50
1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia è quello di sollecitare una riflessione sul fenomeno giuridico nel suo complesso. Non si tratta di una mera riflessione teorica che sarebbe inutile in una facoltà di giurisprudenza ma piuttosto di una riflessione che possa contribuire a qualche forma di progresso sociale e giuridico. Quali sono gli obiettivi pratici che una riflessione di tal sorta comporta? a) Riflettere sul fenomeno giuridico può indurre il cittadino a comprendere le ragioni che stanno dietro al diritto e di conseguenza ove queste ragioni in casi particolari non convincano - ad assumere un atteggiamento critico nei confronti di questa o quella norma; b) Riflettere sul fenomeno giuridico può aiutarci a comprendere meglio il nostro mondo. Il fenomeno giuridico oggi è molto più pervasivo che nel passato (ambiti tradizionalmente sottratti al diritto, come la famiglia o i rapporti di lavoro, oggi sono regolati dal diritto). Sicché lo sguardo sul fenomeno giuridico è una lente attraverso cui comprendere gli affari umani; c) Riflettere sul fenomeno giuridico può partorire risultati utili per riforme politiche e sociali; d) Riflettere sul fenomeno giuridico può contribuire al dibattito giurisprudenziale su certi temi. e) Riflettere sul fenomeno giuridico può essere il punto di partenza per una più estesa e profonda riflessione sulla morale. Per districarci all‟interno di un‟attività che sembra immane dobbiamo circoscrivere il nostro campo di indagine segnalando la differenza fra il metodo filosofico giuridico

LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

  • Upload
    buitruc

  • View
    226

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

1

LEZIONE I

INTRODUZIONE:

LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto.

Obiettivo di un corso di filosofia è quello di sollecitare una riflessione sul fenomeno

giuridico nel suo complesso. Non si tratta di una mera riflessione teorica – che

sarebbe inutile in una facoltà di giurisprudenza – ma piuttosto di una riflessione che

possa contribuire a qualche forma di progresso sociale e giuridico.

Quali sono gli obiettivi pratici che una riflessione di tal sorta comporta?

a) Riflettere sul fenomeno giuridico può indurre il cittadino a comprendere le

ragioni che stanno dietro al diritto e di conseguenza – ove queste ragioni in casi

particolari non convincano - ad assumere un atteggiamento critico nei confronti

di questa o quella norma;

b) Riflettere sul fenomeno giuridico può aiutarci a comprendere meglio il nostro

mondo. Il fenomeno giuridico oggi è molto più pervasivo che nel passato (ambiti

tradizionalmente sottratti al diritto, come la famiglia o i rapporti di lavoro, oggi

sono regolati dal diritto). Sicché lo sguardo sul fenomeno giuridico è una lente

attraverso cui comprendere gli affari umani;

c) Riflettere sul fenomeno giuridico può partorire risultati utili per riforme politiche

e sociali;

d) Riflettere sul fenomeno giuridico può contribuire al dibattito giurisprudenziale su

certi temi.

e) Riflettere sul fenomeno giuridico può essere il punto di partenza per una più

estesa e profonda riflessione sulla morale.

Per districarci all‟interno di un‟attività che sembra immane dobbiamo circoscrivere il

nostro campo di indagine segnalando la differenza fra il metodo filosofico giuridico

Page 2: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

2

propriamente detto e almeno gli altri metodi tipicamente utilizzati per comprendere il

fenomeno giuridico (sociologico, antropologico, storico, giuridico)

La distinzione fra metodo propriamente filosofico giuridico e gli altri metodi non vale a

delimitare chiaramente il campo di indagine. Infatti la filosofia del diritto si è occupata di

questioni svariate e anche oggi difficilmente si trovano due corsi identici di filosofia del

diritto nelle varie facoltà di giurisprudenza. Qui faremo una breve carrellata delle

questioni di cui la filosofia del diritto si è occupata, segnalando che al variare delle

epoche storiche e delle filosofie dominanti nelle medesime, è mutato l‟interesse centrale

della filosofia del diritto. Va aggiunto che se fino all‟inizio del Novecento la filosofia del

diritto si è limitata ad applicare filosofie generali al fenomeno giuridico, nel corso del

Novecento la filosofia del diritto è diventata una branca autonoma della filosofia che

svolge un compito diverso dall‟applicare una filosofia generale al fenomeno giuridico:

essa analizza il linguaggio dei giuristi e riflette sui presupposti sia conoscitivi che

normativi dell‟attività del giurista.

Le tematiche principali di cui si è occupata la filosofia del diritto corrispondono come si

è detto a varie epoche storiche. Questo non toglie tuttavia che l‟impostazione prevalente

in una certa epoca non sia persistita – magari diventando minoritaria – in un‟epoca

successiva. Anche oggi, eredi di una plurimillenaria riflessione sul diritto, abbiamo diversi

orientamenti filosofico giuridici. Ma intanto diamo un‟occhiata alla storia del pensiero.

a) Il tema fondamentale che ha caratterizzato la riflessione filosofica sul diritto dalle

origini (dalla Cultura Greca fino al Settecento) è quello della giustizia. La materia

si è chiamata diritto naturale. Il nesso fra diritto e giustizia è fortissimo nella

riflessione portata avanti nel V sec. A.C. in Grecia. Il termine dikaion –

letteralmente giusto – indicava indistintamente diritto, morale e altri valori etici.

L‟idea di una stretta connessione fra diritto e morale è stata difesa dal

giusnaturalismo – corrente giusfilosofica dominante fino a tutto il Settecento,

entrata in crisi nell‟Ottocento con il diffondersi delle Codificazioni e con la

Page 3: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

3

filosofia opposta – giuspositivista - e in buona parte del Novecento, ma ritornata

in auge sotto nuove vesti negli ultimi decenni con il costituzionalismo.

Il tema dei rapporti fra diritto e giustizia sarà centrale nel nostro corso, così come

centrale è l‟illustrazione dei diversi modi di intendere il fenomeno giuridico dei

giusnaturalisti e dei giuspositivisti.

b) Altro problema centrale della filosofia del diritto – affrontato prevalentemente

dalla fine del Settecento alla prima metà del Novecento – è quello della

definizione del diritto (Barberis la definisce Filosofia del diritto in senso stretto). Il tema

centrale è quello di distinguere il diritto da altri fenomeni normativi – quali la

morale e le regole sociali. Immanuel Kant è esemplificativo di questa posizione. Si

pensi alla nota diade interno / esterno per caratterizzare la differenza fra diritto e

morale. Se la morale riguarda le intenzione, il diritto riguarda solo le azioni

esteriori. Illuminismo filosofico è espressione di questa posizione.

c) Con l‟avvento e la diffusione delle codificazioni, la riflessione teorica sul diritto

diventa sempre meno filosofica e sempre più giuridica. I temi centrali della

filosofia del diritto diventano diversi: l‟obiettivo di quella che verrà chiamata la

Teoria Generale del Diritto è di rintracciare le categorie giuridiche fondamentali

ad un sistema giuridico (ad esempio, quello tedesco). Varianti della Teoria

Generale del diritto sono la General Jurisprudence – affermatasi prevalentemente

in Inghilterra (da Bentham a Austin a Hart) e la sua versione continentale e cioè la

Teoria del Diritto (Kelsen). L‟obiettivo di queste riflessioni è di ricostruire

l‟ossatura scheletrica del diritto: e cioè gli elementi comuni a tutto il fenomeno

giuridico a prescindere dal luogo concreto in cui il diritto è stato posto in essere.

In questo contesto nascono la riflessione sulla norma giuridica, sulla sanzione, sul

sistema giuridico.

Page 4: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

4

d) Altra tematica è quella dell‟interpretazione e del ragionamento giuridico. Tematica

di cui si è avuta un‟ampia letteratura nell‟ultimo trentennio e che appartiene al

corso di logica e metodologia.

e) Ultima questione è quella del rapporto fra filosofia del diritto e altri rami del

diritto. Se nella prima parte del Novecento il diritto penale costituiva il paradigma

di riferimento privilegiato di riflessione (da qui gli scritti sulla pena, sulla

responsabilità) e se poi il diritto privato è diventato l‟interlocutore privilegiato

nella riflessione su alcune categorie giuridiche fondamentali (il diritto soggettivo, il

ragionamento analogico, etc…), oggi il costituzionalismo sembra essere conteso

fra costituzionalisti e filosofi. I temi classici del diritto naturale, del rapporto fra

diritto e giustizia, diritto e valori, diritto e politica ritornano all‟interno di una

riflessione che ruota intorno alla costituzione. Noi dedicheremo una parte del

corso rilevante a questo tema.

ALTRI METODI: sociologico, storico, antropologico; giuridico.

Punti di vista sul diritto: il diritto può essere approcciato da vari punti di vista.

a) Sociologia del diritto: Se studio l‟impatto sociale che un istituto giuridico

produce ovvero le connessioni fra istituzioni sociali e diritto il mio approccio è del

sociologo del diritto. Ad esempio decido di studiare alcune fenomeni tipici del

diritto famiglia con l‟intento di ricostruire l‟evoluzione dell‟istituzione (sociale)

familiare. Posso chiedermi: la normativa in materia di divorzio o di successione su

che presupposti sociali riposa? La sociologia è una scienza relativamente recente

(specie se comparata alla scienza dell‟etica o alla filosofia teoretica) e nasce solo a

seguito della Rivoluzione per l‟effetto congiunto di un duplice cambiamento

verificatosi nell‟oggetto e nel metodo della politica. Quanto all‟oggetto: nel corso

del Seicento comincia a distinguersi nettamente la società dallo Stato. Nel

contrattualismo razionalista di Hobbes, Hooker, Locke, si ipotizza una società

prima dello stato. In questo modo la scienza della società diventa pensabile in

Page 5: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

5

termini distinti dalla scienza delle istituzioni politiche. Quanto al metodo: il

metodo empirico, basato sull‟osservazione dei fatti e sulla loro conoscenza

avalutativa è frutto della rivoluzione newtoniana. Charles de Secondat, barone di

Montesquieu (1689-1755) è ritenuto un iniziatore di questo approccio al

fenomeno del diritto. Nella sua opera capitale Lo Spirito delle Leggi M. studia le

istituzioni giuridiche in relazione alle società che esprimono le medesime (la

Turchia, la repubblica di Venezia, etc..) per poi arrivare a formulare delle

proposte.

b) Metodo storico: consiste nella ricostruzione della storia del diritto (storia del

diritto romano, storia del diritto italiano): attraverso la storia sia dei documenti

normativi che delle cd. fonti di cognizione.

c) Antropologia giuridica. Altro punto di vista può essere quello antropologico: il

fenomeno giuridico è studiato come espressione di una certa cultura o di un certo

tipo di uomo. Si pensi agli studi sugli istituti giuridici di culture diverse o si pensi

anche al tentativo di rintracciare categorie costanti – sia giuridiche che sociali che

antropologiche – pur al variare delle culture (Claude Levi Strauss). In linea di

massima, l‟antropologia giuridica prospetta una visione relativista del diritto,

strettamente dipendente dalla cultura da cui esso è prodotto.

d) Punto di vista giuridico: lo studio del diritto che abbiamo nelle facoltà di

giurisprudenza ha alcune peculiarità. Intanto la finalità dello studio è quasi sempre

di tipo pratico: esso mira ad insegnare il diritto – per come è scritto nei codici e

nelle leggi ed interpretato dalla giurisprudenza - per applicarlo.

1) Scienza giuridica e livello di generalizzazione

Le indagini della scienza giuridica possono essere distinte sulla base del livello di

generalizzazione in cui si svolgono. Nel nostro tempo, poiché il diritto positivo è

fenomeno storico e, quindi legato a forme contingenti e mutevoli, la scienza giuridica

Page 6: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

6

ha sviluppato tre livelli di riflessione: la domgmatica giuridica, la teoria generale del

diritto e la teoria del diritto o general jurisprudence.

La Dogmatica Giuridica è lo sguardo giuridico sul diritto: essa ha il compito di

interpretare le disposizioni giuridiche, usando due metodi che concorrono a definire

questa forma giuridica di conoscenza. Il metodo esegetico è diretto alla ricognizione

del significato delle disposizioni normative nel loro senso letterale e logico-

grammaticale. Il metodo sistematico è più costruttivo ed è rivolto a ridurre la

molteplicità della materia giuridica in forma unitaria, in modo da permettere la

padronanza logica dell‟oggetto da conoscere mediante la sua trasformazione in

concetti (la fattispecie giuridica, le situazioni giuridiche e le vicende). I concetti

dogmatici così elaborati, a loro volta, tendono a rimodellare la prassi giuridica,

influenzando la produzione, l‟interpretazione e l‟applicazione del diritto positivo. La

dogmatica giuridica costituisce la forma mentis del giurista del nostro tempo.

La Teoria Generale del Diritto: La teoria generale del diritto – che verrà studiata

più in dettaglia successivamente – si occupa di individuale le categorie fondamentali di

un sistema giuridico dato. Essa dunque va di pari passo al processo di accentramento

statale della funzione giuridica e alla giuridificazione progressiva dell‟apparato statale. I

concetti comuni a tutti i rami di un ordinamento giuridico – quali la norma, la sanzione,

il sistema, etc… - sono molto generali. Essi tuttavia rimangono ancorati ad un

ordinamento giuridico concreto (il diritto tedesco, il diritto italiano).

Il successivo livello di astrazione è compiuto dalla Teoria pura del diritto e dalla

General Jurisprudence: il cui scopo è di elaborare concetti universali comuni al

fenomeno giuridico tout court e non a questo o a quel sistema giuridico.

Filosofia del diritto: si è visto che la filosofia del diritto è stata intesa in modi alquanto

diversi, che il suo oggetto e le sue relazioni con la scienza del diritto sono definiti in

modo diverso a seconda della scuola. Ma vi è una ragion d‟essere propria della filosofia

del diritto?

Page 7: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

7

La scienza giuridica come viene studiata nelle facoltà di giurisprudenza ha in sé qualcosa

di insoddisfacente, di incompleto. Riposa su principi di cui essa omette di dare una

giustificazione razionale (Villey 2007, 6). Ad esempio, i civilisti ammettono come

presupposto al loro lavoro che la legge sia la massima fonte del diritto. Ma questo ed altri

principi sono tutt‟altro che pacifici e incontestabili (si pensi a quei sistemi in cui la legge

non è la fonte primaria tipo i sistemi di common law, di diritto cinese, di diritto

internazionale, etc..). Si può osservare che il legalismo dominante nella nostra cultura

giuridica trova le sue radici nelle dottrine del contratto sociale elaborate all‟inizio del

pensiero moderno da (Hobbes a Locke a Rousseau a Kant) e più o meno modificate da

altre dottrine nel diciannovesimo secolo.

Sono i filosofi a mettere in luce, esplicitare e formulare i principi sulla base dei quali si

strutturano le scienze giuridiche. Sicché il lavoro della filosofia del diritto è

essenzialmente lavoro critico. La filosofia del diritto ha dunque come prima finalità lo

studio critico dei principi dei sistemi giuridico scientifici. Se si ammette, ad esempio, che il

compito del diritto è di fare da arbitro fra valori concorrenti, si deve riconoscere che le

decisioni giuridiche si trovano inconsapevolmente fondate su principi assiologici, per

la cui esplicitazione è necessario ricorrere alla filosofia. I giuristi francesi del

diciannovesimo secolo erano calati in una visione del mondo individualistica. Il valore

che doveva essere difeso strenuamente era quello della libertà dell‟individuo. Se però

diamo uno sguardo alla Repubblica di Platone o alle opere di Comte o ai teorici del

diritto nazista o sovietico ci troviamo immersi in una visione del mondo radicalmente

capovolta dove la comunità, l‟umanità, il proletariato, il popolo etc.. sono collocati ad un

livello superiore rispetto all‟individuo isolato.

E ancora, sempre muovendo dal diritto civile, e con particolare riguardo alla teoria dei

beni, alcune culture proteggono specialmente il possesso di beni materiali mentre altre si

preoccupano di proteggere beni di carattere spirituale, come l‟onore,

Page 8: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

8

Per la scoperta dei principi che reggono i sistemi giuridici i metodi sono diversi. Noi

seguiremo due metodi incrociati.

Il primo è quello della storia delle dottrine. Il secondo è una riflessione sugli elementi

essenziali del diritto e sui suoi fini. La storia del pensiero giuridico ci illuminerà per

comprendere la discussione sui temi più generali, quali le caratteristiche essenziali del

diritto, i suoi fini, i suoi mezzi.

Page 9: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

9

MONDO ANTICO:

Nel mondo greco il concetto di diritto è strettamente connesso all‟idea di giustizia. Esiste

un solo termine dikaion per indicare entrambi i concetti. Il popolo greco fin da epoche

molto antiche ha tributato un culto speciale al nomos: questo termine non va tradotto con

legge scritta ma allude piuttosto ai costumi propri di una città, all‟ordine sociale, al

diritto. Spesso il Greco si contrappone al Barbaro proprio per il rispetto del nomos, della

giustizia.

Il senso della giustizia si esprime inizialmente sotto forma mitologica: la giustizia compare

sotto vesti diverse: ora è Themis, dea della Giustizia, sovrana, prima di Apollo, del più

antico oracolo di tutta la Grecia. Temi è una delle più antiche dee della giustizia: essa è

espressione della giustizia trascendente che viene comunicata attraverso gli oracoli e

trasmessa da padre in figlio. Si tratta di una concezione aristocratica della giustizia che

gradualmente verrà soppiantata da Dike, la patrona dei tribunali, colei che punisce i

malfattori, Eunomia, dea dell´ordinamento legale, Eirene, dea della pace (secondo la

descrizione di Esiodo). Dike, invece viene dal greco deiknymi: indicare, mostrare, “che

mostra con autorità di parola ciò che deve essere.” Nelle Opere e i Giorni di Esiodo,

Dike è la giustizia razionalizzatrice accessibile a chiunque abbia uso della ragione e non

solo a chi sa interpretare gli oracoli. Dike è la giustizia democratica (Fassò).

Già fin dalle opere di Esiodo un tema ricorrente è quello della contrapposizione fra

giustizia (Dike) e Hybris (Potenza, ma anche prepotenza, eccesso). La Dike proprio

perché indica una misura – la giusta misura – è antitetica a quegli atteggiamenti che

misura non hanno.

La giustizia compare anche nelle vesti di Eunomia, Irene (la pace), Nemesis (la vendetta)

o le Erinni.

Atene è nel quinto e nel quarto secolo avanti Cristo una democrazia diretta. Ogni

cittadino partecipa alla vita pubblica: all‟agorà, al Consiglio (se eletto), esercita le funzioni di

magistrato, se estratto a sorte.

Page 10: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

10

Le discussioni sul diritto e la politica sono affari di tutti. Demostene, Isocrate, Lisia, i

grandi oratori si fanno carico di qualunque processo. Lo gestiscono senza tanti

tecnicismi. Lo stesso va detto per i tragici: Eschilo, Sofocle, Euripide. E per gli storici:

Tucidide e Senofonte. E naturalmente per i filosofi che spesso sono stati veri legislatori –

come Pitagora, Protagora e Platone.

LA TRAGEDIA: Le Eumenidi e la nascita del diritto.

Eumenidi è il titolo della tragedia di Eschilo che, con l'Agamennone e le Coefore, forma

la trilogia dell'Orestea, l'unica a noi giunta per intero di tutto il teatro tragico greco. Fu

rappresentata ad Atene nel 458 aC, ottenendo il primo premio. Nella prima tragedia,

Agamennone, è narrato il ritorno di Agamennone ad Argo dopo la vittoria a Troia, con la

prigioniera Cassandra, e la loro uccisione a opera della moglie di lui, Clitennestra, e del

suo amante Egisto. Nelle Coefore il giovane Oreste torna con l'amico Pilade ad Argo e,

sostenuto anche dalla sorella Elettra, vendica il padre uccidendo a sua volta la madre e il

suo amante. Perseguitato, nelle successive Eumenidi, dalle Furie del rimorso, le Erinni, si

rifugia a Delfi, quindi ad Atene viene giudicato da un tribunale istituito dalla dea Atena e

assolto. La decisione dell‟Aeropago spezza la catena di vendette e sancisce la definitiva

sottoposizione delle parti al diritto. Oreste non sarà più l‟esule errabondo, roso dal

rimorso e dalla rabbia. Le Erinni cesseranno di essere le persecutrici infuriate. La

decisione dell‟Aeropago termina in un primo momento con la parità: e sarà il voto

decisivo di Atena a stabilire l‟assoluzione di Oreste. Atena però offre alle Erinni di far

parte della città: di essere incorporate nell‟organizzazione cittadina, purché si trasformino

in Eumenidi, in benevole. In altri termini: il diritto nasce non solo quando la contesa

viene stabilita e risolta da un arbitro imparziale (L‟Aeropago) al termine di un processo,

ma anche e soprattutto quando le parti contendenti accettano di sottoporsi alle regole del

gioco: Oreste si fa processare; le Erinni rinunciano alla persecuzione dell‟imputato e

diventano Benevole.

Page 11: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

11

Poco importa, ai nostri effetti, che la sentenza sia di assoluzione. Questo non sta a

significare che la vendetta è ammissibile. Oreste è assolto perché ha ucciso la madre per

vendicare il padre, e Apollo, in sua difesa, ha ricordato ai giudici una regola nella quale i

greci credevano fermamente: il vero genitore è il padre, la madre ha un ruolo del tutto

secondario nella riproduzione (Atena sembra confermare la regola quando afferma di

essere nata dal solo padre). Nel momento del giudizio, dunque, alla contrapposizione

vendetta-diritto si sostituisce la contrapposizione principio paterno - principio materno.

Ma quel che a noi importa non è la motivazione della sentenza. È il fatto che Oreste sia

stato giudicato da un tribunale dove siedono dei giudici imparziali che, come dice Atena,

giudicheranno con equità. Giudici - dunque - diversi dai parenti vendicatori, persone

totalmente estranee ai fatti e dunque imparziali perché non animati da sentimenti di

vendetta. A questo punto, le Erinni smettono di perseguitare Oreste. Atena ha promesso

loro i dovuti onori, a condizione che si plachino, che rinunzino all'odio e accettino i

valori nuovi e diversi della polis. E le Erinni, convinte dalla pacata razionalità di Atena,

accettano la sua proposta, trasformandosi in Eumenidi, dee pacificate e benevole,

simbolo della giustizia cittadina e della regola di diritto che ha sostituito la vendetta

privata (Eva Cantarella).

L‟Antigone di Sofocle ci prospetta una tematica parzialmente diversa dove però lo

stretto legame fra diritto e giustizia viene confermato. La storia è nota. Antigone vuole

dare sepoltura al fratello sebbene un decreto del Re Creonte vieti di dare sepoltura ai

nemici. Antigone obbedisce alle leggi del cuore, le leggi religiose e trasgredisce alle leggi

dell‟autorità politica. Non si tratta di un conflitto fra diritto naturale e volontà regia ma di

un profondo e tragico conflitto fra due concezioni di giustizia: quella che ci impone di

obbedire alle leggi religiose (e dare sepoltura) e quella che ci impone di rispettare le

norme poste a tutela dell‟ordine della città (il nemico non va seppellito per timore che si

attivi un culto dei morti per il nemico – martire e si metta a repentaglio la sicurezza della

città). Il conflitto è fra la legge del cuore (a cui non si può non obbedire) e la legge della

città (che tuttavia ha una sua razionalità). La regola di non dare sepoltura ai nemici non è

Page 12: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

12

infatti una regola senza senso (essa ad esempio ha la finalità di prevenire che si diffonda

un culto del nemico morto e fenomeni di martirizzazione). Ma la legge del cuore – quella

di dare sepoltura al fratello – si impone non perché più razionale ma perché più potente,

più forte. Questo tratto – delle profonde radici piantate nell‟intimo umano dalla legge di

natura – contraddistingue tutto il giusnaturalismo antico.

Page 13: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

13

LEZIONE II

PLATONE

Platone, nato ad Atene nel 428 a.C. e morto nel 347 a.C., fu discepolo di Socrate ma a

differenza di costui che era di origini umili, Platone apparteneva ad una famiglia

aristocratica. Il sapore aristocratico ed elitista è rintracciabile nelle sue opere e

specialmente nelle opere politiche.

Le opere politiche fondamentali di Platone sono la Repubblica, Il Politico e le Leggi.

Platone fu anche politico e legislatore ma ebbe poca fortuna. Fu chiamato come

consigliere a Siracusa da Dionisio il Vecchio che tuttavia tenne in considerazione così

poco e sue idee che lo vendette come schiavo. Fu riscattato e ritornò ad Atene dove

fondò l‟Accademia – Scuola filosofica. Parimenti sfortunato fu il ritorno a Siracusa a

fianco di Dionisio il Giovane.

La giustizia.

Per Platone la giustizia (dikaiosyne) è virtù totale. Mentre noi siamo abituati ad intendere

la giustizia come quella virtù che regola i rapporti intersoggettivi (non diciamo che

qualcuno sia ingiusto se non con riferimento a qualcun altro), per Platone le cose stanno

diversamente. Noi distinguiamo il giusto e il buono, Platone no. Ad esempio, noi

diciamo che è giusto adempiere un contratto e dunque è giusto pretendere

l‟adempimento. Tuttavia possiamo allo stesso tempo dire che è bene (il sommo bene)

rimettere i debiti altrui. Sicché il creditore – (magari uomo ricco) che rivendica

l‟adempimento di un contratto agisce secondo giustizia: ma, al ricorrere di certe

circostanze (magari lo stato di bisogno economico del debitore) sarebbe più buono (dal

punto di vista morale) se rinunciasse all‟adempimento e rimettesse il debito. La giustizia

per noi, seppure importantissima, non è il sommo bene.

Per Platone non è così. Giustizia, per Platone, è perfetta armonia degli elementi

dell’anima. L‟uomo è da un lato passioni e conflitto di passioni (anima concupiscibile e

Page 14: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

14

anima irascibile), sensibilità e corporeità, e dall‟altro è la capacità di porre equilibrio fra le

passioni, governando se stesso.

Prima di illustrare la propria teoria del giusto, Platone – per bocca di Socrate – passa in

rassegna varie concezioni tradizionali di giustizia.

La prima è quella di Simonide: giustizia è restituire ciò che si è ricevuto. Dare a ciascuno

ciò che gli è dovuto.

Socrate rifiuta questa idea in quanto presuppone che giustizia consista nel dare un

vantaggio ad un amico ed infliggere un danno ad un nemico: ma, continua Socrate, non è

mai giusto infliggere un danno.

Poi è la volta di Trasimaco: “giustizia non è altro che l‟utile di chi è superiore”

(Repubblica 648-49). E cioè: “E ogni governo pone le leggi che gli siano vantaggiose: le

democrazie democratiche, la tirannide tiranniche. ..Con ciò sono venute a dichiarare ai

sudditi che questo è giusto, ciò che è utile a loro stesse, e puniscono chi non vi si attiene

come trasgressore e operatore di ingiustizia. Questo dunque, ottimo uomo, io dico che è

il giusto: …quel che è utile al governo costituito.”

Per Glaucone le leggi vengono poste in essere come soluzione di compromesso fra due

bisogni umani: evitare il più possibile di subire ingiustizia (svantaggi) ma poter fare

ingiustizia ad altri senza subirne il fio.

Platone asserisce che per comprendere la giustizia all‟interno di ciascun individuo

occorre guardare alla città nel suo insieme. Come nella città vi sono varie parti – i

filosofi, i guerrieri, e i commercianti e gli artigiani – così nell‟anima vi è l‟aspetto

razionale, quello impulsivo e quello appettitivo. Il primo attiene alla sofia, la sapienza, il

secondo al coraggio, il terzo al soddisfacimento dei sensi. Nella Repubblica, Platone

disegna una città ideale in cui la guida spetta ai filosofi. Sono costoro che riescono ad

uscire dalla caverna (il luogo oscuro in cui la maggior parte degli individui vivono e che

simboleggia l‟ignoranza) e vedere le cose in modo chiaro. Il governante dunque deve

essere educato allo studio della filosofia. Non esiste una scienza politica che sia distinta

Page 15: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

15

da quella speculativa. Siccome compito del diritto è svegliare gli uomini verso la virtù le

funzioni pedagogiche vanno di pari passo a quelle politiche. La città prospettata dalla

Repubblica è per noi abbastanza spregevole. I beni sono in comune, le famiglie devono

sciogliersi, i figli devono essere allevati in comune e sottratti ai genitori naturali, le classi

sociali devono mantenersi nel breve periodo e a questo fine è necessario somministrare

ai cittadini una nobile menzogna: la menzogna che dice che siamo diversi mentre in

realtà siamo tutti uguali.

Nel corso della Repubblica veniamo ad apprendere quali siano le qualità richieste al

legislatore filosofo: nei libri V, VI e VII, è illustrata l‟educazione dei futuri custodi

destinati al reclutamento dei filosofi: lunghi studi di matematica, quindi di dialettica, studi

grazie ai quali si può svincolare dalle forme sensibili ed elevarsi al vero essere, alle idee.

Il settimo libro della Repubblica è dedicato al medesimo obiettivo (la formazione dei

custodi della città) attraverso la famosa allegoria della caverna. I prigionieri della caverna

non vedono che le ombre delle cose. Ma attraverso una dura ascensione, che è figura

della dialettica, alcuni evadono dalla caverna e riescono a percepire le cose nella loro

verità e il sole che le illumina (il bene, la giustizia, Dio). Questo è il metodo imposto

all‟uomo politico per la scoperta del giusto (Villey, 28). Pensate quanto è diversa questa

teoria da quella di oggi!

“Come unico uomo è simile Stato. Se, ad esempio, ci siamo feriti un dito tutto

l‟insieme del corpo e dell‟anima tutto accordato sotto il governo unico del principio che

dà armonia, sente dolore e soffre insieme alla parte colpita, ed è proprio per questo che

diciamo di avere male al dito[…]. Lo Stato migliore è lo Stato che più assomiglia

all‟uomo singolo” (Repubblica 462c-d)

Nelle Leggi questa teoria riceve addirittura una coloritura religiosa. E‟ sotto l‟ispirazione

divina che il filosofo, innamorato del mondo delle idee scopre le leggi.

Page 16: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

16

Individuando nell‟ideale le fonti del diritto, quindi ben lontano dal mondo come è,

Platone concepisce norme giuridiche molto esigenti, molto lontane dalla prassi, e quindi

un diritto pesantemente normativo (Villey 29). Da qui, il carattere utopistico

dell‟impalcatura platonica.

La teoria della giustizia di Platone sembra mal conciliarsi con l‟idea di giustizia giuridica

che noi tipicamente abbiamo (la giustizia correttiva o la giustizia distributiva): una

giustizia che presuppone un rapporto intersoggettivo. E tuttavia Platone non si esime dal

parlare del diritto.

Lo fa sia nella Repubblica ma soprattutto nel Politico e nelle Leggi, sebbene lo faccia in

termini diversi dai nostri. Platone infatti si interessa di più alla scienza politica che al

diritto.

Cosa pensa Platone della legge? Nella Repubblica la legge che consiste nella regola

generale valevole per tutti i casi e per tutti i soggetti indistintamente – inclusi i governanti

– costituisce un intralcio pernicioso all‟attività dei filosofi. Pensiamo alla differenza che

corre fra risolvere una questione quando si presenta valutando tutte le circostanze del

caso e scegliendo di volta in volta la regola migliore e invece applicare una regola

generale al caso concreto. Se disponiamo di re filosofi e di giudici filosofi – dice Platone

– è meglio evitare di dettare leggi scritte.

Poi però nelle opere successive cambia atteggiamento. Dice Platone nelle Leggi:

“Ho qui chiamati servitori delle leggi quelli che ordinariamente si chiamano governanti, non per

amore di nuove denominazioni, ma perché ritengo che da questa qualità soprattutto dipenda la

salvezza o rovina delle città. Difatti dove la legge è sottomessa ai governanti ed è priva di autorità, io

vedo pronta la rovina della città; dove la legge è signora dei governanti e i governanti sono i suoi

schiavi, io vedo la salvezza delle città e accumularsi su di essere di tutti i beni che gli dei sogliono

largire alle città”.

Page 17: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

17

In questa prima accezione: governo del diritto significa: sottoposizione dei governanti

alla legge. In altri termini: coloro che hanno la guida di una città devono esercitare le

proprie funzioni di governo seguendo leggi a cui sono sottoposti. In caso contrario la

città va in rovina.

Si noti però che Platone arriva a queste conclusioni non perché ritenga di per sé

eccellente il governo della legge. Infatti, in un modello ideale sarebbe preferibile che

governino gli uomini saggi (come prospettatoci nella Repubblica). Il governo delle

leggi è solo un second best: e cioè un ripiego dettato da ragioni pragmatiche. Siccome è

difficile reperire uomini saggi, allora meglio sottoporre i governanti alla legge. Platone

riprende un tema, già discusso da Erodoto, della distinzione fra forme di governo

sulla base della distribuzione del potere. Vi sono tre forme di governo a seconda che

il potere sia concentrato nelle mani di un solo individuo, di pochi o di molti. Platone

spiega che ciò che conta non è tanto la distribuzione del potere, ma la soggezione di

chi governa alle leggi. Così se governa uno solo e costui è soggetto alle legge si ha una

monarchia, ma se costui non è soggetto alla legge si ha una tirannide (già Socrate ci

aveva fatto prospettato questa distinzione).

Certo neppure nel Politico al diritto è riconosciuto vero valore; in quanto a Platone

non sfugge il fatto che la “legge non potrà mai cogliere ciò che è il meglio e il più giusto

esattamente per tutti e stabilire così ciò che è perfettamente conveniente: giacché la differenza che c’è

fra i vari uomini e le varie azioni non permettono che nessuna arte definisca ciò che è valido

assolutamente per tutti i casi e per tutti i tempi” (Platone, Politico, 33, 294 b-c).

Nelle Leggi Platone riprende il tema già discusso nella Repubblica dello stato etico.

Le Leggi regolano ogni aspetto della vita dell‟individuo: la proprietà, i matrimoni, la

famiglia, l‟allevamento dei bambini, l‟insegnamento e perfino il gioco, l‟astronomia,

l‟amore, la religione, la musica, il teatro: tutta, insomma, la vita dell‟uomo (Fassò, 57).

Page 18: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

18

La legge ha una funzione eminentemente pedagogica. Se nella Repubblica veniva

prospettata l‟idea dell‟educazione di un‟aristocrazia intellettuale che facesse da guida

al popolo, ora è tutto il popolo che nel suo insieme va educato. La legge non

persegue finalità tipicamente giuridiche (tenere in equilibrio le relazioni umane,

distribuire responsabilità, risolvere e comporre conflitti) ma etiche. Il presupposto

dunque è che la legge abbia un contenuto morale: fondamento del diritto è la retta

ragione (logos orthòs, logos alethes) che scopre leggi universali che possano fare da guida

agli uomini: gli uomini, dice Platone, sono marionette mosse da impulsi che le tirano

di qua e di là, sul confine fra il bene e il male. Bisogna farsi tirare da uno solo di

questi fili: questo è il filo aureo e sacro del ragionamento che è chiamato legge

comune dello stato (Leggi, I, 13, 644 d 645 a). L‟educazione consiste nel tirare e

condurre i fanciulli alla retta ragione.

Il Minosse:

Il Minosse è un dialogo di un discepolo di Platone che tuttavia ne espone le tesi. Il

dialogo comincia con la domanda di Socrate al suo interlocutore: “Cos‟è la legge” e

l‟interlocutore risponde in termini che noi oggi definiremo giuspositivistici: “la legge è

la deliberazione dello Stato (dògma pòleos). Socrate obietta che possono esservi delle

deliberazioni dello Stato cattive mentre la legge deve, per sua natura, essere buona.

Vera legge, egli aggiunge, è soltanto la legge giusta.

Platone appartiene ad un filone del pensiero giuridico occidentale che non è mai

morto: e che si contraddistinte per la forte spinta utopistica, per l‟olismo, per la

commistione fra dimensione soggettiva e dimensione comunitaria, per ambizioni

troppo audaci. Lo spirito rivoluzionario che di tanto in tanto emerge in certi

movimenti politico giuridici sembra attingere a questa fonte. Il diritto non è

pienamente apprezzato. Platone è il meno giuridico dei filosofi politici.

Page 19: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

19

ARISTOTELE (Villey pp. 35 ss.)

Aristotele (384-322 a.C.) nacque a Stagira, in Macedonia e fu allievo di Platone ad Atene.

Visse poi in Asia Minore e in Macedonia dove fu chiamato dal re Filippo che gli affidò

l‟educazione del figlio Alessandro. Poi ritornò ad Atene dove fondò la sua scuola, il

Liceo. Anche Aristotele come Platone ha partecipato alla vita pubblica: non in modo

così diretto e appassionato come Platone (i giorni della democrazia Ateniese erano

tramontati) ma come consigliere di diversi regnanti (tra cui il tiranno Ermia, in Asia

minore), come educatore di Alessandro, come legislatore di Stagira ed infine come amico

di Antiprato (reggente in Macedonia e in Grecia).

Aristotele, però, fu essenzialmente un uomo di studi. Fu allievo di Platone ma

progressivamente si distanziò dall‟idealismo del maestro (amicus Plato, sed magis amica

veritas). Aristotele rivalutò l‟esperienza sensibile, l‟insegnamento che ci viene

dall‟esperienza.

Le opere principali di politica e diritto sono:

L’Etica Nicomachea (ed il quinto libro in particolare): in cui vi è un‟ampia trattazione

del concetto di giustizia

La Politica: in cui vengono illustrate le forme di governo e viene spiegato il valore delle

leggi

La Retorica: trattato dedicato all‟arte oratoria, in cui si dà ampio spazio all‟analisi

dell‟eloquenza forense. Vengono illustrati gli argomenti di cui può fare uso l‟avvocato,

come l‟appello al diritto naturale, alle leggi positive, all‟equità.

LEZIONE III

Definizione del diritto

Page 20: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

20

A differenza di Platone che dà una definizione amplissima di diritto – come indistinta

dalla morale, Aristotele ha il grande merito di averci offerto una definizione più

accurata. La metodologia è radicalmente diversa da quella platonica in quanto Aristotele

parte dall‟esperienza e dall‟osservazione del linguaggio, che è riflesso dell‟esperienza.

Aristotele esplora il senso del termine dikaion – che noi possiamo tradurre sia con giusto

che con diritto. Aristotele partendo dall‟suo che si fa del termine riesce a tracciare dei

concetti distinti di diritti e giustizia seppure connessi in qualche modo.

La giustizia:

Si è visto che per Platone la giustizia coincide genericamente con la virtù. Aristotele non

ripudia questo concetto amplissimo di giustizia (anche la temperanza, o il coraggio

vengono talvolta qualificati come giustizia), ma vi affianca un concetto particolare di

giustizia.

L‟oggetto proprio della giustizia particolare è: dare a ciascuno il suo: suum cuique

tribuere. Bisogna procedere ad una adeguata divisione dei beni, in modo che ognuno

non riceva né di più né di meno di ciò che esige una giusta misura. Aristotele applica

anche in questo caso la sua teoria generale della virtù come ricerca del giusto mezzo:

ma qui il giusto mezzo è nelle cose stesse, che sono distribuite a ciascuno in una quantità

né troppo grande né troppo piccola: ma intermedia fra i due estremi opposti.

Lo scopo che Aristotele si prefigge è quello di ottenere o di preservare una certa armonia

sociale, di perseguire ciò che il filosofo chiama un‟eguaglianza, un‟ison. Per comprendere

in che cosa consista questa eguaglianza è utile distinguere due diverse operazioni, in

entrambe le quali entra in gioco la giustizia. Aristotele distingue fra due forme di

giustizia: la giustizia distributiva e la giustizia correttiva o commutativa. La giustizia

distributiva per Aristotele ha una funzione superiore, ma noi cominceremo dalla

commutativa.

Page 21: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

21

a) Giustizia commutativa o correttiva: La giustizia controlla la correttezza degli

scambi. Supponiamo che tutti i beni, gli onori, le cariche pubbliche siano stati

distribuiti secondo la formula che verrà indicata di seguito (al punto b). Può

capitare che questo equilibrio venga turbato, perché viene sottratta ad un

patrimonio una frazione che gli era stata attribuita. Bisogna allora correggere

questo squilibrio (giustizia correttiva: dìkaion diorthotikòn), il che si può fare solo

restituendoti un biglietto di banca equivalente a ciò che hai perso. L‟operazione, in

fin dei conti, corrisponde ad uno scambio (commutazione, synallagma). Questo tipo

di giustizia – detta correttiva o commutativa – è quella che viene utilizzata nel

diritto per ripartire le responsabilità. Nel diritto privato, ad esempio: in un

contratto se entrambe le parti adempiono si ha un equilibrio. Ma che succede se

una parte dopo aver ricevuto la prestazione dell‟altro contraente non adempie?

Cosa succede se dopo aver stipulato un contratto di acquisto e ricevuto un bene

l‟acquirente si rifiuti di pagare il prezzo? E poi, al di fuori del contratto: cosa

succede quando qualcuno causa ingiustamente un danno ad un altro soggetto

(per esempio mi incendia la casa o mi investe con la macchina causandomi dei

danni fisici). In tutti i casi noi diciamo che la parte non inadempiente o la parte

danneggiata hanno diritto al risarcimento del danno. E perché? In virtù della

giustizia commutativa o correttiva: l‟ordine violato va ripristinato. Lo stesso vale

anche nel diritto penale, in cui infliggendo la pena al colpevole si restituisce

l‟equilibrio violato attraverso il crimine.

Ma, ed è questo il nostro secondo tema, in che cosa consiste questo

equilibrio? Eccoci arrivati alla seconda nozione di giustizia, che però costituisce

un prius da un punto di vista logico:

b) Giustizia distributiva: Il compito principale della giustizia è quello di presiedere

alla distribuzione dei beni, degli onori, delle cariche pubbliche tra i membri della

collettività. E‟ in questo ambito che essa soprattutto opera.

Ma in che modo effettuare una distribuzione giusta? Aristotele non ammetterebbe

mai che tutti gli individui e tutte le sue situazioni sono identiche. Dice Aristotele:

Page 22: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

22

“il giusto è qualcosa ed è relativo a certe persone: dicono pure che deve essere

uguale in rapporto a persone eguali” (La Politica¸libro III, cap. 9, 1282b). Qui però

nasce una domanda difficile: eguali sotto quale aspetto? Questo dipende da quali

cose si intende distribuire e dalle virtù pertinenti a tali cose. Supponiamo di dover

distribuire flauti; a chi dovrebbero toccare gli strumenti migliori? Risponde

Aristotele: ai più bravi nel suonarli.

La giustizia discrimina in base al merito, in base all‟eccellenza pertinente alla

situazione: e quando si tratta di suonare il flauto è la capacità di suonare bene. Si

noti che noi probabilmente accetteremmo il criterio di ripartizione dei flauti

suggerito da Aristotele perché dando i flauti ai migliori suonatori la musica che ne

uscirà sarà la migliore e noi tutti ne trarremmo vantaggio. Ma Aristotele segue un

altro modo di ragionare (Sandel 210). La sua idea è che gli strumenti migliori

debbano andare ai flautisti migliori perché i flauti sono fatti per questo: per essere

suonati bene. Il fine dei flauti è di produrre musica eccellente; chi ha le migliori

possibilità di realizzare questo fine ha diritto a ottenere i flauti migliori.

Il modo di ricavare il criterio per la corretta distribuzione di un bene suggerito da

Aristotele si ottiene ragionando sul fine che quel medesimo bene da distribuire si

propone di ottenere. Si tratta di un esempio di ragionamento teleologico (telos

significa scopo). Aristotele afferma che per determinare la giusta maniera di

distribuire un bene dobbiamo indagare sul telos, lo scopo del bene che si intende

distribuire.

Noi questo modo di ragionare suona un po‟ strano: noi difficilmente parliamo

dello scopo di qualche bene (la domanda sullo scopo del flauto ci sembra un po‟

strana). Nel mondo antico però questo pensiero era molto radicato: Platone ed

Aristotele credevano che il fuoco salisse verso l‟alto perché mirava a raggiungere il

cielo, la sua dimora naturale, e che le pietre cadessero perché tendevano ad

avvicinarsi alla terra a cui appartenevano. Questo modo di ragionare lo troviamo

oggi spesso nei bambini che attribuiscono fini ed intenzioni agli oggetti inanimati:

cosa vuole il mio orsacchiotto? Perché è caduto? Perché si è sporcato? Ma nel

Page 23: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

23

pensiero adulto sembra assolutamente inappropriato almeno per le questioni

poste dalle scienze naturali. Ma questo modo di ragionare può avere ancora un

qualche valore in materia di etica e di politica. Infatti, mentre non ha molto senso

chiedersi quale sia lo scopo ultimo di un albero o di una motocicletta, la domanda

è pertinente se riferita alle istituzioni o alla comunità politica.

Digressione:

Qual è il telos di una università?

Da qualche decennio in America i test di ingresso in alcune università americane

(per altri versi rigorosissime) riservano alcune quote a cittadini di etnie

svantaggiate. Una quota è riservata ai neri o agli ispanici, per esempio. Può

dunque accadere che un bianco ottenga un punteggio in assoluto maggiore di un

nero e tuttavia venga escluso dalla selezione a vantaggio di colui che appartiene

alla categoria protetta. Queste pratiche si chiamano di affermative action. Ora,

comunemente la discussione viene condotta in termini di giustizia retributiva (vedi

sotto): siccome alcune categorie hanno subito torti dalla società bianca è giusto

che oggi ricevano una riparazione i cui costi ricadano su individui della razza per

secoli avvantaggiata. Oppure l‟argomento può essere utilitarista: la società si

avvantaggia di una elita mista e solo garantendo un accesso preferenziale a certe

categorie svantaggiate si può raggiungere questo obiettivo.

Se invece utilizziamo l‟argomento aristotelico, dobbiamo muovere da una

domanda diversa: qual è il fine di una università? Come spesso accade il telos

non è di evidenza immediata. Alcuni sostengono che le università esistono per

promuovere l‟eccellenza negli studi, e che il fatto che un certo studente prometta

una buona riuscita accademica dovrebbe essere l‟unico criterio di ammissione.

Secondo altri le università hanno anche la funzione di servire determinati obiettivi

civili, per cui uno dei criteri di ammissione dovrebbe essere la capacità di

diventare un leader in una società mista. Definire il telos di una università sembra

essenziale per definire i criteri di ammissione opportuni, e questo mette in luce

Page 24: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

24

l‟aspetto teleologico di ciò che è giusto quanto si tratta di iscrivere gli studenti

all‟università (Sandel 215).

In stretta connessione con il dibattito circa le finalità di una struttura universitaria

sorge l‟interrogativo circa l‟onore: quali sono le virtù che è opportuno siano

onorate e premiate dalle università? E‟ probabile che coloro che ritengono che lo

scopo dell‟università sia semplicemente quello di promuovere l‟eccellenza siano

contrari alle politiche di discriminazione positiva, mentre chi crede che queste

istituzioni siano chiamate a produrre ideali civili siano portate a sostenerle.

Questo modo di ragionare ci illumina sull‟attualità del pensiero aristotelico.

Quando ci troviamo di fronte a questioni di giustizia distributiva: quando cioè

dobbiamo distribuire cariche e onori, dobbiamo guardare al fine che l‟istituzione

cui le cariche attengono persegue.

Che cosa possiamo fare se c‟è dissenso sul telos o sullo scopo dell‟attività in

questione? E‟ possibile ragionare sullo scopo di un‟istituzione – ad esempio,

l‟università, oppure lo scopo è quello esplicitamente impresso dai propri fondatori

o dal consiglio direttivo? Aristotele è convinto che sia possibile ragionare sullo

scopo delle istituzioni sociali: la loro natura essenziale non è fissata una volta e per

tutte, ma non è neppure una semplice questione di opinioni (se lo scopo

dell‟Università di Harvard fosse quello dei fondatori, esso sarebbe ancor oggi solo

quello di formare ministri di culto della chiesa congregazionalista).

Come possiamo ragionare circa l‟obiettivo di una certa pratica sociale quando ci

troviamo di fronte al dissenso? E come entrano in gioco i concetti di onore e di

virtù? A questi problemi Aristotele presenta la sua risposta più meditata quando

riflette sulla politica.

Quel è il telos della politica?

Page 25: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

25

Quando noi oggi parliamo di giustizia distributiva., ci occupiamo in primo luogo

della distribuzione del reddito, della ricchezza, delle opportunità: per Aristotele la

giustizia distributiva non riguardava in primo luogo il denaro, bensì le cariche

pubbliche e gli onori. Mentre Platone identifica il giusto con la virtù, Aristotele

mette in evidenza un‟altra nozione di giusto che per lui è principale: il giusto è

piuttosto l’equilibrio realizzato nella collettività, fra i diversi individui liberi

che ne fanno parte. La collettività è composta da uomini liberi, che hanno

interessi diversi e che si disputano onori e beni: è tra costoro che entra in

gioco il giusto politico (diakaion politikon), la forma principale della

giustizia.

All‟interno di comunità più circoscritte della comunità politica non si può parlare

che impropriamente di giustizia. Per esempio, ci dice Aristotele, all‟interno della

famiglia non si può propriamente parlare di giustizia perché fra i membri della

famiglia non vi sono interessi contrapposti e distinti. Anzi, i figli appartengono al

padre e lo stesso può dirsi del servo. Quindi, per Aristotele, non c’è vero e

proprio diritto – perché non c’è vera e propria giustizia, all’interno dei

rapporti di famiglia o all’interno dei rapporti di lavoro fra padrone e

schiavo. Lo stesso può dirsi della filìa, dell‟amicizia: non vi è diritto all‟interno dei

gruppi amicali; così come non vi sarebbe vero e proprio diritto all‟interno della

città ideale di Platone dove la legge massima è la carità.

Quindi, per Aristotele, la giustizia (e poi il diritto), presuppongono un certo grado

di estraneità fra i soggetti fra i quali deve stabilirsi e mantenersi l‟equilibrio.

Non esiste dikaion, diritto, nel senso proprio del termine che nei rapporti fra i

cittadini. Pensiamo a quanto è diversa e molto più pervasiva la nozione di diritto

oggi: al modo pervasivo in cui il diritto regola i rapporti di famiglia, o i rapporti di

lavoro, o le associazioni private. Per Aristotele questo era impensabile: sono altri i

criteri che devono guidare la distribuzione all‟interno di comunità infra-politiche.

Page 26: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

26

Ma torniamo al tema del fine della comunità politica: per Aristotele la giustizia

distributiva non riguarda tanto il denaro bensì la distribuzione di cariche

pubbliche e di onori. Chi deve avere il diritto di governare? Come si deve

assegnare l‟autorità politica?

A un primo sguardo la risposta appare ovvia: in base ad un criterio di eguaglianza.

Una persona, un voto. Ogni altra soluzione sarebbe una discriminazione.

Aristotele però ci ricorda che ogni teoria di giustizia introduce delle

discriminazioni. Il problema è di capire quali siano le discriminazioni giuste. La

risposta dipende dal fine dell‟attività a cui ci si riferisce.

Perciò, prima di rispondere alla domanda su come distribuire diritti e autorità

politica, occorre chiedersi: qual è il fine della associazione politica? Noi oggi

siamo riluttanti ad attribuire alla politica un fine in sé, in quanto siamo preoccupati

per la nostra libertà individuale. Noi preferiamo pensare che la politica non ha un

fine in sé, ma la pluralità di fini che di volta in volta i partecipanti (i cittadini) alla

vita politica si prefiggono. Noi consideriamo la politica come un insieme di

procedimenti che permettono alle persone di scegliere da sé i propri obiettivi.

Aristotele non la vede così. Il fine della politica non è stabilire un quadro di

diritti che sia neutrale fra i vari obiettivi, ma è formare buoni cittadini e

coltivare una buona indole.

Aristotele si oppone sia alla oligarchia che alla democrazia perché in entrambi casi

gli aspiranti al potere travisano il verso scopo dell‟autorità politica: che non è,

come sostengono gli oligarchi, esclusivamente la difesa della proprietà e del

benessere economico, ma che non è neppure quello di concedere alla

maggioranza di fare ciò che vuole, come sostengono i democratici (democrazia è

per Aristotele una concezione maggioritaria del potere).

Entrambe le parti non si curano del fine più alto dell‟associazione politica, che per

Aristotele è quello di coltivare la virtù dei cittadini: questi non sono riuniti in una

comunità “solo per vivere, ma per vivere bene […], né per un‟alleanza militare,

Page 27: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

27

onde evitare possibili offese, né per scambi e affari reciproci” (Politica, Libro III,

cap. 9, 1280a). Il fine della politica è nientemeno che consentire alla popolazione

di sviluppare capacità e virtù caratteristiche dell‟essere umano: imparare a

deliberare per il bene comune, acquistare saggezza pratica, condividere le

responsabilità per l‟autogoverno, prendersi cura del destino della comunità nel suo

complesso. Tutti gli organismi infra-statali che hanno obiettivi meno ambiziosi

(scambi commerciali, ad esempio) non sono comunità politiche. (Oggi, per

esempio, la NAFTA, la NATO, etc…).

Se la comunità politica ha come obiettivo la vita buona, che cosa ne consegue per

quel che concerne la distribuzione delle cariche? Come per i flauti, così per la

politica. “Quanti giovano sommamente a siffatta comunità hanno nello stato una

parte più grande”. Aristotele si riferisce a coloro che eccellono nelle virtù civiche:

che sono i migliori per maturare decisioni per il bene comune. Coloro che

raggiungono il massimo grado nell‟eccellenza civile – non i più ricchi, non i più

numerosi, non i più avvenenti o i più virili (come sembra credersi oggi) – sono

quelli che meritano la maggior parte di riconoscimento e di influenza politica.

Dal momento che l‟obiettivo della comunità politica è la vita buona, le cariche e

gli onori di maggior rilievo dovrebbero andare alle persone come Pericle, che si

dimostrano i primi nelle virtù civiche e i più capaci nell‟individuare il bene

comune.

Siccome la comunità politica esiste per onorare e premiare la virtù civica,

allora gli onori e le cariche vanno attributi a persone come Pericle (o Abramo

Lincoln, o come molti dei nostri costituenti): non solo perché costoro guidano la

comunità verso il bene comune, ma perché costoro onorano al meglio il fine

proprio della politica.

Si può essere buoni cittadini senza prendere parte alla vita politica?

Page 28: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

28

Noi oggi riteniamo la politica il regno degli intrighi, o nel migliore dei casi un male

necessario. Mai diremmo che non si può essere veramente virtuosi al di fuori della

politica. Anzi, muoviamo dalla domanda opposta: si può essere virtuosi nella

politica?

Per Aristotele le cose stanno diversamente. Egli pensa che la partecipazione

politica sia in qualche modo essenziale per vivere una vita buona. Questo dipende

dalla natura dell‟uomo: solo se viviamo in una polis e partecipiamo alla politica

possiamo realizzare pienamente la nostra natura di esseri umani.

Diritto e morale

Si è visto che Platone identifica diritto e morale, nomos e dikaion. Lo sforzo di

Aristotele è di evitare questa confusione culmina nei capitoli otto e nove dell‟Etica

Nicomachea.

Senza dubbio Aristotele studia il diritto, il dikaion, studiando la giustizia; per lui la

scienza del diritto è una parte della scienza della giustizia, ma una parte ben

distinta.

Aristotele procede nella sua analisi col suo consueto rispetto per l‟esperienza.

Partendo dal linguaggio comune, Aristotele constata che si parla di giusto in due

accezioni. Vi è una differenza fra l‟essere giusto (al maschile e al femminile), e fare

il giusto (neutro): fra dikaios e to dikaion. Io posso compiere il giusto (to diakaion)

anche senza essere giusto.

La scienza del diritto – to dikaion – ha ad oggetto i risultati esteriori, l‟eguaglianza

nelle cose, nei rapporti fra i cittadini. Al moralista spetta di indagare le intenzioni.

Non che il giurista non si interessa minimamente delle intenzioni, ma le tratta in

via ausiliaria e dunque per l‟oggetto. Ius obiectum justitiae, dirà San Tommaso.

Page 29: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

29

Così il diritto si pone all‟interno della morale, ne è un aspetto, ma non si identifica

con essa. Il diritto riguarda le azioni, mentre la morale l‟intenzione.

Diritto naturale:

Aristotele mutua dai sofisti la distinzione fra il giusto per natura e il giusto per

convenzione. Nella prima nozione rientrerebbe il concetto di diritto naturale: ciò

che è giusto perché desunto dalla natura delle cose. Queste affermazioni, tuttavia,

vanno collocate nell‟ambito del pensiero aristotelico. Aristotele non parte da

assiomi, ma inferisce le leggi, incluse le leggi naturali, dall‟osservazione e

dall‟esperienza. Non si tratta dunque di idee chiare ed immutabili ma di precetti

desumibili dall‟esperienza. Per esempio lo socievolezza degli uomini è alla base di

un principio di diritto naturale. Ma la socievolezza degli uomini è desunta

dall‟esperienza. Il diritto è parte derivante dal giusto per natura (come la legge di

Antigone) ma in parte dalla convenzione (quando ad esempio si deve fissare la

misura del risarcimento). Addirittura Aristotele parla di un diritto naturale come di

quel diritto che rimane costante nella maggioranza dei casi. Siamo ben lontani

dalle concezioni moderne che ritengono il diritto naturale desunto dalla ragione in

via assiomatica.

Il diritto naturale antico al contrario non si fonda su una scissione fra mente e

corpo: il diritto naturale è la legge del cuore (di Antigone) e comunque quel

nucleo di precetti nei cui confronti esiste una naturale inclinazione.

Le leggi sono necessarie?

Si è visto che Platone è inizialmente piuttosto scettico sulla utilità delle leggi,

sebbene poi riconosca che le leggi sono necessarie per ragioni pragmatiche (per la

difficoltà di reperire re filosofi). Aristotele la pensa diversamente.

Il governo della legge è preferibile a quello degli uomini non solo per la difficoltà

di reperire uomini saggi (re filosofi), ma in assoluto. Quindi l‟alternativa

prospettataci da Aristotele non è fra leggi mediocri e uomini mediocri: ma fra

Page 30: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

30

leggi migliori e uomini migliori. Cioè: anche in presenza di Re filosofi è meglio

darsi delle leggi generali cui attenersi nell‟attività di governo.

Perché?

Aristotele offre tre argomenti a favore di questa opinione:

- la legge prevedendo casi generali e non particolari non ha passioni (non

può essere condizionata da sentimenti di simpatia, odio, pregiudizio che

possono animare i giudizi su casi specifici);

- la legge è deliberata da una moltitudine, ed è meglio la decisione presa da

una moltitudine (che attraverso la discussione ha meglio ponderato i pro e i

contro) che da un giudice solitario;

- la legge è deliberata anche da chi la deve subire: ci dice Aristotele: i

migliori giudici non sono i produttori ma i consumatori, non i costruttori di

case ma coloro che le abitano, non i fabbricanti di navi ma coloro che le

guidano, non i cuochi ma i commensali (Aristotele, Politica, 1282a).

Quindi la risposta di Aristotele si può riassumere così: è preferibile che governino le

leggi migliori piuttosto che gli uomini migliori perché è più probabile che le leggi

migliori siano quelle prodotte dal discorso pubblico interno alla moltitudine dei

cittadini, in cui ciascuno può meglio rendersi conto delle opinioni degli altri e così

assumere un atteggiamento critico nei confronti delle proprie.

L‟ideale del governo della legge (l‟ideale che noi oggi definiamo Rule of Law) viene

ribadito in Aristotele nella Retorica: soprattutto occorrerebbe che delle leggi ben

stabilite determinassero esse stesse tutto quanto è possibile e lasciassero ai giudici il

meno possibile”. Infatti, continua Aristotele, le disposizioni legislative sono prese

dopo un lungo esame, invece i giudizi avvengono all‟improvviso. Si noti che la

Page 31: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

31

contrapposizione fra la passionalità dei giudizi degli uomini e la spassionatezza della

legge dà luogo ad un altro topos della legge identificata con la voce della ragione

(prevedibilità, stabilizzazione delle aspettative, giustizia).

ERGO: il governo delle leggi è superiore al governo degli uomini perché le

scelte contenute nelle leggi sono verosimilmente migliori di quelle contenute

nei giudizi estemporanei. E cioè: è meglio decidere le questioni in astratto anziché

di volta in volta considerando tutte le circostanze del caso che possono trascinarci

fuori dai binari.

Sulla assenza di passionalità della legge, facciamo un esempio: pensiamo alla

differenza che corre fra decidere un caso concreto e un caso in astratto. Un

automobilista ha ucciso tre fratellini che attraversavano fuori dalle strisce. Che pena

dobbiamo prevedere se non ci fosse alcuna regola? La peggiore. Superiore a quella

prevista per colui che a sangue freddo uccide un altro uomo, magari un po‟ attempato

e magari un poco di buono. Ma il diritto ci dice di comportarci diversamente. Che un

conto è l‟omicidio colposo – sebbene porti a conseguenze terribili – e un conto è

l‟omicidio doloso. Per questo la legge non ha passioni, perché decide in anticipo,

prima che il caso si sia verificato e l‟emozione sia troppo vivida.

Certe volte ci chiediamo se sia giusto stabilire una regola sull‟onda dell‟emozione. Un

extra comunitario commette un delitto efferato. Pochi giorni dopo il parlamento

passa una legge che restringe fortemente i flussi migratori. E‟ soddisfatto il requisito

aristotelico? Questo spiega perché in occasione di leggi emanate sull’onda

dell’emozione (pensiamo al progetto di legge sul fine vita in procinto di essere

emanato durante il triste caso Eluana Englaro) ci chiediamo se lo stato di

diritto (la rule of law) non traballi.

Page 32: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

32

Il legislatore prudente:

Si noti che la necessità delle leggi è strettamente legata alla figura del legislatore: il

legislatore deve avere innanzitutto una virtù: la prudenza. La prudenza, dice

Aristotele nell‟Etica Nicomachea, è quella virtù intellettuale che decide in vista

dell‟azione, su situazioni contingenti, senza avere il tempo, né il modo di fornire

ragioni (libro VI, 5 1139b-1140a). E‟ la virtù per eccellenza del legislatore e del

giudice, che stabiliscono quale sia il diritto in ordine a circostanze particolari. La

politica e la prudenza hanno la stessa disposizione. La prudenza è nomo tetica, o

dicastica: cioè legislatrice e giudiziaria. Per questo i Romani parleranno di

giurisprudenza.

E‟ duplice il completamento che la decisione del legislatore porta al giusto naturale:

a) il legislatore pone una conclusione alla ricerca del giusto naturale, che altrimenti

durerebbe all‟infinito;

b) il legislatore aggiunge al diritto naturale dati contingenti: quelle determinazioni

precise che variano da cultura a cultura, da società a società (ad esempio se per un

delitto prevedere come risarcimento una capra e non due pecore o una certa

quantità di argento).

Forza obbligatoria delle leggi

Ci capita spesso di chiederci se le leggi abbiano forza obbligatoria: come dobbiamo

comportarci di fronte ad una legge palesemente ingiusta. Per Aristotele la legge è

obbligatoria nella misura in cui sia conforme al giusto naturale. Per quella

porzione di legge che non è conforme al giusto naturale ma che tuttavia viene

introdotta dal legislatore prudente l’obbedienza si fonda sulla necessità della

legge. Ma l‟autorità della legge ha anche dei limiti: limiti che derivano sia dalla

conformità della legge al giusto naturale ma anche dalla competenza di chi fa legge

nel farle.

Page 33: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

33

EQUITA’: Aristotele si pone il problema che in certi casi le leggi generali non si

adattano perfettamente ai casi concreti. Sicché i pregi della legge (e soprattutto

l‟assenza di passioni eccessive) possono essere vanificati o ridimensionati dalla

ottusità della legge (la cecità rispetto alle sfumature che il caso concreto impone).

Aristotele suggerisce un escamotage: se è vero che i giudici devono attenersi alle leggi

generali essi tuttavia sono autorizzati a decidere con una certa flessibilità, seguendo le

regole dell‟equità. L‟equità pone rimedio all‟ottusità della legge: la rende flessibile.

Questo significa che governo delle leggi in Aristotele non coincide con la rigidità assoluta

della legge, in quanto il sistema giuridico è innanzitutto funzionale al benessere dei

cittadini che è mischiato alla loro moralità (eudaimonia).

Page 34: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

34

LEZIONE IV.

I Glossatori medioevali, Bracton: cenni.

In tutto il medioevo il diritto veniva insegnato nell‟Europa occidentale come un diritto

ideale, espressione di una giustizia universale. Ancora nel XVIII secolo, nella celebre

biblioteca della facoltà giuridica di Salamanca, gli scaffali dedicati al diritto spagnolo si

limitano ad una sola sezione e l‟essenziale è costituito invece da libri relativi alla teologia,

alla filosofia morale e al diritto naturale1. La teoria del diritto giusto non si curava né del

diritto positivo né del diritto comparato, e le fonti a cui il diritto ideale si ispirava erano,

in proporzioni che variano secondo gli autori, il diritto romano, ars boni ed aequi, gli scritti

dei giuristi teologi o dei giuristi filosofi che elaboravano un diritto naturale o razionale.

Il Medioevo – e specie il Basso Medioevo – è comunemente associato al pensiero

reazionario o all‟assolutismo imperiale. In realtà uno storico del pensiero politico inglese

– MacIllwain – rintraccia nel Medioevo le formulazioni più chiare a sostegno del

governo limitato. In un saggio scritto all‟indomani dello scoppio della seconda guerra

mondiale, il McIlwain, avvertendo ormai indilazionabile la scelta “tra le ordinate procedure

del diritto e i sistemi fondati sulla forza, che appaiono assai più rapidi ed efficienti”, così definisce il

Costituzionalismo: “Giova insistere sul fatto che il più antico, il più persistente e più duraturo dei

caratteri essenziali del vero Costituzionalismo resta ancora quello che era all’inizio, la limitazione del

governo mercé il diritto”; o, più sinteticamente: “Ogni governo costituzionale è per definizione un

governo limitato”. Un‟eguale osservazione possiamo leggere nelle pagine di un altro

costituzionalista americano, Edward Corwin, il quale, riallacciandosi ad Aristotele, scrive

“L’antitesi fra l’impulso dell’umano governante e la razionalità della legge costituisce, in realtà, uno dei

fondamenti su cui si basa la dottrina americana in materia di separazione dei poteri e, conseguentemente,

l’intero sistema americano del diritto costituzionale”.

Il principio della limitazione del governo attraverso il diritto è il carattere più antico e

più autentico del Costituzionalismo; e da questa tesi egli deriva la rivalutazione del

pensiero politico medioevale, che a molti potrà apparire sconcertante. Scrive infatti

1 C. Perelman, Logica giuridica e nuova retorica, Giuffrè, Milano, 1979, p. 5.

Page 35: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

35

McIlwain: “Chi tenta di riferire il termine medioevale a qualcosa di reazionario, come certa gente senza

cervello ha oggi preso l’abitudine di dire, dovrebbe prima meditare (i testi). L’assolutismo politico è frutto

dei tempi moderni; il Medioevo non voleva saperne”. Nel Medioevo, infatti, troviamo solo le più

chiare apologie del governo limitato, ma, in armonia a queste, la più esplicita

rivendicazione del primato della funzione giudiziaria. Infatti la base sacrale del potere del

Re consiste unicamente nel dover rendere ai sudditi “un’equa giustizia”, perché “il compito

di giudicare appartiene a Dio, non all’uomo”; e, in tal senso, il Re, sommo giudice, era soltanto

un ministro e un servo di Dio. Come scriveva un vescovo del IX secolo, Giona di

Orleans: “Perciò è posto su questo trono di Re, per pronunciare giudizi giusti, in modo che provveda

personalmente e ricerchi con attenzione che nessuno nel giudizio si discosti dalla verità e dall’equità”.

Il Re, dunque, era la fontana della giustizia, il supremo giudice del suo popolo, la

persona in cui i diritti dei sudditi potevano trovare la loro naturale tutela e necessaria

garanzia. Ma la coscienza di questa altissima funzione, che rende addirittura il Re vicario

di Dio, si accompagna alla consapevolezza della profonda differenza fra il Re e i tiranno,

tra il servo di Dio e il ministro del diavolo. Basti pensare all‟ampio e duraturo

riconoscimento che otterrà, per tutto il Medioevo, la famosa osservazione di Isidoro di

Siviglia, un vescovo vissuto fra il VI e il VII secolo: “I Re sono così chiamati dalla funzione del

reggere. Infatti come il sacerdote è così chiamato dal santificare, così il Re dal reggere: ma non regge chi

non corregge. Pertanto agendo rettamente conserverà il nome di Re, peccando lo perderà. Donde presso

gli antichi c’era questo detto:< Sarai Re se ti comporterai con giustizia, altrimenti non lo sarai>”. Il

criterio per distinguere la correttezza del comportamento del Re era, infatti, il suo

rispetto della legge. Ad esempio, Giovanni di Salisbury, nel XII secolo, scrive nel

Policratus: “Fra un tiranno e un principe c’è questa sola o meglio essenziale differenza, che questo

ubbidisce alla legge, e secondo il suo comando governa il popolo, del quale si considera servitore. Infatti

l’autorità del principe deriva dall’autorità del diritto; e, in verità, più del potere è importante sottomettere

alle leggi il supremo potere; così che il principe non pensi che gli sia lecito ciò che si discosta dall’equità e

dalla giustizia”.

Quest‟idea del re soggetto al diritto è viva soprattutto fuori d‟Italia, perché l‟Italia

aveva a Bologna il centro degli studi giuridici fondati sul diritto imperiale e prevale

Page 36: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

36

essenzialmente in Inghilterra dove per diritto si intendevano essenzialmente le

consuetudini osservate dal popolo. Il valore di queste era considerato pari alla legge

(Ranulfo di Glanvill, Tractatus de legibus et consuetudinibus regni Angliae).

Della convinzione, radicata nella coscienza inglese, del vincolo del re alle

consuetudini del paese, un‟espressione che storicamente ha avuto grandissima risonanza

è stata la Magna Charta; il documento firmato nel 1212 dal re Govanni Senzaterra, che

confermava e precisava solennemente i rapporti, da tempo osservati per consuetudine,

fra re e sudditi, garantendo la libertà di questi ultimi.

Un giurista inglese del XIII secolo, Henry Bracton – autore del De Legibus et

Consuetudinibus Angliae, - ribadisce il concetto della soggezione del re alla legge. Al re che

regna rettamente, scrive Bracton all‟inizio del suo trattato, sono necessarie oltre le armi,

le leggi: se mancassero le leggi, sarebbe distrutta la giustizia e non vi sarebbe chi operasse

un giudizio giusto. Vi è il rifiuto della massima di Ulpiano ripresa dai glossatori (quod

principi placuit legis habet vigorem). Il re è al di sopra dei suoi sudditi . però in quanto è

ministro vicario di Dio, non può far nulla se non, soltanto, ciò che è conforme al diritto

(quod iure). Ritorna il tema aristotelico secondo cui: “dove non sono sovrane le leggi non

vi è vero e proprio Stato”.

MEDIOEVO: TOMMASO D’AQUINO

San Tommaso è nato nel 1225 da un grande famiglia feudale di tendenza ghibellina in un

ambiente ostile alla politica della Chiesa. Destinato dalla famiglia ad entrare nella

venerabile abbazia benedettina di Montecassino, nel 1240, sfidando la violenta

opposizione dei familiari, decide di entrare nell‟ordine domenicano. Un ordine ancora

giovane e quindi ancora ardente e progressista.

La vita di Tommaso è stata piena di viaggi, anche se Tommaso fu soltanto un docente

universitario. Dopo i primi di anni di studio passati a Napoli, l‟ordine domenicano lo

Page 37: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

37

mando a Parigi per perfezionarsi. Nel 1259 il Papa lo chiama alla corte pontificia a Roma

e a Viterbo, poi di nuovo a Parigi, poi di nuovo a Napoli presso la celebre università, in

cui il Papa vuole che venga continuato e cristianizzato il grande movimento dottrinale

cominciato da Federico II. Nel 1274 muore in cammino per Lione per partecipare ad un

concilio indetto dalla città.

La politica come arte di governo presuppone per Aristotele che si muova da certi

assunti:

a) che l‟uomo è un animale sociale;

b) che la politica è il luogo della discussione;

c) che la vita politica sia superiore al perseguimento degli affari privati.

d) Che la politica ha un fine: che è il bene della città.

Degenerazioni della politica sono quelle che vengono definite malgoverno: o perché si

tratta di un governo arbitrario, imprevedibile o capriccioso (da qui l‟auspicio della

sottoposizione del potere politico alla legge), o perché le finalità pubbliche vengono

sostituite con le finalità private del ceto al governo (fazioni, elites, interessi economici,

etc…).

Tommaso segue Aristotele nel vedere la politica come il luogo di realizzazione del bene

comune. E tuttavia Tommaso attenua il valore riposto sulla vita politica, segnando i

limiti della comunità medesima. Vero è che la comunità politica è completa e persegue

un bene che un di più della somma dei beni dei suoi membri e tuttavia la comunità

politica è limitata dalla comunità della chiesa.

Il governo è limitato in quattro modi:

a) È vincolato al rispetto di standard morali specialmente i principi di giustizia;

b) È vincolato da regole che concerno l‟attribuzione dei poteri (elezioni, rotazione

delle cariche, estensione dei poteri, etc…): la proposta istituzionale di Tommaso è

Page 38: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

38

una forma di governo mista dove il monarca è affiancato da alcuni funzionari

capaci ma scelti dall‟elettorato;

c) È vincolato al perseguimento del bene comune anche a mezzo della coercizione.

Si noti tuttavia che Tommaso precisa che la coercizione non può essere utilizzata

per ottenere la virtù ma solo per reprimere quegli atti esterni di ingiustizia che

verosimilmente risultano nel disturbo della pace e della tranquillità. I beni pubblici

che lo stato persegue sono solo quelli che riguardano gli atti esterni – e in

un‟ultima istanza la giustizia e non la virtù.

d) L‟ultima limitazione concerne le prerogative della chiesa.

Limiti giuridici al potere politico:

Tommaso distingue fra potere regale e potere politico perché solo il secondo è un potere

sottoposto alla legge dello stato. Anzi, Tommaso definisce il potere politico come quel

potere, diremmo noi, che trova la sua fonte di legittimazione nella legge. Il potere regale

– illimitato – scioglie i cittadini dall‟obbligazione di obbedire alla legge.

La politica non ha ad oggetto tutte le virtù.

Nell‟interpretazione che ne dà John Finnis, Tommaso sembra discostarsi dal principio

sostenuto al termine dell‟Etica Nicomachea secondo cui la politica deve condurre l‟uomo

alla virtù. Anzi Tommaso è abbastanza scettico nei confronti delle leggi che vogliono

sradicare i vizi privati: la coercizione va limitata a quei vizi che hanno effetti sugli altri: la

politica, e ancor più il diritto, riguardano la giustizia e non la virtù privata. Sicché

Tommaso si discosta dalla politica paternalistica.

Diritto

Tommaso attribuisce al diritto quattro caratteristiche.

Page 39: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

39

a) il diritto è un appello alla ragione

E‟ un progetto di coordinamento attraverso la cooperazione libera degli individui.

Il legislatore non si limita a trasporre alla lettera i dettami della legge divina o della legge

naturale. La legge naturale infatti va concretizzata: non solo per deduzione ma anche

per determinazione.

b) diritto e bene comune

Diritto: LA LEGGE è UNA REGOLA O MISURA DELL’AGIRE PER CUI SI è

INDOTTI AD UN’AZIONE O STORNATI DA ESSA.

In questa definizione due sono gli elementi di rilievo:

- la funzione regolatrice e normativa della ragione (ordinatio rationis)

- gli effetti sul regolato, per cui la legge si presenta come principio guida

dell‟azione e spinge ad un comportamento conforme.

Si noti che siccome il legislatore – cui spetta la cura della comunità – ha compiuto alcune

scelte piuttosto che altre, al cittadino non rimane che obbedire: proprio sulla base della

considerazione che il legislatore è mosso dall‟intento di perseguire il bene comune.

c) Caratteristiche della legge

La legge deve avere certe caratteristiche (essere promulgata, praticabile, non retroattiva,

generale) e i giudici vi devono essere soggetti.

d) Il diritto è creato da un’autorità responsabile

il diritto è posto da chi è responsabile per la comunità- questo vale anche per la

consuetudine che è posta dalla gente comune.

Page 40: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

40

Si noti che la determinatio è un metodo diverso dalle conclusiones deduttive: sicché al

legislatore rimane un‟ampia scelta su quale politica perseguire. Sicché il diritto sarebbe

necessario anche per un mondo di santi.

e) Coercizione

Un mondo di santi avrebbe bisogno del diritto (per la determinatio) ma non della

coercizione. Il diritto ha sia una vis directiva che una vis coactiva che tuttavia vale solo per

coloro che sono riottosi. La punizione per i trasgressori vale a riequilibrare il loro vizio di

volontà.

f) Legge ingiusta e giusta rivoluzione.

Se la legge comanda un atto che è vietato (violenza carnale, infanticidio, omicidio) si è

obbligati a non seguirla e i giudici sono obbligati a disapplicarla. Se invece i vizi sono altri

e cioè:

i) i governanti anziché pensare al bene comune perseguono i propri fini;

ii) agiscono al di fuori della loro autorità;

iii) sebbene asserendo di agire per il bene comune distribuiscono i pesi e gli

oneri iniquamente;

allora in tutti questi casi non vi è alcun obbligo morale di obbedire (né tuttavia di

disobbedire).

Vi è tuttavia un proviso: se la legge è affetta da uno dei tre vizi di sopra allora vi è tuttavia

il dovere di obbedienza se la disobbedienza crea disordine o viene presa a pretesto per

azioni malvagie. Si noti che l‟obbligazione non riguarda in questo caso l‟obbedienza alla

legge ma l‟obbligazione collaterale di non nuocere ad alcun altro.

Page 41: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

41

Chi detta legge per il suo proprio beneficio e non nell‟interesse della comunità è un

tiranno: ed è lecito uccidere il tiranno per liberare la comunità politica. Tuttavia, proprio

per evitare il rischio di sedizioni frequenti, vi è una presunzione in favore della

acquiescenza e dell‟obbedienza passiva.

Caratteristiche della legge in Tommaso:

TOMMASO d’Aquino affronta il tema del governo della legge in linea alla

tradizione aristotelica, ma aggiunge alcune riflessioni che avranno una profonda

influenza sul pensiero giuridico moderno e contemporaneo (qui di seguito si seguirà

lo schema del saggio del Prof. Viola, Legge Umana e Rule of Law in Tommaso. In F. Viola

e M. Mangini, Diritto naturale e liberalismo. Dialogo o conflitto?, Giappichelli, 2008). I

riferimenti a numeri di pagina indicati nel testo, in questo paragrafo, sono a questo

saggio).

Si può subito anticipare che per Tommaso il governo della legge (rule of law) soddisfa

sia l‟esigenza negativa di porre un limite all‟attività di governo che è o può essere

arbitraria, ma anche un‟esigenza positiva che il diritto sia guida della condotta

umana. Cioè: per Tommaso essere governati dal diritto (piuttosto che dagli uomini,

sia pure gli uomini saggi o piuttosto che da tecniche di regolamentazione della

condotta umana che diritto non sono) ha un valore morale.

Perché? Per capire questo concetto occorre tenere presente che nella concezione

medioevale (ma anche in quella antica) la connessione fra diritto e morale è data per

scontata. Noi oggi, eredi della tradizione settecentesca, tendiamo a pensare che il

diritto vincoli all’esterno mentre la morale vincola all‟interno. Tendiamo a pensare che

il diritto vincoli essenzialmente per la sua forza coattiva, sanzionatoria, mentre la

morale vincola a prescindere dalla minaccia di una sanzione (in altri termini, rubare o

uccidere è sbagliato sia che io venga scoperto o meno). Noi tendiamo a credere che

diritto e morale appartengano a mondi distinti: una cosa è la validità di una norma,

un‟altra la sua giustezza. Ora, l‟idea della rigorosa separazione fra diritto e morale –

Page 42: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

42

propria del giuspositivismo – anche oggi sta perdendo credito. Ma il tema è che il

pensiero medioevale si muoveva in modo radicalmente diverso. Il diritto ha, nella

concezione medioevale, funzioni morali. E‟ distinto dalla morale, ma tuttavia è ad

essa connesso.

Questo significa che il governo del diritto – rispetto al governo degli uomini –

implica un’esplicita opzione morale.

La legge non è per Tommaso (come del resto anche per Aristotele) espressione della

volontà di chi comanda. Studieremo che ad un certo punto (e precisamente intorno al

1600) si afferma l‟idea del diritto come comando, come atto di volontà (Hobbes).

Alla fine del 1700 Jeremy Bentham – padre di quella corrente giusfilosofica che è

l‟imperativismo giuridico – afferma che il diritto non è altro che comando del

sovrano. Ora muovendo da queste premesse, la rule of law perde parte del suo

significato. Se la legge è comando di qualcuno, c‟è vera differenza fra governo degli

uomini (il qualcuno che sta dietro alla legge) e governo delle leggi? Se la legge può

avere qualsiasi contenuto (come ad esempio affermerà Kelsen nel corso del „900)

perché il governo delle leggi deve essere preferito a quello degli uomini?2

Ma torniamo a Tommaso. Tommaso riprende ed amplia il topos aristotelico secondo

cui la legge è ragione: ha una sua razionalità intrinseca. Quindi il governo delle leggi è

2 Si legga ad esempio, Hobbes: L‟idea aristotelica del governo delle leggi viene dileggiata da Hobbes: per due ragioni: 1) gli

uomini non possono essere mossi dalla paura di un pezzo di carta (le leggi scritte), ma solo dalle mani e dalla spada; 2) dietro

le leggi vi sono le spade.

Hobbes 1996, 471 (Ch. 46): “[T]his is another Errour of Aristotles Politiques, that in a wel ordered Common-wealth, not Men should

govern, but the Laws. What man, that has his naturall Senses, though he can neither write nor read, does not find himself governed by them he

fears, and beleeves can kill or hurt him when he obeyeth not? or who beleeves that the Law can hurt him; that is, Words and Paper without the

Hands and Swords of men?”

Ergo: il governo delle leggi non è che la maschera del governo degli uomini.

Vedremo che il pensiero di Hobbes è in realtà più complesso. Così come vedremo che ci saranno anche ragioni (formali) per

affermare che il governo delle leggi è preferibile al governo degli uomini anche in un‟ottica giuspositivista.

Page 43: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

43

preferibile al governo degli uomini nella misura in cui il diritto (le leggi) rispetti certe

caratteristiche.

Quali?

1) La legge positiva deve essere conforme alla legge naturale: Dice Tommaso:

La legge è una regola o misura dell’agire per cui si è indotti ad un’azione o

stornati da essa. Abbiamo già detto che per Tommaso il diritto ha una funzione

morale. Il diritto guida gli uomini alla virtù. La legge civile funziona un po‟ come la

legge naturale (che distingue il giusto dall‟ingiusto).

In questa definizione due sono gli elementi di rilievo:

- la funzione regolatrice e normativa della ragione (ordinatio rationis)

- gli effetti sul regolato, per cui la legge si presenta come principio guida

dell‟azione e spinge ad un comportamento conforme.

Da questo punto di vista vi è solo una rapporto di genere a specie fra legge naturale e

legge umana. Ogni tipo di legge infatti ha a che fare con la ragione perché ordina i

mezzi nei confronti del fine del bene comune.

Ciò che accomuna vari tipi di legge è la ragione della legge, cioè il suo essere guida

dell‟azione di esseri razionali, consapevoli e liberi.

La ragione per avere una legge è quella di fornire ragioni per l’azione di esseri

razionali e liberi. La legge dunque non può avere qualsiasi contenuto, ma

esige che sia giustificata e cioè dotata di una pretesa di giustizia o di una

promessa di giustizia.

Page 44: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

44

Quindi non è vera e propria legge un comando del sovrano dettato dall‟arbitrio e dal

capriccio. In virtù del principio della ragione il carattere proprio di ogni legge è quello

di creare obblighi per esseri liberi. La legge umana è, dunque, un’autentica

produzione della ragione (ordinatio rationis) che intende evitare sia la passiva

ricezione dei costumi sia l’arbitrio della volontà legislativa (p. 18). “perciò fare

le leggi spetta o all’intero popolo o alla persona pubblica che ha cura di esso.

Poiché ordinare al fine spetta sempre a colui che riguarda codesto fine come

proprio”.

Ora, siccome la legge guida gli uomini alla virtù non può funzionare semplicemente

attraverso la minaccia della sanzione (vis coactiva). Se noi vogliamo educare i nostri figli

non ci limitiamo a punirli quando trasgrediscono ma dobbiamo spiegare loro non

solo quali siano le regole da seguire ma anche il perché di queste regole (vis directiva).

Questo vale a maggior ragione quando i destinatari della legge non sono bambini ma

adulti.

2) Antropologia. Le leggi devono poi rispettare una certa visione dell’uomo, una

certa concezione antropologica. Se si assume che gli individui sono radicalmente

malvagi (come farà Lutero nel 1500) o che sono assolutamente plasmabili e

irresponsabili delle proprie azioni (come farà il marxismo), è ovvio che la concezione

del diritto ne risentirà (per individui malvagi ci vuole un diritto spietato, per individui

manipolabili ci vuole un diritto che funziona con tecniche di manipolazione di massa

sia pure per lo scopo di arrivare alla fine del diritto). Ma Tommaso – rappresentante

della scolastica cristiana – la pensa in modo diverso. Gli uomini: sono liberi,

razionali, capaci di scelte morali. Vi è una differenza fra la concezione secondo

cui il diritto condiziona psichicamente o muove all‟azione in modo meccanico e la

concezione secondo cui il diritto presuppone persone libere e consapevoli. Pensate a

Page 45: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

45

tutte le norme in materia penale sullo stato soggettivo (dolo, colpa, negligenza), etc..

tutto il diritto presuppone persone responsabili.

Questa antropologia implicita ricalca quello che Hart chiama il contenuto minimo del

diritto naturale. Hart menziona alcune caratteristiche dell‟uomo di cui il diritto deve

tener conto: vulnerabilità, uguaglianza imperfetta, altruismo limitato, risorse scarse,

comprensione e forza di volontà limitate.

Vi sono altri vincoli nel modo di strutturare la direttiva giuridica se vogliamo non

solo rispondere ai bisogni e alle necessità vitali degli esseri umani ma anche al loro

desiderio di essere agenti consapevoli e liberi e di non essere trattati come schiavi. Si

pensi ad un sistema giuridico fatto prevalentemente di impedimenti fisici: non il

cartello non calpestare le aiuole ma il recinto; non il cartello col divieto di transito ma

degli ostacoli fisici; non l‟ordinanza comunale che impone la raccolta differenziata ma

la rimozione fisica dei cassonetti e la consegna di sacchetti di colore differente.

Si pensi anche ad altre tecniche di orientamento dell‟azione umana: propaganda,

manipolazione, lavaggio del cervello, elettrochock. Tutte queste pratiche non solo

violano i principi fondamentali della persona, prima fra tutte la libertà, ma

stravolgono la natura stessa del diritto. Ergo: rule of law implica governo di un diritto

che sia guida della condotta umana (che cioè lasci ai destinatari un margine di

scelta nell‟azione) e non forza mascherata. Il presupposto è che tutti gli uomini –

anche gli uomini malvagi – possono imparare ad agire bene (questa idea verrà

radicalmente messa in discussione dalla Riforma protestante che distingue fra eletti e

dannati).

3) Le leggi devono essere praticabili (in linea al comune sentire ma anche

all’indole propria dei destinatari) (si noti che Tommaso arriva ad affermare che la

legge non può sradicare i vizi privati): Una legge che non è praticabile è flatus vocis.

Noi sappiamo che una legge che comanda cose impossibili è nulla e quella che

Page 46: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

46

comanda cose in assoluto necessarie è superflua. Ma l‟ipotesi di Tommaso va ben

oltre.

La legge umana deve essere proporzionata per ciascuno secondo le sue

possibilità cioè sulla base della sua capacità di agire.

Questa capacità si determina in rapporto a due parametri: uno di carattere naturale e

l‟altro di carattere culturale. Il primo ha un carattere universale in quanto riguarda le

fasi e gli stati della vita umana di per sé considerati: non si possono richiedere le

stesse cose a un bambino e a un adulto a un uomo sano e ad un ammalato. Il

secondo invece ha un carattere particolare e locale. La legge deve cioè conformarsi

per quanto è possibile alle abitudini diffuse in un determinato contesto. La legge deve

essere appropriata al luogo e al tempo. La ragion pratica è diretta all‟azione comune

come al suo fine e, quindi, fallisce se la regola da seguire o è ingiusta o non può essere

posta in essere per incapacità dell‟agente. Il giusto deve essere fattibile altrimenti

diventa un ideale utopico e tirannico. L‟effettività della legge tuttavia è solo un

carattere, ma non l‟unico. Tommaso ribadisce il carattere pedagogico della

legislazione cosicché la legge implica un atteggiamento critico nei confronti dei

costumi.

4) struttura formale:

i) Legge e confini fra pubblico e privato. La legge dovrà

necessariamente occuparsi di molte questioni di pubblico interesse e

dovrà tenere conto della moltitudine dei negotia e il loro carattere

personale. Questo requisito ha due facce: da un lato si afferma il

carattere politico della legge nel senso che essa non deve concepirsi

come una regolamentazione parziale limitata solo ad alcuni aspetti della

vita pubblica ma come rivolta ad assicurare tutto ciò che è socialmente

necessario per la vita buona dei cittadini. Ma d‟altra parte questo

requisito implica restrizioni e limitazioni. La legge deve astenersi dal

Page 47: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

47

regolare tutto che attiene al bene privato e che non ha rilevanza né

direttamente né indirettamente per il bene comune. Vi sono pertanto

materie che non è legittimo regolare per legge anche se ciò venisse fatto

nel rispetto del principio di legalità. In altri termini: la legge deve

essere fondamentalmente diretta ad assicurare le condizioni

essenziali di una vita sociale pacifica e ordinata. (p. 44). Questo

secondo aspetto è stato riformulato nell‟ottocento sotto l‟etichetta del

cosidetto harm principle: il principio del danno. John Stuart Mill un

pensatore liberale che ha scritto nell‟ottocento sosteneva: “l‟unica

ragione per cui il potere possa essere legittimamente esercitato su

qualsiasi componente di una comunità civilizzata e contro la sua volontà

è per prevenire ed evitare un danno agli altri”. Il carattere globale del

bene comune è l‟altra componente di questo primo requisito (la legge

deve occuparsi del bene comune ma solo di esso): la legge deve

occuparsi di tutte le forme della giustizia, da quella civile a quella penale,

dai diritti reali alle obbligazioni, dalle restituzioni e compensazioni alle

distribuzioni e assegnazioni. I vari rami del diritto rimangono connessi,

cosa che implica che le leggi non debbano essere in contraddizione fra

loro. In realtà il perseguimento del bene comune richiede una congruità

nella distribuzione dei diritti e degli obblighi ed un‟eguaglianza formale e

sostanziale (p. 45).

ii) Stabilità e durevolezza della legge. Per elaborare e realizzare i loro

personali piani di vita gli individui hanno bisogno di un ambiente sociale

e giuridico persistente nel tempo e sono danneggiati da direttive

occasionali ed episodiche. Pensiamo a cosa succedere se la legislazione

cambiasse di frequente e in modo repentino: non soltanto il diritto non

soddisfarebbe l‟esigenza di limitare l‟ansia dei cittadini ma i cittadini

sarebbero distolti da ogni altro interesse nel tentativo di districarsi nella

legislazione capricciosa.

Page 48: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

48

iii) Generalità. Un‟altra caratteristica della legge è quella della generalità.

Una legge differisce dai comandi ad hoc o ad personam per il fatto di

disporre per modelli di azioni e per una categoria di persone. Occorre

che la generalità riguardi insieme sia le persone sia le azioni. Ma perché

le leggi devono avere carattere generale? Nell‟ottocento un teorico del

diritto che studierete più in là, John Austin, spiegherà il requisito della

generalità con ragioni pragmatiche: siccome per il sovrano è impossibile

governare milioni di persone con comandi ad hoc la legge generale (e

cioè rivolta a tutti) ottempera a questo problema. San Tommaso invece

risponde alla domanda diversamente: la generalità della legge è utile non

al sovrano ma ai cittadini. Con la legge generale i cittadini possono

conoscere una molteplicità di cose appartenenti allo stesso genere con

l‟apprensione di una sola (p. 46). Di nuovo, si ricordi, che la legge è

guida delle azioni umane. Il governante guida indicando un modello

di azione e lasciando al governato la facoltà di giudicare se la sua

azione particolare rientri o meno nel caso. Il governato a sua volta

apprendendo il tipo d’azione comandato, vietato o permesso

dall’autorità, conosce attraverso esso tutte le azioni particolari del

genere. I cittadini dunque si aspettano che il legislatore metta ordine

fra le azioni sociali e renda possibile muoversi al loro interno con

consapevolezza e responsabilità (un sociologo contemporaneo Luhman,

dice qualcosa di simile: uno dei compiti del diritto è quello di ridurre la

complessità sociale). Si noti che la concezione della generalità di san

Tommaso è più simile a quella che noi oggi chiamiamo astrattezza: la

legge stabilisce un modello per tipi di azione e non per tipi di persone.

La regola alla base della legge è: trattare casi eguali in modo eguale e casi

diversi in modo diverso.

iv) Competenza. La legge obbliga tutti coloro che sono soggetti

all’autorità di chi l’emana. Ciò rimanda al tema della competenza. La

legge obbliga solo chi è soggetto all‟autorità ( e cioè alla competenza per

Page 49: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

49

materia o territoriale) di chi ha emanato la legge. Noi ad esempio non

dobbiamo seguire le direttive del parlamento inglese. Chi non è parte

processuale non è obbligato a dare esecuzione a una sentenza. Questo

significa che non conta soltanto la struttura della legge ma anche la sua

fonte.

v) La legge poi va interpretata. San Tommaso abbozza solo una teoria

embrionale sull’interpretazione della legge. L‟idea di fondo è che il

giudice deve discostarsi il meno possibile dell‟intenzione del legislatore

(sul presupposto che il legislatore persegue il bene comune).

5) Principi di giustizia naturale: I principi di natural justice attengono non alla

formulazione della legge ma alla sua applicazione. In generale si tratta di garanzie di

imparzialità e di obiettività, stabilite allo scopo di assicurare che la legge sia applicata a tutti coloro e

soltanto a coloro che sono uguali negli aspetti rilevanti stabiliti dalla legge stessa (p. 51). Il

principio alla base degli altri è quello dell‟imparzialità: tratta i casi uguali in modo

uguale e i casi diversi in modo diverso.

Imparzialità:

Facciamo il caso seguente. Tizio si è impossessato di un bene detenuto da Caio. In

termini giuridici noi ragioniamo: in base a quale titolo Caio deteneva il bene? Anche

in assenza di titolo da quanto tempo lo deteneva? Etc…

Cioè ci facciamo domande sulle regole: (regola sui modi di acquisto dei beni mobili;

regole sull‟usucapione dei beni mobili etc…). ma se non ci fosse alcuna regola come

dovremmo comportarci? Possiamo fare decidere a Tizio (ma il risultato è scontato) o

a Caio e la situazione è la stessa. Oppure possiamo ignorare il problema e vivere in

mezzo all‟eterno conflitto. Oppure possiamo far decidere ad un terzo (un giudice).

Ma il problema non si è così dipanato. Come deve decidere questo terzo?

Page 50: LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO … · 1 LEZIONE I INTRODUZIONE: LA CONOSCENZA DEL FENOMENO GIURIDICO: filosofie del diritto. Obiettivo di un corso di filosofia

50

Come abbiamo visto, il governo della legge e non degli uomini, richiede che l‟opera

del giudice sia sempre strettamente legata alla legge e non basata sulla sua personale

saggezza che è una qualità scarsa (p. 52).

Pertanto i giudici sono tenuti ad applicare la legge. L‟imparzialità del giudice richiede

che sia terzo rispetto alle parti. Ciò significa che nessuno può essere al contempo

giudice, accusatore, testimone. Il giudice non è un poliziotto a caccia di colpevoli ma

colui che deve dirimere una lite. E‟ necessario dunque che vi sia una lite fra almeno

due parti: perché iustitia est ad alterum.