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Altre forme di impresa Lezione 7

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Altre forme di impresaLezione 7

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

La diversificazione delle imprese asiatiche e sudamericane è il risultatodella precoce formazione di gruppi di imprese strettamente correlate: Zaibatsu giapponese

Chaebol coreani

Grupos sudamericani

Causa: Disponibilità sul mercato di tecnologie straniere mature

Conseguenza: Attivazione di diverse industrie anche tecnologicamente non convergenti

con l’obiettivo di espandersi sui mercati esteri in maniera aggressiva

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

Gli zaibatsu nascono e si sviluppano tra la restaurazione di Meiji e laseconda guerra mondiale

Si trattava di gruppi diversificati di imprese posseduti e controllati dagrandi famiglie di origine mercantile (es. Mitsubishi)

Motivi del successo Mancanza di talento manageriale impone a poche imprese di operare in

molteplici settori

La presenza di una house bank sul modello tedesco che garantisce lasoddisfazione dei bisogni finanziari

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

Dopo il recupero della sovranità (1952) il Giappone favorisce laricostituzione di gruppi di imprese chiamati keiretsu

La principale differenza con gli zaibatsu è: l’assenza del controllo famigliare e

la presenza di una densa rete di partecipazioni incrociate fra le imprese delgruppo

Ai vecchi gruppi che di fatto si ricostituirono, si affiancarono altriestremamente competitivi anche in settori nuovi come l’automobile(Toyota) e l’elettronica (Sony)

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

L’aspetto essenziale in entrambe i casi è la flessibilità Presenza in mercati segmentati e di nicchia

Diverse modalità organizzative di lavoro e produzione che caratterizzano leimprese di un singolo gruppo

La gestione viene delegata a livello di singole unità produttive: Non nasce come un metodo di divisione funzionale del lavoro

Ma sul principio del lavoro collettivo nel quale i membri del gruppo di lavorohanno funzioni intercambiabili

La formazione dei dipendenti non è mai eccessivamente specializzata, ma siricorre spesso alla rotazione tra i reparti della singola impresa o tra impresedel gruppo

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

Attualmente le imprese giapponesi si strutturano in questi termini: Azienda guida: esercita il coordinamento pianificato delle attività del gruppo

Aziende satellite: di dimensione più ridotte, agiscono da subappaltatrici dell’impresaprincipale

Caratteristiche generali: Collaborazione e flusso di tecnologia, maestranze e manager fra azienda guida e

aziende satellite

L’obiettivo delle maestranza è quello di entrare nell’azienda guida del gruppo

L’avanzamento per anzianità esclude una concorrenza distruttiva tra i dipendenti chesono incentivati a collaborare per il perseguimento degli obiettivi del gruppo

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico Lo sviluppo economico coreano della seconda metà del ‘900 è il risultato

della collaborazione tra: Stato imprenditore dirigista e «sviluppista» (benché autoritario)

Gruppi di imprese diversificate a proprietà famigliare: i chaebol

Si tratta di organizzazioni ispirate agli zaibatsu (la Corea era stata unacolonia giapponese fino alla seconda guerra mondiale)

A differenza degli zaibatsu non potevano tuttavia controllare banche

L’attività di coordinamento e direzione rimane allo Stato il quale: Influenza l’erogazione del credito

Protegge le imprese nazionali da concorrenza estera e investimenti dellemultinazionali

Incentiva l’importazione di tecnologie dall’estero

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico Nell’immediato dopoguerra alcune grandi famiglie investono in attività

economiche sostitutive delle importazioni grazie a: Disponibilità di proprietà confiscate ai giapponesi

Prestiti americani

Importazione di tecnologie adeguate a settori mid-tech

Successivamente il governo incentiva l’importazione di costose tecnologieavanzate per: occupare settori industriali ad alta intensità di capitale e

dotarsi di impianti di dimensioni tali da avere una scala minima efficiente dilivello internazionali (produzione superiore alla domanda interna)

L’obiettivo diventa l’occupazione di posizioni sul mercato delleesportazioni

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I gruppi di imprese, gli“zaibatsu” e il modelloasiatico

Lo sviluppo di questi gruppi si basa su: Diversificazione spinta

Politica commerciale aggressiva

Investimenti in competenze manageriali

Nel 1988 la metà del PNL proviene dai 4maggiori chaebol (Hyundai, Samsung,Daewoo, Lucky Goldstar)

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I gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico In Sudamerica si registra la presenza dei c.d. grupos: imprese

multisocietarie operanti su mercati diversi ma con gestione finanziaria eimprenditoriale unificata

Si formano a inizio ‘900 e moltiplicano negli anni ‘20 per poi lasciare spazionel decennio successivo alle multinazionali

Consideriamo il caso argentino dove sono inizialmente presenti gruppid’affari di proprietà di famiglie spesso immigrate (italiani, belgi, tedeschi)

A partire dagli anni ‘20 e ancor più nel decennio successivo sono attivemultinazionali straniere attive in settori ad alta intensità di capitale (es.Ford e GM)

A partire dal secondo dopoguerra le politiche peroniste privilegiano lepiccole imprese e i settori ad alta intensità di capitale vengono riservatialle aziende di Stato

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

La critica alla grande impresa negli anni ‘80 riscopre la specializzazioneflessibile come alternativa storica alla produzione di massa (Sabel e Zeitlin 1987) Organizzazione della produzione in reticoli territoriali di piccola impresa

Altrettanto efficiente

Evita dequalificazione del lavoratore

La flessibilità tuttavia è riscontrabile in diverse fasi della storia economica: Manifattura a domicilio di età preindustriale

Industria tessile svizzera, francese e americana nel ‘700 e ‘800

Imprese giapponesi

I distretti industriali italiani e non solo

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Localizzati nella c.d. «Terza Italia»(nordest-centro del paese e costaadriatica), ma anche in Lombardi,Piemonte e Puglia

Sono presenti soprattutto nei settoritessile, abbigliamento e calzature,pellame, legno, mobili, cartotecnica,plastica, ceramica e vetro

Occupano circa 1/3 dellamanodopera del manifatturiero neglianni ‘90

149 166 238360

1000

1700

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

1800

1959 1971 1991

Evoluzione distretti italiani

Nr. Distretti Occupati in migliaia

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Secondo Giacomo Becattini il distretto può essere definito come:

«un’entità socioterritoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’areaterritoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di unacomunità di persone e di una popolazione di imprese industriali»

Il distretto è inoltre caratterizzato da un rete stabile di collegamenti con fornitorie clienti esterni al distretto che può raggiungere anche una dimensioneinternazionale

Elementi caratterizzanti il distretto: Comunità locale

Popolazione di imprese

Risorse umane

Mercato di riferimento

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Comunità locale: incorpora un sistema omogeneo di valori che viene difeso, diffuso e trasmesso tra le

generazioni da un determinato sistema di istituzioni e di regole

Lo sviluppo storico ha prodotto una interiorizzazione dei valori che rigenera eimplementa il distretto stesso

Popolazione di imprese Ciascuna impresa è specializzata in una o poche fasi del processo di produzione

tipico del distretto

Ogni impresa è contemporaneamente un’entità con la propria storia e uningranaggio del distretto

Solitamente appartengono allo stesso settore marshalliano: presenza di un’industriaprincipale (bene tipico) e di industrie accessorie (beni intermedi come macchinari eservizi)

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Risorse umane In genere sono variegate ma dotate di skills elevate

La funzione dell’imprenditore è cogliere le potenzialità produttive deldistretto e tradurle in termini di prodotti vendibili

Mercato di riferimento Flessibile e specializzato

I beni prodotti devono essere riconoscibili (es. qualità e tipicità dellaproduzione)

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Nel distretto solitamente c’è una certa difficoltà ad adottareinnovazioni radicali (tipiche della grande impresa e dei suoilaboratori)

Viene preferito un progresso tecnologico che: non generi traumi a livello sociale ed economico

Confermi o migliori posizioni già acquisite

La banca locale è il principale mezzo di finanziamento La stretta conoscenza tra imprenditori e banca consente di avere

facilmente informazioni

Questo abbassa i costi di transazione e crea un vantaggio competitivo

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Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Spesso nei distretti emerge un’impresa che ha le seguenti caratteristiche: Ha dimensioni medie (più grande delle imprese del distretto di origine, ma

non raggiunge le dimensioni della grande impresa)

Organizza stabilmente galassie di produttori locali in gruppi gerarchici di cui èil centro

Adotta strategie dinamiche e aggressive sui mercati nazionali e internazionali

Si tratta del c.d. Quarto Capitalismo delle multinazionali tascabili (es. DeLonghi, Della Valle, etc.)

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Le imprese cooperative

Si tratta di associazioni autogestite e volontarie di individui che si uniscono per soddisfare le proprie aspirazioni economiche, sociali

e culturali si fondano sui principi di responsabilità e aiuto reciproco,

democrazia, equità, uguaglianza, solidarietà La prima è la Rochdale Equitable Pioneers Society fondata a

Manchester nel 1844 Spaccio cooperativo di alimentari e candele organizzato da operai

tessili per acquistare all’ingrosso e vendere ai soci a prezzivantaggiosi

determina il modello britannico di cooperativa di consumo

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Le imprese cooperative

Il modello tedesco di cooperativa di credito si ispira alla cassa ruralefondata nel 1840 da Friedrich Raiffeisen nella valle del Reno Istituto cooperativo ad azionariato popolare che pratica credito a tassi

favorevoli per i suoi soci (solitamente piccoli agricoltori

Lo sviluppo di questi istituti porta alla fondazione di un istituto centrale diriferimento per tutte le casse rurali di ispirazione cattolica

nascono anche circuiti di credito cooperativo di carattere nonconfessionale (es. Unione nazionale delle cooperative agricole tedesche)

e le banche popolari per il sostegno all’artigianato urbano e allecooperative di produzione industriale

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Le imprese cooperative

Vi è poi un modello francese di cooperativa di produzione caratterizzati dallapresenza di atelier sociaux: Si ispira agli atelier nationaux (sorti nel 1848 su ispirazione di Louis Blanc per assorbire

manodopera disoccupata e garantire il diritto al lavoro)

Vige il principio di equa ripartizione dei profitti e di parità di salario

Il modello scandinavo di cooperativa agricola sorge attorno alla metàdell’Ottocento

Si sviluppa particolarmente in Danimarca negli anni ‘70 del secolo è una conseguenza della ristrutturazione causata dall’invasione dei grani americani

La produzione cerealicola viene sostituita da quella lattiero-casearia

Nascono così molte latterie e caseifici sociali

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Le imprese cooperative

Le cooperative sono fortemente presentianche negli USA: 30% della produzione agricola

50% della distribuzione di energia elettrica

Mutue assicurative servono 5 milioni di americani

Il marchio internazionale delle cooperative èstato ideato ed adottato dalla CooperativeLeague of the USA

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Le imprese cooperative

Iniziano a sorgere negli anni ‘40 dell’’800 nel settore agricolo: Lattiero caseario

Movimentazione dei grani

Un primo momento di sviluppo si ha tra gli anni ‘70 e ‘80 dell’’800: Sono una reazione alle alte tariffe praticate dalle compagnie

ferroviarie monopoliste

Si diffondono anche cooperative per l’acquisto di attrezzature econcimi

Una seconda fase di sviluppo viene vissuta durante il New Dealgrazie a incentivi finanziari e normativi per le cooperative diconsumo e di distribuzione elettrica

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Le imprese cooperative

La prima cooperativa italiana di consumo viene fondata nel 1854 a Torino Fino alla fine dell’’800 i ritmi di crescita sono bassi

In età giolittiana il movimento cresce 11.000 cooperative con oltre 2 milioni di soci

Crisi durante il fascismo

Boom nel secondo dopoguerra

Distribuzione nel paese: Cooperative di consumo nel triangolo industriale

Cooperative di credito nel Nordest

Cooperative agricole e di produzione in Emilia-Romagna

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Sintesi della lezione

Argomento FocusI gruppi di imprese, gli “zaibatsu” e ilmodello asiatico

Zaibatsu, keiretsu e struttura delle imprese giapponesiChaebol, rapporti con lo stato coreano e strategie dicrescita sui mercati internazionaliGrupos sudamericani e caso argentino

Forme flessibili di produzione: reti diimprese e distretti

Specializzazione flessibileIl distretto nella formulazione di BecattiniL’innovazione e il distrettoIl finanziamento del distrettoIl Quarto Capitalismo

Le imprese cooperative DefinizioneModelli inglese, tedesco, francese, scandinavoLe cooperative negli USALe cooperative in Italia

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Bibliografia P.A. Toninelli, Storia d’impresa, Bologna, Il Mulino, 2012, II edizione: capitolo III,

paragrafo 4.

Per approfondimenti: F. Amatori (a cura di), L’impresa. Una prospettiva storica, Egea, Milano, 2000: capitolo 2 e 3

(A.D. Chandler, F. Amatori, T. Hikino, «Impresa globale: grande impresa e ricchezza dellenazioni nell’ultimo secolo»; C.F. Sabel, J. Zeitlin, «Alternative storiche alla produzione dimassa. Politica, mercati e tecnologia nell’industrializzazione del diciannovesimo secolo»)

Altre opere citate o utilizzate nella lezione G. Becattini (a cura di), Mercato e forze locali: il distretto industriale, Il Mulino, Bologna,

1987