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Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d’impresa e comunicazione
pubblica
Tesi di Laurea in
Diritto della comunicazione pubblicitaria
L’EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEL CONSUMATORE: DALLA PUBBLICITÀ ALLE
PRATICHE COMMERCIALI
Relatore: Candidata:
Chiar.mo Prof. Adriana Avagliano Virgilio D’ANTONIO matr. 0322700073
Correlatrice: Dott.ssa Chiara DI MARTINO
Anno Accademico 2008 – 2009
Indice
1
Premessa ............................................................................................................................... 4
CAPITOLO I
Origine e attuazione della disciplina sulle Pratiche commerciali scorrette
1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450. ...................................................... 7
1.1. La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e n. 146. ................................ 9
1.2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla direttiva 2005/29/CE. ... 13
1.3. Il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 in Italia. ................................................ 17
1.3.1.Le particolarità del recepimento della direttiva 2005/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. ............................................. 21
2. Il decreto legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo. ............................ 26
2.1. Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e la nozione di diligenza professionale. ...... 26
2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a falsare il comportamento economico del consumatore stesso. ................................................................... 32
2.2.1. Il consumatore medio come parametro di riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo. ........................................................................................................................... 37
CAPITOLO II
Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive
1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. ................................................................. 43
1.1. Le attività commerciali decettive: il primo comma dell’art.21 sulle “azioni ingannevoli” ... 43
1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice del consumo. ............................ 47
1.1.2. Il comma 2 dell’art. 21. .................................................................................................. 50
1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del consumatore. ............. 52
1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza dei bambini e degli adolescenti. .................... 54
1.2. Articolo 22 del Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il primo comma. .............. 56
1.2.1 Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e occultamento. ............................................ 59
Indice
2
1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di valutazione della condotta omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie. ............................................... 61
1.3. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la black list dell’articolo 23 del Codice del consumo. ................................................................................................................................ 65
1.3.1 L’inganno relativo a marchi e codici di condotta. ........................................................... 68
1.3.2. L’inganno sulla natura del prodotto. .............................................................................. 69
1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita. .............................................................. 70
1.3.4. L’inganno relativo alla figura del venditore. .................................................................. 71
1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica. ........................................................... 71
2. Le pratiche commerciali aggressive. ......................................................................................... 73
2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione dell’aggressività di una pratica commerciale. .................................................................................................................... 77
2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste. ......................................... 80
2.1.2. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: la coercizione. ................................................. 81
2.1.3.Le fattispecie concrete dell’articolo 25: l’indebito condizionamento. ............................ 83
2.2. L’allegato I della direttiva 2005/29/CE e la seconda black list del Codice del consumo. .... 84
2.3 Analisi delle pratiche sempre aggressive ............................................................................... 85
2.3.1. Le pratiche minatorie. .................................................................................................... 86
2.3.2. Le pratiche petulanti. ...................................................................................................... 87
2.3.3. Le pratiche defatiganti. .................................................................................................. 89
CAPITOLO III
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato:
analisi dei provvedimenti sulla tutela del consumatore dal 2007 ad oggi.
1. Introduzione .............................................................................................................. 92
1.1. I poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato .......................... 92
2. Criteri di segmentazione e prime valutazioni ........................................................ 97
2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi di procedimenti attivati ............. 102
2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nei settori merceologici ........ 106
2.3. Tutti gli illeciti dal 2007 ad oggi ........................................................................ 109
Conclusioni ................................................................................................................. 167
Appendice .................................................................................................................... 169
Indice
3
Bibliografia .................................................................................................................. 214
Premessa
4
Premessa
Il presente lavoro di tesi esamina l’evoluzione della normativa europea e
italiana in materia di tutela del consumatore e i rapporti che questi intrattiene con i
professionisti.
Si è ritenuto opportuno, prima di analizzare la situazione attuale, di studiare
l’ordinamento comunitario e nazionale che ha contraddistinto gli anni Novanta e il
primo lustro di questo nuovo millennio. Si è fornita a tale scopo una rapida, ma chiara
esegesi su definizioni fondamentali come quelle di pubblicità, pubblicità ingannevole e
pubblicità comparativa al fine di chiarire al meglio i concetti che sono stati e, ancora
oggi, sono alla base di questa importante disciplina. Non si è lasciato spazio, come
ovvio, solo alle definizioni, ma soprattutto alle modalità con cui tali concetti sono stati
disciplinati e regolamentati da parte del legislatore europeo ed italiano.
Il cambiamento vero è proprio della disciplina si è avuto con la redazione della
direttiva europea 2005/29, la quale ha introdotto una nuova nozione: quella delle
“pratiche commerciali scorrette”. “Pratica commerciale” è definita “qualsiasi azione,
omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la
pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista,
in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori” (art.
18, lettera d del Codice del consumo). Una pratica commerciale è scorretta, invece, “se
è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura
apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore
medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo
qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”
(art. 20, comma 2, del Codice del consumo). All’interno del presente lavoro, dunque, è
stata condotta una disamina critica e alquanto approfondita dell’intero testo di questo
provvedimento con l’obiettivo di sciogliere i molti nodi problematici legati alle delicate
questioni interpretative che esso ha suscitato e soprattutto di individuare le numerose e
difficili scelte operate dal nostro legislatore per inserire in modo organico la nuova
disciplina. È interessante, infatti, capire in che modo i decreti legislativi redatti per
recepire le leggi della Comunità europea si siano integrati con le leggi e i princìpi già
Premessa
5
vigenti nei diversi ambiti con i quali la direttiva 2005/29 era destinata ad interferire,
come ad esempio la concorrenza sleale, la pubblicità commerciale, la teoria del
contratto e la responsabilità civile.
Seppure, in più punti, si è evidenziato come la parte “sostanziale” della
disciplina comunitaria sia stata oggetto di una pura e semplice trasposizione all’interno
del nostro ordinamento, senza, quindi, compiere il minimo sforzo di migliorare sul
piano tecnico e linguistico la formulazione delle singole disposizioni o di adeguarne i
contenuti al contesto di recepimento (il codice del consumo) si è proceduto, nel corso
del primo capitolo, ad esaminare i decreti legislativi 145/2007 e 146/2007 che, a partire
dal 21 settembre 2007, hanno dato attuazione alla legge comunitaria. La volontà di
focalizzarsi sul consumatore e non sul professionista giustifica la scelta di concentrare
lo studio sul secondo dei due decreti, il 146/2007 e sulle modifiche sostanziali che
questi ha provocato nella struttura del Codice del consumo. Il secondo capitolo, a tal
fine, presenta un’accurata disamina degli articoli 21-26 del decreto legislativo 206/2005
inerenti alle pratiche commerciali ingannevoli e alle pratiche commerciali sleali, con
una rilettura delle black list presenti nel Codice del consumo stesso.
Il terzo capitolo è dedicato all’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato, alla quale è affidato il compito di far applicare la normativa, con particolare
riferimento alla descrizione dei provvedimenti finali e alle sanzioni amministrative
inflitte dall’Autorità stessa. Nel terzo capitolo si è operata una meticolosa
classificazione dell’operato dell’Antitrust negli ultimi 3 anni (2007-2009) al fine di
capire come siano cambiate le decisioni contestualmente alla modifica degli articoli del
Codice del Consumo. In tabelle di immediata comprensione è possibile leggere la
situazione italiana relativa alle pratiche commerciali scorrette con una focalizzazione sui
settori merceologici colpiti dai provvedimenti, sulla quantificazione delle sanzioni
applicate, ma soprattutto sulla tipologia di illeciti compiuti con maggiore frequenza, un
dato questo ottenuto in base al numero di volte in cui si è fatto ricorso a determinate
norme del decreto legislativo 206/2005 per punire talune attività scorrette.
In ultimo, in appendice, si è ritenuto opportuno riportare il testo della direttiva
comunitaria 2005/29 e il testo degli articoli del Codice del Consumo ampiamente
analizzati nel corso del lavoro. È bene offrire la possibilità di un confronto diretto tra
Premessa
6
l’analisi testé fornita e la formalizzazione originaria della normativa per garantire una
comprensione esaustiva di quanto descritto.
Dopo aver delineato in linee generali il contenuto della tesi, voglio esprimere il
mio più sincero grazie alla mia famiglia: a Mamma, a Super Papuzzo e ad Alessandra,
senza il cui supporto, la pazienza e la preziosa collaborazione, tale risultato non sarebbe
mai stato raggiunto.
Capitolo I
7
Origine e attuazione della disciplina sulle
Pratiche commerciali scorrette
Sommario: 1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450. – 1.1. La pubblicità ingannevole:
il Codice del Consumo nella versione vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi. 2 agosto 2007, n.
145 e n. 146. .2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla direttiva comunitaria 2005/29. – 1.3. Il recepimento della direttiva 2005/29/Ce in Italia. - 1.3.1. Le particolarità del recepimento della direttiva
2005/29/Ce: le scelte del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti. – 2. Il decreto
legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo. – 2.1. Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e
la nozione di diligenza professionale. 2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a
falsare il comportamento economico del consumatore stesso. - 2.2.1. Il consumatore medio come parametro di
riferimento per le nuove norme del Codice del Consumo.
*******
1. La pubblicità ingannevole nella direttiva Europea 84/450
Nel corso del presente lavoro di tesi, ed in particolare in questo primo capitolo,
si prenderà in esame la trasformazione e l’evoluzione delle norme europee ed italiane in
materia di tutela del consumatore, degli scambi che questi intrattiene con i
professionisti, e del rapporto fra gli stessi imprenditori, in una pura ottica
concorrenziale. Un’attenzione speciale, inoltre, sarà rivolta alla modalità con cui è stato
formalizzato giuridicamente un nuovo concetto: quello di “pratica commerciale sleale”
il quale, essendo stato introdotto di recente nella giurisprudenza nazionale ed europea,
ha prodotto modifiche importanti nell’ordinamento di questo settore.
Il mercato in continua espansione e una concorrenza molto aspra tra le imprese
ha amplificato il bisogno di quest’ultime di individuare strategie di marketing sempre
più puntuali e mirate, poste in essere attraverso l’utilizzo di comunicazioni commerciali
e forme pubblicitarie volte ad influenzare in maniera significativa il proprio target di
riferimento. Il legislatore europeo, in considerazione dell’importanza che hanno assunto
le comunicazioni aziendali nell’orientare la scelta dell’acquisto di un bene da parte del
consumatore, ha ritenuto necessario, nel 1984, attraverso l’emanazione della direttiva
450, di determinare i criteri con i quali poter classificare una pubblicità come
ingannevole. La direttiva comunitaria 84/450 Cee è stata recepita in Italia con il decreto
legislativo 74/1992 con lo scopo, in base a quanto esplicitato nell’articolo 1, di “tutelare
dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano
Capitolo I
8
un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in
genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di
stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”. L’articolo 1, appena
citato, nel 1992 non conteneva nessun riferimento alla pubblicità comparativa, dal
momento che in Italia non era considerata lecita, ma il decreto legislativo è stato
modificato nel 2000 con un altro decreto, il numero 67, sempre in accordo con le nuove
disposizioni europee. La direttiva 97/55 Ce, infatti, ha modificato e ampliato i contenuti
della 84/450 prevedendo e includendo nella normativa anche la pubblicità comparativa,
definendone i parametri di liceità. La finalità del decreto legislativo del 1992 quindi è
molto esplicita: con un unico corpus di articoli si intende garantire tutela in tre ambiti
ben distinti e che sono, nello specifico, il singolo acquirente, i rapporti fra imprenditori
e l’interesse generale che si estrinseca nella collettività e nel mercato.
È doveroso sottolineare questa impostazione che il legislatore italiano ed
europeo avevano impartito all’inizio per questo settore, perché, come si analizzerà in
seguito, una delle trasformazioni più rilevanti del 2007 consisterà proprio nel
disintegrare questa unicità e operare una netta distinzione in base alla tipologia di
soggetto che viene coinvolto in una pratica commerciale scorretta. Negli articoli
successivi del decreto legislativo 74/1992 si rinvengono le definizioni di pubblicità e
pubblicità ingannevole che è, senza dubbio, importante riportare per offrire una visione
di quello che la norma mira a disciplinare. Per pubblicità si intende: “qualsiasi forma di
messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni
mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi
oppure la prestazione di opere o di servizi”, mentre la decettività si manifesta per
“qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in
errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che
essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro
comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un
concorrente.” Con la redazione del decreto legislativo 206/2005 in cui è contenuto il
Codice del consumo, il titolo III del Codice stesso ha ospitato la normativa in materia di
pubblicità ingannevole e comparativa ed, in piena risonanza con l’allora vigente
Capitolo I
9
normativa, si è posto sotto tutela qualsiasi soggetto, consumatore o impresa, ente
pubblico o privato che potesse subire dei danni da una comunicazione non corretta1.
1.1. La pubblicità ingannevole: il Codice del Consumo nella versione
vigente prima dell’entrata in vigore dei Decreti Legislativi 2 agosto 2007, n. 145 e
n. 146
Prima dell’analisi della trasformazione della disciplina negli ultimi due anni, è
bene passare brevemente in rassegna la composizione del Codice del Consumo al fine di
capire meglio la vera portata dei cambiamenti introdotti dall’Unione Europea. La
sezione del decreto legislativo 206/2005 che si analizzerà in questo paragrafo è il Titolo
III denominato “Pubblicità e altre comunicazioni commerciali”, voluto fortemente dal
legislatore italiano, il quale ha provveduto a distinguere e differenziare tali attività dalle
restanti tipologie di tutela. All’interno di questa sezione del Codice del Consumo erano
riportati quasi pedissequamente i contenuti della direttiva comunitaria 84/450/Cee e del
decreto legislativo 74/1992, ridotti, almeno da un punto di vista sistematico, nell’orbita
del diritto dei consumatori.
L’articolo 192 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche che sono
state apportate per il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29, conteneva la ratio
legis dell’intera sezione del Codice dedicata alla pubblicità ingannevole e comparativa3.
La normativa sulla pubblicità ingannevole disciplinata in questa sede, tende ad offrire
una protezione onnicomprensiva: tutela, infatti, non solo l’acquirente che può compiere
scelte che altrimenti non avrebbe mai preso, ma anche quanti agendo nello svolgimento
della propria attività commerciale non sono definibili come consumatori e sono
suscettibili, in egual modo, di essere vittime di attività decettive. Si garantisce, in questo
modo, protezione ai soggetti impegnati nell’ultima fase del contatto con l’utente finale,
1 Cfr. L.C. Ubertazzi, Concorrenza sleale e pubblicità, Cedam, Milano, 2008 p. 324. 2 L’articolo 19 del Codice del Consumo, nella versione non modificata, recita che: “Le disposizioni della presente sezione hanno lo scopo di tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali i soggetti che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i consumatori e, in genere, gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”. 3 Cfr. S. Sica, V. D’Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in Commentario del Codice del
consumo – inquadramento sistematico e prassi applicativa, a cura di P. Stanzione, G. Sciancalepore, 2006, Ipsoa, p. 104.
Capitolo I
10
ai fornitori e a tutti gli intermediari che lavorano all’interno della filiera produttiva. Tali
considerazioni determinano che, almeno da un punto di vista soggettivo, questa
disciplina non coincide esclusivamente con il diritto dei consumatori poiché è
applicabile a più tipologie di contratti, da quelli di consumo a quelli d’impresa.
All’interno dell’articolo 20 del decreto si rinvengono tutte le definizioni4 di
pubblicità, da ingannevole a comparativa, che, di riflesso, sono state citate già nel
paragrafo precedente, dal momento che sono le medesime presenti nel decreto
legislativo 74/1992. Le nozioni hanno dei margini interpretativi davvero ampi, tanto
che qualsiasi tipologia di comunicazione può essere inclusa all’interno di questa
classificazione: perfino la comunicazione istituzionale, in cui l’invito alla fruizione di
un oggetto o di un servizio è solo indiretta, ad esempio, è stata inclusa tra i messaggi
soggetti a giudizio dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato così come
sono incluse anche le sponsorizzazioni, le televendite e le telepromozioni. Sono escluse,
invece, da questo elenco i messaggi diffusi senza scopo di lucro o la pubblicità sociale
appartenente alla categoria di advocacy. La diffusione del messaggio, trattandosi, come
appare ovvio, di forme di battage pubblicitario è conditio sine qua non per la
formazione dell’illecito. In linea con quanto modificato a partire dal 21 settembre 2007,
inoltre, compaiono come elementi necessari alla definizione di un’attività scorretta
l’idoneità della pubblicità a indurre in errore i destinatari di essa e, proprio a causa del
carattere decettivo della comunicazione, il fatto che sia idonea a pregiudicare il
comportamento economico del consumatore che riceve il messaggio. Volendo
continuare ad individuare gli elementi che segnano una continuità nonostante i
cambiamenti degli ultimi anni, si rileva come in primis, le fattispecie di illecito previste
dalla norma hanno un carattere puramente oggettivo, dal momento che prescindono
completamente dalle categorie colpevolistiche della colpa o del dolo5, rendendo
irrilevante l’intenzionalità del professionista a diffondere informazioni mendaci al fine
di qualificare una pubblicità come ingannevole e poi come sia necessaria la mera
possibilità che un acquirente possa cadere in errore a rendere il messaggio idoneo ad
essere inserito nel novero di quelli sanzionabili. Come parametro di riferimento per
4 L’Articolo 20 del Decreto Legislativo 206/2005 assume le stesse funzioni che assurge l’articolo 18 nel Codice del consumo come modificato dai decreti 145/2007 e 146/2007. 5 Cfr. S. Sica, V. D’Antonio, Pubblicità ingannevole e comparativa, in op.cit, p. 112.
Capitolo I
11
comprendere quanto una pubblicità possa generare comportamenti che senza di essa non
avrebbero avuto luogo si è scelto in una prima istanza il target a cui è rivolta la
comunicazione e poi si è introdotta la nozione di consumatore medio, una nozione
questa che sarà ampiamente esaminata nel corso del presente capitolo in base alle più
recenti concezioni.
Nei restanti articoli che compongono questa sezione del Codice del consumo si
rinvengono gli elementi utili per valutare la decettività di una pubblicità (art.21), le
condizioni di liceità della pubblicità comparativa (art.22), le condizioni per la
trasparenza della pubblicità (art.23), la normativa sulla pubblicità di prodotti pericolosi
per la salute e la sicurezza dei consumatori (art.24) e quella sui bambini e adolescenti
(art.25). Gli articoli principali su cui si è basata la tutela del consumatore in questi anni
sono essenzialmente l’art. 21 e l’art. 22 perché determinano le linee guida per la
creazione della maggior parte dei messaggi pubblicitari e soprattutto indicano i criteri a
cui deve rifarsi l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’emettere i
propri giudizi. L’articolo 216, infatti recita che: “per determinare se la pubblicità sia
ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai
suoi riferimenti: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità,
la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della
prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica
o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le
caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al
prezzo o al modo in cui questo viene calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i
servizi vengono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore
pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale
e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi o
riconoscimenti.” L’articolo 22, invece, appare ancora più interessante dal momento che
afferma: “Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è lecita se sono
soddisfatte le seguenti condizioni:a) non è ingannevole ai sensi della presente sezione;
b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi
6 Articolo 21 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/2007 e 146/2007.
Capitolo I
12
obiettivi; c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti,
verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d)
non ingenera confusione sul mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o
tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi
dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente; e) non causa discredito o
denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi,
attività o circostanze di un concorrente;f) per i prodotti recanti denominazione di
origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; g) non trae
indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione
commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di
origine di prodotti concorrenti; h) non presenta un bene o un servizio come imitazione o
contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione
commerciale depositati. 2. Il requisito della verificabilità di cui al comma 1, lettera c), si
intende soddisfatto quando i dati addotti ad illustrazione della caratteristica del bene o
servizio pubblicizzato sono suscettibili di dimostrazione. 3. Qualunque raffronto che fa
riferimento a un’offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine
finale dell’offerta oppure, nel caso in cui l’offerta speciale non sia ancora cominciata, la
data di inizio del periodo nel corso del quale si applicano il prezzo speciale o altre
condizioni particolari o, se del caso, che l’offerta speciale dipende dalla disponibilità dei
beni e servizi.7”.
Tutti questi articoli appena citati (dall’articolo 21 all’articolo 25), da quando
hanno abbandonato questa collocazione nel Codice del Consumo a seguito delle
modifiche provenienti dalla direttiva comunitaria, sono stati integralmente trascritti nel
decreto legislativo 145/2007 che regola esclusivamente i rapporti tra i professionisti e al
quale i consumatori non possono appellarsi. Un’analisi più approfondita di tali
argomenti nella nuova collocazione prescinde dall’obiettivo di questa tesi poiché il
presente studio non si interessa dei professionisti, bensì solo dei consumatori e le basi
sulle quali questi possono far valere i propri diritti.
7Articolo 22 del decreto legislativo 206/2005, prima delle modifiche dei decreti legislativi 145/2007 e 146/2007.
Capitolo I
13
1.2. L’evoluzione della normativa negli anni 2000: primi accenni alla
direttiva 2005/29/CE
La trasformazione di questa disciplina è cominciata nell’ultimo decennio dal
momento che si può iniziare ad intravedere un sostanziale cambiamento dello status quo
con l’emanazione del Libro verde sulla tutela dei consumatori nell’Unione europea,
COM (2001) 531 def., del 2.10.200). Le modifiche, stabilite dall’Unione Europea,
seguono tutte il medesimo principio: la protezione massima nei confronti del
consumatore verso tutte le pratiche sleali, ivi compresa l’informazione mendace, e
l’armonizzazione della disciplina in materia di tutela del consumatore. Il legislatore
europeo ha costatato, infatti, che le divergenze fra le leggi degli stati membri, in questo
settore, rappresentavano il maggior deterrente per uno sviluppo consono del commercio
sia per gli imprenditori che per gli acquirenti. Gli imprenditori erano costretti ad
adottare prassi commerciali e campagne pubblicitarie difformi in relazione al paese di
riferimento adeguandone, di volta in volta, contenuti e promozioni, con un dispendio di
risorse davvero troppo oneroso. Si è osservato, invece, che a frenare i consumatori ad
effettuare compere al di fuori della propria nazione d’origine era l’inesperienza e
l’ignoranza delle leggi vigenti in altre realtà. La soluzione più idonea, quindi, per porre
fine a tali problematiche si è rivelata quella di uniformare le leggi degli stati ed ottenere
una disciplina quanto mai omogenea.
È utile capire a questo proposito le prime considerazioni in merito effettuate
dalla Commissione Europea presenti nel già citato Libro verde sulla tutela dei
consumatori nell’Unione europea poiché dai libri verdi spesso poi traggono origine i
successivi sviluppi legislativi comunitari8. I dibattiti con le parti interessate, che siano
stati enti o individui, hanno portato all’espressione di una serie di considerazioni
importanti in termini sia politici che di carattere economico-giuridico. Il Libro verde
sulla tutela dei consumatori nell’Unione europea introduce, infatti, la locuzione di
“comunicazione commerciale9” che riguarda “tutte le forme di pubblicità, marketing
diretto, sponsorizzazione, promozione delle vendite e relazioni pubbliche”. Queste
8 Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), Le pratiche commerciali sleali, Giuffrè, Milano, 2007, pag. 30. 9 Ivi, p.2
Capitolo I
14
attività, seppure non trovino una formalizzazione e una distinzione da un punto di vista
tecnico, almeno a livello giuridico, sono tutte accomunate dalla volontà di incentivare la
circolazione dei beni e dei servizi nel mercato e quindi di fare, in un certo qual senso,
pressione sul comportamento del consumatore.
Il Parlamento Europeo, avendo rilevato anche le numerose reazioni positive da
parte delle imprese e delle organizzazioni dei consumatori nel “Seguito dato al libro
sulla tutela dei consumatori nell’Unione Europea” dell’11 giugno del 2002, nell’aprile
2004 approva la proposta di emendare una nuova direttiva relativa alle pratiche
commerciali sleali tra le imprese e il mercato interno. Il Parlamento, infatti, esaminando
le indicazioni così come pervenute dalla Commissione, ne condivide i principi di base:
occorre quindi individuare un divieto generale per tutte quelle pratiche commerciali che
rientrino nella definizione di slealtà, progettando la redazione di una lista, una black list,
che riporti esempi fulgidi di pratiche da considerarsi in ogni caso scorrette.
Tutti questi lavori “preparatori” hanno portato alla definitiva realizzazione della
direttiva 2005/29/Ce che solo nel 2007 è stata recepita nell’ordinamento italiano. La
direttiva può, per semplicità d’analisi, dividersi in due parti: la prima parte che interessa
gli articoli 2-13 e che contiene la nuova regolamentazione delle pratiche commerciali
sleali mentre la seconda parte prevede la modifica di alcuni provvedimenti comunitari
già vigenti, come, ad esempio, la precedente e menzionata direttiva sulla pubblicità
ingannevole del 1984 e quella sulla pubblicità comparativa. La direttiva oggetto di
studio riguarda le pratiche commerciali il cui “intento diretto è quello di influenzare le
decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti. Non riguarda le
pratiche commerciali realizzate principalmente per altri scopi, comprese ad esempio le
comunicazioni commerciali rivolte agli investitori, come le relazioni annuali e le
pubblicazioni promozionali delle aziende10”. La direttiva, infatti, tutela direttamente gli
interessi dei consumatori e solo indirettamente le attività che possono danneggiare i
concorrenti. Il legislatore europeo, seppur contempli l’ipotesi che esistano nel settore
pratiche commerciali che, per quanto non influenzino in maniera negativa il
consumatore, possano ledere esclusivamente gli imprenditori, rimanda alla
10 Art.7 della CEE 29/2005
Capitolo I
15
Commissione il compito di promuovere un’altra azione comunitaria al di fuori della
direttiva 2005/29 Ce che regoli queste altre fattispecie11.
A questo punto occorre capire come è formalizzata la nozione di pratica
commerciale scorretta ai sensi dell’art.2 lett D proprio perché è da questa definizione
che sarà possibile individuare le differenze, le modifiche e le eventuali integrazioni con
il concetto di pubblicità e di comunicazione commerciale. La pratica commerciale è
definita come “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione
commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in
essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita, fornitura di
un prodotto ai consumatori.12”. In una prima analisi appare evidente come il diritto si
trovi spesso in difficoltà nel ricondurre i concetti che sono legati al mondo aziendale nei
canoni del linguaggio formale e giuridico, e come spesso il legislatore finisca per
fornire delle classificazioni troppo ampie e di una modesta utilità tecnica. Come si
evince dalla formalizzazione della definizione di pratiche commerciali, infatti, aver
accomunato nello stesso articolo termini quali marketing, comunicazione commerciale e
pubblicità non aiuta chi legge ad individuare in modo semplice processi e funzioni
distinte dell’intera attività d’impresa. Si nota, comunque, a partire dal 1984, in ambito
europeo, fino al recepimento nel 2007 in Italia dell’ultima normativa, una graduale
operazione di generalizzazione dei principi definitori e si è passati dalla protezione,
alquanto contestualizzata, di messaggio pubblicitario ingannevole ad un più totalizzante
tentativo di copertura dell’intero processo negoziale fra il consumatore e l’imprenditore.
A conferma di ciò, i termini pratica commerciale e pubblicità sono in stretta relazione,
11 Art.8 della CEE 29/2005 12 Nell’articolo 18 del decreto legislativo 206/2005 viene definita pratica commerciale scorretta “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posto in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita, fornitura di un prodotto ai consumatori”. A differenza di quanto stabilito dall’articolo 2 let.d del 2005/29CE in cui la pratica commerciale è tale se direttamente connessa alla promozione e alla vendita, il legislatore italiano ha preferito utilizzare la dicitura “in relazione a” per includere in questo articolo qualsiasi atto del professionista idoneo a incidere nella sfera del consumatore, seppur di riflesso. Lasciare quanto previsto della direttiva europea, infatti, avrebbe potuto comportare l’esclusione dal novero delle pratiche commerciali determinati atti di concorrenza sleale come ad esempio il boicottaggio o l’abuso di posizione dominante. Cfr. Ubertazzi, op.cit., p.323.
Capitolo I
16
ed anzi, il primo contiene il secondo13. Una differenza importante tra le pratiche
commerciali e le comunicazioni commerciali è rappresentata, inoltre, dal fatto che sono
diversi i soggetti che vengono considerati destinatari di queste stesse e di riflesso anche
quelli che vengono tutelati: da un lato, infatti, la direttiva 2005/29 Ce disciplina le
pratiche commerciali dirette ai consumatori finali lasciando fuori gli intermediari,
mentre le comunicazioni commerciali si sa che tendono a influenzare rivenditori,
opinion leader, e non solo i diretti interessati dei messaggi aziendali. Se prima del 2005,
quindi, non sussisteva questa differenziazione, attualmente, invece, le pratiche
commerciali attengono alla protezione del solo consumatore, mentre la direttiva del
1984 è stata modificata restringendo la disciplina della pubblicità ingannevole al
controllo del rapporto dei soli professionisti. L’art.14 della 2005/29 Ce, infatti, ha
radicalmente cambiato l’art.1 della 84/450 CEE che ora recita: “la presente direttiva ha
lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze
sleali e di stabilire condizioni di liceità della pubblicità comparativa.”. La direttiva
84/450/CEE, del 10 settembre 1984, concernente la pubblicità ingannevole e
comparativa, come è facile notare, è stata più volte modificata in modo sostanziale e
dunque, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, il legislatore europeo ha ritenuto
opportuno emanare, in data 12 dicembre 2006, una nuova direttiva, la numero 114, in
cui è stata codificata l’intera disciplina sulla pubblicità ingannevole e su quella
comparativa contenente tutte le modifiche apportate nel corso degli anni, potendo far
ritenere abrogata la precedente direttiva del 1984.
Volendo porre nuovamente l’attenzione sulla direttiva più importante per
l’interesse del presente studio, quella del 2005, è doveroso sottolineare che gli organi
comunitari hanno previsto un “doppio termine”14 per il recepimento della direttiva
29/2005 Ce da parte degli stati membri dell’Unione Europea. L’art.19 della succitata
direttiva stabilisce, infatti, che gli stati membri debbano adottare e pubblicare entro il 12
giugno 2007 le disposizioni legislative indispensabili all’adeguamento dell’apparato
13 Cfr. M. Pratesi, Il punto di vista dell’aziendalista, Pubblicità e altre comunicazioni commerciali:
chiarimenti sui termini e tendenze evolutive in atto, in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, p.91. 14 Cfr. G. De Cristofaro (a cura di), Pratiche commerciali scorrette e codice del consumo, Il recepimento
della direttiva 2005/29 Ce nel diritto italiano (decreti legislativi nn.145 e 146 del 2 agosto 2007),
Giappichelli editore, Torino, 2008, p. 49 e ss.
Capitolo I
17
normativo salvo poi applicarle e farle, dunque, entrare in vigore entro il termine ultimo
del 12 dicembre 200715. A partire, appunto, da quest’ultima data era prevista l’entrata in
vigore del nuovo sistema comunitario delle “pratiche commerciali” sebbene le
disposizioni dell’art.19 non siano state rispettate in modo omogeneo da tutti i Paesi
considerando che nel mese di settembre del 2008 non si erano uniformati ai dettami
comunitari né la Germania, né il Lussemburgo e né la Spagna. I legislatori di ogni stato
membro dell’Unione Europea, comunque, si sono trovati di fronte a delle questioni
importanti da risolvere per poter adeguatamente conformare il proprio ordinamento con
quanto previsto dalla 2005/29 Ce e, soprattutto, con poche opportunità di scelta, dal
momento che la tensione ad armonizzare la dottrina in ogni paese aderente al patto,
offriva loro ridottissimi margini di manovra e di autonomia. Il problema principale si è
palesato all’atto di optare tra la creazione di un corpus normativo unitario,
organicamente inserito all’interno di preesistenti leggi nel quale introdurre quindi le
modifiche della direttiva, oppure di dare vita a due discipline separate (una per la tutela
del consumatore dalle pratiche commerciali sleali e un’altra che proteggesse i
concorrenti dalla pubblicità ingannevole o dalla scorretta pubblicità comparativa).
Un’altra questione16 di primaria importanza, inoltre, è rappresentata dalla
necessità di concordare qualsiasi trasformazione dell’ordinamento con le leggi vigenti
in materia di concorrenza sleale e di tutela dei consumatori e che in Italia, ad esempio,
riguardano, per la prima ipotesi, gli articoli 2598-2601 del codice civile mentre, per la
seconda, il decreto legislativo 206/2005 in cui è contenuto il Codice del Consumo.
1.3. Il recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 in Italia.
A questo punto è bene introdurre come la direttiva comunitaria del 2005 sia stata
recepita in Italia e con quali metodologie. Il legislatore italiano ha riformato
l’ordinamento nazionale attraverso l’emanazione di due decreti legislativi, entrati in
15 Art.19 della direttiva 2005/29 recita: “Gli stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio a quest’ultima ogni eventuale successiva modifica. Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 2007. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 16 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 51
Capitolo I
18
vigore nello stesso giorno, il 02/08/2007, rispettivamente il n.145 e il n.146, che hanno
tradotto in maniera quasi pedissequa la direttiva 2005/29 Ce e il d.lgs. del 23 ottobre
2008, n.221. Il primo di questi decreti17 contiene la disciplina generale della pubblicità
ingannevole e comparativa, in modo particolare le norme di recepimento della direttiva
84/450 Ce, come modificata dalla 97/55/Ce e dall’art.14 della stessa direttiva
2005/29/Ce. L’intitolazione di questo decreto, “Attuazione dell’articolo 14 della
direttiva 2005/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole”,
porta erroneamente a credere che al suo interno possano essere stati inseriti
esclusivamente gli articoli necessari all’adeguamento dell’ordinamento italiano alla
normativa, mentre, in realtà, in esso è stato trasposto l’intero corpus che, in origine, era
contenuto nel decreto legislativo 74 del 28 gennaio 1992 e già trasferito, in un primo
tempo, negli articoli 18-27 del d.lgs. 206/2005, una trasposizione questa che ha stabilito
la definitiva abrogazione del d.lgs. n.74/1992.
Nel decreto legislativo 146/200718 si rinvengono, invece, le disposizioni di
recepimento degli articoli 1-13 e 15-17 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali,
che, a breve, saranno analizzate nel dettaglio specificando anche la loro collocazione
nell’ambito dell’ordinamento italiano. In questo decreto, inoltre, è presente un articolo,
il numero 5 delle Disposizioni finali19, che tende a ridurre la portata operativa di un
provvedimento precedente, la legge 173/2005, che disciplina le vendite piramidali, il
quale, invece, avrebbe meritato di essere accorpato in maniera più omogenea all’interno
del novero delle pratiche commerciali sleali. La succitata legge del 2005, infatti, è
rimasta praticamente invariata, ma ha una valenza ormai solo su un piano formale e,
17 D.lgs. n.145 del 2 agosto 2007, recante “Attuazione dell’articolo 14 della direttiva 2005/29/Ce che modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole”. 18 D.lgs. n.146 del 2 agosto 2007, recante “Attuazione della direttiva 2005/29/Ce relativa alla pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/Cee, 97/7/Ce, 98/27/Ce, 2002/65/Ce, e il Regolamento (Ce) n. 2006/2004”. 19 L’art. 5 del d.lgs. 146/2007, infatti, riporta che: ”Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli articoli 5, comma 1, e 7, della legge 17 agosto 2005, n. 173, recante disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, sono abrogati nella parte in cui riguardano forme di vendita piramidali tra consumatori e professionisti come definite all'articolo 23, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo in cui e' previsto o ipotizzabile un contributo da parte di un consumatore come definito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del predetto codice. I suddetti articoli 5, comma 1, e 7, restano applicabili pertanto alle forme di promozione piramidale che coinvolgano qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.”
Capitolo I
19
come scritto poc’anzi, si sarebbe potuto optare per un’integrazione migliore all’interno
del decreto legislativo 206/20005.
Nel corso del presente capitolo, si osserverà in maniera più approfondita come il
recepimento della direttiva europea da parte del legislatore italiano non sia esente da
critiche poiché, in alcune occasioni, si è limitato a riportare nel nostro ordinamento
termini che possono ritenersi appropriati se utilizzati in ambito comunitario, senza
provvedere ad adattarli alle peculiarità dell’ordinamento nazionale e con scarsa armonia
con le previgenti leggi afferenti con tale disciplina. L’attuazione della direttiva 2005/29
Ce si è per così dire conclusa con l’emanazione del d.lgs. del 23 ottobre del 2007, n.211,
che contiene le “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 6
settembre 2005, n.206, recante Codice del Consumo”20 poiché il Governo, sfruttando la
delega conferita dall’art.20 bis della legge 229/2003 che conferiva il potere di
modificare uno o più decreti legislativi per apportare correzioni e integrazioni, ha
inserito gli articoli provenienti dal d.lgs. 146/2007 nel d.lgs. 206/2005. Il legislatore
italiano ha deciso, infatti, di modificare i contenuti del Codice del consumo,
estromettendo la disciplina sulla pubblicità ingannevole che prima era contenuta negli
articoli 18-27 del d.lgs. 206/2005 e sostituire questi articoli con quanto disposto dalla
normativa sulle pratiche commerciali sleali. Suscita perplessità, però, la collocazione
delle disposizioni attuative degli articoli 1-13 della direttiva 2005/29/Ce nell’ambito del
Titolo III della Seconda Parte del Codice del consumo intitolata “Educazione,
Informazione e Pubblicità” poiché, dal momento che la definizione di “pratica
commerciale”, come già più volte sottolineato, include qualsiasi condotta rivolta a
promuovere l’acquisto di beni e servizi ai consumatori ed è indubitabilmente legata alla
stipulazione di contratti, sarebbe stato più consono e più coerente, per una questione
sistematica e contenutistica, inserire tali articoli nella Parte III del d.lgs. 206/2005
intitolata “Il rapporto di consumo”. La soluzione più idonea sarebbe stata probabilmente
quella di introdurre le nuove disposizioni nell’attuale Titolo II della Parte III, risolvendo
contemporaneamente la questioni inerenti al precetto normativo proposto dall’art.3921 e
20 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.278 del 29 novembre 2007. 21 L’articolo 39 del d.lgs. 206/2005 recita: “ le attività commerciali sono improntate al rispetto dei principi di buona fede, di correttezza e di lealtà, valutati anche alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori”. I principi di buona fede, correttezza e di lealtà rappresentano dei
Capitolo I
20
che sarebbe stato, in questo caso, inglobato nelle modifiche in oggetto. L’articolo 39 del
codice del consumo, infatti, all’atto della redazione del d.lgs. 206 nel 2005, faceva già
riferimento non ad atti o contratti, ma all’intera attività commerciale, non considerando
l’esistenza di un rapporto contrattuale, e volendo tutelare il consumatore in ogni fase del
processo di consumo. Si crea, invece, con questa scelta, una sorta di commistione con
la direttiva europea più volte citata tanto da poter ravvisare nell’articolo 39 una norma
pensata dal legislatore nazionale per accogliere in modo più armonioso possibile la
disciplina europea22. È possibile, comunque, che il nostro legislatore abbia optato per
questa collocazione poiché ha recepito la direttiva europea 2005/29 dando maggior
enfasi all’aspetto meramente “pubblicistico”23 della normativa piuttosto che
concentrarsi sui rapporti contrattuali tra consumatore e imprenditore. In effetti, la Parte
II del Codice del Consumo detta una serie di norme di comportamento per la cui
violazione vengono espressamente contemplate soltanto sanzioni amministrative
pecuniarie, laddove per contro la Parte III reca un’insieme di regole di natura
privatistica.
In conclusione di questo paragrafo, al di là di tutte le recriminazioni su possibili
collocazioni migliori degli articoli succitati, il decreto 206/2005, come modificato dal
d.lgs. 146/2007, fa sì che i contenuti del Titolo III della Parte II del Codice del
Consumo siano i seguenti: il primo capo contiene le Disposizioni generali con gli artt.
18 e 19 in cui sono inserite una serie di definizioni e regole che determinano il rapporto
con le altre discipline, il secondo capo, intitolato “Pratiche commerciali scorrette”
(artt.20-26) al cui interno si rinvengono le norme di attuazione degli articoli 5-9 della
direttiva, nell’’ultimo, il terzo capo (artt. 27-27 quarter) ospita le norme di recepimento
degli articoli 10-13 della 2005/29/Ce.
sinonimi, ma il problema si pone allorquando si vuole interpretare questa norma in relazione alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali e alla singolare contaminazione che la 2005/29/Ce opera tra buona fede oggettiva, ragionevolezza e diligenza nell’art.5, comma 2, lettera a. Per il diritto italiano, infatti, diligenza e buona fede oggettiva non sono certamente dei sinonimi ed è addirittura sconosciuta la definizione di ragionevolezza se non per alcune eccezioni (art.117 del codice del Codice del Consumo). Il punto debole dell’art.39, come si evince facilmente, è la totale assenza di sanzioni. Cfr. E. Minervini, L. Rossi Carleo (a cura di), op. cit, p. 80. 22 Cfr F. Vigoriti, Verso l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, in Europa e diritto
privato, 2007, pag.525 23 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.70
Capitolo I
21
1.3.1. Le particolarità del recepimento della direttiva 2005/29/Ce: le scelte
del legislatore e le relazioni con altre discipline normative con essa interferenti.
Nell’ordinamento italiano si è rispettata, dunque, la diversificazione di tutela
imposta dalla comunità europea, dal momento che si è realizzato un sistema bipolare di
protezione, uno riservato esclusivamente al consumatore, con il decreto legislativo
146/2007, e un altro che regola i rapporti con la concorrenza, sebbene la soluzione
italiana presenti “un’indubbia originalità24”. Se da un lato, infatti, la parte “sostanziale”
delle pratiche sleali e della pubblicità ingannevole e comparativa risulti completamente
uniforme ai precetti contenuti nelle due discipline e sono ben evidenti le differenze, non
può si può analogamente individuare un’autonomia da un punto di vista
“procedimentale”25, dal momento che la competenza ad accertare le violazioni è stata
attribuita, di fatto, alla stessa Autorità, l’Autorità garante delle concorrenza e del
mercato. Natura, entità, tipologia delle sanzioni sono le medesime sia in un caso che
nell’altro. A causa di ciò, dunque, si riduce drasticamente la portata pratica di queste
normative poiché, sebbene la divisione teorica resti senza dubbio importante, si porta a
confondere su un piano squisitamente operativo le applicazioni e le delimitazioni delle
singole discipline. Un’ulteriore sovrapposizione si verifica anche perché nel d.lgs.
146/2007, come di seguito riportato nell’art.27 co. 2 del Codice del consumo, si prevede
che sia concessa l’opportunità di chiedere l’intervento dell’Autorità garante della
concorrenza e del mercato a chiunque ne abbia un interesse, che sia un singolo
individuo o un’organizzazione. Questa condizione comporta che il professionista, i cui
affari o la propria reputazione non siano lesi da un comportamento concorrenziale
scorretto riconducibile alla pubblicità ingannevole e a quanto tutelato dall’apposito
decreto legislativo 145/2007, possa difendere i propri interessi appellandosi alla
protezione offerta dal decreto legislativo 206/2005. Un’eventualità del genere non può
considerarsi remota dal momento che è lecito che un imprenditore, piuttosto che
ricorrere al giudice ordinario per far valere i propri diritti in base al codice di proprietà
industriale, d.lgs. 30/2005, o agli articoli 2598 -2601 del codice civile, preferisca, in
24 Ibidem, p. 76 25 Si vedano nello specifico, artt.27 del Codice del Consumo e 8 del decreto legislativo 2 agosto 2007 n.145.
Capitolo I
22
termini di spesa e di rapidità, grazie all’ “apertura” lasciata dal succitato articolo 27 co.
2, l’iter previsto dall’Antitrust.
Questa suddivisione e questo tentativo di concedere piena autonomia alla
disciplina in esame, inoltre, per quanto non si voglia criticare in pieno l’impostazione
del legislatore, appare poco funzionale poiché sono difficilmente immaginabili tanti casi
in cui una lesione del comportamento economico del consumatore non danneggi, a sua
volta, un possibile concorrente. È complesso individuare, infatti, ipotesi in cui si possa
trovare applicazione solo una delle due normative e quindi l’effetto più immediato di
quella che può considerarsi come una sorta di idealizzazione legislativa, è il
concretizzarsi di un surplus di procedure e di possibili rimedi che scaturiscono dallo
stesso comportamento sleale.
Oltre alla succitata problematica relativa alla possibile dislocazione della
disciplina delle pratiche commerciali e dei rapporti concorrenziali in più ambiti
normativi, è utile capire anche come le scelte del legislatore, nell’applicare la direttiva
2005/29/Ce, abbiano influito in settori normativi affini e preesistenti alle modifiche che
si sono stabilite nel corso di questi ultimi due anni. Sono palesi, infatti, le interferenze
con la teoria del contratto e quelle con la responsabilità civile dal momento che, come si
analizzerà meglio nel paragrafo successivo, le pratiche commerciali mirano a tutelare
tutti i rapporti posti in essere “prima, durante e dopo26
” un’operazione commerciale
assimilando, di conseguenza, sotto la propria tutela qualsiasi trattativa fino
all’adempimento di tutte le clausole contrattuali. L’articolo 19 del d.lgs. 206/2005
permette di affermare, dunque, che non è necessario che un’operazione commerciale
giunga a compimento per poterla definire come una pratica commerciale scorretta, bensì
è sufficiente che questa stessa sia atta ad alterare o modificare, facendo leva su
escamotage ingannevoli, le capacità decisionali del consumatore medio,
pregiudicandone negativamente il comportamento economico. Quando il consumatore
stipula il contratto può solo ricorrere a rimedi di carattere invalidatorio che gli
consentano di svincolarsi da quanto sottoscritto e richiedere, ove ce ne sia la possibilità,
eventuali risarcimenti danni. Nell’ambito del codice civile e quindi non facendo
26 Art.19 del decreto legislativo 206/2005
Capitolo I
23
riferimento per il momento alle pratiche commerciali sleali e al decreto legislativo
206/2005, si può ricorrere all’articolo 141827 che rende nullo un contratto qualora la
violazione del contratto stesso rifletta la trasgressione di una norma imperativa e
concretamente nel non rispetto di quanto previsto dall’articolo 1325 del codice civile
(l’accordo delle parti, causa, oggetto e la forma se prescritta dalla legge sotto pena di
nullità) o per l’assenza nell’oggetto delle indicazioni richieste dall’art. 1346 del codice
civile. Questa condizione porta a riflettere che un contratto, però, potrebbe essere
redatto senza alcun vizio di forma, ma rappresentare comunque una pratica commerciale
scorretta nei confronti del consumatore in base a quanto disposto dagli artt. 20 co.1, e
18, let d) ed e) del Codice del Consumo. L’introduzione nel corpus normativo italiano
della nozione di pratica commerciale scorretta fa sì che un presupposto di illiceità
contrattuale non è da rintracciarsi esclusivamente nelle parti sostanziali che
caratterizzano la formazione di un contratto bensì anche ad un fattore esterno alla
pattuizione stessa e cioè la volontà dell’acquirente il quale deve essere libero e
consapevole prima di accettare qualsiasi proposta.
Dopo aver esplicitato questo punto è molto chiaro individuare un’unione fra gli
articoli di recepimento della direttiva 2005/29/Ce e l’articolo 1427 del codice civile che,
sempre in tema di annullabilità di un contratto, recita: “il contraente, il cui consenso fu
dato per errore (1428 e seguenti), estorto con violenza (1434 e seguenti) o carpito con
dolo, può chiedere l'annullamento del contratto (1439 e seguenti) secondo le
disposizioni seguenti (122, 624).” La disciplina regolata dal decreto legislativo
206/2005, quindi, se analizzata sotto questi determinati aspetti, presenta molti punti di
analogia con la teoria del contratto e ciò porta a stabilire che, qualora il Codice del
consumo non dovesse coprire tutte le pratiche commerciali scorrette e non presentasse
soluzioni per dei casi specifici, il consumatore sarebbe ugualmente tutelato dalle norme
precedentemente previste nel codice civile e potrebbe appellarsi ad un vizio di volontà
per ottenere l’annullamento del contratto o parte di esso.
27 L’articolo 1418 del codice civile recita: “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'Art. 1325, l'illiceità della causa (1343), l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'Art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'Art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (190, 226, 458, 778 e seguente, 780 e seguente, 788, 794, 1261, 1344 e seguente, 1350, 1471, 1472, 1895, 1904, 1972)”.
Capitolo I
24
Continuando la disamina che induce a porre l’attenzione sulle relazioni
intercorrenti fra la disciplina delle pratiche commerciali scorrette e le altre norme con
essa afferenti, è il caso di rilevare quali sono i meccanismi di tutela presenti nel codice
civile che si attivano allorquando un consumatore non abbia stipulato ancora un
contratto, ma si renda conto prima della sottoscrizione della presenza di un’attività
commerciale non lecita. La questione fondamentale risiede nel fatto che un consumatore
è in diritto di chiedere eventualmente un risarcimento per ogni pratica chiaramente
contraria alla buona fede pre-contrattuale, ma ovviamente, dal momento che non è stato
sottoscritto nulla, non può richiedere misure di carattere invalidatorio. Nel caso in cui la
slealtà di un’operazione commerciale si attui in una condizione non definibile come
“pre-contrattuale”, l’acquirente può far ricorso solo all’articolo generale della
responsabilità civile, extracontrattuale, l’art.2043, seppur in questo caso diventa
complesso stabilire con assoluta certezza un nesso di casualità forte tra un
comportamento economico errato di un individuo e un’eventuale trattativa non giunta
neanche ad un livello che può intendersi come attività precontrattuale.
In ultimo, è importante rilevare la scelta dal legislatore italiano di non avvalersi
di alcune opzioni e deleghe concesse nella direttiva sulle pratiche commerciali scorrette.
È rilevante, infatti, analizzare il rapporto che la nuova disciplina contenuta nel Codice
del Consumo avrebbe potuto intrattenere con i codici deontologici e con l’adozione da
parte delle associazioni di consumatori di codici di buona condotta, anche se il nostro
legislatore ha deciso di non usufruirne. La direttiva 2005/29/Ce autorizza gli Stati
membri a mantenere e/o a introdurre norme interne ed autonome28 accordando, di
riflesso, la creazione di un sistema normativo a “ragnatela29” e non piramidale che
avrebbe origine grazie alla commistione fra fonti pubbliche di produzione del diritto e
fonti private volte alla regolamentazione della stessa fattispecie. L’adozione di atti di
28 Art.3, § 8 della direttiva comunitaria 2005/29 afferma che: “la presente direttiva non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla normativa comunitaria, imporre a questi ultimi.”. 29 Cfr. F.Pinto, I codici deontologici e la direttiva 2005/29/Ce in Minervini – Rossi Carleo (a cura di), Le
pratiche commerciali sleali, cit, p. 220 ss.
Capitolo I
25
autoregolamentazione è stata auspicata in più occasioni dalla Comunità Europea30 e, al
considerando n.20 della succitata direttiva, la previsione dell’elaborazioni di norme di
buona condotta da parte delle associazioni dei consumatori è tesa a confutare qualsiasi
dubbio circa la potenziale parzialità dei codici deontologici proposti dalle imprese.
Secondo quando previsto a livello comunitario31, i presupposti per l’applicazione della
disciplina sulle pratiche commerciali scorrette inerenti ai codici deontologici sono tre:
l’emanazione di un codice deontologico stesso da parte di un’azienda, l’indicazione in
una attività commerciale da parte del professionista di essere vincolato al rispetto delle
norme autoimposte e che l’impegno assunto sia fermo e verificabile (si interpreta il
termine fermo come impegno irrevocabile, assunto verosimilmente in forma scritta).
Quanto previsto dalla direttiva comunitaria non è in alcun modo menzionato nel decreto
legislativo 146/200732 dal momento che si rileva solamente nell’art. 18 lett. f33 del
Codice del Consumo una definizione di codice di condotta, ma che ha una valenza del
tutto marginale rispetto all’intero corpus normativo che si sta attualmente analizzando.
La direttiva europea 2005/29/Ce, infine, lascia l’opportunità agli Stati membri di
introdurre o mantenere “limitazioni e divieti motivati e giustificati per tutelare la salute
e la sicurezza dei consumatori nel territorio in cui risiedono, quale che sia il luogo di
stabilimento dei professionisti”34, di inserire regole più severe nel settore che ha come
oggetto i servizi finanziari o i beni immobili e di vietare pratiche commerciali che
contrastano le regole di buon gusto o il decoro comunemente osservate dalla
popolazione residente in uno degli Stati membri. Il legislatore italiano, ancora una volta
e come già accaduto per i codici deontologici, non ha apportato modifiche alla direttiva
comunitaria e ha accettato tutto senza usufruire delle facoltà accordategli dalla
Comunità Europea.
30 Cfr. come esempio, nel art.27 della direttiva 95/46/Ce la Commissione incoraggia l’elaborazione di codici che possano contribuire alla corretta applicazione delle leggi nazionali in materia di trattamento dei dati personali. 31 L’articolo 2, comma 6, della direttiva 2005/29/Ce individua le condizioni per le quali una pratica commerciale può definirsi ingannevole in caso di violazione delle norme deontologiche. 32 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 84 e ss. 33 Art.18 let.f del d.lgs. 206/2005 introduce la definizione di codice di condotta stabilendo che può definirsi come codice di condotta “ un accordo o una normativa che non e' imposta dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o piu' settori imprenditoriali specifici;”. 34 ibidem
Capitolo I
26
2. Il decreto legislativo 146/2007 e i nuovi articoli del Codice del Consumo.
Nei paragrafi precedenti si sono illustrati ampiamente i principi guida che hanno
segnato la redazione della direttiva comunitaria 2005/29 e quali sono stati i criteri con i
quali il legislatore ha deciso di recepire la direttiva stessa nell’ordinamento italiano
mentre in questa sezione si analizzeranno in modo dettagliato gli articoli del decreto
legislativo 206/2005 inerenti alle pratiche commerciali sleali. Prima di iniziare tale
disamina, occorre aggiungere una piccola precisazione: il legislatore italiano ha optato
di utilizzare il termine “scorrette” in luogo di sleali per evitare qualsiasi confusione con
la materia della concorrenza sleale, regolamentata dagli artt. 2598 – 2601 del codice
civile. Nelle pagine seguenti si utilizzeranno entrambi i lemmi, considerati come
sinonimi.
2.1 Le definizioni dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005 e la nozione di diligenza
professionale.
Il capo del Codice del consumo, come modificato dal decreto legislativo
146/2007, propone nell’articolo 18 la definizione dei termini chiave e più ricorrenti
nell’ambito della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette in cui è inserita,
appunto, come già scritto in precedenza, la nozione di pratica commerciale stessa e
quali ambiti tutela e regola. La definizione di pratica commerciale scorretta presente
all’art.18 lett. d) ricalca quella contenuta nell’articolo 2 lett. d) della direttiva
comunitaria 29/2005, scelta senza dubbio coerente con la volontà del legislatore
comunitario di armonizzare la disciplina. L’ampiezza della normativa si evince
soprattutto sotto il profilo della natura giuridica della condotta vietata, “che può
consistere tanto in dichiarazioni quanto in comportamenti materiali, tanto in omissioni;
si apprezza poi sotto il profilo sostanziale, in quanto si richiede una semplice
“relazione” fra la condotta e la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai
consumatori35”. La portata della norma è estesa anche perché, come si rinviene
nell’articolo 18 lett.c, si intende per prodotto “qualsiasi bene, servizio, diritto e
obbligazione36”, offrendo, quindi, una definizione onnicomprensiva. L’operatività
35 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.97 e ss. 36 Art. 18, lett. c) del d.lgs. 206/2005.
Capitolo I
27
dell’art.18 lett. d) include tutte le forme di promozione, di commercializzazione dei
prodotti, sia vecchie che nuove, e ogni tipo di condotta che va dalla prima presa di
contatto fra i soggetti coinvolti in un’operazione commerciale fino alla conclusione
della stessa. Ricadono nella nozione di pratica commerciale, nello specifico, pertanto,
sia i veri e propri messaggi pubblicitari sia quelle attività che, pur appartenendo al genus
delle comunicazioni d’impresa, si tendono solitamente ad essere esclusi o distinti dal
battage vero e proprio come, ad esempio, le sponsorizzazioni o quelle comunicazioni
che hanno quale obiettivo primario quello di promuovere l’immagine e la reputazione
dell’inserzionista e incitare all’acquisto in maniera indiretta.
I rapporti precontrattuali o contrattuali instaurati tra imprenditori che agiscono,
durante la stipulazione, nel quadro della propria attività commerciale, industriale o
artigianale, invece, non possono essere tutelati da questa norma e come esempio si
possono riportare tutti quei contratti che hanno come oggetto quei beni strettamente
destinati all’esercizio di un’attività professionale realizzati da un fornitore per un altro
professionista.
Se è alquanto intuitivo escludere questo gruppo di attività dall’ambito di tutela
del d.lgs. 146/2007, dal momento che la definizione di pratica commerciale scorretta
non lascia adito a dubbi, merita una riflessione più accurata un secondo tipo di pratiche
in cui non si riscontra quel requisito di “diretta connessione” o “relazione”37 previsto sia
dalla direttiva 2005/29/Ce sia dall’articolo 18 del Codice del consumo. Il secondo tipo
di condotta sulla quale si può dibattere è quella in cui il collegamento fra la pratica
commerciale, la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori sia
realizzato attraverso un’intesa stipulata tra i professionisti stessi, come avviene nel caso
in cui gli imprenditori si accordino sui prezzi mediante l’utilizzo dei cartelli, in cui oltre
ad un danno concorrenziale sono evidenti gli effetti negativi sulle condizioni finali di
trattamento per il singolo acquirente. Si è deciso di ritenere anche queste pratiche
commerciali “mediate” al di fuori dall’applicazione del d.lgs. 206/2005 sia perché la
Comunità Europea non ammette l’ampliamento del raggio d’azione della direttiva (si
ricorda sempre come il legislatore europeo abbia assicurato un’imposizione più rigida
37 Si rimanda alla nota 15, ibidem
Capitolo I
28
con l’utilizzo dell’espressione “in diretta connessione”), sia perché la nozione di pratica
commerciale si interessa delle condotte attive o omissive che potrebbero condizionare la
scelta e il comportamento economico di un individuo, ma non si fa carico di quelle
azioni, estranee al proprio ambito di afferenza, che incidono sul contenuto del contratto.
Tra i concetti più rilevanti presenti nell’articolo 18 del d.lgs. 206/2005 è da
citare quello di “diligenza professionale” il quale, proprio a causa della vaghezza
definitoria con il quale è stato descritto dal legislatore, merita un ulteriore
approfondimento. L’articolo 18, lett. h, del d.lgs. 206/2005 propone la diligenza
professionale come “il normale grado della specifica competenza ed attenzione che
ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto
ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del
professionista;” Si palesa, anche in questo caso, una difficoltà interpretativa simile a
quella che si è già affrontata per l’art.39 del Codice del Consumo e l’art. 5 lett. a della
direttiva comunitaria 2005/29, dal momento che se buona fede e correttezza possono
essere considerati sinonimi e afferiscono ad un preciso obbligo di trasparenza e lealtà in
qualsiasi relazione fra persone al di là di ogni vincolo normativo, la diligenza, invece, si
muove nell’ottica di misurare l’impegno profuso da uno dei due contraenti per
soddisfare le esigenze di un altro soggetto sempre in relazione alle promesse effettuate e
alle aspettative minime che è lecito attendersi. Per quel che concerne, dunque, la buona
fede oggettiva e la correttezza è legittimo riferirsi a quanto previsto dall’art. 2 della
Costituzione in cui si “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale” poiché in tal modo si vincolano tutti gli attori di un
contratto ad agire onestamente non in virtù di clausole o penali, ma per un generale
dovere extracontrattuale di non danneggiare l’altrui interesse.
Nell’ambito del d.lgs. 146/2007, però, si offre una visione più estesa del
concetto di diligenza professionale in cui non solo si afferma la costatazione
dell’accuratezza con cui si adempiono gli obblighi assunti, bensì si inserisce in tale
definizione anche l’aspetto essenzialmente solidaristico che mira ad una protezione
giuridica totalizzante della controparte. Si è notato, inoltre, che la nozione di diligenza
professionale recepita nel Codice del consumo sia difficilmente inquadrabile in
relazione alla clausole relative alla concorrenza sleale, soprattutto quelle inerenti
Capitolo I
29
all’art.10 bis della Convenzione di Unione di Parigi per la proprietà industriale e dei
principi della correttezza professionale ex art. 2598 n.3 codice civile38. Si nega, inoltre,
che l’art.18, lett. h) del decreto legislativo 206/2005 possa fare riferimento a un concetto
di diligenza, prudenza e perizia la cui mancata adozione consente di qualificare come
colposa, in base all’art. 2043 del codice civile, la condotta del soggetto che danneggi un
altro individuo con le proprie azioni. La contrarietà alla diligenza professionale non va
mai ricollegata alla colpa come elemento soggettivo dell’illecito civile39, bensì è una
nozione che vanta la propria autonomia rispetto a quanto previsto dal codice civile e che
trova una sua particolare applicazione in merito alla disciplina delle pratiche
commerciali scorrette.
Il criterio della aspettativa di un comportamento ragionevole dell’imprenditore
da parte del consumatore introduce in questa definizione di diligenza professionale
un’ulteriore alea di incertezza che in sede di applicazione della normativa può dar luogo
ad interpretazioni ampiamente discrezionali.
La definizione di diligenza professionale così come introdotta nell’ordinamento
italiano dal nostro legislatore presenta alcune differenze con quanto proposto in sede
comunitaria dalla direttiva 2005/29 dal momento che l’art.2 lett. h) osserva la diligenza
professionale “rispetto a pratiche di mercato oneste e/o al principio generale della buona
fede nel settore di attività del professionista, il normale grado della speciale competenza
e attenzione che ragionevolmente si possono presumere essere esercitate da un
professionista nei confronti dei consumatori”. Si evince facilmente, mettendo a
confronto l’art.2 lett. h) e il succitato art. 18 lett. h) del Codice del Consumo, come le
differenze siano ingenti e palesi40. In primis, la competenza e l’impegno, che devono
essere posti in essere per dar origine ad una pratica commerciale lecita, non sono
misurati in base a ciò che è onesto attendersi da parte di un professionista secondo
l’ottica di un consumatore, così come espresso nell’ordinamento italiano, bensì si stima
quale sia il comportamento giusto di un professionista attenendosi al giudizio di un
38 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.327 39 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.150, nota 13. 40 Ibidem, p. 147
Capitolo I
30
“osservatore” terzo, neutro ed esterno non considerando il parere dell’acquirente al
quale è rivolta l’operazione commerciale stessa.
Oltre questo passaggio per nulla marginale, si nota come nel recepimento della
direttiva europea “il principio generale di buona fede” è stato sostituito dai “principi di
correttezza e buona fede” mentre non è più presente il riferimento ad un poco chiaro e
vago parametro relativo alle “pratiche di mercato oneste” citato, invece, dal legislatore
europeo. Non è chiaro se queste difformità siano il frutto di una scelta consapevole e
ben meditata, anche se è usuale che si attuino delle piccole modifiche negli ordinamenti
degli Stati membri dal momento che spesso la terminologia e le espressioni impiegate
dalla Comunità europea hanno una portata troppo ampia e presentano, per lo più, dei
vocaboli non rigidamente definiti e soggetti a discordi interpretazioni in relazione alle
diverse tradizioni giuridiche nazionali operanti nell’Unione. Nel caso dell’art.18 e delle
discrepanze con la direttiva europea è lecito chiedersi se, in un’ottica di armonizzazione
completa, le modifiche apportate dal nostro legislatore possano essere considerate in
netto contrasto con la norma comunitaria e se, in futuro, potrebbe essere intrapresa una
procedura di infrazione nei confronti dello Stato Italiano.
Se da un lato è pur vero che l’art. 18 del decreto legislativo 206/2005 contiene
solo una definizione generica rispetto alla quale non è improbabile che si accordino
margini di discrezionalità in vista di un’applicazione concreta in altri articoli più
rispondenti alla 2005/29, dall’altro il concetto di diligenza professionale rappresenta un
elemento costitutivo fondamentale della nozione di base delle pratiche commerciali
sleali e, dunque, la Corte di Giustizia europea potrebbe essere spinta ad analizzare tale
situazione e valutare la conformità della scelta italiana rispetto alla direttiva.
La nozione di diligenza professionale si rinviene anche nell’art.20 del decreto
legislativo 206/2005 e rappresenta uno dei due elementi fondamentali che inducono a
definire una pratica commerciale come scorretta. Questo articolo, seppur ha
un’applicazione residuale perché, come si vedrà in seguito, esistono delle “liste nere” di
pratiche commerciali comunque considerate ingannevoli o aggressive (artt 23 e 26 cod.
cons.) o fattispecie di azioni o omissioni riportate negli artt. 21 e 22 o aggressive in base
agli articoli 24 e 25, fa porre l’attenzione sulla questione della consapevolezza
Capitolo I
31
decisionale che deve caratterizzare l’approccio ad un’attività commerciale da parte di un
consumatore. Il campo di applicazione della pratica commerciale scorretta, in base
all’art.19 del Codice del Consumo, è definito su un preciso piano temporale: il prima, il
durante e il dopo la realizzazione di un’attività commerciale e ciò consente una
protezione che obbliga il mantenimento di una diligenza professionale e un’attenzione
al comportamento economico del consumatore costante e precisa.
Continuando l’analisi delle definizioni che si rinvengono nell’art.18 del decreto
legislativo 206/2005, infine, alla lett. e) del medesimo articolo del Codice si legge la
definizione di una particolare attività e che si estrinseca nel “falsare in misura rilevante
il comportamento economico dei consumatori41”. Questa stessa definizione, tuttavia,
non viene impiegata in alcuna norma dispositiva del Codice del consumo perché l’art.20
comma 2 e 3, nello stabilire un divieto alle pratiche commerciali scorrette, afferma
come elemento costitutivo della fattispecie l’idoneità a falsare in maniera apprezzabile
il comportamento economico dei consumatori.
Quanto riportato dall’art.20 del codice del consumo si pone in lieve disaccordo con la
direttiva comunitaria, mentre la formula espressa dall’art.18 è proprio quella voluta dal
legislatore europeo. Cercare di individuare i confini precisi imposti da queste due
espressioni, però, appare poco rilevante perché la rilevanza stessa dell’incidenza di un
comportamento economico deve essere posta in relazione con l’idoneità della pratica
commerciale ad alterare sensibilmente la consapevolezza dell’acquirente nel prendere
decisioni42. Come già avvenuto per altre definizioni dell’articolo 18, anche nel caso
della lettera e), alcune espressioni appaiono oscure e necessitano di ulteriori
approfondimenti, come, per esempio, la locuzione “decisione di natura commerciale43”,
espressione non molto felice e che è stata riportata nell’ordinamento italiano senza
un’interpretazione più consona, ma che saranno chiarite nell’approfondimento che
41 L’Art. 18 lett. e) del decreto legislativo 206/2005 nel proporre la definizione che spiega cosa si intenda con l’espressione falsare il comportamento economico dei consumatori afferma in modo quasi lapalissiano che si verifica tale situazione quando si impiega una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;” 42 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 325 43 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.155
Capitolo I
32
seguirà nel prossimo paragrafo che tratterà la figura del consumatore e le norme che
ruotano intorno ad essa.
2.2. La nozione di consumatore e l’idoneità di una pratica commerciale a
falsare il comportamento economico del consumatore stesso.
Nell’ambito della direttiva comunitaria 2005/29 emergono due tipologie di
individui che devono essere tutelati dalle attività commerciali poste in essere dagli
imprenditori o dai professionisti: il consumatore, che costituisce una vera e propria
categoria e il consumatore medio, che diviene una sorta di parametro di riferimento per
individuare la scorrettezza di una pratica commerciale44. Per quel concerne la nozione
di consumatore non si rinvengono particolari difficoltà di definizione ed, infatti, sia
nell’ordinamento europeo che nei relativi ordinamenti degli Stati membri vige una
perfetta unanimità e si è concordi con il proporre la figura del consumatore come
“qualsiasi persona fisica che agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua
attività commerciale, industriale, artigianale, o professionale45”.
Il d.lgs. 146/2007 ha inserito nel Codice del consumo (art. 18, lett. a)) una
nuova definizione di consumatore e che è del tutto coerente con quanto riportato
nell’art.2 della direttiva comunitaria 2005/29 e che va ad affiancarsi a quelle già
presenti dal 2005 nell’articolo 3 del decreto legislativo 206/200546 in cui si
contestualizza tale nozione con le pratiche commerciali che sono oggetto della direttiva
stessa. Secondo quanto prescritto dall’art. 20 del Codice del consumo, si comprende che
sono essenzialmente due gli elementi su cui si basa l’individuazione di una pratica
commerciale scorretta e, nello specifico, la contrarietà alla diligenza professionale (di
cui si è ampiamente discusso nel paragrafo precedente) e l’idoneità a falsare il
comportamento economico degli acquirenti47. Questo secondo requisito deve essere
44 Cfr. A. Saccomani, Le nozioni di consumatore e di consumatore medio nella direttiva 2005/29/Ce in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, pag. 141. 45 Cfr. art.2, comma 1, lettera a) della direttiva 2005/29/Ce. 46 L’art. 3 let a) del decreto legislativo 206/2005 riporta nelle definizioni delle disposizioni generali la nozione di consumatore: “consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta;” 47 Si riporta l’art.20 del decreto legislativo 206/2005 poiché in questo stesso articolo si ratifica per la prima volta il divieto alle pratiche commerciali scorrette e si elencano i requisiti fondamentali, che si stanno or ora analizzando, per giudicare sleale una pratica: 1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate. 2. Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed e' falsa o
Capitolo I
33
contestualizzato in base all’ordinamento italiano ed è importante comprendere secondo
quali criteri il nostro legislatore riesca a determinare un modus operandi uniforme e a
garantire un metro di giudizio quanto mai omogeneo per tutte le pratiche commerciali,
sebbene non esista uno standard oggettivo a cui poter far riferimento.
Affinché un’attività commerciale (già contraria alla diligenza professionale)
possa considerarsi scorretta è necessario che sia in grado di adulterare “sensibilmente”,
in base all’art.18, o “in maniera apprezzabile”, secondo quanto previsto dall’art.20, la
capacità di un consumatore a prendere una “decisione di natura commerciale”
consapevole e ad indurlo ad assumere decisioni che altrimenti non avrebbe mai preso. Il
divieto di pratiche commerciali scorrette è esteso ad ogni condotta che possa
comportare un travisamento nel processo decisionale del singolo acquirente. La
definizione di decisione di natura commerciale, infatti, in conformità con il dettato del
comma m) dell’art.18, riguarda ogni scelta presa da un consumatore legata a se
acquistare o meno un prodotto, quali condizioni accettare per l’acquisto stesso, quali
metodi di pagamento utilizzare (ad esempio, versamenti rateali o mediante la
corresponsione del debito in un’unica soluzione) e se rimanere in possesso del bene
oppure esercitare il diritto di recesso. Deriva da ciò, anche in linea con quanto stabilito
dall’art.19, che la formazione della volontà del consumatore deve essere vagliata dalla
fase antecedente la conclusione di un contratto alla sua effettiva attuazione,
comprendendo, ovviamente, le fasi di negoziazione e quelle di risoluzione di eventuali
patologie del rapporto48 ed anche il primo contatto fra il professionista e il proprio target
di riferimento, come avviene attraverso la pubblicità e le altre forme del marketing.
idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori. 3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo. E' fatta salva la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera. 4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b) aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26. 5. Gli articoli 23 e 26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette.” 48 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.325.
Capitolo I
34
Una pratica commerciale che possa essere inserita nel novero delle attività
scorrette non deve cancellare completamente la capacità del consumatore a prendere
decisioni, bensì la norma pone un limite di liceità oltre il quale un imprenditore non può
spingersi oltre. È ovvio, infatti, che per commercializzare un bene o un servizio,
un’azienda ricorra ad opere di persuasione e di convincimento che stimolino l’interesse
verso i propri prodotti e che differenzino se stessa dai competitors, quindi sarebbe stato
poco coerente voler limitare qualsiasi tentativo di approccio che poteva mettere in
pratica un’impresa nei confronti del proprio target di riferimento. Il limite tollerato dal
legislatore italiano, dunque, è quello che comporta il permanere di una consistente
autonomia volitiva la quale si estrinseca attraverso il concetto di dolus bonus, parametro
che caratterizza la valutazione dei messaggi pubblicitari. Il dolus bonus consiste
nell’esaltazione “positiva” realizzata dall’operatore commerciale e che è autorizzato
anche dal comma 3, ultimo capoverso, dell’articolo 20 del decreto legislativo 206/2005
in cui si dichiarano legali quelle “dichiarazioni esagerate” o “non destinate ad essere
prese alla lettera”.
Per chiarire meglio questo concetto si può far riferimento anche all’articolo 2 del
Codice di autodisciplina pubblicitaria49, in cui si regolano i criteri che determinano la
decettività di una pubblicità. Tra le esimenti previste nell’articolo appena citato
l’iperbole pubblicitaria50 ricopre un ruolo fondamentale dal momento che l’evidente
inverosimiglianza, la rappresentazione di un risultato impossibile a raggiungersi, una
generica superiorità del prodotto, espressa al grado superlativo e riferita ad una base
totalizzante, sono sufficienti ad impedire che una comunicazione possa considerarsi
49 Art. 2 del Codice di autodisciplina pubblicitaria, ivi, p.117. 50 L’articolo 2 del codice di autodisciplina pubblicitaria, come si è analizzato, fa riferimento all’iperbole contrariamente a quanto previsto dell’art. 145/2007 in quanto questa norma non prende espressamente posizione sul problema dell’iperbole. Nonostante nell’art.2 del decreto legislativo 145/2007 non si menzioni questa particolare fattispecie, nell’ambito pratico si giunge alle medesime conclusioni del codice di autodisciplina pubblicitaria, ma ovviamente la censurabilità o meno dell’iperbole dipenderà dalla sua attitudine in concreto ad indurre in errore i destinatari del messaggio e, quindi andrà valutata con riferimento al target dello stesso. A testimonianza dell’applicazione pratica di questa particolare esimente anche in base al decreto legislativo succitato, è possibile riportare alcuni esempi di provvedimenti che hanno considerato non decettivi messaggi con queste specifiche caratteristiche: “utilizzabile anche da un bambino”, riferita ad un apparecchio per smontare i pneumatici (AG n. 13675, ivi 42/02), “sani con gusto”, riferita a biscotti a base di ingredienti naturali (AG n. 3014, ivi 18/95), “miracolosa, anzi miracolosissima” riferita all’acqua minerale San Benedetto (AG n. 4149, ivi 32-33) proprio perché è stato sottolineato il palese legame ironico fra quale tale qualifica e la denominazione dell’acqua. Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 239.
Capitolo I
35
ingannevole per un consumatore e, di riflesso, contestualizzando questo dato
nell’ambito delle pratiche commerciali scorrette, indurre l’acquirente ad una valutazione
economica non corretta e l’assunzione di una decisione di natura commerciale errata.
Tornando di nuovo in modo più puntuale sulla nozione dell’articolo 20 del
Codice del consumo e alla definizione da esso proposta, appare incerto se la
predisposizione di una pratica ad indurre il consumatore ad assumere una decisione che
altrimenti non avrebbe mai preso possa considerarsi una condizione addizionale ed
integrativa rispetto all’idoneità di alterare sensibilmente la capacità di un acquirente a
compiere una scelta oppure se essa rappresenti un attributo rilevante per misurare
quanto sia stata adulterata la consapevolezza del soggetto a cui è rivolta l’attività
commerciale. Bisogna, infatti, stabilire se “la capacità del consumatore di prendere una
decisione consapevole potrebbe considerarsi alterata sensibilmente in quanto la pratica
risulti idonea ad assumere un ruolo (da un punto di vista causale) decisivo ad assumere
una certa determinazione negoziale51
”. Ha dato origine a questo dubbio interpretativo il
contenuto dell’art.18 lett. e), presente nel Codice del Consumo, in cui si sottolinea in
maniera molto risoluta come l’incapacità di compiere una scelta con la giusta
cognizione di causa induca pertanto52 all’assunzione di una determinata decisione di
natura commerciale. In questo modo, però, si spinge a svilire e a diminuire la portata
dell’avverbio “sensibilmente” che è stato voluto dal legislatore europeo proprio per
restringere l’ampiezza della norma 2005/29 solo a quelle pratiche commerciali sleali in
cui la condotta professionale di un imprenditore abbia una potenzialità pregiudizievole
rilevante, con il fine di evitare che rientrassero sotto la tutela di questa direttiva anche
delle fattispecie ininfluenti. Se ne deduce, dunque, che i due aspetti, sebbene siano
indubitabilmente legati, mantengano una certa autonomia e indipendenza.
Un’altra importante questione da affrontare riguarda un ennesimo dubbio
interpretativo suscitato dal diverso modo in cui la definizione presente alla lett. e)
dell’art. 2 della direttiva comunitaria 2005/29, relativa al “falsare in misura rilevante il
51 Cfr. De Cristofaro, op. cit, 52 Si rimanda alla nota 35 in cui è riportata integralmente la lettera e) dell’art.18 del decreto legislativo 206/2005.
Capitolo I
36
comportamento economico dei consumatori”, sia stata recepita dai diversi Stati membri
dell’Unione e come si colloca la scelta italiana in tale contesto.
Le perplessità emergono nell’ambito di una dicotomia metodologica fondata
sull’impostazione di un criterio soggettivo/oggettivo indissolubilmente legato alla
difforme esegesi della condotta di un professionista nei confronti del consumatore. Il
dibattito si fonda, infatti, se sia sufficiente che una pratica sia oggettivamente lesiva
delle capacità discrezionali di un soggetto o se, per essere annoverata tra le attività
commerciali sleali, debba sussistere un elemento soggettivo, un’intenzionalità specifica
dell’imprenditore che persegua, dunque, l’obiettivo di cagionare una particolare
alterazione dell’altrui volontà. Hanno abbracciato la prima ipotesi e, dunque, quella
legata ad un approccio oggettivo, l’ordinamento italiano, quello francese e quello
portoghese, mentre sembra che siano stati propensi ad accettare un orientamento
soggettivo la Spagna, la Germania e la Gran Bretagna.
Assumere quest’ultimo punto di vista comporta una consistente riduzione delle
concrete possibilità di vedere applicata la nozione generale di pratica commerciale così
come previsto dall’art.5 della direttiva comunitaria 2005/29 e, di riflesso, dall’art.20,
comma 2 del Codice del consumo dal momento che richiedere il requisito soggettivo del
dolo assicura che verrebbero escluse dalla tutela tutte quelle pratiche che dovessero
risultare solamente “colpose”. Ciò determina una difficoltà anche a stabilire a chi
attribuire e come distribuire gli oneri probatori poiché, da un lato, potrebbero
intervenire i consumatori e le relative associazioni al fine di verificare l’intento doloso
del professionista, dall’altro potrebbe essere chiesto all’imprenditore di fornire prove a
suo favore con le quali dimostrare che non abbia mantenuto una determinata condotta
illecita consapevolmente e con lo scopo di indurre in errore il proprio consumatore. In
base a quanto analizzato fin’ora, risulta evidente che l’interpretazione italiana verso
un’oggettiva attitudine delle pratiche commerciali ad alterare l’autonomia decisionale
del consumatore sia la più consona e quella che garantisce una più efficace armonia
della disciplina.
Capitolo I
37
2.2.1. Il consumatore medio come parametro di riferimento per nuove le norme del
Codice del Consumo.
La nozione di consumatore medio, così come la si ritrova nell’ambito del
decreto legislativo 206/2005, ha le sue origini, ovviamente, nella direttiva comunitaria
2005/29 e, con questa suddetta nozione, si mira a descrivere un determinato soggetto
che presenta la caratteristica di essere normalmente informato e ragionevolmente attento
e avveduto nel compiere acquisti. Fin dalla relazione illustrativa della proposta di
direttiva si è reso evidente un nuovo approccio dell’Unione europea in merito alla
questione relativa ai soggetti che devono essere tutelati da ogni forma illecita di attività
commerciale. La Commissione europea, infatti, contemplando due definizioni, una
generica per il “consumatore” ed un’altra per il “consumatore medio” ha subito imposto
come parametro di riferimento per tutte le pratiche commerciali scorrette, non il
modello del consumatore “debole e vulnerabile”53, bensì ha stabilito che si è assumesse
come modello di riferimento un individuo critico e consapevole, in linea con quanto
precedentemente descritto dalla Corte di Giustizia. Si è affermato, infatti, nella sentenza
della Corte di Giustizia europea del 16 luglio 1998 relativa alle normative comunitarie
concernenti i marchi d’impresa, la pubblicità ingannevole e comparativa e la
commercializzazione di peculiari e specifiche categorie di prodotti che “per stabilire se
una dicitura destinata a promuovere le vendite sia idonea a indurre in errore
l’acquirente, il giudice nazionale deve riferirsi all’aspettativa presunta connessa a tale
dicitura di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e
avveduto54”. Nell’ambito della stessa sentenza, inoltre, il giudice ha statuito che le corti
nazionali possono avvalersi di sondaggi, ricerche o statistiche al fine di valutare quanto
possa influire una condotta posta in essere dal professionista in base alla società dei
consumatori alla quale fa riferimento55.
53 Si intende per acquirente debole e vulnerabile quel soggetto sprovvisto delle conoscenze, delle competenze e delle informazioni indispensabili che possano garantirgli piena consapevolezza nel prendere le proprie decisioni e che è, inoltre, manchevole di razionalità e senso critico necessarie per assumere scelte ponderate e idonee. 54 Cfr. CGE, sentenza del 16 luglio 1998, C-210/96. 55 Cfr. A. Saccomani, op.cit, p. 148
Capitolo I
38
Il Comitato economico europeo, però, esprime un parere negativo56 a riguardo
sia della sentenza che della proposta di direttiva presentata dalla Commissione57 poiché
è forte il timore che adoperare come criterio quello di consumatore medio potrebbe
lasciare non tutelati proprio i soggetti che, concretamente, ne hanno più bisogno: i meno
acculturati, i meno istruiti e i meno avvezzi alle pratiche commerciali. Il Parlamento
europeo, però, ha confermato lo stesso modello di consumatore medio proposto dalla
Corte di Giustizia, invitando solo a formulare meglio la definizione di questo parametro
suggerendo di completarla con la seguente perifrasi: “tenuto conto delle circostanze
sociali, culturali e linguistiche” al fine di rendere la stessa più flessibile e adattabile alle
peculiarità di diverse fattispecie.
Il canone del consumatore medio si è progressivamente perfezionato acquisendo
connotazioni difformi in base ai beni o ai prodotti e ai soggetti che, di volta in volta,
possono essere coinvolti in una transazione commerciale. Sebbene, appunto, solo con il
tempo si sia riuscito a migliorare tale concetto, nella redazione della direttiva
2005/29/Ce, il Consiglio ha preferito relegare la definizione di consumatore medio in un
apposito “considerando58” della normativa piuttosto che inserire tale definizione
56 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p, 162, nota 43 57 Nella relazione illustrativa della proposta di direttiva, infatti, la Commissione europea afferma che: “la direttiva prevede, come consumatore di riferimento, il consumatore medio nella nozione elaborata dalla Corte di Giustizia e non il consumatore vulnerabile e atipico. Questo criterio, che è un’espressione del principio di proporzionalità, si applica quando una pratica commerciale si rivolge a o raggiunge la maggior parte dei consumatori. Esso subisce un adattamento qualora una pratica commerciale si rivolga specificatamente a un determinato gruppo (ad. es. minori): in tal caso come consumatore di riferimento viene considerato un esponente medio di quel gruppo.”. Cfr. Commissione delle comunità europee, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio Relativa alle Pratiche Commerciali Sleali tra Imprese e Consumatori nel Mercato Interno, COM (2003) 356 def. 58 Il considerando 18, così come proposto nella versione definitiva della direttiva 2005/29/Ce, è il seguente: “È opportuno proteggere tutti i consumatori dalle pratiche commerciali sleali. Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto necessario, nel deliberare in cause relative alla pubblicità dopo l’entrata in vigore della direttiva 84/450/CEE, esaminare l’effetto su un virtuale consumatore tipico. Conformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia, ma contiene altresì disposizioni volte ad evitare lo sfruttamento dei consumatori che per le loro caratteristiche risultano particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. Ove una pratica commerciale sia specificatamente diretta ad un determinato gruppo di consumatori, come ad esempio i bambini, è auspicabile che l’impatto della pratica commerciale venga valutato nell’ottica del membro medio di quel gruppo. È quindi opportuno includere nell’elenco di pratiche considerate in ogni caso sleali una disposizione che, senza imporre uno specifico divieto alla pubblicità destinata ai bambini, tuteli questi ultimi da esortazioni dirette all’acquisto. La nozione di consumatore medio non è statistica. Gli organi
Capitolo I
39
nell’art. 2, insieme a tutte le altre definizioni nell’ambito delle disposizioni generali. Il
legislatore italiano, in linea con la maggior parte dei legislatori nazionali dei Paesi Ue
che hanno già recepito la direttiva nei loro ordinamenti, ha evitato di proporre nel
decreto legislativo 145/2007 un articolo recante la spiegazione di consumatore medio né
ha inglobato, in nessun altro modo, il considerando n.18. Si deduce da ciò che i
lineamenti del consumatore medio e l’interpretazione che si deve attribuire a questa
figura emergono principalmente dall’esame delle sentenze pregiudiziali della Corte di
Giustizia, sebbene, è da precisare, che queste vengano contestualizzate nelle società in
cui devono essere calate. Come riportato nel “considerando” 18, infatti, “la nozione di
consumatore non è statica” e di conseguenza le autorità nazionali devono esercitare la
propria facoltà di giudizio per determinare la reazione tipica del consumatore in ogni
specifica fattispecie. Ogni acquirente, infatti, forma un proprio giudizio e si crea
opinioni difformi in base alla presentazione, alla natura, alla diffusione del prodotto e un
ruolo fondamentale è svolto anche dal luogo di vendita e/o di fornitura. I fattori culturali
pertinenti di ogni individuo non possono essere tralasciati e quindi è d’obbligo che la
nozione di consumatore non sia la stessa in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Volendo riportare un semplice esempio, infatti, l’utilizzo di parole straniere da parte di
un operatore professionale, in occasione di iniziative commerciali rivolte ai
consumatori, potrebbe dare luogo a risultati disuguali in relazione al paese della
Comunità Europea considerato: in alcuni luoghi l’utilizzo di una particolare
terminologia potrebbe essere considerata decettiva e far ricadere il messaggio
pubblicitario o la presentazione stessa del prodotto nel novero delle pratiche
commerciali sleali, mentre in altri non sarebbe possibile rilevare alcun aspetto o profilo
di illegittimità. Il legislatore comunitario, in ogni caso, prescrive preganti obblighi di
informazione a carico degli operatori professionali per promuovere la libera
concorrenza nel mercato interno e tutelando ogni individuo che in esso opera.
Fino a quando non si consolidi la nozione di consumatore medio nei vari
ordinamenti è sempre incerto stabilire quali margini di discrezionalità abbiano i
Tribunali nazionali nel prendere decisioni in merito ai soggetti destinatari di una pratica
giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella fattispecie”.
Capitolo I
40
commerciale sleale e quanto possa considerarsi “elastica” tale definizione in sede
applicativa e nel discernimento delle singole attività59. Quand’anche si volesse
riconoscere alle affermazioni contenute nel “considerando” 18 un valore vincolante,
simile a quello che avrebbe rivestito un articolo inserito appositamente nel Codice del
Consumo, non si potrebbe ritenere del tutto risolta la questione relativa ad un chiara
determinazione del contenuto di tale nozione, a causa del lessico vago e della portata
ampia di alcuni lemmi contenuti nella direttiva stessa. Volendo, infatti, analizzare più
dettagliatamente i termini inseriti nel “considerando” 18, si rinvengono avverbi quali
“normalmente” e “ragionevolmente”, la cui concretizzazione richiede ineluttabilmente il
ricorso a valutazioni di natura discrezionale ed, inoltre, si è già avuto modo di costare
come la nozione di consumatore medio sia diversamente declinabile a seconda della
pratica commerciale scorretta alla quale è riferita. L’art. 20, comma 260, del decreto
legislativo 206/2005 indica, per l’appunto, due modelli ideali di consumatore medio per
una pratica commerciale61: quello individuabile come consumatore medio in un target
ampio ed anche disomogeneo, raggiungibile attraverso l’utilizzo di una comunicazione
che tende, per la sua penetrazione e diffusione, a rivolgersi ad un numero indistinto di
soggetti e quello identificabile in un “determinato gruppo di consumatori”, in una
cerchia più ristretta e con precipue caratteristiche e peculiarità. La distinzione non è da
considerarsi per nulla trascurabile dal momento che è lecito aspettarsi e richiedere un
grado di maggior competenza e consapevolezza a quei gruppi di acquirenti che hanno
già intrattenuto un rapporto con un determinato professionista e che, proprio a seguito
del rapporto instaurato con l’imprenditore (si pensi, ad esempio, agli utenti dei servizi di
telefonia, internet o abbonati ad utenze televisive), siano in possesso di maggiori
informazioni rispetto a persone che non si sono mai avvicinate ad una pratica
commerciale similare. Solo in virtù di tali analisi si potrà stabilire quale livello
qualitativo e quantitativo di informazioni possa reputarsi consono a soddisfare quei
requisiti di “normalità” e “ragionevolezza” previsti dal “considerando” n. 18 della
direttiva comunitaria 2005/29.
59 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 166 60 Si rimanda alla nota 42 per una lettura completa dell’articolo 20 del Codice del Consumo. 61 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.328.
Capitolo I
41
Al fine di garantire una protezione completa, onde evitare che si concretizzino i
timori palesati dal Comitato economico circa un “vuoto” di tutela nei confronti delle
persone meno esperte e più necessitanti di un particolare riguardo, il comma 3 dell’art.
20 del Codice del consumo prevede una piccola deroga al parametro di consumatore
medio, introducendo un criterio di maggior rigore nel giudizio di correttezza di pratica
commerciale. In tale comma, infatti, si sono volute regolare tutte quelle pratiche
commerciali che, rivolte comunque ad un gruppo indistinto di consumatori, siano atte a
falsare il comportamento economico e le decisioni di natura commerciale di persone
particolarmente vulnerabili “a motivo della loro infermità mentale, o fisica, della loro
età o ingenuità62”. Il parametro di riferimento per valutare la correttezza, quando si
prendono in considerazione delle attività ascrivibili a questa tipologia, diventa il
membro medio di questo gruppo di consumatori vulnerabili. Questo gruppo, però, deve
essere individuabile e raggiungibile dalla pratica, sebbene non è necessario che questa
stessa sia ad esso espressamente diretta dal momento che il comma 2 dell’art. 20
disciplina già questa eventualità. Il comma 2 appena citato, infatti, impone di
considerare sempre il membro medio del gruppo cui la pratica commerciale viene
indirizzata e, di conseguenza, qualora i destinatari dell’attività commerciale dovessero
far parte di una sorta di “categoria protetta”, verrebbe applicato il giusto metro di
giudizio senza ricorrere a quanto predisposto dal comma 3. La vera portata del comma
3 trova la sua valenza, dunque, proprio nel fatto che nonostante la pratica sia rivolta alla
generalità del mercato, si può applicare la nozione di consumatore vulnerabile quando il
professionista può “ragionevolmente prevedere” che la sua condotta influenzi soggetti
più deboli e posti al di sotto della soglia normalmente intesa prevista per quella
determinata fattispecie. L’onere di dimostrare che il professionista, applicando la giusta
forma di diligenza professionale, avrebbe potuto prevedere di intercettare anche
segmenti più vulnerabili del mercato, attraverso la propria attività commerciale, è a
carico di coloro i quali intendono denunciare una pratica come scorretta, in base ai
criteri stabiliti dal Codice del consumo. Si presenta anche in questo caso una difficoltà
definitoria non irrilevante e in cui la discrezionalità nel prendere decisioni è senza
dubbio predominante.
62 Art. 20, comma 3, del decreto legislativo 206/2005.
Capitolo I
42
La nozione di consumatore medio e la sua collocazione nel Codice del consumo,
per concludere, non trova molti consensi, infatti, si considera “nella sua assolutezza
inadeguata sia rispetto alla multiforme realtà delle pratiche commerciali, sia rispetto alla
possibile varietà dei contesti nell’ambito dei quali potrebbe rendersi necessario valutare
la correttezza di una pratica commerciale63”.
63 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.170.
Capitolo II
43
Le pratiche commerciali ingannevoli e le pratiche commerciali
aggressive
Sommario: 1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. – 1.1. Le attività commerciali decettive: il
primo comma dell’art.21 sulle “azioni ingannevoli”. – 1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice
del consumo. – 1.1.2. Il comma 2 dell’art. 21. - 1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del
consumatore. – 1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza dei bambini e degli adolescenti. - 1.2. Articolo 22 del
Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il primo comma. - 1.2.1 Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e
occultamento. - 1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di valutazione della condotta
omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie. - 1.3. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la black
list dell’articolo 23 del Codice del consumo. – 1.3.1 L’inganno relativo a marchi e codici di condotta. – 1.3.2.
L’inganno sulla natura del prodotto. -1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita. - 1.3.4. L’inganno relativo
alla figura del venditore. – 1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica. - 2. Le pratiche commerciali
aggressive. - 2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione dell’aggressività di una pratica
commerciale. – 2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste. – 2.1.2. Le fattispecie dell’articolo
25: la coercizione. – 2.1.3. Le fattispecie dell’articolo 25: l’indebito condizionamento. – 2.2. L’allegato I della
direttiva comunitaria 2005/29 e la seconda black list del Codice del consumo. – 2.3. Analisi delle pratiche sempre
aggressive. – 2.3.1. Le pratiche minatorie – 2.3.2. Le pratiche petulanti – 2.3.3. – Le pratiche defatiganti.
*******
1. Le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive
Dopo aver analizzato nel capitolo precedente le linee guida che hanno mosso la
redazione della direttiva 2005/29/Ce e il relativo recepimento di tali norme
nell’ordinamento italiano, in questa sezione si prenderanno in esame gli articoli 21-26
del Codice del Consumo nei quali si disciplinano in modo puntuale le pratiche
commerciali che possono essere considerate scorrette perché ingannevoli o aggressive.
1.1 Le attività commerciali decettive: il primo comma dell’art. 21 sulle “azioni
ingannevoli”
L’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 introduce la definizione di “azioni
ingannevoli” che rappresentano una delle due sottocategorie (l’altra sono le omissioni
ingannevoli) in cui si suddividono le pratiche commerciali decettive. In questo primo
articolo preso in esame sono citate tutte quelle attività commerciali scorrette che per
sostanziarsi richiedono un comportamento proattivo da parte del professionista o
Capitolo II
44
dell’imprenditore coinvolto nella pratica stessa. La distinzione fra azioni e omissioni1
ingannevoli, comunque, non presenta particolari conseguenze in termini di applicazione
concreta delle norme poiché si statuiscono gli stessi provvedimenti e le stesse sanzioni
sia in un caso che nell’altro.
L’articolo 21, al principio del comma 1, nello specifico, afferma che: “ è
considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non
rispondenti al vero o, seppur di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua
presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore
medio… e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso2”. Questo incipit del primo
comma della norma appena citata costituisce la trasposizione letterale3 del primo
comma dell’articolo 64 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce. In buona sostanza,
dunque, si deduce che la trasmissione di notizie menzognere rappresenta una pratica
illecita a prescindere “dal suo inquadramento nell’area del dolo causam dans o del dolo
incidente e dall’estremo dell’animus nocendi5” dal momento che è chiaro l’obiettivo del
legislatore transfrontaliero e, di riflesso, di quello italiano, di proteggere il consumatore
da ogni tipo di pratica commerciale disonesta in quanto tale, indipendentemente dalla
sua afferenza a qualsiasi categoria di dolo elaborata dalla giurisprudenza.
La direttiva 2005/29/Ce, come si evince dall’articolo 6, contempla anche
l’ipotesi di eventuali comportamenti scorretti scaturiti da un “abuso di veridicità”
(l’informazione, infatti, può essere di per sé corretta, ma comunque fuorviante), o da un
cosiddetto sovradosaggio informativo. Un’opulenza informativa diviene, in pratica,
1 Si accenna in questa sede la definizione di “omissione ingannevole” sebbene si riserva la possibilità di approfondire, nel corso di tale capitolo, suddetta nozione. Per omissione ingannevole si intende qualsiasi inadempimento o inosservanza delle ragionevoli norme di comportamento (es. non si forniscono idonee e rilevanti informazioni durante le campagne promozionali), poste in essere da un professionista nello svolgimento di un’attività commerciale, tali che possono essere lesi gli interessi del consumatore, impedendogli di prendere una decisione consapevole. 2 Art. 21, comma 1, del decreto legislativo 206/2005. 3 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.330 4 L’articolo 6 della direttiva comunitaria 2005/29, infatti, recita: “È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.” 5 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 211.
Capitolo II
45
ingestibile e corre il rischio di indebolire, in un flusso indistinto di comunicazioni,
l’attività critica di ogni individuo. Per chiarire ulteriormente tale concetto, infatti, in
linea con quanto afferma anche Tomàs Maldonado nella Critica della ragione
informatica6, la ridondanza, oltre una determinata soglia critica, porta alla noia
percettiva. Quando i messaggi sono troppi o scarsamente differenziati, per usare la
terminologia del “gestaltismo”, non vengono percepiti come figure contrapposte a un
fondo, bensì tutto diventa fondo, rumore di fondo, generando confusione e portando il
consumatore a non possedere i giusti mezzi per prendere decisioni commerciali oculate.
Sintetizzando il tutto, si individua l’esistenza di due determinate fattispecie
legate al profilo informativo di una comunicazione pubblicitaria o di una pratica
commerciale scorretta in generale, che nello specifico sono, la presentazione e
diffusione di dati inequivocabilmente falsi e una seconda in cui le informazioni stesse,
pur veritiere, sono proposte in maniera distorta7. Entrambe le fattispecie pongono come
metro di riferimento per misurare la propria decettività, l’alterazione della capacità del
consumatore, in relazione alla determinata attività che in quel momento è in atto, di
prendere decisioni e proprio in base a ciò risulta immediatamente molto evidente come
sia più difficile determinare e identificare come illecite pratiche appartenenti alla
seconda fattispecie piuttosto che alla prima. Quando, a titolo esemplificativo, il prodotto
non corrisponde alle descrizioni fornite o il prezzo e la modalità di determinazione dello
stesso risultano scorrette è facile interpretare un nesso di causalità decisamente forte fra
una scelta commerciale operata da un’acquirente, la propria insoddisfazione e i motivi
che hanno indotto l’individuo a prendere una decisione errata. La norma, inoltre, non si
focalizza su una determinata condotta vietata, ma secondo il modello dell’illecito a
forma libera, solo sul suo effetto8, ossia quello decettivo che, dunque, può estrinsecarsi
in qualsiasi maniera: attraverso il contenuto del messaggio, la modalità espositiva, gli
effetti sonori e visivi o le eventuali omissioni. L’unico elemento che si puntualizza
nell’incipit del comma 1 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 è, invece, la
6 Cfr. L. Bifulco, G. Vitiello, Sociologi della comunicazione, un’antologia di studi sui media, Ipermedium libri, Napoli, 2004 p.186 7 Come esempio, infatti, si è appena rilevato il caso, di come una sovrabbondanza divulgativa porti al risultato di una cattiva informazione. 8 Cfr. I. Principe, Pratiche ingannevoli e pubblicità ingannevole, in Codice del Consumo. Commentario a cura di Alpa e Rossi Carleo, Esi, Napoli, 2005, p. 184.
Capitolo II
46
presentazione complessiva del messaggio che va dunque analizzato nella sua interezza,
senza estrapolarne singole parti, e nell’ambito del contesto in cui si inserisce.
L’impostazione che è stata determinata per l’articolo 21 del Codice del Consumo
rispecchia in pieno il dettato di armonizzazione della disciplina sulle pratiche
commerciali sleali voluto dal legislatore europeo, dal momento che, grazie
all’elencazione e l’enumerazione proposta in tale articolo di ogni condotta idonea a
distorcere la corretta formazione del consenso maturato dal consumatore, si è stati in
grado di ridurre la discrezionalità dei parlamenti e giudici nazionali9. I legislatori
nazionali, infatti, non sono legittimati a discostarsi arbitrariamente dal livello di tutela
introdotto da questa norma, né in peius, né in melius. La struttura dell’articolo 21 può
considerarsi l’attuazione pratica di quanto stabilito nei “considerando” n.12 e n.1310
della direttiva comunitaria 2005/29 in cui si propone di sostituire le “clausole generali”
con “nozioni giuridiche chiaramente definite” al fine di perseguire un “notevole
rafforzamento della certezza del diritto”. Si è dato vita in questo modo, però, ad un
sistema articolato che è riuscito a tutelare e favorire non solo i consumatori, ma anche
gli imprenditori e i professionisti che operano nel settore. Il consumatore può godere di
una protezione molto ampia grazie alla richiesta di oneri probatori davvero irrisori,
mentre gli operatori commerciali possono avere una visione davvero più chiara circa le
pratiche commerciali che possono attuare dal momento che, in base alle disposizioni
predisposte nel comma che si sta esaminando, sono indubbie le prassi commerciali da
considerarsi lecite e quelle invece che verrebbero sanzionate. Le ipotesi individuate da i
punti a) ad g), infatti, sembra siano da ritenersi tassative11 e che quindi l’inganno
relativo ad altri possibili elementi non oggetto di previsione specifica, da parte di questa
o di altre norme in materia di pratiche commerciali scorrette, sia destinato a rimanere
irrilevante12.
9 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.218. 10 Considerando n. 12 e n.13 della direttiva comunitaria 2005/29. 11 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p.330. 12 Considerata l’ampia elencazione presente nell’art. 21 del decreto legislativo 206/2005 appare difficile ipotizzare casi di ingannevolezza che esulino dall’ambito di applicazione della norma e che non rientrino, per altro verso, nell’ambito di applicazione delle altre disposizioni in materia di pratica commerciali ingannevoli.
Capitolo II
47
Prima di procedere all’analisi del primo e corposo elenco contenuto nel comma
1 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005 e alla relativa minuziosa descrizione
delle attività commerciali da considerarsi ingannevoli, è bene sottolineare un ultimo
elemento definitorio presente in tale nozione e che ha validità per ogni singolo punto
presente nell’articolo preso in esame. L’intera norma si basa su un criterio di mera
potenzialità a ledere la capacità decisionale dell’acquirente e quindi si deduce che,
affinché una pratica venga compresa nel novero di quelle decettive, non è necessario
che il consumatore cada in errore ed effettui una compera sbagliata, ma è sufficiente che
si dimostri la semplice eventualità che questo possa avvenire. Il metro di riferimento
che si utilizza per individuare se un’attività commerciale realmente contiene delle
informazioni (false o anche veritiere, ma distorte, come si è analizzato
precedentemente) che siano in grado di alterare in modo pregiudizievole l’idoneità ad
assumere decisioni corrette è sempre il consumatore medio, figura che si è ampiamente
esaminata nel capitolo precedente.
1.1.1. Il primo elenco delle “azioni ingannevoli” nel Codice del consumo
Volendo cominciare ad osservare l’elenco presente nel comma 1 dell’art. 2113
del Codice del consumo si rinviene come, ai sensi della lett. a) di tale comma, si
afferma che è ingannevole l’informazione falsa o fallace quando questa riguarda
l’esistenza o la natura del bene o del servizio offerto e rappresenta l’ipotesi di condotta
13 Si riporta l’elenco presente nel primo comma dell’art. 21 del decreto legislativo 206/2005 per offrire una visione d’insieme che può favorire la comprensione dell’impostazione voluta dal legislatore europeo. L’elenco è il seguente: a) l'esistenza o la natura del prodotto; b)le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità' allo scopo, gli usi, la quantità', la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto; c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto; d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo; e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione; f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il patrimonio, le capacità lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti; g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'articolo 130 del presente Codice.
Capitolo II
48
sleale più importante tra quelle presenti nel corpus dell’articolo poiché mentire o non
fornire corrette comunicazioni su quello che rappresenta l’elemento centrale per la
buona riuscita di una pratica commerciale è indice di una preordinata volontà di
compromettere la capacità decisionale del consumatore che vanta normale avvedutezza.
La lett. b) si orienta nella medesima direzione della lettera precedente perché in
questo caso sottolinea l’importanza di una correttezza informativa circa le caratteristiche
principali del prodotto: “la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la
composizione, gli accessori, l’assistenza post- vendita al consumatore e il trattamento
dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna,
l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o
commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le
caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati”.
La lettera c), al contrario, non presenta un’omogeneità al suo interno, anzi sono
rinvenibili elementi tra loro alquanto eterogenei14: il contenuto e l’estensione degli
obblighi assunti dal professionista, i processi di vendita e qualsiasi dichiarazione volta
alla captatio benevolentiae operata dall’imprenditore nei confronti del proprio target di
riferimento. Un esempio di condotta decettiva ascrivibile a quanto disciplinato da tale
comma può essere rappresentato dal propagandare un servizio affermando che i
proventi, in tutto o in parte, andranno in beneficenza (espediente che indubbiamente
influisce sulla sensibilità del consumatore comune al punto da catturarne l’attenzione e
spingerlo ad esprimere il proprio consenso verso l’acquisto) quando questo, poi, non si
rivela vero.
La lettera d) riporta, invece, le norme che disciplinano il prezzo o il modo in cui
questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico beneficio relativo al corrispettivo
versato dall’acquirente. Questo comma regola tutte le pratiche che suggestionano i
consumatori, soprattutto quelli più vulnerabili, invitando a moltiplicare l’acquisto
basando tale richiesta sulla falsa aspettativa di poter usufruire di vantaggi futuri
mediante l’utilizzo di buoni sconto decettivi, premi fedeltà e altre promozioni similari
allo stesso tempo fallaci. Occorre tutelare l’acquirente da queste forme di raggiro che
14 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.220.
Capitolo II
49
mirano a mimetizzare una pratica svantaggiosa attraverso la proposizione di false
condizioni di offerta.
La e), invece, opera in piena coerenza con quanto stabilito dall’art. 19 del
Codice del consumo circa il lasso temporale cui deve ritenersi valida la tutela e precisa
che le informazioni corrette devono riguardare anche tutto il settore della post vendita,
dalla necessità di una manutenzione del prodotto, delle successive ed eventuali
riparazioni o sostituzioni della merce. Volendo riportare anche per questo caso un
esempio che possa esplicitare quanto la norma mira a tutelare, si può riportare l’ipotesi
dei contratti di garanzia che possono essere proposti in modo da sedurre e attirare il
pubblico quando, invece, non prevedono nient’altro di più di ciò che è già previsto per
legge. I contratti di garanzia, a dire il vero, sono disciplinati anche in base all’art. 133
del Codice stesso15.
La lettera f) disciplina tutte le notizie che possono essere diffuse in merito alla
natura, alla qualificazione e i diritti del professionista o del suo ausiliario, quali
l’identità, il patrimonio, i titoli di abilitazione professionale, il suo stato giuridico, gli
indici di gradimento, i vincoli d’affiliazione e simili, i diritti di proprietà industriale,
commerciale o intellettuale nonché i premi e le onorificenze.
L’ultima lettera, la g), rimanda all’articolo 130 del medesimo decreto legislativo
206/2005 in cui sono comprese le norme sui diritti del consumatore come quelli di
sostituzione o di rimborso dei beni acquistati al fine di tutelare gli individui, come
sempre, durante l’intero processo dell’attività commerciale.
15 L’articolo 133 del decreto legislativo 206/2005 recita che: “1. La garanzia convenzionale vincola chi la offre secondo le modalità indicate nella dichiarazione di garanzia medesima o nella relativa pubblicità. 2. La garanzia deve, a cura di chi la offre, almeno indicare: a) la specificazione che il consumatore e' titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti; b) in modo chiaro e comprensibile l'oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l'estensione territoriale della garanzia, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre. 3. A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo a lui accessibile. 4. La garanzia deve essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue. 5. Una garanzia non rispondente ai requisiti di cui ai commi 2, 3 e 4, rimane comunque valida e il consumatore può continuare ad avvalersene ed esigerne l'applicazione.”
Capitolo II
50
1.1.2. Il comma 2 dell’articolo 21
Il comma 216 dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005, come già si è
avuto modo di analizzare per il comma 1, è la trasposizione se non proprio letterale, ma
quanto mai fedele di quanto previsto dall’art. 6 della direttiva comunitaria 2005/29. Il
legislatore italiano, proprio all’interno di questo comma, ha voluto inserire delle regole
inerenti alle ipotesi di concorrenza confusoria e di violazione dei codici di condotta che,
pur interessando in maniera più netta i professionisti, coinvolgono di riflesso anche i
consumatori stessi. L’obiettivo che si è prefisso il legislatore, infatti, è quello di
consentire una protezione nei confronti del consumatore ancora più consistente,
tutelando i soggetti da quegli illeciti tipici della concorrenza sleale e da quelle
fattispecie che si rinvengono anche nell’articolo 2598 n.1 del codice civile. A differenza
di quanto riportato nel codice civile in cui cade nell’illecito di concorrenza sleale
chiunque “usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i
segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un
concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i
prodotti e con l’attività di un concorrente17”, affinché un consumatore possa appellarsi
al contenuto dell’articolo 21 del Codice del consumo è necessario che si dimostri che
tale pratica confusoria è idonea ad indurlo ad assumere decisioni che altrimenti non
avrebbe mai preso. Nella lettera a) dell’elenco proposto da questo secondo comma, si
riporta la dicitura “qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto” e che
rappresenta un tentativo di italianizzazione della formula “attività di marketing del
prodotto” contenuta nell’articolo 6 co. 2 lett. a) della direttiva comunitaria 2005/29 da
cui trae, appunto, attuazione il decreto legislativo 146/2007. Questa perifrasi scelta dal 16 Si riporta, anche in questo caso, interamente il contenuto del coma 2 dell’art.21 del decreto legislativo 206/2005 dal momento che si ritiene opportuno, per una completa comprensione di quanto si sta analizzando, prendere visione della norma oggetto di studio così come è riportata all’interno del Codice del Consumo. Il comma 2, dunque, recita che: “è' altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o e' idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti: a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera confusione con i prodotti,
i marchi, la denominazione sociale e altri segni distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita;
b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di condotta che il medesimo si e' impegnato a rispettare, ove si tratti di un impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica commerciale che e' vincolato dal codice.
17 Articolo 2598 n.1 del codice civile.
Capitolo II
51
legislatore italiano, però, non la si considera esaustiva, anzi eccessivamente riduttiva
poiché è atta a riferirsi alla sola vendita del prodotto e non contempla, in questo modo,
quel complesso di attività che precedono, accompagnano e seguono la vendita18. Si
cerca, comunque, di supplire all’infelice traduzione proposta nel nostro ordinamento,
grazie al ricorso ad altri articoli presenti nel Codice del consumo, ma soprattutto, perché
è d’uopo tenere sempre come punto di riferimento il testo originario della direttiva
comunitaria.
La seconda parte della lettera a) prende, invece, in considerazione, come attività
relativa alla commercializzazione del prodotto suscettibile di ingenerare confusione coi
prodotti e i segni distintivi di un concorrente, la pubblicità comparativa illecita che,
almeno, in questa sede non viene chiarita né si menziona ulteriormente. Seppure non sia
citato, appare chiaro, in tema proprio di pubblicità comparativa il riferimento alla lettera
d) dell’art. 4 del decreto legislativo 145/2007 dal momento che questa è l’unica
fattispecie in cui si prevedono atti confusori coerenti con la portata della disciplina
dell’articolo 21 del Codice del consumo. La lettera d) dell’appena citato articolo 4 del
d.lgs. 145/2007, infatti afferma che, affinché si possa ritenere lecita una pubblicità
comparativa, questa stessa “non debba ingenerare confusione sul mercato fra l’operatore
pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni
distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente19.
La lettera b), invece, del comma 2 dell’articolo 21 disciplina la scorrettezza della
pratica commerciale allorquando questa si sostanzia con una violazione da parte
dell’imprenditore coinvolto nell’attività del codice di condotta che questi stesso si era
impegnato a seguire e a rispettare. Questo punto dell’articolo 21, dunque, va ricollegato
alla volontà del legislatore europeo di valorizzare i codici volontari di condotta in base a
quanto già stabilito dalla direttiva comunitaria 2005/29 prima nel “considerando” n. 20
e poi concretizzato nell’articolo 10 della norma stessa20 in cui, in un certo qual modo, si
18 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.331. 19 Art. 4 lett. d) del decreto legislativo 145/2007 20 L’articolo 10 della direttiva comunitaria 2005/29 recita che: “La presente direttiva non esclude il controllo, che gli Stati membri possono incoraggiare, delle pratiche commerciali sleali esercitato dai responsabili dei codici né esclude che le persone o le organizzazioni di cui all’articolo 11 possano ricorrere a tali organismi qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi, oltre a quelli giudiziari o
Capitolo II
52
invitano gli Stati membri a incoraggiare l’operatività di questi sistemi di
autodisciplina21. Esistono, però, dei criteri specifici (già citati, tra l’altro, nel capitolo
precedente quando si è analizzato in modo generico, il recepimento della direttiva
comunitaria in Italia) che determinano l’assunzione di una specifica attività
commerciale nell’elenco di quelle sleali e dunque illecite. Una pratica, dunque, può dirsi
ingannevole quando, oltre alla violazione di un codice di condotta, si può stabilire che
l’impegno promesso dal professionista prima di intraprendere la suddetta pratica poteva
considerarsi giuridicamente rilevante (non basta, ad esempio, una semplice
dichiarazione d’intenti), che ciò sia, inoltre, verificabile e che l’imprenditore abbia
dichiarato in quella medesima attività commerciale di essere vincolato al codice di
condotta in questione. A questo proposito si pone il quesito su quale organo sia deputato
in primis ad agire in caso di mancato rispetto delle norme di un codice di condotta: se
esclusivamente dagli organi a ciò preposti del relativo ordinamento autodisciplinare e
se, dunque, il verificarsi della fattispecie fin qui considerata presupponga
necessariamente un preventivo procedimento in quell’ambito. La risposta è negativa dal
momento che l’Autorità può sempre procedere ad un accertamento in via incidentale del
contrasto fra una determinata pratica commerciale con il codice di condotta ad esso
connessa senza obbligatoriamente attenersi a quanto vincolato dagli organi
autodisciplinari.
1.1.3. Il comma 3 dell’articolo 21: prodotti pericolosi e sicurezza del
consumatore
Il comma 322 dell’articolo 21 riporta al suo interno alcune delle ipotesi di
pubblicità ingannevole che erano già contenute nel primo decreto legislativo sulle
comunicazioni decettive, il n. 74/1992 ed anche nel Codice del consumo prima delle
modifiche del 2007, a seguito del recepimento della già citata direttiva comunitaria
amministrativi di cui al medesimo articolo. Il ricorso a tali organismi di controllo non è mai considerato equivalente alla rinuncia agli strumenti di ricorso giudiziario o amministrativo di cui all’articolo 11.” 21 Cfr. E. Bargelli, I codici di condotta, in AA. VV. , “Le pratiche commerciali sleali” tra imprese e
consumatori, 2007 p.261. 22 Come si è operato fino ad adesso, si riporta per completezza d’analisi anche il comma 3 dell’articolo 21 del Codice del Consumo. Il comma 3 afferma che : ” E' considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza.”
Capitolo II
53
2005/29. A differenza di quanto prescritto fino al 2007, però, gli stessi concetti e le
stesse ipotesi inerenti alla pubblicità ingannevole, grazie ai cambiamenti avuti negli
ultimi due anni, sono estesi ad ogni condotta riconducibile nel novero delle pratiche
commerciali e possono ritenersi inglobate in tale disciplina tutte quelle iniziative
commerciali che accompagnano la vendita di un prodotto, sia prima, che durante, che
dopo l’acquisto del bene stesso operato da un consumatore. Attualmente il terzo comma
dell’articolo 21 rimanda in maniera molto evidente anche quanto previsto dall’art.6 del
decreto legislativo 145/2007 (sebbene qui siano presenti asserzioni relative
esclusivamente alla comunicazione commerciale decettiva) in cui si disciplina, infatti,
che “è considerata ingannevole la pubblicità che, riguardando prodotti suscettibili di
porre in pericolo la salute e la sicurezza dei soggetti che essa raggiunge, omette di darne
notizia in modo da indurre tali soggetti a trascurare le normali regole di prudenza e
vigilanza.23”. Sia la definizione dell’articolo 6 del decreto legislativo 145/2007, sia
quella del comma 3 dell’articolo 21, come riportato in nota, inducono a una
considerazione: l’induzione in errore di un consumatore viene connessa all’omissione di
notizie importanti che possano portare gli individui a sottovalutare i pericoli,
abbassando, di conseguenza, il grado di vigilanza e non, invece, com’era più lecito
aspettarsi nella sezione sulle azioni ingannevoli, ad attività concrete poste in essere da
un professionista o dall’imprenditore di turno. La collocazione ideale di tale norma,
dunque, nel caso in cui si decida di mantenere tale formazione, sembra essere l’articolo
22 del Codice del consumo, nella sezione, appunto, dedicata alle pratiche commerciali
che sono caratterizzate dall’assenza di informazioni rilevanti per una corretta
stipulazione del contratto.
In tale comma, comunque, si rilevano due elementi fondamentali su cui si basa il
giudizio di una pratica commerciale scorretta e sono, nello specifico, l’omissione circa
la pericolosità del prodotto e l’idoneità di questa assenza di notizie ad indurre
comportamenti che portino l’utilizzatore del prodotto a discostarsi dalle normali regole
di prudenza e vigilanza che, invece, sarebbero consone. L’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, in base anche alle norme precedenti, ha evidenziato come
assuma rilievo il nesso causale fra un possibile atteggiamento non cauto del
23 Art. 6 del decreto legislativo 145/2007
Capitolo II
54
consumatore e la capacità reale del messaggio a spingere verso tale condotta24. Si
vaglia, a questo proposito, soprattutto la presenza nel corpus della comunicazione
promozionale di affermazioni rassicuranti o attributive di particolari qualità al prodotto
tali che, in mancanza dell’intervento pubblicitario e quindi in assenza della loro
diffusione, avrebbero stimolato il soggetto fruitore del bene a mantenere un
comportamento imperniato ad una maggiore prudenza. C’è, dunque, un obbligo positivo
di informazione che spetta all’operatore commerciale che, in questo senso, è vincolato
alla comunicazione di tutte quelle notizie indispensabili atte a far identificare il bene tra
gli oggetti potenzialmente pericolosi. Il soggetto che promuove un prodotto non sarà
completamente libero di rivolgersi al proprio target di riferimento, ma dovrà sempre
fare riferimento a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 21 del Codice del consumo e
dalle altre disposizioni normative sulla pubblicità ingannevole.
Nel secondo caso previsto dal terzo comma, quello relativo alle omissioni
informative atte a determinare comportamenti non votati alla prudenza e all’accortezza
da parte del consumatore, una pratica commerciale non può dirsi ingannevole, in base a
questa fattispecie, se la pericolosità del prodotto è evidente e la mancata adozione di un
atteggiamento prudente dal fruitore non è ascrivibile alle comunicazioni veicolate dal
messaggio pubblicitario. Al contrario, le comunicazioni commerciali di prodotti
“neutri” e che detengono una pericolosità solo in potenza determinano un cattivo
utilizzo dei prodotti stessi tale da rendere concreta questa pericolosità potenziale,
ricadono senza dubbio, tra le pratiche commerciali scorrette disciplinate dal terzo
comma dell’articolo 21 del d.lgs. 206/2005.
1.1.4. Il comma 4 dell’articolo 21: la sicurezza di bambini e degli
adolescenti
Come già si è analizzato nel paragrafo precedente, anche questo quarto
comma25 dell’articolo 21 del Codice del consumo ripropone delle fattispecie presenti
nel decreto legislativo 74/1992 e nello stesso Codice del consumo prima delle
24 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 331. 25 Si riporta anche in questo caso il quarto comma dell’articolo 21 del decreto legislativo 206/2005: “4. E' considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza.”.
Capitolo II
55
modifiche apportate con il decreto legislativo 146/2007. La norma relativa alle pratiche
commerciali legate alla sicurezza di bambini e degli adolescenti può essere letta insieme
all’art. 7 del decreto legislativo 145/2007 che ugualmente si riferisce ad uno specifico
target di rifermento, composto da soggetti più vulnerabili e necessitanti di ulteriore
protezione. L’art. 7 appena citato recita, infatti, che “è considerata ingannevole la
pubblicità che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, abusa della
loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed
adolescenti in messaggi pubblicitari, fermo quanto disposto dall'articolo 10 della legge 3
maggio 2004, n. 112, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani. E'
considerata ingannevole la pubblicità, che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini
ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza26.” Si evince
come l’ambito di applicazione di questa norma, coerentemente con la sua formulazione,
comprende non solo la pubblicità rivolta ai minori, ma anche quella da questi fruibile,
sebbene destinata ad un pubblico adulto. L’estensione della norma dalla pubblicità
ingannevole a tutte le pratiche commerciali, così come previsto dall’art. 21 del Codice
del consumo, pone non poche perplessità. L’impostazione, infatti, resta la medesima
anche nel comma quarto di questo articolo e, di conseguenza, rendendo passibili di
giudizio non solo le attività commerciali direttamente rivolte ai minori, ma anche quelle
che potenzialmente possono coinvolgerli, diventa più arduo chiarire che portata può
essere intesa per l’espressione “suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti”. La
nozione di pratica commerciale, infatti, come si è già avuto modo di analizzare in
precedenza, è molto ampia quindi ne consegue che è necessario mantenere la massima
attenzione nel diffondere informazioni o apporre dettagliate istruzioni per un uso
corretto del prodotto nella commercializzazione di tutti quei beni che potrebbero, anche
occasionalmente, venire alla disponibilità dei minori.
Le differenze evidenti fra l’art.7 del decreto legislativo 145/2007 e quanto
riportato nel Codice del consumo in tema di sicurezza e tutela di determinate categorie
più deboli, come possono esserlo i bambini e gli adolescenti, risiedono, innanzitutto
nell’assenza nel decreto legislativo 206/2005 di due determinate fattispecie: tra le cause
che potrebbero portare un’attività ad essere inserita tra quelle non lecite, non sono
26 Art. 6 del decreto legislativo 145/2007.
Capitolo II
56
menzionati, infatti, gli eventuali abusi della naturale credulità o mancanza di esperienza
dei più giovani né il condizionamento degli adulti conseguito attraverso l’utilizzo di
messaggi pubblicitari che fanno leva sui naturali sentimenti che le persone mature
provano nei confronti dei più piccoli. Non sembra che l’omissione di queste due
particolari fattispecie possa, però, inficiare sulla portata della norma, determinando un
vuoto di tutela perché, qualora una pratica non possa essere inclusa in questo comma,
rimane sempre la possibilità di appellarsi al generico divieto di attività commerciali
scorrette in virtù dell’articolo 20 del decreto legislativo 206/2005.
Occorre fare un’ultima osservazione in merito al comma 4 dell’articolo 21, dal
momento che tutte le pratiche commerciali scorrette che possono compromettere i
minori mirano a disciplinare attività idonee a ledere l’incolumità fisica di questi
“consumatori vulnerabili” mentre non c’è nessun riferimento alla sicurezza psichica di
questi stessi, ritenendo, dunque, che debbano essere escluse dall’ambito di applicazione
della norma in esame tutte quelle fattispecie che possano influenzare eventualmente e
negativamente lo sviluppo morale ed etico dei più piccoli. Si è preferito evitare di
inserire in questa sede un riferimento, quindi, alla sfera psicologica dei soggetti
destinatari delle pratiche commerciali poiché determinarne l’effettiva concretizzazione
sarebbe stato alquanto problematico e difficoltoso.
1.2. Articolo 22 del Codice del consumo: le omissioni ingannevoli, il
primo comma
In questo paragrafo si prenderà in esame la seconda sottocategoria inerente alle
pratiche commerciali ingannevoli presente nel Codice del consumo e precisamente
quella contenuta nell’articolo 2227 relativa alle omissioni ingannevoli, le quali per
27 Articolo 22 del decreto legislativo 206/2005 recita che : “1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 2. Una pratica commerciale e' altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o e' idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura
Capitolo II
57
sostanziarsi non necessitano di una condotta attiva da parte del professionista o
dell’imprenditore di turno, ma di una semplice assenza di diligenza professionale. È
difficile porre al confronto la norma appena citata con la definizione di dolo omissivo
che è disciplinata dalla giurisprudenza con gli articoli 1427 e 1439 del codice civile.
Nell’ambito dei rapporti tesi alla risoluzione di uno scambio commerciale, infatti, la non
presentazione di tutte le informazioni o il tacere determinati aspetti propri della pratica
in corso di svolgimento non comporta un’assegnazione immediata di tali comportamenti
nell’elenco delle condotte sleali e decettive, ma questi atteggiamenti reticenti acquistano
valenza giuridica solo in commistione con altri elementi significativi. Occorre
sottolineare, difatti, che l’articolo 22 del Codice del consumo fa riferimento a quelle
“informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno … per prendere una
decisione consapevole di natura commerciale” e si deduce, quindi, che è sleale solo
quella pratica commerciale che trascuri di rendere note tutte quelle notizie la cui
esaustiva diffusione sia indispensabile per un’assunzione di una decisione di natura
commerciale consapevole.
Scopo principale della norma è far ottenere al consumatore ciò che desidera28 o,
almeno, far sì che questi debba essere posto in condizioni di percepire esattamente le
commerciale che non avrebbe altrimenti preso. 3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai consumatori con altri mezzi. 4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal contesto: a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso; b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identità del professionista per conto del quale egli agisce; c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta l'impossibilita' di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore; d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale; e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le operazioni commerciali che comportino tale diritto. 5. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione, previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o la commercializzazione del prodotto. 28 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p. 223.
Capitolo II
58
caratteristiche del bene offerto al fine di capire se collimino e soddisfino i bisogni che
hanno indotto alla ricerca di quel prodotto. Il bene potrà essere anche di poco valore, ma
l’importante è che non si verifichino discrepanze tra le attese riposte dall’acquirente e
gli effettivi attributi dell’articolo. L’intero articolo 22 del Codice del Consumo
costituisce la trasposizione fedele dell’articolo 7 della direttiva europea 2005/29 che,
proprio al comma 1, riporta i due elementi essenziali affinché una pratica commerciale
possa definirsi un’omissione ingannevole dal momento che recita che “è considerata
ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte
le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione
impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale
contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia
idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso29”. Ne consegue, dunque che, oltre
all’omissione di informazioni realmente importanti per la formazione di un giudizio in
merito alla merce presente sul mercato, è necessario che si dimostri che la pratica
commerciale sia idonea, anche in via meramente potenziale, ad indurre il consumatore a
compiere un acquisto che altrimenti non avrebbe mai compiuto. Questi due requisiti
devono sempre comparire entrambi per poter ricorrere a quanto disciplinato
dall’articolo 22 del Codice del consumo. In conformità alla regola generale posta dai
comma 2 e 3 dell’articolo 20 del medesimo decreto legislativo 206/2005, il parametro
di riferimento è il consumatore medio.
Un’altra precisazione che può essere considerata valida per tutta la norma
dell’articolo oggetto del presente paragrafo è relativa alla funzione dell’elemento
soggettivo o oggettivo nell’ambito della disciplina stessa e in cui l’elemento soggettivo
assume un ruolo marginale se non del tutto irrilevante. L’elemento soggettivo, che è
rappresentato dalla consapevolezza propria di un individuo di poter generare, attraverso
una condotta reticente, gli eventi tipici dell’illecito oppure l’accettazione del rischio che
i medesimi eventi possano concretizzarsi, non è considerato, in nessuna maniera,
conditio sine qua non per la rilevazione della pratica come illecita. L’omissione colposa
non sfugge alla forza della norma in esame perché si è inteso difendere il consumatore
29 Art. 7 della direttiva comunitaria 2005/29.
Capitolo II
59
medio dalle conseguenze delle omissioni, non tenendo conto se esse siano state
provocate da chi sa e tace di proposito o da chi non sa, ma per il ruolo che riveste,
dovrebbe sapere. In buona sostanza, dunque, una pratica commerciale è definibile come
scorretta indipendentemente dal proposito dell’imprenditore di voler mantenere una
condotta decettiva.
Sempre nel corpus del comma 1 si rileva come il giudizio in merito alla forza
decettiva esercitata dall’omissione deve essere maturato prendendo in considerazione le
limitazioni di spazio o tempo del mezzo di comunicazione usato ai fini propagandistici,
nonché ogni ulteriore accorgimento adottato dal professionista per mettere altrimenti a
disposizione dei consumatori le informazioni utili a raggiungere la piena conoscenza dei
dati di fatto influenzanti le determinazioni negoziali. Il legislatore italo/comunitario
ritiene davvero fondamentale questa precisazione tanto da sentire la necessità di una
riproposizione della stessa fattispecie anche nel comma 3 del medesimo articolo, in cui
si sottolinea nuovamente che le variabili relative al mezzo sono elementi basilari da
considerare per la valutazione della decettività di un’attività commerciale.
1.2.1. Il comma 2 dell’articolo 22: tra omissione e occultamento
Il comma 2 dell’articolo 22 apporta delle ulteriori specifiche al concetto di
omissioni ingannevoli dal momento che il legislatore contempla in questa medesima
fattispecie anche il caso dell’occultamento informativo, il quale concorre con uguale
efficacia a compromettere l’autonomia decisionale di ogni acquirente. In questa sede
potrebbe essere riproposto il discorso sull’ “opulenza informativa” e sulla diffusione di
notizie in maniera distorta che si è affrontato, a suo tempo, per l’articolo 21 e per le
azioni ingannevoli, in cui proprio la sovrabbondanza comunicativa è in grado di ledere
gli interessi dei consumatori. Nel comma preso in esame, infatti, sono sanzionate tutte
quelle pratiche commerciali in cui è possibile verificare l’attuazione da parte del
professionista di una serie di escamotage utili a celare le informazioni. Questi
escamotage possono concretizzarsi, ad esempio, attraverso sotterfugi impiegati nella
manifestazione dell’informazione stessa o mediante la sua diretta sottrazione alla vista
dell’ingannato grazie al ricorso a particolari astuzie30. Concretamente ciò si realizza
30 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 225.
Capitolo II
60
quando le fonti di informazione sono difficilmente accessibili o scarsamente leggibili (si
usano spesso in pratiche commerciali scorrette dei caratteri tipografici di corpo minore
rispetto al body copy soprattutto per le clausole più ambigue per far sì che l’aderente sia
fatalmente indotto a sottoscrivere il documento senza prestare la dovuta attenzione). Il
soggetto che intraprende un’attività commerciale può, inoltre, indurre in errore il
proprio consumatore facendo appello a lemmi tecnico-specialistici che non sono
strettamente necessari all’espletamento della pratica e che possono essere facilmente
compresi solo dagli esperti e non dal pubblico a cui, invece, ci si rivolge. Si può
ricadere in quanto disciplinato con questa determinata fattispecie anche quando le
clausole di un contratto sono riportate in maniera sconnessa o disorganica, allo scopo di
creare confusione a danno della controparte. Tale confusione genera nell’acquirente
quello che suole dirsi “effetto sorpresa” che è osservabile quando il contraente, resosi
tardivamente conto dell’esatto contenuto di quanto stipulato, intende che è vincolato a
rispettare delle condizioni diverse da quelle che aveva precedentemente immaginato. Un
ulteriore elemento importante di tutela per il consumatore è rappresentato dalla
trasparenza della comunicazione pubblicitaria che è imposta a carico del professionista.
La promozione di un prodotto deve essere immediatamente percepibile come tale per
tutto il target di riferimento dal momento che è necessario che il pubblico ponga la
giusta attenzione al messaggio, con la classica soglia critica che si attiva in questi
circostanze. Si considera un caso di pratica commerciale scorretta anche l’azione di
simulazione dei servizi giornalistici (cosiddetti redazionali) il cui vero fine, al contrario,
è diretto a rafforzare in maniera subdola la penetrazione della merce che si
sponsorizza31.
Nella definizione del secondo comma dell’articolo 22 del Codice del consumo si
considera ingannevole anche quella pratica in cui le informazioni sono presentate al
consumatore in modo intempestivo, sebbene non sia facile individuare precisamente i
confini netti per la determinazione di un’intempestività nella diffusione di notizie
rilevanti. Sicuramente è intempestiva l’informazione fornita dopo che il consumatore ha
assunto la decisione di natura commerciale che la pratica è volta a provocare. È più
difficile valutare, invece, se possa essere già considerata fuori tempo massimo una
31 Tale fattispecie è regolata anche dagli articoli 23, 25 e 30 del Codice del consumo.
Capitolo II
61
comunicazione che raggiunge il pubblico dopo che si sia verificato il primo contatto fra
professionista e consumatore dal momento che l’Autorità in materia di messaggi
pubblicitari ha rilevato che è d’uopo salvaguardare i soggetti destinatari delle pratiche
commerciali da ogni interferenza ingiusta e per l’appunto sin dal primo contatto,
imponendo ad ogni singolo operatore un onere di completezza e chiarezza.
Nel comma che si sta prendendo in esame sono considerate ancora una volta
rilevanti ai fini del giudizio della legittimità di un’azione commerciale sono le
caratteristiche del mezzo utilizzato per veicolare informazioni e le circostanze del caso.
In questo modo, il legislatore italiano riprende quanto espresso nel comma 1
dell’articolo 7 della direttiva europea 2005/29 codificando nel nostro ordinamento il
cosiddetto principio di variabilità32, presente da tempo nel codice di autodisciplina
pubblicitaria.
In buona sostanza si può concludere che la norma garantisce una protezione in
toto da ogni condotta poco trasparente (attuata sia consapevolmente che
inconsapevolmente) ed è improntata alla logica del clare loqui grazie al quale non può
essere fornita al consumatore una versione mistificata della realtà.
1.2.2. I comma 3, 4 e 5 : le caratteristiche del mezzo, i criteri tipici di
valutazione della condotta omissiva e le informazioni comunitarie obbligatorie
Nei comma 3 e 4 dell’articolo 22 del decreto legislativo 206/2005 si ripropone
da un lato quello che nelle ultime righe del paragrafo precedente si è definito “principio
di variabilità” e dall’altro si propongono, sotto forma di elenco, tutte quelle
informazioni che devono essere presentate, qualora non siano evidenti dal contesto, per
fare in modo che un consumatore riesca a prendere una decisione commerciale
consapevole e corretta.
32 Il principio di variabilità “autorizza una certa elasticità nel giudizio di correttezza di una pratica commerciale consentendo di adeguare la valutazione alla differenti caratteristiche dei mezzi di diffusione utilizzati e dei prodotti reclamizzati, in applicazione dei criteri improntati a concretezza e rifuggendo da ogni astratto assolutismo della norma”. Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 174. Tale principio è fondamentale perché consente una certa discrezione in chi giudica, evitando una mera e forse poco produttiva applicazione delle norme.
Capitolo II
62
Il terzo comma recita che “qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la
pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se
vi sia stata un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di
qualunque misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai
consumatori con altri mezzi33”. Questa norma, come si è avuto modo di analizzare più
volte, appare di particolare importanza, soprattutto se collegata alla dimensione
pubblicitaria in cui determinati mezzi, come la radio, la tv o le affissioni, impongono
inevitabili vincoli temporali che mal si coniugano con le esigenze del singolo
inserzionista di esplicitare esaustivamente la complessità della propria offerta. Settori
merceologici in cui si riscontrano palesi difficoltà di sintesi dell’intero corpus
informativo possono essere, ad esempio, le telecomunicazioni mentre è altrettanto
evidente che scaturiscono problematicità analoghe quando è necessario fornire
spiegazioni sui metodi di finanziamento come modalità di acquisto di un bene. In questi
casi viene legittimata la prassi del rinvio a fonti di informazione ulteriori, quali il sito
internet del professionista o il materiale illustrativo disponibile sul punto vendita, una
prassi questa che sembra essere privilegiata rispetto alla scelta di apporre tutte le
notizie nel contesto dello stesso messaggio facendo ricorso all’uso di frasi in
sovraimpressione, cioè a quelli che in gergo sono considerati i cosiddetti super.
Altrettanto ovvio appare il divieto di un uso malizioso del rinvio ad altre fonti
informative in cui, ad esempio, nel messaggio pubblicitario si riportano solo e ed
esclusivamente le condizioni più allettanti dell’offerta, senza menzionare i veri obblighi
e vincoli che pregiudicano, solo al secondo contatto tra professionista e consumatore, la
validità e la convenienza di quanto proposto. È necessario, inoltre, precisare che seppure
sia concessa all’imprenditore la possibilità di “rendere le informazioni ai consumatori
con altri mezzi” è da considerarsi scorretta la pratica di distribuire le notizie rilevanti su
più supporti facendo ricorso ad una pluralità di fonti, addossando, in questo modo,
l’onere al potenziale acquirente del bene di ricostruire tutto il quadro informativo al fine
di poter giungere ad una piena conoscenza dell’offerta. Nel valutare, infine, l’idoneità
delle misure adottate dal professionista occorre tener conto dell’effettiva accessibilità
delle fonti di informazione alternative da parte del consumatore come può essere, ad
33 Cfr. Art.22 comma 2 del decreto legislativo 206/2005.
Capitolo II
63
esempio, la capillarità o meno della distribuzione dei depliant nei punti vendita o se il
ricorso al sito internet può considerarsi giustificato dal fatto che il target di riferimento
della campagna pubblicitaria sia avvezzo al mezzo e ne conosca potenzialità e limiti34.
Il quarto comma dell’articolo 22 del Codice del consumo disciplina, invece, le
omissioni rilevanti che possono presentarsi nel caso di una pratica commerciale che si
sostanzi come un invito all’acquisto. Il vero significato dell’espressione “invito
all’acquisto” è specificato nelle definizioni generali che costituiscono l’articolo 18 del
decreto legislativo 206/2005 in cui alla lettera i) si propone la seguente dicitura:
“"invito all'acquisto" è “una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il
prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la
comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare
un acquisto35”. Questa invitatio ad offerendum ha la particolarità di apparire agli occhi
del consumatore come una proposta contrattuale a tutti gli effetti ai sensi dell’articolo
1326 del codice civile o del articolo 1336 c.c. che regola le offerte al pubblico. La
casistica più rilevante in merito proprio all’invito all’acquisto è quella legata alle
televendite e alle radiovendite, le cosiddette vendite a distanza disciplinate oltre che in
altri articoli del Codice del consumo, anche dall’articolo 18 del Codice di autodisciplina
pubblicitaria36. In questa determinata fattispecie, infatti, si contemplano tutte quelle
ipotesi in cui un prodotto o un servizio venga commercializzato a distanza e cioè senza
che l’acquirente abbia modo di verificare di persona la consistenza di ciò che compra e
dove, per l’appunto, si sente più forte la necessità di tutelare i soggetti destinatari della
pratica in maniera più netta.
Con le modifiche apportate dal decreto legislativo 145/2007, in piena sintonia
con la direttiva europea 2005/29, si è estesa una protezione globale sui consumatori dal
momento che regole particolarmente severe si sono imposte non più solo in un ambito
pubblicitario bensì abbiano abbracciato l’intera portata della norma sulle pratiche
commerciali scorrette, con un giusto riferimento a quelle in cui è possibile instaurare un
vincolo negoziale immediato, bypassando l’utilizzo dei canali distributivi tradizionali. Il
34 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.334 35 Articolo 18 lettera i) del decreto legislativo 206/2005 36 Cfr. Ivi, p.178.
Capitolo II
64
penultimo comma dell’articolo 22 del decreto legislativo si considera proprio per questo
motivo importante perché qualora nell’espletamento di un’attività commerciale si
riscontrino anche solo una delle caratteristiche presenti nell’elenco predisposto per tale
scopo nell’articolo stesso e che si analizzerà tra breve, non occorrerà prestare indagini
ulteriori ma la pratica sarà senza alcun dubbio giudicata illecita.
Si è scelto, come era già d’altronde avvenuto per l’articolo 21 del Codice del
consumo, la modalità dell’elenco al fine di ridurre, se non addirittura comprimere la
discrezionalità dei giudici nazionali a riguardo di tale disciplina. I punti contenuti
all’interno del suddetto elenco servono a contrastare il già menzionato “effetto sorpresa”
che scaturisce quando il consumatore si trovi a fare i conti con un regolamento
composto da clausole diverse da quelle presupposte. Tutti gli elementi presi in
considerazione, inoltre, vanno considerati solo nel caso in cui le informazioni omesse
siano facilmente deducibili dal contesto anche per i soggetti più sprovveduti. I singoli
elementi del comma che si sta esaminando sono i seguenti: “ le caratteristiche principali
del bene o del servizio, che debbono essere descritte in maniera adeguata al mezzo di
comunicazione utilizzato e alla natura dell’oggetto; l’indirizzo geografico e l’identità
del professionista, così come la sua ditta, ragione o denominazione sociale e, se del
caso, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista per conto del quale egli
agisce; il prezzo, comprensivo degli oneri fiscali oppure, se la natura del prodotto rende
ragionevolmente impossibile determinare in anticipo l’ammontare, le modalità con le
quali il prezzo deve essere calcolato, nonché, ove le circostanze lo richiedano, la totalità
delle spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali oppure, qualora non possano
ragionevolmente essere prefissate, la circostanza che potranno essere addebitate al
consumatore; le modalità di pagamento del prezzo, di consegna del bene, di esecuzione
del contratto, nonché il sistema di gestione dei reclami, qualora si allontanino dalle
regole di diligenza professionale: l’esistenza del diritto legale di recesso37.” Di alcuni di
questi elementi appena citati viene richiesta l’indicazione solo quando questi siano
pertinenti all’espletamento della pratica commerciale come, ad esempio, l’esistenza di
un diritto di recesso o l’identificazione geografica del professionista che presta il
proprio servizio. La norma è applicabile nel caso in cui “l’invito all’acquisto” che si va
37 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.227.
Capitolo II
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a giudicare non afferisca ad una disciplina specifica che vanta delle regole proprie
poiché, in caso contrario, vanno applicate le leggi più specifiche del settore di
riferimento e non quanto previsto dal Codice del consumo. Formano oggetto di una
disciplina diversa, che impongono al professionista obblighi di informazione molto più
dettagliati, gli inviti all’acquisto finalizzati alla stipulazione di contratti a distanza e in
particolare alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori38.
Il quinto comma, infine, considera informazioni fondamentali tutte quelle notizie
contemplate dal diritto comunitario individuando in un’assenza di queste stesse un
presupposto per la decettività di una pratica commerciale. In piena sintonia con il
principio di armonizzazione di tutta la disciplina delle pratiche commerciali sleali a
livello europeo, questo comma fa in modo che una minima trasgressione ai dettati
comunitari si rifletta in una condizione di illiceità nell’ordinamento italiano.
1.3. L’allegato I della direttiva 2005/29 comunitaria e la black list
dell’articolo 23 del Codice del consumo
Nell’articolo 2339 del Codice del consumo sono elencate ventitré pratiche
commerciali considerate sempre ingannevoli, a prescindere dalle circostanze in cui si
38 Cfr. Ubertazzi, op. cit, p. 334. 39 Si riporta in nota, come si è già fatto in precedenza, l’intero contenuto dell’art.23 del decreto legislativo 206/2005 perché una visione completa ne agevola la comprensione: “Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli 1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali: a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di condotta;b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di altra natura;d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti;f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto. g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sara' disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole;h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e' stabilito e poi offrire concretamente tale
Capitolo II
66
sono svolte. Si è analizzato, nel corso del capitolo, come il legislatore europeo abbia
provveduto a soffermarsi in altra sede sugli aspetti essenziali e necessari per individuare
la decettività e l’aggressività di una pratica commerciale mentre in questa paragrafo è
d’uopo occuparsi di altre prescrizioni presenti nella direttiva comunitaria e che sono
state inserite per non vanificare l’operatività delle disposizioni in essa contenute40. Il
considerando n. 17 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce, infatti, recita che “ è
auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano individuate
per garantire una maggiore certezza del diritto41” mentre nel comma 5 dell’articolo 5
della medesima disposizione comunitaria si prevede che nell’allegato I “sia riportato
l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali”. Tale
elenco, inoltre, non potrà essere modificato dai parlamenti nazionali, bensì ogni
servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione;i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto e' lecita;l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell'offerta fatta dal professionista;m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto; o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto e' fabbricato dallo stesso produttore;p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti;q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di cessare l'attività o traslocare;r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte;s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni;t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole; v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto; aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore; bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto. 40 Cfr. M. Dona, L’elenco delle pratiche considerate in ogni caso sleali nell’allegato I della direttiva
2005, in Le pratiche commerciali sleali, a cura di Minervini e Rossi Carleo, op.cit. p.192. 41 Nel caso della direttiva comunitaria 2005/29 si è assistito, dunque, ad un cambio di direzione rispetto al valore da attribuire agli allegati e agli elenchi presenti nelle direttive. In passato, infatti, nella direttiva sulle clausole abusive, è presente una cosiddetta “lista grigia” che svolge una mera funzione di specificazione in modo da non escludere la discrezionalità dei parlamenti nazionali.
Capitolo II
67
correzione che dovrà essere apportata dovrà essere decisa dagli organi competenti
dell’Unione Europea42. È bene ribadire, dunque, che le condotte considerate in questo
allegato non hanno una semplice finalità esemplificativa o di specificazione della
clausola generale, ma costituiscono ipotesi tassative di comportamenti sempre vietati43.
Questa impostazione è ascrivibile, ancora una volta, al solito tentativo del legislatore
europeo di armonizzare la disciplina in tutti gli Stati membri, alleggerendo l’autorità
degli organi nazionali con una riduzione ingente in termini di discrezionalità al fine di
rispondere ad una logica di uniformazione completa del diritto. Di riflesso, appare
evidente che l’allegato I produce l’effetto di relegare la clausola generale presente
nell’articolo 20 del codice del consumo in una posizione marginale, giacché ad esso
sarà necessario fare ricorso quando, nel caso concreto, la pratica commerciale sospettata
di decettività non sia inquadrabile nella lista nera44. Come si analizzerà tra breve, la
black list contempla la quasi totalità dei casi possibili grazie alla meticolosità e
completezza con la quale è stata redatta.
Le pratiche ingannevoli possono essere suddivise in due macro categorie e che
riguardano, nello specifico, le pratiche commerciali fondate sull’inganno dell’apparenza
e le pratiche commerciali fondate sull’inganno della propaganda45. Le prime sono
inerenti a condotte commerciali caratterizzate tutte dall’essere lesive dell’affidamento
riposto dal consumatore sulla sussistenza di iniziative di autoregolamentazione o di
codici di condotta, sulla natura del prodotto e sulla garanzia e sulla figura del venditore
stesso. Le seconde, invece, sono quelle condotte mirate ad indurre il consumatore ad
acquistare facendo leva su ingannevoli dichiarazioni relative al prezzo, alle condizioni
di mercato, alla pubblicità o quelle che mettono fretta al consumatore.
È possibile raggruppare ulteriormente le ventitré pratiche commerciali
ingannevoli in sette tipologie di inganni: le prime tre ancora una volta fondate
sull’apparenza e le ultime quattro sulla propaganda. Piuttosto che seguire l’ordine
pedissequo, così come è presente nell’articolo 23 del codice del consumo, si è preferita
42 Cfr. Considerando n.17 della direttiva comunitaria 2005/29/Ce in cui si riporta che “ l’elenco può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva”. 43 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p. 328 44 Cfr. Ubertazzi, p.336. 45 Cfr. M. Dona, op.cit, p. 197.
Capitolo II
68
una suddivisione per argomento dei punti in esso contenuti: l’inganno sull’esistenza di
marchi e codici di condotta, l’inganno sulla natura del prodotto, l’inganno sulla figura
del venditore, l’inganno sul prezzo, l’inganno delle vendite piramidali, l’inganno sulle
condizioni di mercato, l’inganno della pubblicità redazionale, l’inganno relativo alla
tempistica del rapporto commerciale46.
1.3.1. L’inganno relativo a marchi e codici di condotta
Sia il primo punto dell’elenco dell’Allegato I della direttiva comunitaria che la
lett. a) dell’art.23 fanno riferimento all’ingannevole “affermazione da parte del
professionista di essere firmatario di un codice di condotta ove invece egli non lo sia”. I
codici di iniziativa privata, come più volte sottolineato nel corso del presente lavoro,
esprimono generalmente l’intento di una categoria di elevare lo standard di un
comportamento degli operatori ispirandosi a modelli etici particolarmente qualificanti
quindi è indubbio che un’attestazione non veritiera abusi della naturale fiducia che il
consumatore ripone in essi. Sebbene si lasci la piena discrezionalità agli Stati membri
sul grado di giuridicità delle sanzioni relative al non rispetto delle regole contenute nei
codici, l’Ue impone ugualmente forti vincoli per l’adozione di questi stessi dal
momento che il mancato rispetto delle norme autoimposte fa ascrivere la pratica nel
novero di quelle illecite.
Per ciò che concerne la lett. b) relativa all’esibizione di “un marchio di fiducia,
un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria
autorizzazione” compie una pratica commerciale scorretta chiunque utilizzi un marchio
ispiratore di fiducia senza in realtà avere i requisiti richiesti per essere autorizzato a
fornire quel prodotto o quel servizio. Il medesimo risultato si ottiene quando si tenta di
valorizzare i prodotti agricoli e alimentari dotati di caratteristiche particolari legate ad
uno specifico territorio quando in realtà, la merce non ha gli attributi idonei47. Questa
mendace attribuzione, infatti, genera una falsa aspettativa in merito alla provenienza, al
pregio, ai modi di lavorazione e a ogni altro elemento la cui simulazione finisce con
46Per tale suddivisione cfr. M. Dona, op.cit. p.191 oppure cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le
pratiche commerciali in “La tutela del consumatore” a cura di P. Stanzione, A. Musio, Giappichelli editore, Torino, 2009, p.190 e ss. 47 Cfr. De Cristofaro, op. cit, p.232.
Capitolo II
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l’alterare la volizione dei consumatori dei media diligenza. Segue la logica contenuta
nella lett. b) anche il terzo e il quarto punto dell’elenco del Codice del consumo dal
momento che indica come decettiva l’attività di “asserire, contrariamente al vero, che un
codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura48” o
“asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o
un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati da un organismo pubblico o
privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accentuazione
o dell’approvazione ricevuta49”. Ancora una volta, queste pratiche fanno in modo che la
fiducia del consumatore sia erroneamente riposta.
1.3.2. L’inganno sulla natura del prodotto
Nell’articolo 23 del decreto legislativo 206/2005, com’è d’altronde prevedibile,
sono individuabili numerosi riferimenti circa la qualità e la natura del prodotto in
vendita. Innanzitutto, infatti, in base alla lett. i) del Codice del consumo e al punto n.9
dell’allegato I della direttiva comunitaria è illecito “ affermare o generare comunque
l’impressione che la vendita del prodotto sia lecita, ove non lo sia50”. La formulazione
della norma appare molto lineare, ma comunque permane una certa difficoltà
interpretativa del termine “liceità”. Ulteriori ambiguità interpretative si riscontrano
anche nella lett. n) del medesimo articolo in cui “ formulare affermazioni di fatto
inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale
del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto” dà adito a
qualche perplessità51. Probabilmente tale fattispecie si verifica quando si associa
l’acquisto di un prodotto ad una riduzione concreta di rischio per la salute personale del
consumatore o dei suoi congiunti. In tal caso, dunque, è illecita la pratica di far leva
sulla preoccupazione di non tutelare con le dovute precauzioni i propri cari se si
rinuncia all’acquisto di quel particolare bene. Questa interpretazione ben si coniuga con
la volontà del legislatore europeo di tutelare il consumatore più debole o più vulnerabile
e che può ricevere ulteriore protezione non solo nell’ambito di prodotti legati alla
propria salute, ma anche di fronte a pratiche commerciali che tendono a far leva
48 Art. 23, lett.c) del decreto legislativo 206/2005 49 Art. 23, lett.d) del decreto legislativo 206/2005 50 Cfr. Punto n.9 dell’Allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 51 Cfr. M. Dona, op. cit, p. 200.
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sull’ingenuità o sulla scarsa preparazione in precisi ambiti. Operano nella stessa ottica,
infatti, le lett. r) ed s) che rispettivamente contrastano l’attività di “ affermare che alcuni
prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte” e “affermare,
contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni, o
malformazioni”. In quest’ ultimo caso il legislatore europeo e, di riflesso quello italiano,
sono concordi nell’impedire che gli operatori commerciali possano approfittarsi della
debolezza e della fragilità che ogni soggetto dimostra di fronte la malattia52.
1.3.3. L’inganno relativo all’assistenza post vendita
Una nuova serie di ipotesi di condotte illecite sono inerenti, invece,
all’assistenza post vendita, in cui le attività sono caratterizzate da una discrepanza fra
quanto annunciato dal professionista prima dell’operazione commerciale e le modalità
con cui tale assistenza viene fornita. In taluni casi è possibile che il professionista operi
in modo da renderne praticamente difficile la fruizione53: ad esempio, l’assistenza può
essere fornita in una lingua diversa da quella con cui il professionista ha comunicato col
consumatore prima della conclusione dell’affare54 o nel caso in cui i servizi post vendita
siano disponibili solo nello stato in cui è venduto il prodotto, pur avendo lasciato
intendere prima della conclusione dell’affare che sono disponibili anche altrove55. È
sempre costante un riferimento agli scambi transfrontalieri ed ai servizi post vendita che
seguono tali scambi dal momento che queste norme sono volte ad incrementare l’attività
mercatistica tra i paesi membri dell’Unione Europea.56
52 Nella lett. s) dell’articolo 23 del decreto legislativo non si fa menzione a specifiche patologie, ma la generalità della norma non ne inficia la portata. Resta indubbia la volontà di innalzare la tutela e la protezione del consumatore. 53 Cfr. Ubertazzi,, op.cit, p. 336. 54 Cfr. Art. 23 lett.h) del Codice del consumo recita che è illecito: “ impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e' stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l'operazione”. 55 Cfr. Art. 23 lett. bb) del Codice del Consumo recita che è illegale: “lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e' venduto il prodotto.” 56 Occorre sempre tener presente l’obiettivo del legislatore comunitario che emerge in modo preponderante dal considerando n.2: “ a norma dell’art.14, paragrafo 2, del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, dei servizi, nonché la libertà di stabilimento. Lo sviluppo di pratiche commerciali leali, all’interno dello spazio senza frontiere interne è essenziale per promuovere le attività transfrontaliere.”
Capitolo II
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1.3.4. L’inganno relativo alla figura del venditore
Altre ipotesi di illeciti riguardano la figura del venditore e che sono disciplinati
ai sensi delle lett. o) e della lett. aa) dell’articolo 23 del Codice del consumo. In tali
punti della black list si afferma rispettivamente, infatti, che è scorretto “promuovere un
prodotto simile a quello fabbricato da un particolare produttore in modo tale da
fuorviare deliberatamente il consumatore facendogli credere che il prodotto è fabbricato
dallo stesso produttore mentre invece non lo è” e “falsamente dichiarare o dare
l’impressione che il professionista non agisca nel quadro della sua attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale o presentarsi falsamente come consumatore”.
Quanto regolato dalle norme appena citate mira ad evitare che informazioni errate circa
la provenienza del prodotto, la somiglianza57 di determinati beni con merce più
affermata sul mercato possano incidere negativamente sull’acquisto e sulle motivazioni
che sottendono ad esso. In buona sostanza, si vuole tutelare anche il made in il quale
può considerarsi una rendita di posizione58 di cui possono godere i beni di un’azienda.
1.3.5. Le condotte decettive di natura propagandistica
Dopo un rapido excursus sulle pratiche ingannevoli basate sull’abuso della
fiducia del consumatore, si prenderanno in esame, invece, quelle attività commerciali in
cui la slealtà si sostanzia con condotte decettive di natura propagandistica. Uno dei
metodi che risulta più efficace per alterare le motivazioni che sottendono un acquisto da
parte del consumatore è sicuramente quello di fornire delle informazioni errate o poco
chiare sul prezzo e sulla determinazione di questo stesso. La pratica commerciale
oggetto della lett. e)59 tende ad evitare che “il battage pubblicitario catturi l’interesse
dei consumatori, interesse però destinato a rivelarsi effimero a causa della sproporzione,
prevedibile ex ante, tra ristrettezze dell’offerta ed entità della domanda. Di lì il dovere
57 Nella direttiva comunitaria 2005/29, al n. 13 dell’Allegato I, viene utilizzata la locuzione “prodotto simile”, un’espressione che può dar adito a numerose interpretazioni. Nell’ordinamento italiano, invece, è presente un’accurata tutela dei marchi grazie al codice di proprietà industriale. 58 Cfr. G. Fabris, La pubblicità, teorie e prassi, Franco Angeli Editore, Milano, 2001, p. 328. 59Art. 23 lett. e) del Codice del consumo recita che è illecito: “invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerto.”
Capitolo II
72
del professionista di dichiarare, ove sia presagibile la prospettata sproporzione, l’esatta
quantità di beni messi in circolazione60.” In stretta relazione con la lett. e) appena citata,
è considerata ingannevole la pratica commerciale che, attraverso la diffusione di notizie
errate sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere la disponibilità del
prodotto, induce l’acquirente di un bene ad effettuare l’acquisto con condizioni meno
favorevoli di quelle normali61. Di conseguenza, è al pari ingannevole, in base alla lett.
q), che il professionista affermi che sta per traslocare o per cessare la propria attività
quando questa informazione non corrisponde al vero62. Questo espediente viene
utilizzato nella prassi commerciale dal professionista per accelerare il processo di scelta
del consumatore che è portato ad affrettare l’acquisto, convinto di poter concludere un
vero affare. Tali pratiche sono contraddistinte, dunque, da quello che può denominarsi
“inganno della fretta”. Accanto a queste ipotesi, inoltre, possono considerarsi davvero
importanti le modalità di svolgimento delle operazioni promozionali che accompagnano
la vendita del prodotto: è, infatti, ingannevole “affermare in una pratica commerciale
che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un
equivalente ragionevole63” o “ descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere
, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo
necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il
prodotto64. ” Nell’ordinamento italiano si è cercato di modificare la terminologia
decisamente non tecnica che il legislativo ha adoperato nella redazione del punto n. 20
dell’Allegato I (“se il consumatore deve pagare un sovrappiù…”), con la parola
supplemento, ma tale cambiamento appare ambiguo in egual misura. Non è specificato,
infatti, quale deve essere il comportamento del legislatore se tale “sovrappiù” si cela
nelle spese di spedizione, non coperte dalla portata della norma.
Sempre in considerazione delle operazioni promozionali che possono essere
attivate per comunicare al proprio target di riferimento, ad esempio, l’esistenza di un
60 Cfr. De Cristofaro, op.cit, p.234. 61 Art. 23 lett. t) recita che è ingannevole: “comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato” 62 Si ricorda, inoltre, che i casi in cui possono essere legittimamente effettuate vendite di liquidazione sono tassativamente enunciati dall’art. 15 co. 2 del decreto legislativo 114/1998 sulla disciplina del commercio. 63Art. 23 lett. u) del decreto legislativo 206/2005. 64 Art. 23 lett. v) del decreto legislativo 206/2005.
Capitolo II
73
nuovo prodotto, è sanzionata la cosiddetta pubblicità redazionale, ossia quella che non
consente di rendere riconoscibile un messaggio pubblicitario nel contesto in cui è
inserito e diffonderlo al pubblico sotto forma di servizio autonomamente predisposto da
un’emittente televisiva o da un giornale. Per ciò che concerne gli inganni di natura
propagandistica, infine, è da sottolineare quanto riportato nel punto 6 dell’Allegato I
della direttiva 2005/29/Ce e dalla lett. f)65 del Codice del Consumo in cui si elencano tre
ipotesi il professionista tende a promuovere un prodotto diverso da quello pubblicizzato,
presumibilmente ad un prezzo differente o maggiore. È questo il caso dei cosiddetti
“prodotti civetta” che riescono ad attrarre il consumatore nel punto vendita, grazie alla
presenza di offerte particolarmente allettanti che poi non sono disponibili o sono
disponibili solo in quantità limitata. È ritenuta ingannevole, in considerazione della lett.
f) e dei prodotti civetta, la pratica di mettere il consumatore in condizione di non
comprare il prodotto per cui si è recato nel punto vendita, rifiutando la visione della
merce o la vendita di questa stessa mentre, al contempo, si promuove l’acquisto di un
altro prodotto.
2. Le pratiche commerciali aggressive
In questo secondo paragrafo si prenderà in esame la seconda tipologia di pratiche
commerciali scorrette che è stata individuata dal legislatore europeo: le pratiche
commerciali aggressive. L’art. 8 della direttiva 2005/29/Ce definisce aggressiva
qualsiasi attività che “nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le circostanze del
caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito
condizionamento, limiti o sia idonea a limitare, considerevolmente la libertà di scelta o
di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e pertanto lo induca o
sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso66”.
65 L’articolo f) del decreto legislativo 206/2005 recita che è ingannevole “invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto. 66 Art. 8 della direttiva comunitaria 2005/29.
Capitolo II
74
Prima di questa norma, introdotta solo nel 2005, era assente a livello
comunitario e in molti degli ordinamenti degli Stati membri (tra cui l’Italia) una
disciplina giuridica autonoma delle pratiche commerciali aggressive67 come d’altronde è
anche riportato dal Considerando n.11 della direttiva stessa in cui si afferma che
“attualmente non sono disciplinate a livello comunitario68” . La tutela del consumatore,
infatti, non teneva conto degli effetti di atti coercitivi o delle violenze perpetrate e subite
dal consumatore. Tali pratiche, in base alla direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità
ingannevole, potevano essere vietate e punite esclusivamente quando presentavano al
contempo anche elementi decettivi, relegando, in questo modo, il ricorso al vizio di
volontà solo ai quei casi in cui è possibile rilevare un’induzione all’errore escludendo
qualsiasi riferimento al profilo della violenza. Sebbene la disciplina dei vizi di volontà
sembra essere adatta a regolamentare unicamente le ipotesi di tipo negoziale, grazie alle
modifiche apportate dalla Comunità Europea con l’introduzione di una normativa più
generica sulle pratiche aggressive, si tutelano anche quei casi più marginali che la scarsa
elasticità dei vecchi sistemi di protezione non era in grado di coprire. È evidente, date
queste premesse, che l’articolo 24 del Codice del consumo costituisca una delle novità
più importanti introdotte dal decreto legislativo 146/2007.
Tale tipologia di condotte scorrette è caratterizzata in primis dal chiaro
richiamo alla libertà di scelta del consumatore e dal momento che proprio la libertà di
scelta del consumatore è il bene giuridico protetto dall’intera direttiva, che deve
ritenersi alla base anche del divieto delle pratiche ingannevoli, è interessante capire le
motivazioni che sottendono la decisione di un’esplicita menzione all’interno
dell’articolo. Nelle pratiche commerciali aggressive è insita una valenza estorsiva
determinante e maggiore rispetto a quella presente nelle pratiche commerciali
ingannevoli poiché, se nel caso di attività decettive si può subdolamente alterare e
influenzare il processo di formazione della volontà del consumatore che, in realtà,
potrebbe già essere propenso all’acquisto, in quelle aggressive, invece, l’adozione di
condotte anche puramente coercitive è volta all’estorsione di un consenso che potrebbe
67 Cfr. A. Pallotta, Le pratiche commerciali aggressive, in Le pratiche commerciali sleali, a cura di Minervini e Rossi Carleo, op.cit. p. 170. 68 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 178.
Capitolo II
75
essere del tutto assente e ad un’estromissione totale della volontà di un acquirente da
parte di un professionista il quale mira all’asservimento dell’altro per raggiungere propri
scopi69. La fattispecie delle pratiche aggressive si esplica su un piano più ampio e
anche con strumenti diversi rispetto a quelli comunicativi o contrattuali. La possibilità
di esercitare pressioni psicologiche o fisiche, di sfruttare le debolezze culturali, emotive
e caratteriali del consumatore o la sua posizione subalterna, di limitare la libertà
personale del consumatore (ad esempio, precludendo l’uscita dal negozio), infatti,
implica che è necessario introdurre il riferimento alla libertà di scelta del consumatore
all’interno dell’articolo per salvaguardare l’incolumità fisica e mentale dei soggetti che
sono coinvolti in ogni attività commerciale aggressiva e di conseguenza, di per sé
illecita.
In tutte le pratiche aggressive, dunque, in base a quanto riportato nell’art. 24
del Codice del Consumo, il connotato funzionale è dato dalla loro idoneità a limitare
considerevolmente la libertà di scelta del consumatore medio e in maniera congiunta a
tale elemento è richiesta, inoltre, la capacità di indurre attualmente o potenzialmente il
consumatore medio ad assumere decisioni favorevoli al professionista. Ne consegue che
la condotta illecita si declini secondo più profili: un primo aspetto di natura
essenzialmente teleologica, che riguarda in maniera particolare il fine con cui sono
rivolte le pratiche aggressive, desumibile dalle modalità delle stesse, un secondo aspetto
qualitativo che si estrinseca in un’idoneità limitativa considerevole e, infine, di un
aspetto oggettivo in cui la slealtà è parametrata sulle capacità del consumatore medio e,
di riflesso, sul grado di diligenza necessaria. In sostanza, nonostante questa precisa
distinzione, almeno in sede applicativa tutti questi elementi debbono operare
all’unisono. “Il profilo teleologico/qualitativo del fatto confluisce nel parametro del
consumatore medio, contribuendo a qualificare la pratica non soltanto strutturalmente,
quanto piuttosto anche nella sua capacità estorsiva di una decisione70”. Questa esegesi è
avvalorata dall’utilizzo della congiunzione “pertanto” sia nel testo dell’articolo 8 della
direttiva comunitaria 2005/29 che nell’articolo 24 del Codice del consumo, la quale
69 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 307. 70 Ivi, p. 309.
Capitolo II
76
volutamente lega con forza l’aspetto strutturale con quello funzionale della fattispecie
contribuendo a concretizzarli reciprocamente.
Occorre precisare, inoltre, un elemento fondamentale a sostegno della
normativa sulle pratiche commerciali aggressive: la natura neutra del pregiudizio subito
dal soggetto. In più occasioni la giurisprudenza ha analizzato l’ipotesi di inapplicabilità
di tali articoli qualora il contratto concluso mediante l’utilizzo di tecniche coercitive sia
comunque vantaggioso per il soggetto contraente, giungendo, però, alla conclusione che
il “pregiudizio alla libera determinazione volitiva del soggetto va inteso in senso
assoluto, senza alcun riferimento al vantaggio ovvero al danno patito dal consumatore
con la conclusione del contratto71”. Tale risoluzione si evince sia nelle prime pronunce
dell’Agenzia della Concorrenza e del Mercato, che propende in maniera netta per
un’interpretazione del requisito del pregiudizio in senso neutro, e nella stessa
definizione presente nell’articolo 24 del Codice del consumo, la quale, facendo
riferimento alla mera possibilità di induzione in errore, tende ad escludere tra le
esimenti i benefici che il consumatore ha potuto ricavare dalla stipulazione del contratto
stesso.
La disciplina che si sta analizzando indica anche gli elementi per individuare
l’aggressività della pratica sin dal primo articolo e, infatti, sia l’articolo 8 della direttiva
2005/29 che il 24 del Codice del Consumo fanno espressamente riferimento alla
“fattispecie concreta” in cui si esplica la pratica e autorizza a tener conto “di tutte le
caratteristiche del caso” al fine di una corretta qualificazione. Come si evince
dall’articolo 24 del decreto legislativo 206/2005 sono rinvenibili tre tipologie di pratiche
commerciali aggressive: molestia, coercizione e indebito condizionamento. Nell’ambito
della direttiva comunitaria queste tre tipologie sono esplicitate nell’art. 9 e, sebbene
sarebbe stato auspicabile recepire l’articolo 9 della già citata direttiva all’interno
dell’articolo 24 del Codice del consumo per garantire un’omogeneità con la clausola di
specie, il legislatore italiano ha preferito suddividere la disposizione comunitaria in più
articoli, riservando all’articolo 25 la disamina nello specifico delle singole fattispecie.
71 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 180.
Capitolo II
77
2.1. L’articolo 25 del Codice del consumo: gli elementi di valutazione
dell’aggressività di una pratica commerciale
Come scritto al termine del precedente paragrafo, il legislatore europeo ha
ritenuto necessario operare una valutazione di aggressività il più possibile rapportata
alla fattispecie concreta mediante la redazione dell’articolo 9 della direttiva e che trova
sede nell’ordinamento italiano nell’articolo 25 del decreto legislativo 206/2005. Nello
specifico l’articolo riporta che “nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai
fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o
indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi: a) i tempi,
il luogo, la natura o la persistenza; b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale; c) lo
sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza
specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di
influenzarne la decisione relativa al prodotto d) qualsiasi ostacolo non contrattuale,
oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda
esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di
cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;
e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione sia manifestamente
temeraria o infondata72”.
È possibile individuare alcune divergenze linguistiche nel recepimento
dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 2005/29 da parte dei Paesi dell’Unione
Europea ed è bene proporre alcuni esempi di queste differenze tra gli Stati Membri al
fine di comprendere se queste diverse scelte lessicali possono compromettere il
tentativo di armonizzazione della disciplina oggetto del presente lavoro. La disposizione
c) non è stata recepita in egual modo nei vari ordinamenti degli Stati Membri e, infatti,
ad esempio, nella versione tedesca è presente il riferimento a concrete situazioni di
disgrazia o a circostanze di gravità di cui il professionista è consapevole e che sono tali
da alterare il giudizio del consumatore. Nella versione inglese e in quella francese è
sempre presente il richiamo ad ogni specifica sventura e al suo sfruttamento
consapevole. La “traduzione” italiana, dunque, va intesa come sfruttamento
72 Articolo 25 del codice del consumo.
Capitolo II
78
consapevole di eventi tragici in grado di alterare la formazione del processo volitivo.
Possono superare il confine che determina il passaggio dalla pubblicità ingannevole alle
pratiche commerciali aggressive, le condotte di cartomanti e improvvisati guaritori che
stimolano l’acquisto di talismani o servizi di previsione del futuro proprio perché fanno
leva sugli stati di disagio che attraversano i propri clienti73. Anche nel caso della lett. d)
è possibile rilevare una discrepanza fra il testo italiano e quello di altri paesi
dell’Unione Europea: non si è concordi, infatti, sull’utilizzo dell’aggettivo “oneroso”
(presente sia nell’ordinamento italiano che nell’ordinamento inglese) dal momento che
in Germania e in Francia si è preferito adoperare lemmi quali “aggravante” e
“importante” che riflettono un margine di tutela maggiore per il consumatore. Si pensa
ad una tutela maggiore perché un ostacolo può non essere oneroso da un punto di vista
economico, ma allo stesso tempo può risultare gravoso per l’acquirente. È da precisare
che affinché sia applicabile quanto disposto dalla lett. d), è necessario che gli
impedimenti non afferiscano a prerogative contrattuali perché, in quel caso, andrebbero
applicate altre norme e per l’esattezza gli articoli 33 e seguenti del decreto legislativo
206/2005. Ipotesi di fattispecie in cui è possibile far ricorso al disposto preso in esame
sono quelle di tipo ostruzionistico in cui il professionista richiede al consumatore
documentazione non pertinente o di difficile reperibilità o non esaudisce la volontà del
soggetto quando questi manifesti l’intenzione di voler smettere di usufruire di un
servizio. In realtà, come risulta alquanto evidente, queste ipotesi appena citate non sono
pedissequamente ascrivibili a comportamenti aggressivi (intendendo in questa sede il
termine “aggressivo” nell’accezione italiana più classica) né si configurano come vere e
proprie molestie o coercizioni, pertanto si deduce che il legislatore abbia creato un
quarto profilo, distinto e parzialmente slegato dal resto della disciplina. La lettera e)
dell’articolo 25 Codice del Consumo, infine, è quella che si presta a maggiori differenze
linguistiche e contenutistiche in cui l’interpretazione di azione legale è stata intesa fino
al senso più ampio, comprensivo anche di ogni singolo atto processuale74. Ovviamente
tanto più è estesa l’interpretazione tanto più meticolosa sarà la protezione offerta.
Nonostante le differenze sopracitate, l’art.9 della direttiva comunitaria 2005/29
73 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 187. 74 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 311.
Capitolo II
79
rappresenta un elemento comunque fondamentale per chiarire come determinare una
pratica commerciale aggressiva.
Focalizzando l’attenzione sull’articolo 25 del Codice del consumo, si evince
come il disposto della lett. a) possa considerarsi normalmente applicabile a qualsiasi
attività posta in essere dal professionista e, di conseguenza, costituisca un parametro di
valutazione generale per i criteri che sono esplicitati nelle lettere seguenti. La lett. a),
facendo riferimento, anche se di riflesso, all’intero arco temporale dello svolgimento
della pratica, ribadisce quanto più volte stabilito nell’ambito del Codice del consumo
stesso e cioè che la protezione del consumatore è da intendersi valida prima, durante e
dopo un’attività commerciale. Se non c’è dubbio che tempo, luogo, natura e persistenza
del comportamento siano rilevanti ai fini della valutazione della scorrettezza e della sua
attitudine a coartare i consumatori, come lo è pure la precisazione circa le possibili
forme che la minaccia può assumere (la lett.b) affronta la problematica della minaccia
fisica o verbale), lasciano adito a qualche dubbio le altre lettere presenti nell’articolo,
all’interno delle quali più che essere riportati dei criteri interpretativi oggettivi si
rinvengono alcuni esempi concreti di condotte aggressive75. Tali esemplificazioni, per
quanto possano risultare utili all’interprete, potevano lasciare spazio a precisazioni più
pregnanti ai fini dell’individuazione dell’illecito e specialmente sulla coercizione e sulla
molestia, di cui, almeno in questa sede, manca una vera e propria definizione. A
supporto della tesi di una scelta non troppo corretta da parte del legislatore italiano, si
può aggiungere che molti comportamenti in questione e presi in considerazione nel
corpus dell’articolo 25 risultano analizzati in altre fonti del diritto, seppure sotto diversi
profili. Questa costatazione porta alla conclusione che in determinate fattispecie si
prediligano le altre norme preesistenti nel nostro ordinamento76. È possibile concludere
che “ gli elementi rilevatori di aggressività richiamano categorie valutative aperte che,
75 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.330 76 In particolare, per quanto riguarda, le condotte coercitive è presente nell’ordinamento italiano il ricorso all’articolo 610 del codice penale che configura determinati atteggiamenti nell’ambito del delitto di violenza privata. In aggiunta è punibile anche il mero tentativo di utilizzo di violenza ai sensi dell’articolo 56 c.p. Cfr. Ubertazzi, op.cit.
Capitolo II
80
al pari della costruzione della clausola generale di slealtà, dovrebbero consentire
all’interprete di sussumere molte situazioni nella normativa in questione77”.
2.1.1. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: le pratiche moleste
Dopo aver analizzato gli elementi che possono considerarsi utili per
l’individuazione delle pratiche commerciali aggressive, in questo paragrafo e nei
prossimi si prenderanno in esame nello specifico le tre tipologie di attività commerciali
illecite in cui è stata divisa la presente disciplina: molestie, coercizione e indebito
condizionamento.
Le pratiche moleste consistono in quelle condotte che, per modalità, tempo,
luogo e durata devono essere potenzialmente o attualmente idonee a limitare
considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in
relazione al prodotto ed avere la capacità di indurlo in potenza o in atto ad assumere
decisioni non volute78. È importante sottolineare il termine “considerevolmente”
quando si discute di pratiche moleste, perché il legislatore mira ad evitare che possano
ricadere in questa fattispecie anche quelle naturali insistenze che un professionista
esprime per ottenere il consenso da parte del consumatore. Si deduce che solo quei
comportamenti che oltrepassano la soglia di tale ordinaria insistenza possono essere
ascritte tra le attività sleali poiché sono punite quelle pratiche che sono tali da riuscire a
stremare il volere dell’acquirente proprio a seguito di una petulante ostinazione proposta
dal venditore.
La definizione di molestia fornita dal legislatore nazionale ha una valenza del
tutto non tecnica, ma volutamente, perché si è preferito mantenere una certa autonomia
della normativa del consumo rispetto agli ordinamenti giuridici nazionali al fine di
conservare la prerogativa della direttiva europea 2005/29 e armonizzare la disciplina in
tutti gli Stati Membri. Una classificazione diversa delle pratiche commerciali moleste
avrebbe potuto comportare un’ingerenza troppo ingente per i vari sistemi nazionali. In
attesa di una formulazione di tale concetto da parte dell’AGCM, per avere un quadro
77 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 189. 78 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 319.
Capitolo II
81
più chiaro di cosa si intende per pratiche moleste è possibile avvalersi degli esempi
riportati nella seconda parte dell’allegato I della direttiva comunitaria e nell’articolo 26
del Codice del Consumo, in cui sono elencate quelle pratiche che devono essere sempre
considerate aggressive. In base alle ipotesi presenti nelle lettere b), c) e g) si deduce
facilmente che “le pratiche commerciali moleste si traducono in veri e propri atti
fastidiosi, invasivi della sfera privata del consumatore – vittima e tali da ingenerare in
quest’ultimo una effettiva suggestione o interferenza79”. L’effettuazione di ripetute e
sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o
mediante qualsiasi altro mezzo di comunicazione a distanza, tranne che per le
circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini
dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale, sono esempi espliciti di pratiche
moleste.
2.1.2. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: la coercizione
Come nel caso delle pratiche commerciali moleste, anche la definizione precisa
di condotta coercitiva non è presente in modo chiaro nell’ordinamento italiano e ciò ha
dato adito a diverse interpretazioni e a diversi modi di impostare l’inquadramento della
disciplina. Si è concordi comunque nell’accettare che le pratiche coercitive consistono
in minacce verbali o costrizioni fisiche che impongono al consumatore la stipulazione
del contratto, sebbene ancora si dibatte sulla tipologia e la quantità di pressione che
deve subire l’acquirente per poter ricorrere alla tutela da parte dell’ordinamento italiano.
Le costrizioni fisiche possono sostanziarsi in comportamenti materiali rivolti contro il
soggetto contraente e, di nuovo, si possono analizzare gli esempi riportati dall’articolo
26 del Codice del Consumo per avere una visione più nitida. Afferiscono ad attività
coercitive, dunque, le pratiche aggressive consistenti nel creare l’impressione che il
consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto80
e nell’effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti
79 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 182. 80 Cfr. n.24, allegato I, direttiva 2005/29/Ce, articolo 26 lett. a) del Codice del Consumo.
Capitolo II
82
dell’acquirente a lasciarla, imponendo, di riflesso la propria presenza81. Si pone il
consumatore di fronte alla scelta del male minore: può decidere di cedere e stipulare il
contratto o fare in modo che la minaccia si realizzi.
Le pratiche coercitive fanno riferimento indubitabilmente al classico vizio del
consenso. Nel diritto europeo la violenza è infatti normalmente considerata quale vizio
della volontà. “Di regola è concessa la possibilità di impugnare il contratto a colui che
lo ha concluso sotto l’effetto di una situazione di costrizione provocata da una minaccia,
dall’intimidazione o dalla coazione morale, situazione nella quale l’incolumità fisica,
l’onore, o il patrimonio di lui stesso o di persone a lui vicine siano in pericolo82”.
Un consumatore può chiedere di invalidare un contratto, in base alla
legislazione europea, quando il comportamento che subisce da parte del professionista è
antigiuridico, indipendentemente dallo scopo che si persegue. Ovviamente è semplice
ascrivere nel novero delle condotte antigiuridiche esempi quali percosse, sottrazione o
distruzione di un bene di proprietà mentre è più difficile ricorrere all’annullamento del
contratto quando il torto denunciato non compare nella lista degli atteggiamenti
antigiuridici, bensì si basa sull’esercizio di un’azione civile o penale ingiusta. A questo
proposito, il ricorso alla minaccia di adire alle vie legali, quando tale minaccia è
perpetrata solo con l’obiettivo di conseguire vantaggi scorretti, è ugualmente sanzionata
dagli ordinamenti europei. In buona sostanza, tale pratica commerciale scorretta si
realizza, quando forme di pressione creano una consapevole situazione di costrizione ed
il suo sfruttamento da parte del professionista incide sulla libera scelta del consumatore.
“Le ipotesi di pratiche coercitive, lungi dall’essere riferite a fattispecie già codificate,
esplicano la loro efficacia su un piano più ampio rispetto agli istituti tradizionali, ben
potendo, qualora ve ne siano i requisiti, concorrere con questi nella repressione di
comportamenti vizianti83”.
81 Cfr. n. 25, allegato I, direttiva 2005/29/Ce, articolo 26 lett. b) del Codice del Consumo. 82 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 319. 83 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 183.
Capitolo II
83
2.1.3. Le fattispecie concrete dell’articolo 25: l’indebito condizionamento
L’indebito condizionamento del consumatore rappresenta la fattispecie di
maggior interesse perché sotto certi aspetti richiama problematiche che oggi non
vengono più trattate, ma che fino al dopoguerra erano davvero dibattute inerenti
all’utilizzo nelle pratiche commerciali di talune tecniche persuasive quali la subliminal
projection, l’advertising ossessivo o quello basato sulla motivational reserarch,
verosimilmente capaci di manipolare la volontà dei destinatari84.
Nella direttiva comunitaria 2005/29/Cee all’art. 2 lett. l) è presente la
definizione di indebito condizionamento il quale va inteso come “lo sfruttamento di una
posizione di potere per esercitare una pressione, senza il ricorso alla forza fisica, in
modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione
informata.” La definizione di indebito condizionamento ha dato adito a diverse
riflessioni: innanzitutto “la posizione di potere” è da intendersi valida, in questo caso,
solo nei rapporti commerciali tra professionista e consumatore e non va confusa con
l’espressione tipica di “abuso di posizione dominante” riferibile propriamente al
rapporto tra imprese. Il concetto di indebito condizionamento, inteso, dunque, come
sfruttamento di una posizione di potere, non deve neanche essere assimilato alle
asimmetrie informative che caratterizzano la fase strettamente contrattuale dal momento
che, come scritto in più punti di questo lavoro, la tutela del consumatore tende ad essere
estesa all’intero rapporto tra l’imprenditore e l’acquirente, sin dal primo contatto. Sia la
direttiva comunitaria 2005/29, sia la legge italiana di recepimento non forniscono,
dunque, elementi per individuare con certezza il significato di “posizione di potere” la
cui nozione potrebbe essere riferita alla soggezione psicologica in cui l’insistenza,
l’autorevolezza e la supposta attendibilità dei mass media pongono il consumatore
nell’impossibilità di discutere criticamente gli inviti all’acquisto a lui rivolti. Ancora
una volta, come più volte si è sottolineato nel corso dell’analisi dell’articolo 25, fra gli
elementi di valutazione che più direttamente attengono alla figura di “indebito
condizionamento”, un rilievo centrale assume quello di cui alla lett. c) della
disposizione in oggetto, che si riferisce allo sfruttamento di eventi tragici o di
84 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 340.
Capitolo II
84
circostanze specifiche gravi tali da compromettere le facoltà decisionali del
consumatore.
2.2. L’allegato I della direttiva comunitaria 2005/29 e la seconda black list
del Codice del consumo.
Nell’articolo 26 del decreto legislativo 206/2005 è possibile rinvenire la
seconda black list del Codice del Consumo in cui sono elencate le pratiche commerciali
in ogni caso aggressive. L’articolo che sarà oggetto di studio del presente paragrafo
recita quanto segue: “sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche
commerciali: a) creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali
commerciali fino alla conclusione del contratto; b) effettuare visite presso l’abilitazione
del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non
ritornarvi, furché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge
nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale;c) effettuare ripetute e
non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o
mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, furchè nelle circostanze e nella
misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini di un’obbligazione
contrattuale, fatti salvi l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno
2003, n.196; d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di
risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che
non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza
della richiesta, o omettere sinteticamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al
fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali; e) salvo
quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005 n.177, e successive modificazioni,
includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché
acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti
reclamizzati; f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia
di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo
quanto previsto dall’articolo 54 co.2, secondo periodo; g) informare esplicitamente il
consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o
la sussistenza del professionista; h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il
Capitolo II
85
consumatore abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione
un premio o una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita
equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita
equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del
consumatore.85”.
Questo articolo fornisce, anche se non è rinvenibile un ordine preciso, una
casistica delle pratiche considerate sempre aggressive e, se si considerano in aggiunta le
pratiche commerciali citate già nell’articolo 25, il quadro che ne risulta, benché si tratta
di un’enumerazione solo esemplificativa, è di sicura utilità86.
L’impressione generale, tuttavia, è che alcuni dei comportamenti in questione
non trovino riscontro nella nostra realtà commerciale odierna, ma sono stati inglobati lo
stesso all’interno della direttiva europea 2005/29 per reprimere tali attività commerciali
negli Stati Membri in cui è plausibile che vengano effettuati. Come già analizzato per la
black list precedente, il legislatore deve solo accertare se alcune pratiche rientrino in tale
lista, senza dover verificare la loro idoneità ad influenzare le decisioni dei consumatori.
Le figure d’illecito contemplate nell’articolo 26 del Codice del consumo attengono a
diversi momenti del rapporto impresa-consumatore, riflettendo in alcuni casi situazioni
che trovano un riscontro in norme preesistenti ed in altri fattispecie del tutto nuove.
2.3. Analisi delle pratiche sempre aggressive
Dopo aver chiarito il contenuto dell’articolo 26 del Codice del Consumo e la
ratio con la quale è stato redatto è interessante passare in rassegna le singole pratiche
che costituiscono la seconda black list. Come precedentemente realizzato per la prima
lita nera del codice del consumo, anche in questo caso si procederà ad un’ulteriore
classificazione che nello specifico riconosce: pratiche minatorie (lettere a) e g)), quelle
petulanti ( lettere b), c), e) ed f)), e, infine quelle defatiganti (lettera g))87.
85 Cfr. Articolo 26 del Codice del consumo. 86 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p. 341. 87 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 196.
Capitolo II
86
2.3.1. Le pratiche minatorie
La lettera a) (“creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i
locali commerciali fino alla conclusione del contratto”) costituisce, di fatto, una
tipologia di pratica coercitiva per la cui realizzazione è sufficiente che l’acquirente
abbia l’impressione di non poter uscire da un negozio, senza prima aver stipulato un
contratto o comprato della merce, in ragione della condotta del professionista o dei suoi
collaboratori o della disposizione dell’ambiente stesso in cui sono presenti ostacoli che
rendono impraticabile l’abbandono dell’esercizio commerciale88. È necessario
sottolineare che non è obbligatorio che l’impressione sia fondata o meno per essere
ascrivibile come condotta antigiuridica né che l’imprenditore abbia creato tale
situazione volontariamente, ma basta che il consumatore abbia avvertito una pressione
psicologica che operasse nel senso prescritto dalla norma.
In attesa che la giurisprudenza fornisca maggiori dettagli per aiutare a capire
quando possano sostanziarsi delle pratiche che generano circostanze psicologiche
afferenti alla presente fattispecie, è possibile individuare, ad esempio, le dimostrazioni
obbligate durante lo svolgimento di escursioni turistiche. Queste pratiche trovano scarsa
o quasi nulla applicazione nel mercato italiano e, avendo sempre come riferimento le
capacità del consumatore medio, e di riflesso la sua esperienza, è raro, ad esempio, che
trovi angusti spazi come quelli dei supermercati e i percorsi obbligati in essi presenti.
Una precisazione, invece, da riportare è inerente alla definizione di “locale
commerciale” che comprende ovviamente gli spazi di proprietà dell’imprenditore, ma
anche quelli su cui questi abbia la disponibilità provvisoria (a qualsiasi titolo e per
qualsiasi durata). Ciò comporta che nell’ambito della locuzione inserita è possibile
comprendere gli spazi aperti come le strade o i parcheggi purché questi luoghi siano in
grado di creare quella pressione psicologica più volte citata.
Nella medesima classificazione di pratica commerciale minatoria si inserisce il
contenuto della lettera g) ( “informare esplicitamente il consumatore che se non acquista
il prodotto o il servizio sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista”).
Questa pratica si pone come un’attività commerciale che indubitabilmente condiziona il
88 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 336.
Capitolo II
87
consumatore il quale è sottoposto ad una pressione di tipo morale che potrebbe portarlo
ad essere più disponibile e prestare il proprio aiuto a chi è in difficoltà. Il termine
professionista è da intendersi in accezione davvero ampia dal momento che include
qualsiasi dipendente o semplice incaricato che compie tale atto illecito. Contrariamente
a quanto esplicitato prima per la lettera a) in cui anche un’impressione può considerarsi
un elemento idoneo per ricorrere alla protezione della norma, in questo caso, invece, il
professionista deve riportare in maniera esplicita la possibilità che un mancato acquisto
possa alterare negativamente la propria condizione. Se condizioni poco idilliache
dell’imprenditore siano esclusivamente inferite dall’acquirente, ma senza una
dichiarazione diretta dell’imprenditore non sussiste una pratica commerciale
aggressiva89.
2.3.2. Le pratiche petulanti
Appartengono alla tipologia delle pratiche petulanti ben quattro lettere
dell’articolo 26 del Codice del Consumo e, di conseguenza, quattro punti della seconda
parte dell’Allegato I della direttiva comunitaria 2005/29.
La pratica proposta nella lettera b) (“effettuare visite presso l’abilitazione del
consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non
ritornarvi, furché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge
nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale”) rappresenta, come già
avviene per la lettera a), una concretizzazione di un’attività commerciale coercitiva.
Non è necessario che il luogo in cui tale pratica commerciale si realizzi sia
obbligatoriamente il domicilio o la residenza del consumatore (è sufficiente che la
pratica si svolga nelle immediate vicinanze dell’abitazione) né tantomeno che questa
visita indesiderata sia stata concordata anticipatamente o costituisca una situazione
accidentale. L’unico elemento degno di nota, affinché si commetta un illecito, è che il
consumatore inviti il professionista a lasciare il proprio appartamento e questi non lo
faccia90.
89 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 344. 90 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 337.
Capitolo II
88
La pratica commerciale lettera c) (“effettuare ripetute e non richieste
sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro
mezzo di comunicazione a distanza, furchè nelle circostanze e nella misura in cui siano
giustificate dalla legge nazionale ai fini di un’obbligazione contrattuale, fatti salvi
l’articolo 58 e l’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196”) trova
giustificazione per il fatto che l’aggressività è insita nelle attività commerciali e nelle
proposte promozionali, proprio perché non richieste in alcun modo dall’acquirente. La
particolarità di questo disposto è il riferimento alla normativa sulla privacy che
corrobora il divieto di comunicazioni non autorizzate, le quali, però, non sono le uniche
ad essere sanzionate. Possono essere configurate nella medesima fattispecie anche
quelle comunicazioni che, ricevuto il consenso da parte del soggetto, sono presentate
con modalità e frequenza tali da divenire moleste.
La pratica commerciale che riguarda la lett.e) dell’articolo 26 del Codice del
Consumo ( “salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005 n.177, e
successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione
diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare
loro i prodotti reclamizzati”)mira a tutelare non solo i bambini, ma anche i genitori e gli
adulti che possono essere facilmente influenzati dai più piccoli. Tale protezione non
rappresenta una novità nel panorama italiano dal momento che anche nel Codice di
autodisciplina pubblicitaria l’articolo 11 prevede che occorre una maggiore attenzione
nel formulare i messaggi destinati ai più giovani evitando di far ritenere che il mancato
possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento
dei loro compiti da parte dei genitori e, proprio come nel Codice del Consumo, si
sottolinea che non vanno esercitate pressioni per indurre nei bambini la volontà di
sollecitare altri all’acquisto del bene91. Punto di riferimento soggettivo della pratica in
esame sono appunto i “bambini”, il cui concetto non è definito nella direttiva
comunitaria 2005/29, ma è possibile rinvenire in una direttiva precedente, la direttiva
89/552/cee92, che siano considerati minori i ragazzi che abbiano compiuto il
quattordicesimo anno d’età. Resta comunque da chiarire se debbano essere esclusi dalla
protezione di questa fattispecie i minori compresi tra i quattordici e i diciotto anni anche
91 Cfr. Codice di autodisciplina pubblicitaria, art. 11. 92 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 340.
Capitolo II
89
se, in base al diritto interno, sembra valga la soluzione opposta e che, dunque, ci sia
protezione fino ai diciotto anni.
La lettera f) (“esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la
custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha
richiesto, salvo quanto previsto dall’articolo 54 co.2, secondo periodo”) è un classico
esempio di pratica molesta e può essere facilmente ricondotto alla fattispecie della
fornitura non richiesta disciplinata dall’articolo 57 del Codice del Consumo. L’illecito si
sostanzia perché il consumatore spesso non è consapevole che non è tenuto al
pagamento o alla restituzione o alla conservazione di beni o servizi che non ha richiesto
e se l’imprenditore porta l’acquirente a credere che sia obbligato all’esborso di denaro si
aggiunge a tale pratica aggressiva anche la fattispecie dell’ingannevolezza, causata da
un’informazione decettiva. Il prodotto è “non richiesto” quando non è stato ordinato dal
consumatore o la merce che questi riceve è difforme da quanto, invece, è prescritto nel
contratto mentre la richiesta di pagamento può assumere qualsiasi forma: dall’invio di
un bollettino alla semplice preghiera di saldare il conto in sospeso. È sanzionata in egual
misura anche la richiesta di restituzione dei beni, nonostante il fatto che il professionista
si faccia carico delle spese di spedizione perché tale atteggiamento arreca comunque un
fastidio al consumatore che è costretto a conservare quanto ricevuto e a rispedirlo.
Talvolta, la molestia della rispedizione può interferire nella scelta di acquistare il
prodotto, soprattutto se il costo totale non è esorbitante. Esempi concreti di applicazione
di tale disposto si sono riscontrati nell’ambito della telefonia, in cui una compagnia
obbligava i propri utenti al pagamento di telefonate verso numeri speciali non effettuate
volontariamente dal cliente, ma attivate dai cosiddetti dialers, dietro la minaccia del
distacco della linea di base93.
2.3.3. Le pratiche defatiganti
Le ultime due pratiche commerciali aggressive che saranno analizzate nel
presente paragrafo sono mosse entrambe dallo scopo di “stancare il consumatore,
93 Cfr. Ubertazzi, op.cit. p.342.
Capitolo II
90
fiaccarne la resistenza, demotivarlo per ottenere una legittima richiesta o un’aspettativa
da altri indotta94”.
La lettera d) dell’articolo 26 del Codice del Consumo (“imporre al
consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di
una polizza di assicurazione di esibire documenti che non possono ragionevolmente
essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta, o omettere
sinteticamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un
consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali”) non richiede che vi sia una
specifica intenzione del professionista di frapporre ostacoli che hanno l’effetto di
dissuadere il cliente dal far valere le proprie pretese. La pertinenza a richiedere taluni
documenti deve essere valutata oggettivamente anche ricorrendo al principio di
proporzionalità e alla comune ragionevolezza. In ogni contratto possono essere stabiliti
anteriormente i limiti di quantità, qualità tipologia e scopo dei documenti esigibili. Il
disposto previsto nella lettera d) si lega indubitabilmente alla fattispecie prevista
dall’articolo 25 lett.d) in materia di ostacolo non contrattuale, mirando tale
collegamento a non relegare quanto previsto dall’articolo 25 come semplice criterio di
valutazione, ma rapportandolo ad un’attività commerciale concreta.
La lettera h) (“lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore
abbia già vinto, vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o
una vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio né vincita equivalente
oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è
subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del
consumatore”), infine, è di difficile comprensione perché ad una prima analisi potrebbe
apparire come una pratica commerciale ingannevole piuttosto che aggressiva, ma la
collocazione nell’articolo 26 del decreto legislativo 206/2005 obbliga ad una riflessione
sulla natura della disposizione. A differenza di quanto previsto dalla lettera u)
dell’articolo 23 del Codice del consumo, in cui si paventa al consumatore la possibilità
di vincere un premio, nella fattispecie aggressiva si promette una vincita o l’esistenza di
un premio reale. Ciò comporta che l’illecito assuma i tratti dell’aggressività a causa
della pressione psicologica che si suscita nel cliente, il quale convinto di poter usufruire
94 Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 198.
Capitolo II
91
di un vantaggio si trova di fronte alla realtà che questo vantaggio non esiste se non
dietro compenso ed esborso di denaro. Si segnala, dunque, che le formule del tipo “lei
ha già vinto” o quelle che enfatizzano le probabilità di vincere un premio secondo il
meccanismo noto come “everybody wins” sono state più volte censurate dall’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato in un primo momento in base al decreto
72/1992 sulla pubblicità ingannevole e poi in base agli articoli aggiornati del Codice del
Consumo95. Quando si verificano delle ipotesi simili a queste appena analizzate, di
volta in volta, in base alle caratteristiche peculiari della pratica, si potrà propendere per
l’applicazione dell’articolo 23 o dell’articolo 26 del Codice del consumo96. Si annida in
tale rapporto un chiaro esempio di indebito condizionamento97 proprio per i ruoli che
rivestono le parti in causa: l’acquirente è, in questo caso, un contraente debole che si
trova in una posizione subordinata e d’inferiorità mentre il professionista è forte e
controlla una stabile situazione strutturale di potere grazie all’essere colui che dispensa
regali. Se dopo la prima telefonata in cui si comunica al soggetto di essere in diritto di
poter riscuotere un premio, si forniscono ad esso tutte le informazioni sui i costi e le
modalità di spesa per poter godere effettivamente di quanto comunicato, allora la pratica
diventa lecita. Una corretta e preventiva informazione sugli oneri da sostenere è l’unico
modo per non incorrere in illeciti sanzionabili in base alle norme riportate nel Codice
del Consumo.
95 Cfr.Ubertazzi, op.cit, p.342. 96Cfr. V. D’Antonio, G, Sciancalepore, Le pratiche commerciali in “La tutela del consumatore”, op. cit. 199. 97 Cfr. L. Di Nella, Le pratiche commerciali aggressive, in G. De Cristofaro, op. cit., p. 336.
Capitolo III
92
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato:
analisi dei provvedimenti sulla tutela del consumatore dal 2007 ad
oggi.
Sommario: - 1. Introduzione - 1.1. I poteri dell’Autorità della Concorrenza e del Mercato. - 2. Criteri di
segmentazione e prime valutazioni. - 2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi dei provvedimenti attivati. -
2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nell’ambito dei settori merceologici - 2.3. Tutti gli illeciti dal
2007 ad oggi.
*******
1. Introduzione
In questo capitolo si riporta un’analisi approfondita dell’operato dell’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato con statistiche volte a rilevare, ad esempio, le
tipologie di illecito più frequenti, i provvedimenti presi, i settori merceologici per cui è
stato maggiormente richiesto l’intervento dell’Autorità stessa. Importante sarà
comprendere, inoltre, come sono modificate le decisioni rispetto al passato e quindi
rispetto alla precedente normativa. A tal fine, infatti, si è optato di prendere in esame un
periodo di tempo che si riferisse agli ultimi tre anni, dal 2007 ad oggi, dal momento che
le leggi a cui si fa riferimento attualmente sono entrate in vigore a partire dal 21
settembre 2007. Scegliere, dunque, il 2007 come anno di inizio di questa analisi
comporta la possibilità di constare qual era la situazione antecedente alle modifiche e
soprattutto com’è stato vissuto il passaggio a seguito del recepimento della direttiva.
Prima di riportare le tabelle e i relativi schemi, è d’obbligo premettere una brevissima
spiegazione su com’è composta l’Agcm, quali procedure adotta per determinare se
un’attività commerciale è illecita e quali sanzioni può infliggere, perché solo alla luce di
ciò, sarà possibile interpretare i dati che saranno forniti in seguito.
1.1. I poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
L’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato è un organo istituito dalla
legge 287 del 10/10/1990 ed opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e
valutazione (art. 10 comma 2, l. 287/90), la cui imparzialità, inoltre è garantita dalle
Capitolo III
93
modalità di nomina dei suoi membri: persone di notoria indipendenza, dotate di grande
professionalità in materia economica e giuridica scelte in comune accordo dal
Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica. Tale
impostazione comporta che si può ritenere rispettato quanto disposto dall’articolo 11
della direttiva comunitaria 2005/29 in relazione alla richiesta di imparzialità dell’organo
competente a regolare le pratiche commerciali scorrette. L’articolo 11 della direttiva
appena citata si limita ad imporre agli Stati Membri di assicurare mezzi adeguati ed
efficaci per contrastare il diffondersi di attività commerciali illecite, dunque,
contrariamente alle nome sostanziali che definiscono nel dettaglio le fattispecie precise,
sono esplicitati pochi principi generali sui quali implementare i sistemi rimediali e
sanzionatori1. Si precisa solamente che l’autorità competente deve essere dotata del
potere di far cessare o vietare le pratiche scorrette, anche di poter agire con
provvedimenti d’urgenza e che essa deve motivare sempre e comunque le proprie
decisioni.
L’articolo 27 del Codice del Consumo designa l’AGCM quale autorità preposta
all’applicazione della presente disciplina. I poteri di indagine dell’Autorità in materie di
pratiche scorrette, che saranno brevemente analizzati, si rinvengono non solo
nell’articolo 27 stesso, ma anche nel regolamento interno dell’autorità sulle procedure
istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette con il provvedimento n. 17589
del 15 novembre 20072. La norma in esame ribadisce il sistema di applicazione binario3,
già delineato dall’articolo 26 del Codice del Consumo, non modificato dai decreti
legislativi 145/2007 e 146/2007, in tema di pubblicità ingannevole e comparativa: da un
lato, infatti, l’AGCM è delegata a prendere decisioni in merito alle attività commerciali
illecite, dall’altro il comma 15 dell’articolo 27, non esclude la giurisdizione del giudice
ordinario in materia di concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 2598 del codice civile o
in violazione della disciplina sul diritto d’autore, dei marchi d’impresa e delle
denominazioni di origine protette. Si deduce che l’Autorità garante della concorrenza e
del mercato è preposta alla cura dell’interesse generale e al corretto funzionamento del 1 Cfr. G. Taddei Elmi, Art. 27 – 27 quarter , in G. Vettori (a cura di) “Codice del consumo –
Aggiornamento: pratiche commerciali scorrette e azione collettiva”, Cedam, Lavis 2009, p.115. 2 Cfr. A. F. Gagliardi, Pratiche commerciali scorrette, Utet, Torino 2009, p. 33 3 Cfr. A. Ciatti, La tutela amministrativa e giurisdizionale, in G. De Cristofaro (a cura di), Le pratiche
commerciali sleali tra imprese e consumatori, Giappichelli, Torino, 2007, p. 269.
Capitolo III
94
mercato, mediante l’applicazione di sanzioni amministrative, ai giudici ordinari rimane
affidata la tutela civilistica dei singoli soggetti danneggiati da pratiche sleali.
A seguito della direttiva comunitaria 2005/29/Ce, la disciplina che regola
l’Antitrust non si è modificata molto rispetto al passato. Una grande novità che è
possibile rilevare è il potere conferito all’Autorità di poter agire non solo su iniziativa di
parte, ma anche ex officio (art. 27 co. 2 Codice del consumo) con la conseguente
possibilità di allargare l’ambito soggettivo e oggettivo dell’istruttoria4. Legittimato a
promuovere un’azione è chiunque manifesti un interesse nella pratica commerciale5,
sono incluse quindi anche le associazioni nazionali dei consumatori o i concorrenti.
Altra importante novità è rappresentata dalla norma che consente al
professionista responsabile di assumere l’impegno di porre fine alla pratica, così da
evitare che l’AGCM proceda ad accertare l’infrazione commessa. Si tratta di uno
strumento di tipo negoziale emerso dapprima informalmente nella prassi e poi è stato
recentemente inserito, con apposita novella, nella legge Antitrust italiana. La ratio della
strumento è duplice: da un lato assicurare all’AGCM un risparmio in termini di risorse
amministrative impegnate nell’attività di enforcement della disciplina (posto che la
presentazione degli impegni da parte del professionista deve necessariamente avvenire a
ridosso dell’apertura del procedimento, entro trenta giorni dopo la ricezione della
comunicazione di avvio); dall’altro ottenere un immediato ed efficace ri-allineamento
della condotta del professionista alle disposizioni del decreto, attraverso la volontaria
assunzione di un impegno vincolante a rimuovere l’illecito contestato6. La
presentazione di un impegno da parte dell’imprenditore presenta alcuni vantaggi.
Questi, infatti, a fronte di una supposta infrazione, si trova nella posizione migliore per
modificare la condotta oggetto di contestazione, eliminandone i profili di illiceità nella
misura meno invasiva per la propria attività d’impresa.
4 Cfr. Gagliardi, op.cit, p.34. 5 Cfr. Art. 27 co. 2 del decreto legislativo 206/2005 recita che “ l’Autorità, d’ufficio o su istanza do ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. 6 Cfr. Ubertazzi, op.cit, p.344.
Capitolo III
95
È bene analizzare nello specifico come opera l’Autorità garante della
concorrenza e del mercato al fine di comprendere anche l’entità delle sanzioni e gli
effettivi poteri.
Una volta pervenuta la segnalazione, analogamente a quanto avviene per la
disciplina di intese e abusi restrittivi della concorrenza in base alla legge 287/90, il
procedimento prevede due fasi, una definita pre-istruttoria e l’altra istruttoria. Durante
la prima fase si raccolgono tutti gli elementi della fattispecie e in tale fase non è
consentito alle imprese l’accesso agli atti in possesso dell’Autorità per esercitare il
diritto di difesa. L’AGCM, eccezion fatta per i casi di particolare gravità, può invitare il
professionista a rimuovere ciò che determina la decettività della pratica e archiviare il
tutto7. La fondatezza dell’istanza viene valutata immediatamente dal collegio
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in base alla documentazione
prodotta o quanto acquisito dal responsabile del provvedimento: se non sussistono i
presupposti per un approfondimento l’Autorità archivia la richiesta altrimenti dà l’avvio
all’istruttoria vera e propria con contestuale comunicazione al professionista e ai
soggetti che abbiano presentato l’istanza di intervento. Con la medesima comunicazione
viene indicato alle parti anche il termine per presentare eventuali memorie scritte o
documenti in modo da agevolare il contraddittorio e la trasparenza. Si rimanda allo
schema presente nella pagina seguente per avere una visione completa e d’insieme
dell’intero procedimento.
7 Cfr. Gagliardi, op.cit, p. 35.
Capitolo III
96
Capitolo III
97
Come si evince dallo schema, rispetto alla precedente normativa è aumentato e
anche in maniera ingente l’importo delle sanzioni che l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato può infliggere. Prima delle modifiche del 2007, infatti,
l'Autorità poteva disporre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da
1.000 euro a 100.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione,
mentre a tutt’oggi i valori oscillano tra 5.000€ e 500.000€. Nei casi più gravi
l’ammenda non poteva essere inferiore a 25.000€, invece, in base alla nuova normativa
tale quota è raddoppiata. Questi esempi sono fondamentali per capire se i cambiamenti
apportati a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 2005/29 possono
considerarsi validi deterrenti alla messa in pratica o alla reiterazione di atti illeciti da
parte dei professionisti e se, appunto, sanzioni pecuniarie più gravose possono limitare
il diffondersi di attività scorrette. Nell’analisi che seguirà nei prossimi paragrafi si terrà
conto proprio di questi fattori per descrivere il fenomeno che ha interessato
l’ordinamento italiano e il passaggio da pubblicità ingannevole a pratica commerciale
sleale.
2. Criteri di segmentazione e prime valutazioni
Per iniziare l’analisi dell’operato dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato si è ritenuto opportuno individuare dei macrosettori di riferimento, ampliando
notevolmente la suddivisione riportata sul sito dell’AGCM. Sul sito ufficiale, infatti, le
statistiche sono effettuate su cinque settori merceologici (energia, comunicazioni,
credito e assicurazioni, alimentari – farmaceutico – trasporti, industria – servizi) e una
classe residuale che contiene le restanti pratiche commerciali. Tale suddivisione è
sembrata non adeguata e poco idonea a fornire un quadro esaustivo della situazione
italiana e dunque, si è optato per classificare le attività commerciali illecite in maniera
più puntuale, focalizzando l’attenzione su rami specifici dei macrosettori appena citati.
Nell’ambito del settore energetico, infatti, si sono messe in evidenza le
sentenze relative all’erogazione di gas e dei carburanti, quelle inerenti all’ecologia (in
particolar modo alla distribuzione dell’acqua e alla depurazione di questa stessa) ed
infine a quelle concernenti l’energia vera e propria, come la si suole intendere, dal
momento che la liberalizzazione in questo campo ha determinato il sorgere e lo
Capitolo III
98
svilupparsi di un’accanita concorrenza. Analogo lavoro si è effettuato per le
Comunicazioni che sono state divise in base ai provvedimenti che hanno interessato
l’editoria, la musica, la telefonia e la televisione. Per ciò che concerne il settore “credito
e assicurazioni”, così come precedentemente individuato dall’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, si sono definite altre categorie e sono trattate in modo
separato le attività inerenti al settore bancario, a quello delle assicurazioni, a quello dei
crediti e dei finanziamenti. Benché nel terzo gruppo siano inglobati elementi alquanto
divergenti fra essi dal momento che sono accomunati settori quale il farmaceutico e
quello dei trasporti, si è preferito mantenere tale divisione per rendere più semplice ed
immediato il confronto con i dati reperibili sul sito www.agcm.it. Nell’ambito
dell’industria e dei servizi si è dato spazio alle modifiche più consistenti e proprio a tal
proposito si sono individuate le seguenti sottocategorie: abbigliamento, agenzie
immobiliari, arredamento, automobili, elettrodomestici, elettronica, estetica e cosmesi,
giochi – giocattoli e concorsi, istituti – scuole e corsi di formazione, inserzioni di
lavoro, turismo, industria pesante, onoranze funebri e, in ultimo, orologi e gioielli. Si è
prevista, infine, una categoria residuale denominata “varie” onde evitare che non
venisse rispettato il principio di esaustività della ricerca e che talune pratiche non
trovassero una collocazione.
Dopo aver chiarito il criterio di base con il quale è stata effettuata la
classificazione delle pratiche commerciali scorrette, è d’uopo sottolineare che rivestono
una certa importanza anche le ragioni con cui l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato motiva le proprie sentenze dal momento che, sia per giudicare se un’attività è
illecita o meno, sia per infliggere una sanzione, l’AGCM si serve di un’analisi globale
del contesto di riferimento e delle condizioni di bilancio della società parte del
procedimento. Si è evidenziato più volte, infatti, che l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato sia un organo preposto alla cura dell’interesse generale e al
corretto funzionamento del mercato stesso, lungi, quindi sanzionare un’azienda in modo
da comprometterne in maniera determinante e irreparabile la sopravvivenza. Per
riportare un esempio concreto e soprattutto recente di quanto appena affermato, è
possibile citare il caso che ha interessato la casa editrice “Fabbri Editori8” sanzionata
8 Cfr. Provvedimento 20090 del bollettino n. 28/2009 del 15 luglio 2009.
Capitolo III
99
per il comportamento posto in essere dalla società RCS Libri, la quale ha diffuso
un’iniziativa editoriale di collezionabile denominata “Juke Box Collection”, omettendo
di indicare la durata ed il numero complessivo delle pubblicazioni. In particolare, tale
collezione, diffusa presso tutte le edicole a livello nazionale, riguardava la riproduzione
dei modelli più famosi di Juke Box realizzati dagli anni ’40 agli anni ’70. Si contesta in
tale procedimento che né sull’opuscolo allegato alla prima uscita, né sul sito internet
www.fabbrieditori.it, ora www.edicolafabbri.it, fosse precisato il numero complessivo
di uscite di cui si componeva l’intera collezione. Per determinare la quantificazione
della sanzione, dunque, si fa sempre riferimento alla gravità della violazione, all’opera
svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, alla personalità dell’agente,
nonché alle condizioni economiche dell’impresa stessa. Nel caso in esame si sono
effettuate precise valutazioni: in relazione alla gravità della fattispecie si è tenuto conto
della modalità di diffusione ovvero sul sito internet e nelle edicole a livello nazionale e
proprio per tal motivo si è determinato che l’attività praticata è grave perché suscettibile
di raggiungere e aver condizionato nelle scelte economiche un numero congruo di
consumatori. Sempre in relazione al parametro della gravità, si è considerato, inoltre,
che la pratica commerciale si è concretizzata in omissioni rilevanti riguardanti
caratteristiche essenziali del prodotto non riportate sulla confezione dell’iniziativa
editoriale. Per ciò che concerne la struttura dell’impresa si è constatato che RCS Libri è
un’impresa di grandi dimensioni, che vanta una posizione di rilievo nel panorama
dell’editoria italiana (si rileva che la società nel 2008 ha realizzato ricavi corrispondenti
a circa 307 milioni di euro, con un risultato di esercizio di circa 15 milioni di euro) e,
pertanto, è configurabile un maggior impatto pregiudizievole delle iniziative
pubblicitarie oggetto di valutazione.
Relativamente all’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare le
conseguenze dell’infrazione, nel caso di specie sono state considerate le modifiche della
comunicazione pubblicitaria presentate dal professionista successivamente all’avvio del
procedimento istruttorio. Alcune di tali modifiche, infatti, sono state ritenute
parzialmente idonee a rendere le comunicazioni commerciali più chiare al consumatore
e quindi da un importo base di 100.000€ che si era inizialmente previsto, si è stabilita
una riduzione della sanzione e di irrogare un’ammenda di 80.000€. Il caso appena
presentato costituisce un modello di come opera l’AGCM e di come sono regolate le
Capitolo III
100
attività commerciali nell’ambito italiano. Questo modo di operare conduce ad alcune
riflessioni: se le sanzioni sono proporzionate per difetto quando le imprese non hanno
grandi fatturati, in alcuni casi anche il massimo dell’imponibile risulta irrisorio per
grandi società. Si può facilmente evidenziare come un’azienda come la Wind che nel
2008 ha realizzato un ricavato di 5.519 milioni di euro9 non possa essere incentivata dal
non ripetere atti illeciti se questi comportano introiti notevoli in luogo di ammende che
non incidono sul bilancio.
Per trarre delle prime valutazioni sulle attività illecite che sono state
individuate nel corso di questi tre anni di analisi e in base ai suddetti criteri si evince
che, come era d’altronde facilmente prevedibile, il settore più colpito è quello delle
comunicazioni al quale sono state inflitte sanzioni per un totale di 21.934.400 milioni di
euro, seguito dalle pratiche commerciali effettuate nell’ambito del settore bancario e
creditizio in cui si rinvengono sanzioni pecuniarie per un valore complessivo di
15.603.700 milioni di euro. Al terzo posto di questa particolare classificazione si colloca
l’intero campo di industria e servizi, ma tale posizione va interpretata con la dovuta
cautela: sebbene le ammende ammontino a ben 8.629.400 milioni di euro, queste sono il
frutto di attività implementate in vari settori merceologici che, come si è scritto
poc’anzi, spaziano dall’abbigliamento alle onoranze funebri, dai giochi a premio agli
istituti e corsi di formazione. Volendo capire l’entità delle sanzioni degli altri settori, si
ritrovano di seguito gli alimentari i prodotti farmaceutici e i trasporti a quota 7.508.400
milioni di euro, l’energia a quota 2.893.600 e, infine, la categoria “varie” che si attesta
intorno ai 2.394.800 milioni di euro. L’aumento delle sanzioni, a partire dall’entrata in
vigore della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette, è una fattore che
indubitabilmente ha influito nettamente sugli importi appena citati, anche perché è da
sottolineare che non è cresciuto in maniera cospicua il numero delle istruttorie attivate.
Non hanno determinato un proliferare di procedimenti, né una disciplina meglio
strutturata e comprensiva di un maggior numero di fattispecie rispetto al passato, né la
possibilità concessa all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato di poter
attivarsi ex officio.
9 Cfr. Bilancio consolidato al 31 dicembre 2008 presente sul sito: http://www.windgroup.it/download/investitori/bilanci/WIND_Biancio_Consolidato_31_12_08.pdf
Capitolo III
101
Confrontando i dati tra il 2007 e il 2008, in modo da poter effettuare il
paragone sulle stesse 12 mensilità, piuttosto che fermarsi ad agosto 2009, si rileva come
il computo delle pratiche commerciali ascritte tra quelle illecite è più o meno simile,
257 nel 2007 e 249 nell’anno successivo10 mentre le sanzioni irrogate sono cresciute di
oltre sette volte.
Per avere comunque una prima e approssimativa visione della situazione italiana si è
creata la seguente tabella:
Figura 1, Suddivisione per articoli e per sanzioni - triennio 2007-2009. Ns. elaborazione.
Come si deduce dalla tabella, nel corso di questi tre anni risultano
maggiormente applicati gli articoli 20 – 21 – 22 e 23 del decreto legislativo 206/2005
rispetto al 24 – 25 e 26 dimostrando la veridicità di quanto supposto nel secondo
capitolo: alcuni dei comportamenti presenti, ad esempio, nella seconda black list non
trovano riscontro nella nostra realtà commerciale odierna, ma sono stati inseriti
ugualmente perché dette pratiche vengono forse poste in essere in altri paesi.
10 Fonte: www.agcm.it
MACROSETTORE 2007-2009
Articoli
Sanzion. €
nuovo
Sanzion. €
vecchi
Totale Sanzioni
Settori
20
n.
20
v.
21
n.
21
v.
22
n.
22
v.
23
n.
23
v.
24
n.
24
v.
25
n.
25
v.
26
n.
26
v.
Energia - Gruppo -
A-2.866.400 27.200 2.893.600 24 2 17 16 6 2 11 7 1
Comunicazioni -
Gruppo -B-20.224.500 1.709.900 21.934.400 162 51 139 50 118 7 17 4 44 49 2 22
Credito e
Assicurazioni -
Gruppo - C - 15.169.300 434.400 15.603.700 76 30 61 30 53 30 1 8 8 3
Alimentari,Farmac
eutico e Trasporti -
Gruppo - D - 7.274.600 233.800 7.508.400 74 18 73 18 17 19 1 5 1 1
Industria e Servizi -
Gruppo - E -7.697.800 931.600 8.629.400 154 63 133 52 62 11 52 8 7 5 3
VARIE - Gruppo -
F -2.094.600 300.200 2.394.800 28 18 25 17 9 3 10 3 1
55.327.200 3.637.100 58.964.300 518 182 448 167 275 21 134 19 75 2 70 2 29 0
Capitolo III
102
2.1. Analisi degli illeciti più frequenti con esempi di procedimenti attivati
L’analisi condotta sulle pratiche commerciali scorrette ha permesso di
individuare le principali problematiche di intervento con cui si è confrontato l’Antitrust,
spesso tra l’altro presenti in uno stesso caso. In questo paragrafo si riportano le tipologie
di attività scorrette più frequenti, analizzando, ove possibile i casi più emblematici
processati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’illecito più diffuso
è quello relativo alla mancata indicazione dei costi complessivi delle offerte, omissioni
queste che si verificano soprattutto nei settori della telefonia11 (la società Fastweb, ad
esempio, è stata sanzionata tre volte per lo stessa condotta scorretta nel giro di quattro
mesi) e dei finanziamenti. Ogni volta, nella valutazione della decettività di un
messaggio promozionale si considera la comprensibilità e la completezza delle
informazioni fornite. Un’informazione completa, infatti, rappresenta l’onere minimo
che un professionista deve assolvere per garantire la corretta stima e convenienza del
prodotto. Non può costituire un’esimente il fatto che la costruzione dell’offerta mal si
presti ad essere illustrata chiaramente su supporti vincolati a rispettare determinati tempi
e spazi.
Nell’ambito delle pubblicità dei finanziamenti, un settore che si caratterizza per
la forte asimmetria informativa esistente tra gli operatori economici ed i consumatori in
ragione della complessità della materia in questione e della sporadicità del ricorso alla
fruizione dei servizi complessivamente offerti da una società finanziaria, si rilevano
statisticamente per lo più le omissioni di informazioni quali TAEG e TAN12 o l’assenza
del costo totale dell’intera operazione.
11 Cfr. Provvedimento n. 20093 - NOI WIND-MANCATA INDICAZIONE COSTI nel bollettino 28/2009, oppure Provvedimento n. 20053 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE in bollettino 27/2009, oppure Provvedimento n. 19662 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE nel bollettino n. 11/2009, oppure Provvedimento n. 190608 - FASTWEB-MANCATA INDICAZIONE CANONE nel bollettino 9/2009. 12 Cfr. Provvedimento n.19778 - ASFINA-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 17/2009, oppure Provvedimento n. 19789 - EURO FIDITALIA-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 17/2009, oppure Provvedimento n. 19780 - SOLO MUTUI-OMISSIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 16/2009, oppure Provvedimento n. 19783 - EURO CONTRIBUTI-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino n. 16/2009, oppure Provvedimento n. 19786 - GLOBAL FIN-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel bollettino 16/2009, oppure Provvedimento n. 19680 - SAN MATTEO FINANZA ETICA-AMBIGUA INDICAZIONE TAEG nel bollettino n. 12/2009, oppure Provvedimento n. 19681 - SERVIZI FINANZIAMENTI-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG nel
Capitolo III
103
In tutti questi casi relativi al settore finanziario, l’AGCM ha sempre ravvisato
gravi scorrettezze stabilendo la contrarietà agli articoli 20 e 21 del Codice del Consumo
ed imponendo sanzioni comprese tra i 33.000€ e i 425.000€, a seconda della diffusione
della pratica commerciale analizzata.
Un altro illecito, molto diffuso nel corso del 2009, riguarda, invece, offerte di lavoro a
domicilio che in realtà non solo tali, ma costituiscono solo un escamotage per vendere
del materiale o richiedere soldi al consumatore che inconsapevolmente risponde ad un
annuncio su riviste a tiratura locale o nazionale13. Un esempio per chiarire tale attività
scorretta è quello posta in essere dalla società Pronto Moda, la quale su tre testate a
livello locale (Napoli, Palermo e Firenze) ha pubblicato le seguenti inserzioni: “Lavoro
a domicilio. Confeziona facile bigiotteria, una seria proposta con guadagni sicuri.
Pronto Moda 800.21.78.22 cell..[…]”; “Lavoro a domicilio. Confeziona facile
bigiotteria. Contattaci gratuitamente troverai la nostra offerta sicuramente
interessante. Pronto Moda 800.21.78.22 cell. […]”. Tutte le richieste di intervento
lamentano la presunta scorrettezza della pratica segnalata in quanto, in realtà, le
suddette inserzioni occulterebbero un’offerta di fornitura di materiale a carattere
oneroso, dissimulata dalla proposta di lavoro. In particolare, i segnalanti lamentano
l’omissione informativa nei suddetti annunci, circa il costo da sostenere al momento
della consegna della merce, e precisamente, il versamento di 45 euro “a parziale
garanzia” e l’ulteriore versamento di 25 euro “per spese di spedizione, imballo e
segreteria”, per un totale complessivo di 70 euro. Infine, gli stessi segnalanti lamentano
che, nonostante abbiano effettuato il lavoro di confezionamento dei suddetti bracciali e
spedito il prodotto finito, così come proposto dal professionista, non abbiano mai
ricevuto né il compenso promesso, né tanto meno il dovuto rimborso. Le pratiche
commerciali sleali ascrivibili a questa tipologia sono tutte sanzionate in base all’articolo
20 del Codice del Consumo ed anche dell’art.21 del medesimo decreto con particolare
riferimento al primo comma lett. a) relativo alla natura del prodotto. Le sanzioni, la cui
quantificazione è connessa alla gravità della situazione di debolezza contrattuale in cui
bollettino n. 12/2009, oppure Provvedimento n. 19683 - ITALMONEY NETWORK DI MANEA DAVIDE-OMESSA INDICAZIONE TAN E TAEG in bollettino n. 12/2009. 13 Cfr. Provvedimento n. 20024 – ZALES nel bollettino 27/2009, oppure Provvedimento 20027 - CREAZIONI ANNABELLA-OPPORTUNITÀ DI LAVORO nel bollettino 27/2009, oppure Provvedimento 20030 - SOCIETÀ PRONTO MODA nel bollettino 27/2009.
Capitolo III
104
si trovano i soggetti destinatari dell’inserzione pubblicitaria che normalmente si
identificano in quelle persone che cercano un lavoro e, come tali, sono facilmente
suggestionabili dalle offerte di lavoro all’apparenza allettanti, oscillano in un range
compreso fra i 10.600€ e i 75.000€.
Sono alquanto importanti anche i provvedimenti dell’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato inerenti alle affermazioni scorrette con le quali si accredita
un prodotto sia nel campo dell’estetica e della cosmesi14 che degli alimentari15 ( merce
comune spacciata come prodotto di origine controllata). Degni di nota per chiarire al
meglio queste fattispecie sono i procedimenti conclusi ai danni della società Danone e
della società Unilever per la diffusione di messaggi pubblicitari relativi rispettivamente
ai prodotti “Danacol16” e “Pro-activ17” , promozionati come alimenti idonei per la
riduzione del colesterolo. Nelle comunicazioni proposte dalle due imprese si utilizzano
immagini e claim di grande impatto che correlano direttamente il consumo del prodotto
alla riduzione del colesterolo e al benessere cardiaco e ostentano la scientificità provata
degli assunti di efficacia. Nelle comunicazioni commerciali sono infatti contenute
informazioni che appaiono non veritiere e, comunque, nella loro presentazione
complessiva, aventi un contenuto ambiguo relativamente alle situazioni nelle quali può
risultare efficace l’assunzione del prodotto ed alla sua funzione di mero coadiuvante nel
trattamento dell’ipercolesterolemia. La condotta deve considerarsi grave in ragione del
fatto che essa appare scorretta sotto una pluralità di profili, relativi sia ad affermazioni
che ad omissioni ingannevoli, in un settore dove è richiesto un particolare livello di
cautela, quale quello della pubblicità di prodotti alimentari attraverso indicazioni
salutistiche.
La gravità della pratica va poi apprezzata in ragione della reiterata e vasta diffusione dei
messaggi pubblicitari censurati (la messa in onda degli spot oggetto d’analisi si è
protratta per oltre un anno), che sono stati veicolati con una pluralità di mezzi di
comunicazione e che hanno raggiunto una grande numero di consumatori. L’impresa
Danacol, dunque, anche alla luce dell’importanza e della dimensione e della reputazione
14 Cfr. Provvedimento 18415 – PERDIPESO CEROTTO RIMODELLANTE nel bollettino 20/2007. 15 Cfr. Provvedimento 20048 - CONDIMENTO TRADIZIONI REGGIANE nel bollettino 27/2009. 16 Cfr. Provvedimento 19816 – DANACOL nel bollettino 19/2009. 17Cfr. Provvedimento 19820 – PRO-ACTIV AIUTA A RIDURRE IL COLESTEROLO nel bollettino 19/2009.
Capitolo III
105
di cui gode presso un target molto ampio, è stata sanzionata con un’ammenda pari a
300.000€.
Alcuni dei provvedimenti più importanti tra quelli adottati fino ad oggi in
materia di pratiche commerciali scorrette e che riguardano nello specifico la tipologia di
azioni aggressive, così poco presenti nell’ambito del mercato italiano, sono quelle
inerenti all’attivazione di forniture non richieste. Quest’ultime sono presenti ancora una
volta nel settore della telefonia, con un particolare riferimento ai servizi di suonerie e
contenuti in abbonamento18, ma soprattutto nel settore dell’energia elettrica e del gas.
Come già detto in precedenza, la diffusione di tali pratiche ha avuto origine nel periodo
successivo alla completa liberalizzazione del mercato delle forniture domestiche
avvenuta in Italia nel luglio 2007 e hanno interessato soprattutto la società Enel e i
tentativi di quest’ultima di sollecitare l’adesione dei consumatori alle offerte sottoposte
a prezzo libero. La differenza di tariffa costituisce uno dei cambiamenti fondamentali
alla base della liberalizzazione: ora è possibile proporre un prezzo che segua gli
andamenti del mercato anziché uno regolamentato e stabilito dall’Autorità dell’Energia
elettrica e del Gas. Alla luce di ciò, è considerato illecito utilizzare in mercati
liberalizzati di recente una comunicazione commerciale che non permetta
immediatamente al consumatore di distinguere la società del gruppo che opera con
tariffe imposte e quella, invece, che opera in un libero mercato19. Le pratiche
aggressive, invece, si sostanziano nel presentare ostacoli all’esercizio del diritto di
recesso manifestato dal consumatore. In particolare, nel procedimento n.18829 del
bollettino del 33/2008, che ha per oggetto proprio le attività commerciali poste in essere
dalla società Enel, è stato rilevato come sia scorretto procedere alla registrazione di
contratti conclusi per telefono, se questa stessa registrazione viene effettuata entro i 10
giorni stabiliti dal Codice del Consumo per permettere all’acquirente di recedere dal
consenso prestato. È ascrivibile nelle categoria delle attività ingannevoli anche
impiegare tempi lunghi per processare la richiesta di scioglimento di un contratto, nei
cui confronti si è esercitato il diritto di recesso soprattutto se, ignorando tale richiesta si
18 Cfr. Provvedimento n. 17856 – MODI.DADA.NET – BRANI MUSICALI GRATIS SUL CELLULARE in bollettino n. 1/2007, oppure Provvedimento 16728 – WWW.MESSAGGISMS.NET in bollettino n. 15/2007. 19 Cfr. Provvedimento n.18829 – ENEL ENERGIA, RICHIESTA CAMBIO FORNITORE nel bollettino n.33 /2008
Capitolo III
106
espleta la pratica come una disdetta ordinaria, addossando sul consumatore oneri e spese
che, per legge, non dovrebbero essere a suo carico.
Volendo, in ultimo, citare brevemente altri tipi di illeciti frequenti è possibile
ritrovare la mancata predisposizione di prodotti posti in offerta, l’assenza di
informazioni rilevanti per usufruire di buoni o promozioni similari, l’equiparazione non
vera di titoli conseguiti presso istituti e corsi on line con quelli conseguiti, invece, nelle
università italiane o l’utilizzo improprio di termini, strettamente regolamentati, quali
“garanzia” e “assicurato”.
2.2. Evoluzione delle pratiche commerciali scorrette nei settori
merceologici
L’analisi condotta relativa alla tipologia di pratiche commerciali scorrette ha
permesso di evidenziare anche come sono cambiati e se sono cambiate le decisioni e gli
illeciti commessi nei vari settori merceologici dal 2007 ad oggi.
Nel settore energia ed in particolare in quello relativo alla distribuzione c’è
stato un sostanziale equilibrio dal momento che si sono individuati lo stesso numero di
illeciti, i quali, però, sono stati sanzionati con delle ammende più congrue proprio in
relazione al cambiamento del massimo imponibile che si è avuto a seguito del
recepimento della direttiva comunitaria 2005/29. Non si può fare un discorso analogo
per quel che concerne l’energia perché, come più volte sottolineato, la liberalizzazione
ha determinato un surplus di provvedimenti. Nei primi mesi del 2009, infatti, si sono
riscontrati ben 7 casi a differenza dei 2 presenti nei bollettini emanati dall’Antitrust
nell’intero anno 2007.
Le trasformazioni che hanno interessato il settore delle telecomunicazioni sono
quelle più evidenti sia per l’incremento del numero di procedimenti attivati e conclusi
dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia per le sanzioni inflitte. Nel
corso di questi tre anni, ad esempio, si constata l’applicazione nei confronti delle
compagnie telefoniche dell’articolo 20 del Codice del consumo, aggiornato in base alle
modifiche del decreto legislativo 146/2007, per un numero pari a 138 volte, ma solo 6
di queste sono relative al 2007. Si giunge alle medesime conclusioni anche analizzando
Capitolo III
107
l’applicazione dell’articolo 21 che è stato attuato in 63 casi nel 2008 e già 52 nei primi
otto mesi del 2009, lasciando intendere che tale dato sia destinato a superare
ampiamente quello dell’anno precedente. Editoria, musica e programmi televisivi
presentano un essenziale staticità con variazioni non rilevanti da segnalare durante il
periodo oggetto del presente lavoro.
Interessante ai fini del lavoro è la situazione del settore bancario in cui si palesa
un fenomeno particolare: una concentrazione di procedimenti nel 2008 che ha
determinato sanzioni pari a 10.121.100 milioni di euro e pochissimi interventi
dell’AGCM nel restante periodo di analisi.
Per quel concerne, invece, il settore degli alimentari poche istruttorie
definiscono un monte sanzionatorio elevato dal momento che l’Antitrust pone
particolare attenzione nei confronti di questa determinata tipologia di prodotti. Al fine di
comprendere meglio la situazione italiana si è preferito riportare tutti i dati in tabelle di
immediata comprensione.
MACROSETTOREArticoli
PeriodiSanzion. €
nuovo
Sanzion. €
vecchi.
20
n.
20
v.
21
n.
21
v.
22
n.
22
v.
23
n.
23
v.
24
n.
24
v.
25
n.
25
v.
26
n.
26
v.
Energia - Gruppo -A-
Distribuzione gas /carburanti ( 01 ) Anno 2009 220.000 0 3 3 3
Anno 2008 205.000 0 3 2 1 3 1
Anno 2007 7.100 0 2 2 2
Totali 432.100 0 8 0 7 0 3 0 3 0 3 0 1 0 0 0
Ecologia ( 02 ) Anno 2009 130.000 0 4 3 3 1 2
Anno 2008 0 0
Anno 2007 3.600 0 1 1
Totali 133.600 0 5 0 3 0 4 0 1 0 2 0 0 0 0 0
Energia ( 03 ) Anno 2009 655.000 0 7 4 7 1 3 3
Anno 2008 1.625.000 0 2 1 1 1 3 3 1
Anno 2007 20.700 27.200 2 2 2 1 2
Totali 2.300.700 27.200 11 2 7 0 9 0 2 2 6 0 6 0 1 0
Totale gen. 2.866.400 27.200 24 2 17 0 16 0 6 2 11 0 7 0 1 0
Comunicazioni - Gruppo -B-
Editoria ( 10 ) Anno 2009 151.000 0 3 2 2 1
Anno 2008 450.100 0 4 2 3
Anno 2007 9.100 110.100 1 6 1 6 0 2
Totali 610.200 110.100 8 6 5 6 5 0 3 0 0 0 0 0 0 0
Musica ( 11 ) Anno 2009 0 0
Anno 2008 0 1.000 1 1
Anno 2007 77.200 25.000 2 1 2 2 1
Totali 77.200 26.000 2 2 2 1 0 0 2 0 0 0 0 1 0 0
Telefonia ( 12 ) Anno 2009 7.950.000 0 53 52 53 4 6 6 5
Anno 2008 10.119.500 134.300 79 4 63 4 53 3 36 41 15
Capitolo III
108
Anno 2007 198.600 1.012.800 6 26 6 26 2 1
Totali 18.268.100 1.147.100 138 30 121 30 106 0 7 2 42 0 47 1 20 0
Televisione ( 13 ) Anno 2009 240.000 0 3 1 3 2
Anno 2008 999.400 332.700 10 7 9 7 4 7 5 2 2 2
Anno 2007 29.600 94.000 1 6 1 6
Totali 1.269.000 426.700 14 13 11 13 7 7 7 0 2 0 2 0 2 0
Totale gen. 20.224.500 1.709.900 162 51 139 50 118 7 19 2 44 0 49 2 22 0
Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -
Assicurazioni ( 20 ) Anno 2009 70.000 0 2 1 2 1 1
Anno 2008 130.000 0 1 1 1
Anno 2007 0 10.100 1 1
Totali 200.000 10.100 3 1 2 1 1 0 0 0 2 0 1 0 1 0
Bancario ( 21 ) Anno 2009 1.180.000 0 3 3 2 2 1 1 1
Anno 2008 10.121.100 0 26 26 25 25
Anno 2007 47.200 53.700 2 2 2 2
Totali 11.348.300 53.700 31 2 31 2 27 0 27 0 1 0 1 0 1 0
Credito ( 22 ) Anno 2009 0 0
Anno 2008 0 0
Anno 2007 0 14.100 1 1
Totali 0 14.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Finanziamenti ( 23 ) Anno 2009 2.273.000 0 19 7 18 3 4 4
Anno 2008 1.255.600 0 19 17 7 1 2 1
Anno 2007 92.400 356.500 4 26 4 26 1
Totali 3.621.000 356.500 42 26 28 26 25 0 3 1 5 0 6 0 1 0
Totale gen. 15.169.300 434.400 76 30 61 30 53 0 30 1 8 0 8 0 3 0
Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -
Gruppo - D -
Alimentari ( 30 ) Anno 2009 1.530.000 0 11 11 6 2
Anno 2008 517.900 0 8 8 1 1
Anno 2007 270.700 0 19 19 1
Totali 2.318.600 0 38 0 38 0 7 0 3 0 1 0 0 0 0 0
Farmaceutici ( 31 ) Anno 2009 115.000 0 3 2 3
Anno 2008 109.900 37.500 4 2 4 2 1 1
Anno 2007 395.800 29.100 11 1 11 1 1 7 3
Totali 620.700 66.600 18 3 17 3 1 0 10 1 3 1 0 0 0 0
Trasporti ( 32 ) Anno 2009 1.056.000 0 5 5 4 3 1 1
Anno 2008 3.231.500 34.200 10 5 10 5 5 3
Anno 2007 47.800 133.000 3 10 3 10
Totali 4.335.300 167.200 18 15 18 15 9 0 6 0 1 0 1 0 0 0
Totale gen. 7.274.600 233.800 74 18 73 18 17 0 19 1 5 1 1 0 0 0
Industria e Servizi - Gruppo - E -
Abbigliamento ( 40 ) Anno 2009 65.000 0 1 1
Anno 2008 195.100 0 3 3 2
Anno 2007 0 0
Totali 260.100 0 4 0 4 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Agenzie ( 41 ) Anno 2009 35.000 0 1 1
Anno 2008 65.200 0 4 4 2 4
Anno 2007 0 20.300 5 5
Totali 100.200 20.300 5 5 5 0 2 0 4 5 0 0 0 0 0 0
Arredamento ( 42 ) Anno 2009 145.000 0 3 3 3
Anno 2008 176.000 0 4 3 3
Capitolo III
109
2.3. Tutti gli illeciti dal 2007 ad oggi
Si è deciso di riportare tutti dati ancora una volta sotto forma di tabella per
facilitare una visione d’insieme delle pratiche commerciali scorrette poste in essere dal
2007 ad oggi.
Anno 2007 1.000 26.800 1 4 1 4
Totali 322.000 26.800 8 4 7 4 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Automobili ( 43 ) Anno 2009 1.150.000 0 9 7 9
Anno 2008 461.700 124.000 10 5 4 3 1 6 2
Anno 2007 62.200 115.400 7 9 1 5 6 4
Totali 1.673.900 239.400 26 14 12 8 10 0 12 6 0 0 0 0 0 0
Elettrodomestici ( 44 ) Anno 2009 535.000 0 7 7 1 4
Anno 2008 240.700 4.600 6 1 6 1 4 7
Anno 2007 90.800 97.900 3 4 3 4
Totali 866.500 102.500 16 5 16 5 5 0 11 0 0 0 0 0 0 0
Elettronica ( 45 ) Anno 2009 220.000 0 2 2 1 1
Anno 2008 152.200 0 3 3
Anno 2007 97.400 77.300 4 4 4 4
Totali 469.600 77.300 9 4 9 4 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Estetica e cosmesi ( 46 ) Anno 2009 35.000 0 2 2
Anno 2008 415.200 0 7 7 1 2
Anno 2007 76.500 62.900 5 4 5 4 1 1 1
Totali 526.700 62.900 14 4 14 4 1 0 1 1 3 0 0 0 0 0
Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 ) Anno 2009 90.000 0 1 1 1
Anno 2008 493.500 82.200 12 2 11 2 1 9 2 1 1
Anno 2007 106.200 0 6 5 2
Totali 689.700 82.200 19 2 17 2 2 0 11 2 0 0 1 0 1 0
Istituti, scuole e concorsi di formazione (48 ) Anno 2009 425.000 0 6 6 6 1 1 1
Anno 2008 345.300 15.100 8 1 8 1 5
Anno 2007 30.700 73.600 3 6 3 6
Totali 801.000 88.700 17 7 17 7 11 0 1 0 1 0 1 0 0 0
Lavoro ( 49 ) Anno 2009 295.000 0 5 5 5
Anno 2008 90.000 0 2 2 2
Anno 2007 10.600 31.600 1 2 1 2 1 1
Totali 395.600 31.600 8 2 8 2 7 0 1 1 0 0 0 0 0 0
Turismo ( 50 ) Anno 2009 300.000 0 1 1 1 1 1
Anno 2008 233.800 1.000 11 1 11 1 3 1
Anno 2007 58.200 130.500 3 10 3 10 1
Totali 592.000 131.500 15 11 15 11 4 1 1 0 1 0 1 0 0 0
Industria ( 51 ) Anno 2009 398.500 0 3 1 2 2 2
Anno 2008 15.000 0 1 1 1
Anno 2007 0 32.700 2 2
Totali 413.500 32.700 4 2 1 2 2 0 0 0 2 0 2 0 2 0
Onoranze funebri ( 52 ) Anno 2009 50.000 0 1 1 1 1
Anno 2008 12.000 0 1 1
Anno 2007 0 35.700 3 3
Totali 62.000 35.700 2 3 2 3 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Orologi e gioielli ( 53 ) Anno 2009 525.000 0 7 1 7 6
Anno 2008 0 0
Anno 2007 0 0
Totali 525.000 0 7 0 1 0 7 0 6 0 0 0 0 0 0 0
Totale gen. 7.697.800 931.600 154 63 128 52 61 1 50 15 7 0 5 0 3 0
VARIE - Gruppo - F -
Varie Anno 2009 115.000 0 2 1 1 1
Anno 2008 1.897.100 81.300 20 2 19 2 7 7
Anno 2007 82.500 218.900 6 16 5 15 1 3 2 3 1
Totale gen. 2.094.600 300.200 28 18 25 17 9 3 10 3 0 1 0 0 0 0
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
Sanzion.
€ vecchi.
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25
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26
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t.
Energia - Gruppo -A-
Distribuzione gas /carburanti ( 01 )
26-20007 -
25/06/2009
DIRECT LINE INSURANCE-
OMAGGIO BUONI BENZINA 75.0001 - 1 - 1 -
18-19819 -
29/04/2009IMQ - PRODOTTI A GAS
70.0001 - 1 1- d 1 -
18-19855 -
07/05/2009
ACEA-OFFERTA RIDUZIONE
PREZZO ELETTRICITÀ 75.0001 - 1
1-
a,b,f1 1,2
Totali 220.000 0 3 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Ecologia ( 02 )
27-20032 -
01/07/2009
GRUPPO GLOBAL-NUMERO
VERDE 15.000 1 - 11-
a,b,25-19977 -
18/06/2009
UNIACQUE-CONTESTAZIONE
FATTURE 50.000 1 - 1 2
18-19823 -
29/04/2009
ACQUE POTABILI SICILIANE-
FATTURAZIONE FORFETTARIA 5.0001 - 1 - 1 - 1 d 1 -
10-19543 -
19/02/2009
IDRABLU-ADDEBITO SPESE
SPEDIZIONE 60.0001 - 1 - 1 - 1 -
Totali 130.000 0 4 0 3 0 3 0 1 0 2 0 0 0 0 0
Energia ( 03 )
29-20135 -
22/07/2009
GRUPPO Santarelli
Costruzioni S.p.A. 5.000 1 - 1 1- f 1 -
29-20135 -
22/07/2009Inergia S.p.A. 5.000 1 - 1 1- f 1 -
29-20131 -
22/07/2009SO.VE.DO.-SISTEMA DI SICUREZZA ANTIGAS120.000 1 - 1 - 1 - 1 n 1 - 1 -
27-20028 -
01/07/2009
ENI-10% DI SCONTO PER
SEMPRE 150.000 1 - 1 1
110
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
Sanzion.
€ vecchi.
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25
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26
n.
26
v.
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.-le
t.
27-20029 -
01/07/2009
SIDIGAS-MOROSITÀ
PREGRESSE 30.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 -
20-19890 -
20/05/2009EDISON-RISPARMI IL 20 % 195.000 1 - 1 1
11-19618 -
12/03/2009
ACEA-DISTACCO FORNITURA
ACQUA 150.0001 - 1 - 1 - 1 -
Totali 655.000 0 7 0 4 0 7 0 1 0 3 0 3 0 0 0
Comunicazioni - Gruppo -B-
Editoria ( 10 )
21-19902 -
20/05/2009EISE/IBL E IBL CONSULT 1.000 1 - 1 - 1 1,2
28-20090 -
15/07/2009
FABBRI EDITORE-JUKEBOX
COLLECTION 80.000 1 - 1 - 1 -
18-19824 -
29/04/2009DRAGONBALL
70.0001 - 1 -
Totali 151.000 0 3 0 2 0 2 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Telefonia ( 12 )
28-20093 -
15/07/2009
NOI WIND-MANCATA
INDICAZIONE COSTI 110.000 1 - 1 1- a 1 2 1 v
27-20053 -
09/07/2009
FASTWEB-MANCATA
INDICAZIONE CANONE 120.000 1 - 1 1- b 14-
a,c21-19888 -
20/05/2009
NETSIZE ITALY-INVIO SMS
NON RICHIESTI 65.0001 - 1 - 1 -
21-19888 -
20/05/2009
Fox Mobile Distribution
GmbH 125.0001 - 1 - 1 -
21-19888 -
20/05/2009Telecom Italia S.p.A.
165.0001 - 1 - 1 -
111
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
Sanzion.
€ vecchi.
20
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n°c
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n.
26
v.
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.-le
t.
21-19888 -
20/05/2009Vodafone Omnitel N.V.
145.0001 - 1 - 1 -
21-19888 -
20/05/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -
21-19888 -
20/05/2009H3G S.p.A 80.000 1 - 1 - 1 -
21-19909 -
28/05/2009
MR. TONES-TUTTOGRATIS-
LOGHI E SUONERIE 125.0001 - 1 - 1 -
21-19909 -
28/05/2009
Fox Mobile Distribution
GmbH 95.0001 - 1 - 1 -
21-19913 -
28/05/2009
TIM-CARTAUGURI NATALE
2008 240.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
18- 19826 -
29/04/2009
TELECOM ITALIA-ALICE CASA
SENZA CANONE 200.0001 - 1 -
18-19854 -
07/05/2009
VODAFONE STATION CASA
INTERNET E TELEFONO 260.0001 - 1 - 1 -
17-19825 -
29/04/2009
TELE2-TELEFONO+INTERNET
GRATIS 180.0001 - 1 - 1 - 1 v
14-19735 -
09/04/2009
MOTOROLA RAZR2-VOLO
INCLUSO 70.0001 - 1 - 1 -
12-19651-
19/03/2009ALICE 7 MEGA
285.0001 - 1 - 1 -
12-19654 -
19/03/2009TIM SOGNO
235.0001 - 1 - 1 - 1 g
12-19679 -
26/03/2009
INFOSTRADA-MANCATO
RIMBORSO CANONE 165.0001 2 1 - 1 -
12-19684 -
26/03/2009CHIARA DI TIM
215.0001 - 1 - 1 -
11-19624 -
12/03/2009
TIM-CONCORSO "VINCI 4
FIAT 500" 300.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 c
112
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
Sanzion.
€ vecchi.
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11-19653 -
19/03/2009
VODAFONE-00 CHRISTMAS
CARD 185.0001 - 1 - 1 -
11-19659 -
19/03/2009H3G-ONE CLUB
120.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
11-19659 -
19/03/2009One Italia S.p.A
50.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
10-19603 -
05/03/2009 WIND ABSOLUTE TARIFFA215.000
1 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
9-19567 -
25/02/2009
TIM-OFFERTA "PRO SENZA
CONFINI EUROPA" 215.0001 - 1 - 1 -
9-19572 -
25/02/2009ZENG-LOGHI E SUONERIE
55.0001 - 1 - 1 -
9-19572 -
25/02/2009Telecom Italia S.p.A.
155.0001 - 1 - 1 -
9-19572 -
25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.
135.0001 - 1 - 1 -
9-19572 -
25/02/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 115.0001 - 1 - 1 -
9-19572 -
25/02/2009H3G S.p.A
75.0001 - 1 - 1 -
9-19573 -
25/02/2009ZED-SMS NON RICHIESTI
95.0001 - 1 - 1 -
9-19573 -
25/02/2009Telecom Italia S.p.A.
165.0001 - 1 - 1 -
9-19573 -
25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.
145.0001 - 1 - 1 -
9-19573 -
25/02/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -
9-19574 -
25/02/2009
SUONERIE.IT-SUONERIE PER
CELLULARI 115.0001 - 1 - 1 -
113
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
Sanzion.
€ vecchi.
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9-19574 -
25/02/2009Telecom Italia S.p.A.
155.0001 - 1 - 1 -
9-19574 -
25/02/2009Vodafone Omnitel N.V
135.0001 - 1 - 1 -
9-19574 -
25/02/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 115.0001 - 1 - 1 -
9-19576 -
25/02/2009DADA-LOGHI E SUONERIE
125.0001 - 1 - 1 -
9-19576 -
25/02/2009Telecom Italia S.p.A.
165.0001 - 1 - 1 -
9-19576 -
25/02/2009Vodafone Omnitel N.V.
145.0001 - 1 - 1 -
9-19576 -
25/02/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 125.0001 - 1 - 1 -
9-19576 -
25/02/2009H3G S.p.A
80.0001 - 1 - 1 -
9-19602 -
05/03/2009
VODAFONE-VINCI 100 SLK IN
100 GIORNI 200.0001 - 1 - 1 -
5-19497 -
05/02/2009
WIND-MANCATA
ATTIVAZIONE 135.0001 - 1 - 1 -
4-19448 -
22/01/2009
IT.LEO.NET-SUONERIE E
LOGHI 95.0001 - 1 - 1 -
4-19448 -
22/01/2009Telecom Italia S.p.A
135.0001 - 1 - 1 -
4-19448 -
22/01/2009Vodafone Omnitel N.V.
115.0001 - 1 - 1 -
4-19448 -
22/01/2009
Wind Telecomunicazioni
S.p.A. 95.0001 - 1 - 1 -
4-19448 -
22/01/2009H3G S.p.A.
55.0001 - 1 - 1 -
114
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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Sanzion.
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4-19448 -
22/01/2009Pure Bros S.r.l.
5.0001 - 1 - 1 -
4-19449 -
22/01/2009
VODAFONE-CAMBIO PIANO
TARIFFARIO 500.0001 - 1
1-
a,b,1 -
4-19464 -
29/01/2009
TIM-MAXXI ALICE E ALICE
MOBILE 300.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -
Totali 7.950.000 0 53 0 52 0 53 0 4 0 6 0 6 0 5 0
Televisione ( 13 )
27-20054 -
09/07/2009SKY-SWITCH OFF ANALOGICO 150.000 1 - 1
1-
b,c,1 4- c
24-19955 -
11/06/2009
PUBBLIC. OCCULTA-
MONELLA VAGABONDA- 60.000 1 - 1 2 1 m
24-19955 -
11/06/2009società Gielle S.r.l. 30.000 1 - 1 2 1 m
Totali 240.000 0 3 0 1 0 3 0 2 0 0 0 0 0 0 0
Credito e Assicurazioni -
Gruppo - C -
Assicurazioni ( 20 )
12-19655 -
19/03/2009
RAS DISDETTA POLIZZE
ASSICURATIVE 60.0001 - 1
1-
a,c1
25-
d1 f
5-19501 -
05/02/2009
AGENZIA DI ASSICURAZIONI
GENERALI-RECESSO POLIZZA 10.0001 - 1 - 1 d
Totali 70.000 0 2 0 1 0 0 0 0 0 2 0 1 0 1 0
Bancario ( 21 )
26-20025 -
01/07/2009
BANCA DI SASSARI-
OPERAZIONI GRATUITE 95.000 1 - 12-
b,d1 v
10-19622 -
12/03/2009
BARCLAYS BANK-ESTINZIONE
MUTUO 1.015.0001 - 1 - 1 - 1 1- t 1 - 1 1- d 1 1- d
115
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
€ nuovo
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t.
8-19579 -
25/02/2009
BANCA POPOLARE DI BARI-
CARTASÌ CHOICE 70.0001 - 1 1- d 1 -
Totali 1.180.000 0 3 0 3 0 2 0 2 0 1 0 1 0 1 0
Finanziamenti ( 23 )
22-19928 -
04/06/2009
RINASCENTECARD-
PAGAMENTI RATEIZZATI 130.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 a
22-19928 -
04/06/2009Findomestic Banca S.p.A. 180.000 1 - 1 - 1 - 1 - 1 a
28-20094 -
15/07/2009
IMMOBILIARE PRIOLO-
PUBBLICITÀ FINANZIAMENTI 43.000 1 - 1 - 1 - 1 1- e
26-20005 -
25/06/2009
AMBROSIANA
FINANZIAMENTI-RITENUTE 71.000 1 - 1 - 1 - 1 1- e
17-19788 -
23/04/2009
ASFINA-OMESSA
INDICAZIONE TAN E TAEG 63.5001 - 1 -
17-19789 -
23/04/2009
EURO FIDITALIA-OMESSA
INDICAZIONE TAN E TAEG 54.0001 - 1 -
16-19780 -
23/04/2009
SOLO MUTUI-OMISSIONE
TAN E TAEG 72.0001 - 1 -
16-19782 -
23/04/2009
EUROFIN-AMBIGUA
INDICAZIONE TAEG 64.0001 - 1 -
16-19783 -
23/04/2009
EURO CONTRIBUTI-OMESSA
INDICAZIONE TAN E TAEG 62.5001 - 1 -
16-19784 -
23/04/2009
DOM.IN.VE.ST.-AMBIGUITÀ
TAN 63.0001 - 1 -
16-19786 -
23/04/2009
GLOBAL FIN-OMESSA
INDICAZIONE TAN E TAEG 80.5001 - 1 -
15-19761 -
16/04/2009AGOS-ACQUISTO TELEVISORE
520.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 a
15-19763 -
16/04/2009
BARCLAYS BANK-SCEGLI IL 5%
NETTO 250.0001 - 1 -
116
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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12-19680 -
26/03/2009
SAN MATTEO FINANZA ETICA-
AMBIGUA INDICAZIONE 33.0001 - 1 -
12-19681 -
26/03/2009
SERVIZI FINANZIAMENTI-
OMESSA INDICAZIONE TAN E 33.0001 - 1 -
12-19682 -
26/03/2009
ITALCREDI-OMESSA
INDICAZIONE TAN E TAEG 50.5001 - 1 -
12-19683 -
26/03/2009
ITALMONEY NETWORK DI
MANEA DAVIDE-OMESSA 48.0001 - 1 -
11-19621 -
12/03/2009
FINDOMESTIC - ACQUISTO
PORTATILE ACER 425.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 a
8- 19568 -
25/02/2009
CAPITAL MONEY
RENDIMENTO MINIMO DEL 30.0001 - 1 - 1 1- e
Totali 2.273.000 0 19 0 7 0 18 0 3 0 4 0 4 0 0 0
Alimentari,Farmaceutico e
Trasporti - Gruppo - D -
Alimentari ( 30 )
26-20008-
25/06/2009
CARREFOUR-BUONI
RIMBORSO SPESA 110.000 1 - 11-
c,d,19-19816 -
29/04/2009DANACOL 300.000 1 - 1
1-
b,c,1
1,2,
319-19820 -
29/04/2009
PRO-ACTIV AIUTA A RIDURRE
IL COLESTEROLO 100.000 1 - 11-
b,c,1
1,2,
325-19983 -
18/06/2009
ACCORD ITALIA-CARTA
AUCHAN ACCORD 385.000 1 - 1 - 1 -
25-19983 -
18/06/2009Auchan S.p.A. 185.000 1 - 1 - 1 -
25-19983 -
18/06/2009Sma S.p.A 160.000 1 - 1 - 1 -
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Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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7-19541 -
19/02/2009 VOLANTINO RED BULL80.000
1 - 11,3,
4- b6-19516 -
11/02/2009
SUPERBASKO DI GENOVA-
MANCANZA DI 0,350 LITRI DI 20.0001 - 1 1- b
6-19517 -
11/02/2009
IPERCOOP DI MILAZZO-
OFFERTA BUONI SPESA 100.0001 - 1 b,d 1 1,2
4-19447 -
22/01/2009
COOP SUPERSTORE DI
TRENTO-OFFERTA ASUS 30.0001 - 1
1-
b,d1 e
4-19447 -
22/01/2009Trento Sviluppo S.r.l.
60.0001 - 1
1-
b,d1 e
Totali 1.530.000 0 11 0 11 0 6 0 2 0 0 0 0 0 0 0
Farmaceutici ( 31 )
21-19912 -
28/05/2009STUFETTA MIRACOLOSA 50.000 1 - 1 s
18-19785 -
23/04/2009MAICO-CONVENZIONE ASL1
55.0001 - 1 1- d 1
1-
d14-19733 -
09/04/2009 NUOVA SANIPHARMA10.000
1 - 1 - 1 d
Totali 115.000 0 3 0 2 0 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0
Trasporti ( 32 )
25-20000 -
18/06/2009
SCOOTER PIAGGIO CRUISER-
BAULETTO 38 LITRI 1.000 1 - 1 a
23-19953 -
11/06/2009
BLUEXPRESS-COMMISSIONI
NON CHIARE 150.000 1 - 11-
b,d,1
1,2,
51 1- e
16-19752 -
16/04/2009MYAIR
232.0001 - 1
1-
b,d,1
1,2,
51 a- e 1 - 1 1- a
4-19391 -
08/01/2009
WINDJET - TASSA ECCEDENZA
BAGAGLI 408.0001 2 1
1-
b,d1
1,2,
54-19393 -
08/01/2009
SARDINIA FERRIES-AUTO AD
1 265.0001 2 1
1-
b,d1 1,2 1 e
118
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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Totali 1.056.000 0 5 0 5 0 4 0 3 0 1 0 1 0 0 0
Industria e Servizi - Gruppo -
E -
Abbigliamento ( 40 )
4-19390 -
08/01/2009
LIFE-ANTIRUGHE FREEZE
24/7 65.0001 2 1
1,2-
a,b,
Totali 65.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Agenzie ( 41 )
15-19757 -
16/04/2009
RAFFAELLO E
MICHELANGELO-VENDITA 35.0001 - 1 -
Totali 35.000 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Arredamento ( 42 )
19-19872 -
14/05/2009
PER SEMPRE ARREDAMENTI-
CUCINE SCONTATE AL 50% 80.000 1 - 1 - 1 -
6-19515 -
11/02/2009
MARION - SOLUZIONI PER
DORMIRE 60.0001 - 1 - 1 -
4-19418 -
15/01/2009BML-BUONO DI 100 EURO
5.0001 - 1 - 1 -
Totali 145.000 0 3 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Automobili ( 43 )
25-19981 -
18/06/2009
DADDARIO-VENDITA AUTO
USATE SU INTERNET 70.000 1 - 1 - 1 -
15-19732 -
09/04/2009
VOLKSWAGEN-PUBBLICITÀ
NON TRASPARENTE 200.0001 - 1 - 1 -
15-19758 -
16/04/2009
PEUGEOT 307-PUBBLICITÀ
NON TRASPARENTE 180.0001 - 1 - 1 -
15-19764 -
16/04/2009
OPEL-PUBBLICITÀ NON
TRASPARENTE 180.0001 - 1 - 1 -
119
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
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14-19731 -
09/04/2009
FIAT-PUBBLICITA' NON
TRASPARENTE 190.0001 - 1 - 1 -
13-19712 -
02/04/2009
FIAT - FINANZIAMENTO
TASSO ZERO 150.0001 - 1 - 1 -
7-19538 -
19/02/2009SUV A PREZZO BASSO
60.0001 - 1 1,2
7-19538 -
19/02/2009Iper Montebello S.p.A
60.0001 - 1 1,2
5-19498 -
05/02/2009CHEVROLET MATIZ
60.0001 1
1-
b,d1 -
Totali 1.150.000 0 9 0 7 0 9 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Elettrodomestici ( 44 )
27-20050 -
09/07/2009
NOVA ANAGNINA-VENDITA
SOTTOCOSTO 5.000 1 - 1 1- d
13-19716 -
02/04/2009
A.B.I.-ASSISTENZA
ELETTRODOMESTICI 60.0001 - 1 2 1
1-
b12-19661 -
19/03/2009
MEDIAWORLD-SCONTO
LAVATRICE 5.0001 - 1 -
7-19540 -
19/02/2009
MEDIAMARKET-CONSEGNA
PRODOTTI 180.0001 1 1
1-
b,c,g1
1,2,
44-19419 -
15/01/2009TRONY-VARIAZIONI DI PREZZI
80.0001 - 1
1-
b,d1 g
4-19463 -
29/01/2009
UNIEURO-"SOTTOCOSTO
FELICE" 80.0001 - 1
1-
b,d1 g
4-19469 -
29/01/2009
MEDIA MARKET-VENDITA
SOTTOCOSTO 125.0001 - 1 1- 1 g
Totali 535.000 0 7 0 7 0 1 0 4 0 0 0 0 0 0 0
Elettronica ( 45 )
22-19929 -
04/06/2009
MEDIAWORLD-GLI EUROPEI
CHE VORREI 100.000 1 - 11-
b,c1 1,2
120
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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4-19394 -
08/01/2009
CARREFOUR-TELEVISORE IN
OFFERTA 120.0001 - 1
1-
b,d1 e
Totali 220.000 0 2 0 2 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Estetica e cosmesi ( 46 )
19-19870 -
14/05/2009
ACQUA & SAPONE - SCONTO
50% (Gruppo Synergo S.r.l.) 15.000 1 - 1 1- d
19-19870 -
14/05/2009Nuova Synergo S.r.l. 20.000 1 - 1 1- d
Totali 35.000 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Giochi, giocattoli e concorsi (
47 )4-19395 -
08/01/2009UTS-CONCORSI A PREMIO
90.0001 2 1 2- a 1 1,2
Totali 90.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Istituti, scuole e concorsi di
formazione (48 )25-19969 -
18/06/2009
CORSO WALL STREET
INSTITUTE-FINANZIAMENTO 180.000 1 - 1 - 1 - 1 1- g 1 - 1 1- d
22-19930 -
04/06/2009
LIBERA UNIVERSITÀ MICHEL
HARDY 20.000 1 - 1 1- b 1 1
15-19729 -
09/04/2009
DIPLOMA CENTER - TITOLI
UNIVERSITARI 35.0001 - 1 1- b 1 1
11-19625 -
12/03/2009LAUREE ESE
100.0001 - 1 1- b 1 1
9-19604 -
05/03/2009
CENTRO ITALIANO STUDI -
DIPLOMA DI LAUREA 35.0001 - 1 1- b 1 1
7-19542 -
19/02/2009
ISOI-CORSO DI LAUREA IN
OSTEOPATIA 55.0001 - 1 - 1 -
Totali 425.000 0 6 0 6 0 6 0 1 0 1 0 1 0 0 0
Lavoro ( 49 )
121
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
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27-20024 -
01/07/2009ZALES 60.000 1 - 1 1- a 1 2
27-20027 -
01/07/2009
CREAZIONI ANNABELLA-
OPPORTUNITÀ DI LAVORO 50.000 1 - 1 1- a 1 2
27-20030 -
01/07/2009SOCIETÀ PRONTO MODA 75.000 1 - 1 1- a 1 2
15-19754 -
16/04/2009
ANACOTH - OFFERTA
LAVORO A DOMICILIO 75.0001 - 1
1-
a,e1 2
11-19619 -
12/03/2009
EDIZIONI CDA OFFERTE DI
LAVORO 35.0001 - 1 1- a 1 2
Totali 295.000 0 5 0 5 0 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Turismo ( 50 )
26-20011 -
25/06/2009
ALPITOUR-ADEGUAMENTO
COSTO CARBURANTE AEREO 300.000 1 - 1 1- d 1 - 1 - 1 -
Totali 300.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0
Industria ( 51 )
20-19889 -
20/05/2009
OTIS SERVIZI-
MANUTENZIONE ASCENSORI 200.000 1 - 1 - 1 - 1 a- f
20-19889 -
20/05/2009OTIS S.p.A 150.000 1 - 1 - 1 - 1 a- f
17-19787 -
23/04/2009
ARGO PROMOZIONI
IMMOBILIARI-OMESSA 48.5001 - 1 -
Totali 398.500 0 3 0 0 0 1 0 0 0 2 0 2 0 2 0
Onoranze funebri ( 52 )
16-19781 -
23/04/2009
FUNERALI COMPLETI CON
CONVENZIONI COMUNALI 50.0001 - 1 - 1 - 1
1-
d
Totali 50.000 0 1 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Orologi e gioielli ( 53 )
122
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2009 Articoli
n°- bol./prat. -
dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
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€ vecchi.
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t.
27-20031 -
01/07/2009ARTE DELLA BIGIOTTERIA 65.000 1 - 1 1- a 1 2
26-20010 -
25/06/2009
PUBBLICITÀ OCCULTA-
NARDELLI GIOIELLI 40.000 1 - 1 - 1 m
26-20010 -
25/06/2009
Rai Radiotelevisione Italiana
S.p.A. 60.000 1 - 1 - 1 m
24-19956 -
11/06/2009
PUBBLICTA’ OCCULTA-
GIOIELLI MY MARA-EUROPE 140.0001 - 1 - 1 m
24-19956 -
11/06/2009 RAI RadioTelevisione Italiana S.p.A120.0001 - 1 - 1 m
24-19956 -
11/06/2009 Asteria S.r.l 40.0001 - 1 - 1 m
24-19956 -
11/06/2009Europ Assistance S.p.A.
50.0001 - 1 - 1 m
Totali 515.000 0 7 0 1 0 7 0 6 0 0 0 0 0 0 0
VARIE - Gruppo - F -
Varie
25-19984 -
18/06/2009
CENTRO "GLI ORSI"-120
NEGOZI 65.000 1 - 11-
a,b,1 -
16-19791 -
23/04/2009SENSITIVA ADELIA FELICE
50.0001 - 1 s
Totali 115.000 0 2 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
123
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Nuove
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n.
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t.
Energia - Gruppo -A-
Distribuzione gas /carburanti ( 01 )
41-19057 -
30/10/2008ENERGAS-DEPOSITO CAUZIONE
95.0001 - 1 - 1 -
38-18971 -
09/10/2008
BLUENERGY GROUP-RICHIESTA
MOROSITÀ PREGRESSE 85.0001 - 1 - 1 t 1 -
9-18111 -
06/03/2008
MICROCOMPRESSORI DOMESTICI PER
METANO AUTOTRAZIONE PHILL 25.0001 - 1 - 1 -
Totali 205.000 0 3 0 2 0 0 0 1 0 3 0 1 0 0 0
Energia ( 03 )
46-19232 -
03/12/2008ENEL ENERGIA-BOLLETTA GAS
90.0001 - 1 -
39-19000 -
16/10/2008
ENEL-MORA PER RITARDO CONSEGNA
BOLLETTA 435.0001 - 1 - 1 -
33-18829 -
04/09/2008
ENEL ENERGIA-RICHIESTA CAMBIO
FORNITORE 1.100.0001 - 1 - 1 - 1 g 1 a,d 1 a,d 1 f
Totali 1.625.000 0 2 0 1 0 1 0 1 0 3 0 3 0 1 0
Comunicazioni - Gruppo -B-
Editoria ( 10 )
46-19226 -
03/12/2008DE AGOSTINI-OMESSO NUMERO USCITE
280.0001 2 1 1- b 1
1,4-
c20-18400 -
21/05/2008
GERONIMO STILTON - ENGLISH (RCS
Quotidiani S.p.A) 80.0001 - 1 -
20-18400 -
21/05/2008Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
80.0001 - 1 -
9-18115 -
06/03/2008
IBISKOS EDITRICE RISOLO - SELEZIONE
D'AUTORE 10.1001 - 1 a,b
Totali 450.100 0 4 0 2 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0
124
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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Musica ( 11 )
5-17986 -
07/02/2008CD FRANK SINATRA
1.0001 - 1 a
Totali 0 1.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Telefonia ( 12 )
49-19349 -
23/12/2008PASSA A FASTWEB DA 9,90 AL MESE
80.0001 - 1 - 1 -
48-19298 -
18/12/2008TELE2-FILTRI DI UTILIZZO
90.0001 - 1 - 1 -
46-19224 -
03/12/2008
TISCALI-ATTIVAZIONE SERVIZI NON
RICHIESTI 150.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 d 1 f
45-19197 -
26/11/2008M-PLATFORM - SMS CON H3G
95.0001 - 1 - 1 -
45-19197 -
26/11/2008H3G S.p.A.
105.0001 - 1 - 1 -
45-19202 -
26/11/2008
DAVID2 - PROMOZIONE SERVIZI A
DECADE "4" 160.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
45-19202 -
26/11/2008Telecom Italia S.p.A.
190.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
45-19202 -
26/11/2008Vodafone Omnitel N.V.
180.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
45-19202 -
26/11/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.
150.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
45-19202 -
26/11/2008H3G S.p.A.
100.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
44-19163 -
20/11/2008TELEFONIA TELME CON VSIM-NGR
100.0001 2 1 p
44-19165 -
20/11/2008
TV LCD DAEWOO - MANCATA VISIONE
IN HD 33.0001 - 1 a
125
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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44-19166 -
20/11/2008
TISCALI ITALIA - VOCE + ADSL 8
MEGABYTE SENZA LIMITI 90.0001 - 1 - 1 -
42-19091 -
05/11/2008H3G - ADSM CARD MODEM USB
200.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008
TELECOM-FATTURAZIONE PER
CHIAMATE SATELLITARI E/O A
NUMERAZIONI SPECIALI 325.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008lsacom S.p.A.
270.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008CSINFO S.p.A.
255.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Eutelia S.p.A
215.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Karupa S.p.A.
255.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Voiceplus S.r.l
255.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Teleunit S.p.A.
180.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Drin TV S.r.l.
115.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008AbcTrade S.r.l.
115.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Telegest Italia S.r.l.
115.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008OT&T S.r.l.
115.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Aurora Uno Sro
115.0001 - 1 - 1 -
41-19051 -
30/10/2008Ivory Network Limited
100.0001 - 1 - 1 -
126
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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41-19053 -
30/10/2008
VODAFONE PIANI TARIFFARI INTERNET
E VOCE 200.0001 - 1 - 1 -
41-19087 -
09/10/2008
SMS MESSAGGI IN SEGRETERIA-899 DA
CONTATTARE (High Tech Network S.r.l.) 30.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Regal Service S.r.l
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008City Carrier S.r.l.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Carmine Garofalo
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Massimo Cerbone
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Farang S.r.l.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Rent A Telefonica Ltd.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Nowire S.p.A.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008SCS Italia Net S.r.l.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Yum S.r.l.
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Gestel S.r.l
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Abdel Karim Hajabi
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Giuseppe Gnazzo
15.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 - 1 f
41-19087 -
09/10/2008Telecom Italia S.p.A.
100.0001 - 1 - 1 -
127
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Nuove
Sanzioni in
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41-19087 -
09/10/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.
80.0001 - 1 - 1 -
41-19087 -
09/10/2008BT Italia S.p.A
60.0001 - 1 - 1 -
41-19087 -
09/10/2008Karupa S.p.A.
60.0001 - 1 - 1 -
41-19087 -
09/10/2008VoicePlus S.r.l
60.0001 - 1 - 1 -
39-18995 -
16/10/2008TELE2-CONTRATTI A DISTANZA
165.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d 1 f
37-18950 -
02/10/2008
H3G-RICARICHE E LIMITI UTILIZZO DI
CREDITO 130.0001 - 1 - 1 -
37-18951 -
02/10/2008NEOMOBILE SUONERIE GRATIS
115.0001 - 1 - 1 -
37-18951 -
02/10/2008Telecom Italia S.p.A.
315.0001 - 1 - 1 -
37-18951 -
02/10/2008Vodafone Omnitel N.V.
285.0001 - 1 - 1 -
37-18951 -
02/10/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.
265.0001 - 1 - 1 -
37-18951 -
02/10/2008H3G S.p.A.
180.0001 - 1 - 1 -
32-18779 -
21/08/200810 SMS GRATIS (Zero9 S.p.A)
155.0001 - 1 - 1 -
32-18779 -
21/08/2008Telecom Italia S.p.A.
315.0001 - 1 - 1 -
32-18779 -
21/08/2008Vodafone Omnitel N.V.
285.0001 - 1 - 1 -
32-18779 -
21/08/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.
265.0001 - 1 - 1 -
128
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Nuove
Sanzioni in
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32-18779 -
21/08/2008H3G S.p.A.
185.0001 - 1 - 1 -
31-18724 -
07/08/2008
1288 SERVIZIO DI CONSULTAZIONE
TELEFONICA 70.0001 - 1 - 1 -
31-18775 -
07/08/2008VODAFONE/892000
62.1001 - 1 -
30-18698 -
31/07/2008DISATTIVAZIONE OPERATORE LOCK
80.0001 - 1 - 1 -
29-18675 -
24/07/2008WIND-NOI 2 BIG PACK
300.0001 - 1 - 1 -
28-18626 -
17/07/2008TIM FLAT DAY
300.0001 - 1 -
28-18627 -
17/07/2008VODAFONE - INTERNET KEY
360.0001 - 1 - 1 -
26-18575 -
03/07/2008
FASTWEB - APPARATI IN CASA
D'UTENTE 145.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 -
24-18518 -
19/06/2008
TELECOM ITALIA-ACCESSO INTERNET
DIAL-UP 195.0001 - 1 - 1 - 1 -
24-18519 -
19/06/2008
INFOSTRADA-MENO DI 10 EURO AL
MESE 210.0001 - 1 - 1 -
24-18540 -
19/06/2008H3G-SCENDI IN CAMPO CON "3"
93.0001 - 1 - 1 -
23-18487 -
12/06/2008VODAFONE CASA
250.0001 - 1 - 1 -
23-18490 -
12/06/2008TISCALI INTERNET GRATIS DIAL-UP
100.0001 - 1 - 1 - 1 -
13-18232 -
02/04/2008ITALIA 1 SUONERIA "LA PARANZA"
43.1001 - 1 -
8-18087 -
27/02/2008
899.BAZAR.IT-FACILI GUADAGNI (Ulis
S.r.l.) 36.1001 - 1 -
129
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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8-18087 -
27/02/2008A-Tono S.r.l
36.1001 - 1 -
7-18061 -
21/02/2008CLUB DELLE MERAVIGLIE KUWAIT
8.1001 - 1 -
4-17955 -
31/01/2008BT ITALIA-TARIFFA NATIONAL
24.1001 - 1 a
4-17956 -
31/01/2008NOI WIND ROAMING
42.5001 - 1 a,b
3-17921 -
24/01/2008
NAVIGHI SU INTERNET 24 ORE E PARLA
GRATIS CON NETTARE 6.6001 - 1 1- a,b
2-17881 -
17/01/2008SMS E MMS DI ZED ITALIA
24.1001 - 1
1 -
a,b,c1-17856 -
10/01/2008
MOBY.DADA.NET-BRANI MUSICALI
GRATIS SUL CELLULARE 40.0001 - 1 a,b 1 -
1-17856 -
10/01/2008Telecom Italia S.p.A.
75.0001 - 1 a,b 1 -
1-17856 -
10/01/2008Vodafone Omnitel N.V.
70.0001 - 1 a,b 1 -
1-17856 -
10/01/2008Wind Telecomunicazioni S.p.A.
65.0001 - 1 a,b 1 -
1-17856 -
10/01/2008H3G S.p.A.
55.0001 - 1 a,b 1 -
Totali 10.119.500 154.300 79 4 63 4 53 0 3 0 36 0 41 0 15 0
Televisione ( 13 )
49-19342 -
23/12/2008SKY-PACCHETTO CALCIO
200.0001 2 1 - 1 - 1 - 1 a 1 f
49-19344 -
23/12/2008
PUBBLICITÀ GIOCO DEL LOTTO SU
CANALI SKY 140.0001 - 1 - 1 - 1 1 - r
49-19351 -
23/12/2008
H3G SERVIZIO CONFERENZA-MANCATO
FUNZIONAMENTO 60.0001 - 1 -
130
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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47-19254 -
11/12/2008
TELECOM CONNESSIONE ALICE NON
RICHIESTA 285.0001 - 1 - 1 - 1 f
36-18892 -
24/09/2008
SPEEDYQUIZ-LOGHI E SUONERIE BEST
CAPITAL (Edil Servizi S.r.l.) 41.1001 - 1 - 1 1
36-18892 -
24/09/2008 Sardegna 1 S.r.l. 21.1001 - 1 - 1 1
36-18892 -
24/09/2008 anale Otto S.p.A 41.1001 - 1 - 1 1
36-18892 -
24/09/2008 Tele A di Abbaneo Alfredo S.p.A. 41.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008
"CHI CANTA" DI CANALE ITALIA (C.S.C.-
Credits’ Security Consultants S.r.l.,) 56.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Video 1 S.r.l
41.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Canale Italia S.r.l.,
56.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Telesettelaghi S.r.l
41.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Telecupole S.p.A.
56.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Il Gelsomino S.r.l
41.1001 - 1 - 1 1
35-18897 -
17/09/2008Telemedia InteracTV S.r.l.
41.1001 - 1 - 1 1
32-18778 -
21/08/2008
TELEQUIZ CHRISTMAS GAME (Media
Business Maker S.r.l.) 80.0001 - 1 - 1 -
32-18778 -
21/08/2008Canale Italia S.r.l
90.0001 - 1 - 1 -
Totali 999.400 332.700 10 7 9 7 4 7 5 0 2 0 2 0 2 0
131
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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Sanzioni in
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Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -
Assicurazioni ( 20 )
45-19201 -
26/11/2008
SARA FREE KILOMETRI - COSTI DEL
CONTRATTO 130.0001 - 1 - 1 -
Totali 130.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Bancario ( 21 )
31-18379 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-BANCA
POPOLARE DI MILANO 420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18726 -
07/08/2008ADOC-SURROGAZIONE MUTUI
100.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18727 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-INTESA SAN
PAOLO 480.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18728 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-MONTE DEI
PASCHI DI SIENA 350.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18729 -
07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BNL
450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18730 -
07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-DEUTSCHE BANK
500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18731 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO
UNICREDIT (Unicredit Banca S.p.A.) 500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18731 -
07/08/2008Unicredit Banca di Roma S.p.A.
500.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18731 -
07/08/2008Banco di Sicilia S.p.A
450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18731 -
07/08/2008Bipop Carire S.p.A.
420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
132
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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31- 18732 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-BANCA
ANTONVENETA 460.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18733 -
07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BANCA CARIGE
420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18734 -
07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-BANCA SELLA
300.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18735 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO UBI
BANCA (Banca Popolare di Bergamo
S.p.A.,) 450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18735 -
07/08/2008Banco di Brescia S.p.A.,
450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18735 -
07/08/2008Banca Regionale Europea S.p.A.
450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18735 -
07/08/2008
Banca Popolare Commercio e Industria
S.p.A 450.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18736 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-GRUPPO BANCA
POPOLARE DI VICENZA 440.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18736 -
07/08/2008Banca Nuova S.p.A.
440.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18737 -
07/08/2008PORTABILITÀ MUTUO-CREDEM
420.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18738 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-CREDITO
ARTIGIANO 250.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18740 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO-BANCA
POPOLARE DI SONDRIO 410.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18741 -
07/08/2008
PORTABILITÀ MUTUO - BANCO
POPOLARE (Banca Popolare di Verona S.
) 320.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
31-18741 -
07/08/2008S. Prospero S.p.a.
320.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
133
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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Sanzioni in
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31-18741 -
07/08/2008Banca Popolare di Lodi S.p.A
350.0001 - 1 - 1 - 1 1- t
9-18113 -
06/03/2008BANCA ITALEASE - CONTRATTI IRS
21.1001 - 1 a
Totali 10.121.100 0 26 0 26 0 25 0 25 0 0 0 0 0 0 0
Finanziamenti ( 23 )
49-19299 -
18/12/2008
FINDOMESTIC - SOLLECITAZIONE ALLA
RICHIESTA DI FINANZIAMENTO 75.0001 - 1 - 1 -
47-19256 -
11/12/2008ODALISCA CARD-ACQUISTI OBBLIGATI
170.0001 - 1 - 1 -
45-19204 -
26/11/2008FIN-FLORENCE - FINANZIAMENTO
30.0001 2 1
1 -
a,c,d1 -
43-19141 -
13/11/2008
DUEERRE-FINANZIAMENTO LOTTI
PENTOLE 290.0001 - 1 - 1 - 1 - 1 d
31-18722 -
07/08/2008
FINDOMESTIC-AURA INDENNITARIA
PLUS 250.0001 - 1 - 1 1- d 1 1- f
31-18723 -
07/08/2008
GRUPPO CERRUTI MULTISERVICES-
COSTI FINANZIAMENTO 80.5001 - 1 -
31-18725 -
07/08/2008
QUI IL QUINTO - FINANZIAMENTI CON
CESSIONE DEL QUINTO DI STIPENDIO 50.5001 2 1 -
24-18517 -
19/06/2008OR.FIN.
55.5001 - 1 - 1 -
16-18323 -
24/04/2008RENDIMENTO PIU' WIENER
7.1001 - 1 a
13-18230 -
02/04/2008
SARO-IBL-GAMMAFIN-PRESTITI
FINANZIARI 31.1001 - 1 a,b,c
11-18165 -
20/03/2008FORUS-PIANO DI FINANZIAMENTO
41.1001 - 1 a
134
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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7-18059 -
21/02/2008CAP.ITAL.FIN.-CESSIONE DEL QUINTO
13.6001 - 1 a,b
7-18059 -
21/02/2008C.S.C. Servizi finanziari S.r.l
11.6001 - 1 a,b
6-18014 -
13/02/2008FAMILYFIN
28.6001 - 1 a
6-18016 -
13/02/2008
PRESTITO SPEEDY GONZALES DI
MATRIXFIN 13.6001 - 1 a,b
4-17957 -
31/01/2008ASSICURAZIONE FORD CREDIT
27.1001 - 1 1- a
4-17960 -
31/01/2008FINANZIARIA AUSONIA
26.1001 - 1
1-
a,b,c3-17926 -
24/01/2008KIRON
27.1001 - 1 1-a,b
3-17928 -
24/01/2008
SOCIETÀ OVB CONSULENZA
PATRIMONIALE 27.1001 - 1 a,b
Totali 1.255.600 0 19 0 17 0 7 0 0 0 1 0 2 0 1 0
Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -
Gruppo - D -
Alimentari ( 30 )
41-19055 -
30/10/2008EUROSPIN-OMBRETTO OCCHI
50.0001 - 1 1- b 1 1- e
36-18899 -
24/09/2008
NESPRESSO-SCONTO DI 50 EURO
PRESSO NESPRESSO CLUB 120.0001 - 1 1- b,d 1 -
32-18783 -
21/08/2008STELLA 2006/LATTE MAGRO MILA
100.0001 2 1 1- a,b
31-18721 -
07/08/2008ALIXIR-VIVI AL MEGLIO
200.0001 - 1 -
11-18168 -
20/03/2008CONDIMENTO TRADIZIONI REGGIANE
4.6001 - 1 a
135
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Nuove
Sanzioni in
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6-18015 -
13/02/2008
OMOGENEIZZATI AL PROSCIUTTO DELLA
MELLIN 11.1001 - 1 a
6-18021 -
13/02/2008
OMOGENEIZZATI AL PROSCIUTTO DELLA
NESTLÉ 11.1001 - 1 a
1-17855 -
10/01/2008EXQUISA ITALIA "FISIQUE"
21.1001 - 1 a
Totali 517.900 0 8 0 8 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Farmaceutici ( 31 )
20-18416 -
21/05/2008 OKAPPA SLIM DU RIVISTA DEI SOCI ACI 37.5001 - 1 - 1
2,
245-17985 -
07/02/2008
EPH 200 CAPSULE (Arcadia Consumer
Ltd ) 30.6001 - 1 a
5-17985 -
07/02/2008International Best Seller S.r.l
35.6001 - 1 a
4-17954 -
31/01/2008WWW.ZEROSMOKE.COM
23.1001 - 1 a
3-17923 -
24/01/2008WWW.ZERODIET.ORG
20.6001 - 1 1- a
2-17882 -
17/01/2008DR. FOOT-FRANCHISING NETWORK
37.5001 - 1 - 1 -
Totali 109.900 75.000 4 2 4 2 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0
Trasporti ( 32 )
49-19356 -
23/12/2008TARIFFE GRANDI NAVI VELOCI
192.0001 2 1 1- b,d
44-19168 -
20/11/2008
TIRRENIA NAVIGAZIONE-TARIFFE
SPECIALI 215.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1 1- e
44-19169 -
20/11/2008SNAV-PRENOTAZIONE AUTO
224.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1 1- e
42-19092 -
05/11/2008MOBY-TORNI GRATIS
490.0001 2 1 1- b,d 1 1,2 1
1-
e,v
136
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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40-19028 -
23/10/2008GOOD BUY DUTY FREE SHOP
210.0001 - 1 1- d
39-18997 -
16/10/2008
TRENITALIA - CONDIZIONI DI
TRASPORTO E CAMBIO TITOLO DI
VIAGGIO 845.0001 - 1
1-
b,c,d,
g
1 -
33-18830 -
04/09/2008MERIDIANA - OFFERTE SPECIALI
970.0001 2 1 1- b,d 1
1,2,
519-18396 -
15/05/2008TARIFFE RYANAIR
54.1001 - 1 a,c
12-18193 -
27/03/2008OFFERTA DI PASQUA EASYJET
7.1001 - 1 -
8-18084 -
27/02/2008
JET2.COM-MANCHESTER E LEEDS VOLI
GRATIS 3.1001 - 1 b
7-18050 -
21/02/2008
BRITISH AIRWAYS-VIAGGI CHE FANNO
SOGNARE, TARIFFE PURE 16.1001 - 1 b
7-18051 -
21/02/2008
CZECH AIRLINES "VOLI GIORNALIERI DA
MILANO A PRAGA A PARTIRE DA 99
EURO" 6.0001 - 1 b
7-18053 -
21/02/2008
AERLINGUS "MILANO-DUBLINO DA 19
EURO 3.1001 - 1 b
6-18008 -
13/02/2008
BRITISH AIRWAYS-DA € 29 LONDRA
SOLO ANDATA, TASSE INCLUSE 12.1001 - 1 -
6-18017 -
13/02/2008 TARIFFE MOBY LINES18.100
1 - 1 a,b
Totali 3.231.500 34.200 10 5 10 5 5 0 3 0 0 0 0 0 0 0
Industria e Servizi - Gruppo - E -
Abbigliamento ( 40 )
32-18782 -
21/08/2008
COTTONJOY ACCAPPATOI IN
MICROFIBRA 75.0001 - 1 - 1 -
137
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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19-18380 -
15/05/2008UNOMOBILE-SCONTRINI RICARICA GS
100.0001 - 1 - 1 -
10-18134 -
13/03/2008SHALIASPOSA
20.1001 - 1 a,b
Totali 195.100 0 3 0 3 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Agenzie ( 41 )
45-19200 -
26/11/2008TIMOTET-BUONO SCONTO VACANZA
30.0001 - 1 - 1 - 1 -
45-19200 -
26/11/2008Alliance Italia S.r.l.
15.0001 - 1 - 1 - 1 -
9-18109 -
06/03/2008
AGENZIA MATRIMONIALE "AGENZIA
SOLE" 1.0001 - 1 a
9-18116 -
06/03/2008GM IMMOBILIARE-VILLA TRI LIVELLI
3.1001 - 1 -
8-18086 -
27/02/2008
AGENZIA MATRIMONIALE HARMONY
CONNECTION 1.0001 - 1 a
Totali 50.100 0 5 0 3 0 2 0 4 0 0 0 0 0 0 0
Arredamento ( 42 )
48-19300 -
18/12/2008
ARREDAMENTI AVENTINO - SCONTI
FINO AL 55% 60.0001 - 1 - 1 -
48-19301 -
18/12/2008
MONDOCONVENIENZA-SMALTIMENTO
MOBILI USATI 40.0001 - 1 - 1 -
43-19144 -
13/11/2008
MONDO CONVENIENZA-
ARREDAMENTO CAMERE 75.0001 - 1 -
7-18066 -
21/02/2008DREAM ARREDAMENTI LIQUIDAZIONE
1.0001 - 1 -
Totali 176.000 0 4 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Automobili ( 43 )
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Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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49-19346 -
23/12/2008FIAT BRAVO - READY FOR EURO 5
180.0001 - 1 -
46-19227 -
03/12/2008VOLKSWAGEN TIGUAN-EURO 5
150.0001 - 1 -
44-19164 -
20/11/2008
CONCESSIONARIA RENAULT PROGETTO
3000-RIPARAZIONE IN GARANZIA 5.0001 - 1 g 1 -
7-18063 -
21/02/2008FIAT PANDA NATURAL POWER
34.1001 - 1 a,b
5-17992 -
07/02/2008ECOVANTAGGI SU PEUGEOT 207
20.1001 - 1 a,b
1-17857 -
10/01/2008 SPOT OPEL 27.1001 - 1 a,b
1-17847 -
10/01/2008SPOT CITROEN
29.6001 - 1 a,b
1-17849 -
10/01/2008
PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE
VENDO & COMPRO-PORSCHE 19.1001 - 1 1
1-17849 -
10/01/2008Porsche Italia S.p.A
14.1001 - 1 1
1-17850 -
10/01/2008
PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE
VENDO & COMPRO-AUDI 20.1001 - 1 1
1-17850 -
10/01/2008Volkswagen Group Italia S.p.A
20.1001 - 1 1
1-17851 -
10/01/2008
PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE
VENDO & COMPRO-CAR NEXT 19.1001 - 1 1
1-17851 -
10/01/2008Lease Plan Italia S.p.A.
9.1001 - 1 1
139
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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1-17852 -
10/01/2008
PUBBLICITÀ OCCULTA QUATTRORUOTE
VENDO & COMPRO-RENAULT 19.1001 - 1 1
1-17852 -
10/01/2008Renault Italia S.p.A.
19.1001 - 1 1
Totali 461.700 124.000 10 5 4 3 1 0 6 2 0 0 0 0 0 0
Elettrodomestici ( 44 )
48-19305 -
18/12/2008
ELETTROSTIMOLATORE STAR
LIFE/RECESSO CONTRATTO 5.0001 - 1 - 1 - 1 1
39-18998 -
16/10/2008AD HOME SERVICE
75.0001 - 1 - 1 - 1 -
37-18954 -
02/10/2008STENDIASCIUGA
100.0001 2 1 1- b 1
1,4-
e35-18889 -
17/09/2008NABAZTAG.COM/CONIGLIO WIFI
50.0001 - 1 - 1 -
25-18570 -
25/06/2008
FINANZIAMENTO CLIMATIZZATORE FM
CLIMA 4.6001 - 1 -
13-18231 -
02/04/2008SCONTO DEL 20% DA DIS.EL UMBRIA
4.6001 - 1 a,b
6-18018 -
13/02/2008MEDIMAX-PEREL AFRAGOLA
6.1001 - 1 a
Totali 240.700 4.600 6 1 6 1 4 0 2 0 0 0 0 0 0 0
Elettronica ( 45 )
42-19089 -
05/11/2008
NAVIGATORE SATELLITARE GARMIN
NUVI 1200W 50.0001 - 1 1- b
12-18194 -
27/03/2008
ABBONAMENTO NEW EUROPE MEDIA
(Teleunit S.p.A.) 56.1001 - 1 -
12-18194 -
27/03/2008New Europa Media sp.zo.o.
46.1001 - 1 -
Totali 152.200 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
140
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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Estetica e cosmesi ( 46 )
48-19303 -
18/12/2008
LIERAC-MORPHO SLIM (Ales Groupe
Italia S.p.A.) 180.0001 - 1 1- b 1 1,2
20-18415 -
21/05/2008PERDIPESO CEROTTO RIMODELLANTE
36.1001 - 1 -
15-18281 -
17/04/2008POWER PLATE
68.4001 - 1 a 1 1
15-18282 -
17/04/2008VIBRO POWER
73.4001 - 1 a 1 1
9-18114 -
06/03/2008ULTRA SHAPE "ALLA VIOLETTA"
5.1001 - 1 -
6-18009 -
13/02/2008NIVEA DNAGE
36.1001 - 1 -
3-17920 -
24/01/2008COVERMARK BOTULINE
16.1001 - 1 -
Totali 415.200 0 7 0 7 0 1 0 0 0 2 0 0 0 0 0
Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 )
29-18674 -
24/07/2008STARGAME - CHIAMA E VINCI
100.0001 - 1 - 1 - 1 u 1 h
18-18373 -
07/05/2008
SUMMERQUIZ DI RETECAPRI (società
Chimera S.r.l.) 41.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008società Calypso S.r.l.
56.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008Alias di Greco Antonina
41.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008società Esperidi S.r.l.
41.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008Television Broadcasting System S.p.A.
41.1001 - 1 - 1 1
141
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Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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18-18373 -
07/05/2008Canale Italia S.r.l
41.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008TeleCupole S.p.A.
41.1001 - 1 - 1 1
18-18373 -
07/05/2008La 9 S.p.A
41.1001 - 1 - 1 1
17-18346 -
30/04/2008QUIZ CALIENTE (Chimera S.r.l)
41.1001 - 1 - 1 1
17-18346 -
30/04/2008La 9 S.p.A
41.1001 - 1 - 1 1
14-18257 -
10/04/2008IMP-CARTOLINA INVIO OMAGGIO
25.0001 - 1 1
11-18162 -
20/03/2008
SONIC DX ADVENTURE DI SEGA
CORPORATION (Leader S.p.A) 11.1001 - 1 -
11-18162 -
20/03/2008Sega Europe LTD
13.6001 - 1 -
Totali 493.500 82.200 12 2 11 2 1 0 9 2 0 0 1 0 1 0
Istituti, scuole e concorsi di formazione
(48 )49-19345 -
23/12/2008UNITOMMASO-CORSI DI LAUREA
80.0001 2 1 - 1 -
49-19357 -
23/12/2008
LIBERA UNIVERSITÀ LEONARDO DA
VINCI 15.0001 2 1 - 1 -
47-19257 -
11/12/2008
EDUCATION-CORSO PER ASSISTENTI DI
POLTRONA 60.0001 - 1 - 1 -
33-18862 -
04/09/2008
ISTITUTO DANTE ALIGHIERI/ESAMI IN
SEDE (Scuole Caggiari. S.r.l. ) 100.0001 - 1 - 1 -
33-18862 -
04/09/2008Istruzione S.r.l
35.0001 - 1 - 1 -
14-18259 -
10/04/2008CEPU-ESAME UNIVERSITARIO GRATIS
33.6001 - 1 a,b
142
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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5-17989 -
07/02/2008
UNIVERSITÀ POPOLARE SAN TOMMASO
- CAMPUS SICILIA 12.1001 - 1 a
3-17924 -
24/01/2008
BRITISH INSTITUTES/CORSI DI LINGUA
INGLESE ESTIVI 9.6001 - 1 1- a,b
7-18058 -
21/02/2008
CONCORSO "VINCI IL FRESCO CHE
SOGNAVI" DI MARCOM 15.1001 - 1 1- a,b
Totali 345.300 15.100 8 1 8 1 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Lavoro ( 49 )
32-18780 -
21/08/2008LINEA LEI - OFFERTA DI LAVORO
35.0001 - 1 - 1 -
32-18781 -
21/08/2008LARAN - OFFERTA LAVORO A DOMICILIO
55.0001 - 1 - 1 -
Totali 90.000 0 2 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Turismo ( 50 )
48-19302 -
18/12/2008ISOLE PONZIANE
5.0001 - 1 - 1 - 1 1- d
27-18589 -
10/07/2008HOTEL ANTILLE DI VENEZIA
5.0001 - 1 - 1 -
25-18545 -
25/06/2008HBC-GENESIS VACATION CLUB GOLD
150.0001 - 1 - 1 -
19-18397 -
15/05/2008SOGLIA RESORT MENFI
11.1001 - 1 -
19-18397 -
15/05/2008Jamada Travel della CORA S.r.l.
6.6001 - 1 -
19-18397 -
15/05/2008Tur Live S.r.l.
6.6001 - 1 -
19-18399 -
15/05/2008EDEN VIAGGI-HOTEL CLUB CALA AZUL
1.0001 - 1 a
11-18167 -
20/03/2008AVIOMAR-LE CORTI DI MARINELLA
11.1001 - 1 1- a
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Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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4-17958 -
31/01/2008APPARTAMENTO I POETI DI LERICI
6.1001 - 1 a
1- 17848 -
10/01/2008ALBARELLA SCUOLA SCI NAUTICO
11.1001 - 1 1
1-17854 -
10/01/2008LUAN TRAVEL-HOTEL SAN TEODORO
11.1001 - 1 a
1-17854 -
10/01/2008Chlamis S.r.l..
10.1001 - 1 a
Totali 233.800 1.000 11 1 11 1 3 0 1 0 0 0 0 0 0 0
Industria ( 51 )
28-18625 -
17/07/2008AQUILUS PISCINE-NUMERO VERDE
15.0001 - 1 - 1 -
Totali 15.000 0 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Onoranze funebri ( 52 )
25-18548 -
25/06/2008
ONORANZE FUNEBRI FADAL DI
DALL'OLIO 12.0001 - 1 -
Totali 12.000 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
VARIE - Gruppo - F -
Varie
47-19259 -
11/12/2008TUTTO CASA
170.0001 - 1 - 1 -
47-19261 -
11/12/2008
"ITALIA DENTRO CASA" BY
EUROKONTAT 170.0001 - 1 - 1 -
47-19265 -
11/12/2008HORO-TESSERA SCONTO
170.0001 - 1 - 1 -
47-19266 -
11/12/2008CASA MODERNA-FIDELITY CARD
170.0001 - 1 - 1 -
144
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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45-19198 -
26/11/2008VIBRO POWER
75.0001 - 1 - 1 -
35-18888 -
17/09/2008
INPDAP - PRESTAZIONI CREDITIZIE E
SOCIALI 230.0001 - 1 -
30-18700 -
31/07/2008
OVITO-MAGICANNUCCIA APPROVATI
FIMP (Federazione Italiana Medici
Pediatri) 300.0001 - 1 - 1 d
30-18700 -
31/07/2008Gruppo Novelli S.r.l.
120.0001 - 1 - 1 d
30-18700 -
31/07/2008Littlebit S.r.l
65.0001 - 1 - 1 d
30-18700 -
31/07/2008Beiersdorf S.p.A.
100.0001 - 1 - 1 d
30-18700 -
31/07/2008Siport S.p.A.
110.0001 - 1 - 1 d
19-18398 -
15/05/2008THERMO STACK
50.0001 - 1 1,3- b 1 1,2
17-18344 -
30/04/2008DAD-INSERZIONE A PAGAMENTO
39.1001 - 1 - 1 1
16-18321 -
24/04/2008FAIR GUIDE-AGGIORNAMENTO DATI
41.1001 - 1 - 1 1
15-18283 -
17/04/2008TUTTO MERCATO-NUMERO VERDE
4.6001 - 1 -
9-18112 -
06/03/2008ANTEPRIMA-INCHIOSTRO PER MIMAKI
1.0001 - 1 a
6-18010 -
13/02/2008
CENTRALE x IL COMMER. PER L'INDUST.
E L'ARTIG.(F.I.P.T.R. Service Federated
Institute ) 31.1001 - 1 a,b
6-18010 -
13/02/2008
Wig-Wirtschaftszentrale fur Industrie
und Gewerbe AG 31.1001 - 1 a,b
145
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2008 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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6-18012 -
13/02/2008
3M-PELLICOLA MICROPRISMATICA
SCOTCHLITE DIAMOND GRADE 39.1001 - 1 1- a
6-18013 -
13/02/2008
GROMLINE TARIFFE NUMERI A VALORE
AGGIUNTO 36.1001 - 1 -
6-18019 -
13/02/2008TRINCO GIOVANNI MEDICO GENERICO
6.1001 - 1 c
1-17844 -
10/01/2008CLUB LA FOLIE
19.1001 - 1 c
Totali 1.897.100 81.300 20 2 19 2 7 0 7 0 0 0 0 0 0 0
146
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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Energia - Gruppo -A-
Distribuzione gas /carburanti ( 01 )
47-17747 -
13/12/2007ECONOPLUS DI AFFARISUPER SU EBAY
1.0001 - 1 a 1 2
34-17354 -
13/09/2007
PRODOTTI PER RISPARMIARE
CARBURANTE SU EBAY 6.1001 - 1 a,c 1 2
Totali 7.100 0 2 0 2 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0
Ecologia ( 02 )
48-17782 -
20/12/2007
CULLIGAN ITALIANA ADDOLCITORE
ACQUE 3.6001 - 1 c
Totali 3.600 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Energia ( 03 )
47-17750 -
13/12/2007
ITALCOGIM-FORNITURA ENERGIA
ELETTRICA 12.6001 - 1 -
46-17680 -
05/12/2007ENEL GAS-PREZZO GAS
8.1001 - 1 b 1 1-a,c
31-17208 -
03/08/2007PUBBLICITA' OCCULTA ENEL SU LINUS
18.6001 - 1 1
31-17208 -
03/08/2007Baldini Castoldi Dalai Editore S.p.A..
8.6001 - 1 1
Totali 20.700 27.200 2 2 2 0 1 0 0 2 0 0 0 0 0 0
Comunicazioni - Gruppo -B-
Editoria ( 10 )
49-17815 -
27/12/2007
CONGRESS ITALIA - PROMOZIONE
DIADORA 9.1001 - 1 a
23-16929 -
07/06/2007
SOFTWARE ANTIRICICLAGGIO CON
ITALIA OGGI (Data Print Grafik s.a) 16.1001 - 1 a
147
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
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23-16929 -
07/06/2007Italia Oggi Editori-Erinne S.r.l
16.1001 - 1 a
17-16787 -
26/04/2007
IL SOLE 24 ORE "3 GRANDI SUCCESSI!
3 SUPER SCONTI" 24.1001 - 1 a,b
11-16600 -
15/03/2007
REGISTRAZIONI DOMINI .EU CON
REGISTER.IT 14.1001 - 1 a,b 1 1
11-16600 -
15/03/2007RCS Quotidiani S.p.A..
34.1001 - 1 a,b 1 1
26-17036 -
27/06/2007
POLIZIESCO ALL'ITALIANA HOBBY &
WORK 5.6001 - 1 a
Totali 9.100 110.100 1 6 1 6 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0
Musica ( 11 )
39-17508 -
18/10/2007
AL 48411 LA MUSICA DEL FESTIVAL DI
SANREMO (Buongiorno S.p.A) 21.1001 - 1 b 1 1
39-17508 -
18/10/2007Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A.
56.1001 - 1 b 1 1
36- 17394 -
27/09/2007DISCOTECA FURA
25.0001 - 1
Totali 77.200 25.000 2 1 2 0 0 0 2 0 0 0 0 1 - 0 0
Telefonia ( 12 )
48-17781 -
20/12/2007SUPER 5 DI H3G
23.6001 - 1 a,b
45-17669 -
29/11/2007FASTWEB FISSO E MOBILE ZERO
28.1001 - 1 a,b
42-17587 -
08/11/2007
PASSA A VODAFONE-TELEFONO NO
PROBLEM 53.6001 - 1 a,b
41-17566 -
30/10/2007WIND SENZA SCATTO NEW
31.1001 - 1 1-a,b
148
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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39-17515 -
18/10/2007FORTUNATO ELECTRONICS
5.6001 - 1 a,b
37-17420 -
04/10/2007YOU & VODAFONE
59.1001 - 1 b
35-17376 -
20/09/2007AUTUNNO CON 3 BUSINESS
21.1001 - 1 -
33-17322 -
06/09/2007
LIBERO.IT-INTERNET GRATIS AL
7027020000 36.1001 - 1 a,b
33-17325 -
06/09/2007TIM TUTTO COMPRESO
69.1001 - 1 -
33-17326 -
06/09/2007MAXXIDAY TIM
65.1001 - 1 a,b
32-17277 -
21/08/2007OFFERTA ZERO3
20.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007
COSTI SMS PER IL SERVIZIO 48469
(Zero 9 S.r.l) 13.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007M-Platform S.r.l.
13.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007Telecom Italia S.p.A
43.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007Vodafone Omnitel N.V
33.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007Wind Telecomunicazioni S.p.A
28.1001 - 1 a,b
31-17209 -
03/08/2007H3G S.p.A.
18.1001 - 1 a,b
31-17218 -
03/08/2007
SAN VALENTINO-RICARICA POWER DI
H3G 23.1001 - 1 a,b
27-17065 -
03/07/2007SUONERIE SCARICABILI DAL 48428
46.5001 - 1 - 1 -
149
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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22-16905 -
28/05/2007TIM AZZERA I COSTI DI RICARICA
64.6001 - 1 1- a,b
20-16866 -
17/05/2007VODAFONE SERVIZIO NUMERO FISSO
54.1001 - 1 a,b
20-16867 -
17/05/2007TIM "CHIAMA & RICHIAMA"
70.1001 - 1 a,b
19-16826 -
10/05/2007ALICE TUTTO INCLUSO
62.1001 - 1 a,b
19-16829 -
10/05/2007
CRIPTO SMART PHONE DI PERUZZO
SECURITY SYSTEM 1.0001 - 1 b
15-16728 -
12/04/2007WWW.MESSAGGISMS.NET
6.1001 - 1 a,b,c 1 1
10-16592 -
08/03/2007TELECONOMY CAFFÈ-ALICE BUSINESS
61.1001 - 1 b
10-16592 -
08/03/2007Telnet S.r.l.
11.1001 - 1 b
9-16555 -
28/02/2007MAXXI TIM WEB TIME (ABBONATI)
37.1001 - 1 a,b
6-16470 -
06/02/2007
SERVIZI TELEUNIT PER MAGGIORENNI
SU RIVISTE PER RAGAZZI 40.5001 - 1 a,b
5-16448 -
01/02/2007VODAFONE BROADBAND
61.1001 - 1 a
2-16365 -
11/01/2007
TIM DVB-H/TELEFONINO PER LA TV
IN QUALITA' DIGITALE 62.6001 - 1 a
1-16340 -
04/01/2007WWW.INCONTRILOVE.COM
49.1001 - 1 - 1 -
Totali 198.600 1.012.800 6 26 6 26 0 0 0 2 0 0 0 1 0 0
Televisione ( 13 )
150
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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- dataPRATICA COMMERCIALE
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47- 17748 -
13/12/2007TESSERA MEDIASET PREMIUM
29.6001 - 1 a,b
31-17212 -
03/08/2007SKY DA 11 EURO AL MESE
33.1001 - 1 a,b
31-17215 -
03/08/2007MARIA TV
3.6001 - 1 1- a,c
29-17125 -
19/07/2007
TRONY GRUPPO JUMBO SCONTO DEL
10% 18.6001 - 1 1- a,b
29-17125 -
19/07/2007Agos S.p.A
18.6001 - 1 1- a,b
18-16806 -
04/05/2007MILANO TELEPORT ITALIA
1.5001 - 1 c
16-16759 -
18/04/2007
FASTWEB-TUTTO GRATIS FINO A
NATALE 18.6001 - 1 1- a,b
Totali 29.600 94.000 1 6 1 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Credito e Assicurazioni - Gruppo - C -
Assicurazioni ( 20 )
10-16590 -
08/03/2007UCA SPESE LEGALI E PERITALI
10.1001 - 1 a,b
Totali 0 10.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Bancario ( 21 )
43-17607 -
15/11/2007PRESTINTESA DI BANCAINTESA
31.1001 - 1 a
42-17586 -
08/11/2007SALVA RATE IBL DI IBL BANCA
16.1001 - 1 a,b
16-16758 -
18/04/2007
STOP ALLA CARTA DI BANCA
AGRICOLA MANTOVANA 7.6001 - 1 1- b
151
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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3-16399 -
18/01/2007BANCA INTESA-SOLUZIONE CASA
46.1001 - 1 -
Totali 47.200 53.700 2 2 2 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Credito ( 22 )
10-16591 -
08/03/2007AERRE RECUPERO CREDITI
14.1001 - 1 a
Totali 0 14.100 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Finanziamenti ( 23 )
49-17817 -
27/12/2007CENTRO SERVIZI FINANZIARI
28.6001 - 1 a,b,c
49-17818 -
27/12/2007PRONTOPRESTITI
28.6001 - 1
1-
a,b,c49-17819 -
27/12/2007FIDITALIA
26.6001 - 1 a,b,c
37-17424 -
04/10/2007
PRESTICO CONSEL-METÀ PRESTITO
AD INTERESSE ZERO 8.6001 - 1 a,b
33-17321 -
06/09/2007OPFIN
15.6001 - 1 a,b
31-17220 -
03/08/2007BNF-VI DAREMO TRENT'ANNI
18.6001 - 1 a
29-17127 -
19/07/2007
SCONTO TRONY CON
FINANZIAMENTO FINDOMESTIC 28.6001 - 1 a,b
29-17127 -
19/07/2007Findomestic S.p.A.
28.6001 - 1 a,b
27-17066 -
03/07/2007CARISMA PRESTITI VELOCI
9.1001 - 1 a,b
25-16998 -
21/06/2007MULTIPRESTITI
16.1001 - 1 a,b,c
25-16999 -
21/06/2007
ASTE POINT DI CARPANESE
VALENTINA 16.1001 - 1 a,b,c
152
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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25-17000 -
21/06/2007SAIL SERVIZI
16.6001 - 1 a,b
25-17001 -
21/06/2007OPFIN DI MAURIZIO LIGATO
16.6001 - 1 a,b
25-17002 -
21/06/2007
FINLEADER GROUP -
SBLOCCAPRESTITO 17.6001 - 1 a,b
25-17003 -
21/06/2007COGES FINANZIARIA
13.6001 - 1 b
25-17004 -
21/06/2007PRESTOFIN DI BAGNOL ALESSANDRA
16.1001 - 1 a,b
25-17005 -
21/06/2007MUTUI 100% DIGRANDI GAETANO
11.1001 - 1 -
25-17006 -
21/06/2007IMMOBIL FINANZA
11.1001 - 1
1-
a,b,c24-16964 -
14/06/2007DIESSE DI CONIGLI SILVIA
11.1001 - 1 a,b
24-16965 -
14/06/2007SEMPLIFIN DI MAZZENGA ANDREA
5.0001 - 1 a,b,c
24-16966 -
14/06/2007
IDEAFIN DI SABRINA PIUNNO E
CLAUDIA RONDONI 6.1001 - 1 a,b
24-16967 -
14/06/2007SEFIN ITALIA DI ALBERTO LIGATO
10.6001 - 1 -
24-16968 -
14/06/2007CAPITAL PALACE
11.1001 - 1 a,b
23-16932 -
07/06/2007DUAL SERVICE DI DI ROSA MARCO
10.1001 - 1 1- a,b
23-16933 -
07/06/2007FINANCIAL PRIME
16.6001 - 1 a,b,c
21-16891 -
24/05/2007CFM DI MATTEI VERONICA
7.6001 - 1 -
153
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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21-16892 -
24/05/2007
EUROFIN ITALIA & PARTNERS DI
TRINGALI GIUSEPPINA 8.6001 - 1 -
16-16757 -
18/04/2007INIZIATIVE TERRITORIALI LAZIO
11.1001 - 1 - 1 -
7-16498 -
15/02/2007
INA DI LECCO "NUOVA MONETA
FORTE" 18.6001 - 1 1- b
5-16449 -
01/02/2007LA FENICE
4.6001 - 1 a,c
Totali 92.400 356.500 4 26 4 26 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0
Alimentari,Farmaceutico e Trasporti -
Gruppo - D -
Alimentari ( 30 )
47-17751 -
13/12/2007
ACETAIA DODI DAL 1891-ACETO
BALSAMICO TRADIZIONALE 9.1001 - 1 a
45-17670 -
29/11/2007
APICOLTURA IBLEA DI ALECCI
GIUSEPPE 1.0001 - 1 c
42-17585 -
08/11/2007PIZZERIA LOCANDA ESTE CAFFÈ
1.0001 - 1 1- a
41-17565 -
30/10/2007TRIONFO DEL GUSTO GIORDANO
36.1001 - 1 -
39-17507 -
18/10/2007
LATTE PARMALAT-NATURA PREMIUM
OMEGA 3 25.6001 - 1 a
38-17473 -
10/10/2007
OMOGENEIZZATO PLASMON ALLA
BANANA 30.1001 - 1 a
37-17426 -
04/10/2007RISTORANTE PIZZERIA POMPOSA
1.0001 - 1 a
31-17214 -
03/08/2007IPERMERCATO BENNET DI CASELLE
1.0001 - 1 b
154
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
Sanzion.
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31-17219 -
03/08/2007
OFFERTA ACQUA SAN BENEDETTO
PRESSO SUPERMERCATO DI MEGLIO 1.0001 - 1 a,b
27-17063 -
03/07/2007
PIÙLATTE E BESTBREAST DI MILTE
ITALIA 26.1001 - 1 a,b,c
26-17037 -
27/06/2007
TORRONE ZANZIBAR IN REGALO DA
PANORAMA 10.1001 - 1 b
25-17008 -
21/06/2007PACCO DONO UNIGRANA
14.1001 - 1 -
23-16934 -
07/06/2007
VENDITA SOTTOCOSTO GS IPERSTORE-
IPER OASI 1.0001 - 1 a,b
17-16785 -
26/04/2007FILÙ FERRU DI L.S.M.
4.1001 - 1 a
10-16588 -
08/03/2007
PATÈ DI FEGATO D'ANATRA JENSEN'S
(Eurofood S.p.A) 20.1001 - 1 a
10-16588 -
08/03/2007Redlefsen GmbH & Co. KG.
15.1001 - 1 a
9-16556 -
28/02/2007
ANATOR P70-MUSCLE TECH SU
WWW.VITAMINCENTER.IT 36.0001 - 1 1- a 1 -
9-16557 -
28/02/2007
PRODOTTI ALTA QUALITÀ
GRANAROLO 21.1001 - 1 a
8-16517 -
21/02/2007HILL'S PRESCRIPTION DIET I/D FELINE
17.1001 - 1 1- b
Totali 270.700 0 19 0 19 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0
Farmaceutici ( 31 )
49-17811 -
27/12/2007
AMERICAN DIET SYSTEM GIORNO E
NOTTE 80.0001 - 1 a 1 2 1 -
49-17812 -
27/12/2007KALORY EMERGENCY 1000
47.5001 - 1 a 1 -
155
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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46-17709 -
05/12/2007NITROXX
38.1001 - 1 a 1 a,b 1 -
46-17710 -
05/12/2007FORLIP LIFTING
15.1001 - 1 -
44-17645 -
22/11/2007AQUAFRESH GENTLE WHITE
29.1001 - 1 a
40-17550B - 24/10/2007TRATTAMENTO MOLDEA (Arcadia
Consumer Ltd) 27.1001 - 1 a 1 2
40-17550B - 24/10/2007Istituto Bio-Light 27.100 1 - 1 a 1 2
38-17470 -
10/10/2007LIPO SLIM
35.1001 - 1 - 1 -
26-17034 -
27/06/2007BROS CORPORATION
25.0001 - 1 a 1 -
24-16963 -
14/06/2007MODUL COL DI POOL PHARMA
14.6001 - 1 -
10-16587 -
08/03/2007BIO-LIGHT (Best Seller S.r.l)
68.1001 - 1 a 1 2
10-16587 -
08/03/2007Arcadia Consumer Ltd
18.1001 - 1 a 1 2
Totali 395.800 29.100 11 1 11 1 1 0 7 0 3 0 0 0 0 0
Trasporti ( 32 )
49-17814 -
27/12/2007TIRRENIA NAVIGAZIONE
28.6001 - 1 a,b
47-17749 -
13/12/2007CO.MARK
13.1001 - 1 a,c
39-17514 -
18/10/2007
OSTIENSIS VIAGGI NETWORK-BRASILE
FORTALEZA A €479 6.1001 - 1 b
32-17267 -
21/08/2007
VOLAREWEB.COM-10.000 POSTI A € 1
EURO. ECCO PERCHÈ MI PIACE
VOLARE 5.1001 - 1 b
156
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Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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- dataPRATICA COMMERCIALE
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32-17268 -
21/08/2007
FANTASTICHE TARIFFE SU
SINGAPOREAIR.IT 6.1001 - 1 b
31-17205 -
03/08/2007
MYAIR.COM-MY COSÌ ITALIANA MY
COSÌ LOW COST 7.1001 - 1 b
31-17206 -
03/08/2007AIRMALTA "APRI LE BRACCIA E VOLA"
5.6001 - 1 b
31-17210 -
03/08/2007 TRANSAVIA.COM "VOLA PIÙ FACILE"
31.1001 - 1 b
31-17210 -
03/08/2007 G&A Martinengo S.r.l
26.1001 - 1 b
16-16756 -
18/04/2007
MERIDIANA VOLI MILANO-PARIGI DA
9 EURO 20.6001 - 1 a,b
9-16553 -
28/02/2007FREQUENT FLYER DI AIR ONE
14.1001 - 1 a
6-16468 -
06/02/2007
ETL DI LEGNANO E COOPERATIVA ELI
VALLÈE DI AOSTA 8.6001 - 1 -
6-16468 -
06/02/2007E.T.L. S.a.s
8.6001 - 1 -
Totali 47.800 133.000 3 10 3 10 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Industria e Servizi - Gruppo - E -
Agenzie ( 41 )
32-17271 -
21/08/2007
AGENZIA IMMOBILIARE "ALTRO
ABITARE" IMPRESA DI COSTRUZIONI
VENDE 0 6.1001 - 1 1
26-17030 -
27/06/2007
FELICE INCONTRO DI BARISON
MARTINA 0 1.0001 - 1 1
26-17031 -
27/06/2007EMATEL DI LA ROSA BIBBIANA
0 6.1001 - 1 1
157
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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- dataPRATICA COMMERCIALE
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26-17032 -
27/06/2007
PEGASO SERVICE DI PULVIRENTI
MARTINO 0 6.1001 - 1 1
26-17033 -
27/06/2007RIZZEL DI RIZZOTTO DENIS
0 1.0001 - 1 1
Totali 0 20.300 0 5 0 0 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0
Arredamento ( 42 )
37-17422 -
04/10/2007DITTA ADILE UN TAPPETO A 1 EURO
1.000 01 - 1 1- a
36-17393 -
27/09/2007
430 TOR VERGATA PORTUENSE
ARREDAMENTI 0 8.6001 - 1 -
34-17360 -
13/09/2007
SCONTO DEL 55% DA "PERSEMPRE
ARREDAMENTI" 0 11.1001 - 1 b
31-17216 -
03/08/2007DIVANI CULT DI CHATEAU D'AX
0 1.0001 - 1 a
14-16703 -
04/04/2007ARREDAMENTI TRAMONTIN
0 6.1001 - 1 a,b
Totali 1.000 26.800 1 4 1 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Automobili ( 43 )
37-17418 -
04/10/2007ARTICOLI TOYOTA YARIS SU LEGGO
21.1001 - 1 1
37-17418 -
04/10/2007Leggo S.p.A.
6.1001 - 1 1
37-17421 -
04/10/2007FIAT GRANDE PUNTO MULTIJET 75CV
3.6001 - 1 b
34-17357 -
13/09/2007
ARTICOLO DACIA LOGAN MCV SU
LEGGO 6.1001 a 1 1
34-17357 -
13/09/2007Renault Italia S.p.A.
16.1001 a 1 -
34-17359 -
13/09/2007ARTICOLO KIA CEED'S SU LEGGO
6.1001 - 1 1
158
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Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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34-17359 -
13/09/2007Kia Motors Italia S.p.A..
3.1001 - 1 1
32-17274 -
21/08/2007HONDA CR-V 2.0I-VTEC ADVANCE
18.1001 - 1 1- a
32-17275 -
21/08/2007
ARTICOLO MITSUBISHI PAJERO SU
LEGGO 6.1001 - 1 1
32-17275 -
21/08/2007M.M.Automobili Italia S.p.A..
6.1001 - 1 1
32-17276 -
21/08/2007ARTICOLO FIAT BRAVO SU LEGGO
6.1001 - 1 1
32-17276 -
21/08/2007Fiat Group Automobiles S.p.A..
21.1001 - 1 1
32-17278 -
21/08/2007CONFIGURATORE VOLKSWAGEN
10.1001 - 1 b
17-16786 -
26/04/2007AUTOSERVICE DI MODENA
9.6001 - 1 b
6-16467 -
06/02/2007
FORD FOCUS STYLE WAGON 1.6 TDCI
90CV 2.1001 - 1 1- b
4-16407 -
25/01/2007PROMOZIONE FIAT FIVE
36.1001 - 1 1- b
Totali 62.200 115.400 7 9 1 5 0 0 6 4 0 0 0 0 0 0
Elettrodomestici ( 44 )
39-17510 -
18/10/2007UNIEURO "-15% SU TUTTO"
33.6001 - 1 1
39-17510 -
18/10/2007Findomestic Banca S.p.A.
28.6001 - 1 1
39-17510 -
18/10/2007Agos S.p.A
28.6001 - 1 1
159
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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27-17064 -
03/07/2007
500 EURO IN BUONI ACQUISTO "UN
MILIONE DI VANTAGGI" GIOTTO 16.6001 - 1 -
16-16754 -
18/04/2007
ASPIRAPOLVERE SAMSUNG TWIN84 E
TWIN85 30.6001 - 1 a
16-16755 -
18/04/2007
DIVANI YUCCA & CLARKIA DI
POLTRONESOFÀ 27.6001 - 1 -
7-16497 -
15/02/2007LG ELECTRONICS ITALIA-LG CYKING
23.1001 - 1 a,c
Totali 90.800 97.900 3 4 3 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Elettronica ( 45 )
44-17642 -
22/11/2007ECHOS EXPERT DI VERONA
1.6001 - 1 b
39-17511 -
18/10/2007PLAYSTATION 3 DELLA SONY
48.6001 - 1 a
39-17511 -
18/10/2007Mediamarket S.p.A
28.6001 - 1 a
39-17511 -
18/10/2007
G.R.E. - Grossisti Riuniti
Elettrodomestici S.p.A. 18.6001 - 1 a
33-17319 -
06/09/2007
OFFERTA TELECOM NOTEBOOK
LENOVO 3000 N100 53.6001 - 1 b
31-17221 -
03/08/2007
SCONTO DAL 20% AL 30 % SU
STAMPANTI DA METRO 1.0001 - 1 b
29-17126 -
19/07/2007
TRONY DI PIEDIRIPA DI MACERATA-
SCONTO DEL 15% SU TUTTO 16.1001 - 1 a,b
9-16554 -
28/02/2007
NOTEBOOK HP NC6120 DELLA
BOLOGNA UFFICIO 6.6001 - 1 a,b
Totali 97.400 77.300 4 4 4 4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Estetica e cosmesi ( 46 )
160
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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37-17419 -
04/10/2007
INTRAGEN PATCH 5 REVLON
PROFESSIONAL DI COLOMER ITALY 14.1001 - 1 -
37-17419 -
04/10/2007Blue Moon di Nardini & C. S.a.s.
5.1001 - 1 -
37-17423 -
04/10/2007
INNOVATION PATCH ANTICADUTA
BIOPOINT DI COLOMERY ITALY 16.1001 - 1 -
34-17352 -
13/09/2007DISTILLATO 19 ERBE VIVALIGHT
35.1001 - 1 - 1 2 1 -
34-17358 -
13/09/2007INNOVA MEDICA
6.1001 - 1 a
32-17270 -
21/08/2007PROTESI CAPILLARE CESARE RAGAZZI
8.1001 - 1 a 1 2
31-17211 -
03/08/2007LINEA SOLARE KORFF
14.1001 - 1 a
23-16910 -
06/06/2007
VANITY LINE - LASER PER LA
DEPILAZIONE DEFINITIVA 36.1001 - 1 -
8-16516 -
21/02/2007
PARRUCCHIERE "MODA MODI" DI
ELISA 4.6001 - 1 1- b
Totali 76.500 62.900 5 4 5 4 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0
Giochi, giocattoli e concorsi ( 47 )
45-17668 -
29/11/2007
QUIZ NIGHT DI CALIPSO SU
RETECAPRI 31.1001 - 1 a,b,c
45-17668 -
29/11/2007Scilla S.r.l.
31.1001 - 1 a,b,c
37-17416 -
04/10/2007QUIZ ARENA SU ODEON TV
13.6001 - 1 - 1 1
31-17213 -
03/08/2007
CONCORSO IL DOMANDONE SU
RETECAPRI 10.6001 - 1 a,b,c
161
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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29-17128 -
19/07/2007LUCCHI GIOCATTOLI SU TG ARENA
3.7001 - 1 1
13-16663 -
29/03/2007SUPER QUIZ-GOLD TEL
16.1001 - 1 a,b
Totali 106.200 0 6 0 5 0 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0
Istituti, scuole e concorsi di
formazione (48 )49-17813 -
27/12/2007
ISFAR-POST-UNIVERSITÀ DELLE
PROFESSIONI 21.1001 - 1 -
45-17671 -
29/11/2007AUTOSCUOLE MINARELLI E FAVA
1.0001 - 1 b
39-17516 -
18/10/2007
ACCADEMIA BELLE ARTI DI
MENDICINO 8.6001 - 1 -
36-17392 -
27/09/2007
CENTRO STUDI RICERCHE
SULL'ENERGIA VITALE 8.6001 - 1 1 -
7-16493 -
15/02/2007UNIVERSITÀ AMBROSIANA
20.1001 - 1 1 1- a,c
7-16494 -
15/02/2007UNIPSA-ISSEA
13.6001 - 1 1 1- a,c
6-16469 -
06/02/2007ISTITUTO JOPPI DI UDINE
10.1001 - 1 1 a,c
2-16366 -
11/01/2007
LUSES-LIBERA UNIVERSITÀ DEGLI
STUDI ECONOMICI E SOCIALI 9.1001 - 1 1 1- a,c
2-16366 -
11/01/2007
Associazione Libera Università degli
Studi economici e Sociali-LUSES 12.1001 - 1 1 1- a,c
Totali 30.700 73.600 3 6 3 6 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Lavoro ( 49 )
34-17356 -
13/09/2007
ANNUNCIO OFFERTA DI LAVORO SU
SECONDAMANO 10.6001 - 1 a 1 1
162
Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
n°- bol./prat.
- dataPRATICA COMMERCIALE
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30-17166 -
26/07/2007STUDIO GM-RICERCA ANIMATORI
6.6001 - 1 a 1 1
22-16906 -
28/05/2007DODOTOUR EVOLUTION TRAVEL
25.0001 - 1 a,b
Totali 10.600 31.600 1 2 1 2 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0
Turismo ( 50 )
49-17816 -
27/12/2007
GRUPPO AURUM HOTELS-GRAN
HOTEL OLIMPIC 13.0001 - 1 -
49-17820 -
27/12/2007
HOTELPLAN ITALIA-VIAGGI
INCONFONDIBILI CARAIBI 24.1001 - 1 -
43-17608 -
15/11/2007
TARIFFE PARCHEGGIO PRESSO
L'AEROPORTO DI FIUMICINO 21.1001 - 1 -
33-17320 -
06/09/2007
ESCURSIONI DI GENTES
INTERNATIONAL 14.6001 - 1 b 1 a,e
32-17273 -
21/08/2007MASTER GOLF PROMOTION DI ROMA
14.1001 - 1 a
30-17164 -
26/07/2007
EF-VACANZE STUDIO A
SOUTHAMPTON 21.1001 - 1 a,b,c
24-16962 -
14/06/2007
ALPINE GUIDE-OFFERTA SHARM EL
SHEIK 5.6001 - 1 1- b
13-16665 -
29/03/2007
BAGUN TRAVEL-ENJOY CLUB SKANES
PALACE INTERNATIONAL 8.1001 - 1 a
9-16552 -
28/02/2007HOTEL EXECUTIVE DI CESENATICO
4.6001 - 1 b
7-16495 -
15/02/2007
ALPITOUR/HOTEL DELLE STELLE-
BENVENUTI DISABILI 34.6001 - 1 a
7-16495 -
15/02/2007Hotel delle Stelle Beach Resort S.r.l.
11.6001 - 1 a
7-16495 -
15/02/2007Arianna 80 S.r.l.
11.6001 - 1 a
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Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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4-16426 -
25/01/2007TOUR OPERATOR PRESENT VIAGGI
4.6001 - 1 1- a
Totali 58.200 130.500 3 10 3 10 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0
Industria ( 51 )
36-17391 -
27/09/2007MECALUX MILANO
15.6001 - 1 1- a
18-16803 -
04/05/2007TUBES RADIATORI
17.1001 - 1 a
Totali 0 32.700 0 2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
Onoranze funebri ( 52 )
25-17007 -
21/06/2007
IMPRESA FUNEBRE PIDO
GIANBORTOLO 0 21.1001 - 1 a,c
14-16702 -
04/04/2007DE PEDRINI ONORANZE FUNEBRI
0 1.0001 - 1 1- a,c
3-16397 -
18/01/2007POMPE FUNEBRI DANIELE RAIMONDI
0 13.6001 - 1
1-
a,b,c
Totali 0 35.700 0 3 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
VARIE - Gruppo - F -
Varie
44-17640 -
22/11/2007EURO BUSINESS GUIDE
19.1001 - 1 - 1 1
44-17643 -
22/11/2007HTI - HI TECH INTERNATIONAL
13.6001 - 1 1- a
43-17609 -
15/11/2007AREA FILM (Videosystem S.r.l.)
21.1001 - 1 a,c 1 1
43-17609 -
15/11/2007Made In It S.r.l
21.1001 - 1 a,c 1 1
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Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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42- 17584 -
08/11/2007
GPEDONE.IT E
NEWPLASTICSURGERY.IT 12.0001 - 1 a
40-17521 -
23/10/2007L'ALBERO DELLE RUOTE
9.1001 - 1 b
38-17472 -
10/10/2007
VCR (VIVAI COOPERATIVI RAUSCEDO)-
AGRI ISOLA 5.6001 - 1 -
35-17375 -
20/09/2007WORLD WIDE WEB REGISTER
16.1001 - 1 1- a,b 1 1
33-17323 -
06/09/2007GIELLE: NAF S-III? NO GRAZIE
10.1001 - 1 - 1 1- a,e 1 1
31-17217 -
03/08/2007NEW BUSINESS INTERNATIONAL
12.1001 - 1 1- a,c
30-17165 -
26/07/2007
CENTRO MORPHÈ DELLA SOCIETÀ
OLIMPIA 3.6001 - 1 a,b 1 1- a,c
28-17092 -
12/07/2007NCC TAXICAR
1.0001 - 1 a,c
26-17035 -
27/06/2007GRUPPO TETRA
15.1001 - 1 1- a,b
26-17038 -
27/06/2007
DA FOTOSCONTATE STAMPA FOTO A
3 CENTESIMI 9.6001 - 1 -
25-16997 -
21/06/2007
ITALSOFT: SOLO I MIGLIORI NON
TEMONO PARAGONI 15.1001 - 1 e 1 a,c,e
22-16904 -
28/05/2007
ERREDUE ASSISTENZA
INFORTUNISTICA STRADALE 11.1001 - 1 a
19-16827 -
10/05/2007UBRIACARSI A LOS PANINEROS
25.0001 - 1 -
18-16805 -
04/05/2007WWW.CNSF.IT-C.A.R.TUR
13.6001 - 1 -
15-16729 -
12/04/2007DETERSIVO PER LAVASTOVIGLIE PRIL
21.1001 - 1 1- a,b
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Capitolo III
Pratiche Ingannevoli Anno 2007 Articoli
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12-16635 -
21/03/2007KELION-BANNER XANTA
21.1001 - 1 a,c
4-16425 -
25/01/2007COMMERCIALE SICULA
13.1001 - 1 a
3-16398 -
18/01/2007LAMPADINE ALOGENE BOTTARI
12.1001 - 1 1- a
Totali 82.500 218.900 6 16 5 15 1 3 2 3 0 1 0 0 0 0
166
Conclusioni
167
Conclusioni
Nel corso del presente lavoro si è analizzata la genesi e la formalizzazione del
concetto di “pratica commerciale scorretta” e soprattutto il recepimento di tale nozione
nell’ordinamento italiano. Si è assistito ad un cambio radicale dei modi di protezione
del consumatore mediante la predisposizione di una tutela che abbraccia e ingloba un
numero ingente di fattispecie. Si può ritenere realizzato il desiderio del legislatore
comunitario di voler armonizzare l’intera disciplina in tutti i Paesi membri dell’Unione
Europea poiché, grazie all’adozione di tali misure, si sono rese certamente più agevoli e
più sicure le transazioni nel mercato estero.
Persiste, però, qualche perplessità circa le modalità con cui le disposizioni
comunitarie sono state inserite nell’ordinamento italiano a causa di una trasposizione
troppo letterale e non contestualizzata in base alla realtà nazionale. Si è evidenziato,
infatti, che la scelta di alcune terminologie appaia poco adeguata a definire concetti
complessi come quelli del marketing o della pubblicità, ma nonostante questa
considerazione, non si può sminuire la portata e l’importanza delle norme contenute
negli articoli del Codice del Consumo. Spesso, inoltre, il legislatore italiano non ha
tenuto conto delle interferenze che le modifiche del decreto legislativo 206/2005
avrebbero determinato con altre leggi presenti nel corpus normativo nazionale,
provocando così un diverso regime di tutela in base alla scelta di applicazione degli
articoli a cui fare riferimento. Accurati e puntuali accorgimenti, però, potrebbero
facilmente risolvere questa situazione senza inficiare minimamente sulla disciplina delle
pratiche commerciali scorrette.
L’analisi sulle sentenze dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
ha, inoltre, permesso di delineare un quadro abbastanza nitido della condizione italiana.
La suddivisione in settori merceologici, la quantificazione delle sanzioni, il computo di
articoli applicati e nei confronti dei quali si è ravvisata una contrarietà ha fatto sì che si
potessero tranne alcune conclusioni. Gli illeciti più frequenti, dunque, riguardano una
mancata precisa proposizione di informazioni relative alle condizioni di offerta. Tali
attività scorrette si estrinsecano nella diffusione di messaggi promozionali in cui il
consumatore medio non può comprendere in maniera immediata il prezzo del prodotto,
Conclusioni
168
del servizio proposto o le clausole da rispettare per poter usufruire di un determinato
beneficio e ciò è comprensibile alla luce del fatto che il costo di un’operazione
commerciale rappresenta uno dei principali elementi di valutazione prima di effettuare
un acquisto. Si è notato che anche l’aumento delle sanzioni non costituisce un valido
deterrente alla reiterazione di alcuni comportamenti scorretti dal momento che le
ammende imponibili appaiono irrisorie per società il cui bilancio è altamente superiore.
A dimostrazione di quanto affermato, nella classificazione fornita nel terzo capitolo in
base alla suddivisione in settori merceologici, non costituisce una sorpresa, dunque, che
aziende quali la Wind, la Vodafone, la Fastweb, l’Enel e Findomestic Banca siano
autori di comportamenti decettivi. C’è da sottolineare una particolare attenzione nei
confronti dei consumatori più vulnerabili i quali sono protetti con un surplus di tutela
nell’acquisto e nella fruizione di determinate tipologie di beni e servizi. La psicologia
del consumatore, sebbene non delineata nei minimi dettagli, è fondamentale per
comprendere la gravità di un’attività commerciale. Nella valutazione degli illeciti,
sempre grazie alla lettura dei bollettini emanati dall’Autorità Garante della Concorrenza
e del Mercato, si è evidenziato come molteplici fattori influiscano sulla determinazione
delle sentenze e delle ammende da irrogare e quindi come, ad esempio, nel campo degli
alimentari e dei prodotti farmaceutici si pone maggiore attenzione e riguardo.
La formalizzazione della disciplina oggetto del presente lavoro ed anche la sua
applicazione possono essere certamente migliorati. Un elemento che andrà sicuramente
potenziato nei prossimi anni è la divulgazione di notizie inerenti alle attività
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato perché troppo spesso, anche se
sono stati riconosciuti determinati diritti e ratificati in appositi strumenti normativi, il
consumatore ne ignora l’esistenza o immagina, contrariamente al vero, che il ricorso a
tali Autorità sia troppo oneroso. I consumatori, non essendo informati adeguatamente
sulle possibilità di far valere i propri diritti o sulle modalità per realizzare ciò, subiscono
passivamente le angherie da parte di scaltri professionisti. La prospettiva di una
diffusione di una consapevolezza generale dei comportamenti leciti può rappresentare
quel quid in più che possa effettivamente garantire un arresto o una concreta
diminuzione di attività illecite.
Appendice
169
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005,
relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato
interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE,
98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento
(CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche
commerciali sleali»)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 149 del 11/06/2005 pag. 0022 - 0039
20050511
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
dell' 11 maggio 2005
relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e
che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e
2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio ("direttiva sulle pratiche commerciali sleali")
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],
considerando quanto segue:
(1) L'articolo 153, paragrafi 1 e 3, lettera a), del trattato prevede che la Comunità deve
contribuire al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori
mediante misure adottate a norma dell'articolo 95 del medesimo.
(2) A norma dell'articolo 14, paragrafo 2, del trattato, il mercato interno comporta uno
spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e
dei servizi, nonché la libertà di stabilimento. Lo sviluppo di pratiche commerciali leali
Appendice
170
all'interno dello spazio senza frontiere interne è essenziale per promuovere le attività
transfrontaliere.
(3) Le leggi degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali sono
caratterizzate da differenze notevoli che possono provocare sensibili distorsioni della
concorrenza e costituire ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. Nel settore
della pubblicità, la direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984,
concernente la pubblicità ingannevole e comparativa [3], fissa criteri minimi di
armonizzazione nella normativa in tema di pubblicità ingannevole, ma non si oppone al
mantenimento o all'adozione, da parte degli Stati membri, di disposizioni che
garantiscano una più ampia tutela dei consumatori. Di conseguenza, le disposizioni
degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole sono profondamente diverse.
(4) Queste differenze sono fonte di incertezza per quanto concerne le disposizioni
nazionali da applicare alle pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici
dei consumatori e creano molti ostacoli sia alle imprese che ai consumatori. Questi
ostacoli rendono più oneroso per le imprese l'esercizio delle libertà del mercato interno,
soprattutto ove tali imprese intendano effettuare attività di marketing, campagne
pubblicitarie e promozioni delle vendite transfrontaliere. Tali ostacoli causano inoltre
incertezze circa i diritti di cui godono i consumatori e compromettono la fiducia di
questi ultimi nel mercato interno.
(5) In assenza di norme uniformi a livello comunitario, gli ostacoli alla libera
circolazione di servizi e di merci transfrontaliera o alla libertà di stabilimento
potrebbero essere giustificati, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia delle
Comunità europee, purché volti a tutelare obiettivi riconosciuti di interesse pubblico e
purché proporzionati a tali obiettivi. Tenuto conto delle finalità della Comunità, stabilite
dalle disposizioni del trattato e dal diritto comunitario derivato in materia di libera
circolazione, e conformemente alla politica della Commissione riguardante le
comunicazioni commerciali come indicato nella comunicazione della Commissione
"Seguito dato al Libro verde sulla comunicazione commerciale nel mercato interno", tali
ostacoli dovrebbero essere eliminati. Ciò è possibile solo introducendo a livello
comunitario norme uniformi che prevedono un elevato livello di protezione dei
consumatori e chiarendo alcuni concetti giuridici, nella misura necessaria per il corretto
funzionamento del mercato interno e per soddisfare il requisito della certezza del diritto.
Appendice
171
(6) La presente direttiva ravvicina pertanto le legislazioni degli Stati membri sulle
pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli
interessi economici dei consumatori e, quindi, indirettamente gli interessi economici dei
concorrenti legittimi. Secondo il principio di proporzionalità, la presente direttiva tutela
i consumatori dalle conseguenze di tali pratiche commerciali sleali allorché queste sono
rilevanti, ma riconosce che in alcuni casi l'impatto sui consumatori può essere
trascurabile. Essa non riguarda e lascia impregiudicate le legislazioni nazionali sulle
pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei
concorrenti o che sono connesse ad un'operazione tra professionisti. Tenuto pienamente
conto del principio di sussidiarietà, gli Stati membri, ove lo desiderino, continueranno a
poter disciplinare tali pratiche, conformemente alla normativa comunitaria. Inoltre la
presente direttiva non riguarda e lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva
84/450/CEE in materia di pubblicità che risulti ingannevole per le imprese ma non per i
consumatori e in materia di pubblicità comparativa. La presente direttiva lascia altresì
impregiudicate pratiche pubblicitarie e di marketing generalmente ammesse, quali il
product placement consentito, la differenziazione del marchio o l'offerta di incentivi in
grado di incidere legittimamente sulla percezione dei prodotti da parte dei consumatori
e di influenzarne il comportamento senza però limitarne la capacità di prendere una
decisione consapevole.
(7) La presente direttiva riguarda le pratiche commerciali il cui intento diretto è quello
di influenzare le decisioni di natura commerciale dei consumatori relative a prodotti.
Non riguarda le pratiche commerciali realizzate principalmente per altri scopi, comprese
ad esempio le comunicazioni commerciali rivolte agli investitori, come le relazioni
annuali e le pubblicazioni promozionali delle aziende. Non riguarda i requisiti giuridici
inerenti al buon gusto e alla decenza che variano ampiamente tra gli Stati membri. Le
pratiche commerciali quali ad esempio le sollecitazioni commerciali per strada possono
essere indesiderabili negli Stati membri per motivi culturali. Gli Stati membri
dovrebbero di conseguenza poter continuare a vietare le pratiche commerciali nei loro
territori per ragioni di buon gusto e decenza conformemente alle normative comunitarie,
anche se tali pratiche non limitano la libertà di scelta dei consumatori. In sede di
applicazione della direttiva, in particolare delle clausole generali, è opportuno tenere
ampiamente conto delle circostanze del singolo caso in questione.
Appendice
172
(8) La presente direttiva tutela direttamente gli interessi economici dei consumatori
dalle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. Essa, quindi, tutela
indirettamente le attività legittime da quelle dei rispettivi concorrenti che non rispettano
le regole previste dalla presente direttiva e, pertanto, garantisce nel settore da essa
coordinato una concorrenza leale. Resta inteso che esistono altre pratiche commerciali
che, per quanto non lesive per i consumatori, possono danneggiare i concorrenti e i
clienti. La Commissione dovrebbe valutare accuratamente la necessità di un'azione
comunitaria in materia di concorrenza sleale al di là delle finalità della presente direttiva
e, ove necessario, presentare una proposta legislativa che contempli questi altri aspetti
della concorrenza sleale.
(9) La presente direttiva non pregiudica i ricorsi individuali proposti da soggetti che
sono stati lesi da una pratica commerciale sleale. Non pregiudica neppure l'applicazione
delle disposizioni comunitarie e nazionali relative al diritto contrattuale, ai diritti di
proprietà intellettuale, agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti, alle condizioni di
stabilimento e ai regimi di autorizzazione, comprese le norme relative, in base al diritto
comunitario, alle attività legate all'azzardo, e alle norme comunitarie in materia di
concorrenza e relative norme nazionali di attuazione. Gli Stati membri potranno in tal
modo mantenere o introdurre limitazioni e divieti in materia di pratiche commerciali,
motivati dalla tutela della salute e della sicurezza dei consumatori nel loro territorio
ovunque sia stabilito il professionista, ad esempio riguardo ad alcol, tabacchi o prodotti
farmaceutici. Per i servizi finanziari e i beni immobili occorrono, tenuto conto della loro
complessità e dei gravi rischi inerenti, obblighi particolareggiati, inclusi gli obblighi
positivi per i professionisti. Pertanto, nel settore dei servizi finanziari e dei beni
immobili, la presente direttiva non pregiudica il diritto degli Stati membri di andare al di
là delle sue disposizioni al fine di tutelare gli interessi economici dei consumatori. Non
è opportuno disciplinare in questo ambito la certificazione e le indicazioni concernenti il
titolo degli articoli in metalli preziosi.
(10) È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto
comunitario esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in
materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. La presente direttiva
modifica pertanto la direttiva 84/450/CEE, la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in
Appendice
173
materia di contratti a distanza [4] la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi
dei consumatori [5] e la direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi
finanziari ai consumatori [6]. Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto
qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti
specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole
sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela
ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore
e vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti. Ciò è
particolarmente importante per prodotti complessi che comportano rischi elevati per i
consumatori, come alcuni prodotti finanziari. La presente direttiva completa pertanto
l'acquis comunitario applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi
economici dei consumatori.
(11) L'elevata convergenza conseguita mediante il ravvicinamento delle disposizioni
nazionali attraverso la presente direttiva dà luogo a un elevato livello comune di tutela
dei consumatori. La presente direttiva introduce un unico divieto generale di quelle
pratiche commerciali sleali che falsano il comportamento economico dei consumatori.
Essa stabilisce inoltre norme riguardanti le pratiche commerciali aggressive, che
attualmente non sono disciplinate a livello comunitario.
(12) Dall'armonizzazione deriverà un notevole rafforzamento della certezza del diritto
sia per i consumatori sia per le imprese, che potranno contare entrambi su un unico
quadro normativo fondato su nozioni giuridiche chiaramente definite che disciplinano
tutti gli aspetti inerenti alle pratiche commerciali sleali nell'UE. In tal modo si avrà
l'eliminazione degli ostacoli derivanti dalla frammentazione delle norme sulle pratiche
commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori e la realizzazione
del mercato interno in questo settore.
(13) Per conseguire gli obiettivi comunitari mediante l'eliminazione degli ostacoli al
mercato interno, è necessario sostituire le clausole generali e i principi giuridici
divergenti attualmente in vigore negli Stati membri. Il divieto unico generale comune
istituito dalla presente direttiva si applica pertanto alle pratiche commerciali sleali che
falsano il comportamento economico dei consumatori. Per sostenere la fiducia da parte
Appendice
174
dei consumatori il divieto generale dovrebbe applicarsi parimenti a pratiche
commerciali sleali che si verificano all'esterno di un eventuale rapporto contrattuale tra
un professionista ed un consumatore o in seguito alla conclusione di un contratto e
durante la sua esecuzione. Il divieto generale si articola attraverso norme riguardanti le
due tipologie di pratiche commerciali più diffuse, vale a dire le pratiche commerciali
ingannevoli e quelle aggressive.
(14) È auspicabile che nella definizione di pratiche commerciali ingannevoli rientrino
quelle pratiche, tra cui la pubblicità ingannevole, che inducendo in errore il
consumatore gli impediscono di scegliere in modo consapevole e, di conseguenza,
efficiente. Conformemente alle leggi e alle pratiche di alcuni Stati membri sulla
pubblicità ingannevole, la presente direttiva suddivide le pratiche ingannevoli in azioni
e omissioni ingannevoli. Per quanto concerne le omissioni, la presente direttiva elenca
un limitato novero di informazioni chiave necessarie affinché il consumatore possa
prendere una decisione consapevole di natura commerciale. Tali informazioni non
devono essere comunicate in ogni pubblicità, ma solo qualora il professionista inviti
all'acquisto, nozione questa chiaramente definita nella presente direttiva. Il fatto che la
presente direttiva sia impostata sull'armonizzazione completa non osta a che gli Stati
membri precisino nella legislazione nazionale le principali caratteristiche di particolari
prodotti quali, per esempio, gli oggetti da collezione o i prodotti elettrotecnici, qualora
l'omissione di tale precisazione avesse importanza decisiva al momento dell'invito
all'acquisto. La presente direttiva non intende ridurre la scelta del consumatore vietando
la promozione di prodotti apparentemente simili ad altri prodotti, a meno che tale
somiglianza non sia tale da confondere il consumatore riguardo all'origine commerciale
del prodotto e sia pertanto ingannevole. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare
la normativa comunitaria in vigore che attribuisce espressamente agli Stati membri la
scelta tra varie opzioni in materia di regolamentazione per la protezione dei consumatori
nel settore delle pratiche commerciali. In particolare, la presente direttiva dovrebbe
lasciare impregiudicato l'articolo 13, paragrafo 3 della direttiva 2002/58/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati
personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche [7].
(15) Qualora il diritto comunitario stabilisca obblighi di informazione riguardo a
comunicazioni commerciali, pubblicità e marketing, tali informazioni sono considerate
Appendice
175
rilevanti ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri potranno mantenere gli
obblighi di informazione o prevedere obblighi aggiuntivi riguardanti il diritto
contrattuale e aventi conseguenze sotto il profilo del diritto contrattuale qualora ciò sia
consentito dalle clausole minime previste dai vigenti strumenti giuridici comunitari.
L'allegato II riporta un elenco non completo di tali obblighi di informazione previsti
dall'acquisto. Tenuto conto della piena armonizzazione introdotta dalla presente
direttiva, solo le informazioni previste dal diritto comunitario sono considerate rilevanti
ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5 della stessa. Qualora gli Stati membri abbiano
introdotto informazioni aggiuntive rispetto a quanto specificato nel diritto comunitario,
sulla base delle clausole minime, l'omissione di tali informazioni non costituisce
un'omissione ingannevole ai sensi della presente direttiva. Di contro, gli Stati membri,
se consentito dalle clausole minime presenti nella legislazione comunitaria, hanno
facoltà di mantenere o introdurre disposizioni maggiormente restrittive, conformemente
alla normativa comunitaria, per garantire un livello più elevato di tutela dei singoli
diritti contrattuali dei consumatori.
(16) Le disposizioni sulle pratiche commerciali aggressive dovrebbero riguardare le
pratiche che limitano considerevolmente la libertà di scelta del consumatore. Si tratta di
pratiche che comportano il ricorso a molestie, coercizione, compreso l'uso di forza
fisica, e indebito condizionamento.
(17) È auspicabile che le pratiche commerciali che sono in ogni caso sleali siano
individuate per garantire una maggiore certezza del diritto. L'allegato I riporta pertanto
l'elenco completo di tali pratiche. Si tratta delle uniche pratiche commerciali che si
possono considerare sleali senza una valutazione caso per caso in deroga alle
disposizioni degli articoli da 5 a 9. L'elenco può essere modificato solo mediante
revisione della presente direttiva.
(18) È opportuno proteggere tutti i consumatori dalle pratiche commerciali sleali.
Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto necessario, nel deliberare in cause relative alla
pubblicità dopo l'entrata in vigore della direttiva 84/450/CEE, esaminare l'effetto su un
virtuale consumatore tipico. Conformemente al principio di proporzionalità, e per
consentire l'efficace applicazione delle misure di protezione in essa previste, la presente
direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e
ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e
Appendice
176
linguistici, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia, ma contiene altresì
disposizioni volte ad evitare lo sfruttamento dei consumatori che per le loro
caratteristiche risultano particolarmente vulnerabili alle pratiche commerciali sleali. Ove
una pratica commerciale sia specificatamente diretta ad un determinato gruppo di
consumatori, come ad esempio i bambini, è auspicabile che l'impatto della pratica
commerciale venga valutato nell'ottica del membro medio di quel gruppo. È quindi
opportuno includere nell'elenco di pratiche considerate in ogni caso sleali una
disposizione che, senza imporre uno specifico divieto alla pubblicità destinata ai
bambini, tuteli questi ultimi da esortazioni dirette all'acquisto. La nozione di
consumatore medio non è statistica. Gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali
dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della
Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nella
fattispecie.
(19) Qualora talune caratteristiche, quali età, infermità fisica o mentale o ingenuità,
rendano un gruppo di consumatori particolarmente vulnerabile ad una pratica
commerciale o al prodotto a cui essa si riferisce, e il comportamento economico soltanto
di siffatti consumatori sia suscettibile di essere distorto da tale pratica, in un modo che il
professionista può ragionevolmente prevedere, occorre far sì che essi siano
adeguatamente tutelati valutando la pratica nell'ottica del membro medio di detto
gruppo.
(20) È opportuno prevedere un ruolo per i codici di condotta che consenta ai
professionisti di applicare in modo efficace i principi della presente direttiva in specifici
settori economici. Nei settori in cui vi siano obblighi tassativi specifici che disciplinano
il comportamento dei professionisti, è opportuno che questi forniscano altresì prove
riguardo agli obblighi di diligenza professionale in tale settore. Il controllo esercitato dai
titolari dei codici a livello nazionale o comunitario per l'eliminazione delle pratiche
commerciali sleali può evitare la necessità di esperire azioni giudiziarie o
amministrative e dovrebbe pertanto essere incoraggiato. Le organizzazioni dei
consumatori potrebbero essere informate e coinvolte nella formulazione di codici di
condotta, al fine di conseguire un elevato livello di protezione dei consumatori.
(21) Le persone o le organizzazioni che in base alla legislazione nazionale siano
considerate titolari di interesse legittimo nel caso di specie devono disporre di mezzi di
Appendice
177
impugnazione contro le pratiche commerciali sleali dinanzi ad un organo giurisdizionale
o ad un'autorità amministrativa competente a decidere dei reclami o a promuovere
un'adeguata azione giudiziaria. Pur spettando al diritto nazionale stabilire l'onere della
prova, è appropriato attribuire agli organi giurisdizionali e alle autorità amministrative il
potere di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni
fattuali che ha presentato.
(22) È necessario che gli Stati membri determinino le sanzioni da irrogare per le
violazioni delle disposizioni della presente direttiva e ne garantiscano l'applicazione. Le
sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
(23) Poiché gli scopi della presente direttiva, vale a dire l'eliminazione degli ostacoli al
funzionamento del mercato interno rappresentati dalle leggi nazionali in materia di
pratiche commerciali sleali e il conseguimento di un elevato livello comune di tutela dei
consumatori mediante il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, non possono essere
realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono essere realizzati meglio a
livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà
sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario
per eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno e conseguire un elevato
livello comune di tutela dei consumatori in ottemperanza al principio di proporzionalità
enunciato nello stesso articolo.
(24) È opportuno rivedere la presente direttiva onde assicurare che sia stato affrontato il
problema degli ostacoli al mercato interno e sia stato raggiunto un alto livello di
protezione dei consumatori. Il riesame potrebbe portare a una proposta della
Commissione intesa a modificare la presente direttiva, in cui potrebbero essere
comprese un'estensione limitata della deroga di cui all'articolo 3, paragrafo 5, e/o
modifiche ad altri atti legislativi in materia di tutela dei consumatori che rispecchino
l'impegno della Commissione nell'ambito della strategia della politica dei consumatori
di rivedere l'acquis esistente in modo da conseguire un elevato livello comune di tutela
dei consumatori.
(25) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti
in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
Appendice
178
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Scopo
La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e
al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante
l'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli
Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici
dei consumatori.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto della
presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale;
b) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali
oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un
professionista;
c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le
obbligazioni;
d) "pratiche commerciali tra imprese e consumatori" (in seguito denominate "pratiche
commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione
commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un
professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un
prodotto ai consumatori;
e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l'impiego
di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore
di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione
di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso;
Appendice
179
f) "codice di condotta": un accordo o una normativa che non sia imposta dalle
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che
definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tale codice
in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali
specifici;
g) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo
di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un codice di condotta
e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a
rispettarlo;
h) "diligenza professionale": rispetto a pratiche di mercato oneste e/o al principio
generale della buona fede nel settore di attività del professionista, il normale grado della
speciale competenza e attenzione che ragionevolmente si possono presumere essere
esercitate da un professionista nei confronti dei consumatori;
i) "invito all'acquisto": una comunicazione commerciale indicante le caratteristiche e il
prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato per la
comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al consumatore di effettuare
un acquisto;
j) "indebito condizionamento": lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al
consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la
minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore
di prendere una decisione consapevole;
k) "decisione di natura commerciale": una decisione presa da un consumatore relativa a
se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare
integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene o se esercitare un
diritto contrattuale in relazione al prodotto. Tale decisione può portare il consumatore a
compiere un'azione o all'astenersi dal compierla;
l) "professione regolamentata": attività professionale, o insieme di attività professionali,
l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, è subordinata
direttamente o indirettamente, in base a disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali.
Articolo 3
Ambito di applicazione
Appendice
180
1. La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e
consumatori, come stabilite all'articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo
un'operazione commerciale relativa a un prodotto.
2. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione del diritto contrattuale, in
particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto.
3. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle disposizioni comunitarie o
nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti.
4. In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme
comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali,
prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.
5. Per un periodo di sei anni a decorrere dal 12 giugno 2007 gli Stati membri possono
continuare ad applicare disposizioni nazionali più dettagliate o vincolanti di quelle
previste dalla presente direttiva nel settore da essa armonizzato, in attuazione di
direttive contenenti clausole minime di armonizzazione. Tali misure devono essere
essenziali al fine di assicurare un'adeguata protezione dei consumatori da pratiche
commerciali sleali e devono essere proporzionate al raggiungimento di tale obiettivo. La
revisione di cui all'articolo 18 può, se ritenuto opportuno, comprendere una proposta
intesa a prorogare questa deroga per un ulteriore periodo limitato.
6. Gli Stati membri notificano alla Commissione senza indugio le disposizioni nazionali
applicate sulla base del paragrafo 5.
7. La presente direttiva non pregiudica l'applicazione delle norme che determinano la
competenza giurisdizionale.
8. La presente direttiva non pregiudica le eventuali condizioni relative allo stabilimento,
o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici di condotta o altre norme
specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, volti a mantenere livelli elevati
di integrità dei professionisti, che gli Stati membri possono, conformemente alla
normativa comunitaria, imporre a questi ultimi.
9. In merito ai "servizi finanziari" definiti alla direttiva 2002/65/CE e ai beni immobili,
gli Stati membri possono imporre obblighi più dettagliati o vincolanti di quelli previsti
dalla presente direttiva nel settore che essa armonizza.
Appendice
181
10. La presente direttiva non è applicabile all'attuazione delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di certificazione e di
indicazioni concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi.
Articolo 4
Mercato interno
Gli Stati membri non limitano la libertà di prestazione dei servizi né la libera
circolazione delle merci per ragioni afferenti al settore armonizzato dalla presente
direttiva.
CAPO 2
PRATICHE COMMERCIALI SLEALI
Articolo 5
Divieto delle pratiche commerciali sleali
1. Le pratiche commerciali sleali sono vietate.
2. Una pratica commerciale è sleale se:
a) è contraria alle norme di diligenza professionale,
e
b) falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in
relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del
membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato
gruppo di consumatori.
3. Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento
economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente
vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità
mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può
ragionevolmente prevedere sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo.
Ciò lascia impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in
dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla
lettera.
4. In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:
a) ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7
o
b) aggressive di cui agli articoli 8 e 9.
Appendice
182
5. L'allegato I riporta l'elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in
ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato
solo mediante revisione della presente direttiva.
Sezione 1
Pratiche commerciali ingannevoli
Articolo 6
Azioni ingannevoli
1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e
sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione
complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l'informazione è
di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia
idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso:
a) l'esistenza o la natura del prodotto;
b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi,
l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il
trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la
consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o
commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le
caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;
c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la
natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla
sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto;
d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio
quanto al prezzo;
e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;
f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il
patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i
diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;
g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi della
direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 su
Appendice
183
taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo [8], o i rischi ai quali
può essere esposto.
2. È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie
concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induca o sia
idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:
a) una qualsivoglia attività di marketing del prodotto, compresa la pubblicità
comparativa, che ingeneri confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale
e altri segni distintivi di un concorrente;
b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei codici di
condotta che il medesimo si è impegnato a rispettare, ove:
i) non si tratti di una semplice aspirazione ma di un impegno fermo e verificabile;
e
ii) il professionista indichi in una pratica commerciale che è vincolato dal codice.
Articolo 7
Omissioni ingannevoli
1. È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta,
tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo
di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio
ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura
commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad
assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
2. Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole quando un
professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o
intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti
di cui a detto paragrafo, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa, qualora
non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è
idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale
imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata
un'omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura
Appendice
184
adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori
con altri mezzi.
4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti le informazioni seguenti,
qualora non risultino già evidenti dal contesto:
a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di
comunicazione e al prodotto stesso;
b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua denominazione
sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo geografico e l'identità del
professionista per conto del quale egli agisce;
c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta
l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo
del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali
oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente essere calcolate in anticipo,
l'indicazione che tali spese potranno essere addebitate al consumatore;
d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami qualora
esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;
e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e le
operazioni commerciali che comportino tale diritto.
5. Sono considerati rilevanti gli obblighi di informazione, previsti dal diritto
comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il
marketing, di cui l'allegato II fornisce un elenco non completo.
Sezione 2
Pratiche commerciali aggressive
Articolo 8
Pratiche commerciali aggressive
È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto
conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione,
compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a
limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore
medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere
una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Articolo 9
Appendice
185
Ricorso a molestie, coercizione o indebito condizionamento
Nel determinare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione, compreso
il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i
seguenti elementi:
a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;
b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;
c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o
circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del
consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;
d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal
professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il
diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro
professionista;
e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione non sia
giuridicamente ammessa.
CAPO 3
CODICI DI CONDOTTA
Articolo 10
Codici di condotta
La presente direttiva non esclude il controllo, che gli Stati membri possono
incoraggiare, delle pratiche commerciali sleali esercitato dai responsabili dei codici né
esclude che le persone o le organizzazioni di cui all'articolo 11 possano ricorrere a tali
organismi qualora sia previsto un procedimento dinanzi ad essi, oltre a quelli giudiziari
o amministrativi di cui al medesimo articolo.
Il ricorso a tali organismi di controllo non è mai considerato equivalente alla rinuncia
agli strumenti di ricorso giudiziario o amministrativo di cui all'articolo 11.
CAPO 4
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 11
Applicazione
Appendice
186
1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere le
pratiche commerciali sleali al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della
presente direttiva nell'interesse dei consumatori.
Tali mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le
organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse a
contrastare le pratiche commerciali sleali, inclusi i concorrenti, possono:
a) promuovere un'azione giudiziaria contro tali pratiche commerciali sleali,
e/o
b) sottoporre tali pratiche commerciali sleali al giudizio di un'autorità amministrativa
competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione
giudiziaria.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se
sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo possa esigere che si ricorra
in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di
cui all'articolo 10. Il ricorso a tali mezzi è indipendente dal fatto che i consumatori
interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista
o in un altro Stato membro.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere:
a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente
contro più professionisti dello stesso settore economico,
e
b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il
codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.
2. Nel contesto delle disposizioni giuridiche di cui al paragrafo 1, gli Stati membri
conferiscono all'organo giurisdizionale o amministrativo il potere, qualora ritengano
necessari detti provvedimenti tenuto conto di tutti gli interessi in causa e, in particolare,
dell'interesse generale:
a) di far cessare le pratiche commerciali sleali o di proporre le azioni giudiziarie
appropriate per ingiungere la loro cessazione,
o
Appendice
187
b) qualora la pratica commerciale sleale non sia stata ancora posta in essere ma sia
imminente, di vietare tale pratica o di proporre le azioni giudiziarie appropriate per
vietarla,
anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure
in merito all'intenzionalità o alla negligenza da parte del professionista.
Gli Stati membri prevedono inoltre disposizioni affinché i provvedimenti di cui al primo
comma possano essere adottati nell'ambito di un procedimento d'urgenza:
- con effetto provvisorio,
oppure
- con effetto definitivo,
fermo restando che compete ad ogni Stato membro scegliere una delle due opzioni.
Inoltre, al fine di impedire che le pratiche commerciali sleali la cui sospensione sia stata
ordinata da una decisione definitiva continuino a produrre effetti, gli Stati membri
possono conferire all'organo giurisdizionale o all'autorità amministrativa il potere:
a) di far pubblicare tale decisione per esteso, o in parte, e nella forma che ritengano
opportuna,
b) far pubblicare inoltre una dichiarazione rettificativa.
3. L'autorità amministrativa di cui al paragrafo 1 deve:
a) essere composta in modo che la sua imparzialità non possa essere messa in dubbio;
b) avere, quando decide in merito ai ricorsi, i poteri necessari per vigilare e assicurare
l'effettiva esecuzione delle sue decisioni;
c) motivare, in linea di massima, le sue decisioni.
Allorché i poteri di cui al paragrafo 2 sono esercitati esclusivamente da un'autorità
amministrativa, le sue decisioni sono sempre motivate. In questo caso, devono essere
inoltre previste procedure in base alle quali l'esercizio improprio o ingiustificato dei
poteri dell'autorità amministrativa e le omissioni improprie o ingiustificate nell'esercizio
dei poteri stessi possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale.
Articolo 12
Organi giurisdizionali e amministrativi: allegazioni fattuali
Gli Stati membri attribuiscono agli organi giurisdizionali o amministrativi il potere, in
un procedimento civile o amministrativo di cui all'articolo 11:
Appendice
188
a) di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni fattuali
connesse alla pratica commerciale se, tenuto conto degli interessi legittimi del
professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti
giustificata, date le circostanze del caso specifico;
e
b) di considerare inesatte le allegazioni fattuali, se le prove richieste ai sensi della lettera
a) non siano state fornite o siano ritenute insufficienti dall'organo giurisdizionale o
amministrativo.
Articolo 13
Sanzioni
Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle
disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i
provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere
effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 14
Modifiche della direttiva 84/450/CEE
La direttiva 84/450/CEE è così modificata:
1) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:
"Articolo 1
La presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole
e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità
comparativa."
;
2) all'articolo 2,
- il punto 3) è sostituito dal seguente:
"3) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro della sua
attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisca in nome
o per conto di un professionista;"
;
- è aggiunto il punto seguente:
"4) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un
gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e della revisione di un codice
Appendice
189
di condotta e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono
impegnati a rispettarlo."
;
3) l'articolo 3 bis è sostituito dal seguente:
"Articolo 3 bis
1. Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora
siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa
a) non sia ingannevole ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e degli articoli 3 e 7,
paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle pratiche
commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [];
b) confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi
obiettivi;
c) confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e
rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;
d) non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri
segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;
e) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti
aventi la stessa denominazione;
f) non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla
denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle
denominazioni di origine di prodotti concorrenti;
g) non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi
protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati;
h) non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l'operatore pubblicitario ed un
concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i
servizi dell'operatore pubblicitario e quelli di un concorrente.
4) l'articolo 4, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:
"1. Gli Stati membri assicurano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere
la pubblicità ingannevole e garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di
pubblicità comparativa nell'interesse sia dei professionisti sia dei concorrenti. Tali
mezzi includono disposizioni giuridiche ai sensi delle quali persone od organizzazioni
Appendice
190
che secondo la legislazione nazionale hanno un legittimo interesse contrastare la
pubblicità ingannevole o la regolamentazione della pubblicità comparativa possano:
a) promuovere un'azione giudiziaria contro tale pubblicità
o
b) sottoporre tale pubblicità al giudizio di un'autorità amministrativa competente a
giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali di questi mezzi si debba ricorrere e se
sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad esigere
che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie,
compresi quelli di cui all'articolo 5.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere:
a) se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente
contro più professionisti dello stesso settore economico
e
b) se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il
codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge."
5) l'articolo 7, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:
"1. La presente direttiva non si oppone al mantenimento o all'adozione da parte degli
Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in
materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti."
Articolo 15
Modifiche delle direttive 97/7/CE e 2002/65/CE
1) L'articolo 9 della direttiva 97/7/CE è sostituito dal seguente:
"Articolo 9
Fornitura non richiesta
Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva
2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [], gli Stati
membri adottano le disposizioni necessarie per dispensare il consumatore da qualsiasi
prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza
di risposta non implica consenso.
2) l'articolo 9 della direttiva 2002/65/CE è sostituito dal seguente:
Appendice
191
"Articolo 9
Considerato il divieto delle pratiche di fornitura non richiesta stabilito dalla direttiva
2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005, relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno [], e fatte
salve le disposizioni della legislazione degli Stati membri relative al tacito rinnovo dei
contratti a distanza, quando dette norme consentono il tacito rinnovo, gli Stati membri
adottano le misure necessarie per dispensare il consumatore da qualunque obbligo in
caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza di risposta non implica
consenso.
Articolo 16
Modifiche della direttiva 98/27/CE e del regolamento (CE) n. 2006/2004
1) Nell'allegato della direttiva 98/27/CE il punto 1 è sostituito dal seguente:
"1. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 maggio 2005,
relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno
(GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22)."
2) All'allegato del regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili
dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori ("regolamento sulla
cooperazione per la tutela dei consumatori") [12], è aggiunto il punto seguente:
"16. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 maggio
2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato
interno (GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22)."
Articolo 17
Informazione
Gli Stati membri adottano misure appropriate per informare il consumatore della legge
nazionale che recepisce la presente direttiva e, se del caso, incoraggiano i professionisti
e i responsabili del codice ad informare i consumatori in merito ai propri codici di
condotta.
Articolo 18
Revisione
1. Entro il 12 giugno 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al
Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva e, in
Appendice
192
particolare, dell'articolo 3, paragrafo 9, dell'articolo 4 e dell'allegato I, e sulle possibilità
di armonizzare e semplificare ulteriormente il diritto comunitario in materia di
protezione dei consumatori, nonché di adottare, tenendo conto dell'articolo 3, paragrafo
5, eventuali misure necessarie a livello comunitario per assicurare il mantenimento di
livelli adeguati di protezione dei consumatori. La relazione è corredata, se del caso, di
una proposta di revisione della presente direttiva o di altre norme pertinenti del diritto
comunitario.
2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, ai sensi del trattato, si adoperano per adottare
un'iniziativa entro due anni dalla presentazione da parte della Commissione di eventuali
proposte presentate a norma del paragrafo 1.
Articolo 19
Recepimento
Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 giugno
2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione e comunicano senza indugio
a quest'ultima ogni eventuale successiva modifica.
Essi applicano tali disposizioni entro il 12 dicembre 2007. Quando gli Stati membri
adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o
sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le
modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 21
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 11 maggio 2005.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. P. Borrell Fontelles
Per il Consiglio
Appendice
193
Il presidente
N. Schmit
[1] GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.
[2] Parere del Parlamento europeo del 20 aprile 2004 (GU C 104 E del 30.4.2004, pag.
260), posizione comune del Consiglio del 15 novembre 2004 (GU C 38 E del
15.2.2005, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 24 febbraio 2005 (non ancora
pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 12 aprile 2005.
[3] GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata dalla direttiva 97/55/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18).
[4] GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19. Direttiva modificata dalla direttiva 2002/65/CE
(GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
[5] GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva
2002/65/CE.
[6] GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16.
[7] GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37.
[8] GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12.
[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."
[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."
[] GU L 149 del 11.6.2005, pag. 22."
[12] GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.
--------------------------------------------------
20050511
ALLEGATO I
PRATICHE COMMERCIALI CONSIDERATE IN OGNI CASO SLEALI
Pratiche commerciali ingannevoli
1) Affermazione, da parte di un professionista, di essere firmatario di un codice di
condotta, ove egli non lo sia.
2) Esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza
aver ottenuto la necessaria autorizzazione.
3) Asserire che un codice di condotta ha l'approvazione di un organismo pubblico o di
altra natura, ove esso non la abbia.
Appendice
194
4) Asserire che un professionista (incluse le sue pratiche commerciali) o un prodotto è
stato approvato, accettato o autorizzato da un organismo pubblico o privato quando esso
non lo sia stato o senza rispettare le condizioni dell'approvazione, dell'accettazione o
dell'autorizzazione ricevuta.
5) Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di
ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di
fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a
quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità
della pubblicità fatta dal prodotto e al prezzo offerti (bait advertising ovvero pubblicità
propagandistica).
6) Invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:
a) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori,
oppure
b) rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo
ragionevole,
oppure
c) fare la dimostrazione dell'articolo con un campione difettoso,
con l'intenzione di promuovere un altro prodotto (bait and switch ovvero pubblicità con
prodotti civetta).
7) Dichiarare falsamente che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto
limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo
molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori
della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole.
8) Impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il
professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua diversa
dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista è situato e poi offrire
concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua, senza chiaramente comunicarlo al
consumatore prima che questi si sia impegnato a concludere l'operazione.
9) Affermare o generare comunque l'impressione che la vendita del prodotto è lecita,
ove non lo sia.
10) Presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica
propria dell'offerta fatta dal professionista.
Appendice
195
11) Impiegare contenuti redazionali nei media per promuovere un prodotto, qualora i
costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga
chiaramente dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il
consumatore (advertorial ovvero pubblicità redazionale). Tale disposizione è senza
pregiudizio della direttiva 89/552/CEE [1].
12) Formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata
dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non
acquistasse il prodotto.
13) Promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un particolare produttore in
modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore facendogli credere che il
prodotto è fabbricato dallo stesso produttore mentre invece non lo è.
14) Avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel
quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un
corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di altri consumatori nel sistema
piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti.
15) Affermare che il professionista sta per cessare l'attività o traslocare, ove non stia per
farlo.
16) Affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi d'azzardo.
17) Affermare falsamente che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni
o malformazioni.
18) Comunicare informazioni di fatto inesatte sulle condizioni di mercato o sulla
possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore ad acquistare il
prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato.
19) Affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a
premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole.
20) Descrivere un prodotto come gratuito, senza oneri o simili se il consumatore deve
pagare un sovrappiù rispetto all'inevitabile costo di rispondere alla pratica commerciale
e ritirare o farsi recapitare l'articolo.
21) Includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento
che dia al consumatore l'impressione di aver già ordinato il prodotto in commercio
mentre non lo ha fatto.
Appendice
196
22) Falsamente dichiarare o dare l’impressione che il professionista non agisca nel
quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o
presentarsi falsamente come consumatore.
23) Dare la falsa impressione che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano
disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto.
Pratiche commerciali aggressive
24) Creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino
alla conclusione del contratto.
25) Effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del
consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle circostanze e
nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell'esecuzione di
un'obbligazione contrattuale.
26) Effettuare ripetute e sgradite sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per
posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza, fuorché nelle
circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini
dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi l'articolo 10 della direttiva
97/7/CE e le direttive 95/46/CE [2] e 2002/58/CE.
27) Imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento in virtù
di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non potrebbero
ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la validità della richiesta, o
omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di
dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi diritti contrattuali.
28) Includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione diretta ai bambini affinché
acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti
reclamizzati. Questa disposizione non osta all'applicazione dell'articolo 16 della
direttiva 89/552/CEE, concernente delle attività televisive.
29) Esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti
che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo nel caso
dei beni di sostituzione di cui all'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 97/7/CE
(fornitura non richiesta).
30) Informare esplicitamente il consumatore che se non acquista il prodotto o servizio
sarà in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista.
Appendice
197
31) Dare la falsa impressione che il consumatore abbia già vinto, vincerà o vincerà
compiendo una determinata azione un premio o una vincita equivalente, mentre in
effetti:
- non esiste alcun premio né vincita equivalente,
oppure
- qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al
versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore.
[1] Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di
determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri
concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23).
Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60).
[2] Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995,
relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali,
nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Direttiva
modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
--------------------------------------------------
20050511
ALLEGATO II
DISPOSIZIONI DI DIRITTO COMUNITARIO CHE STABILISCONO NORME IN
MATERIA DI PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONI COMMERCIALI
Articoli 4 e 5 della direttiva 97/7/CE
Articolo 3 della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i
viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso" [1]
Articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti
dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni
immobili [2]
Articolo 3, paragrafo 4 della direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione
dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori [3]
Appendice
198
Articoli da 86 a 100 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso
umano [4]
Articoli 5 e 6 della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 8
giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione,
in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno ("direttiva sul commercio
elettronico") [5]
Articolo 1, lettera d) della direttiva 98/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 febbraio 1998, che modifica la direttiva 87/102/CEE del Consiglio relativa al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri in materia di credito al consumo [6]
Articoli 3 e 4 della direttiva 2002/65/CE
Articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2001/107/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 21 gennaio 2002, che modifica la direttiva 85/611/CEE del Consiglio
concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori
mobiliari (OICVM) al fine di regolamentare le società di gestione e i prospetti
semplificati [7]
Articoli 12 e 13 della direttiva 2002/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
9 dicembre 2002, sulla intermediazione assicurativa [8]
Articolo 36 della direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
novembre 2002, relativa all'assicurazione sulla vita [9]
Articolo 19 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21
aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari [10]
Articoli 31 e 43 della direttiva 92/49/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che
coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti
l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita (terza direttiva assicurazione
non vita) [11]
Articoli 5, 7 e 8 della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o
l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari [12]
[1] GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59.
Appendice
199
[2] GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83.
[3] GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.
[4] GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva
2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).
[5] GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1.
[6] GU L 101 dell’1.4.1998, pag. 17.
[7] GU L 41 del 13.2.2002, pag. 20.
[8] GU L 9 del 15.1.2003, pag. 3.
[9] GU L 345 del 19.12.2002, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2004/66/CE
del Consiglio (GU L 168 dell’1.5.2004, pag. 35).
[10] GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1.
[11] GU L 228 dell'11.8.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva
2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 35 dell'11.2.2003, pag. 1).
[12] GU L 345 del 31.12.2003, pag. 64.
Appendice
200
Titolo III
Pratiche commerciali, pubblicità e altre comunicazioni commerciali (1)
(1) Rubrica così modificata dal decreto legislativo 23 ottobre 2007, n. 221.
Capo I (1)
Disposizioni generali
(1) Capo così modificato dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146.
Art.18.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo, si intende per:
a) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali
oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua
attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;
b) "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche
commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome
o per conto di un professionista;
c) "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le
obbligazioni;
d) "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori" (di seguito
denominate: "pratiche commerciali"): qualsiasi azione, omissione, condotta o
dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in
relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
e) "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori":
l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la
Appendice
201
capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo
pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso;
f) "codice di condotta": un accordo o una normativa che non e' imposta dalle
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e
che definisce il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare
tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori
imprenditoriali specifici;
g) "responsabile del codice": qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un
gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e revisione di un
codice di condotta ovvero del controllo del rispetto del codice da parte di coloro
che si sono impegnati a rispettarlo;
h) "diligenza professionale": il normale grado della specifica competenza ed
attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei
loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel
settore di attività del professionista;
i) "invito all'acquisto": una comunicazione commerciale indicante le
caratteristiche e il prezzo del prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo
impiegato per la comunicazione commerciale e pertanto tale da consentire al
consumatore di effettuare un acquisto;
l) "indebito condizionamento": lo sfruttamento di una posizione di potere
rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla
forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la
capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole;
m) "decisione di natura commerciale": la decisione presa da un consumatore
relativa a se acquistare o meno un prodotto, in che modo farlo e a quali
Appendice
202
condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o
disfarsene o se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto; tale
decisione può portare il consumatore a compiere un'azione o all'astenersi dal
compierla;
n) "professione regolamentata": attività professionale, o insieme di attività
professionali, l'accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di
esercizio, e' subordinata direttamente o indirettamente, in base a disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche
professionali.
Art.19.
Ambito di applicazione
1. Il presente titolo si applica alle pratiche commerciali scorrette tra
professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione
commerciale relativa a un prodotto.
2. Il presente titolo non pregiudica:
a) l'applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in
particolare delle norme sulla formazione, validità od efficacia del contratto;
b) l'applicazione delle disposizioni normative, comunitarie o nazionali, in
materia di salute e sicurezza dei prodotti;
c) l'applicazione delle disposizioni normative che determinano la competenza
giurisdizionale;
d) l'applicazione delle disposizioni normative relative allo stabilimento, o ai
regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme specifiche che
disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli elevati di
correttezza professionale.
Appendice
203
3. In caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre
disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che
disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono
sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici.
4. Il presente titolo non e' applicabile in materia di certificazione e di indicazioni
concernenti il titolo degli articoli in metalli preziosi.
Capo II (1)
Pratiche commerciali scorrette
(1) Capo così modificato dal decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 146.
Art.20.
Divieto delle pratiche commerciali scorrette
1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate.
2. Una pratica commerciale e' scorretta se e' contraria alla diligenza
professionale, ed e' falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il
comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che
essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la
pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori
3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di
consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento
economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile,
particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a
motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un
modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate
nell'ottica del membro medio di tale gruppo. E' fatta salva la pratica pubblicitaria
Appendice
204
comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che
non sono destinate ad essere prese alla lettera.
4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:
a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o b) aggressive di cui agli articoli
24, 25 e 26.
5. Gli articoli 23 e 26 riportano l'elenco delle pratiche commerciali,
rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette.
Sezione I
Pratiche commerciali ingannevoli
Art.21.
Azioni ingannevoli
1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene
informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi
modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e' idonea ad indurre
in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in
ogni caso, lo induce o e' idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
a) l'esistenza o la natura del prodotto;
b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i
rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al
consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o
della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la
descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono
attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e
controlli effettuati sul prodotto;
c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale
Appendice
205
e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla
sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del
prodotto;
d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico
vantaggio quanto al prezzo;
e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;
f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali
l'identità, il patrimonio, le capacità', lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i
collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i
premi e i riconoscimenti;
g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai
sensi dell'articolo 130 del presente Codice.
2. E' altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella
fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso,
induce o e' idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti:
a) una qualsivoglia attività di commercializzazione del prodotto che ingenera
confusione con i prodotti, i marchi, la denominazione sociale e altri segni
distintivi di un concorrente, ivi compresa la pubblicità comparativa illecita;
b) il mancato rispetto da parte del professionista degli impegni contenuti nei
codici di condotta che il medesimo si e' impegnato a rispettare, ove si tratti di un
impegno fermo e verificabile, e il professionista indichi in una pratica
commerciale che e' vincolato dal codice.
Appendice
206
3. E' considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti
suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di
darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di
prudenza e vigilanza.
4. E' considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto
suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente,
minacciare la loro sicurezza.
Art.22.
Omissioni ingannevoli
1. E' considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie
concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché
dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti
di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una
decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in
tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
2. Una pratica commerciale è altresì considerata un'omissione ingannevole
quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile,
ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo
conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale
della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché
quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o e' idoneo a indurre il consumatore
medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso.
3. Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per la pratica commerciale
imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata
un'omissione di informazioni, si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque
Appendice
207
misura adottata dal professionista per rendere disponibili le informazioni ai
consumatori con altri mezzi.
4. Nel caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, ai sensi del
comma 1, le informazioni seguenti, qualora non risultino già evidenti dal
contesto:
a) le caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di
comunicazione e al prodotto stesso;
b) l'indirizzo geografico e l'identità del professionista, come la sua
denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l'indirizzo
geografico e l'identità del professionista per conto del quale egli agisce;
c) il prezzo comprensivo delle imposte o, se la natura del prodotto comporta
l'impossibilita' di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di
calcolo del prezzo e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione,
consegna o postali oppure, qualora tali spese non possano ragionevolmente
essere calcolate in anticipo, l'indicazione che tali spese potranno essere
addebitate al consumatore;
d) le modalità di pagamento, consegna, esecuzione e trattamento dei reclami
qualora esse siano difformi dagli obblighi imposti dalla diligenza professionale;
e) l'esistenza di un diritto di recesso o scioglimento del contratto per i prodotti e
le operazioni commerciali che comportino tale diritto.
5. Sono considerati rilevanti, ai sensi del comma 1, gli obblighi di informazione,
previsti dal diritto comunitario, connessi alle comunicazioni commerciali,
compresa la pubblicità o la commercializzazione del prodotto.
Appendice
208
Art.23.
Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli
1. Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:
a) affermazione non rispondente al vero, da parte di un professionista, di essere
firmatario di un codice di condotta;
b) esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente
senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione;
c) asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l'approvazione
di un organismo pubblico o di altra natura;
d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche
commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un
organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni
dell'autorizzazione, dell'accettazione o dell'approvazione ricevuta;
e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare
l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che
non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei
prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità
ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e
al prezzo offerti;
f) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:
1) rifiutare di mostrare l'articolo pubblicizzato ai consumatori, oppure 2)
rifiutare di accettare ordini per l'articolo o di consegnarlo entro un periodo di
tempo ragionevole, oppure 3) fare la dimostrazione dell'articolo con un
campione difettoso, con l'intenzione di promuovere un altro prodotto.
Appendice
209
g) dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un
periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un
periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e
privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una
decisione consapevole;
h) impegnarsi a fornire l'assistenza post-vendita a consumatori con i quali il
professionista ha comunicato prima dell'operazione commerciale in una lingua
diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista e'
stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un'altra lingua,
senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo
impegno a concludere l'operazione;
i) affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l'impressione che la
vendita del prodotto e' lecita;
l) presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica
propria dell'offerta fatta dal professionista;
m) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e
successive modificazioni, impiegare contenuti redazionali nei mezzi di
comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione
siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da
immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore;
n) formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la
portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia
se egli non acquistasse il prodotto;
o) promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in
modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere,
contrariamente al vero, che il prodotto e' fabbricato dallo stesso produttore;
Appendice
210
p) avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere
piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della
possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall'entrata di
altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di
prodotti;
q) affermare, contrariamente al vero, che il professionista e' in procinto di
cessare l'attività o traslocare;
r) affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla
sorte;
s) affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare
malattie, disfunzioni o malformazioni;
t) comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla
possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d'indurre il consumatore all'acquisto
a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato;
u) affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o
promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente
ragionevole;
v) descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore
deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per
rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto;
z) includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di
pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver
già ordinato il prodotto;
aa) dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista
Appendice
211
non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore;
bb) lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a
un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui e'
venduto il prodotto.
Sezione II
Pratiche commerciali aggressive
Art.24.
Pratiche commerciali aggressive
1. E' considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie
concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante
molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito
condizionamento, limita o e' idonea a limitare considerevolmente la libertà di
scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e,
pertanto, lo induce o e' idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Art.25
Ricorso a molestie coercizione o indebito condizionamento
1. Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente
capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito
condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:
a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;
b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;
c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o
Appendice
212
circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del
consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;
d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal
professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali,
compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o
rivolgersi ad un altro professionista;
e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione sia
manifestamente temeraria o infondata.
Art.26
Pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive
1. Sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche commerciali:
a) creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali
commerciali fino alla conclusione del contratto;
b) effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del
consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi, fuorché nelle
circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini
dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale;
c) effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via
fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza,
fuorché nelle circostanze e nella misura in cui siano giustificate dalla legge
nazionale ai fini dell'esecuzione di un'obbligazione contrattuale, fatti salvi
l'articolo 58 e l'articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
d) imporre al consumatore che intenda presentare una richiesta di risarcimento
del danno in virtù di una polizza di assicurazione di esibire documenti che non
Appendice
213
possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza
della richiesta, o omettere sistematicamente di rispondere alla relativa
corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall'esercizio dei suoi
diritti contrattuali;
e) salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e
successive modificazioni, includere in un messaggio pubblicitario un'esortazione
diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad
acquistare loro i prodotti reclamizzati;
f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di
prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto,
salvo quanto previsto dall'articolo 54, comma 2, secondo periodo;
g) informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il
servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista;
h) lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore abbia già vinto,
vincerà o potrà vincere compiendo una determinata azione un premio o una
vincita equivalente, mentre in effetti non esiste alcun premio ne' vincita
equivalente oppure che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra
vincita equivalente e' subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di
costi da parte del consumatore.
Bibliografia
214
Bibliografia
− Bargelli Elena, I codici di condotta, in AA. VV. , “Le pratiche commerciali
sleali” tra imprese e consumatori, 2007.
− Bifulco Luca, Vitiello Guido, Sociologi della comunicazione, un’antologia di
studi sui media, Ipermedium libri, Napoli, 2004.
− De Cristofaro Giovanni (a cura di), Pratiche commerciali scorrette e codice del
consumo, Il recepimento della direttiva 2005/29 Ce nel diritto italiano (decreti
legislativi nn.145 e 146 del 2 agosto 2007), Giappichelli editore, Torino, 2008.
− De Cristofaro Giovanni (a cura di), Le pratiche commerciali sleali tra imprese e
consumatori, Giappichelli, Torino, 2007, p. 269.
− Gagliardi Andrea Filippo, Pratiche commerciali scorrette, Utet, Torino, 2009.
− Fabris Giampaolo, La pubblicità, teorie e prassi, Franco Angeli Editore, Milano,
1991
− Minervini Enrico, Rossi Carleo Liliana (a cura di), Le pratiche commerciali
sleali, Giuffrè, Milano, 2007.
− La direttiva sulle pratiche commerciali sleali, Nuove leggi per fermare il
comportamento sleale nei confronti dei consumatori, opuscolo Commissione
Europea, direzione generale Salute e tutela dei consumatori, 2009.
− Stanzione Pasquale, Sciancalepore Giovanni (a cura di), “Commentario del
Codice del consumo – inquadramento sistematico e prassi applicativa”, Ipsoa,
2006
− Stanzione Pasquale, Musio Antonio (a cura di), La tutela del consumatore,
Giappichelli editore, Torino, 2009.
− Ubertazzi Luigi Carlo, Concorrenza sleale e pubblicità, Cedam, Milano, 2008.
− Vettori Giuseppe, Codice del consumo – Aggiornamento pratiche commerciali
scorrette e azioni collettive, Cedam, Lavis, 2009
− Vigoriti Luigi, Verso l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali
sleali, in Europa e diritto privato, 2007.
Bibliografia
215
Sitografia
Tutte le sentenze e i bollettini a cui si è fatto riferimento sono reperibili sul sito
dell’Autorità garante della concorrenza e del Mercato: www.agcm.it alla voce “pratiche
commerciali e pubblicità”