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7/31/2019 Libia 1911 - Europa 1914 (Parte I)
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Luigi Copertino 26 Agosto 2011
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Libia 1911 - Europa 1914 (parte I)
Una polver iera pronta ad
esplodere
In questo 2011 sono state profuse notevoli energie per i festeggiamenti del
centocinquantenario dellunit statuale italiana, con un esito da retorica
patriottarda di bassa lega senza che alcun senso di critica storica sia emersonel corso delle celebrazioni ufficiali.
Abbagliati dalle luci celebrative del Risorgimento, quasi nessuno sembra aver
fatto caso che in questo 2011 cade anche il centenario di un altro evento
storico. Un evento che riguarda certamente la nostra storia nazionale ma che
ha avuto a suo tempo, per gli esiti che esso ebbe su scala continentale e, poi,
mondiale, un rilievo epocale.
Parliamo dellimpresa coloniale italiana in Libia, che ebbe inizio tra il 28 ed il
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29 settembre 1911 sulla melodia della nota canzone propagandistica Tripoli
bel suol damore.
La Provvidenza, o per altri la storia, sa essere a modo suo ironica. Infatti a
ricordarci di quellevento dimenticato intervenuta, subito dopo la
celebrazione ufficiale, il 17 marzo di questanno, del centocinquantenario
della proclamazione del Regno dItalia, loperazione neocoloniale della NATO
in Libia, fortemente caldeggiata soprattutto dalla Francia, che si conclusa
alla fine di agosto con la completa disfatta del regime arabo-socialista del
colonnello Gheddafi (o almeno cos sembra, dalle notizie che giungono da
Tripoli, al momento nel quale stiamo scrivendo).
Una operazione NATO, su mandato dellONU, ufficialmente a protezione deiribelli al regime di Gheddafi ma in realt, come ha dimostrato lo svolgersi
delle operazioni militari, a supporto di quelli per rovesciare il regime del
colonnello ed assicurare, in particolare alla Francia, petrolio a basso costo. I
media occidentali, more solito, hanno, in questi mesi, dato fiato alle fanfare
della lotta dei libici contr o il di ttatore, laddove invece si trattato soltanto
di una lotta interna di ataviche radici tra trib arabe: altro che democrazia!
LItalia di oggi, stretta ancora una volta dal suo vincolo sempre pi stretto alla
NATO ed in assenza di una Europa politica che sappia anche far valere i
propri interessi senza delegarli al Patto Atlantico, si ritrovata a dover gestire
in casa, nelle sue basi aeree, ma senza averne il comando, lintera operazione
messa in atto in Libia. Unoperazione tanto fruttuosa per gli interessi francesi
quanto contraria ai nostri interessi nazionali. Perch con il regime di
Gheddafi il nostro Paese aveva concluso, da anni, e recentemente rinnovato,
proficui trattati di cooperazione politica ed economica, in un quadro di
particolare interesse geopolitico italiano. Ora le opportunit che ci derivavano
da quei trattati sono destinate a scomparire dal momento che i ribelli libici,
che hanno vinto il conflitto civile contro i fedeli di Gheddafi, sono
dichiaratamente filo-francesi.
Cogliendo la sottile ironia della Provvidenza, alla quale accennavamo
pocanzi, siamo tornati con la memoria storica agli avvenimenti che
sconvolsero Tripolitania e Cirenaica, allepoca ottomane, un secolo fa, per qui
raccontare, a beneficio dei nostri lettori, limpresa di Libia del 1911 nei suoi
effetti europei e planetari che portarono direttamente al conflitto mondiale
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del 1914.
Un modo diverso di fare memoria storica: quella che ci viene sempre additata
quando si tratta di altri eventi dalla persecuzione ebraica alle foibe ma che
quando non c da specularci sopra in termini politici dattualit , invece,
puntualmente trascurata.
LEuropa di inizio XX secolo viveva dei fasti della Belle Epoque e nel mito
positivista del progresso infinito. Un progresso del quale lumanit, secondo
quella vulgata, liberatasi dalloscurantismo religioso, in particolare da quello
cattolico, si apprestava a godere i frutti indefinitamente. Si trattava di una
prospettiva millenarista, propria a tutta la cultura immanentista sia liberale
che socialista. Una prospettiva che viziava lo sguardo degli europei quandoessi lo rivolgevano al futuro immaginandolo molto diverso da quanto poi si
effettivamente rivelato.
Al di l della facciata trionfalistica lEuropa, allalba del nuovo secolo, era una
polveriera pronta ad esplodere.
Tutti i problemi sorti o rimasti insoluti nel XIX secolo si stavano dando
appuntamento al crocevia della storia, mentre leuforia generale per il sol
dellavvenirestordiva gli europei nelle sale parigine al ritmo del can can e del
ballo excelsior o con le mitologie di attese palingenesi sociali che si assicurava
erano prossime a realizzarsi.
In realt nubi di guerra, cariche di potenza distruttiva, erano gi comparse
allorizzonte della storia e gli europei, che si credevano ancora al centro del
mondo, non si erano affatto accorti che stava per iniziare il secolo, lungo o
breve, della guer ra civi lecontinentale, prima, e mondiale, dopo, che avrebbe
travolto definitivamente la centralit planetaria del Vecchio Continente a
favore di potenze extra-europee, bench di matrice europea.
I Due Blocchi europei: convergenze e
divergenze
Gli eventi realizzatisi nella parte centrale del secolo che si era appena
concluso, quelli che occupano il periodo che va dal 1853 al 1870, ossia dalla
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guerra di Crimea al crollo dellimpero francese di Napoleone III (con
conseguente occupazione italiana della Roma Pontificia), eventi sui quali si
innest il processo di unificazione forzata della penisola italiana per decisione
liberal-massonica e mano piemontese, avevano portato al delinearsi, tra la
fine del XIX e linizio del XX secolo, di due blocchi continentali contrapposti e
divisi sia da visioni politiche diverse sia da strategie geo-politiche divergenti
(1).
Da una parte stavano Francia ed Inghilterra, che pretendevano di
rappresentare il mondo nuovo delle democrazie liberali. Dallaltra lAustria-
Ungheria e la Germania guglielmina (il cosiddetto II Reich), che per non
rappresentavano affatto, come comunemente si pensa, lantico regime
opposto alla modernit.
Mentre quello asburgico era ancora un impero di tipo tradizionale ma in via
di trasformazione in una confederazione plurinazionale di popoli, quello
guglielmino era un imperodi tipo moderno, fortemente industrializzato e
militarizzato oltre che accentratore, erede del prussianesimo, portato al
successo dalla politica pangermanista di Bismarck, il cancell iere di fer r o, e
proclamato nel 1870 a Versailles subito dopo la sconfitta di Napoleone III a
Sedan.
Non dunque possibile affermare che lalleanza austro-tedesca
corrispondesse al mondo dellAncien Rgime opposto a quello delle
democrazie liberali occidentali. Anche perch non si capisce fino a che punto
Francia ed Inghilterra fossero realmente delle democrazie liberali nel senso
filosofico-politicodella parola.
Infatti, i confini tra democrazia liberale e democrazia plebiscitaria sono
sempre stati storicamente incerti.
Napoleone III aveva inaugurato una forma
plebiscitaria, appunto bonapartista, di democrazia,
sulleredit del filone giacobino, che porter alla
democrazia totalitaria (il fascismo ha infatti una
genesi anche francese). Questo dimostra lintrinseca
labilit dei confini sussistenti tra democrazia
liberale e democrazia totalitaria perch una stessa
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Napoleone I I Ibase umanitariapu dar adito tanto al liberalismo
quanto al totalitarismo.
Tuttavia, caduto il secondo impero e superata la crisi della Comune di Parigi,
la Francia della terza repubblica pretese per s una forma liberale di
democrazia ma ne realizz una di stampo radicale e con forti connotazioni
laiciste. La Francia repubblicana, del resto, non abbandon il revanscismo
anti-tedesco, in nome della contesa per lAlsazia-Lorena e per la Ruhr. Il
revanscismo divent, poi, il cavallo di battaglia della destra nazionale,
monarchica, di massa, che con il nuovo secolo trov nellAction Franaise la
propria organizzazione politica ufficiale (2).
LInghilterra, dal canto suo, ancora in bilico tra lautoritarismo paternalistadellet vittoriana ed il riformismo liberal-laburista, perseguiva nella sua
tradizionale politica di controllo dellEuropa da posizioni extra-europee. Essa
aveva il proprio baricentrico nel Commonwealth coloniale e trans-oceanico
era quindi sostanzialmente una potenza extra-europea ma sorvegliava con
molta attenzione tutto quanto si muoveva sul vecchio continente per
scongiurare lemergere di qualsiasi potenza continentale che potesse mettere
in ombra la propria indiretta egemonia.
Per ben due volte lInghilterra, nel corso del XX secolo, si sentita minacciata
dalla Germania, fino a respingere ogni ipotesi di condominio avanzata da
questultima sia in nome della parentela tra le dinastie regnanti sia per via
delle affinit razziali (Hitler sper nel 1940 in una pace separata che sancisse
il controllo tedesco sul continente e quello inglese sugli oceani).
Negli anni precedenti il primo conflitto mondiale, lInghilterra si impegn in
una politica tesa a circondare la Germania guglielmina mediante il blocco
navale delle coste tedesche onde impedirne il tranquillo approvvigionamento
dalle colonie africane (Togo, Camerun, Namibia, Tanganika). Politica che
provoc non pochi danni economici alla Germania financo laumento della
mortalit infantile per denutrizione e che fu una delle cause che spinsero
limpero guglielmino alla guerra contro lInghilterra.
Neanche laffinit religiosa protestante riusc, per ben due volte, ad evitare il
conflitto anglo-tedesco. Daltro canto lopzione religiosa si era, invece, rivelata
molto influente nelle scelte inglesi nello scenario mediterraneo che, a met
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ottocento, aveva visto la potenza britannica impegnata nel favorire limpresa
garibaldina nel sud dItalia. Infatti lauspicio tutto anglicano, nutrito dai
tempi di Elisabetta I, dellabbattimento della Roma papale si era confuso con
la strategia geopolitica inglese che mirava a procurarsi una testa di ponte
nellItalia meridionale in previsione dellapertura del canale di Suez.
Bench spesso in attrito per via delle questioni coloniali e per una malcelata
propensione di entrambe allegemonia europea e mondiale, Francia ed
Inghilterra si ritrovarono, ad inizio del XX secolo, dalla stessa parte in
opposizione allaltro blocco continentale che, con pi fermezza la Germania,
contendeva loro la stessa egemonia.
La Germania del II Reich, quello guglielmino, era, come si detto, nel pienodella sua espansione politica ed industriale, iniziata con Bismarck, mentre
lantico impero austriaco, da poco diventato austro-ungarico, stava
procedendo verso la parificazione confederale dei suoi popoli.
Anche allinterno del blocco austro-germanico le differenze tra i due alleati
erano notevoli.
Non bisogna, pertanto, farsi ingannare dallapparenza autocraticadel loro
sistema di governo. La guerra ideologica di propaganda anglo-francese e, pi
tardi, americana fece leva su questa apparenza, nel nome della crociata
democratica(oggi diremmo espor tazione della democrazia) e del principio
di autodeterminazione dei popoli(che per non valse a nulla quando a
Versailles nel 1919-20 si disegn una carta dEuropa piena di ingiustizie e di
risentimenti, che prepar la Seconda Guerra Mondiale). La propaganda
ignorava alacremente che le democrazia occidentali, nella loro lotta contro le
presunte autocrazie medioevali, erano, per, alleate con lautocrazia russa.
Come si gi accennato, la Germania guglielmina era un impero di tipo
nuovo, moderno, centralizzatore, avanzato industrialmente (ed anche
socialmente), tecnologicamente allavanguardia. Esso, nonostante nella sua
compagine contemplasse ampie regioni cattoliche, corrispondenti a vecchi
regni pre-unitari, come la Baviera, che non erano stati formalmente
soppressi, rappresentava unorganizzazione statuale unitaria, sorretta
dallideologia pangermanista, retaggio dellantica Prussia protestante che era
stato lo Stato-guida nel processo di unificazione tedesca. Un processo che
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Francesco Giuseppe
trov, nella vittoriosa guerra franco-prussiana del 1870 e nella proclamazione
del Reich nel castello di Versailles, il suo esito consacrando la politica
bismarchiana impostata, tra laltro, sullanticattolico kulturkampf. La
Germania guglielmina non era, pertanto, un impero tradizionale ma un
impero moderno proteso verso un titanico sforzo politico-economico e militar
-tecnologico di dominio, quanto pi vasto possibile, su scala continentale ed
in una prospettiva globale. Un impero di questo tipo saranno, pi tardi, anche
lUnione Sovietica e gli Stati Uniti dAmerica.
Limpero austriaco, invece, era tuttaltro.
Nonostante e forse proprio per le riforme che aveva
saputo con intelligenza attuare nel corso del XIX
secolo sia per quanto riguardava la strutturapolitico-sociale che la potenza industriale-militare
(ma in misura molto meno titanica rispetto
allalleato tedesco), esso era ancora un impero di
tipo tradizionale ossia plurinazionale e non
accentratore. Erede del Sacro Romano Impero,
scomparso in et napoleonica, aveva intrapreso, dopo il 1848, una strada di
riforme che laveva portato, nella seconda parte del XIX secolo, ad una forma
di governo misto che tentava di mettere assieme il meglio della tradizione
imperiale asburgica con quanto era accettabile, nel contesto di una monarchia
sovranazionale di retaggio cattolico, del nuovo spirito liberale. A rigore, per,
non si trattava di liberalismoquanto di liberalitperch in nulla si
rinunciava alle radici trascendenti e tradizionali della monarchia
plurinazionale, secondo un ideale medioevaleche veniva semplicemente
aggiornato nelle forme e nelle strutture ma non nellessenza.
Un primo iniziale esito di tale processo, che era comunque ancora in corso
quando inizi il tragico primo conflitto mondiale, fu la trasformazione, nel
1867, dellimpero austriaco nella duplice monarchia austro-ungarica
mediante il riconoscimento della parit giuridica, allinterno della compagine
imperiale, tra lelemento nazionale austriaco-tedesco e quello ungherese.
Bench, ottenuta la parit, gli ungheresi assunsero, insieme alla parte pi
conservatrice ed autocraticadellelemento di lingua tedesca, un
atteggiamento di resistenza ad ulteriori allargamenti in favore delle altre
componenti minoritarie dellimpero quella slava, quella polacca, quella
boema e morava, quella italiana, quella rutena, quella rumena il processo
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Joseph Roth
che stava trasformando limpero in una confederazione di popoli uniti attorno
alla monarchia tradizionale era stato ormai avviato e nessuno, se non una
guerra europea, poteva pi fermarlo.
Dal punto di vista religioso, limpero rimaneva una monarchia cattolica (3) e
tuttavia, in linea con una antica prassi liberale, riconosceva e tutelava, con
appositi statuti, le minoranze religiose, protestanti, ortodosse, mussulmane
ed ebraiche, che potevano dunque esercitare liberamente i loro diritti
comunitari pur nel contesto della preminenza della confessione ufficiale
dellimpero.
Sulla base di questo antico spirito imperiale di tolleranza Francesco Giuseppe
impose, ad esempio, il proprio diniego alla convalida dellelezione aborgomastro di Vienna del capo dei cristiano-sociali austriaci, Karl Lueger,
per via del suo antisemitismo, bench si trattasse sia ben chiaro di un
antisemitismo economico, che cio vedeva negli ebrei i monopolizzatori della
finanza e dunque gli sfruttatori capitalisti dei lavoratori. Un antisemitismo
che accomunava i cristiano-sociali ai socialisti perch analoghi atteggiamenti
giudeofobici, socialmente motivati, erano molto diffusi nellambito della
sinistra del tempo dal momento che lo stesso Karl Marx aveva scritto parole
di fuoco contro lidolatria ebraica del denaro. Per completezza di
informazione, va anche detto che quando limperatore, avute le debite
rassicurazioni sulla tolleranza dei diritti della locale comunit ebraica, alla
fine convalid la nomina di Karl Lueger, questultimo seppe fare di Vienna
una citt socialmente avanzata togliendo al monopolio privato, e quindi alla
finanza ebraica che si dica quel che si vuole aveva una sua effettiva
preponderanza nel capitalismo austriaco del tempo, i servizi cittadini
municipalizzandoli.
Uno dei pi grandi apologeti dellAustria Felix, nel
primo dopoguerra, stato il grande scrittore Joseph
Roth, un ebreo galiziano gi ufficiale dellesercito
asburgico. Roth con le sue opere principali (La
cripta dei cappuccini, La marcia di Radetzsky), ha
contribuito al formarsi di quello che Claudio Magris
ha chiamato il mito asburgico nella letteratura
moderna, tramandando la memoria di un impero
cattolico e sovranazionale che, proprio per questo,
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garantiva i diritti delle comunit minoritarie, compresa lebraica.
Roth fu sempre un grande accusatore della cecit dei vincitor i di Versail les
che avendo voluto a tutti i costi labbatt imento del vecchio impero avevano
permesso alle ideologie assassine, nazismo pr ima e comunismo poi, di
occupare lo spazio geopoliti co mit teleuropeo lasciato alla merc di quei
furori nazionalistici che, invece, gli Asburgo si erano sempr e impegnati nel
contenere e che, da ultimo, nella trasformazione allepoca in atto dellimpero
in una monarchia plurinazionale confederale avevano indicato la via per
uneventuale Europa di pace del futuro.
Il parlamento viennese allinizio del XX secolo costituiva una assemblea
multinazionale e multi-linguistica. Allepoca poteva sembrare un retaggio delpassato, prossimo a scomparire, ma oggi molti guardano proprio alla
monarchia confederale asburgica come ad un modello per una Unione
Europea politica diversa da quella economico-bancocentrica finora realizzata.
Alcide D e Gasperi , uno dei cosiddetti padri dellEuropa, si portava dietro
la giovanile esperienza che aveva maturato, nel natio Trentino, come deputato
italiano nel plurinazionale parlamento asburgico. Il futuro capo di governo
dellItalia del secondo dopoguerra, era stato un suddito fedele alla corona
imperiale e, finch rimase suddito asburgico, aveva operato politicamente
nella pi assoluta fedelt alla compagine imperiale, allinterno della quale,
scevro a differenza di un Cesare Battisti da ogni irredentismo nazionalistico,
si adoper per garantire parit giuridica anche alla componente italiana,
secondo laspirazione che, come si detto, muoveva tutte le nazionalit
dellimpero, sia le maggiori che le minori (4).
A giudicare, tuttavia, dai tristi risultati impolitici dellattuale UE, non pu
certo dirsi che gli ideali asburgicidel politico trentino siano stati
effettivamente premiati: il fatto che, recise le radici storiche e metafisiche
con la caduta nel 1918 dellimpero, ricostruire una compagine tradizionale su
basi volontaristicheed umanitarie cosa pressoch illusoria.
La realt della duplice monarchia, comunque, non era certo idilliaca. I
problemi non mancavano affatto e tenere insieme le diverse nazionalit sotto
i flutti ed i venti tempestosi dellirredentismo nazionalista e sciovinista non
era cosa semplice. Gli storici critici dellimpero i quali sostengono che esso,
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Francesco Ferdinando
in realt, giocasse nel mettere una contro le altre le diverse nazionalit per
continuare a mantenere una egemonia tedesco-centrica non tengono conto
di quelle difficolt. Limpero, lungi dal metterle le une contro le altre, cercava,
invece, in tutti i modi di armonizzare le diverse componenti nazionali e
religiose. Se nel tentare questa armonizzazione poteva capitare che limpero si
appoggiasse pi sulle componenti nazionali o su quelle forze allinterno delle
diverse componenti nazionali che erano disposte a mantenere la compagine
imperiale intatta, non pu per questo parlarsi di machiavellismoasburgico.
Ora, proprio questa sua tradizionalitcostituiva la grandezza della duplice
monarchia. La quale nel 1914, quando scoppi la Prima Guerra Mondiale, era
ormai in procinto di diventare tripliceattraverso il raggiungimento politico,
quasi completato in quel momento, della parit della componente slava. Fattoquesto che si sarebbe portato dietro, come inevitabile conseguenza, la parit
anche delle altre componenti minoritarie, compresa litaliana.
Il successore designato al trono, larciduca Francesco Ferdinando, poi
assassinato a Sarajevo, era, allinterno della corte viennese, il riferimento
politico del partito confederalizzatore ed antimilitarista. Malvisto, per questo,
dai militari conservatori e dagli ungheresi, restii, come si detto, dopo aver
essi raggiunto la parit giuridica, a concederla alle altre componenti
nazionali.
Larciduca Francesco Ferdinando la cui via alla
successione al trono si era aperta a seguito della
misteriosa morte a Mayerling di Rodolfo, figlio di
Francesco Giuseppe e di Elisabetta di Wittelsbach
(la famosa Sissi), ufficialmente suicidatosi con la
sua amante, la baronessina Maria Vetsera non
faceva altro che seguire lindirizzo ormai intrapreso
dallimpero nel momento stesso nel quale si
trasform in duplice monarchia. Una via che,
morto Francesco Ferdinando, trov nel beato Carlo I dAsburgo, succeduto
nel 1916 a Francesco Giuseppe, una sua continuit, ultimo messaggio di pace
tra i popoli lasciato alla disastrata Europa uscita dal conflitto mondiale, e
prossima ad un secondo ancor pi tragico conflitto globale, dalla monarchia
asburgica.
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Fra i progett i di Francesco Ferdinando, scrive lo storico Leo Valiani
pr incipe di mentali tassolutistica, ma dotato di non tr ascurabile capacit
intellettuali e dindubbia ser iet morale, figurava(...) la r isoluzione di
r isaldare la compagine dell o Stato e di consolidare lautori t e la popolar it
dell a corona, con lequiparazione effett iva di tut te le nazionali t dellimpero
e dunquecon la smobilitazione della supremazia se non dei tedeschi,
cer tamente di quella, assai pi pesante, dei magiar i, sulle nazionali t slave e
romena che nel 1848-49 avevano salvato la dinastia, opponendosi con le
armi alla r ivoluzione ungherese(...). Francesco Ferdinando nel 1895 e nel
1913, con una sostanza r imar chevole dati i mutamenti del ventennio
intercorso, (disse) che, ascendendo al tr ono, egli intendeva r ipr istinare un
for te potere centr ale unit ar io, ma lo r iteneva possibile solo con la
contemporanea concessione di lar ghe autonomie amministr ative a tut te lenazionali t della monarchia. Anche al mini str o degli Ester i, Berchtold,
Francesco Ferdinando r ipet cos con una lettera del 1 febbraio 1913, con
cui spiegava perch non r iteneva opportuna la guerra con la Ser bia, che
lir redentismo da noi, nel Paese(...) cesser immediatamente, se si procura
ai nostr i slavi unesistenza confor tevole, giusta e buona, invece di
calpestarli, come i magiar i facevano. Ben perci, tr acciando il profi lo dieci
anni dopo la sua morte, Berchtold scriveva che larciduca avr ebbe cercato,
una volta fosse sali to sul t rono, di sosti tui re al dualismo il confederalismo
plurinazionale (5).
Ma questa tradizionalitcostituiva per limpero anche una debolezza in
unepoca di titanismo tecnologico, di industrializzazione, di centralizzazione e
militarizzazione, di politica intesa come volont di potenza, di sciovinismo
nazionalistico e di colonialismo. Non a caso, la duplice monarchia, unica tra
le potenze europee dellepoca, non aveva colonie extra-europee e non
perseguiva alcuna politica coloniale. Pur avendo avuto un notevole sviluppo
industriale e costituendo un grande mercato comune, lAustria-Ungheria non
inseguiva sogni pangermanisti e di militarizzazione della societ come
lalleato guglielmino. La Vienna a cavallo tra i due secoli era una capitale
cosmopolita e di grandi fermenti culturali, non tutti, certo, apprezzabili ma
sicuramente non si trattava di una citt chiusa e soffocata da un cieco
autoritarismo. In tal senso molto pi chiusa e soffocante era la realt sociale e
culturale dellItalia sabauda, soprattutto dopo la curaautoritaria di Francesco
Crispi.
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Beato Carlo IdAsburgo
Questa sua debolezzafaceva della duplice monarchiaquasi un ostaggio del
potente alleato guglielmino, dal cui stringente abbraccio, pur nella necessaria
alleanza, Vienna tentava costantemente di sottrarsi o perlomeno di rendersi
almeno in parte autonoma. Persino la concezione della guerra molto pi
moderna e distruttiva e di massa quella tedesca rispetto a quella asburgica,
ancora troppo legata per lepoca ad una idealit caval lerescae cristiana
differenziava i due alleati. Per questo il Reich guglielmino sentiva quasi come
un peso lalleato asburgico perch questultimo poneva mille problemi di
fronte alle strategie, senza scrupoli e ciniche, che la guerra moderna
richiedeva.
Carlo I dAsburgo, lultimo imperatore, oltre che per
i suoi ripetuti tentativi, che preoccuparono nonpoco il kaiser, di giungere ad una pace, anche
separata, con Francia ed Inghilterra pace da esse
sempre rifiutata in nome dellodio massonico (i loro
governi erano in pratica espressione del Grande
Oriente di Londra e di Parigi) contro lultimo
bastione delmedioevoda abbattere a tutti i costi
stato fatto beato anche per la sua ferma
opposizione alluso dei gas al fronte ed al bombardamento aereo e terrestre
sulle popolazioni civili. Una decisione che pes non poco, di fronte, invece,
alla spregiudicatezza anglo-francese e tedesca, nel determinare lesito del
primo conflitto mondiale.
(fine prima parte di 5)
Luigi Copertino
Libia 1911 - Europa 1914 (parte II)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte III)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte IV)
Libia 1911 - Europa 1914 (parte V)
1) La Triplice Alleanza, che univa in unalleanza difensiva Austria, Germania
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ed Italia, del 1882 e faceva seguito alla precedente Duplice Alleanza tra
Germania ed Austria. LItalia era stata spinta dalla Germania a stipulare una
alleanza con lantica rivale austriaca per il timore del diffondersi dei
movimenti repubblicani finanziati dalla Terza Repubblica Francese e per
timore dei contatti che Leone XIII aveva intrapreso con le cancellerie
europee, trovando appoggio proprio dallAustria, affinch fosse convocata una
conferenza internazionale per discutere della restituzione di un territorio alla
Santa Sede, che nella diplomazia internazionale continuava ad essere
considerata soggetto di diritto bench privo di sovranit. Con la Triplice
Alleanza, ossia alleandosi a potenze conservatrici, lItalia intese da un lato
garantire di fronte alla propria opinione pubblica lirreversibilit della scelta
monarchica del Risorgimento e dallaltro disinnescare i tentativi del Papa per
riottenere un qualche territorio. La Triplice Intesa, che univa Francia, Russiazarista ed Inghilterra, era invece pi che una vera e propria alleanza una,
appunto, intesala quale faceva seguito al trattato anglo-russo del 1907 ed
allentente cordiale anglo-francese di qualche anno precedente. Intorno a
questi due blocchi si andarono poi aggregando alleati minori, come limpero
ottomano (che era minore solo in quanto a potenza militare) e la Bulgaria per
la Triplice Alleanza; Grecia, Romania, Serbia, Montenegro, Belgio, Olanda per
la Triplice Intesa.
2) Questa destra nazionalista, per via della sua ideologia positivista e
naturalista, sostanzialmente atea, propugnando una monarchia su basi
esclusivamente sociologiche, fin per mescolare strumentalmente lidentit
cattolica della Francia, intesa per solo nella sua funzione di collante storico-
nazionale, con il nuovo antisemitismo razziale, sorto nel XIX secolo dal
coacervo filosofico-scientista-esoterico positivista-darwiniano e teosofico-
occultista. Un antisemitismo che, con lAffaire Dreyfus un ufficiale
dellesercito francese di origini ebree-alsaziane ingiustamente accusato di
spionaggio in favore della Germania , fu giocato in chiave anti-teutonica,
fino a teorizzare una inferiorit razziale tedesca per via del presunto
inquinamento ebraico subito dalla Germania. La monarchia come la
concepiva Charles Maurras, il pensatore fondatore del nazionalismo di massa
francese, una forma di governo empirico, senza giustificazioni metafisiche.
Una monarchia socialeche nei maurassiani di sinistra, il poeta Robert
Brasillach (barbaramente fucilato nel 1946, dopo un ingiusto processo, dai
gollisti), Lucien Rebatet, George Valois, divent ben presto una monar chia
socialista: questo sia detto per inciso un esito che non dispiace quando
accompagnato, come nel caso del gi citato Brasillach o in quello di Georges
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Bernanos, un altro seguace bench critico di Maurras, da una fede cattolica
sincera e non strumentale, rimanendo in tal modo scevro da implicazioni
positiviste e razziste.
3) Limperatore aveva addirittura diritto di veto nellelezione papale e
Francesco Giuseppe se ne avvalse nel 1903 per sbarrare la strada allelezione
del filo-francese cardinal Rampolla nel conclave che vide, poi, lelezione del
cardinal Giuseppe Melchiorre Sarto il quale sal sul soglio pontifico con il
nome di Pio X, il Papa della Pascendie della lotta al modernismo ma anche il
Papa che, come primo atto del suo Pontificato, abol lo ius exclusivae, ossia il
diritto di veto laicale nellelezione pontificia. Rendendo la Chiesa, in tal modo,
secondo la Volont di Nostro Signore, ancora pi libera dai condizionamenti
dei poteri mondani, perfino da quelli dichiaratamente cattolici.
4) Alcide De Gasperi, che per lItalia fu uno degli artefici del Trattato diRoma, istitutivo della Comunit Europea, avrebbe voluto una Unione
Europea che si realizzasse intorno non alla moneta ma ad una Comunit
Europea di Difesa (progetto poi fallito per lopposizione francese, insieme
gollista e comunista). Il politico trentino, dunque, ambiva ad unEuropa
politica e non tecnocratico-bancaria come quella poi realizzata e che oggi sta
dimostrando tutti i suoi limiti, dal momento che nella storia non si mai visto
nascere una moneta senza che prima fosse nata la comunit politica, in forma
di Stato o di polis o di impero, della quale spada, toga e moneta sono solo
strumenti operativi. Per quanto, invece, riguarda il suo percorso politico
personale va notato che fu solo nel primo dopoguerra, quando il Trentino
pass al regno dItalia, che De Gasperi, entrato in contatto con lo sturziano
PPI, ebbe una graduale virata in senso democristiano con labbandono della
originaria prospettiva di cattolico sociale, di tipo tonoliano, che fu
lispirazione ideale della sua attivit politica nel periodo asburgico.
5) Confronta L. Valiani, La Dissoluzione dellAustria-Ungheria, Il
Saggiatore, Milano, 1966, pagine 19-20.
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