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Lezione di Galileo Galilei sulla struttura dell'Inferno

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LEZIONE DI GALILEO GALILEI SULLA STRUTTURA DELL’INFERNO Paola Magnaghi-Delfino, Tullia NorandoLaboratorio Didattico FDS Dipartimento di Matematica Politecnico di Milano Opere in mostra diFederica Carlo Anna Andrea Claudia Rubinia Bianca Marta Camilla Elena MartinaSupervisione diAmoruso Baroni Bassi Bertoletti Cariglia Di Stefano Fasiolo Fontana Guerra Maffioli RizzatiAlessandra Angelinidocente di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di BreraQuanto è grande l’Inferno di cui ha s

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LEZIONE DI GALILEO GALILEI SULLA STRUTTURA DELL’INFERNO

Paola Magnaghi-Delfino, Tullia NorandoLaboratorio Didattico FDS

Dipartimento di MatematicaPolitecnico di Milano

Opere in mostra diFederica Amoruso

Carlo BaroniAnna Bassi

Andrea BertolettiClaudia CarigliaRubinia Di StefanoBianca FasioloMarta Fontana

Camilla GuerraElena Maffioli

Martina Rizzati

Supervisione di

Alessandra Angelinidocente di Grafica d’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Brera

Quanto è grande l’Inferno di cui ha scritto Dante? Quanto è alto Lucifero?Se vuoi saperlo in anteprima, c’è qualcuno che ha fatto i calcoli e uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi che l’ha scritto.Numerosi artisti hanno dipinto scene relative ad episodi dell’Inferno, il loro contributo non si riferisce generalmente alla geometria del luogo, ma vuole esprimere sensazioni, sentimenti e passioni di cui l’ambiente infernale è intriso.Potranno giovani allievi dell’Accademia di Belle Arti di Brera descrivere questa geometria?

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0. Introduzione

La pittura non dovrebbe essere soltanto retinica o visiva; dovrebbe avere a che fare con la materia grigia del vostro intelletto, invece di essere puramente visiva.

Marcel Duchamp

Il presente articolo ha lo scopo di illustrare il progetto multidisciplinare eseguito in collaborazione tra il laboratorio didattico FDS del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano e la classe del corso di Grafica d’Arte della prof. Alessandra Angelini dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Si tratta di un lavoro di contaminazione tra il pensiero scientifico e il pensiero artistico culminato nella mostra dal titolo “Lezione di Galileo Galilei sulla struttura dell’Inferno” che si è tenuta dal 14 al 18 maggio 2012 presso lo spazio mostre “G. Nardi” del Politecnico di Milano.Il progetto prende spunto dalle due lezioni tenute da Galileo Galilei presso l’Accademia Fiorentina nel 1588, commissionate dall’Accademia stessa per risolvere una controversia riguardante l’interpretazione della struttura architettonica dell’Inferno di Dante.Galileo coglie l’occasione per vedere riconosciute le proprie competenze matematiche, oltre che la forte preparazione umanistica. Lo scopo ultimo di Galileo è mostrare che la matematica non consiste soltanto di calcoli efficaci dal punto di vista tecnico, ma può dare un contributo ai dibattiti culturali più nobili, acquisendo così uno statuto intellettuale paragonabile a quello delle materie umanistiche.Nel progetto si esamina in particolare l’architettura dell’Inferno proposta da Antonio di Tuccio Manetti, architetto e matematico fiorentino del XVI secolo.Gli studenti di Brera, invitati a riflettere sul rapporto tra rappresentazione geometrica e interpretazione artistica, hanno realizzato un disegno in scala della struttura dell’Inferno, sulle indicazioni di calcolo di Galileo, utilizzando differenti supporti cartacei e tecniche di disegno a loro scelta. In seguito hanno prodotto opere originali, scaturite dalla personale interpretazione artistica dell'argomento e svincolate dalla pura rappresentazione scientifica.

1. Inferno come luogo da descrivere, misurare e rappresentare

La Divina Commedia ebbe larga diffusione nel Medioevo, epoca in cui si indagò sul suo significato morale, politico e teologico; in seguito si svilupparono anche studi di tipo scientifico sulla posizione, l’architettura e le dimensioni dell’Inferno dantesco.Il testo fu accompagnato spesso da commenti, di cui il primo, definito Ottimo dall’Accademia della Crusca, è dovuto ad un anonimo contemporaneo di Dante.Con l’avvento della stampa, numerosi furono i commenti apparsi a cura di diversi autori ed editori in differenti città italiane. Tra questi si ricorda il Comento di Cristoforo Landino, stampato a Firenze nel 1481, ristampato nel corso del Quattrocento, da solo o insieme con la Commedia, e otto volte nel corso del Cinquecento, tre delle quali insieme con il commento di Alessandro Vellutello in un'edizione curata da Francesco Sansovino. Al commento della Commedia, Landino fu spinto dalla stampa del poema dantesco con il commento del bolognese Iacopo della Lana, eseguita a Milano nel 1478. La Commedia non era ancora stata stampata a Firenze e l'unico grande commento, tentato e poi interrotto, era stato quello di Boccaccio. Il progetto di edizione con un nuovo commento di impostazione moderna voleva dunque essere una reazione tesa a rivendicare con Dante la tradizione letteraria e civile di Firenze. Da qui la solennità dell'edizione in folio, con dedica alla Signoria e con le tavole tratte dai disegni di Sandro Botticelli, e il lungo proemio, che utilizza in larga parte opere precedenti. Il proemio si apre con una breve introduzione ed è diviso in tredici sezioni, di cui una dedicata al sito, forma e misura dell'Inferno e alla statura dei Giganti e di Lucifero.

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È una rivendicazione orgogliosa della fiorentinità di Dante e della sua importanza come grande autore in una tradizione poetica e civile che, passando attraverso le figure dei grandi umanisti fiorentini, tra cui Antonio Manetti, arriva fino all'età contemporanea. Con queste caratteristiche, il Comento landiniano si presenta come la più importante interpretazione umanistico-rinascimentale della Commedia, destinata a rimanere con autorità sul campo fino alla fine del Cinquecento.L’interesse per i luoghi nei quali avviene il viaggio di Dante nacque dallo stesso tipo di curiosità intellettuale che aveva portato alla realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore da parte di Filippo Brunelleschi. Dalla testimonianza di Giorgio Vasari, si apprende che il Brunelleschi, nello stesso periodo in cui studiava la matematica sotto la guida di Paolo dal Pozzo Toscanelli, “ diede ancora molta opera in questo tempo alle cose di Dante, le quali furono da lui bene intese circa i siti e le misure”. Nel corso del XV secolo, la prospettiva da scienza della visione era divenuta un’applicazione di procedimenti geometrici alle arti figurative e aveva determinato un nuovo modo di guardare il mondo. Da qui la nascita degli studi cosmografici sulla Commedia, con le ricerche di Antonio di Tuccio Manetti, discepolo e biografo di Brunelleschi. Scopo di Manetti fu quello di costruire una visione plausibile della struttura dell’Inferno, completa di valori numerici per le dimensioni del cono infernale. I suoi risultati furono ripresi da Giuliano da Sangallo, il quale, in una delle copie del 1481 della Commedia, inserì nelle sue illustrazioni i valori numerici del Manetti.Manetti morì prima di pubblicare il suo trattato, ma un suo giovane collega, Girolamo Benivieni, usò ciò che ricordava delle loro conversazioni e, con le note manoscritte che gli furono date dal fratello del Manetti, pubblicò nel 1506 un’opera intitolata Dialogo di Antonio Manetti circa il sito, forma et misura dello Inferno di Dante Alighieri.L’interpretazione matematica data dal Manetti fu messa in discussione nel 1544 da Alessandro Vellutello da Lucca nell’opera intitolata La Comedia di Dante Alighieri con una nuova esposizione di Alessandro Vellutello. Quale di queste due interpretazioni poteva essere accettata?

2. Una battaglia editoriale

La Divina Commedia si rivelò un vero best seller e interessò quindi tutte le case editrici nate, anche in Italia, dopo l’avvento della stampa.Oltre la metà delle edizioni della Commedia pubblicate nel XVI secolo presentavano illustrazioni o trattazioni sul luogo infernale. Queste edizioni, individuabili rispetto alla loro origine, in fiorentine (col commento di Landino e di Manetti) e in veneziane (con commento di Bembo, Vellutello, Daniello) rappresentano bene la situazione e lo svolgimento del conflitto editoriale tra le due città.A sostegno delle edizioni fiorentine, fu determinante l’attività dell’Accademia Fiorentina, fondata in quel periodo da Cosimo de’ Medici con lo scopo di recuperare e tutelare il volgare toscano e diffonderlo come lingua del sapere. Le riunioni dell'Accademia, pubbliche per privilegio ducale, furono dedicate alla volgarizzazione in toscano di argomenti inerenti la filosofia, l’astronomia, la matematica e altre questioni scientifiche di allora ampia diffusione.Nel 1587 fu pubblicato un lavoro di letteratura critica, scritto da uno dei maestri di Galileo, Jacopo Mazzoni da Cesena, intitolato Della difesa della Comedia di Dante. Quest’opera era fortemente a favore di Firenze, poiché vedeva nelle tesi del Manetti una corretta visione dell’Inferno. Il Mazzoni tenne delle lezioni all’Accademia Fiorentina nel 1587-88, probabilmente nel periodo precedente o immediatamente successivo alle due lezioni tenute da Galileo, sebbene su argomenti di carattere letterario-linguistico. Sempre nel 1587 furono commissionate a Giovanni Stradano (Jan van der Straet), artista legato alla corte dei Medici, una serie di scene dipinte dei dannati nei vari Cerchi dell’Inferno, insieme ad una serie di illustrazioni e cartine dell’architettura infernale, di cui una che illustrasse la visione del Manetti e un’altra che mostrasse lo schema del Vellutello. Anche Galileo usò nelle sue lezioni dei disegni illustrativi, purtroppo andati perduti.

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L’editoria veneziana riprese la tematica del sito, forma e misura dell’Inferno attraverso la diffusione delle ricerche del Vellutello. Nella Descrittione de lo Inferno, il Vellutello si scagliava contro le ricerche e le conclusioni di Landino, di Manetti e di tutti i componenti dell’Accademia Fiorentina, accusandoli di non aver ben compreso il testo dantesco.Occorreva che un parere autorevole dirimesse la disputa.

3. Un giovane di belle speranze

Galileo Galilei, nato a Pisa nel 1564, dal fiorentino Vincenzo Galilei e da Giulia degli Ammannati, aveva trascorso la prima giovinezza a Firenze. Nel 1581 si iscrisse all'Università di Pisa con l'intenzione di studiare medicina, ma si appassionò alla fisica e alla matematica, che cominciò a studiare sotto la guida di Ostilio Ricci. Caratteristica del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica: non di una scienza astratta, ma di una scienza che servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche ingegneristiche.Durante la sua permanenza a Pisa, Galileo fece la sua prima scoperta: l'isocronismo delle oscillazioni del pendolo. Galileo rinunciò dunque a proseguire gli studi di medicina e ritornò a Firenze, per approfondire i suoi nuovi interessi scientifici.Galileo doveva trovare una regolare sistemazione economica e perciò, nel 1587 si recò a Roma per richiedere al famoso matematico Christoph Clavius una raccomandazione per entrare nello Studio di Bologna. Tuttavia la cattedra di matematica fu assegnata al padovano Giovanni Antonio Magini.Galileo, raccomandato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, accolse con entusiasmo l’invito dell'Accademia Fiorentina a tenere le Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno di Dante. Grazie al successo delle sue lezioni, ottenne dal granduca Ferdinando I un contratto triennale per la cattedra di matematica nello Studio di Pisa.

4. L’Inferno secondo Manetti

Le misure terrestri usate dal Manetti sono quelle usualmente accettate sino al XVI secolo, per cui, ad esempio, il raggio terrestre è ritenuto uguale a circa 3250 miglia fiorentine, corrispondenti a circa 5647 Km, cioè l’88,7% del raggio medio vero. Secondo Manetti, l’Inferno occupa parte di un cono sotterraneo, scavato dalla caduta di Lucifero, che si trova sotto Gerusalemme ad una profondità uguale a 1/8 del raggio terrestre ed avente un’apertura di 60°.I gradi dell’Inferno sono otto e differiscono per la distanza dal centro della Terra, per cui l’Inferno assomiglia ad un anfiteatro, che, scendendo di grado in grado, si restringe progressivamente. Non tutti i gradi dell’Inferno sono equidistanti; lo sono solo i primi sei che distano l’uno dall’altro 1/8 di raggio terrestre. Restano le ultime due distanze: la distanza tra il sesto grado e Malebolge, che è la profondità del burrato di Gerione, e la distanza di Malebolge dalle ghiacce, che è il pozzo dei Giganti. Non è possibile attribuire al settimo e ottavo grado la stessa distanza dal centro della Terra degli altri, perché indicazioni precise sono date nella Commedia.Manetti passa ora a determinare le larghezze dei primi sei gradi dell’Inferno: a questo scopo procede attraverso delle proporzioni che fanno intervenire la distanza tra l’ingresso all’Inferno e Gerusalemme e le distanze di ciascun grado dal centro della Terra.Applicando il ragionamento matematico inverso, Manetti stabilisce la distanza di Malebolge dal centro della Terra sulla base della larghezza delle dieci bolge.

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5. Il Principe delle Tenebre

Dante afferma che il centro della Terra corrisponde all’ombelico di Lucifero e che Lucifero sporge dalla quarta ghiaccia dal petto in su. Nota l’altezza di Lucifero, è possibile trovare il raggio delle quattro ghiacce. Dai versi della Commedia sappiamo che la proporzione tra l’altezza di Dante e quella di un Gigante è maggiore della proporzione tra l’altezza di un Gigante e il braccio di Lucifero.

5.1 Quanto è alto un Gigante?Per trovare l’altezza di un Gigante, seguiamo le indicazioni di Dante: la faccia del gigante Nembrot è grande quanto la Pigna (Inferno XXXI, vv.58-59), che Dante ebbe modo di ammirare durante un viaggio a Roma.La Pigna, opera romana in bronzo trovata presso le terme d'Agrippa e firmata da Publio Cincio Salvio, decorava probabilmente una fontana presso il tempio di Iside e Serapide e gettava acqua dalle punte; nel Medioevo dette il nome al rione Pigna e più tardi venne collocata nell'atrio dell'antica basilica di S. Pietro, dove alimentava il cantharus, un contenitore dove veniva raccolta l'acqua per il rito della purificazione che fu in uso fino all'anno mille. Pirro Ligorio, durante i lavori di completamento del Palazzo Belvedere, trasformò l'esedra progettata da Bramante in una grande nicchia, conosciuta generalmente come "nicchione" e vi pose la Pigna.Manetti valuta l’altezza della scultura in circa 5 braccia e mezzo, equivalenti a circa 3 metri e 20 centimetri.Per ricavare l’altezza di un Gigante dalle dimensioni della sua faccia, Manetti pensa di usare la proporzione classica dovuta a Policleto, artista greco del V secolo A.C. e riproposta dal Vasari. Secondo questo canone, l’unità di misura del corpo umano è l’altezza della testa. L’altezza di un uomo è otto volte tale unità di misura, quindi l’altezza del Gigante è di 44 braccia, cioè circa 25 metri e mezzo.

5.2 Quanto è alto Lucifero?L’altezza di un uomo medio, all’epoca di Dante, è di 3 braccia, cioè 165 centimetri. Risolvendo la proporzione proposta da Dante, si ricava che il braccio di Lucifero è lungo circa 374 metri.Secondo il canone, l’altezza di un uomo è tre volte la lunghezza del braccio, quindi Lucifero è alto poco più di un chilometro.

6. Interpretazioni artistiche

Applicare la geometria e il calcolo a un prodotto dell'immaginazione è il percorso segreto, quello della misura e del successivo distaccarsene, praticato dal vasto mondo dei creativi, artisti, scrittori, poeti, designer, architetti, musicisti, nel momento in cui danno forma alle loro idee.Attraverso la nostra ricerca abbiamo cercato di ricostruire questo cammino, dalla misura alla creazione, dimostrando come il fare artistico si alimenti della conoscenza della realtà, e da qui proceda verso una costruzione fantastica basata sul sentire emozionale.Il disegno, in quanto analisi conoscitiva dell'oggetto, assume così il ruolo chiave di antefatto, processo primo, deputato a fornire le basi per una successiva rielaborazione poetica attraverso gli svariati strumenti dell'arte.Gli studenti del corso di Grafica d’Arte hanno studiato la geometria del modello attraverso l'individuazione delle sue misure, per poi rielaborarlo secondo le proprie personali interpretazioni.A questo scopo il lavoro si è articolato in due fasi: ogni allievo ha realizzato un disegno in scala della struttura dell’Inferno secondo Manetti, sulle indicazioni di calcolo di Galileo, utilizzando differenti supporti cartacei e tecniche di disegno a sua scelta. In seguito, ciascuno di loro ha

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prodotto opere scaturite dalla personale visione artistica, svincolata dalla pura rappresentazione scientifica.Sono presenti in mostra lavori di diversa natura, come diversi sono gli artisti che li hanno prodotti: disegni, pitture, stampe originali calcografiche, xilografie.E' probabile che osservando queste creazioni in alcune risulti ancora leggibile il modello di origine e che in altre non lo si ritrovi affatto, almeno in apparenza. In entrambi i casi l'opera che abbiamo di fronte racconta una storia: il passaggio dalla misura al sogno.

7. Opere in Mostra

Riportiamo alcune delle 22 opere in mostra, osservando che la scelta non riflette un giudizio di valore ma l’impossibilità di riprodurle tutte in un articolo. Il lettore può visionare il video prodotto con tutte le opere, collegandosi al sito fds.mate.polimi.it, sezione Sperimentazione, pagine di Matematica a Brera. Si può, in alternativa, comporre l’indirizzo diretto alla pagina: http://fds.mate.polimi.it/index.php?arg=sperimentazione&id_pagina=192Ciascuna opera è corredata da un breve commento dell’autore.

CLAUDIA CARIGLIADisegno tecnico dell'Inferno China nera ed Ecoline rosso

su carta tipo Pergamena 400 g

RUBINIA DI STEFANODisegno tecnico dell'Inferno

Pastelli Contè e inchiostro di chinasu carta Canson 160 g/m.

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ANDREA BERTOLETTIDisegno tecnico dell'Inferno

Penna a china e matitasu carta da stampa.

ELENA MAFFIOLIDisegno tecnico dell'InfernoEcoline e inchiostro di chinasu cartoncino liscio 400 g.

BIANCA FASIOLODei luoghi dell’Inferno

Acquaforte, acquatinta, ceramollesu carta da stampa 300 g.

MARTA FONTANAInferno

Matite colorate, acrilico e ecoline su carta da disegno 240 g.

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