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LUMSA, Filosofia dell’educazione 2019/2020 prof. C. Costa II sem.
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Lezione di Filosofia dell’educazione per gli studenti appartenti al Gruppo 2 (Palermo)
Giorno: martedì 24 marzo 2020
orario: 17:00-19:00 DI SEGUITO TROVERETE LA LEZIONE CHE APRE LA QUINTA ED ULTIMA TEMATICA DEL NOSTRO CORSO CORRISPONDENTE AL QUINTO PUNTO DEI CONTENUTI DEL NOSTRO PROGRAMMA NONCHÉ AL TEMA: L’ESSERE DELL’EDUCATORE NELLE SITUAZIONI DOLOROSE, ASSURDE, O FATICOSAMENTE RISOLVIBILI DELLA CONVIVENZA. AD OGNI LEZIONE CORRISPONDE LA SLIDE CHE AVREI DOVUTO USARE IN AULA. LA LEZIONE SI SVOLGERÀ MEDIANTE VIDEOCONFERENZA (ZOOM)
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V parte: L’essere dell’educatore
V. 1.
Introduzione al pensiero e alle Inattuali di Friedrich Nietzsche
Video: Nietzsche https://www.youtube.com/watch?v=C32P60Lh8Bk
Perché Nietzsche?
Se avete già letto il testo di Nietzsche, Schopenhauer educatore presuppongo abbia fatto nascere
spontanee in voi più di una domanda.
• Quale stimolazione può offrire il nostro autore per riflettere sui problemi che interessano il
nostro corso?
• Quale affinità tra l’analisi del contesto offerto da N. e la sua proposta di riforma del sistema
educativo con quella da affrontare oggi?
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• E la figura dell’educatore tracciata come può interessarci?
• Quale suggerimento può offrire il tratteggio relativo alle aspettative e ai compiti circa la
professionalità educativa?
Tutte domande legittime e tante altre se ne potrebbero aggiungere.
Motivare la scelta, da parte mia, è doveroso.
Lo faccio per avviare percorsi di riflessione, e con una duplice premessa.
1. L’invito alla lettura del presente testo non l’ho pensata in vista di soluzioni pronte all’uso
per i nostri problemi.
Non è questo che intendevo e non è quanto N. può darci.
Le soluzioni che egli offre ai problemi educativi del suo tempo possono, e a buon diritto,
non essere le nostre.
La lettura, tuttavia, è utile per un preciso apprendistato: imparare a leggere e a
problematizzare un contesto e a evitare di rimanere schiacciati sotto il peso di questioni
immediate e di puro sapore fenomenico.
N. ci è di aiuto nell’apprendere come discernere tra soluzioni di corto respiro perché
condizionate da interessi parziali e interrogativi di buona tenuta circa il problema uomo e il
suo divenire.
Questo distanziarsi dall’immediato apparire è compito non facile per chi è costretto a
misurarsi quotidianamente con realtà sempre più caotiche e di accelerata trasformazione.
Il rischio che si corre è perdere di vista fini meno contingenti.
La lettura è una sosta per riflettere, per cercare motivazioni/ragioni fonde dell’agire, e per
rimanere padroni e non schiavi delle situazioni.
2. La lezione nietzschiana consente di cogliere elementi di perenne validità critica, superando
quelli più storicamente datati e, forse, anche non condivisibili.
La collocazione dello scritto nel contesto biografico dell’autore e storico del tempo facilita
un livello di comprensione più profonda dei problemi.
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V. 2.
Chi è Friedrich Nietzsche?
Biografia
- Dopo gli studi liceali iscritto all’Università di Bonn in Teologia
- Dopo il terzo semestre passa a Filologia classica con Ritschel che segue all’università di Lipsia
1865
- Oltre agli studi filologici, in cui è particolarmente dotato, coltivò intensamente la musica,
come pianista e come compositore
- A Lipsia incontrò per la prima volta personalmente R. Wagner
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- Per interessamento del suo Maestro fu chiamato come professore all’università di Basilea nel
gennaio 1869
- Il periodo di Basilea fu ricco di incontri e di contatti decisivi, con colleghi ed altri; in particolare
frequentò Wagner
- Negli anni ’70 si collocano le quattro inattuali
- Nel gennaio 1879 lascia, per motivi di malattia, l’insegnamento all’università di Basilea
- Sofferente di forti emicranie fin dagli anni del liceo.
L’università gli assegna una pensione che gli permette di dedicarsi alle sue opere senza
preoccupazioni economiche
- Il decennio successivo lo trascorre tra case di cure e ricerca di climi più confacenti alla sua
salute. Visse soprattutto sulla riviera francese e italiana
- Nel 1889 lo scoppio violento della follia a Torino
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Rapporto vita–pensiero
Il rapporto tra vita e pensiero in N. è fatto più di eventi interiori che di accadimenti e di fatti
esterni.
Se un nesso si può cogliere, nella biografia esteriore di N., connesso con il divenire del suo
pensiero, è la specie di un progressivo isolamento, che testimonia anche esteriormente della
“inattualità” (cioè della originalità e della profeticità) del suo pensiero.
Giudizio sul pensiero di Nietzsche
L’opinione che comunemente si ha sul significato del pensiero di N. come moralista e diagnostico
dei mali della nostra civiltà è corretta e fondata nella misura in cui, nei suoi scritti, si incontrano
tuti i problemi fondamentali del suo tempo, un tempo di crisi e di decisioni che determinano
ancora il nostro presente.
È importante, però, integrare questo modo comune di vedere N. in due direzioni: anzitutto
evidenziando il nucleo generatore centrale e originale delle sue posizioni (N., cioè non è un
eclettico); e in secondo luogo, facendo emergere il significato solutivo, non solo diagnostico, della
sua opera.
Nella sua esperienza filologica va indicato il nucleo originale della tematica nietzschiana.
Nella sua vocazione di filologo, come egli la intese fin dagli anni giovanili, sono già presenti i temi
di base su cui si muoverà il suo successivo sviluppo filosofico.
Opere
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Negli anni ‘70 scrive le 4 inattuali.
Rientrano tutte negli scritti giovanili.
Dal punto di vista del pensiero il periodo che va dall’abbandono dell’insegnamento universitario
fino allo scoppio della pazzia è quello decisivo per il pensiero di N.
Si divide in due periodi.
Al primo appartengono gli scritti: Umano, troppo umano (1878), Aurora (1881); La gaia scienza
(1882).
All’ultimo periodo appartengono: Così parlò Zaratustra (1883-84 solo le prime tre parti); Al di là
del bene e del male (1886); Sulla genealogia della morale (1887); Il tramonto degli dei (1889);
Nietzsche contro Wagner (1889). Altri scritti pronti per le stampe di questo periodo: Ecce Homo
(1908); L’anticristo (1894).
L’opera in cui N. pensava di sistemare in maniera organica e completa la sua filosofia rimase allo
stato di un immenso insieme di appunti e di aforismi che furono pubblicati in varie edizioni, via via
accresciute, dalla sorella e da P. Gast, con titolo La volontà di potenza. Prima edizione nel 1906.
Questione aperta dell’opera a ungo dibattuta e profondamente rivista.
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La nascita della tragedia. Ovvero Grecità e pessimismo
In questa prima opera N. si fa banditore di un wagnerismo inteso come recupero di una civiltà
tragica.
Prima opera di un certo rilievo, e l’unica a presentarsi come opera filologica.
Più ancora che definizione dello spirito della grecità, ha per argomento il tema della decadenza.
Decadenza di una civiltà del passato, quella greca, e di quella del presente.
Argomenta sul tema della classicità e, per tutta l’età moderna, grecità e classicità coincidono.
Il problema che N. si pone non è soltanto filologico ed egli lo affronta con consapevolezza di tutti i
suoi sfondi, consapevolezza che si va sempre più chiarendo negli anni successivi.
Il problema dell’opera era quello della scienza stessa.
La tragedia greca di Eschilo e di Sofocle nasce in un clima di pessimismo, “di uno spirito
profondamente tormentato che vi giunge proprio trionfando del terrore in cui piomba la visione
chiara della vicenda di morte che domina tutte le cose”.
Mondo apollineo della forma definita che nasce sul terreno di una visione dionisiaca del caos
dell’esistenza; dionisiaco è il noumeno, il mondo della volontà di vivere, apollineo è il fenomeno, il
mondo delle forme; nella tragedia si incontra lo stesso evento dell’origine del mondo, il sorgere
della forma dal caos originario.
> Decadenza
Con il prevalere del razionalismo socratico la tragedia morirà in Euripide perché ne reciderà il
fecondo e vitale radicamento sulla base dell’essenza dionisiaca della vita.
Con il prevalere dello spirito razionalistico e ottimistico del socratismo si fissa la tarda grecità in
quella forma (armonia, proporzione etc.) che rimane il suo carattere nella coscienza della cultura
occidentale successiva.
“Questa grecità armoniosa, ‘classica’, è in realtà la grecità della decadenza, che ha perso ogni
effettiva forza creativa perché ha perso il suo originario slancio dionisiaco”.
Rapporto Apollineo/dionisiaco
Nella descrizione di tale rapporto c’è una prima delineazione del concetto di decadenza.
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“Una civiltà pur grande come quella greca si avvia fatalmente alla morte quando si lascia
determinare dalla concezione di un mondo razionalmente organizzato, dall’idea di un ordine
metafisico stabilito, che si tratta solo di riconoscere”.
È merito di Kant e Schopenhauer aver messo in crisi il razionalismo ottimistico che da Socrate in
poi domina la cultura occidentale.
Il problema che Nietzsche lascia insoluto al termine del suo scritto sulla tragedia è quello della
rinascita della cultura tragica, che dovrebbe realizzarsi come una "rivoluzione" in cui l'arte ha una
funzione decisiva.
Le Considerazioni inattuali
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Negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione della Nascita della tragedia, però, questa
rivoluzione assume la forma di una critica della cultura e della civiltà nate dal razionalismo
socratico con le quattro Considerazioni inattuali.
Il titolo allude alla posizione ambigua di Nietzsche stesso nei confronti della cultura presente, che
critica, e insieme di quella futura, in cui queste riflessioni potrebbero rivelarsi "attuali", ma che
non è centralmente prossima a realizzarsi.
Le due Inattuali più importanti sono la seconda (Sull'utilità e il danno della storia per la vita, 1874)
e la terza (Schopenhauer come educatore, 1874). La prima inattuale è dedicata David Strauss
(David Strauss, il confessore e lo scrittore, 1873) e la quarta a Richard Wagner (Richard Wagner a
Bayreuth, 1876).
Nella seconda inattuale (Sull’utilità e il danno della storia per la vita, 1874) viene affrontato il tema
del rapporto di una civiltà con il proprio passato.
Per N. esiste un legame indissolubile tra razionalismo-ottimismo di tipo socratico e Historismus,
cioè “quell’atteggiamento che considera la storia come una concatenazione di cause ed effetti,
una catena di cui il presente è solo un anello, definito (e determinante) della sua posizione tra gli
altri”.
I greci dell’età tragica avevano il loro rapporto con il passato attraverso il mito più che per
consapevolezza storiografica.
L’historismus “significa insieme storicismo e storiografismo, è la trasposizione sul piano temporale
dello schema razionalismo di origine socratica: c’è un ordine rigoroso nelle strutture dell’essere,
c’è un ordine rigoroso in quel particolare aspetto di tali strutture che è il divenire temporale.
L’obiettivo polemico di questo scritto riguarda l’esasperata coscienza storiografica del secolo XIX.
“L’uomo di questo secolo è talmente consapevole della storicità, cioè della transitorietà e
‘relatività’ di ogni evento, che non ha più la forza di prendere alcuna decisione. La civiltà del secolo
XIX non ha uno stile, che implicherebbe decisione e delimitazione di orizzonti; è una civiltà
epigonica. La storia, come storiografismo portato alle sue estreme conseguenze, non è utile alla
vita, la vita per affermarsi e svilupparsi ha bisogno di uno sfondo oscuro, di una ‘arbitraria’
delimitazione di orizzonte…. La delimitazione di un orizzonte e quindi di una ‘forma’ storica, è a
sua volta un atto di vita, frutto di una decisione radicata sostanzialmente in uno sfondo oscuro,
quello che occorre alla vita per svilupparsi”.
Nell’opera non solo si combatte polemicamente l’esasperato storicismo ma positivamente esso
enuncia un tema fecondo per lo sviluppo del pensiero di N., cioè “il riconoscimento che l’orizzonte
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storico della vita umana, la stessa struttura temporale della nostra esperienza, si istituisce sempre
a partire da uno sfondo che non è infrastorico”.
È questo il tema centrale nella nozione di eterno ritorno.
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V. 3.
Circa Schopenhauer come educatore
I contesti
Schopenhauer come educatore è uno scritto giovanile di N. (1874).
Al momento della composizione N. è un giovane e promettente professore, esperto di mondo
greco e filologo, dotato di natura geniale, estremamente sensibile e raffinato, con alle spalle una
educazione rigida, selettiva, tipicamente prussiana.
Terza delle quattro “Considerazioni inattuali”, le uniche scritte delle dodici programmate, è stata
composta durante il periodo di docenza all’università di Basilea, docenza durata un decennio e
prematuramente troncata per motivi di salute (1869-1879).
A Basilea N. ebbe modo di intessere molte amicizie ed ebbe contatti decisivi con studiosi eminenti
del tempo.
Risale in particolare a questo periodo l’idillio con R. Wagner, eletto a prototipo dell’artista, ne
idealizza il ruolo facendosi banditore di un wagnerismo inteso come mezzo di recupero di una
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civiltà tragica. L’idillio, come è noto, tramontò presto, passando dall’ammirazione ad un deciso
rifiuto negli anni successivi.
Tutte le “inattuali” sono caratterizzate da un chiaro intento, quello di fare proposte di
controcultura e per questo ritenute inattuali.
In esse N. sviluppa prospettive risolutive che sono distanti da quelle a cui approda nelle opere
della maturità, espresse nella riflessione dell’ultimo decennio di vita attiva che va dall’abbandono
prematuro dell’insegnamento a Basilea (gennaio 1979) fino allo scoppio della pazzia (1889).
La grande svolta è operata da N. a partire da Umano, troppo umano (1878), e prosegue con Aurora
(1881), La gaia scienza (1882), Così parlò Zaratustra (1883-84) Al di là del bene e del male (1886);
Sulla genealogia della morale (1887); Il tramonto degli dei ((1889); Nietzsche contro Wagner
(1889) oltre ai numerosi scritti postumi, tra cui La volontà di potenza (opera in cui N. pensava di
sistemare in maniera organica e completa la sua filosofia ma che rimase allo stato di un immenso
insieme di appunti e di aforismi, pubblicati in varie edizioni, via via accresciute e la cui prima
edizione risale al 1906)
Come accennato, nella produzione giovanile sono ipotizzate soluzioni e cure che vengono poi
rivisitate e messe in discussione dallo stesso autore in quella nuova e peculiare filosofia dello
spirito libero propria dell’ultima fase del suo pensiero.
Ma se N. cambia le risposte e le cure, le domande e la diagnosi sulla crisi della civiltà rimangono le
stesse.
I problemi intuiti in questi anni sono già tutti carichi di quella problematicità e drammaticità a cui
perverranno negli anni successivi.
Tra i problemi affrontati, e che ci riguardano in particolare, primeggiano:
• quelli della decadenza della civiltà e delle ragioni che la determinano,
• quello del rapporto tra il dionisiaco e l’apollineo nello strutturarsi del divenire umano,
• il concetto di verità e la polemica contro l’esasperata coscienza storiografica del XIX secolo.
Il contesto storico in cui nasce e si sviluppa la riflessione nietzschiana è quello dell’ascesa del
governo prussiano, mentre la cultura ancora imperante è quella del grande idealismo.
L’ideale politico del momento è segnato dalla imperialistica visione di una Germania predestinata
a raccogliere l’eredità della coscienza storica universale, con l’esaltazione dei ‘cosiddetti’ individui
cosmici.
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La politica, in questo sentire, è il nuovo assoluto che, a braccetto con l’economia, incarna la
ragione storica.
La voce critica di N., carica di sofferenza e di ribellione per il senso di soffocamento determinato
dalla dimenticanza dell’uomo e della sua dignità, si leva alta nelle pagine del nostro testo.
Il clima culturale è contrassegnato dalla infondata fede nella potenza della politica, dell’economia,
della scienza.
Gli uomini, soprattutto quelli di cultura, si sono piegati servilmente alle ragioni di Stato e si sono
consegnati ai suoi interessi parziali.
Dimentico della sua originalità, di essere un “unicum”, l’uomo, per pigrizia e schiavo delle opinioni,
rinuncia al vero compito necessario, quello di diventare se stesso.
Questo è lo stato d’animo che traspare da ogni pagina del testo.
In esso l’autore, nel ricercare le cause di crisi della cultura, mette sotto accusa le tante forme
espressive attraverso cui l’imperante trionfalismo politico prussiano cerca la propria legittimazione
e la difesa dei propri interessi.
La diagnosi dei mali del tempo ci consegna uno spaccato di indubbia efficacia interpretativa; le
chiavi di lettura della realtà superano il tempo e lo spazio per cui sono state impiegate, perché
colgono costanti di un umano procedere ricorsivo nella storia, quello di assolutizzare componenti
parziali del divenire e di elevarle a ruolo di paradigmi assoluti.
In altre circostanze e in differenti contesti storici queste tentazioni si ripresentano sempre, anche
se sotto mutate spoglie.
Gli assoluti mutano, ma sono impastati della stessa logica.
Alla diagnosi si affiancano le proposte di soluzioni.
Queste riflettono le visioni di chi le formula e sono sempre indissolubilmente derivate dall’idea di
uomo che si ha.
Nel caso specifico lo stesso autore, nell’evoluzione del suo pensare, prende le distanze da se
stesso.
Il costante che rimane, in questo riflettere, non sono le soluzioni intraviste, ma la forza
dell’interrogarsi sull’uomo e sulla necessità di pensare a come realizzare se stesso se non vuol
finire prigioniero dei tanti padroni che occupano il proscenio del proprio tempo.
Come attuare il compito e verso cosa protendersi non può essere delegato e rimane affidato alla
responsabilità e libera scelta di ciascuno.
Ma il compito è fondamentale, anzi è doppio per chi vuol assolvere un impegno educativo.
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Tener desta l’attenzione sull’urgenza di non derogare al dovere di riflettere su se stesso se non si
vuol sprecare la propria vita costituisce l’anima di ogni professionalità educativa.
Le sollecitazioni a riflettere presenti nel testo sono tante e non riassumibili in poche e scarne
indicazioni.
Accenno soltanto a qualche possibile percorso, a cui se ne possono aggiungere tanti altri.
Di Schopenhauer educatore si è scritto che non si tratta “di un libro distensivo” e “non si rivolge a
coloro che leggono per riposarsi. E neppure a chi legge per estendere le sue cognizioni”.
E ancora: “E’ uno scritto destinato a chi ha ancora qualcosa da decidere sulla sua vita e sul suo
atteggiamento di fronte alla cultura” (Giorgio Colli)
Decidere sulla propria vita e atteggiamento da assumere di fronte alla cultura sono due aspetti
distinti e complementari, su cui tutto il testo ci invita a sostare.