ami il senso: questa è la gran massima, che cifece ragionare entrambi in tante occasioni. [251]

Finisco, Madame. Se non temessi uno sgorbio spia-cente, cancellerei qualche cosa, che la fretta mi ha fattouscir di penna.

Ella mi creda di cuore.Londra 27. Settembre 1783.

Tutto Suo Affezionatissimo. [252]

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inclinate loro dà un’aria di maggiore vivacità; e i fiori, ei nastri, e i veli, che svolazzan sul capo, fissano losguardo mobile de’ passaggieri. Le giovani zitelle sisforzano di brillare a gara con una smingola, ed elegantecorporatura, e s’imprigionano, e si stivano entro fusella-ti corsaletti per parere più svelte. Marcian [250] leste, sidimenano, si affrettano, vi urtano talvolta, vi guatano, vimirano, vi sembran tutte socievolissime; ma se vi acco-state, se animate un po’ più il discorso, se stendendo lamano vi esibite ad accompagnarle in qualche difficiletragitto, si ritirano, vi schivano, e vi brontolan trai dentiparole di ripulsa, che vi mettono a capo chino.

Non vi sarebbe altro mezzo per un forastiere, che nondovesse lungamente soggiornare Londra, che buttarsi apersone di inferior rango, e di vita libera. Ridondanoesse per ogni dove, e a tutte le strade di Londra potrebbedarsi il nome di Saint Honoré; ve ne sono d’ogni ora,d’ogni età, d’ogni sesto, e in tanta copia, che vi formanoforse la decima parte della popolazion totale. Ma questeVeneri del trivio sono da fuggirsi. Amisi la sensibilità,non si ami il senso: questa è la gran massima, che cifece ragionare entrambi in tante occasioni. [251]

Finisco, Madame. Se non temessi uno sgorbio spia-cente, cancellerei qualche cosa, che la fretta mi ha fattouscir di penna.

Ella mi creda di cuore.Londra 27. Settembre 1783.

Tutto Suo Affezionatissimo. [252]

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XXVII.All’Illustrissimo Sig. Marchese

D. GASPARE BELCREDIRegio Professore.

PAVIA.Città, e cittadini di Londra.__________________Illustrissimo Signore.

n settanta leghe di distanza, quante se ne contano daParigi a Calais: anzi in dugento cinquanta cinque le-

ghe, quante se ne contano da Torino a Calais: più anco-ra, in dugento settanta leghe, quante se ne contano daMilano a Calais (Géographie Manuele de M. ExpillyPary. 1777. fissa egli tre mila passi geometrici ad ognilega) non si trova tanta diversità di [253] maniere, di ge-nio, di lingua, di ogni cosa, quanta se ne trova con settesole leghe di tragitto in Mare da Calais a Dovre. Non soneppure se ve ne sia una pari tra i dugento milioni d’abi-tatori della Cina, e l’ormai deserta Tartaria, da cui ardi-rono già separarsi con eterne sustruzioni di monti, e dimura pel lungo tratto di cinquecento e più leghe. Questoè per me uno strano fenomeno, che per ammetterlo con-vien vederlo, e non basta per intenderlo nè la teoria del-le curve, nè la continuità di azione nelle potenze fisiche

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XXVII.All’Illustrissimo Sig. Marchese

D. GASPARE BELCREDIRegio Professore.

PAVIA.Città, e cittadini di Londra.__________________Illustrissimo Signore.

n settanta leghe di distanza, quante se ne contano daParigi a Calais: anzi in dugento cinquanta cinque le-

ghe, quante se ne contano da Torino a Calais: più anco-ra, in dugento settanta leghe, quante se ne contano daMilano a Calais (Géographie Manuele de M. ExpillyPary. 1777. fissa egli tre mila passi geometrici ad ognilega) non si trova tanta diversità di [253] maniere, di ge-nio, di lingua, di ogni cosa, quanta se ne trova con settesole leghe di tragitto in Mare da Calais a Dovre. Non soneppure se ve ne sia una pari tra i dugento milioni d’abi-tatori della Cina, e l’ormai deserta Tartaria, da cui ardi-rono già separarsi con eterne sustruzioni di monti, e dimura pel lungo tratto di cinquecento e più leghe. Questoè per me uno strano fenomeno, che per ammetterlo con-vien vederlo, e non basta per intenderlo nè la teoria del-le curve, nè la continuità di azione nelle potenze fisiche

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e morali. Dovremo noi forse prenderne la spiegazioneab ovo, e viaggiare di trotto dai punti inestesi della uni-versale creazione fino a nostri dì? Non è più di moda, Il-lustrissimo Signor Marchese, il forzar le cose da tantosublimi principj, e fia meglio credere bonamente, chequi si dia un salto preternaturale. Sì, vi ha un salto oltrenatura fra i Dovriesi, e Noi, tra gl’Inglesi, e Noi, e giu-dico gl’Inglesi [254] uniformi tra se, anche perchè inventi leghe di terra, che tante sono da Dovre a Londra,non mi sono accorto di sensibile cambiamento.

Io dunque in Londra sto nel centro della Inglese origi-nalità, e grandezza; sto alla sorgente vivificatrice delledue Britannie. Non sono uscito dalle sue vicinanze,Chelsea, Kensington, Richmont, Greenwich, Woolwich,Hampstead, che sono veramente sorprendenti; non faròil più sorprendente giro dell’Isola, a cui per altro mi falargo adito la generosità illimitata del Signor MarcheseD. Luigi Malaspina; lascio volentieri, ch’egli coll’avve-duto, e colto Sig. Marchese Mossi si rechi con tutto co-modo a Kiou, a Vindfor, a Werbridge, a Chiswich, aHampton, a Sowe, a Blenheim, a Ditehley, a Nuneham,ad Oxford, a Bath, a Portsmouth, per avere un’idea per-fetta delle campagne, delle arti, e delle munificenze diquest’unica nazione. Io in tre mesi di [255] tempo, opoco più non posso far tante cose, volendole far bene;amo di conoscere gli oggetti a fondo, non di conoscernemolti; amo ancora di godere: vedere, e godere è vedereda uomo.

Ma che ho visto mai fino al presente, vedendo Lon-

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e morali. Dovremo noi forse prenderne la spiegazioneab ovo, e viaggiare di trotto dai punti inestesi della uni-versale creazione fino a nostri dì? Non è più di moda, Il-lustrissimo Signor Marchese, il forzar le cose da tantosublimi principj, e fia meglio credere bonamente, chequi si dia un salto preternaturale. Sì, vi ha un salto oltrenatura fra i Dovriesi, e Noi, tra gl’Inglesi, e Noi, e giu-dico gl’Inglesi [254] uniformi tra se, anche perchè inventi leghe di terra, che tante sono da Dovre a Londra,non mi sono accorto di sensibile cambiamento.

Io dunque in Londra sto nel centro della Inglese origi-nalità, e grandezza; sto alla sorgente vivificatrice delledue Britannie. Non sono uscito dalle sue vicinanze,Chelsea, Kensington, Richmont, Greenwich, Woolwich,Hampstead, che sono veramente sorprendenti; non faròil più sorprendente giro dell’Isola, a cui per altro mi falargo adito la generosità illimitata del Signor MarcheseD. Luigi Malaspina; lascio volentieri, ch’egli coll’avve-duto, e colto Sig. Marchese Mossi si rechi con tutto co-modo a Kiou, a Vindfor, a Werbridge, a Chiswich, aHampton, a Sowe, a Blenheim, a Ditehley, a Nuneham,ad Oxford, a Bath, a Portsmouth, per avere un’idea per-fetta delle campagne, delle arti, e delle munificenze diquest’unica nazione. Io in tre mesi di [255] tempo, opoco più non posso far tante cose, volendole far bene;amo di conoscere gli oggetti a fondo, non di conoscernemolti; amo ancora di godere: vedere, e godere è vedereda uomo.

Ma che ho visto mai fino al presente, vedendo Lon-

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dra? Ho vista una Città, che sul dolce pendìo di amenacollina alle sponde del maestoso Tamigi, ha la minor suaparte, eretta già da Enrico VIII. in Vescovado col nomedi Città, o Libertà di Westminster, assai più ampia, edestesa di Parigi: una Città, che compreso Westminster, el’altra parte residua col proprio, e solitario nome di Cit-tà, è larga più di tre miglia, e lunga otto; che è distinta innon meno di cento trentacinque Parrocchie con più dicento cinquanta tra Chiese, e Cappelle pubbliche, tra lequali primeggia la Collegiata maestosa di S. Pietro inWestminster, e più ancora la superba Cattedrale di S.Paolo in Città; che ha tredici spedali, cento alberghi[256] pe’ poveri, ventisette prigioni pubbliche, otto Se-minarj vastissimi di educazione; tre grandissimi Collegidi studio, quindici Collegi di Avvocati, diciotto granmercati di vettovaglie, trenta mercati misti, quattro teatrioltre il Pantheon, ed infinite altre sale di musica, e dipopolari divertimenti, ventisette Piazze quadre ornate disuperbe fabbriche, ed anche di gigantesche equestri sta-tue, tre grandi Ponti London-Bridge, Blak Fryars-Brid-ge, e Westminster Bridge, tanto superiori a quello diNeulli, un immenso Palazzo di Città, due Palazzi Vesco-vili, due Palazzi Reali; sessanta fondachi di mestieri, edarti, la borsa delle granaglie, unica in Europa, la BorsaReale, unica al Mondo, la gran Dogana de’ due Emisfe-ri, otto mila strade, alcune delle quali sono lunghe un in-tero miglio, come Halborn-street, ed altre più di tre mi-glia, Oxford-street, di quà, di là fiancheggiate da sentieriin pietra viva di dodici, e più piedi di larghezza, ed

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dra? Ho vista una Città, che sul dolce pendìo di amenacollina alle sponde del maestoso Tamigi, ha la minor suaparte, eretta già da Enrico VIII. in Vescovado col nomedi Città, o Libertà di Westminster, assai più ampia, edestesa di Parigi: una Città, che compreso Westminster, el’altra parte residua col proprio, e solitario nome di Cit-tà, è larga più di tre miglia, e lunga otto; che è distinta innon meno di cento trentacinque Parrocchie con più dicento cinquanta tra Chiese, e Cappelle pubbliche, tra lequali primeggia la Collegiata maestosa di S. Pietro inWestminster, e più ancora la superba Cattedrale di S.Paolo in Città; che ha tredici spedali, cento alberghi[256] pe’ poveri, ventisette prigioni pubbliche, otto Se-minarj vastissimi di educazione; tre grandissimi Collegidi studio, quindici Collegi di Avvocati, diciotto granmercati di vettovaglie, trenta mercati misti, quattro teatrioltre il Pantheon, ed infinite altre sale di musica, e dipopolari divertimenti, ventisette Piazze quadre ornate disuperbe fabbriche, ed anche di gigantesche equestri sta-tue, tre grandi Ponti London-Bridge, Blak Fryars-Brid-ge, e Westminster Bridge, tanto superiori a quello diNeulli, un immenso Palazzo di Città, due Palazzi Vesco-vili, due Palazzi Reali; sessanta fondachi di mestieri, edarti, la borsa delle granaglie, unica in Europa, la BorsaReale, unica al Mondo, la gran Dogana de’ due Emisfe-ri, otto mila strade, alcune delle quali sono lunghe un in-tero miglio, come Halborn-street, ed altre più di tre mi-glia, Oxford-street, di quà, di là fiancheggiate da sentieriin pietra viva di dodici, e più piedi di larghezza, ed

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[257] illuminate la notte non da sfacciati riverberi, mada spesse lucerne pacifiche, e lusinghiere, finalmentecento ottanta mila case, che a cinque sole persone perciascuna danno novecento mila abitanti per la intera suapopolazione. Questa è Londra in iscorcio. ImmaginiElla quante cose io m’abbia ommesse per brevità, equante ne ho indicate solamente, che meriterebbero diessere descritte, e poi mi dica se nominar si possaqualch’altra Città, che regga al paragone.

Ma un filosofo contempla più volentieri gli uomini,che non le diverse combinazioni di cemento, e sassi; gliservono quelle al più come di lanterne accese nel bujoper rintracciarne gli artefici.

La legislazione Inglese meriterebbe un volume di en-comj; la dicono più perfetta delle altre, o la meno imper-fetta. Primo. Il Re, la Camera alta di 170. Pari, 24. Ve-scovi, due Arcivescovi di Canturbery, e di York con altriConti, e Signori, e [258] la Camera bassa di 158 membriinviati al Parlamento dalle varie Provincie dell’Isola go-vernano la nazione. Secondo. Il Lord-Maire unito, escelto dal gran Consiglio di ventisei giudici rispettiva-mente nominati da 26. distretti della Città governa laCittà medesima. Vi sono leggi de’ Lord-Maire tenute invigore da quattro secoli, e più. Terzo. Il Gran Maestro, ilGran Balio, il Gran Contestabile, eletti, ed approvati dalCapitolo della Collegiata di S. Pietro, co’ loro subalter-ni, Balii, e Contestabili governano la libertà di Westmin-ster, che si estende fino a Temple Bar. Quarto. Quattor-dici Cittadini illustri, cioè sette per la Città, e sette per

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[257] illuminate la notte non da sfacciati riverberi, mada spesse lucerne pacifiche, e lusinghiere, finalmentecento ottanta mila case, che a cinque sole persone perciascuna danno novecento mila abitanti per la intera suapopolazione. Questa è Londra in iscorcio. ImmaginiElla quante cose io m’abbia ommesse per brevità, equante ne ho indicate solamente, che meriterebbero diessere descritte, e poi mi dica se nominar si possaqualch’altra Città, che regga al paragone.

Ma un filosofo contempla più volentieri gli uomini,che non le diverse combinazioni di cemento, e sassi; gliservono quelle al più come di lanterne accese nel bujoper rintracciarne gli artefici.

La legislazione Inglese meriterebbe un volume di en-comj; la dicono più perfetta delle altre, o la meno imper-fetta. Primo. Il Re, la Camera alta di 170. Pari, 24. Ve-scovi, due Arcivescovi di Canturbery, e di York con altriConti, e Signori, e [258] la Camera bassa di 158 membriinviati al Parlamento dalle varie Provincie dell’Isola go-vernano la nazione. Secondo. Il Lord-Maire unito, escelto dal gran Consiglio di ventisei giudici rispettiva-mente nominati da 26. distretti della Città governa laCittà medesima. Vi sono leggi de’ Lord-Maire tenute invigore da quattro secoli, e più. Terzo. Il Gran Maestro, ilGran Balio, il Gran Contestabile, eletti, ed approvati dalCapitolo della Collegiata di S. Pietro, co’ loro subalter-ni, Balii, e Contestabili governano la libertà di Westmin-ster, che si estende fino a Temple Bar. Quarto. Quattor-dici Cittadini illustri, cioè sette per la Città, e sette per

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Westminster, con un collega per ciascuno formano uncorpo subalterno di giudicatura in certe cause determi-nate per tutta Londra. Quinto. Ogni Corpo, ogni Compa-gnia di Artieri, di commercio.... ha i suoi sopraintenden-ti pel primo incamminamento de’ giuridici affari. A ca-gion [259] d’esempio la Banca d’Inghilterra ha un Go-vernatore, e ventiquattro Direttori.

Pel Commercio, ed Arti. La Compagnia delle Indie, ela Compagnia del Sud formano un Emporio inconsonti-bile d’ogni derrata, e portano a Londra l’abbondanza.Sessantadue Compagnie di Mercanti suddividono nelpopolo i vantaggi del traffico; dodici di queste, cioè iMerciajoli, Droghieri, Pannajuoli, Pesciajuoli, Orafi,Pelliccieri, Tagliatori, Cappellaj, Chincaglieri, Mercantidi Sale, Mercanti di Vino, Mercanti di Stoffe d’oro, e diseta sono le più privilegiate. Il Lord-Maire deve farsimembro di alcuna di queste dodici; anzi molti Re ne’tempi andati vollero esservi ascritti per onore.

Per le scienze, ed educazione. Oltre le Scuole, e Col-legi sopraindicati, ed oltre insigni stabilimenti per laeducazione delle figlie col titolo di Academie desLady..., di che non si può parlare in breve senza [260]farle scomparire, vi ha il famoso Museum Britannicumcon una immensa Biblioteca, con un superbo Gabinettodi Storia Naturale, con uno squisito medagliere. La so-cietà Reale, fondata da Carlo II. nel 1663., fa le sue re-golari residenze al Giovedì in Strand, ed è formata daun Presidente, da 20. Consiglieri, e da 170. membri;possiede una Biblioteca di soli quattro mila volumi, ma

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Westminster, con un collega per ciascuno formano uncorpo subalterno di giudicatura in certe cause determi-nate per tutta Londra. Quinto. Ogni Corpo, ogni Compa-gnia di Artieri, di commercio.... ha i suoi sopraintenden-ti pel primo incamminamento de’ giuridici affari. A ca-gion [259] d’esempio la Banca d’Inghilterra ha un Go-vernatore, e ventiquattro Direttori.

Pel Commercio, ed Arti. La Compagnia delle Indie, ela Compagnia del Sud formano un Emporio inconsonti-bile d’ogni derrata, e portano a Londra l’abbondanza.Sessantadue Compagnie di Mercanti suddividono nelpopolo i vantaggi del traffico; dodici di queste, cioè iMerciajoli, Droghieri, Pannajuoli, Pesciajuoli, Orafi,Pelliccieri, Tagliatori, Cappellaj, Chincaglieri, Mercantidi Sale, Mercanti di Vino, Mercanti di Stoffe d’oro, e diseta sono le più privilegiate. Il Lord-Maire deve farsimembro di alcuna di queste dodici; anzi molti Re ne’tempi andati vollero esservi ascritti per onore.

Per le scienze, ed educazione. Oltre le Scuole, e Col-legi sopraindicati, ed oltre insigni stabilimenti per laeducazione delle figlie col titolo di Academie desLady..., di che non si può parlare in breve senza [260]farle scomparire, vi ha il famoso Museum Britannicumcon una immensa Biblioteca, con un superbo Gabinettodi Storia Naturale, con uno squisito medagliere. La so-cietà Reale, fondata da Carlo II. nel 1663., fa le sue re-golari residenze al Giovedì in Strand, ed è formata daun Presidente, da 20. Consiglieri, e da 170. membri;possiede una Biblioteca di soli quattro mila volumi, ma

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scelti, ed una raccolta rispettabile di Storia Naturale. So-novi molti osservatorj in Londra, e ne’ dintorni; il prin-cipale è quello di Greenwich. Lascio le Università diOxford, e di Cambrige, che vanno or ora a mettersi inmaggior fiore; lascio la musica, e la nautica, e l’architet-tura portata al sommo. Per quest’ultima potrei quì recareuna lista copiosa di stupendi Palazzi in Londra, e fuori,a colonnati, a giardini, a sotterranei impareggiabili; mabasti il Vitruvius Britannicus, in cui la Grecia, e Ronatroverebbero che invidiare a questa [261] nobile rivale;e per saggio del sublime, a cui gl’Inglesi hanno portatele arti utili in Londra istessa, si rifletta solamente allagran fabbrica di Birra ad un quarto di miglio dal pontedi Londra, alla tromba a fuoco per somministrare acquaalla Città, ed al canale costosissimo, che per oggetto si-mile il Cavaliere Middleton ha fatto costruire a sue spe-se. Questo canale è lungo cento cinquanta miglia, largosei piedi, e profondo dodici, è fabbricato in sodi matto-ni, e giù scendendo per la Contea d’Herford pressoWare, dove prende l’origine, fino a Londra ha ottocentoPonti di comunicazione, colle strade maestre, che egliva incrocicchiando. Pensiere ardito! eppure servì di mo-dello ad altri assai, che sbalordiscono giustamente i fo-restieri.

Una nazione sottomessa ad un sistema di giudicare sìbene inteso, nodrita con tanta profusione, istruita contanti mezzi, scossa con tanto illustri esempli, [262] esserdeve una nazione di saggi, una nazione di Eroi, una na-zione di uomini dissimili dagli altri uomini.

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scelti, ed una raccolta rispettabile di Storia Naturale. So-novi molti osservatorj in Londra, e ne’ dintorni; il prin-cipale è quello di Greenwich. Lascio le Università diOxford, e di Cambrige, che vanno or ora a mettersi inmaggior fiore; lascio la musica, e la nautica, e l’architet-tura portata al sommo. Per quest’ultima potrei quì recareuna lista copiosa di stupendi Palazzi in Londra, e fuori,a colonnati, a giardini, a sotterranei impareggiabili; mabasti il Vitruvius Britannicus, in cui la Grecia, e Ronatroverebbero che invidiare a questa [261] nobile rivale;e per saggio del sublime, a cui gl’Inglesi hanno portatele arti utili in Londra istessa, si rifletta solamente allagran fabbrica di Birra ad un quarto di miglio dal pontedi Londra, alla tromba a fuoco per somministrare acquaalla Città, ed al canale costosissimo, che per oggetto si-mile il Cavaliere Middleton ha fatto costruire a sue spe-se. Questo canale è lungo cento cinquanta miglia, largosei piedi, e profondo dodici, è fabbricato in sodi matto-ni, e giù scendendo per la Contea d’Herford pressoWare, dove prende l’origine, fino a Londra ha ottocentoPonti di comunicazione, colle strade maestre, che egliva incrocicchiando. Pensiere ardito! eppure servì di mo-dello ad altri assai, che sbalordiscono giustamente i fo-restieri.

Una nazione sottomessa ad un sistema di giudicare sìbene inteso, nodrita con tanta profusione, istruita contanti mezzi, scossa con tanto illustri esempli, [262] esserdeve una nazione di saggi, una nazione di Eroi, una na-zione di uomini dissimili dagli altri uomini.

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In fatti l’Inglese pensa molto, e parla poco; le sue pa-role sono sempre il risultato di molte riflessioni; sa deci-dersi da se, sa consultare a tempo; virtuoso per massi-ma, per abito, per pratica teme il disonore più, che nonami la gloria, e per la gloria onorata sagrifica tutto sestesso; generoso, leale, capace sempre di una grandeazione non manca nè a’ suoi doveri, nè alla aspettazionealtrui.

Cogli altri non conosce la futile cerimonia, si previe-ne contro chi la usa, non misura l’uomo dall’ariadell’uomo, non misura il merito dai titoli, odia l’impo-stura, dà bando alla ciarlataneria; è un po’ sospettoso pernon esser corrivo, vi esamina molto, vi si affida a stento,e quando si abbandona a voi, è veramente vostro; non falega che cogli amici; i suoi amici son sempre pochi, lasua amicizia [263] è durevole, eterna, perchè fondatasulla mente, e sul cuore. Una debolezza umana non faun vizioso; quindi è, che l’Inglese compatisce i delin-quenti sulle prime, ma guai se vi ricadono!

Negli affari si procede con regola. Prima i pubblici,poi i privati; e tra i privati, prima i proprj, e poi gli al-trui; le sole circostanze più o men gravi possono cam-biar per poco quest’ordine naturale; prima il suo dovere,e poi il suo piacere.

Gl’Inglesi, che non sono di questa tempera, non sonoInglesi, sono aborti di natura, sono eccezioni alla regola,ma sono pochi.

Questo triplice carattere degl’Inglesi con se, cogli al-tri, co’ proprj affari produce due effetti contrarj nel fore-

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In fatti l’Inglese pensa molto, e parla poco; le sue pa-role sono sempre il risultato di molte riflessioni; sa deci-dersi da se, sa consultare a tempo; virtuoso per massi-ma, per abito, per pratica teme il disonore più, che nonami la gloria, e per la gloria onorata sagrifica tutto sestesso; generoso, leale, capace sempre di una grandeazione non manca nè a’ suoi doveri, nè alla aspettazionealtrui.

Cogli altri non conosce la futile cerimonia, si previe-ne contro chi la usa, non misura l’uomo dall’ariadell’uomo, non misura il merito dai titoli, odia l’impo-stura, dà bando alla ciarlataneria; è un po’ sospettoso pernon esser corrivo, vi esamina molto, vi si affida a stento,e quando si abbandona a voi, è veramente vostro; non falega che cogli amici; i suoi amici son sempre pochi, lasua amicizia [263] è durevole, eterna, perchè fondatasulla mente, e sul cuore. Una debolezza umana non faun vizioso; quindi è, che l’Inglese compatisce i delin-quenti sulle prime, ma guai se vi ricadono!

Negli affari si procede con regola. Prima i pubblici,poi i privati; e tra i privati, prima i proprj, e poi gli al-trui; le sole circostanze più o men gravi possono cam-biar per poco quest’ordine naturale; prima il suo dovere,e poi il suo piacere.

Gl’Inglesi, che non sono di questa tempera, non sonoInglesi, sono aborti di natura, sono eccezioni alla regola,ma sono pochi.

Questo triplice carattere degl’Inglesi con se, cogli al-tri, co’ proprj affari produce due effetti contrarj nel fore-

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stiere, che viene in Londra.Il primo effetto si è una forte alienazione degl’Inglesi

pel vedersi trattati con rigore, e con più rigore eziandio,che in Francia, prima di essere ammessi alla loro [264]comunione. Dapertutto cere fredde, musi indolenti, egente estatica, che vi guarda e tace; voi siete lasciati solisulle piazze, e ne’ caffè, ne’ quali per altro anche inFrancia si ciarla sempre, e si ride con chicchesia. Si con-tentano i Francesi di un certo merito, di un esterno deco-roso, onesto, e sciolto, di certa erudizione, e scienza, efacondia spiritosa, ed in pochi dì vi fanno padroni delmondo. Qui in Londra non la finiscono mai di esaminar-vi, e voglion proprio vedere, e toccare se la buona vostrasuperficie abbia fondo. I Francesi temono d’annojarsicon voi, gl’lnglesi temono di perdere con voi il tempo.L’oltramontano in Francia costa la metà di quel, chevale, ed in Londra un quarto. Conosco varj Italiani, chenon reggendo a sì severo esame, abbandonarono benpresto, e con dispetto il paese, che ad essi pareva il pae-se delle statue, e de’ censori. Si aggiunge, che il difettogenerale di non sapersi da’ forestieri la [265] lingua In-glese non vi lascia gustare a pieno de’ pubblici diverti-menti; si aggiunge, che certe feste, e passatempi popola-ri sono affatto eterogenei al raffinamento del nostroContinente. E in fatti, come mai applaudire alle contrad-danze de’ cavalli in Westminster, ed alle lotte de’ birrac-chioli in piazza, ed a’ crudeli massacri rappresentati sul-le scene, ed all’aria silenziosa, sonnolenta, morta, concui alla Domenica gi’lnglesi si sdrajano nelle taverne in

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stiere, che viene in Londra.Il primo effetto si è una forte alienazione degl’Inglesi

pel vedersi trattati con rigore, e con più rigore eziandio,che in Francia, prima di essere ammessi alla loro [264]comunione. Dapertutto cere fredde, musi indolenti, egente estatica, che vi guarda e tace; voi siete lasciati solisulle piazze, e ne’ caffè, ne’ quali per altro anche inFrancia si ciarla sempre, e si ride con chicchesia. Si con-tentano i Francesi di un certo merito, di un esterno deco-roso, onesto, e sciolto, di certa erudizione, e scienza, efacondia spiritosa, ed in pochi dì vi fanno padroni delmondo. Qui in Londra non la finiscono mai di esaminar-vi, e voglion proprio vedere, e toccare se la buona vostrasuperficie abbia fondo. I Francesi temono d’annojarsicon voi, gl’lnglesi temono di perdere con voi il tempo.L’oltramontano in Francia costa la metà di quel, chevale, ed in Londra un quarto. Conosco varj Italiani, chenon reggendo a sì severo esame, abbandonarono benpresto, e con dispetto il paese, che ad essi pareva il pae-se delle statue, e de’ censori. Si aggiunge, che il difettogenerale di non sapersi da’ forestieri la [265] lingua In-glese non vi lascia gustare a pieno de’ pubblici diverti-menti; si aggiunge, che certe feste, e passatempi popola-ri sono affatto eterogenei al raffinamento del nostroContinente. E in fatti, come mai applaudire alle contrad-danze de’ cavalli in Westminster, ed alle lotte de’ birrac-chioli in piazza, ed a’ crudeli massacri rappresentati sul-le scene, ed all’aria silenziosa, sonnolenta, morta, concui alla Domenica gi’lnglesi si sdrajano nelle taverne in

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mezzo ad un boccale di birra, e ad un altro boccale dirum, o di punch?

Ma flemma, abbiate flemma, non gettatevi void’arcione. Questi, ed altrettali sono piccoli difetti di ungran corpo, sono piccole macchie di un lucidissimo sole.Pazientate, temporeggiate, e vi faccio io fede, che pene-trerete col vostro merito gl’impenetrabili, sarete bentrattato dagl’intrattabili, e proverete in voi un effettocontrario al precedente, cioè un forte attaccamentoagl’Inglesi, all’Inghilterra, [266] ed a tutto ciò, che adessa appartiene. Io parlo per intima pruova, e conferma-no questi miei sentimenti non uno, nè due, ma molti altriSignori Italiani, de’ quali godo ora la preziosa amicizia.Ne nomino tre solamente per fuggir lunghezza: il SignorMarchese Mossi, l’illustrissimo Sig. Residente di Vene-zia Tornielli, il Signor Conte Sales Exministro, che allegrazie del tratto congiungono la splendidezza, di cui de-gnansi chiamarmi a parte. Nelle fiorentissime loro mini-steriali, ed erudite assemblee essi godono le delizie didue nazioni. Il dotto, e cortese, e liberalissimo SignorPlanta Segretario perpetuo della Reale Società, e diretto-re del Museo Britannico ha emulata la cortesia d’Italia,da cui trae egli pure la nobile sua origine, e mi ha procu-rate molte corrispondenze amichevoli qui in Città. Perloro mezzo, e colle mie riflessioni sono quasi divenutoInglese anch’io.

Vi vorrebbero gli argani presentemente [267] per di-staccarmi dal Museo del Dottor Hunter, che passa pelpiù completo in Europa; dal Museo Ofvi Ashtoulever

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mezzo ad un boccale di birra, e ad un altro boccale dirum, o di punch?

Ma flemma, abbiate flemma, non gettatevi void’arcione. Questi, ed altrettali sono piccoli difetti di ungran corpo, sono piccole macchie di un lucidissimo sole.Pazientate, temporeggiate, e vi faccio io fede, che pene-trerete col vostro merito gl’impenetrabili, sarete bentrattato dagl’intrattabili, e proverete in voi un effettocontrario al precedente, cioè un forte attaccamentoagl’Inglesi, all’Inghilterra, [266] ed a tutto ciò, che adessa appartiene. Io parlo per intima pruova, e conferma-no questi miei sentimenti non uno, nè due, ma molti altriSignori Italiani, de’ quali godo ora la preziosa amicizia.Ne nomino tre solamente per fuggir lunghezza: il SignorMarchese Mossi, l’illustrissimo Sig. Residente di Vene-zia Tornielli, il Signor Conte Sales Exministro, che allegrazie del tratto congiungono la splendidezza, di cui de-gnansi chiamarmi a parte. Nelle fiorentissime loro mini-steriali, ed erudite assemblee essi godono le delizie didue nazioni. Il dotto, e cortese, e liberalissimo SignorPlanta Segretario perpetuo della Reale Società, e diretto-re del Museo Britannico ha emulata la cortesia d’Italia,da cui trae egli pure la nobile sua origine, e mi ha procu-rate molte corrispondenze amichevoli qui in Città. Perloro mezzo, e colle mie riflessioni sono quasi divenutoInglese anch’io.

Vi vorrebbero gli argani presentemente [267] per di-staccarmi dal Museo del Dottor Hunter, che passa pelpiù completo in Europa; dal Museo Ofvi Ashtoulever

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forse unico in genere di volumi, e di rarità indiane; dallamattutina letteraria assemblea nelle sale del Banks, sìconosciuto, e sì degno di esserlo; dalla specoladell’Aubert, da quella di Maskleine, amendue instanca-bili per le scienze, amendue profusi, e gentili, nati fattiamendue per farsi amare, e rispettare dal mondo.... Nonso annoverare ogni cosa, nè le aperte biblioteche, nè iricchissimi magazzini, nè le superbe sale di pitture, nè ilnuovo gusto introdotto nei giardini, nè i nobili, nè i bor-ghiggiani simposii, che alla Torre, a Chelsea, all’imboc-catura del Tamigi, su varie navi mercantili, in tante vil-leggiature de’ nostri contorni mi hanno veramente beati-ficato. Saranno sempre per me memorabili i Bott, i Pari-sh, i Blagden, i Morton, le Dame di Corte, le Damigelledella Regina, le tante Signore rispettabili, [268] al canto,al suono, alla poesia consecrate, che a riprese varie, econ mirabile gradazione m’infusero un’anima nuova inpetto, e m’innalzarono sopra me in questo mio Londine-se soggiorno.

Egli è nel consorzio di tanta gente illustre, che ho im-parato a conoscere la grandezza di questa nazione. LaBorsa è un tesoro inesauribile, la Banca è un tesoro ine-sauribile, le due Compagnie delle Indie, e del Sud fannogirare tesori inesauribili; eppure in tutta l’Inghilterranon esistono che venti milioni sterlini in effettivo. Leleggi sembrano inumane contro i poveri, sono cinquelire sterline di penale a chi fa elemosina per le strade,non si devono vedere accattatori; eppure ogni povero èben mantenuto dalla sua rispettiva parrocchia, e vi sono

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forse unico in genere di volumi, e di rarità indiane; dallamattutina letteraria assemblea nelle sale del Banks, sìconosciuto, e sì degno di esserlo; dalla specoladell’Aubert, da quella di Maskleine, amendue instanca-bili per le scienze, amendue profusi, e gentili, nati fattiamendue per farsi amare, e rispettare dal mondo.... Nonso annoverare ogni cosa, nè le aperte biblioteche, nè iricchissimi magazzini, nè le superbe sale di pitture, nè ilnuovo gusto introdotto nei giardini, nè i nobili, nè i bor-ghiggiani simposii, che alla Torre, a Chelsea, all’imboc-catura del Tamigi, su varie navi mercantili, in tante vil-leggiature de’ nostri contorni mi hanno veramente beati-ficato. Saranno sempre per me memorabili i Bott, i Pari-sh, i Blagden, i Morton, le Dame di Corte, le Damigelledella Regina, le tante Signore rispettabili, [268] al canto,al suono, alla poesia consecrate, che a riprese varie, econ mirabile gradazione m’infusero un’anima nuova inpetto, e m’innalzarono sopra me in questo mio Londine-se soggiorno.

Egli è nel consorzio di tanta gente illustre, che ho im-parato a conoscere la grandezza di questa nazione. LaBorsa è un tesoro inesauribile, la Banca è un tesoro ine-sauribile, le due Compagnie delle Indie, e del Sud fannogirare tesori inesauribili; eppure in tutta l’Inghilterranon esistono che venti milioni sterlini in effettivo. Leleggi sembrano inumane contro i poveri, sono cinquelire sterline di penale a chi fa elemosina per le strade,non si devono vedere accattatori; eppure ogni povero èben mantenuto dalla sua rispettiva parrocchia, e vi sono

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luoghi pii, ne’ quali si mantengono i mila, e cinquecentopoveri, ed anche i quattro mila per soscrizione. La Cittàè immensa, e sembra per ciò stesso difficile la comuni-cazione [269] tra’ Cittadini; eppure voi avete pronti ri-scontri senza quasi muovervi da casa vostra per mezzodella piccol posta, che da cinquecento, e più botteghedestinate a ciò fa volare le vostre lettere, cinque, sei, set-te volte al dì, a dieci miglia in giro fuori di Città. Im-mensa è pure la popolazione, e le strade sono così ridon-danti di gente la notte, e il dì, che voi ne credereste vuo-te le case. Quanti pericoli adunque, quante violenze! Ep-pure rari sono i disordini fra la giornata pel popolo, chesubito vi accorre in folla a riconoscergli, ed a vendicar-gli; più rari sono ancor la notte per le dodici in quindicimila guardie (Watchemen), che la tengon tranquilla. Nel1777. il carico nazionale non eccedeva il venticinqueper cento delle entrate, or monta al settantacinque; ep-pure le loro manifatture reggono tuttora alla concorren-za senza incarire sopra le estere, e lasciano egualmenteagiata l’Inghilterra. L’annuale entrata del Regno è di do-dici [270] milioni, e dugento settanta nove mila sterline,e la spesa annuale giugne a diciassette milioni, e settan-tatrè mila sterline; eppure questo annuo deficit di cinquemilioni sterlini e più non iscoraggisce la nazione, non lafa crollare nel credito, e non le vieta di bravare con altu-ra il Mondo congiurato a’ suoi danni, e specialmente laFrancia co’ suoi cinquecento milioni di franchi l’anno, esoli quattrocento quaranta sei di annua spesa. Vi sonoperpetui dispareri, e brighe, e fracassi, e insulti, ed inva-

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luoghi pii, ne’ quali si mantengono i mila, e cinquecentopoveri, ed anche i quattro mila per soscrizione. La Cittàè immensa, e sembra per ciò stesso difficile la comuni-cazione [269] tra’ Cittadini; eppure voi avete pronti ri-scontri senza quasi muovervi da casa vostra per mezzodella piccol posta, che da cinquecento, e più botteghedestinate a ciò fa volare le vostre lettere, cinque, sei, set-te volte al dì, a dieci miglia in giro fuori di Città. Im-mensa è pure la popolazione, e le strade sono così ridon-danti di gente la notte, e il dì, che voi ne credereste vuo-te le case. Quanti pericoli adunque, quante violenze! Ep-pure rari sono i disordini fra la giornata pel popolo, chesubito vi accorre in folla a riconoscergli, ed a vendicar-gli; più rari sono ancor la notte per le dodici in quindicimila guardie (Watchemen), che la tengon tranquilla. Nel1777. il carico nazionale non eccedeva il venticinqueper cento delle entrate, or monta al settantacinque; ep-pure le loro manifatture reggono tuttora alla concorren-za senza incarire sopra le estere, e lasciano egualmenteagiata l’Inghilterra. L’annuale entrata del Regno è di do-dici [270] milioni, e dugento settanta nove mila sterline,e la spesa annuale giugne a diciassette milioni, e settan-tatrè mila sterline; eppure questo annuo deficit di cinquemilioni sterlini e più non iscoraggisce la nazione, non lafa crollare nel credito, e non le vieta di bravare con altu-ra il Mondo congiurato a’ suoi danni, e specialmente laFrancia co’ suoi cinquecento milioni di franchi l’anno, esoli quattrocento quaranta sei di annua spesa. Vi sonoperpetui dispareri, e brighe, e fracassi, e insulti, ed inva-

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samenti furiosi tra due partiti nel parlamento; eppurenon resta mai ingojata l’Inghilterra nel baratro rovinosodelle civili discordie, anzi perirebbe, dicono, interamen-te, se si riducessero a calma. In Londra tutti s’ingolfanonegli affari dello Stato: dal nobile al plebeo tutti parlanoda Re: ho visto questo popolo di Re nell’ultima pubbli-cazione di pace coll’America, ne fui sorpreso all’aria, altuono di voce [271] con cui marciava attruppato al cam-po di S. James’, ed a Temple Bar: sembra, che vi dominil’anarchia; eppure mai non iscoppiano in sediziosi tu-multi, o vi sono sedati in un attimo. Tutti sono commer-cianti; eppure tutti sono letterati: in sole novelle curioseescono dalle stampe diciotto in venti gazzette periodichee vi si consumano all’anno dodici milioni, e cinquecentomila fogli di carta bollata in foglio.

Questi, ed altrettali sono i problemi, che si direbberoimpossibili altrove, e che ricevono qui in Londra unareale palpabile soluzione. Quì la Politica, il commercio,la letteratura, le scienze, e potrei aggiungervi eziandio,se non mi mancasse il tempo, l’agricoltura, si seggonocome in trono. Quì è dove si dilata la mente nella cogni-zione del vero, s’infiamma il cuore per le solide virtù, ecompare piccola ancor la Francia in mezzo alle suegrandezze, e a’ suoi piaceri. [272]

La rapidità nello scrivere, e il fuoco interno che spin-ge ora, e vibra la mia penna, mi ha fatto dire quest’ulti-ma verità, con cui tolgo Lei, Illustrissimo Sig. Marche-se, e me d’impaccio d’una più lunga lettera. Dico tuttoin compendio. In Francia si concede molto ai piaceri del

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samenti furiosi tra due partiti nel parlamento; eppurenon resta mai ingojata l’Inghilterra nel baratro rovinosodelle civili discordie, anzi perirebbe, dicono, interamen-te, se si riducessero a calma. In Londra tutti s’ingolfanonegli affari dello Stato: dal nobile al plebeo tutti parlanoda Re: ho visto questo popolo di Re nell’ultima pubbli-cazione di pace coll’America, ne fui sorpreso all’aria, altuono di voce [271] con cui marciava attruppato al cam-po di S. James’, ed a Temple Bar: sembra, che vi dominil’anarchia; eppure mai non iscoppiano in sediziosi tu-multi, o vi sono sedati in un attimo. Tutti sono commer-cianti; eppure tutti sono letterati: in sole novelle curioseescono dalle stampe diciotto in venti gazzette periodichee vi si consumano all’anno dodici milioni, e cinquecentomila fogli di carta bollata in foglio.

Questi, ed altrettali sono i problemi, che si direbberoimpossibili altrove, e che ricevono qui in Londra unareale palpabile soluzione. Quì la Politica, il commercio,la letteratura, le scienze, e potrei aggiungervi eziandio,se non mi mancasse il tempo, l’agricoltura, si seggonocome in trono. Quì è dove si dilata la mente nella cogni-zione del vero, s’infiamma il cuore per le solide virtù, ecompare piccola ancor la Francia in mezzo alle suegrandezze, e a’ suoi piaceri. [272]

La rapidità nello scrivere, e il fuoco interno che spin-ge ora, e vibra la mia penna, mi ha fatto dire quest’ulti-ma verità, con cui tolgo Lei, Illustrissimo Sig. Marche-se, e me d’impaccio d’una più lunga lettera. Dico tuttoin compendio. In Francia si concede molto ai piaceri del

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corpo, in Inghilterra si pasce più lo spirito. Queste sonole due prospettive, in cui vanno guardate queste due na-zioni. Sono, e sarò sempre

Di Vossignoria Illustrissima.Londra 10. Ottobre 1783.

Servitore Umilissimo. [273]

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corpo, in Inghilterra si pasce più lo spirito. Queste sonole due prospettive, in cui vanno guardate queste due na-zioni. Sono, e sarò sempre

Di Vossignoria Illustrissima.Londra 10. Ottobre 1783.

Servitore Umilissimo. [273]

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XXIX.All’Illustrissimo Sig. Marchese

D. LUIGI MALASPINA.LONDRA.

Ritorno da Londra in Italia per la via de’ Paesi Bassi.__________________Illustrissimo Signore.

diciassette di Ottobre, mentre Ella forse toccavale coste occidentali dell’Isola, mi sono distaccato

con mia gran pena da codesta Città, ed in un mese diviaggio, per la via de’ Paesi Bassi, mi sono restituito allamia Fisica esperimentale qui in Como. Ma perchè nonripassare da Parigi, da Lione, da Chambery? Per nonrinnovarmi il dispiacere sofferto nel partire di là, percambiare scena, per vaghezza [274] di mirare cose nuo-ve. Non posso dir di più; teniamoci a questo ultimo.

A’

Voleva io godere più da vicino qualche porto di mare.Al Ponte di Londra mi venne fatto di osservare più voltegrossi bastimenti, ed uno in ispecie di quattrocento ton-nellate, che col beneficio dell’alta marea vi montò inmezzo alla selva foltissima degli ordinarj bastimenti mi-nori. A Woolwich, dove per altro vi possono gettar leancore i vascelli da guerra, non v’incontrai gran che, eda Tilbury-Fort, ultima piazza alla imboccatura del Tami-gi, mi si aperse un largo campo di venti miglia d’acquea

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XXIX.All’Illustrissimo Sig. Marchese

D. LUIGI MALASPINA.LONDRA.

Ritorno da Londra in Italia per la via de’ Paesi Bassi.__________________Illustrissimo Signore.

diciassette di Ottobre, mentre Ella forse toccavale coste occidentali dell’Isola, mi sono distaccato

con mia gran pena da codesta Città, ed in un mese diviaggio, per la via de’ Paesi Bassi, mi sono restituito allamia Fisica esperimentale qui in Como. Ma perchè nonripassare da Parigi, da Lione, da Chambery? Per nonrinnovarmi il dispiacere sofferto nel partire di là, percambiare scena, per vaghezza [274] di mirare cose nuo-ve. Non posso dir di più; teniamoci a questo ultimo.

A’

Voleva io godere più da vicino qualche porto di mare.Al Ponte di Londra mi venne fatto di osservare più voltegrossi bastimenti, ed uno in ispecie di quattrocento ton-nellate, che col beneficio dell’alta marea vi montò inmezzo alla selva foltissima degli ordinarj bastimenti mi-nori. A Woolwich, dove per altro vi possono gettar leancore i vascelli da guerra, non v’incontrai gran che, eda Tilbury-Fort, ultima piazza alla imboccatura del Tami-gi, mi si aperse un largo campo di venti miglia d’acquea

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superficie, in cui spaziavano a centinaja le inalberate an-tenne, ed in numero, a ciò, che ne dissero, assai maggio-re, che a Texel d’Amsterdam. Questi però non sono a ri-gore Porti di mare. Si vada dunque ad Ostenda, che è unPorto a golfo, o a Dunkerque, che è un Porto a canale.Ma il tempo è corto; i miei quaranta Luigi d’oro si sonogià [275] dispersi nel lungo nostro giro in private bazze-cole; non è giusta, non è onesta cosa di caricare il bor-sellino di Vossignoria Illustrissima anche di questa spesacapricciosa; non devo abusare delle sue graziose offertelarghissime; mi sono dunque contentato di Dunkerque,che non mi sviava dal cammin retto, e che poi in fatti misoddisfece compiutamente. La tratta del canale è di bendue leghe in lunghezza, largo a proporzione, doviziosodi ogni genere di navi mercantili, ed ogni anno ve netragittano da mila ottocento, come ne fanno fede i nostricortesi mostratori, il Signor Guellaudeau, celebre pirro-nista del paese, ed il Signor Luigi Baehelur Capitan dinave, e grosso negoziante per l’Affrica, ed America.Non ho scelto bene?

Si aggiunse, che ritornando per i Paesi Bassi potevaio intraprendere una comoda lustrazione de’ suoi canalinavigabili, che stuzzicavan da gran tempo la mia [276]curiosità. L’assicuro, che vi ho provato un piacere gran-dissimo. Il canale di Dunkerque, quello di Furnes, quel-lo di Neuport, quello di Bruges, quello di Gand... forma-ti dalle maree, e dagli scoli delle campagne, ed i canalidella Mosella... a Metz, dell’Illa sotto Argentina... sonoveramente ammirabili. I due nostri canali di derivazione

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superficie, in cui spaziavano a centinaja le inalberate an-tenne, ed in numero, a ciò, che ne dissero, assai maggio-re, che a Texel d’Amsterdam. Questi però non sono a ri-gore Porti di mare. Si vada dunque ad Ostenda, che è unPorto a golfo, o a Dunkerque, che è un Porto a canale.Ma il tempo è corto; i miei quaranta Luigi d’oro si sonogià [275] dispersi nel lungo nostro giro in private bazze-cole; non è giusta, non è onesta cosa di caricare il bor-sellino di Vossignoria Illustrissima anche di questa spesacapricciosa; non devo abusare delle sue graziose offertelarghissime; mi sono dunque contentato di Dunkerque,che non mi sviava dal cammin retto, e che poi in fatti misoddisfece compiutamente. La tratta del canale è di bendue leghe in lunghezza, largo a proporzione, doviziosodi ogni genere di navi mercantili, ed ogni anno ve netragittano da mila ottocento, come ne fanno fede i nostricortesi mostratori, il Signor Guellaudeau, celebre pirro-nista del paese, ed il Signor Luigi Baehelur Capitan dinave, e grosso negoziante per l’Affrica, ed America.Non ho scelto bene?

Si aggiunse, che ritornando per i Paesi Bassi potevaio intraprendere una comoda lustrazione de’ suoi canalinavigabili, che stuzzicavan da gran tempo la mia [276]curiosità. L’assicuro, che vi ho provato un piacere gran-dissimo. Il canale di Dunkerque, quello di Furnes, quel-lo di Neuport, quello di Bruges, quello di Gand... forma-ti dalle maree, e dagli scoli delle campagne, ed i canalidella Mosella... a Metz, dell’Illa sotto Argentina... sonoveramente ammirabili. I due nostri canali di derivazione

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dall’Adda, e dal Tesino meritano assai, ma non sono daiparagonarsi a questi. Mi sono fermato a misurare le ca-teratte semplici, le addoppiate, gli argini, i ripari, le boc-che d’irrigazione, e simili. Le quattro cateratte di Dun-kerque, e le dodici al canale di Soltz, che si scaricanell’Isola, mi hanno interessato più che poco. Quantilumi per la nostra Lombardia! No non è essa la Maestradelle acque, come vanamente si danno a credere i nostricompatrioti.

Guardisi Ella però dal credere, ch’io mi sia contentatodi farla soltanto da Naulico Ingegnere. Non mi sono di-menticato [277] di essere uomo; me la sono goduta a in-canto cogli uomini migliori, che per buona sorte mi riu-scì d’incontrare in viaggio.

A Bruxelles ho avuto l’onor distinto di presentarmi aS. E. il Signor Conte Belgiojosi Ministro Plenipotenzia-rio. Che affabilità! che maniere! Tutti l’adorano. Mi visono fermato qualche dì per vedere le cose più rare, ilParco, il Vaux-Hall, l’Arsenale, il Teatro, le fabbriche, iPalazzi, la Fiera..... Ho fatto lo stesso al maetoso Lu-xemburgo, all’elegante Thionville, al giulivo Metz, e so-prattutto al superbo Nancy. Oh la bella valle! oh la sor-prendente piazza, la place Royal, la place carriere! Chepalazzi! Che strade! Che giardini! Vi tornerei a piedi pergodervi un’altra volta di queste rarità. A Saverne pri-meggia il Castello del Vescovo Cardinale d’Argentina di72. tese di lunghezza, con immenso giardino, e boschettidi fronte con trecento settantadue [278] manuali, che vilavorano Ad Argentina ho avuto il bene d’incontrarmi

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dall’Adda, e dal Tesino meritano assai, ma non sono daiparagonarsi a questi. Mi sono fermato a misurare le ca-teratte semplici, le addoppiate, gli argini, i ripari, le boc-che d’irrigazione, e simili. Le quattro cateratte di Dun-kerque, e le dodici al canale di Soltz, che si scaricanell’Isola, mi hanno interessato più che poco. Quantilumi per la nostra Lombardia! No non è essa la Maestradelle acque, come vanamente si danno a credere i nostricompatrioti.

Guardisi Ella però dal credere, ch’io mi sia contentatodi farla soltanto da Naulico Ingegnere. Non mi sono di-menticato [277] di essere uomo; me la sono goduta a in-canto cogli uomini migliori, che per buona sorte mi riu-scì d’incontrare in viaggio.

A Bruxelles ho avuto l’onor distinto di presentarmi aS. E. il Signor Conte Belgiojosi Ministro Plenipotenzia-rio. Che affabilità! che maniere! Tutti l’adorano. Mi visono fermato qualche dì per vedere le cose più rare, ilParco, il Vaux-Hall, l’Arsenale, il Teatro, le fabbriche, iPalazzi, la Fiera..... Ho fatto lo stesso al maetoso Lu-xemburgo, all’elegante Thionville, al giulivo Metz, e so-prattutto al superbo Nancy. Oh la bella valle! oh la sor-prendente piazza, la place Royal, la place carriere! Chepalazzi! Che strade! Che giardini! Vi tornerei a piedi pergodervi un’altra volta di queste rarità. A Saverne pri-meggia il Castello del Vescovo Cardinale d’Argentina di72. tese di lunghezza, con immenso giardino, e boschettidi fronte con trecento settantadue [278] manuali, che vilavorano Ad Argentina ho avuto il bene d’incontrarmi

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col gentilissimo Signor Bernardo Mainoni, che nullaomise di attenzioni, e d’incomodi per favorirmi, e darmiun saggio della sua Città. Vi ha del magnifico, vi ha delgrazioso, vi ha dottrina assai; ed i costumi mi sono sem-brati Parigini.

Non voglio omettere la generale sorpresa piacevolis-sima, che ho provata nello scorrere le immense pianuredi tutto questo tratto da Dunkerque fino ad Argentina.Anche le sterili ardenne riescono amene per questo ri-guardo. Colpi d’occhio senza limite, orizzonte vastissi-mo non impedito da boschi, non frastagliato da siepi,non interrotto da ineguali piantagioni, seminato, e colti-vato in grande ad ogni specie di granaglie; discende aschiena dolcissima il terreno, e va a riposarsi in mare.Sarà vero, che le regioni del Po sono più fruttifere, manon sono più gaje; saranno più pingui, ma meno [279]ariose; e poi chi sa, che la nostra pinguedine, e i nostrifrutti siano stragrandi unicamente per nostra convenzio-ne pregiudicata? Ne temo forte.

Che dovrò dirle ora del residuo mio viaggio? Sonopassato a Basilea, a Lucerna, ad Orfera, a S. Gotardo, aBellinzona, e quindi a Lugano, ed a Como. Posso de-scrivere bellissimi orridi naturali, montagne scoscese,valli dirupate, cave immense di marmi, ammassi dineve, torri di ghiaccio, e campagne intere piantate a ca-voli fronzuti, e cestuti, cavoli verzotti, cavoli broccoluti;gli uomini stessi uscito ch’io fui da quelle due primeCittà mi sono in gran parte sembrati altrettanti cavolialle maniere, ed al tratto. A Basilea, ed a Lucerna per

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col gentilissimo Signor Bernardo Mainoni, che nullaomise di attenzioni, e d’incomodi per favorirmi, e darmiun saggio della sua Città. Vi ha del magnifico, vi ha delgrazioso, vi ha dottrina assai; ed i costumi mi sono sem-brati Parigini.

Non voglio omettere la generale sorpresa piacevolis-sima, che ho provata nello scorrere le immense pianuredi tutto questo tratto da Dunkerque fino ad Argentina.Anche le sterili ardenne riescono amene per questo ri-guardo. Colpi d’occhio senza limite, orizzonte vastissi-mo non impedito da boschi, non frastagliato da siepi,non interrotto da ineguali piantagioni, seminato, e colti-vato in grande ad ogni specie di granaglie; discende aschiena dolcissima il terreno, e va a riposarsi in mare.Sarà vero, che le regioni del Po sono più fruttifere, manon sono più gaje; saranno più pingui, ma meno [279]ariose; e poi chi sa, che la nostra pinguedine, e i nostrifrutti siano stragrandi unicamente per nostra convenzio-ne pregiudicata? Ne temo forte.

Che dovrò dirle ora del residuo mio viaggio? Sonopassato a Basilea, a Lucerna, ad Orfera, a S. Gotardo, aBellinzona, e quindi a Lugano, ed a Como. Posso de-scrivere bellissimi orridi naturali, montagne scoscese,valli dirupate, cave immense di marmi, ammassi dineve, torri di ghiaccio, e campagne intere piantate a ca-voli fronzuti, e cestuti, cavoli verzotti, cavoli broccoluti;gli uomini stessi uscito ch’io fui da quelle due primeCittà mi sono in gran parte sembrati altrettanti cavolialle maniere, ed al tratto. A Basilea, ed a Lucerna per

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me finì il mondo, vi trovai ivi gli ultimi aneliti dellamundezza e del buon gusto; non vi si sta male, mad’indi in poi s’incontrano squallidi abituri, e grossola-nissimi montanari. Eppure lo Svizzero generalmentepassa per colto; anzi [280] si reputa altrettanto colto, chedotto. Ma il mal destino non me ne ha fatto forse tocca-re, che la scoria. Saranno graziosi in parecchie Città, aBerna, a Zurigo, a Basilea, a Lucerna, a Losanna ec., magiuro a Bacco, che non mi baloccan più in certi contor-ni. Vi passerò chiuso in un cassone di mercanzia, chenon lascerà d’esservi assai rispettata. Non vi si mangia,non vi si beve, non vi si dorme, che all’uso del paese,cioè assai male. Con tutto ciò mi sono divertito assai,perchè è mia massima di goder sempre il buono, che sitrova, e di divertirmi di quello, che non si trova senzaessere nè stupido, nè insensibile. A Lugano si rinasce: aComo si vive bene.

Sia Ella le cento volte benedetta, Illustrissimo SignorMarchese, che ha scossa la polvere da’ miei piedi, e haempiuto il mio capo di tante, e così nuove idee. Nellamia vecchiaja troverò in esse un pascolo, che senza lesue grazie non avrei [281] avuto. Ma riserviamo questeespressioni ad altro tempo. Le auguro ogni buona fortu-na, anche in Olanda, ed in Germania, perchè Ella le me-rita tutte, ed io col desiderio di rivederla salva, e sananel venturo Ottobre al più tardi, mi protesto.

Como 28. Novembre 1783.Suo obbligatissimo Servitore. [282]

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me finì il mondo, vi trovai ivi gli ultimi aneliti dellamundezza e del buon gusto; non vi si sta male, mad’indi in poi s’incontrano squallidi abituri, e grossola-nissimi montanari. Eppure lo Svizzero generalmentepassa per colto; anzi [280] si reputa altrettanto colto, chedotto. Ma il mal destino non me ne ha fatto forse tocca-re, che la scoria. Saranno graziosi in parecchie Città, aBerna, a Zurigo, a Basilea, a Lucerna, a Losanna ec., magiuro a Bacco, che non mi baloccan più in certi contor-ni. Vi passerò chiuso in un cassone di mercanzia, chenon lascerà d’esservi assai rispettata. Non vi si mangia,non vi si beve, non vi si dorme, che all’uso del paese,cioè assai male. Con tutto ciò mi sono divertito assai,perchè è mia massima di goder sempre il buono, che sitrova, e di divertirmi di quello, che non si trova senzaessere nè stupido, nè insensibile. A Lugano si rinasce: aComo si vive bene.

Sia Ella le cento volte benedetta, Illustrissimo SignorMarchese, che ha scossa la polvere da’ miei piedi, e haempiuto il mio capo di tante, e così nuove idee. Nellamia vecchiaja troverò in esse un pascolo, che senza lesue grazie non avrei [281] avuto. Ma riserviamo questeespressioni ad altro tempo. Le auguro ogni buona fortu-na, anche in Olanda, ed in Germania, perchè Ella le me-rita tutte, ed io col desiderio di rivederla salva, e sananel venturo Ottobre al più tardi, mi protesto.

Como 28. Novembre 1783.Suo obbligatissimo Servitore. [282]

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FRAMMENTI__________________

I.o mi sono regolato con una massima, nè mi sgomentala varietà de’ giudicj, che si porteranno sul presente

libro. Tutti si mischiano di scriver lettere, e vedendolointitolato Lettere, vorranno tutti darvi una scorsa. Ma,oimè! il Vi avanzo un ballotto degli spedizionieri, l’Inesecuzione de’ veneratissimi comandi delle Cancellerieforensi, il Ben inteso, ed il che però de’ Curiali, l’Accu-so la vostra carissima de’ Pedagoghi, l’Ho riceputo de-gli Agenti,.... non entrano nel mio stile. Non ho periodisopraccarichi di gerundj; non ho eterne tiritére di sensiinguainati, ammonticchiati, [283] senza virgole, nè pun-ti; odio le lettere a date, come i gazzettini; mi fanno im-pazienza le lettere in terza persona, le brodose, le sonno-lente, le fredde, le antiortografiche, le antiitaliane, le an-tifilosofiche.... Gli amatori di queste epistolari eleganzeleggeranno le mie lettere, come si leggono le loro, e nonvi troveranno alcun sale. Guai se cadono in mano aquell’Ecclesiastico di rango ne’ confini d’Italia, che hagiurato guerra alle figure rettoriche! Dicono, ch’ei sichiami offeso dai punti interrogativi, e che gli abbia fattisvellere perfin dal Missale.

I

A questi Letterati si uniranno i Critici. Critiche sullestorielle, critiche sui concetti, critiche sulle massime,

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FRAMMENTI__________________

I.o mi sono regolato con una massima, nè mi sgomentala varietà de’ giudicj, che si porteranno sul presente

libro. Tutti si mischiano di scriver lettere, e vedendolointitolato Lettere, vorranno tutti darvi una scorsa. Ma,oimè! il Vi avanzo un ballotto degli spedizionieri, l’Inesecuzione de’ veneratissimi comandi delle Cancellerieforensi, il Ben inteso, ed il che però de’ Curiali, l’Accu-so la vostra carissima de’ Pedagoghi, l’Ho riceputo de-gli Agenti,.... non entrano nel mio stile. Non ho periodisopraccarichi di gerundj; non ho eterne tiritére di sensiinguainati, ammonticchiati, [283] senza virgole, nè pun-ti; odio le lettere a date, come i gazzettini; mi fanno im-pazienza le lettere in terza persona, le brodose, le sonno-lente, le fredde, le antiortografiche, le antiitaliane, le an-tifilosofiche.... Gli amatori di queste epistolari eleganzeleggeranno le mie lettere, come si leggono le loro, e nonvi troveranno alcun sale. Guai se cadono in mano aquell’Ecclesiastico di rango ne’ confini d’Italia, che hagiurato guerra alle figure rettoriche! Dicono, ch’ei sichiami offeso dai punti interrogativi, e che gli abbia fattisvellere perfin dal Missale.

I

A questi Letterati si uniranno i Critici. Critiche sullestorielle, critiche sui concetti, critiche sulle massime,

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critiche sui precetti, che vi troveranno per entro sparsi.Io stesso saprei tesserne un catalogo vergognoso, se vo-lessi armare il mio naso de’ loro occhiali.

Risponderò dunque con molta pace a tutti costoro,che non ho scritte queste [284] lettere per loro ammae-stramento; che non ho mai pensato di mettervi una seriedi tesi scolastiche; che mi basta di esser letto una voltasola da’ miei amici.

II.Sono uscito d’Italia pel Monsenisio; vi sono rientrato

pel monte S. Gotardo; mi trovo ora vicino a patrj mieiLarj qui in Como, e penso a quel, che fui, a quel, chesono. Prima di farmi oltramontano era pieno di desiderj;di là dall’Alpi mi sentiva pieno di piaceri deliziosi; eadesso mi trovo pieno di pacifica tranquillità.

III.Oh Londra! Londra! quanto mi hai sorpreso! Sento

ancora la tua maestà, la tua grandezza, gl’incanti tuoi.Eppure non ti ho vista che al chiarore sfuggevole [285]di un lampo. Popolo unico, cui la frapposizionedell’Oceano toglie al nostro Continente! E perchè non cisignoreggi tu colla tua forza pensante, più che non fac-cia la tua nazione rivale co’ suoi vezzi, e colle variatesue maniere. Ma questi vezzi, e queste maniere sono an-cora per me; sono esse pure necessarie alla mia buonaesistenza. Scuoterci, ingrandir l’anima, dilatarla, pascer-la sempre con originali progetti sul mondo esistente, e

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critiche sui precetti, che vi troveranno per entro sparsi.Io stesso saprei tesserne un catalogo vergognoso, se vo-lessi armare il mio naso de’ loro occhiali.

Risponderò dunque con molta pace a tutti costoro,che non ho scritte queste [284] lettere per loro ammae-stramento; che non ho mai pensato di mettervi una seriedi tesi scolastiche; che mi basta di esser letto una voltasola da’ miei amici.

II.Sono uscito d’Italia pel Monsenisio; vi sono rientrato

pel monte S. Gotardo; mi trovo ora vicino a patrj mieiLarj qui in Como, e penso a quel, che fui, a quel, chesono. Prima di farmi oltramontano era pieno di desiderj;di là dall’Alpi mi sentiva pieno di piaceri deliziosi; eadesso mi trovo pieno di pacifica tranquillità.

III.Oh Londra! Londra! quanto mi hai sorpreso! Sento

ancora la tua maestà, la tua grandezza, gl’incanti tuoi.Eppure non ti ho vista che al chiarore sfuggevole [285]di un lampo. Popolo unico, cui la frapposizionedell’Oceano toglie al nostro Continente! E perchè non cisignoreggi tu colla tua forza pensante, più che non fac-cia la tua nazione rivale co’ suoi vezzi, e colle variatesue maniere. Ma questi vezzi, e queste maniere sono an-cora per me; sono esse pure necessarie alla mia buonaesistenza. Scuoterci, ingrandir l’anima, dilatarla, pascer-la sempre con originali progetti sul mondo esistente, e

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sulle conquiste de’ futuri secoli egli è poi finalmente untener troppo tese le fibre del celabro, un farla quasi piùche da uomo. Questo è il difetto degl’Inglesi, questo èl’eccesso delle loro virtù, questo è, che eccita la maravi-glia, e lo stupore della terra, e del mare. Noi siam piùfatti per ammirare gl’Inglesi, che per imitargli; ed iosento il peso della inferma mia natura, che mi vietad’essere Eroe; sento le lusinghe delle mie passioni, chemi fanno di quando in quando rivolgere gli [286] occhi,e il cuore alle grazie, e ai trattenimenti della Francia.

IV.Che fa in Parigi la vivace Madama Mantelle colle sue

rapide scorrerie sul suo melodioso gravicembalo? Chefa Madamigella Bataille di tratto elegante, di fibra, dieloquio, e di graziosità raffinata? Che fa MadamigellaMerelle tanto charmeuse a chi la vede, a chi l’ascolta, achi vi pensa, quanto erano per lei charmantes le ariettedel Piozzi, e del Sacchini? Che fa il tenero, il colto, ilbrioso poeta Grovelle..... Ma io non posso più tenermidal pronunziare un altro nome, che sarà sempre per meadorabile, un nome, che rimesce, e rimescola rammen-tandolo tutta la mia anima, un nome che basterà solo ne-gli anni miei più tardi per farmi anteporre i Parigini atutto il mondo; voglio dire il nome Grivet. [287] Io laconobbi questa Dama cortese, più ch’ella non conobbeme, ed ho raccolto da’ suoi discorsi, tanti frizzi, tantemassime, tante formole di contegno, che spesse volte mielettrizzo per Lei nelle solinghe mie astrazioni.

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sulle conquiste de’ futuri secoli egli è poi finalmente untener troppo tese le fibre del celabro, un farla quasi piùche da uomo. Questo è il difetto degl’Inglesi, questo èl’eccesso delle loro virtù, questo è, che eccita la maravi-glia, e lo stupore della terra, e del mare. Noi siam piùfatti per ammirare gl’Inglesi, che per imitargli; ed iosento il peso della inferma mia natura, che mi vietad’essere Eroe; sento le lusinghe delle mie passioni, chemi fanno di quando in quando rivolgere gli [286] occhi,e il cuore alle grazie, e ai trattenimenti della Francia.

IV.Che fa in Parigi la vivace Madama Mantelle colle sue

rapide scorrerie sul suo melodioso gravicembalo? Chefa Madamigella Bataille di tratto elegante, di fibra, dieloquio, e di graziosità raffinata? Che fa MadamigellaMerelle tanto charmeuse a chi la vede, a chi l’ascolta, achi vi pensa, quanto erano per lei charmantes le ariettedel Piozzi, e del Sacchini? Che fa il tenero, il colto, ilbrioso poeta Grovelle..... Ma io non posso più tenermidal pronunziare un altro nome, che sarà sempre per meadorabile, un nome, che rimesce, e rimescola rammen-tandolo tutta la mia anima, un nome che basterà solo ne-gli anni miei più tardi per farmi anteporre i Parigini atutto il mondo; voglio dire il nome Grivet. [287] Io laconobbi questa Dama cortese, più ch’ella non conobbeme, ed ho raccolto da’ suoi discorsi, tanti frizzi, tantemassime, tante formole di contegno, che spesse volte mielettrizzo per Lei nelle solinghe mie astrazioni.

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V.Della florida letteratura, e delle scienze solide posso

forse parlare anch’io. Sarei uno stolto se le disapprovas-si. Conviene internarvisi, professarne una sola, cono-scerne più d’una; viaggiando s’impara a giudicarne;senza di esse non vi ha nè spirito, nè talento, nè grazie,nè piaceri. Ma contentatevi di un’aurea mediocrità; sali-te fino a toccare il livello, che vi sovrapponga all’indot-to, ed al semidotto, e poi siate contento. Coltivatevi conbuoni libri, parlate bene, pensate meglio.

IL FINE.

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V.Della florida letteratura, e delle scienze solide posso

forse parlare anch’io. Sarei uno stolto se le disapprovas-si. Conviene internarvisi, professarne una sola, cono-scerne più d’una; viaggiando s’impara a giudicarne;senza di esse non vi ha nè spirito, nè talento, nè grazie,nè piaceri. Ma contentatevi di un’aurea mediocrità; sali-te fino a toccare il livello, che vi sovrapponga all’indot-to, ed al semidotto, e poi siate contento. Coltivatevi conbuoni libri, parlate bene, pensate meglio.

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