18
riflettore su Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire Paolo Bazzurro* Francesco Benedettini** Paolo Clemente*** Antonio Martinelli**** Antonello Salvatori** * AIR Worldwide (leader del team EERI in Abruzzo) ** Università dell’Aquila *** ENEA, Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo Sostenibile **** CNR, Istituto per le Tecnologie della Costruzione Learning from Abruzzo Earthquake: Buildings Behaviour Seen from the “Building According-to-the- book” Perspective A brief description – with the related photographs – is reported on the effects of the recent Abruzzo earthquake on buildings, particularly reinforced-concrete and masonry buildings. Following an overview of the technical building codes particularly focused on the area of L’Aquila, mention is made of cultural heritage structures Si riporta una breve descrizione degli effetti del recente sisma dell’Abruzzo sulle costruzioni, corredata di alcune fotografie. Si parla di edifici in cemento armato, di edifici in muratura e si accenna alle strutture afferenti alla sfera dei beni culturali, premettendo uno sguardo all’evoluzione delle norme tecniche per le costruzioni, con particolare riferimento all’area aquilana ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 28 l’intervista primo piano riflettore su appunti di

Lezioni dal terremoto - ENEAold.enea.it/produzione_scientifica/pdf_EAI/2009/3/LezioniTerremoto... · cadono quasi tutti gli edifici normali (pe-riodo T compreso tra 0,15 e 0,5 s,

Embed Size (px)

Citation preview

riflettore

su Lezioni dal terremoto

dell’Abruzzo: il comportamento degliedifici visto dall’angoloprospettico della “regolad’arte” nel costruire

Paolo Bazzurro*Francesco Benedettini**Paolo Clemente***Antonio Martinelli****Antonello Salvatori**

* AIR Worldwide (leader del team EERI in Abruzzo)** Università dell’Aquila *** ENEA, Dipartimento Ambiente, Cambiamenti

Globali e Sviluppo Sostenibile**** CNR, Istituto per le Tecnologie della Costruzione

Learning from AbruzzoEarthquake: Buildings

Behaviour Seen from the“Building According-to-the-

book” PerspectiveA brief description – with the related photographs – isreported on the effects of the recent Abruzzo earthquake onbuildings, particularly reinforced-concrete and masonrybuildings. Following an overview of the technical buildingcodes particularly focused on the area of L’Aquila, mention ismade of cultural heritage structures

Si riporta una brevedescrizione degli effetti delrecente sisma dell’Abruzzosulle costruzioni, corredata dialcune fotografie. Si parla diedifici in cemento armato, diedifici in muratura e si accennaalle strutture afferenti allasfera dei beni culturali,premettendo uno sguardoall’evoluzione delle normetecniche per le costruzioni, conparticolare riferimento all’areaaquilana

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 28

l’intervistaprimo piano riflettore su appunti di

spondente al periodo nullo, T=0. Per otte-nere le ordinate massime del tratto ad ac-celerazione costante dello spettro, dove ri-cadono quasi tutti gli edifici normali (pe-riodo T compreso tra 0,15 e 0,5 s, per unsuolo medio, tipo B o C), tale valore anda-va moltiplicato per il fattore di amplifica-zione F0=2,5. Agli edifici costruiti con tecni-che tradizionali non si richiede di sopporta-re l’azione sismica nella sua interezza incampo elastico, pertanto si definisce lospettro di progetto che si ricava da quelloelastico adottando un fattore di struttura,che tiene conto della capacità della struttu-ra di dissipare energia, ossia della sua dut-tilità, dipendente dalla tipologia, che peredifici con struttura a telaio regolare valeq=4,1. In definitiva l’accelerazione sismicadi progetto era 0,25g*1,25*2,5/4,1=0,19g(0,15g su terreno rigido, ossia per S=1.0),valore molto simile anche a quello attua-le, che poteva essere fortemente influenza-to dal fattore di struttura e dall’effettivoperiodo di vibrazione dell’edificio. Prescri-zioni molto restrittive sui dettagli costrut-tivi garantivano, già dal 2003, un certo con-trollo della duttilità. Pochissimi edifici sono stati costruiti osser-vando le norme del 2003; gran parte dellecostruzioni all’Aquila risale a epoche prece-denti. Nel 1974 fu emanata la Legge n. 64,che rimandava ai successivi DM del Mini-stero dei Lavori Pubblici le norme tecnicheper le costruzioni in zona sismica; il primoDM è del 1975 e prevedeva uno spettropiatto fino a T=0,8 s con ordinata massi-ma pari, per la zona 2, a 0,07g. Tale valorepoteva essere amplificato per un fattoredi suolo (fino a 1,3) e per un fattore distruttura (fino a 1,2), quest’ultimo nel casodi edifici con pareti di taglio, quindi nonper i telai usuali. In sostanza l’azione sismi-ca era assimilata al 7% di quella gravita-zionale e l’edificio calcolato in campo ela-

Dice il saggio: “Sbagliando s’impara”. Nonè sempre vero. L’evento sismico dell’Abruz-zo, come i precedenti, ha dimostrato che,almeno in ingegneria sismica, il condizio-nale è d’obbligo: “Sbagliando si dovreb-be imparare”. Gli insuccessi strutturali evi-denziati, infatti, sono gli stessi visti e rivistinei precedenti eventi, le migliaia di foto-grafie scattate sembrano identiche a quel-le di cui eravamo già in possesso. E allorail saggio, volendo rifarsi, suggerisce: “Re-petita iuvant”. Questo lo accettiamo, in-nanzitutto perché giustifica il ritorno sul-l’argomento, ma soprattutto perché quel“iuvant” sembra almeno garantire un mi-glio-ramento del nostro modo di costruiree, conseguentemente, di pensare le co-struzioni.

L’evoluzione delle normetecniche per le costruzioni inzona sismica con particolareriferimento all’Aquila

L’Aquila, dichiarata sismica a seguito delterremoto di Avezzano del 1915 e classifi-cata in zona 2 dal 1927, oggi è tra le zonea maggiore pericolosità sismica in Italia. Leattuali Norme Tecniche per le Costruzioni(NTC), emanate nel 2008, forniscono pre-scrizioni molto stringenti per le nuove co-struzioni ma, ovviamente, non possonoaver influenzato la costruzione degli edi-fici all’Aquila. Nella precedente ma pur recente classifi-cazione sismica dell’Ordinanza PCM3274/2003, che assumeva ancora una clas-sificazione basata sui confini amministra-tivi comunali, L’Aquila era in zona 2 e lospettro elastico prevedeva per le zone 2un’accelerazione al suolo di 0,25g, da mol-tiplicare per il fattore di sottosuolo (me-diamente S=1,25, per suolo medio tipo Bo C) per ottenere l’ordinata spettrale corri- ri

flettore

su

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 29

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

stribuzione, ossia a ogni impalcato era ap-plicata una forza pari al 7% (10% in zona1) del carico sismico al piano (se i piani ave-vano tutti lo stesso peso, le forze eranouguali a tutti i piani). Usualmente i proget-tisti analizzavano, manualmente, due te-lai piani (uno per ciascuna direzione), sen-za quindi considerare la spazialità globa-le degli effetti dinamici del sisma sulle strut-ture. Ciò comportava in particolare negliedifici in c.a. il sottodimensionamento perflessione e taglio dei pilastri di spigolo. Il precedente Regio Decreto n. 431 del1927 era stato invero più gravoso, prescri-vendo azioni orizzontali proporzionali al10% dei carichi verticali in zona 2 (12,5% alpiano terra e 16,7% ai piani superiori, inzona 1) e senza riduzione dei carichi varia-bili. Va ricordato che lo stesso Decreto ave-va introdotto la zona 2. In precedenza, apartire dal DL 1526 del 1916, si applicava-mo per le zone sismiche, indistintamente,azioni orizzontali pari al 12,5% dei carichiverticali al piano terra e al 16,7% ai pianisuperiori.

Comportamento degli edifici incemento armato

Gli edifici in cemento armato (c.a.) all’A-quila sono stati costruiti in epoche diver-se, soprattutto nella seconda metà del se-colo scorso. Si tratta di edifici di varia al-tezza e diversa destinazione d’uso, localiz-zati appena fuori dal centro storico o inquartieri periferici, specie nelle zone sude ovest, a volte di costruzione molto recen-te, addirittura non ancora abitati o vendu-ti. Anche il comportamento è stato moltodiverso: si va dagli edifici che hanno mo-strato un buon comportamento, con po-chi o inesistenti danni, ai collassi clamoro-si, passando attraverso una vasta gammadi situazioni intermedie. La cause principali degli insuccessi posso-no essere individuate principalmente in treaspetti che, probabilmente, in ordine di

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 30

stico. Non era richiesto un controllo delladuttilità, affidata in maniera vaga alla re-golarità e ai dettagli costruttivi. È proba-bilmente nella mancanza della necessariaduttilità degli elementi strutturali (special-mente i pilastri) la chiave di lettura del for-te danneggiamento e crollo di alcuni edifi-ci in c.a. che, ad uno sguardo non attentoa questo fondamentale particolare, pote-vano apparire anche non particolarmentevulnerabili. In figura 1 sono messi a con-fronto gli spettri di progetto delle varienorme. I valori spettrali erano utilizzati siaper l’analisi dinamica a spettro di risposta o,in alternativa, per un’analisi statica equi-valente, schematizzando l’azione sismicacon un sistema di forze orizzontali la cuirisultante era pari al 7% dei carichi gravita-zionali e distribuita con legge lineare cre-scente verso l’alto, al fine di simulare il pri-mo modo di vibrazione. L’analisi statica era, invece, l’unico tipo dianalisi possibile per gli edifici in zona si-smica prima del 1975 (Regio Decreto n. 640del 1935 e successiva Legge 25/11/1962 n.1684), quando in zona 2 si assumeva un si-stema di forze orizzontali pari a 0,07 (0,10in zona 1) dei carichi verticali, ma senza di-

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 1Spettri di progetto (per NTC e OPCM 3274 si è considera-to un suolo B, trascurando il fattore di amplificazionedel sottosuolo)Fonte: elaborazione ENEA dalle Norme Sismiche

Spettri di progetto - L’Aquila

S e (g

)

0,3

0,2

0,1

0,0

OPCM 3274/2003 Tr=475 anni

NTC 2008 Tr=475 anni

NTC 2008 Tr=475 anni

T (s)0 1 2 3 4

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 31

di confine bedrock-zone alluvionali dellapiana dell’Aterno); l’irregolarità geometri-ca degli edifici; l’inadeguatezza dei detta-gli costruttivi (secondo una moderna mi-sura della adeguatezza degli stessi ma, pro-babilmente, coerenti in moltissimi casi conla tecnica del “buon costruire” al momen-to della edificazione). Va subito osservato che i crolli principali sisono avuti in zone ben definite della città,a dimostrazione di effetti particolari di am-plificazione al sito, spesso associati a fon-dazioni con piani di posa poco approfondi-ti ed impiantate su depositi “morbidi”, incui sono presenti conoidi alluvionali e/oterreni di riporto. In figura 2 e 3 sono ri-portati due edifici a pochi metri l’uno dal-l’altro in località Pettino. In entrambi i ca-si si è verificato il collasso del piano terra,avente le caratteristiche di piano soffice acausa della presenza degli ingressi ai ga-rages. Un edificio di forma identica a quel-lo di figura 3 e vicino ad esso, non ha su-bito gli stessi danni. È da osservare che,molto probabilmente, l’impresa costruttri-ce non è la stessa, così come possono aver-si differenze seppur piccole della tipologiadel suolo. La figura 4 mostra un dettaglio

importanza sono: l’amplificazione localedel sisma, notevolissima in alcune situazio-ni, dovuta alla conformazione degli stratisuperficiali sui quali sono impiantate lefondazioni degli edifici o a questioni to-po-orografiche (edificazioni in corrispon-denza delle creste di pendii, costruzioniposte in zone di forte discontinuità deglistrati superficiali di terreno quali le zone

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

Figura 2Collasso del piano terraFonte: ENEA

Figura 3Collasso del piano terraFonte: ENEA

Figura 4Collasso di piano: dettaglioFonte: ENEA

rata correttamente, fatto che ha determi-nato l’apertura delle staffe (poche) presen-ti in vicinanza del nodo.Anche l’edificio in figura 6 è crollato conun meccanismo di piano debole, rimanen-do in bilico e la figura 7 ne evidenzia la de-bolezza della zona scala e la plasticizzazio-ne agli estremi della trave del pianerotto-lo di riposo. Si evidenzia che la zona scalanon è rigida come in altri casi, a causa del-la mancanza della trave di piano, con note-voli problemi di taglio e flessione sul pila-stro posto a sinistra. Si nota inoltre comerisulta mancante un pilastro di sostegnodella scala stessa, e come la posizione del-la scala sia la più sfavorevole possibile, es-sendo posta nello spigolo Nord Est dell’edi-ficio stesso. La posizione di cinematismodell’edificio rivela chiaramente come il pri-mo cedimento si è avuto proprio in corri-spondenza del pilastro di spigolo del va-no scala, a conferma delle intrinseca de-bolezza del meccanismo così attivatosi.Un collasso di piano si è verificato anchenell’edificio di figura 8, dove la debolez-za delle travi di collegamento tra i duecorpi in corrispondenza del vano scale ha“salvato” l’altra metà del fabbricato e

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 32

di una facciata dell’edificio di figura 2: èevidente la mancanza di staffe all’internodel nodo trave-pilastro e sono evidenti al-cune carenze di particolari costruttivi rile-vanti (figura 5). Alla carenza di staffe è as-sociato anche un cattivo ancoraggio fratravi di bordo e pilastri, ed una cattiva po-sa in opera delle staffe medesime, in cui lachiusura delle staffe stesse non è stata ope-

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 5Collasso di piano: dettaglioFonte: ENEA

Figura 6Collasso del piano terraFonte: ENEA

Figura 7Plasticizzazione delle sezioni di estremità della travedel pianerottolo di riposo dell’edificio in figura 6Fonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 33

Nelle figure 10 e 11 appaiono due edificimolto simili a Pianola, il primo crollato conmeccanismo di piano forse salvato da unamaggiore presenza di tamponature al se-condo livello, ma con pilastri al piano terramolto danneggiati. L’irregolarità in pianta comporta l’attiva-zione di componenti torsionali del moto

forse molte vite. La completa plasticizza-zione delle sezioni estreme è, infatti, evi-dente (figura 9) in funzione della bassapercentuale di armatura facilmente ri-scontrabile nei nodi trave-pilastro, in cor-rispondenza delle travi di piano, e dellacarenza di armature trasversali nelle tra-vi stesse.

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

Figura 10Edificio a Pianola; collasso del piano intermedioFonte: ENEA

Figura 11Edificio a Pianola sull’orlo del collassoFonte: ENEA

Figura 8Collasso di piano di un’ala del-l’edificioFonte: ENEA

Figura 9Plasticizzazione delle travi di collegamento dell’edi-ficio in figura 8Fonte: ENEA

l’altro. La similitudine del danno tra i duecasi è impressionante: sono compromessii pilastri d’angolo e centrale di facciata (fi-gure 14 e 15).Uno dei casi più rilevanti è comunque costi-tuito dalla “Casa dello studente”, aventeuna pianta strutturale a trifoglio, con unnucleo scale centrale e tre ali, una delle

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 34

indotto dal sisma che aggravano le solle-citazioni nei pilastri di estremità, più lon-tani dal centro di torsione dell’edificio. Per-tanto, se nelle progettazione strutturalenon si tiene dovutamente in conto questoeffetto, può verificarsi quello che è acca-duto nei due edifici nelle figure 12 e 13,identici e anche realizzati l’uno accanto al-

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 12Edificio a Pettino: danni ai pilastro d’angolo eadiacenteFonte: ENEA

Figura 13Edificio a Pettino identico a quello in figura 12:identico anche il danneggiamentoFonte: ENEA

Figura 14Edificio a Pettino: dettaglio pilastroFonte: ENEA

Figura 15Edificio a Pettino: dettaglio pilastro d’angoloFonte: ENEA

Figura 16Le macerie della casa dello studenteFonte: ENEA

Figura 17Casa dello studente: dettaglioFonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 35

mature lungo i lati lunghi dei pilastri (lecosiddette spille);

• l’insufficienza delle sovrapposizioni nel-le giunzioni delle armature sostituita dal-la ripiegatura ad uncino delle armature;

• la pessima esecuzione delle riprese di get-to, tra la sommità dei pilastri e l’intrados-so delle travi, in corrispondenza dei qua-li si riscontra, in molti casi, una netta solu-zione di continuità (figure 18 e 19).

La mancanza di tali caratteristiche, asso-ciata a volte a dimensioni ridotte dei pila-stri, ha comportato che a danneggiarsi pri-ma fossero i pilastri, anziché le travi, al con-trario della buona regola di progettazio-ne “pilastro forte – trave debole”. Questi difetti sono stati riscontrati anchenel caso di alcune strutture denominate“strategiche”, dove si è verificata l’esplo-sione di alcuni pilastri in prossimità dei no-di (figura 20) e la presenza di armaturalongitudinale di grande diametro (22-24mm) associata a staffe di diametro moltoridotto (6 mm, figura 21). Nell’edificio sede dell’ANAS i dettagli co-struttivi non dovevano essere migliori, co-me evidenziato dal danneggiamento delpilastro d’angolo (figura 22), la cui unica

quali completamente crollata (figura 16).In tal caso, come in molti degli edifici co-struiti nei primi decenni del dopoguerra,è stata utilizzata armatura liscia, ormai nonpiù consentita (figura 17) ma a norma se-condo i dettami normativi dell’epoca. In tutti i casi visti, oltre ai difetti evidenzia-ti, sono stati riscontrati dettagli costrutti-vi molto carenti, assolutamente non in li-nea con le attuali prescrizioni normative,ma comunque non rispondenti alle cosid-dette norme del buon costruire, valide dilà da ogni normativa. Tra i dettagli costrut-tivi, generalmente riscontrati e più impor-tanti, si annoverano: • la carenza di staffe nei nodi trave-pila-

stro e in prossimità dei nodi stessi, sia intermini di diametro delle staffe, spessoinferiore a 8 mm, sia in termini di passo,sempre superiore ai 20 cm; al riguardova osservato che in un buon progettooggi, dal calcolo risulterebbero staffe adinterasse certamente non superiore a 10cm; inoltre, le staffe nella maggior partedei casi risultano non richiuse corretta-mente;

• la mancanza, quasi sempre, di tiranti ag-giuntivi alle staffe per contenere le ar-

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

te notevolmente, dissipando l’energia tra-smessa dal suolo all’edificio (figura 23) eimpedendo pericolose deformazioni allastruttura principale. È ciò che si è verificatoin molte altre situazioni (figure 24, 25). La condizione di danno sugli elementi se-condari non strutturali ha comportato co-munque un grande danno economico e

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 36

“colpa” rispetto agli altri pilastri era quel-la di non avere collaborazione da tampo-nature adiacenti, con rottura a taglio de-terminata proprio dalla presenza della fine-stra a nastro in corrispondenza di tale pi-lastro. La struttura portante dell’edificioha trovato una decisiva collaborazione nel-le tamponature che sono state danneggia-

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 18Ripresa di getto: netta separazione tra pilastro etraveFonte: ENEA

Figura 19Ripresa di getto non efficaceFonte: ENEA

Figura 20Carenza di staffe nei pilastriFonte: ENEA

Figura 21Scarsa armonia tra diametro dei ferri longitudi-nali e delle staffe e eccessivo passo delle stesseFonte: ENEA

rivelatesi errate. Nelle figure 26 e 27 si no-tano dei collassi di spigolo delle tampona-ture, per cinematismo di rotazione versol’esterno, sostanzialmente dovuti all’esi-stenza (invero molto usata nei palazzi inca. delle periferie aquilane, in particolarmodo dal 1970 in poi) di sbalzi esterni aisolai (bow windows) su cui la muratura di

psicologico e disagi enormi connessi al fat-to che buona parte della popolazione (al-meno la metà) è sfollata proprio, a causadegli estesi danni alle tamponature ed aitramezzi. Le tipologie di danneggiamen-to delle tamponature e dei tramezzi sonole più differenti, ma comunque legate prin-cipalmente ad alcune tecniche costruttive,

Figura 22Edificio ANAS: pilastro d’angoloFonte: ENEA

Figura 23Edificio ANAS: danni alletamponatureFonte: ENEA

Figura 24Uno dei numerosi edifici in località Il Moro: dan-ni alle tamponatureFonte: ENEA

Figura 25Edificio vicino Piazza d’Armi: espulsione delletamponatureFonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 37

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

carenza costruttiva, rilevata in moltissimiedifici, risiede in tre fattori principali: • la cortina esterna della tamponatura a

cassetta non è in alcun modo ancorataalla struttura portante o alla tampona-tura interna, risultando così di fatto pa-reti libere, dello spessore medio di 12-13cm, e di altezza pari a 15-20 m;

• la tamponatura interna molto di fre-quente è un semplice tramezzo di spes-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 38

tamponamento risulta semplicemente pog-giata, e non efficacemente mantenuta dapilastrini di spigolo (in genere assenti, sal-vo qualche raro caso). La presenza di talipilastrini (non strutturali) avrebbe impedi-to la rotazione delle tamponature. Tipico èinoltre il collasso, per cinematismo di ro-tazione fuori del piano o per taglio nel pia-no, delle tamponature a cassetta, qualiquelle evidenziate nelle figure 28 e 29. La

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 26Località Pettino: danni alle tamponatureFonte: ENEA

Figura 27Località Pettino: danni alle tamponature (sbalzi)Fonte: ENEA

Figura 28Località Pettino: danni alle tamponatureFonte: ENEA

Figura 29Località Pettino: danni alle tamponatureFonte: ENEA

Figura 30Collasso fuori del piano in Piazza PalazzoFonte: ENEA

Figura 31Collasso fuori del piano nel quartiere Ri-veraFonte: ENEA

Figura 32Collasso di spigo-lo in Corso V.Emanuele IIFonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 39

Comportamento degli edifici in muratura

Il comportamento generale degli edifici inmuratura non è stato “peggiore” di quel-lo degli edifici in c.a. Ancora una volta laqualità della costruzione ha fatto general-mente la differenza: edifici costruiti con“opulenza”, ovvero edifici patrizi pubblicio privati, tranne qualche caso eclatante,hanno avuto un comportamento struttura-le generalmente buono. Nei casi invece diedifici realizzati in muratura amorfa, vetu-sta, priva di una malta di aggregazione deisingoli elementi aventi una adeguata resi-stenza e durabilità, si sono verificati crollirovinosi e distribuiti di intere aree, specienelle frazioni (Paganica, Tempera, Onna,San Gregorio, Poggio di Roio, Poggio Picen-ze ecc.) e nei comuni limitrofi (Castelnuo-vo, Ocre, Villa S. Angelo, …) al capoluogo.Emblematica è la situazione di San Gregorioove nella piazza principale non è sostanzial-mente sopravvissuto un solo edificio. Mol-to spesso, oltre all’insufficiente qualità del-l’apparecchio murario vi sono tipologie dicollasso legate essenzialmente a errati in-terventi di ristrutturazione, anche in tempirecenti (sopraelevazioni, coperture a voltespingenti in cemento armato, …). La gamma di danneggiamento è molto va-sta ed è riassunta nelle figure 30, 31 e 32,

sore pari ad 8 cm, insufficiente per per-mettere l’ancoraggio delle cortine ester-ne, quando anche tale ancoraggio fos-se stato previsto;

• l’eccessiva deformabilità delle strutturein c.a. (pilastri sottodimensionati rispet-to allo stato limite di danno, peraltronon previsto dalle precedenti normati-ve italiane), ha comportato un eccessivoimpegno delle tamponature e dei tra-mezzi dal punto di vista delle azioni dicompressione e taglio nel proprio pia-no, determinando fenomeni di rotturaquali l’insorgere di lesioni, l’instabilità ela conseguente espulsione delle tampo-nature fuori del piano.

A causa di tali danni, facilmente evitabilicon un buon dimensionamento dei pila-stri, la maggior parte di tali edifici è risulta-ta non agibile completamente, per cui i co-sti di riparazione (ed adeguamento anti-sismico conseguente) ed i relativi disagi ri-sultano molto amplificati. Laddove le tam-ponature sono state eseguite correttamen-te, con ancoraggi delle stesse alle strutture,e con dimensioni delle pareti di spessoreadeguato (maggiori di 15 cm), i danni sonorisultati comunque generalmente limitati oassenti, e si è evidenziata la collaborazio-ne tra elementi strutturali e non per la cor-retta dissipazione dell’energia in ingressosugli edifici a causa del sisma.

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

• una sopraelevazione finale con una co-pertura in cemento armato (di ottimafattura, considerato lo sbalzo che è ri-masto in piedi al di sopra della porzio-ne di edificio ormai completamentescomparsa).

È da rilevare che, anche nelle zone dovela distruzione è sembrata totale (Roio Pog-gio, Onna, Castelnuovo, ecc…), gli edificiin muratura ben progettati e realizzati (peresempio, murature in blocchetti in cemen-to realizzati conformemente alla norma-tiva sugli edifici in muratura in zona sismi-ca post 1974) o ben ristrutturati (con parti-colare riguardo al consolidamento dellemurature, ed alla leggerezza di solai e co-perture, nonché al confinamento delle mu-rature stesse), non sembrano avere ricevu-to danni rilevanti. Pur precisando che edifici in c.a. proget-tati adeguatamente, con dettagli duttili,possono garantire un ottimo comporta-mento sismico, conforme alle prescrizioninormative più avanzate, va osservato cheanche gli edifici in muratura, nei casi di“costruzione a regola d’arte”, offrono in-trinsecamente ottime caratteristiche di dis-sipazione. Ciò è legato al carattere “distri-buito” degli elementi resistenti verticali

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 40

anche in funzione della tipologia costrutti-va (edificio semplice, edificio monumen-tale, edificio palaziale); la tipologia di dan-neggiamento ha in generale comportatomolte vittime, sia per collassi fuori del pia-no, sia per crolli interni di volte, scale, so-lai. In figura 33 si ha una muratura com-posta da elementi laterizi forati cilindrici(quasi dei porta bottiglie da cantina), checostituiscono la muratura portante di fac-ciata, mentre nelle figure 34 (Roio Poggio)e 35 (Onna) si notano, nel primo caso, l’ef-fetto della copertura pesante in c.a., conse-guente ad una ristrutturazione, sulla mura-tura portante originale non ristrutturatae, nel secondo caso, l’effetto di molteplicifattori: • la copertura pesante in c.a.; • una prima sopraelevazione in mattoni

in cemento forati da due fori (sezioneresistente del mattone molto ridotta,percentuale di bucatura elevatissima) aldi sopra del piano terra (forse l’unico ori-ginario dell’edificio) composto da unamuratura in pietrame;

• una seconda sopraelevazione in bloc-chetti pieni di calcestruzzo (ottimi di persé, ma pesanti se posti al di sopra di unamuratura più leggera);

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 33Sgretolamento di muratura (Poggio di Roio)Fonte: ENEA

Figura 34Crollo (quasi) completo con copertura pesante(Poggio di Roio)Fonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 41

spesso i limiti connessi con la tecnica edifi-catoria utilizzata.Infine, molti edifici nel centro storico del-l’Aquila (figure 36 e 37) hanno superatoabbastanza bene il sisma a dimostrazio-ne che, forse, gli aggregati edilizi tantobistrattati per le loro dimensioni, laddo-ve composti di blocchi omogenei in di-mensioni in pianta e in altezza, possanoavere quelle caratteristiche di compattez-za necessarie per fronteggiare le azionisismiche.

di una struttura muraria (muri portanti),paragonato al carattere “discreto” delladistribuzione degli elementi resistenti ver-ticali in un edificio in c.a. (pilastri). Inoltre,mentre la dissipazione negli edifici mura-ri è intrinsecamente garantita dalle mo-dalità di danno incrementale che le mu-rature portanti subiscono (classiche fessu-re a 45° presenti nei pannelli murari resi-stenti man mano che il livello di danneg-giamento avanza), negli edifici in c.a. lecapacità di dissipazione sono legate a det-tagli costruttivi difficilmente presenti nel-le vecchie realizzazioni, come quelle de-scritte nel precedente paragrafo. D’altraparte anche negli edifici in c.a. la differen-te morfologia dei pannelli murari presen-ti all’interno delle maglie dei telai, ha con-dizionato pesantemente il comportamen-to degli stessi. Come già detto, edifici inc.a. con telai non particolarmente resisten-ti hanno mostrato un buon comportamen-to globale quando nelle maglie dei telaiera inserita una buona muratura di mat-toni pieni; quando, invece, le tamponatu-re erano costituite da laterizio di scarsaqualità e resistenza, dopo la rottura deipannelli murari, i telai, privi del necessa-rio controventamento hanno mostrato

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

Figura 35Crollo (quasi) completo con copertura pesanteFonte: ENEA

Figura 36Edificio nel centro dell’AquilaFonte: ENEA

Figura 37Edificio nel centro dell’AquilaFonte: ENEA

bero dovuto consolidarli o migliorarli an-che simicamente, ne hanno invece modi-ficato la concezione strutturale origina-ria, rendendoli più vulnerabili. È questo, ad esempio, il caso della basili-ca di S. Maria di Collemaggio, costruitada Pietro del Morrone, in seguito PapaCelestino V, la cui tomba, ivi custodita, èstata danneggiata. Nella figura 39 si vede

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 42

Beni culturali

Come sempre negli eventi sismici, monu-menti ed edifici storici subiscono i dannimaggiori e non perché siano stati a suotempo concepiti male (in tal caso il tempoe le varie vicissitudini non li avrebberofatti giungere fino ai nostri tempi (figu-ra 38)), ma perché interventi che avreb-

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 38La Chiesa di Santa Margherita, nota all’Aquila an-che come Chiesa dei Gesuiti, non ha subito danniFonte: ENEA

Figura 39S. Maria di CollemaggioFonte: ENEA

Figura 40S. Maria del SuffragioFonte: ENEA

Figura 41Cupola di S. Maria del SuffragioFonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 43

ma anche di un effetto di amplificazionedi sito. Nelle figure 44 e 45 si vede la chie-sa prima del terremoto (la foto è statascattata sul posto da una cartolina ritrova-ta fra le macerie) e dopo il crollo.

La ricostruzione

Il centro storico dell’Aquila, costituito pre-valentemente da edifici in muratura, hasubito gravi danni ma tante strutturehanno sopportato bene il sisma, soprat-tutto grazie ad una buona manutenzio-ne. In ogni caso il centro storico va salva-to, magari anche ricorrendo ove neces-sario alla ricostruzione con materiali etecniche moderne, ma rispettando la con-cezione architettonica originale: mura-tura armata e/o moderne tecnologie conl’utilizzo di solai misti legno-calcestruz-zo sarebbero ottime soluzioni per la mag-gior parte degli edifici del centro storico. Per gli edifici in cemento armato, invece,va incoraggiata la ricostruzione, soprat-tutto laddove ci sono stati danni signifi-cativi alle strutture portanti: la riparazio-ne potrebbe avere costi elevati e il risulta-to sarebbe non soddisfacente.

che nel crollo del tetto e della cupola deltransetto ha giocato un ruolo importan-te una trave in c.a., realizzata in un prece-dente lavoro di consolidamento, proba-bilmente non ben ancorata alle muratu-re portanti. Non è possibile in questa sede affronta-re il problema in maniera esaustiva, né il-lustrare i vari casi di maggior interesse neldettaglio. Si ritiene però doveroso ricor-dare alcuni casi emblematici. Le figure 40 e 41 sono le immagini sim-bolo dell’evento sismico dell’Aquila: lacupola di Santa Maria del Suffragio, det-ta anche delle Anime Sante, quasi com-pletamente collassata; la chiesa era sta-ta costruita nel 1713, dopo il terremotodel 1703, mentre la cupola è del Valadiere fu costruita nel 1805. La chiesa di SanBernardino (figura 42) costruita a parti-re dal 1454 e completamente rifatta do-po il sisma che nel 1703 devastò la città,ha riportato danni al campanile. È com-pletamente crollata anche la copertura,cupola compresa, di S. Maria Paganica(figura 43). La chiesa Parrocchiale di Castelnuovo èstata completamente rasa al suolo, vitti-

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su

Figura 42Chiesa di San BernardinoFonte: ENEA

Figura 43La cupola di Santa Maria PaganicaFonte: ENEA

sostanziale miglioramento del comporta-mento dell’edificio in caso di terremoto. Lo stesso vale per gli edifici apparente-mente integri o con pochi danni, che an-drebbero verificati e adeguati alle nuovenorme sismiche, preferibilmente ricorren-do a tecniche innovative, quali sistemi didissipazione di energia.L’ottimo comportamento di alcuni edificiin legno (figure 46 e 47), infine, deve farprendere in esame la convenienza di utiliz-zare di tale materiale, che possiede un rap-porto resistenza-peso particolarmente fa-vorevole in zona sismica, anche per edifi-ci durevoli, se accompagnato da un’accu-rata manutenzione.

Conclusioni

Il terremoto aquilano lascia purtroppo lacittà, il centro storico, la periferia, i bor-ghi vicini, in una situazione di esteso eprofondo danneggiamento i cui conno-tati sono stati descritti nei precedenti pa-ragrafi. Il tema attuale, la sfida più importanteper la collettività, non è tanto l’interpre-tazione dei meccanismi di danneggia-mento e/o crollo (questo forse è l’interes-

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 44

Per quanto riguarda gli edifici le cui strut-ture portanti sono state “salvate” grazieal sacrificio delle “parti non strutturali”,quali le tamponature, si pone il problemadei costi necessari per riparare gli elemen-ti non strutturali, che mette in discussio-ne l’opportunità di salvare questi edifici. Va evidenziato che, in questi casi, l’inte-grità della struttura non garantisce nullasul comportamento della stessa in even-tuali eventi sismici futuri; pertanto, taliedifici vanno comunque adeguati simi-camente. È opportuno ricordare che una sempliceriparazione dei danni riscontrati, anche seben fatta, non potrebbe che riportare gliedifici alla loro condizione ante-sisma 6aprile ma questo, ovviamente, non garan-tirebbe nulla circa la adeguatezza deglistessi edifici a resistere ai terremoti di pro-getto associati ai diversi stati limite impo-sti dalla normativa. Solo mediante una corretta analisi struttu-rale si potranno effettuare analisi miratealla valutazione delle capacità di resisten-za al sisma dei singoli edifici e, in caso diinadeguatezza, a progettare correttamen-te le necessarie modifiche strutturali at-te all’adeguamento, o comunque ad un

Antonello Salvatori, Francesco Benedettini, Antonio Martinelli, Paolo Bazzurro, Paolo Clementeriflettore

su

Figura 44Castelnuovo: la chiesa prima del terremotoFonte: ENEA

Figura 45Castelnuovo: la chiesa dopo il terremotoFonte: ENEA

Figura 46Edificio in legno in costruzioneFonte: ENEA

Figura 47Edificio in legno: nessun dannoFonte: ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 3/2009 45

È opportuno idealmente sostituire il “fa-re in fretta” con il “fare nei tempi tecni-ci strettamente necessari per fare bene”,mentre tempi inferiori a questi rendereb-bero il risultato non affidabile. Per rispet-tare i tempi tecnici minimi, non si dovràrisparmiare sulla sicurezza né sulla qua-lità, bensì si dovranno snellire le proce-dure burocratiche e iniziare la ricostru-zione il più presto possibile. Alla base occorre comunque un’eccellen-te programmazione degli interventi euna buona armonia tra gli operatoripubblici che hanno la responsabilità del-le decisioni e quelli privati che in qual-che modo quelle decisioni subiscono. Nei centri storici, ad esempio, dove l’ac-cesso dei mezzi di lavoro non è agevolee le strade saranno a lungo impegnateda ponteggi, si dovrà programmare lasequenza degli interventi in modo danon ostacolarsi a vicenda e in modo dafar precedere la risistemazione delle re-ti infrastrutturali alla sistemazione del-l’edificato. In sostanza una buona orga-nizzazione delle fasi operative che nonsia insensibile ai timori e alle attese del-la popolazione dovrebbe “illuminare” lavia del procedere.

se dello studioso ma non certo quello delcittadino comune) quanto le fasi, i tempi,la velocità della ricostruzione che condi-ziona in forma assoluta il riavvio di unasituazione standard cui tutti i cittadiniaquilani ed abruzzesi vogliono tendere. Le ricostruzioni a seguito dei precedentiterremoti sono state generalmente mol-to lunghe. È auspicabile che questa volta le cose va-dano meglio ma, per quanto si possaoperare velocemente, saranno necessaridiversi anni per l’auspicato ritorno allanormalità. Al riguardo riteniamo che laparola d’ordine “fare in fretta” sia sba-gliata. Non è importante fare in fretta bensì “fa-re bene”: fretta non è sinonimo di qua-lità e nemmeno di sicurezza che, al mo-mento e per le ovvie ragioni, è la presta-zione cui tutte le azioni di tutti gli attoridevono tendere. L’Aquila e gli altri centri abitati vanno ri-costruiti in modo che possano essere si-curi nei decenni futuri, in modo che nonsi debba mai più tornare in quelle zonea ricostruire dalle macerie di un eventosismico, pur se il territorio abruzzese è, erimane, a elevata sismicità.

Lezioni dal terremoto dell’Abruzzo: il comportamento degli edifici visto dall’angolo prospettico della “regola d’arte” nel costruire

riflettore

su