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GUIDO ALPA Autonomia delle parti e libertà contrattuale, oggi 1. Il contratto in una prospettiva complessa. L’occasione della riflessione sulle sorti della libertà contrattuale nella fase odierna è stata offerta dapprima dall’avvento del nuovo millennio, che sembrava dischiudere una nuova stagione informata ai valori fondamentali delle società occidentali ma anche a nuove esigenze dell’economia ormai completamente globalizzata( 1 ). Di poi, la riflessione è stata sollecitata dalle iniziative, originariamente solo accademiche, ed accolte in seguito con favore dagli organi comunitari, tendenti a promuovere la realizzazione di una terminologia comune e alla individuazione di principi comuni alle esperienze giuridiche dei Paesi Membri dell’ Unione europea in materia di contratti e delle altre fonti delle obbligazioni.( 2 ) Infine, si è aperta una nuova prospettiva, connessa con l’applicazione dei diritti fondamentali, riconosciuti nelle carte 1 Nella letteratura assai vasta v. in particolare Galgano, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 2000, p. 189 ss. E Il contratto, Padova, 2008; Roppo, il contratto del duemila, Torino, 2000; Irti, Scambi senza accordo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1998, p. 347 ss.; Oppo, Disumanizzazione del contratto?in Rivista di diritto civile, 1998, p. 525 ss.; e i contributi al dibattito promosso da Rodotà su Il contratto:nuovi ininerari di ricerca, in Rivista critica del diritto privato, 2001, p. 161 ss.; per il diritto francese v. La réforme du droit de contrats, in Revue de contrats, 2006, n.1; per un raffronto tra common law inglese e diritto prfrancese v. Contract Law Today, a cura di Harris e Tallon, Oxford, 1989. Si intreccia con questa problematica la discussione sulla “giustizia” del contratto, in ordine alla quale si aprono complessi scenari : v. per tutti Perfetti, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2005 2 Per una prima rassegna di queste iniziative v. Alpa e Andenas, Fondamenti del diritto privato europeo, Milano, 2005, con l’aggiornamento di Alpa e Conte, in Rivista di diritto civile, ; nonché le puntualizzazioni rinvenibili in AA.VV., I mobili confini dell’autonomia privata, a cura di M.Paradiso, Milano, 2005;

LIBERTA CONTRATTUALE

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GUIDO ALPAAutonomia delle parti e libertà contrattuale, oggi

1. Il contratto in una prospettiva complessa.

L’occasione della riflessione sulle sorti della libertà contrattuale nella fase odierna è stata offerta dapprima dall’avvento del nuovo millennio, che sembrava dischiudere una nuova stagione informata ai valori fondamentali delle società occidentali ma anche a nuove esigenze dell’economia ormai completamente globalizzata(1). Di poi, la riflessione è stata sollecitata dalle iniziative, originariamente solo accademiche, ed accolte in seguito con favore dagli organi comunitari, tendenti a promuovere la realizzazione di una terminologia comune e alla individuazione di principi comuni alle esperienze giuridiche dei Paesi Membri dell’ Unione europea in materia di contratti e delle altre fonti delle obbligazioni.(2) Infine, si è aperta una nuova prospettiva, connessa con l’applicazione dei diritti fondamentali, riconosciuti nelle carte costituzionali e nelle esperienze costituzionali dei Paesi Membri, dalla Carta europea dei diritti fondamentali e più di recente dal Trattato di Lisbona(3). Sul piano storico sono state promosse ricerche per confrontare radici comuni ai singoli sistemi ed evoluzioni parallele di principi, regole, modelli , talvolta con approfondimenti encomiabili, altra volta indulgendo a semplificazioni eccessive.

Nel frattempo sono mutate le condizioni economiche e sociali dei cittadini europei, in parte anche per il riflesso della crisi economica mondiale, che ha colpito i consumatori, i risparmiatori, ma anche le piccole imprese . La rivoluzione informatica e le nuove tecniche

1 Nella letteratura assai vasta v. in particolare Galgano, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 2000, p. 189 ss. E Il contratto, Padova, 2008; Roppo, il contratto del duemila, Torino, 2000; Irti, Scambi senza accordo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1998, p. 347 ss.; Oppo, Disumanizzazione del contratto?in Rivista di diritto civile, 1998, p. 525 ss.; e i contributi al dibattito promosso da Rodotà su Il contratto:nuovi ininerari di ricerca, in Rivista critica del diritto privato, 2001, p. 161 ss.; per il diritto francese v. La réforme du droit de contrats, in Revue de contrats, 2006, n.1; per un raffronto tra common law inglese e diritto prfrancese v. Contract Law Today, a cura di Harris e Tallon, Oxford, 1989.

Si intreccia con questa problematica la discussione sulla “giustizia” del contratto, in ordine alla quale si aprono complessi scenari : v. per tutti Perfetti, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2005

2 Per una prima rassegna di queste iniziative v. Alpa e Andenas, Fondamenti del diritto privato europeo, Milano, 2005, con l’aggiornamento di Alpa e Conte, in Rivista di diritto civile, ; nonché le puntualizzazioni rinvenibili in AA.VV., I mobili confini dell’autonomia privata, a cura di M.Paradiso, Milano, 2005;

3 Rodotà, La vita e le regole, Milano, 2006

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distributive di prodotti e servizi hanno lasciato il segno anche in questo settore, mettendo perfino in crisi la concezione del contratto come “incontro dei consensi”, il meeting of the minds di ottocentesca memoria, posto che la volontà di ciascuna parte è diretta alla acquisizione della cosa o del servizio da un lato e del prezzo dall’altro lato, ma esse, in realtà, non si incontrano, sicché gli scambi avvengono “senza accordo”(4).

Al principio di libertà contrattuale si affidano così due ruoli tra loro in conflitto: da un lato, si vorrebbe costruire sul contratto l’unico sistema (libero e sovranazionale) di regolazione dei rapporti tra i privati, tendendosi a considerare il contratto come un semplice “affare tra privati”, preclusivo di ogni integrazione, valutazione, controllo proveniente dall’esterno ; in questo senso libertà contrattuale, cioè libertà per i contraenti di effettuare qualsiasi scelta essi desiderino, purché sia condivisa, coincide perfettamente con l’autonomia, cioè con la legge privata, delle parti; dall’altro si vorrebbe affidare al contratto compiti di giustizia correttiva e distributiva, di protezione della persona, di efficiente allocazione delle risorse che un tempo spettavano esclusivamente al legislatore, e quindi la libertà contrattuale, in questo senso intesa come libertà “dal”contratto come strumento vincolante della parte più debole, si allontana dalla autonomia, in quanto il contratto è integrato, valutato, controllato ab externo(5).

L’antico rapporto dialettico libertà/autorità si ripresenta sotto diverse spoglie. Alla contrapposizione tra contratto sottoposto alle regole dei diritto comune e contratto sottoposto alla legislazione speciale, e alla contrapposizione tra modello garantista (nel quale l’ordinamento – cioè “lo Stato”- si pone al servizio dei privati per rendere vincolanti le loro pattuizioni e renderle coercibili , senza tuttavia interferire con le libere scelte e l’autonormazione) e modello paternalista ( nel quale lo Stato interferisce nelle scelte, ma soprattutto offre, per ragioni di interesse pubblico, tutela a categorie di interessi deboli, e disciplina per così dire nella dimensione pubblicistica il rapporto instauratosi tra le parti) si è proposta una sorta di crasi, che qualifica il contratto come un accordo “regolato”- piuttosto che governato completamente ab externo - nel quale l’autonomia non confligge ma si armonizza con l’intervento rieequilibratore, che tiene conto appunto degli interessi tutelati dalla sfera pubblica, soprattutto quando le parti deboli sono

4 Irti, op.civ.,p. 350 ss.

5 Di libertà “dal” contratto parla Smith, Future Freedom and Freedom of Contract, in Mod.L.Rev., 1996, n.2; e v. ora Bridgeman, Liberalism and Freedom from the Promise Theory of Contract, in Mod.L.Rev., 2004, p. 683 ss.

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i lavoratori subordinati, i consumatori, i risparmiatori, i conduttori, e così via.

In più, nel moltiplicarsi delle fonti, si affiancano al legislatore parlamentare gli organi delegati alla formazione, come le Autorità amministrative indipendenti, e le epifanie della soft law , come codici di condotta, protocolli d’intesa, procedure negoziate(6).

Sulla scena si alternano o si dividono le parti diversi attori : non solo i legislatori e i giudici, non solo le autorità amministrative indipendenti, non solo gli accademici e gli scienziati, ma anche i professionisti e più in generale gli stakeholders, che hanno titolo per intervenire e per contribuire alla costruzione della nuova fisionomia del contratto, sia perché suggeriscono con la loro attività difensiva, soluzioni ai giudici e agli arbitri, oppure, con la partecipazione alle commissioni legislative, soluzioni a chi ha conservato il potere regolatore, sia perché attraverso le loro rappresentanze, esprimono le esigenze della società civile.

La discussione sulle sorti della libertà contrattuale e quindi del contratto nella fase odierna riflette dunque la complessità della situazione economico-sociale che si è venuta delineando nell’ultimo torno d’anni e la complessità delle fonti, che dipende dalla applicazione delle regole del diritto internazionale privato, dei regolamenti comunitari sulla scelta del foro e della legge applicabile, dalla espansione della legislazione comunitaria, dalla rilevanza giuridica del Carta europea dei diritti fondamentali e dei principi costituzionali comuni ai Paesi Membri, dalla “produzione normativa” della giurisprudenza della Corte di Giustizia, nonché dalla evoluzione dei sistemi nazionali (7).

La complessità della situazione è dovuta anche alla emergenza di prassi e modelli contrattuali che dal mercato internazionale tendono ad espandersi nel mercato comunitario e quindi nelle esperienze nazionali; alla diffusione di modelli di decisioni o di risoluzione stragiudiziale delle controversie dovuti a giudizi ordinari o arbitrali, a procedure di mediazione e conciliazione; alla moltiplicazione di rimedi – talvolta circoscritti a categorie di soggetti connotati dalla loro veste economica e sociale – nonché alla difesa (almeno scrittoria) dei diritti fondamentali e dei valori della persona, aspetto,

6 Per una attenta analisi di questo fenomeno v. i saggi raccolti da Gitti ne L’autonomia privata e la metamorfosi del contratto, Bologna,…

7 Per i primi appunti v. Alpa, Introduzione al diritto contrattuale europeo, Roma-Bari, 2007; AA.VV., Manuale di diritto privato europeo, a cura di Castronovo e Mazzamuto, Milano, ….; AA.VV. Manuale di diritto privato europeo, a cura di N.Lipari, …..; Principi di diritto europeo dei contratti, Parte I e II, a cura di Castronovo, Milano, 2001; Princioples of European Contract Law, Parts I and II, a cura di Lando e Beale, the Hague, London, Boston, 2000

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questo, menzionato per ultimo, perché ancora problematico e in fase di affermazione quasi sperimentale(8) .

Non è però possibile abbandonare l’impianto concettuale che si è venuto costruendo e affinando nel corso del tempo: ogni termine reca con sé il suo passato, e i concetti della dogmatica contrattuale continuano a giocare il loro ruolo: sicché ancora oggi si parla di libertà contrattuale intesa nel senso di manifestazione di volontà libera, la si ricollega alla rilevanza dell’affidamento e alle aspettative delle parti, e alle tecniche di equilibrio interno del contratto(9).

Anche il dibattito “politico” sulla libertà contrattuale si è ravvivato, ad opera delle iniziative comunitarie sulla armonizzazione delle regole concernenti i rapporti con i consumatori (acquiscommunautaire) e sulla armonizzazione/uniformazione/unificazione/codificazione delle regole del diritto comune dei contratti. Si è discusso sulla nozione di libertà contrattuale come espressione di una autentica visione “liberale” dell’agire dei privati (confusa, spesso ad arte, con il liberismo più brutale) e sulla responsabilità del legislatore (comunitario e nazionale) nel perseguire interessi sociali che potrebbero essere negletti o peggio contrastati dall’accordo delle parti(10).

8 Sul punto v. De Nova, Il contratto alieno, Torino, 2008; Fontaine e de Ly, La redazione dei contratti internazionali,(2003), trad. it., Milano, 2008; Ruggeri, La prassi mercantile nella contrattazione internazionale, Napoli, 1994; Lasbordes, Les contrats déséquilibrés, Aix-Marseille, 2000; Ghestin, Traité de droit civil. La formation du contrat, Parigi, ,p. 45 ss.

Bonell, Un “Codice” Internazionale del Diritto dei Contratti.I Principi Unidroit dei Contratti Commerciali Internazionali, II ed., Milano, 2006; Trebilcock e Leng, the Role of Formal contract and Enforcement in Economic Development, in Va.L.Rev., 2006, p. 1517 ss. ; Stine Sweet, the New Lex Mercatoria and Transnational Governance, in J.E.Publ.Policy, 2006, p. 627 ss. ; Smits, Law Making in the European Union: On Globalization and Contract Law in Divergent Legal Cultures, La.L.Rev., 2007, p. 1181 ss.

9 V. ad es. Kimel, Neutrality, Autonomy, and Freedom of Contract, in Ox.J.Leg.Stud., 2001, 473 ss.; particolarmente significative sono le due monmografie che hanno dato adito a grandi dibattiti nel mon do del common law inglese e nord-americano: Gilmore, La morte del contratto (1974), trad.it. Milano, …. ; Atiyah, The Rise and Fallo f freedom of Contract, 1979 ( sul quale v. Mensch, Freedom of Contract As Ideaology, in Stan.L.Rev., 1980, p. 753 ss.); ma v. inoltre Trebilcock, The Limits of freedom of Contract, Cambridge (Mass.), 1993

Collins, Regulating Contracts,…; AA.VV., The State and freedom of Contract, a cura di Scheiber, Stanford, 1998; Schwartz e Scott, Contract Theory and the Limits of Contract Law, Yale Law School, “003, paper 275;

AA.VV., Enforcing Contracts in Transition Economies, a cura di Andenas e Sanders,London, 2005

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E ci si è chiesti, di fronte alle imprese di sistemazione di interi comparti del diritto degli affari, del diritto relativo a contratti speciali, e pure del diritto delle obbligazioni, se questa uniformazione sia vantaggiosa per l’economia , vantaggiosa per le parti, vantaggiosa per i professionisti che le assistono(11).

Se si fa eccezione per la lex mercatoria di origine medievale, o per i principi del diritto romano raccolti nelle “regulae iuris” , accidenti della storia che hanno una propria logica ed una propria vicenda culturale e pratica, i primi tentativi di uniformazione risalgono agli anni Trenta del Novecento. E mi fa piacere a questo proposito ricordare , oltre alle opere di Rabel, il tentativo di redazione di un codice delle obbligazioni e dei contratti promosso da una commissione bilaterale italo-francese(12).

La formazione di principi costituzionali condivisi ha cementato la cultura giuridica europea, anche se è aperto il dibattito sulla costituzionalizzazione della libertà contrattuale, mentre è ormai acquisita la inclusione dei principi costituzionali di tutela della persona, in particolare (ma non esaustivamente) i principi antidiscriminatori tra le regole che le parti non possono infrangere(13) .

10 Al riguardo v. le osservazioni di Somma, Introduzione critica al diritto europeo dei contratti, Milano, 2007 e Autonomia privata e struttura del consenso contrattuale.Aspetti storico –comparativi di una vicenda concettuale, Milano, 2000; Marella, The Old and New Limits of Freedom, in ERCL, 2006, p. 257 ss.;

11 V. D’Angelo (And.), Monateri, Somma, Buona fede e giustizia contrattuale.Modelli cooperativi e modelli conflittuali a confronto, Torino, 2005; AA.VV., the Hormonisation of Europea Contract Law.Implications for European Private Laws, Business and Legal Practice, a cura di Vogenauer e Weatherill, Oxford, 2006

12 Progetto di codice italo-francese delle obbligazioni(1927) rist. inalt. A cura di Alpa e Chiodi, Milano, 2007

13 Il dibattito è risalente e oggetto di una messe enorme di contributi: v. ad es., i saggi raccolti in AA.VV., La pianificazione economica e i diritti della persona umana, 1955; Giorgianni (M.), in Giurisprudenza costituzionale, 1962,p. 93 ss.; Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1967; Sacco e De Nova, Il contratto, Torino, 1993.; Costituzione europea e interpretazione della costituzione italiana, a cura di Alpa e Iudica, Napoli, 2006; nella prospettiva del diritto inglese, come inciso dal Human Rights Act 1998 v. Brownsword, Contract Law .themes for the Tewnty-First Century, II ed., Oxford, 2006, cap. 10; per il diritto tedesco in comparazione con il diritto francese e il common law inglese, Markesinis, Unberath, Johnston, The German Law of Contract. A Comparative Treatise, Oxford e Portland, 2006; nonché Youngs, Constitutional Limitations on Freedom of Contract: What Can the Germans Teach Us?, in Anglo-American L.Rev., 2000, p. 498 ss.

per il diritto francese ( quasi una vera e propria eccezione) Lajoye,De la valeur constitutionnelle de la liberté contractuelle, C.R.D.F. 2002, p. 118; Terneyre, Le législateur peut-il abroger les artiche 6 et 1123 du Code civil? Sur la valleur constitutionalle de la liberté contractuelle, in Mélanges en l’honneur du Professeur Gustave Peiser, …1993, 473; Dumay, Contrats et droits

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Insomma, le espressioni “libertà contrattuale” e “autonomia delle parti” debbono essere contestualizzate, per poterne comprendere adeguatamente il significato; che è – inevitabilmente – un significato relativo(14).

E’ un significato che deve essere ricostruito anche alla luce delle tradizioni che hanno solcato la cultura giuridica nel corso dei tempi, sicché, nella prospettiva di una armonizzazione del diritto privato europeo, appare molto difficile il compito di quanti si sono proposti di redigere testi che raccolgono una terminologia univoca, una armatura concettuale adattabile a tutte le vicende, principi generali e astratti formulati a mo’ di regole di un “codice”(15).

Perciò il percorso che ha portato alla redazione di un Draft Common Frame of Reference è stato inevitabilmente lungo, tortuoso, accidentato(16).

Il Draft, come è noto, non nasce da una penna sola, ma risulta dalla confluenza di più ricerche, di più testi, di più iniziative, aventi molti protagonisti e finalità diverse tra loro.

L’albero genealogico del corpo di regole che gli stakeholders sono chiamati a valutare risale per una parte ai principi dell’ acquis communautaire (ACQP)17, dall’altra ai principi del European Civile

fondamentaux, ….; Izorche, La liberté contractuelle, in Libertés et droits fondamentaux, Paris, 2002,

Nella prospettiva dell’analisi economica del diritto v. Venderberghe, The Economics of the Non-discrimination Principle in General Contract Law, ERCL, 2007, p. 410 ss.

14 V. in particolare Lurger, The future of European Contract Law Between Freedom of Contract, Social Justice and Market Rationality, in ERCL, 2005, p. 442 ss.

15 Sulle “avventure” di questa iniziativa v. von Bar, ; in una prospettiva critica si colloca Somma, Verso il diritto privato europeo? Il quadro comune di riferimento nel conflitto ttra diritto comunitario e diritti nazionali,….

16 A questi indirizzi si sono dedicate in particolare alcune riviste giuridiche: la European Review of Contract Law , diretta da Collins, Fabre-Magnan, Grundmann, Hesselink, Roppo ; la Revue des contrats, diretta da (D.) Mazeaud; Europa e diritto privato, diretta da Bonell, Castronovo, Di Majo e Mazzamuto; European Business Law review, diretta da alpa e Andenas; in particolare v. i saggi su ERCL, 2007, n.3 e in ERA Forum, Eurpean Contract Law, Towards a Common Frame of Reference (CFR), 2008, suppl. 1; Ancel, Fauvarque-Cosson, Wintgen, Schulze, Regards croisés sur le Cadre commun de référence, in Revue des contrats, 2008, p. 917 ss.; sul contributo della dottrina francese a queste iniziative v. i saggi raccolti da Fauvarque-Cosson, Mazeaud e Tenenbaum, Terminologie contractuelle coomune, Paris, 2008 e i saggi raccolti da Fauvarque-Cosson, Mazeaud, Wicker, Racine, Principes contractuels communs, Parigi, 2008

17 La redazione di principi di tutela dei consumatori in forma codificata come proposta dal Gruppo di studio sull’ acquis communautaire coordinata da Ajani e Schulte Nolke è stata oggetto di critiche (peraltro non condivisibili) da parte di Jansen e Zimmermann, Restating the

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Code (PECC); a loro volta entrambi questi progetti discendono dai PECL ; i PECL si ispirano ai PICC, ed entrambi si ispirano ai principi della CISG.

Fino ad ora – attesi anche i tempi ristretti intercorsi dalla sua pubblicazione alla richiesta di commenti da parte della Commissione europea - l’esame del Draft è stato effettuato con riguardo alle scelte testuali e sistematiche operate dai redattori ; in particolare peri ACQP si è voluto verificare se essi fossero il prodotto del miglioramento del tessuto normativo riservato ai consumatori o se inglobassero anche principi nuovi, afferenti al diritto comune, e se quindi avessero pretese di astrattezza e generalità; per i PECC se si trattassero di un semplice restatement o se contenesse innovazioni dettate dalle esigenze di una economica moderna; a questo trend si è affiancato poi quello che tiene conto degli scopi – diversi tra loro – dei due corpi di regole, votato l’uno (almeno negli intenti originari) al coordinamento delle direttive comunitarie in materia di tutela del consumatore e l’altro alla predisposizione di un modello normativo unitario riguardante tutte le categorie di soggetti e tutti i rapporti obbligatori istituiti all’interno dei sistemi nazionali o nei rapporti transnazionali ; a queste analisi si è aggiunto l’ esame critico dei valori di fondo, talvolta esplicitati, talvolta sottintesi, di cui entrambi i corpi di regole si fanno veicolo.

Sono questi i desiderata del legislatore comunitario, dei legislatori nazionali, dei governanti e dei governati? La risposta è di là da venire, ma ciò che conta è l’atteggiamento con cui i giuristi si pongono dinanzi a questo testo: per esaminarlo tenendo conto delle esigenze della scienza e della prassi, nonché dei destinatari di queste regole, occorre essere sgombri da pregiudizi , e sviluppare, possibilmente, un atteggiamento simpatetico. La sola critica distruttiva non farebbe premio allo sforzo immane che in questi trent’anni hanno sostenuto ricercatori, redattori,coordinatori, né risponderebbe alle attese di chi crede nella opportunità (se non nella necessità) di promuovere lo sviluppo del diritto privato europeo.

2. L’ “autonomia delle parti” e la definizione di contratto nel Draft.

Acquis Communautaire? A Critical Examination of the” Principles of the Existing EC Contract Law”, in Mod.L.Rev., 2008, p. ….

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In apertura del Libro II del Draft dedicato ai contratti e agli altri atti giuridici (“juridical acts” ) sono collocate alcune disposizioni che hanno carattere generale, una versione più ampia, dunque , delle regole contenute nel corpo del testo, di per sé già considerate generali, alla stregua di principi , piuttosto che non di regole dettagliate e precise. Si offre (all’art. II.-I:101) la definizione di contratto , che meriterebbe un analitico esame, tenendo conto sia della natura e degli scopi del Draft , sia delle concezioni di contratto maturate nelle diverse esperienze dell’ Europea continentale e dei sistemi europei di common law ; e si conferisce al contratto un valore vincolante : meglio si precisa che il contratto, in quanto “accordo”(agreement) è diretto a costituire un rapporto giuridico vincolante o qualche altro effetto giuridico. (Sulla vincolatività ritorna l’art. II.-1:103 c. 1, che, laconicamente ma fermamente enuncia il principio secondo il quale <un contratto valido è vincolante per le parti>).

Di seguito si prevede una disposizione intitolata alla “autonomia delle parti” (art.II.-1:102), in base alla quale <le parti sono libere di concludere un contratto (…) e di determinarne il contenuto, in conformità al principio di buona fede e correttezza e alle norme imperative ad esso applicabili>.

Si dirà poi come è articolata la disposizione negli altri commi e della derogabilità delle regole contenute nel Draft. Vorrei però soffermarmi, dapprincipio, sulla necessità o meno di una regola di apertura come quella sopra riportata.

La regola è posta subito dopo la definizione di contratto: e avrebbe potuto essere assorbita nella stessa definizione, se solo si fosse detto che <il contratto è l’accordo liberamente concluso dalle parti….etc.>. Per contro, l’enfasi sulla “autonomia” è collegata con (i) la decisione di concludere un contratto, (ii) il rispetto della buona fede e della correttezza e (iii) delle altre regole imperative applicabili.

Così come formulate, né la prima né la seconda regola possono essere incluse in un testo contrattuale: pertanto non tutti gli articoli del Draft possono soddisfare quella esigenza che viene enunciata nelle regole omologhe poste in apertura dei PECL, a cui si conferisce anche il ruolo di clausole contrattuali, se richiamate o inserite direttamente dalle parti nel loro contratto. E’ evidente che nel testo contrattuale non si darebbe una definizione di contratto e neppure si enuncerebbe il principio di autonomia delle parti . Al massimo si espliciterebbe che il contratto è stato liberamente

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negoziato tra di loro ,salva poi la problematica relativa al valore e agli effetti di una clausola siffatta.

In questo senso, sia la definizione di contratto sia la posizione del principio di autonomia delle parti si devono intendere come allocate in un testo che assumere il ruolo o di codice modello o di possibile traccia per uno “strumento comunitario” (sotto specie di direttiva o di regolamento). In tal caso, però, il testo rimane ancora una semplice bozza, a contenuto accademico, dal momento che solo la sua inclusione in una cornice vincolante , quale potrebbe essere una fonte comunitaria , o solo il riconoscimento di una disposizione di diritto positivo – comunitaria o nazionale- del CFR , una volta superato lo stadio del mero Draft, potrebbe avere valore giuridico vincolante tra le parti. Una semplice scrittura non correlata ad una norma di diritto positivo non sarebbe in grado, da sola, ad acquisire quel valore.

Di questo assunto sono ben consapevoli gli studiosi del diritto internazionale privato e del diritto del commercio internazionale, che si rifanno alla lex fori e al Regolamento comunitario sulle obbligazioni contrattuali per sottolineare come non sia possibile riconoscere effetto giuridico vincolante ad alcuno scritto concluso tra le parti in quanto tale.

Ma vi è di più. La nozione di contratto che emerge dalle due regole , o almeno, quello che appare sottinteso, è il contratto scritto. Ma si sa che il contratto può essere concluso mediante comportamenti, o altri segni di espressione della volontà, mediante l’esecuzione diretta della prestazione, senza necessità di accettazione, mediante tutti i modi che si declinano per dare risalto al vincolo contrattuale che si può creare tra le parti, consapevolmente o meno. Il Draft corregge dunque il tiro con altre disposizioni, che riguardano l’adempimento della promessa (art.II.-1:103,c.2) o il comportamento concludente (art.II.-1:105) ma sempre intenzionale . La problematica della dichiarazione e dell’ affidamento sembrano dunque estranei al testo e alla volontà “legislativa” dei redattori del Draft, nonostante la discussione ormai secolare che essa ha segnato.

Una scelta di questo tipo implica perciò una (i) limitata nozione di autonomia delle parti, (ii) una limitata applicazione del Draft – sempre che l’interprete non voglia estenderne l’applicazione profittando della definizione oggettiva di contratto, (iii) una criptica elezione per la teoria della volontà, ancorché la “volontà delle parti” sia di sfuggita menzionata nella definizione di contratto, sotto forma di intenzione e, di poi, nella disposizione che ingloba nel contratto

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anche la consapevolezza del comportamento tenuto (art.II.-1:105) … sempre intenzionalmente o con ogni altro stato mentale.

La scelta appare curiosa, perché non è giustificata né dallo scopo del Draft, né dalla natura delle regole proposte, che sarebbero rivolte a disciplinare tutti i rapporti contrattuali ( C2C,B2C,B2B) conclusi delle parti non qualificate in modo particolare.

Ma un conto sono le parole del testo, altro il commento, altra ancora la descrizione degli scopi del testo e dei valori ad esso sottesi, quali risultano dal saggio introduttivo dell’edizione a stampa.

La rilevanza del principio in esame è sottolineata più volte nell’ introduzione, ad avvertire il lettore e il potenziale operatore del diritto che la regola che codifica la libertà contrattuale – di libertà infatti si parla in questo contesto – normalmente porta alla “giustizia”, ma questa condizione si verifica solo se le parti sono completamente informate, hanno egual potere negoziale, quando si accingono a concludere il contratto, e scelgono il suo contenuto, il che implica – di norma – una scelta effettuata nel rispettivo interesse e quindi rispondente a giustizia. Pertanto non vi sarebbe ragione di interferire con la scelta delle parti se non quando una di esse sia più debole e l’altra ne profitti, ne abusi, ne violi i diritti fondamentali. Le limitazioni alla libertà contrattuale sono quindi intese come tecniche che impongono l’osservanza di regole inderogabili o che colpiscono clausole vessatorie.

Libertà contrattuale è intesa anche nel senso di libertà da qualsiasi intervento esterno, che si giustifica solo “in relazione a certe situazioni o a certi tipi di contratto”. Non è quindi tutelata la libertà contrattuale quando si dovesse risolvere in una discriminazione fondata sul “genere, sulla razza o sulla religione”. La libertà di scegliere il contenuto de contratto , a sua volta, è limitata nel caso di slealtà nel procedimento di formazione del contratto, nell’ abuso di potere contrattuale, nell’acquisizione di vantaggi eccessivi che beneficiano la parte più forte. L’intervento esterno – dovuto quindi a ragioni di ordine pubblico, di tutela della parte più debole, di riequilibrio del contratto – è considerato come una circostanze di eccezione, “minimale”, e tale da agevolare comunque la parte che subisce la limitazione perché sia possibile consentirle di svolgere la sua attività in modo economicamente efficiente: di qui la redazione di regole semplici, anziché l’imposizione di standards, e l’impiego di formule flessibili, come la fairness, nel controllo delle clausole contrattuali , nell’imporre

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regole inderogabili, nel prevedere default rules, quando le parti non abbiano previsto altrimenti.

Sempre nell’ introduzione si precisa che le regole contrattuali, oltre a promuovere l’efficienza, debbono promuovere i diritti fondamentali , la solidarietà (intesa come dovere di cooperazione) e la responsabilità sociale (intesa come spinta all’esercizio di attività altruistiche). Anche la buona fede gioca un ruolo importante.Ma a differenza dei PECL in cui la buona fede è considerata un principio generale (art.1:201), nel Draft la buona fede appare distribuita nelle diverse sezioni, pur essendo considerata da taluni come una regola generale di comportamento e da altri come uno strumento giuridico per ottenere risultati più corretti ed efficienti.

3.Un raffronto testuale tra le formule del Draft, dei PECL e dei PICC. “Autonomia delle parti” e “libertà contrattuale”.

Rispetto ai PECL, a cui in parte di ispirano le regole del Draft, la cui elaborazione ha seguito, per un certo periodo di tempo, in via parallela , la redazione dei PECL, si nota innanzitutto la preoccupazione didascalica di dare una definizione al contratto, che meglio avrebbe potuto figurare in un elenco definitorio di termini o principi, come elaborati dall’ accademia francese, e , dall’altra, una certa difformità lessicale, che però non preclude al Draft di ripetere i contenuti delle regole omologhe dei PECL (art.1:102): la libertà di concludere il contratto, il suo assoggettamento ai principi di buona fede e fair dealing, nonché alle norme dichiarate non derogabili dagli stessi PECL. Nel caso dei PECL sarebbe difficile denominarle “imperative” , come peraltro emerge dalla traduzione italiana del testo, visto che i PECL sono di creazione accademica, ed anche se assurgessero essi, in luogo del CFR, a “model rule”, non potrebbero mai esprimere l’ imperio che è tipico delle norme di diritto positivo18 .

C’è però una novità che apparentemente sembra soltanto lessicale : nella versione inglese la disposizione sulla autonomia delle parti è espressa in termini di “freedom of contract”, libertà contrattuale , anziché di autonomia contrattuale, come recita il Draft; l’autonomia è privilegiata nella traduzione italiana dei PECL, forse per allusione alla rubrica dell’art. 1322 del codice civile italiano, per l’appunto intitolato alla autonomia contrattuale, portando però ben più ricco e pregnante contenuto.

18 In argomento v. Storme, Freedom of Contract: Mandatory and Non-Mandatory Rules in European Contract Law, in ERPL, 2007, p. 233 ss.

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Torna alla libertà contrattuale , peraltro con i medesimi contenuti in ordine alla libertà di contrarre e di scegliere il contenuto del contratto il testo dei PICC.

E’ solo una scelta lessicale o la terminologia impiegata ha un significato più rilevante?

Nel testo francese ,invece, si preferisce parlare di “libertà contrattuale”.

Il Gruppo francese di ricerca sulla termologia e sui principi del diritto contrattuale europeo19 ha infatti proposto una riformulazione dell’intera parte introduttiva del Libro II , raggruppando le disposizioni in tre sottosezioni rispettivamente dedicate a: libertà contrattuale (I), sicurezza contrattuale (II), lealtà contrattuale (III). Nella sezione I alla libertà contrattuale si dà un significato ampio, in quanto l’espressione è intesa nel senso di: (i) libertà di contrattare e di scegliere il proprio contraente; (ii) libertà di determinare il contenuto del contratto e (iii) delle regole di forma ad esso applicabili; (iv) libertà di modificare di comune accordo il contratto oppure di estinguerlo. Sempre nell’ambito della disciplina introduttiva si prevede la possibilità di concludere il contratto solo a favore di se stessi, salve disposizioni contrarie; la produzione di effetti che non implichino la lesione o la modificazione di diritti di terzi; l’efficacia della recesso unilaterale nei contratti a tempo indeterminato.

4. L’ autonomia contrattuale nel contesto sistematico della parte generale del Draft .

Esaminando le regole del Draft appare opportuno fare impiego dei termini così come essi sono utilizzati nel testo: e siccome il Draft parla di “autonomia delle parti ” e non di “libertà contrattuale”, alla prima endiadi farò riferimento, anche se da una lettura anche sommaria del testo si può inferire che i redattori non fanno distinzione tra le due formule.

Il Draft non si può considerare come un codice civile tipico della tradizione europea continentale ; su questo punto hanno molto insistito non solo gli organi comunitari che si sono interessati dell’argomento e delle iniziative ad esso correlate, il Parlamento europeo , la Commissione europea e lo stesso Consiglio, nonché gli estensori del testo e i coordinatori dei gruppi di lavoro dedicati alle diverse prospettive in esso convergenti ; tuttavia i criteri di lettura, di coordinamento delle disposizioni, i rinvii interni, le tecniche di interpretazione estensiva, analogica, e le altre tecniche che

19 V. supra,

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dovrebbero esser osservate per la sua applicazione in ambito europeo sono propri della cultura codicistica espressa dalle esperienze nazionali. 20Di fronte ad un testo di regole ( proposte, raccomandate, opzionali, etc.) le reazioni del lettore sono quelle proprie della cultura con la quale si è formato e che porta con sé.

Debbo dire però che , per il civilian, la tentazione di trattare – cioè leggere, interpretare, coordinare, scandagliare – i capitoli, le sezioni, le singole regole – come se fosse in presenza di un codice “vecchia maniera” è forte, quasi naturale, per non dire invincibile. D’altra parte, se il Draft, nella versione definitiva, dovesse divenire un “codice modello” , l’atteggiamento del civilian non potrebbe essere molto diverso. Altrettanto inevitabile è il confronto del testo con i codici attualmente vigenti o in preparazione, come l’ avant-projet francese.

E quindi – almeno nella prospettiva che mi torna naturale, ma anche nei voti degli estensori del testo - si può parlare di una interpretazione sistematica delle regole introduttive e delle regole che riguardano le parti speciali.

E’ pur vero che il Draft detta le regole sulla propria interpretazione: ma al di là di quelle che sono specificamente indicate, e che dovrebbero intendersi come in sé conchiuse, autonome e autosufficienti, è ben difficile non ritenere che , collocato in ambito europeo, anzi, comunitario, il testo, anche se fosse inteso nel suo significato più riduttivo, cioè come un modello di regole a cui le parti si possono rivolgere per disciplinare i loro rapporti, non si sottrarrebbe alle regole interpretative che sono proprie degli strumenti comunitari.

In ogni caso, l’art. I.-1:102 non lascia privo l’interprete di regole di ermeneutica: infatti (i)richiama la interpretazione teleologica; (ii) prevede che le regole del Draft siano intese“alla luce degli strumenti applicabili che garantiscono i diritti dell’uomo “ ed ogni “legge costituzionale” applicabile ( locuzione oscura che dovrebbe fare riferimento ai principi costituzionali comuni, condivisi dai Paesi Membri, come li aveva rilevati e definiti la Corte di Giustizia nel parere relativo alla firma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte della Comunità europea); (iii) richiama i valori della uniformità di applicazione, della buona fede e della correttezza, e della certezza del diritto; (iv) richiama in modo un po’ curioso l’applicazione analogica, (v) introduce il principio della prevalenza della lex specialis sulle regole della lex generalis, in altri termini, la prevalenza delle regole contenute nei libri contenenti “regole speciali” sulle regole previste come “generali”.

20 Sul punto v. Alpa e Conte, in Rivista di diritto civile,

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I limiti alla autonomia delle parti come richiamati dall’art. II.-1:102 del Libro II sono dunque in via sistematica già integrati dalle regole interpretative sopra riochiamate; in altri termini, qualunque pattuizione sia stata creata dalle parti, essa sarà interpretata in modo da non contraddire “human rights “ e “fundamental freedoms”. Il secondo Capitolo del Libro II prevede poi limiti specifici riguardanti l’attuazione del principio di non –discriminazione (per sesso, etnia o razza) ; tuttavia il rimedio non è la invalidità del contratto – come si potrebbe supporre se le regole antidiscriminatorie fossero considerate “mandatory” – ma il risarcimento del danno, precontrattuale o contrattuale; si provvede però una inversione dell’onere della prova, perché spetta alla controparte del soggetto che si ritiene discriminato di provare che non vi è stata discriminazione alcuna (artt. II.-2.101 ss.).

Non vi sono limiti dettati dalla forma, salve previsioni specifiche (II.-1:107).

Si possono ignorare, per il momento, le regole sulla fase precontrattuale ( che dimostrano la grande apertura del Draft, rispetto alle preclusioni provenienti dalla esperienza del common law inglese) e le regole sulla formazione del contratto.

Secondo alcuni Autori e secondo i redattori del Draft(§27) tra i limiti alla autonomia delle parti ( nel testo cit. si preferisce parlare di “freedom of contract”) si collocano le regole sull’errore , sul dolo, sulla violenza, sull’omissione di informazioni dovute, sull’abuso di dipendenza economica; si tratta tuttavia di ipotesi ben diverse tra loro: errore , dolo e violenza (artt.II.-7:201 ss.) sono vizi del consenso, e nulla hanno a che vedere con la libertà contrattuale; diverso è il caso di affidamento sulle informazioni scorrette fornite nel corso della trattativa , il che implica la traslazione di effetti dalla fase prenegoziale e di formazione del contratto a quella di esecuzione del contratto , con relativi rimedi (art.II.-7:204)

Attiene invece alla libertà contrattuale il caso di abuso di dipendenza economica , che effettivamente si riferisce al potere contrattuale utilizzato da una parte nei confronti dell’altra – ed encomiabile è che la disposizione si applichi anche ai contratti B2B (art.II.- 7:207); e ancora il potere di una parte di convalidare il contratto annullabile (art.II.-7:211).

Una considerazione a sé merita il patto relativo alla esclusione o alla limitazione dei rimedi (art.II.-7:215). A differenza di quanto disposto dall’art. 1462 cod.civ.it., che ne dispone l’inefficacia in caso di nullità, annullabilità e rescissione del contratto, la disposizione ammette l’efficacia (o la validità?) della clausola che esclude o limita i rimedi in materia di errore, subordinatamente alla

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sua conformità a buona fede e correttezza. Questa condizione appare tuttavia incomprensibile, dal momento che una clausola siffatta non può che essere contraria a buona fede.

I limiti alla autonomia delle parti tornano ad essere evidenti nel Capitolo VII, in cui tra le cause di invalidità, si contempla la violazione di principi fondamentali o di regole “mandatory”. La prima locuzione è ambigua, così come laconicamente formulata e come risulta dalle parole degli estensori, affidate alla stessa Introduzione (§19) , e come ben sa chi ha approfondito il tema considerando la storia, l’elaborazione dogmatica, filosofica e pragmatica dei principi del diritto privato dei singoli sistemi giuridici e poi del diritto privato europeo . Grande discrezionalità dunque è lasciata all’interprete, che certamente non si confà con l’esigenza di certezza del diritto , che pure è assunta a valore di base degli scopi del Draft. Ma, si sa, i principi fondamentali non compongono un quadro coerente, tra loro sono in conflitto, debbono essere bilanciati, e, prima ancora, identificati. Il Draft, nelle pagine della Introduzione, e nelle regole della parte generale, si perita di indicarne alcuni, sotto forma di “scopi” o “valori” da raggiungere e da salvaguardare , ma l’universo dei principi è un laboratorio in perpetua attività, cangiante, e dai confini labili.

Una domanda sale naturalmente alla mente quando si legge nel testo di “human rights”, “fundamental freedoms”, “fundamental principles” , di “non-discrimination” e così via: perché non si è fatto riferimento alla Carta dei diritti fondamentali, che ora ha un riconosciuto valore giuridico, e alla sua applicazione diretta ai rapporti contrattuali? Sul punto si dovrà tornare, tra poco, perché il tema è di importanza capitale.

Alla seconda locuzione si deve riservare un discorso un po’ più complesso (v. infra, n.4).

Particolarmente significativa è la disposizione che considera come clausole contrattuali determinate dichiarazioni scambiate tra le parti nel corso della trattativa. Significativa non solo per la sua novità, ma anche per la rilevanza assegnata al comportamento – e alle dichiarazioni – delle parti in una fase che, essendo anteriore alla conclusione del contratto, riguarda una preliminare situazione , non ancora definita, che potrebbe essere del tutto modificata al momento della conclusione del contratto. Singolare, perché vi sono esperienze, come quella inglese, in cui i comportamenti anteriori alla conclusione sono considerati del tutto irrilevanti, perfino ai fini della interpretazione del contratto. Qui vale il principio di affidamento, che non si risolve in un rimedio risarcitorio, ma in una sorta di integrazione del contratto determinata non da fonti esterne

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alla volontà delle parti , come accade per la figura codificata dal cod.civ.it all’art. 1374, ove si menzionano per l’appunto la legge, gli usi e l’equità, bensì dal contesto in cui si sono svolte le trattative. La disposizione deve essere posta in correlazione con la “merger clause” di cui si dirà tra poco (art.II.- 4:104).

Altrettanto significativa per la sua novità è la regola che consente di rendere inefficaci (o nulle?) le clausole predisposte da una parte e non conosciute dall’altra prima o durante la fase della conclusione del contratto (art.II.-9:102).

La libertà contrattuale è limitata dalla “non vincolatività” delle clausole imposte da una parte all’altra , quindi non negoziate, che siano state redatte e comunicate in un “linguaggio chiaro e intellegibile”; l’espressione è tratta dalla direttiva n.13 del 1993 sulle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori (art.4 c.2).

L’espressione è ripetuta nelle Regulations del 1999 con cui il Regno Unito ha dato attuazione alla direttiva n. 13 del 1993 sulle clausole abusive nei contratti dei consumatori (art.6).

E’ significativo il fatto che il Draft distingue la valutazione della vessatori età delle clausole a seconda che il contratto sia stato concluso (i) tra un professionista e un consumatore(art.II.-9:404), (ii) tra parti non qualificabili come professionisti(art. II.-9:405), e pure tra professionisti (art.II.-9.406). In quest’ultimo caso, oltre alla contrarietà a buona fede e correttezza, occorre che la clausola contraddica in modo rilevante le corrette prassi commerciali (“…grossly deviates from good commercial practice”).

Limitazioni particolari sono previste per le clausole vessatorie nei contratti dei consumatori (art.II.-9:410 sul foro competente; art.II.-9:411 sulle altre clausole considerate già nella direttiva cit.).

Ancora due considerazioni. Nell’ambito della disciplina dei rimedi per l’inadempimento (“non-performance”), disciplinati un libro separato da quello riguardante la disciplina del contratto, e vertente sulle obbligazioni (Libro III) si rinviene una disposizione che riguarda le clausole di esclusione o limitazione della responsabilità , circoscritta però ai danni derivanti da lesioni alla integrità personale cagionate intenzionalmente o per colpa grave (art. III.-3:105). A queste si aggiungono le clausole che escludono o limitano i rimedi per l’inadempimento , che sono considerate valide, sempre ché non siano in contrasto con la disciplina delle clausole vessatorie come regolate dal Libro II, Cap.9, e che non risulti contrario a buona fede e a correttezza il loro esercizio (III.-3:105).

Infine, quanto alle clausole relative al risarcimento del danno (che include anche il danno morale, consistente nel “pain and suffering and impairment of the quality of life”: art.III.-3:701), non vi

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sono restrizioni di sorta, salva la disciplina della clausola penale, che è valida senza alcun riguardo al danno subito (art.III.-9:710) e che può essere ridotta ad un ammontare “ragionevole” se straordinariamente eccessiva (“grossly excessive”).

Non si prevede una disciplina specifica delle ipotesi corrispondenti all’ istituto della rescissione, che però potrebbero essere recuperate nell’ambito della disciplina della “unfair exploitation” . Nulla si prevede a proposito della “presupposizione” (che nei diversi sistemi viene di volta in volta ascritta alla imprévision, Geschaeftsgrundlage, frustration) e quindi a proposito della clausola di hardship, della clausola risolutiva espressa, e di molte altre clausole che i singoli codici civili o i contratti dle commercio internazionale normalmente prevedono.

5. La codificazione della merger clause.

Nella fase di formazione il Draft prevede che le parti possano includere nel testo scritto una clausola di completezza del contratto (c.d. merger clause).

Può apparire singolare che in un codice civile modello destinato a disciplinare le tre categorie di contratti in cui si possono classificare , a seconda della posizione soggettiva, le parti contraenti, (C2C,B2B,B2C) a cui si aggiunge la (quarta) categoria dei contratti tra professionisti forti e professionisti deboli (B2b) si faccia riferimento alla merger clause. Essa è una tipica clausola contenuta nei contratti del commercio internazionale e in quel contesto economico ha una sua finalità precipua: vuol rassicurare le parti in ordine alla autonomia e sufficienza del contratto che esse hanno negoziato e concluso, ad evitare che restino dubbi sia sui documenti scambiati tra loro – o sui comportamenti da esse tenuti – nel corso della formazione dell’accordo, ma anche escludere che qualunque autorità (giudiziale o arbitrale) che dovesse essere investita del potere di controllare l’operazione economica così come da esse configurata possa alterarne il significato,o l’equilibrio modificandone i contenuti. La merger clause implica insomma che il “voluto” delle parti corrisponda, per loro convenzione, a ciò che il contratto riflette, e solo ad esso ci si possa riferire per valutare la sua esecuzione. E’ come se il contratto fosse una “scatola chiusa” che il giudice o l’arbitro possono aprire , senza alcun potere di alterare il contenuto (art.II.-4:104).E’ singolare anche che si possa ammettere in un codice modello come questo una merger clause non negoziata , seppur con il temperamento della presunzione mera della sua efficacia. E’ pur vero che il testo prevede altri

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temperamenti: ad esempio che le dichiarazioni delle parti effettuate anteriormente alla conclusione del contratto possano essere utilizzate per interpretare il contratto, regola, questa, che deve essere coordinata con le disposizioni riguardanti il contenuto del contratto e le dichiarazioni effettuati nel corso della trattativa (art.II.9:102).Ed è pur vero che si prevede una presunzione di prevalenza delle dichiarazioni effettuate sulla merger clause, se vi è l’ affidamento della parte che la subisce sulla rilevanza di quelle dichiarazioni (art.II.-4:104 c.4).

Resta il fatto che si voglia dare rilevanza a questa tecnica di conclusione del contratto, e quindi a questa espressione così forte della volontà delle parti .

6. Le regole non derogabili

La dottrina italiana ha discusso con notevole perizia la distinzione tra regole non derogabili, norme imperative, regole derogabili o default rules.

Sulla opportunità che in un codice – comunque possa essere concepito - siano contemplate default rules non vi sono dubbi: esse compongono in modo sistematico un quadro di direttive complete per fare fronte alla maggior parte delle circostanze che si possono presentare nel corso della esecuzione del contratto, e possono anche essere incluse nel testo contrattuale, se le parti assumono una determinazione comune in questo senso.

Non tutte le regole inderogabili possono essere ascritte alle mandatory rules: vi sono regole che le parti non possono derogare che non danno luogo alla sanzione della nullità, che è la conseguenza ordinaria della violazione di una mandatory rule. Anche sotto questo profilo però la dottrina italiana non è uniforme: non tutte le norme imperative provocano ex se la nullità del contratto; non quelle poste a tutela di una sola delle parti contraenti, come accade per le regole essenziali che tutelano il consumatore; non quelle che il legislatore enuncia senza collegarle direttamente con la sanzione,perché in tal caso si dà ingresso ad altri rimedi, come il risarcimento del danno, piuttosto che invalidare il contratto; non tutte quelle in cui –per interpretazione estensiva – si dà luogo alla c.d. nullità virtuale.

E’ opportuno quindi che le mandatory rules siano esplicitate, per non dare luogo a incertezze interpretative. Questo accorgimento non è stato seguito nel Draft, che rinvia, regola per

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regola, alla sua qualificazione come derogabile, non derogabile, imperativa con effetti invalidanti.

La convenzione di Roma, ora Regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, distingue tre categorie di norme imperative: le norme imperative “ordinarie”, le norme imperative di applicazione immediata, le reogle di ordine pubblico. Le ultime due categorie sono ineludibili.

La dottrina ha elencato le categorie di regole imperative contenute nelle convenzioni internazionali, nei PICC, negli ordinamenti nazionali , nei PECL, nei PECC , che grosso modo corrispondono a quelle contenute nel Draft. E’ pur vero che di questa categorie di regole nel Draft si parla solo a proposito della illegality e delle conseguenze della loro violazione (infringement), ma come hanno osservato molti commentatori, i PECL, da questo punto di vista, sono più articolati, più completi e più precisi.

E’ chiaro che – essendo queste regole il perno della disciplina del contratto e, in certo senso, l’espressione dei caratteri del modello europeo di contratto – questa situazione non può apparire soddisfacente a chi pensa al contratto non solo come alla veste formale di una operazione economica “privata”, e neppure ad una transaction che deve essere moralizzata, ma ad un assetto di privati interessi, promosso dallo Stato o dalle altre autorità pubbliche , che non può porsi in contrasto con i principi fondamentali, con i valori della persona, con i valori espressi dall’ordine pubblico e dalla solidarietà.

E’ il limite allora della solidarietà – tra le parti, da un lato, e delle parti con la comunità, dall’altro lato- che non emerge con quella evidenza che già i PECL avevano (sia pur pallidamente) espresso e che il tenore della Carta europea dei diritti fondamentali e il nuovo testo del Trattato dell’ unione approvato a Lisbona pretenderebbero.

La stessa Unione ha precisato che il Trattato di Lisbona ha ribadito il modello di un’ <Europa di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza, che prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei>, un modello che < precisa e rafforza i valori e gli obiettivi sui quali l'Unione si fonda< perché servano <da punto di riferimento per i cittadini europei e dimostrare quello che l’Europa può offrire ai suoi partner nel resto del mondo>. Il Trattato di Lisbona mantiene i diritti esistenti e ne introduce di nuovi. In particolare, garantisce le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali rendendoli giuridicamente vincolanti.

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Il Trattato contempla diritti civili, politici, economici e sociali. Poiché il Draft fa rinvio a questi diritti, il contratto non potrà che essere integrato nel suo contenuto con questi valori, e qualsiasi clausola in esso prevista che fosse in contrasto con essi dovrebbe considerarsi nulla.

7. Ripensare la libertà contrattuale ?

Nel contesto del Draft “libertà contrattuale” e “autonomia delle parti” non hanno più il vecchio significato che si incentrava sui confini tra ciò che le parti avevano voluto e ciò che l’autorità poteva loro imporre ( dal contratto al rapporto contrattuale, attraverso il percorso della integrazione e del controllo dell’ autorità) oppure tra la volontà interna, la volontà manifestata e la dichiarazione (dal contratto inteso in senso soggettivo al contratto inteso in senso oggettivo) ma hanno acquisito un nuovo significato, che il Draft, i PECL e il “codice” predisposto dallo Study Group tentano di mettere in evidenza con parole e concetti diversi da quelli tradizionali, e che spetta all’interprete esprimere con tutte le potenzialità offerte dalla interpretazione e dal coordinamento delle fonti esterne al contratto: la buona fede (anche integrativa), la cooperazione, la solidarietà, la tutela dei diritti fondamentali.

Un dato comune di fondo emerge comunque: il contratto è inteso come l’espressione della autonomia delle parti, la quale può essere incisa dall’esterno; libera dunque ma con i limiti disposti dai principi fondamentali, dalle clausole generali, dalle norme mandatory. Per contro nelle esperienze continentali, in particolare in quella tedesca e in quella italiana, l’autonomia è riconosciuta in quanto aderente all’ordinamento e quindi , per così dire, nasce limitata.

Il modello di contratto costruito dal Draft diverge dal modello espresso dai principi redatti dall’ Unidroit, perché essi si orientano verso il mercato internazionale, né è simile a quello delineato dalla nuova lex mercatoria, per analoghe ragioni, e non rappresenta neppure lo strumento che si sostituisce alla legge, come ritengono ora molti Autori che hanno additato nel contratto il perno della disciplina dei rapporti privati nella fase della globalizzazione dei mercati.

Non è neppure il precipitato dell’ “acquis commun”, né il riflesso di un restatement dei principi espressi dalla Corte di Giustizia o dalle esperienze nazionali intese integralmente .

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Ma questa scelta, anziché essere considerata una sorta di “deviazione” dal mandato ricevuto, è un risultato imposto dal percorso razionalmente più lineare che i ricercatori potevano fare.

Diverso è dunque il discorso, un discorso che, come si è potuto osservare strada facendo, riguarda le singole scelte operate dai redattori.

L’impressione che si ha – a parte le innovazioni rilevanti già evidenziate – è che per alcune esperienze il Draft sia più innovativo e risponda meglio alle istanze “sociali”, per altre sia per così dire più arretrato rispetto ai risultati raggiunti dall’evoluzione dell’ordinamento interno, composto ( nei Paesi a regime codicistico) dalle regole scritte dal legislatore, dai principi costituzionali, dalle regole giurisprudenziali, dalle prassi interpretative e professionali. Ed ancora che il Draft sia più sensibile alla libertà contrattuale intesa in senso formale che non intesa in senso sostanziale.

In questo senso il modello del Draft appare – agli occhi del giurista italiano - più articolato rispetto alla elaborazione francese e a quella inglese, e meno articolato rispetto alla elaborazione tedesca e quella italiana.

(i) Le formuleNell’ esperienza inglese le due formule, almeno intese nel loro

senso corrente, non sono omologhe: la prima è più ampia, la seconda riguarda solo la libertà delle parti di concludere il contratto e di scegliere il proprio contraente oppure di non concludere il contratto (c.d. “parties autonomy”). Al contrario l’esperienza francese considera la libertà contrattuale come una sottospecie della autonomia delle parti, ma la dottrina e la giurisprudenza preferiscono riferirsi alla prima piuttosto che non alla seconda. Nell’esperienza italiana i due termini sono utilizzati invariabilmente, anche se l’autonomia è categoria originariamente etico-giuridica, mentre la libertà contrattuale ha piuttosto una colorazione politico-sociale. Nell’esperienza tedesca l’autonomia delle parti è la categoria generale che presiede gli atti dei privati, e la libertà contrattuale, che ne discende, è declinata in tutte le sue sottospecie.

(ii) Gli ambitiL’esperienza inglese è ancora contrassegnata dalla irrilevanza del

comportamento delle parti nel corso della trattativa, dall’ossessivo timore della “good faith”, mentre analogo sentimento non si prova nei confronti della “fairness” o del “fair dealing”, dalla letteralità dell’interpretazione del contratto e dalla sostanziale estraneità del controllo giudiziale salvi i casi eccezionali; le esperienze italiana e tedesca invece si assomigliano nel considerare il contratto come

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una espressione della volontà (o della dichiarazione) ma anche del forte controllo interno effettuato dal giudice, che nell’esperienza tedesca si spinge sino a considerare la libertà contrattuale garantita dalla costituzione ma solo nei limiti in cui non violi i valori della persona; la libertà contrattuale in Francia è particolarmente apprezzata dalla dottrina e dalla giurisprudenza di diritto pubblico, e le applicazioni giurisprudenziali delle regole del Code civil indicano che la sua declinazione è simile a quella che si rinviene nell’esperienza italiana, anche per quanto riguarda le trattative.

(iii) La giustizia contrattualeSe si fa eccezione per l’ undue influence è raro rivenire

meccanismo nel diritto inglese e nel diritto francese meccanismi di controllo della equivalenza delle prestazioni, salva, rispettivamente, l’applicazione della frustration e della imprévision, mentre in Italia e in Germania la buona fede, l’equità, la presupposizione servono a riportare ad equilibrio il paradigma economico dell’operazione contrattuale; certo, si tratta di una giustizia “commutativa”, che diviene “correttiva” ma non è ancora “distributiva”. La giustizia distributiva non si trova nelle regole del contratto in generale ma nella legislazione favore dei consumatori, dei risparmiatori, e così via, là dove il legislatore speciale ha ritenuto di poter sindacare il contenuto del contratto, oppure fissare regole sulla determinazione del prezzo, oppure introdurre meccanismi di recesso, o di rinnovo automatico, o di durata minima del contratto, etc.

Vi sono poi Autori che si preoccupano in particolare degli aspetti sociali della disciplina del contratto: si preoccupano della legittimazione degli svantaggi che una parte può imporre all’altra, della persistente nozione di libertà contrattuale quale riflesso del mercato, del ruolo che le clausole generali potrebbero avere per introdurre una giustizia contrattuale più coerente ed effettiva.

Il dibattito è in corso e non sarà certo fermato dalla redazione del Draft, che, anzi, stimola, come tutti i risultati delle ricerche dei gruppi impegnati in questa imponente avventura, un ulteriore affinamento della terminologia, dei principi, dei modelli.

8. La libertà contrattuale in senso formale e in senso sostanziale. Concezione individualistica e concezione solidaristica del contratto: una posizione ambigua o compromissoria del Draft ?

La libertà contrattuale, nata sotto l’impero del formalismo, non poteva essere negletta dal Draft, quanto meno per ragioni di coerenza testuale , anche se le ricerche effettuate proprio per collaborare ai programmi comunitari sulla codificazione del diritto

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europeo hanno dimostrato che non tutti i codici continentali esplicitano questo principio. Il suo riconoscimento esplicito quindi , nel testo in esame, ha più natura simbolica e sistematica, che non concreta, reale, efficiente: è un valore sottinteso da tutte le codificazioni, e anche là dove codici non esistono, la si può ricavare dalla giurisprudenza e dalla prassi; ciò che invece rilevano sono i suoi limiti.

E’ interessante notare , leggendo i contributi più recenti in materia, che è tuttora diffusa la concezione del contratto come una “tabula rasa” , nel quale le parti incidono le regole convenzionalmente stabilite, e come un’isola; dall’esterno, il legislatore ( qualunque sia) si appresta a delinearne i confini . Ma non è così: già contraendo il vincolo le parti si assoggettano a tutte le disposizioni che sono ricollegate alla fattispecie posta in essere.

La standardizzazione dei contratti è stata considerata, nelle diverse esperienze, come una delle epifanie più massive e profonde dei limiti alla libertà delle parti. In realtà, se questo può esser vero per i contratti in cui via è asimmetria (informativa, decisionale, operativa) tra i contraenti – situazione che si può trovare sia nei contratti B2C che nei contratti B2b – non è detto che le clausole e i modelli standard non siano ben accolte nel commercio internazionale e nei rapporti tra professionisti. Ciò perché semplificano i rapporti individuali , lasciano prefigurare i possibili esiti del contenzioso, possono riprodursi all’infinito con tutte le controparti, consentono di effettuare una rapida valutazione comparativa di vantaggi e svantaggi sia in senso orizzontale sia in senso verticale.

E il fatto che le indagini condotte in materia abbiamo dimostrato come i professionisti gradiscano non solo le clausole o i modelli standard, ma anche l’uniformazione di termini, principi e regole nel diritto contrattuale europeo sta a significare che la via promossa dagli organi comunitari che procede verso una semplificazione delle regole è davvero non solo proclamata , ma avvertita come efficiente.

E’ la libertà in senso sostanziale quella che pone problemi: ideologici, dogmatici, sistematici, operazionali. Ma è questa la sfida del diritto contrattuale europeo, del modello che l’ Unione deve disegnare per distinguersi da quelli alternativi, mantenendone però vitale il connotato della concorrenzialità.

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Da questo punto di vista l’idea di un contratto che è non solo espressione della giustizia commutativa (per così dire naturale in ogni scambio) e della giustizia correttiva (per così dire naturale ad una economia evoluta ) ma anche della giustizia distributiva può essere il veicolo per raggiungere la definizione del modello e la sua affermazione.

Il Draft è apparso a molti persino meno sensibile alla giustizia sociale di quanto già non lo fossero gli altri progetti che lo hanno preceduto. Basterà insistere sui principi fondamentali (che però riflettono una concezione tradizionale di contratto) , su buona fede e correttezza ( che però sono intese anche estensivamente in modi affatto diversi nelle culture nazionali) e sui diritti fondamentali della persona? La scelta compromissoria del Draft non è rassicurante, se ci si deve affidare solo all’interprete per esaltare i contenuti innovativi della concezione “europea” del contratto.

Ed è per questo che il lavoro si deve intendere ancora in fieri.

9. La redazione del contratto individuale nell’interesse del cliente e le scelte del Draft in materia di libertà contrattuale

Fin qui il discorso ha riguardato – in un’ottica generale – i pregi e i difetti del Draft dal punto di vista del giurista.

Alcuni argomenti che fanno oggetto di sezioni o di capitoli del Draf, e costituiscono il risultato delle ricerche dei diversi centri di studio che hanno partecipato alla sua redazione sono stati sottoposti , nel corso di alcuni seminari, agli stakeholders, tra i quali ,ovviamente sono stati inclusi gli avvocati.

L’impatto con i testi presentati , specie in chi non aveva dimestichezza con il diritto privato europeo, non aveva conoscenza delle ricerche in corso, non aveva curiosità di natura scientifica in generale e comparatistica in particolare, è stato molto sconcertante, sicché le prime reazioni hanno fatto coagulare opinioni che gli studiosi della materia ben conoscono, perché corrispondono alla prima fase della edificazione del diritto europeo. Innanzitutto si sono chiesti perché avallare o comunque partecipare ad un programma siffatto, poi si sono chiesti se l’ Unione europea avesse o meno competenza in materia, infine si sono chiesti se una uniformazione come quella proposta non avrebbe finito per sacrificare le tradizioni, i valori, l’impianto culturale e concettuale espressi dai sistemi giuridici nazionali

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proprio nelle materie che costituiscono i pilastri del diritto privato (e, più in generale, dell’intero sistema giuridico), cioè le obbligazioni, il contratto, la responsabilità, e, di riflesso, la proprietà.

Tutte queste obiezioni, che nascono anche ancestrali timori verso ciò che è nuovo o ciò che è ignoto, sono state superate dall’intenso , approfondito, raffinato dibattito scientifico, da accertamenti effettuati sul campo, come l’indagine svolta ad Oxford sulle reazioni delle categorie imprenditoriali alla uniformazione del diritto contrattuale europeo. Non è il caso di indulgere troppo, ormai, su questi interrogativi, che rischiano di intralciare il cammino del Draft.

Più serio e consistente, invece, è un altro interrogativo, che i professionisti, in particolare gli avvocati, si sono posti. L’utilizzazione del Draft come regola del contratto – posto che un giorno il Regolamento sulla scelta applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) consentisse alle parti di scegliere il Draft (o la sua versione definitiva) come tale – o la sua utilizzazione già attuale, se qualche sistema nazionale consentisse questa opzione, sarebbe conveniente per gli avvocati?

La valutazione dei vantaggi (o simmetricamente degli svantaggi) si può fare da tre diversi angoli visuali: l’interesse della categoria in sé considerata, l’interesse del cliente, l’interesse della legge.

(i)L’applicazione di un quadro di regole create ex novo (ma desunte dalle diverse esperienze, e redatte tenendo conto delle necessità di una società moderna) piuttosto che non della legge domestica o della legge scelta dalle parti può ingenerare problemi negli avvocati che non conoscono altro ordinamento che il proprio; la scelta di una legge diversa da quella domestica e ignorata dall’avvocato è paritetica dunque alla scelta delle regole del Draft; presenta però un atout in più, che non deve essere sottovalutato, il fatto cioè che una legge nazionale non si presenta per così dire “nuda e cruda” come il Draft, in quanto è corredata dai commenti della dottrina e della giurisprudenza, dalla sperimentazione delle prassi contrattuali e dunque può ingenerare maggior fiducia, anche se è estranea all’avvocato che conosce solo la legge domestica, perché gli consente di informarsi e quindi di attrezzarsi. Per converso un testo “nudo e crudo” offre il vantaggio di non avere precedenti e quindi di farne una lettura ex novo che potrebbe essere profittevole per l’avvocato. Per quanto riguarda gli avvocati italiani, dover competere con avvocati stranieri sulla base di un testo nuovo per tutti costituisce un indubbio vantaggio, essendo

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com’è noto molto raro che le parti di diversa nazionalità si orientino per la legge italiana , per ragioni innanzitutto di ignoranza della lingua, del diritto e della sua applicazione nelle corti italiane. Altre volte la scelta è sconsigliata dalla immagine negativa che dà il sistema di amministrazione della giustizia nel nostro Paese, ma questo è tutto un altro discorso, che ha un qualche fondamento anche se all’estero è condito di interessati pregiudizi.

(ii)L’interesse del cliente deve in ogni caso – anche per ragioni deontologiche – sorreggere la scelta della legge applicabile da parte dell’avvocato. In questa prospettiva il discorso diventa più complesso perché implica che l’ avvocato si ponga nell’ottica del cliente, il quale, come parte contrattuale, può essere in buona o mala fede, concludere il contratto perché non ha trovato occasioni migliori ma essere pronto a sciogliersi dal vincolo se gli dovesse convenire, può essere fortunato o sfortunato nel corso della esecuzione del contratto, e così via. Mi soffermo sul momento della conclusione e della esecuzione del contratto, anche se gran parte dei problemi relativi alla scelta della legge si pongono innanzitutto nella fase della trattativa.

La conclusione di un contratto negoziato individualmente può avvenire tra parti che presentano egual potere contrattuale, oppure tra parti che si trovano in posizione asimmetrica, una è più forte , l’ altra più debole.

Anche in questo caso il discorso deve essere circoscritto, perché l’avvocato che difende la parte debole appartenente alla categoria dei consumatori già è favorito dalle regole che il Draft prevede a favore dei consumatori. Seguendo l’indirizzo proposto dagli organi comunitari , infatti, il diritto dei consumatori, là dove sia possibile, è integrato nel diritto civile e commerciale, e quindi il Draft non prevede un capitolo apposito per le regole destinate a disciplinare i rapporti tra professionisti e consumatori. Anzi, nel Draft ha trovato collocazione la revisione dell’ acquis communautaire, che aggiorna , coordina e rendere sistematiche le molteplici discipline specifiche che si sono affastellate in questo settore. Quasi due pagine dell’indice del Draft ( nella edizione di Sellier.European Law Publishers) sono dedicate all’ elenco delle regole che menzionano il consumatore, con l’intento di proteggerne i diritti e gli interessi.

L’avvocato del consumatore non dovrebbe dunque essere contrario alla scelta del Draft, a meno che la legge domestica, o altra legge nazionale che riuscisse ad imporre alla controparte non fossero più garantiste. Il che implica ovviamente che l’ avvocato conosca le regole di attuazione delle direttive nei diversi stati

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membri, la giurisprudenza della Corte di Giustizia e l’interpretazione di quelle regole da parte dei giudici nazionali. Un compito ciclopico, che tuttavia più diventare meno pesante se l’avvocato si è specializzato in un determinato settore e quindi è riuscito a farsi una competenza cospicua di livello comunitario e di natura comparatistica.

La “debolezza” della parte allora , o almeno in questo contesto, non dipende dal suo status, ma piuttosto da altri fattori, come quello economico.

Per quanto riguarda il professionista debole, più particolarmente, l’impresa che si pone in situazione di debolezza (economica) rispetto alla controparte, il Draft offre chances che non tutti i sistemi giuridici nazionali offrono: mi riferisco soprattutto alle clausole vessatorie (art.II.-9:406) e all’ “undue exploitation” (art. II.-7:207) e agli “information duties”(artt. II.-3: 101 ss., sia nella fase prenegoziale, sia nella fase della conclusione del contratto, che riguardano, almeno in larga misura , entrambe le parti qualsiasi status esse abbiano.

Una parte può essere debole però anche per altre ragioni: per esempio perché è assistita da un avvocato incompetente, oppure perché si trova in una situazione in cui, al fine di avviare ulteriori rapporti o conservare rapporti già in essere, con la controparte, non intende resistere più di tanto alle richieste dell’altra o imporre di forza le sue ragioni. Draft o no, mi pare che la situazione non cambi molto, in questi casi.

E l’avvocato che difende una parte “forte” ha vantaggi nella scelta del Draft?

L’obbligo di rispettare la correttezza e la buona fede, nonché le regole che sono qualificate come “mandatory” sarebbe comunque imposto alla sua parte dalle leggi nazionali. Se mai , il discorso potrebbe essere un altro: effettuare ed imporre una legge extracomunitaria, ove le regole comunitarie e le regole nazionali delle parti ponessero limiti alla libertà contrattuale non previsti altrove. Ma in questo caso rimane sempre aperto il problema della applicabilità del Regolamento Roma I, e della eseguibilità nei Paesi a cui appartengono le parti dei provvedimenti di giudici stranieri o di arbitri internazionali.

La previsione della “merger clause” potrebbe dargli chances non previste dalla legge nazionale. Allo stesso modo la mancata previsione di meccanismi che consentono di sciogliere il vincolo in caso di sopravvenienza di circostanze presupposte dalle parti, o la clausola di hardship; e ciò sempre che tali lacune , esaminate alla

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luce delle circostanze sopravvenute, avrebbero posto la sua parte in una posizione di vantaggio.

Il frequente riferimento ai principi fondamentali potrebbe aumentare l’alone di incertezza che ogni interpretazione del contratto porta con sé, un’incertezza che accresce la incertezza di base, il rischio normale che è tipico di ogni “transaction”.

Molte altre ipotesi si potrebbero prendere in considerazione, e questo gioco potrebbe essere arricchito da una discussione su singoli casi per verificare come sarebbero risolti applicandosi le regole del Draft.

Come avvocato italiano, naturalmente sarei favorevole all’applicazione del codice civile italiano in ogni collocazione dovessi trovarmi nella difesa della parte da me assistita, ma – come dicevo – occorre avere una mentalità più elastica: la propria legge non è sempre la legge migliore; la valutazione dipende da tante circostanze che la pratica professionale si incarica di portare alla nostra attenzione.

APPENDICELegenda:DRAFT: Draft Common Frame of ReferencePECL: Principles of European Contract Law

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ACQP: Acquis PrinciplesPICC: Principles of International Commercial Contracts

DRAFT COMMON FRAME OF REFERENCE

Book II

Chapter 1:General provisions

II. – 1:101: Definitions(1) A contract is an agreement which gives rise to, or is

intended to giverise to, a binding legal relationship or which has, or is

intended to have,some other legal effect. It is a bilateral or multilateral

juridical act.(2) A juridical act is any statement or agreement or

declaration of intention,whether express or implied from conduct, which has or is

intendedto have legal effect as such. It may be unilateral, bilateral or

multilateral.II. – 1:102: Party autonomy

(1) Parties are free to make a contract or other juridical act and to determine

its contents, subject to the rules on good faith and fair dealing

and any other applicable mandatory rules.(2) Parties may exclude the application of any of the

following rules relatingto contracts or other juridical acts, or the rights and

obligationsarising from them, or derogate from or vary their effects,

except asotherwise provided.

(3) A provision to the effect that parties may not exclude the application of

a rule or derogate from or vary its effects does not prevent a party from

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waiving a right which has already arisen and of which that party isaware.

II. – 1:103: Binding effect(1) A valid contract is binding on the parties.

(2) A valid unilateral promise or undertaking is binding on the person giving

it if it is intended to be legally binding without acceptance.www.law-net.eu

PECL

CHAPTER 1 : GENERAL PROVISIONSSection 1: Scope of the Principles

Article 1:101: Application of the Principles(1) These Principles are intended to be applied as general

rules of contract lawin the European Union.

(2) These Principles will apply when the parties have agreed to incorporate them

into their contract or that their contract is to be governed by them.

(3) These Principles may be applied when the parties:(a) have agreed that their contract is to be governed by

"general principles oflaw", the "lex mercatoria" or the like; or

(b) have not chosen any system or rules of law to govern their contract.

(4) These Principles may provide a solution to the issue raised where the system

or rules of law applicable do not do so.

Article 1:102: Freedom of Contract(1) Parties are free to enter into a contract and to

determine its contents,subject to the requirements of good faith and fair dealing,

and the mandatoryrules established by these Principles.

Page 31: LIBERTA CONTRATTUALE

(2) The parties may exclude the application of any of the Principles or derogate

from or vary their effects, except as otherwise provided by these Principles.

Article 1:103: Mandatory Law(1) Where the law otherwise applicable so allows, the

parties may choose to havetheir contract governed by the Principles, with the effect

that nationalmandatory rules are not applicable.

(2) Effect should nevertheless be given to those mandatory rules of national,

supranational and international law which, according to the relevant rules of

private international law, are applicable irrespective of the law governing the

contract.

ACQUIS PRINCIPLES

Article 1:201: Consumer

Consumer means any natural person who is mainly acting for purposes which are outside this person’s business activity.

Article 1:202: Business

Business means any natural or legal person, irrespective of whether publicly or privately owned, who is acting for purposes relating to this person’s self-employed trade, work or profession, even if this person does not intend to make profit in the course of this activity.

Article 1:203: Mandatory nature of consumer rules<!--[if !supportFootnotes]-->[1]<!--[endif]-->

Page 32: LIBERTA CONTRATTUALE

(1)     Unless provided otherwise, contract terms which are prejudicial to the consumer and which deviate from rules applicable specifically to relations between businesses and consumers are not binding on the consumer. This does not apply to contracts which settle an existing dispute.

(2)     Paragraph (1) applies accordingly to unilateral promises.

Section 3: Notice and form

Article 1:301: Means of notice<!--[if !supportFootnotes]-->[2]<!--[endif]-->

Notice may be given by any means appropriate to the circumstances.

Article 1:302: Electronic notice<!--[if !supportFootnotes]-->[3]<!--[endif]-->

A notice transmitted by electronic means reaches the addressee when it can be accessed by this person. This rule is mandatory in the sense of Art. 1:203 in relations between businesses and consumers.

Article 1:303: Freedom of form

Unless provided otherwise, no form needs to be observed in legal dealings.

Article 1:304: Textual form

‘Textual form’ means a text which is expressed in alphabetical or other intelligible characters by means of any support that permits reading, recording of the information contained therein and its reproduction in tangible form.

Article 1:305: Durable medium

‘Durable medium’ means any instrument which enables the recipient to store information so that it is accessible for future reference for a period of time adequate to the purposes of the information, and which allows the unchanged reproduction of this information.

Page 33: LIBERTA CONTRATTUALE

Article 1:306: In writing

A statement in textual form on a durable medium qualifies as having been made ‘in writing’ if the text is stored on the medium permanently and in directly legible characters.

Article 1:307: Signatures

(1)     ‘Handwritten signature’ means the name of, or sign representing, a person written by that person’s own hand for the purpose of authentication;

(2)     ‘electronic signature’ means data in electronic form which are attached to or logically associated with other electronic data, and which serve as a method of authentication;

(3)     ‘electronic’ means relating to technology with electrical, digital, magnetic, wireless, optical, electromagnetic, or similar capabilities;

(4)     ‘advanced electronic signature’ means an electronic signature which meets the following requirements:

(a)     it is uniquely linked to the signatory;

(b)     it is capable of identifying the signatory;

(c)     it is created using means which can be maintained under the signatory’s sole control; and

(d)     it is linked to the data to which it relates in such a manner that any subsequent change of the data is detectable

PICC

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ARTICLE 1.1(Freedom of contract)

The parties are free to enter into a contract and to determine its content.

ARTICLE 1.2(No form required)

Nothing in these Principles requires a contract, statement or any other act to be

made in or evidenced by a particular form. It may be proved by any means, including witnessess

ARTICLE 1.3(Binding character of contract)

A contract validly entered into is binding upon the parties. It can only be modified

or terminated in accordance with its terms or by agreement or as otherwise provided in

these Principles.ARTICLE 1.4

(Mandatory rules)Nothing in these Principles shall restrict the application of

mandatory rules, whetherof national, international or supranational origin, which are

applicable in accordance withthe relevant rules of private international law.

ARTICLE 1.5(Exclusion or modification by the parties)

The parties may exclude the application of these Principles or derogate from or vary

the effect of any of their provisions, except as otherwise provided in the Principle