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STIV

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Presidente del ConservatorioArnoldo Mosca Mondadori

Direttore del ConservatorioSonia Bo

Ufficio ProduzioneResponsabile Silvio MoscatelliAssistenti Paola Cavedon, Irene Romagnoli, Marco Seco

Ufficio StampaRaffaella Valsecchi

Progetto Grafico e impaginazioneErgonarte di Beppe Refraschini

Si ringrazia Silvia Limongelli per la collaborazione al Progetto artistico

Pinuccia Carrer per la supervisione alle note di sala diSilvia Del Zoppo e Rossella Spinosa

L’organizzazione si riserva di apportare al programma quelle variazioni che dovessero rendersi necessarie per cause di forza maggiore.

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Intorno aDEBUSSYdal 23 novembre al 14 dicembre 2012

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AL Con il sostegno di In collaborazione con

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Con il Festival Intorno a Debussy il Conservatorio di Milano si trovaper la quarta volta ad organizzare una manifestazione dedicata ai grandi anniversari della storia della musica.Forte degli esiti del Festival Chopin-Schumann, 200 anni, che nel 2010 ha visto celebrare i due autori in occasione del bicentenariodella loro nascita, e dei due Festival organizzati nel 2011,rispettivamente dedicati il primo a Mahler nel centenario della morte e a Liszt nel bicentenario della nascita, il secondo a Nino Rota nel centenario della nascita, il Conservatorio di Milano dà ora vita a un nuovo grande progetto intitolato a Claude Debussy nel centocinquantesimo anniversario della nascita.La musica di Debussy sarà, insieme a quella di autori francesi a luicoevi, protagonista all’interno di un percorso artistico molto articolato,che vedrà la realizzazione di cinque concerti: tre in Sala Puccini, unodei quali affidato ad allievi e docenti del Conservatorio di Musica “L. Marenzio” di Brescia, secondo un programma pluriennale di collaborazione; uno in Sala Verdi in collaborazione con un ente di produzione musicale tra i più prestigiosi, le Serate Musicali di Milano; uno infine per il Conservatorio bresciano.Scopo del Festival, sulla scia di quanto sperimentato con le analoghemanifestazioni dello scorso biennio, quello di presentare al pubblico,nell’esecuzione degli allievi del Conservatorio selezionati in audizione,anche pagine poco note tratte dal repertorio. Del resto, come è stato per i precedenti Festival, ogni appuntamento sarà dedicato a unaparticolare tematica. Ciò permetterà di collocare i singoli concertiall’interno di un ampio quadro storico di riferimento, atto a ricostruireil clima, intellettuale e sentimentale, che vide attivi Debussy e i suoi contemporanei.Il Conservatorio conferma la propria vocazione di ente di produzioneartistica di alto profilo, capace di mettere in moto sul territorio sinergienuove, cortocircuiti relazionali, che permettono ai giovani allievidell’Istituto di provarsi e confrontarsi con un pubblico sempre pià variegato ed esigente.Come scrivevamo lo scorso anno, l’invito, ancora una volta, è alla Cittàdi Milano, affinché partecipi alle iniziative del suo Conservatorio. Lo meritano i docenti che hanno preparato gli studenti; lo meritano gli studenti che hanno profuso impegno ed energia nella realizzazione di un cartellone tanto ricco.A loro rinnoviamo il nostro grazie, come anche ai partner, pubblici e privati, in primis il Banco Popolare di Brescia nuovamente al fiancodel Conservatorio di Milano, che sostengono le nostre iniziative.

Arnoldo Mosca MondadoriPresidente del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano

Sonia BoDirettore del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano

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Intorno aDEB

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BUSSYFESTIVAL

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Sommario / Programma

SALA PUCCINI Venerdì 23 novembre 2012, ore 21.00

Une rose dans les ténèbresMusiche di Debussy, Ravel, PoulencAndrea Zuccolo flauto, Marcello Salvioni viola, Alessandra De Stefano arpa,Ana Spasic soprano, Daniela Pescatori pianoforte, Claudio Soviero e Antonello D’Onofrio pianoforte

SALA PUCCINI Venerdì 30 novembre 2012, ore 21.00

Boîte des rêves Musiche di DebussyProduzione del Conservatorio "L. Marenzio" di Brescia in collaborazione con DANZARTE Nicoletta Viviani flauto, Donatella Lombardi soprano,Nicola Bertelli, Alice Bonanno, Eleonora Tregambe, Caterina Cogliandro, Sara Debellani,Michele Bertami, Chiara Pedrin danzatori,Donatella Lombardi soprano, Alberto Ranucci pianoforte

SALA PUCCINI Giovedì 6 dicembre, ore 21.00

Les Dieux antiques Musiche di Ravel, DebussyElena Chiavegato pianoforte, Simone Cernuschi pianoforte,Benedetta Piroddi pianoforte, Andrea Tamburelli pianoforte,Stefano Marzanni pianoforte, Claudio Soviero pianoforte

SALA VERDI Venerdì 14 dicembre, ore 21.00Baisais-je un songe? Musiche di Debussy, Poulenc, RavelSofiya Chaykina pianoforte, Lorenzo Laurino clarinetto,Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Musica “G. Verdi” di MilanoEstevan Velardi direttore

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Une rose dans les ténèbres

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Sala PucciniVENERDÌ 23 NOVEMBRE 2012, ORE 21.00

UNE ROSE DANS LES TÉNÈBRESCLAUDE DEBUSSY (1862-1918)

Sonata per flauto, viola e arpaPastorale: Lento, dolce, rubatoInterlude: Tempo di minuetto

Final: Allegro moderato, ma risolutoAndrea Zuccolo flautoMarcello Salvioni viola

Alessandra De Stefano arpa

MAURICE RAVEL (1875-1937)

Placet futile da Trois poèmes de Stéphane Mallarmé

CLAUDE DEBUSSY

Trois poèmes de MallarméSoupir

Placet futileEventail

Ana Spasic sopranoDaniela Pescatori pianoforte

FRANCIS POULENC (1899-1963)

Sonata per pianoforte a quattro maniPrélude: modéré

Rustique: naïf et lentFinal: très vite

MAURICE RAVEL

Rapsodia spagnola (trascrizione per pianoforte a quattro mani)Prélude à la nuit: Très modéré

Malaguena: Assez vif Habanera: Assez lent et d’un rythme las

Feria: Assez animéClaudio Soviero e Antonello D’Onofrio pianoforte

Il concerto sarà replicato martedì 27 novembre al Teatro San Carlino di Brescia

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Festival Intorno a Debussy

UNE ROSE DANS LES TÉNÈBRES

In un periodo particolarmente difficile, ovvero allo scoppio della pri-ma guerra mondiale, Claude Debussy, in una lettera dell’ottobre del1915 indirizzata a Bernardino Molinari, scrive la sua volontà di com-porre sei Sonate da camera per organici diversi: la prima, per violon-cello e pianoforte; la seconda, per flauto, viola e arpa; la terza, perviolino, corno inglese e pianoforte; la quarta, per oboe, corno e cla-vicembalo; la quinta, per tromba, clarinetto, fagotto e pianoforte; lasesta, infine, per più strumenti e contrabbasso. Il progetto, avrebbedovuto concludersi con una riunione delle sonorità utilizzate in tuttele precedenti sonate, in una sorta di richiamo alla tradizione sette-centesca pre-beethoveniana di pubblicare le Sonate in gruppi di sei.A questo progetto, rimasto incompiuto, si deve la Sonata per flauto,viola e arpa composta proprio nell’ottobre 1915. Dedicata ad EmmaDebussy, è divisa in tre movimenti: Pastorale: Lento, dolce, rubato;Interlude: Tempo di minuetto; Final: Allegro moderato, ma risoluto.Il primo movimento accentua la funzione protagonista del flauto cheespone il tema, accompagnato dal timbro pastoso della viola, in unandamento rapsodico e, a volte, improvvisativo; l’Interlude rivela unascrittura melodica articolata e complessa, con un forte slancio sinco-pato attorno al do conclusivo. Ciascuno dei tre tempi evidenzia un’i-dentità specifica con un carattere grazioso e galante nel primo,pointillé e positivo nel secondo e cromatico-timbrico nel terzo, in af-finità con le sonorità stravinskiane. Prima della coda conclusiva deltempo finale, tre misure rallentano la discorsività e ci fanno assapo-rare una nona di la bemolle evocativa del tema ormai lontano dellaPastorale, fortemente trasfigurato, quasi a chiudere la sonata in unamusicale circonferenza.

La cantata L’enfant prodigue sempre di Claude Debussy per soli, coroe orchestra risale alla conclusione degli studi di Conservatorio, con-sentendo al compositore, allora ventiduenne, di vincere nel 1884 ilprestigioso Grand Prix de Rome. Se L’enfant prodigue è comunque l’o-pera di un giovane compositore esordiente, il linguaggio evidenzia lo“stile debussiano”, per le disposizioni degli accordi, per il gusto diun’armonia combinata con il frequente uso di quinte vuote e di suc-cessioni di settime, nella sua intonazione del testo inconfondibile nelleaccentuazioni (come nell’Air de Lia).

Altro organico particolare segna la ricerca cameristica di Maurice Ra-vel che affida i Trois poèmes de Stéphane Mallarmé (1913; Soupir, de-dicato a Igor Stravinskij; Placet futile, dedicato a Florent Schmitt;Surgi de la croupe et du bond a Erik Satie) a: canto, pianoforte, quar-tetto d’archi, due flauti, due clarinetti. Ravel riesce a ricreare musi-

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calmente una sorta di evocazione della raffinatezza magica della pa-rola di Mallarmé. Placet futile è il secondo del trittico caratterizzatoda sottili trame strumentali, assonanze timbriche e creazione di veree proprie schegge sonore. Placet futile: Princesse! à jalouser le destinha l’indicazione di andamento Très modéré, in tonalità di fa maggiore;composto a Parigi nel maggio del 1913 è stato dedicato a Florent Sch-mitt, compositore e compagno di studi di Ravel, con l’intenzione diprevederne l’inserimento in uno dei programmi della Societé MusicaleIndépendante, da lui stesso promossa e animata.

Anche Debussy sceglie i Trois poèmes de Stéphane Mallarmé, intonan-do Soupir (scritto nel 1864), Placet futile (prima versione: 1862) eÉventail (Autre éventail) (scritto nel 1884). Debussy sceglie però l’or-ganico tipico della mélodie francese, canto e pianoforte. «Debussy usagli accordi come Mallarmé usa le parole, come specchi che concen-trano la luce di cento punti differenti sul significato esatto, ma riman-gono i simboli del significato, non il significato stesso. Queste stranearmonie ... non sono affatto la fine, e neppure il punto di partenza delleintenzioni del compositore, bensì la trama sulla quale l’immaginazionedeve tessere la sua fantasia» (Stefan Jarocinski, Debussy. Impressio-nismo e simbolismo, Firenze 1999, pag. 66). I simbolisti aspiravanoalla riscoperta di una dimensione musicale della parola, proprio graziealla asemanticità della musica che consente di svelare ma al contempocelare ciò che esprime, in una ricerca sinestetica: «Io faccio musica,e con tale termine non intendo riferirmi agli effetti che si possono trar-re dall’avvicinamento eufonico delle parole, questa prima condizioneè fin troppo ovvia; ma all’aldilà magicamente prodotto da talune di-sposizioni della parola ... Fra le righe e nascosta al primo sguardo,essa risuona in tutta purezza ... Musica nel senso greco, che significain fondo Idea o ritmo tra rapporti, e in ciò più divina che nell’espres-sione pubblica o sinfonica» scrive il poeta…

La Sonate à quatre mains di Francis Poulenc è stata composta nel1918 e pubblicata nel 1919 da Chester con dedica «à MademoiselleSimone Tilliard»; la seconda revisione è del 1939. La Sonata è divisain tre movimenti (Prélude: modéré, Rustique: naïf et lent, Final: trèsvite) caratterizzati dallo stile conciso e disadorno, sia dal punto di vistamelodico che armonico, tipico di Poulenc. Il riferimento a Stravinskijappare chiaro nell’uso degli ostinati, nella pulsazione ritmica irrego-lare, nella frequenza di melodie diatoniche orientaleggianti e nellesuggestioni di melodie popolari. È però al contempo rinvenibile un’as-sonanza con la raffinatezza di Ravel, con la leggerezza compositiva diSatie e con la scrittura virtuosa di Chabrier, in una sorta di osmosidelle correnti del tempo. Sin dalla prima esecuzione la Sonata si rivelalavoro anticonvenzionale, in cui si innesta l’uso della modalità, conaccenti di derivazione jazzistica, con una percussività densa e ostinatiritmici, in un insieme estremamente esuberante e vulcanico.

Une rose dans les ténèbres

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La Rhapsodie Espagnole di Ravel, composta nell’ottobre del 1907, ap-pare per la prima volta sulla scena nella versione per due pianoforti;due anni dopo seguirà l’orchestrazione. La Rhapsodie è divisa in quattroparti: Prélude à la nuit - Très modéré (la minore); Malaguena - Assezvif (la minore); Habanera - Assez lent et d’un rythme las (fa diesis mi-nore); Feria - Assez animé (do maggiore). Nel Prelude à la nuit, con an-cora maggiore evidenza rispetto all’orchestra, emerge nella ripetizionedel disegno quasi minimalista di quattro note, fa, mi, re, do diesis. LaMalaguena evidenzia un intreccio di ritmi sfalsati, scale e passaggi ri-battuti, iterando verso la fine l’idea ossessiva di “fa-mi-re-do diesis”usata nel Prélude. Nella funzione di Andante di questa corposa compo-sizione, Ravel ha inserito l’Habanera, composta nel 1895, una delledanze codificate nell’Ottocento, a testimoniare contaminazioni incredi-bili tra il mondo extra-europeo (Cuba in questo caso) e l’occidente. Lepause e le sospensioni dell’Habanera lasciano poi il posto alla Feria,in un gioco di finti finali preparati da progressioni di staccati e arpeggi.Al termine della “festa” sonora, il crescendo che diverrà - come già erastato per Rossini - una cifra del suo stile.

Rossella Spinosa(studentessa del biennio di Discipline storiche,

critiche e analitiche della musica)

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Festival Intorno a Debussy

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Boîte des rêves

Sala Puccini

VENERDÌ 30 NOVEMBRE 2012, ORE 21.00

BOÎTE DES RÊVESProduzione del Conservatorio "L. Marenzio" di Brescia in collaborazione con DANZARTE

CLAUDE DEBUSSY (1862-1918)

SyrinxNicoletta Viviani flauto

La plus que lente. Valse per pianoforte soloAlberto Ranucci pianoforte

Trois poèmes de MallarméSoupir

Placet futileEventail

Donatella Lombardi sopranoAlberto Ranucci pianoforte

La boîte à joujouxBallet pour enfants par André Hellé, in quattro quadri

(versione originale per pianoforte solo)Alberto Ranucci pianoforte

Nicola Bertelli, Alice Bonanno, Eleonora Tregambe, Caterina CogliandroSara Debellani, Michele Beltrami, Chiara Pedrin danzatori

Noël des enfants qui n’ont plus de maisonDonatella Lombardi sopranoAlberto Ranucci pianoforte

«Non possiamo dimenticare che il tempo di Debussy è anche quello di Cézanne eMallarmé: congiunzione triplice alla radice, forse, di ogni modernità, anche se nonè possibile trovarvi un insegnamento discorsivo, ma non v’è dubbio che Debussy ha

voluto far capire che occorreva non solo costruire, ma sognare la propriarivoluzione». (da: Claude Debussy di Pierre Boulez)

«Questa storia si è svolta in una scatola dei giocattoli. Le scatole dei giocattoli sonoin effetti come una sorta di città nelle quali i giochi vivono come delle persone.Dunque le città potrebbero essere delle scatole dei giochi nelle quali le persone

vivono come dei giocattoli». (dall’introduzione di André Hellé)

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BOÎTE DES RÊVES

Syrinx

Syrinx è un brano per flauto solo che Claude Debussy scrisse nel 1913.È dedicato al flautista Louis Flery che lo eseguì per primo. Breve e straor-dinaria pagina, si annovera tra le più importanti della letteratura flauti-stica. È stato composto come musica di scena per il dramma Psyché diGabriel Mourey e originariamente era chiamato Flûte de Pan. Poiché unadelle Chansons de Bilitis di Debussy era già stata chiamata con questonome, gli è stato dato il nome Syrinx in riferimento al mito del corteggia-mento amoroso del dio Pan con la ninfa Syrinx. Due i fattori che l’hannoportato ad essere in una posizione centrale del repertorio flautistico: è ilprimo pezzo veramente significativo per flauto solo dopo la Sonata in laminore (1763) di Carl Philipp Emanuel Bach ed è il primo brano solisticocomposto per il moderno flauto Böhm, messo a punto nel 1847.

La plus que lente. Valse per pianoforte solo

È un valzer lento (La plus que lente. Valse pour piano) scritto nel 1910con chiare intenzioni caricaturali come evidenzia nella didascalia ge-nerale Lent (Molto rubato con morbidezza). Debussy usa spesso dei ter-mini in italiano in modo un po’ eccentrico. Forse con “morbidezza”intendeva tradurre “morbidité” che spesso significa morbosità. La mu-sica, in effetti, ha un andamento ansimante e sospiroso. Brano, comun-que, di grande spessore compositivo che ricorda un po’ la musica deicaffè-concerto e i cabaret. È in forma di rondò.

La boîte à joujoux

Nel 1913, l’illustratore André Hellé prende contatto con il più grandecompositore francese del momento, Claude Debussy, per chiedergli dimusicare un libro per bambini che ha appena illustrato. Debussy accettaimmediatamente. Dedicherà poi la a sua figlia Claude-Emma, sopran-nominata Chouchou, la sua piccola musa di soli 4 anni.Inizia a comporre la musica ispirata al libro ma purtroppo muore primadi averne terminato l’orchestrazione, in parte abbozzata nel 1917 e poiportata a compimento nel 1919 dal suo allievo André Caplet.È Ballet pour enfants in un atto e quattro quadri con un preludio e unepilogo, della durata di circa trenta minuti. La prima rappresentazionemondiale avvenne a Parigi al Théàtre Lyrique du Vaudeville il 10 di-cembre 1919 (Debussy era morto l’anno prima) con la coreografia diMadame Mariquita.

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Festival Intorno a Debussy

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Debussy inizialmente aveva pensato quest’opera per le marionette (einfatti molte sono state successivamente le rappresentazioni effettuateda illustri compagnie di marionette) mentre in seguito l’aveva trasfor-mata in uno spettacolo realizzato da bambini e per bambini stessi.I personaggi principali, con i loro temi musicali identificativi, sono laBambola, il Soldatino, Pulcinella e la Rosa (un fiore). Il primo quadrosi intitola Il magazzino dei giocattoli; il secondo quadro Il campo di bat-taglia; il terzo quadro Ovile in vendita e il quarto quadro A fortuna fatta.Assisteremo all’uscita dei giocattoli, di notte, dalla scatola in cui sonorinchiusi; ad una battaglia durante la quale il Soldatino, innamorato del-la Bambola, viene ferito da Pulcinella; al nascere dell’amore fra la Bam-bola e il Soldatino; alle loro nozze e alla loro felice vita coniugale.La versione pianistica che verrà proposta si basa sul brogliaccio com-posto da Debussy per la successiva partitura orchestrale. Regge benis-simo e viene comunemente utilizzata.Scrive André Hellé nell’introduzione al libretto «Questa storia si è svoltain una scatola dei giocattoli. Le scatole dei giocattoli sono in effetti someuna sorta di città nelle quali i giochi vivono come delle persone. Dunquele città potrebbero essere delle scatole dei giochi nelle quali le personevivono come dei giocattoli».

Noël des enfants qui n’ont plus de maison

Claude Debussy scrisse e musicò il Noël des enfants qui n’ont plus demaison(s) nel dicembre 1915.Prostrato da un male incurabile, atterrito dagli orrori di una guerra dellaquale non avrebbe visto la fine, egli si sentiva vicino ai piccoli profughidei paesi belligeranti.Il testo è molto triste: si presenta come una preghiera da parte di bam-bini francesi rimasti orfani e senza tetto, che invocano Gesù Bambino,affinché vendichi loro e i bambini belgi, polacchi e serbi, infliggendoagli invasori tedeschi una severa punizione, ovvero quella di non renderloro visita, non solo il giorno di Natale, ma anche in seguito.E per questo Natale, non chiedono in dono giocattoli, ma il pane per so-pravvivere, oltre che la Francia possa vincere la guerra.

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Boîte des rêves

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Sala Puccini

GIOVEDÌ 6 DICEMBRE, ORE 21.00

LES DIEUX ANTIQUESMAURICE RAVEL (1875-1937)

SonatineModéré

Mouvement de menuetAnimé

Elena Chiavegato pianoforte

CLAUDE DEBUSSY (1862-1918)

La plus que lenteSimone Cernuschi pianoforte

BalladeBenedetta Piroddi pianoforte

Pour le pianoPrélude

SarabandeToccata

Andrea Tamburelli pianoforte

Étude pour les arpèges composésÉtude pour les sonorités opposées

Stefano Marzanni pianoforte

MAURICE RAVEL

Le tombeau de CouperinPréludeFugue

ForlaneRigaudonMenuetToccata

Claudio Soviero pianoforte

Festival Intorno a Debussy

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LES DIEUX ANTIQUES

La genesi della Sonatine è piuttosto curiosa. Ravel compose il primo mo-vimento Modéré per un concorso indetto dalla «Weekly Critical Review»,incoraggiato da un amico che collaborava con la rivista. La richiesta con-sisteva appunto nella stesura di un primo movimento di Sonata che nonsuperasse le 75 misure: Ravel, unico concorrente in gara per il premiodi 100 franchi, fu comunque squalificato perché la sua composizione ec-cedeva di poche misure il limite imposto. Ma il Modéré divenne la baseper la Sonatine, ultimata due anni più tardi con l’aggiunta del Mouvementde menuet e dell’Animé. Eseguita a Lione nel Marzo 1906 da Mme Paulede Lestang, cantante, clavicembalista, pianista, alla nascita Pauline Ca-loin, ebbe la prémière parigina il 31 marzo, con il pianista Gabriel Grov-lez. Il diminutivo del titolo si riferisce alla estensione e non certo allasemplicità di struttura o d’esecuzione: il primo movimento, in fa diesisminore, nella forma dell’Allegro di Sonata, presenta un motivo d’aperturasoggetto a trasformazioni e variazioni nei movimenti successivi, le cuieco sono già ravvisabili, tuttavia, nelle ultime misure del primo. Il se-condo Mouvement de menuet, in re bemolle maggiore, manca della tra-dizionale sezione “trio”, coerentemente con la brevità della composizionenel suo complesso. Il terzo movimento, estremamente virtuosistico, ci ri-conduce alla tonalità iniziale. Si presenta come una Toccata, forma a ca-rattere improvvisativo che Ravel mutua dai predecessori Jean PhilippeRameau e François Couperin e che non mancherà di approfondire, peresempio nell’ultima sezione de Le Tombeau de Couperin.

Per La plus que lente, apparsa nel 1910, Debussy allude con fine ironiaa un genere tipico della musica da salotto, il valzer lento. La composi-zione fu anche, e forse, ispirata da una piccola scultura, “La Valse”, cheil compositore teneva sulla mensola del camino o - si dice ancora - dal-l’ascolto di un motivo suonato dal violino tzigano di Leoni, che Debussyebbe occasione di ascoltare in compagnia della moglie Emma pressol’Hotel Carlton di Parigi: a lui fu donato il manoscritto. La scrittura de-bussiana incoraggia il pianista ad adottare un tempo flessibile e flut-tuante, all’interno dell’impulso regolare del tempo di valzer. Elie RobertSchmitz nel suo The piano works of Claude Debussy sottolinea che il mo-tivo tematico de La plus que lente è una rielaborazione di cellule giàpresenti nella Ballata, permettendo così una sorta di collegamento ana-logico tra i due brani, pur così differenti tra loro. La Ballata è pubblicatanel 1890 come Ballata slava, ma una ristampa del 1903 ne semplificail titolo in Ballata. In realtà, l’aggettivo “slava” non è improprio, perchémette a fuoco sia il carattere del pezzo sia la sua ispirazione: monote-matico, si basa infatti su una melodia con figurazioni ripetute (tipicoquesto del folklore dell’Est europeo) e ricca di piccoli intervalli, svilup-pata secondo il principio della variazione.

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Les Dieux antiques

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Parlare di ballata non può non riportare alla mente Chopin. Il legametra i due è efficacemente evidenziato da Harold C. Schonberg: Chopinaveva mostrato come, mediante effetti di pedale e delicate variazionidi tocco, si potesse far «cantare» il pianoforte. Debussy si spinse oltre.Insisteva che il pianoforte dovesse risuonare come uno strumento«senza martelli». Le dita dovevano «penetrare nelle note». Gli effettidovevano essere ottenuti mediante l’uso del pedale: Debussy lo chia-mava «pedale vivente». Il compositore francese nutriva un profondoamore per quel compositore che, polacco di nascita ma francese diadozione, mezzo secolo prima di lui aveva letteralmente formulato unnuovo vocabolario musicale e pianistico; partendo da Chopin, dellecui opere curò anche una revisione e al quale sono dedicati i DouzeÉtude (1915), Debussy sperimenta una varietà di stile e di impiego ditecniche, l’uso del cantabile, un modo tutto suo di trattare l’armonia eil tempo.

Lo studio n. 10, «pour les sonoritiés opposées» - ogni studio di Debussyha nel titolo il principio tecnico e costruttivo - è sicuramente il più mi-stico ed evocativo: si apre con un unico suono, Sol#, che si rivela benpresto un pedale quasi onnipresente, contro cui si contrappone delica-tamente un La naturale. A partire da mis. 4 (dolente), in questo passocontraddistinto da grande ricchezza armonica, sembra di poter ricono-scere il carattere di uno dei più enigmatici tra i preludi, Des pas sur laneige. In seguito, sempre su un pedale di Sol# in registro questa voltagrave, si staglia una melodia certamente più trasparente e viva (lointain,mais clair et joyeux), cui segue un’intensificazione del movimento, conun carattere quasi orchestrale. Nel finale, abbandonato lo spirito gioioso,traspare quasi un senso di inaspettata angoscia.

I lenti arpeggi iniziali dell’undecimo «pour les arpèges composés », fon-dati su una scala pentatonica, producono una scorrevolezza che ricordalo studio n. 1 op. 25 di Chopin. Gli arpeggi sempre più rapidi creanosonorità “d’arpa”. Nella sezione centrale, essi si stringono ancor più ingruppetti alleggerendo il tutto con un effetto quasi caricaturale, che ri-chiama alla mente passaggi dei preludi General Lavine e Minstrels.

Pour le piano - proposta nel 1902 a Parigi da Ricardo Viñes per la So-ciété Nationale de Musique - è in forma di suite e ognuno dei suoi tremovimenti porta una dedica ad allievi. Il Prélude fu destinato all’allievaMlle Michèle Worms de Romilly, pianista e cantante dilettante, che -cita François Lesure, il grande studioso di Debussy - colse in questapagina l’evocazione dei gong e della musica di Giava; la Sarabande èper Yvonne Lerolle Rouart, figlia del pittore e amico Henry Lerolle. Ècaratterizzata da successioni di settime e none consecutive, irrisolte esospese che tanto piacevano a quei tempi (ne fa uso soprattutto Satie)perché accentuano il carattere arcaicizzante della musica. La Sarabandesarà più tardi orchestrata da Ravel. La Toccata è un brano assai virtuo-

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Festival Intorno a Debussy

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sistico, dedicato a Nicolas Coronio, compositore e pianista che ricevetteda Debussy il manoscritto autografo dell’intera suite.

Ispirata come Pour le piano al “profumo dell’antico” Le Tombeau deCouperin di Maurice Ravel porta nel titolo una precisa e raffinata allu-sione storico-musicale: il Tombeau, diffuso nel Sei-Settecento francese,era una pagina strumentale dedicata da un compositore alla memoriadi un altro compositore scomparso - una sorta di omaggio da professio-nista a professionista, ricco di rimandi e citazioni. Così doveva essereanche per la Suite, iniziata da Ravel nel 1914. Ma la composizione ri-mase interrotta a causa del suo arruolamento nell’esercito e venne com-pletata nel 1917. A quel punto, il Tombeau, oltre a rimanere un’epigrafesonora ricca di rimandi e citazioni al Settecento francese (e a un suoprotagonista, François Couperin), si trasformò in una sorta di memorialededicato a sei amici caduti durante il primo conflitto mondiale.I. Prélude - Alla memoria del luogotenente Jacques Charlot (che avevatrascritto per pianoforte solo Ma mère l’oye, concepita da Ravel per pia-noforte a quattro mani)II. Fugue - Alla memoria di Jean Cruppi (alla cui madre Ravel dedicòL’heure espagnole)III. Forlane - Alla memoria del luogotenente Gabriel Deluc (pittore diorigine basca)IV. Rigaudon - Alla memoria di Pierre and Pascal Gaudin (fratelli, uc-cisi entrambi da una granata)V. Menuet - Alla memoria di Jean Dreyfus (grazie a cui Ravel si era ri-preso dopo un periodo di depressione)VI. Toccata - Alla memoria del Capitano Joseph de Marliave (musico-logo, caduto durante un’azione bellica nell’agosto 1914)La versione originale per piano solo fu eseguita per la prima volta nel1919 da Marguerite Long, vedova di Joseph de Marliave, alla salle Ga-veau, per la Société Musicale Indépendante. Come spesso faceva conmusiche proprie e altrui, Ravel orchestrò quattro dei sei brani, Prélude,Forlane, Menuet e Rigaudon (1919-1920).

Silvia Del Zoppo(studentessa del corso di Storia del repertorio

e dell'interpretazione per il biennio di pianoforte)

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Les Dieux antiques

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Sala Verdi

VENERDÌ 14 DICEMBRE, ORE 21.00

BAISAIS-JE UN SONGE?MAURICE RAVEL (1875-1937)

Pavane pour une infante défunte

FRANCIS POULENC (1899-1963)

Concerto per pianoforte e orchestra (1949)Allegretto comodoAndante con moto

Presto giocoso (Rondeau à la française)Sofiya Chaykina pianoforte

CLAUDE DEBUSSY (1862-1918)

Première rhapsodie per clarinetto e orchestraLorenzo Laurino clarinetto

MAURICE RAVEL (1875-1937)Boléro

Orchestra Sinfonicadel Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano

Estevan Velardi direttore

Festival Intorno a Debussy

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BAISAIS-JE UN SONGE?

Il celebre pianista Ricardo Viñes, onnipresente nella Parigi tra i duesecoli, racconta di come il giovane Ravel, sin dai primi tempi dei suoistudi al Conservatorio di Parigi, cercasse di evadere pedanteria e sco-lasticità e si orientasse costantemente alla ricerca di nuovi accordi ecombinazioni armoniche: «Posava da esteta, si considerava incompresoed era dotato di una particolare raffinatezza che non gli avrebbe maiconcesso, a quel tempo, di considerare seriamente l’eventuale prono-stico della vasta popolarità che il futuro gli avrebbe riservato».La prima versione della Pavane pour une Infante défunte (1899) per pia-noforte, risale proprio a quegli anni, segnati dagli studi con Gédalge peril contrappunto e Fauré per la composizione: sei minuti scarsi di musica(5.50’ nella versione pianistica lasciataci su rullo da Ravel stesso), de-stinati al successo e, con il Boléro, alla più “vasta popolarità”.Nata grazie al mecenatismo di Winnaretta Singer, principessa Edmondde Polignac, la Pavane si impose innanzitutto nel privato mondo dei sa-lotti, per approdare al successo pubblico il 5 aprile 1902, con RicardoViñes al piano, nella Salle Pleyel.Eppure la critica non fu benevola al tempo: è un pezzo «che conquistasoprattutto l’accoglienza dei salotti e l’ammirazione delle signorine chenon suonano molto bene il pianoforte» commentò Roland Manuel su«L’Echo de Paris». Cocteau (unica cattiveria sua contro Ravel) dirà chele ragazze acquistano Pavane in luogo della Prière d’une vierge; lo stessoRavel ebbe ad elencarne non pochi difetti: «l’influenza di Chabrier,troppo scoperta, e la forma, molto povera. … incompleto e privo d’au-dacia …» (Flavio Testi, La Parigi musicale del primo Novecento, pag.92). Forse per eliminare questo sapore di “pagina per dilettanti”, dicia-mo noi, nel 1912 Ravel orchestrò Pavane, trasformando il brano piani-stico attraverso magistrali intuizioni sonore: il motivo portante è affidatoal corno e poi di volta in volta dal tutti (2 flauti, oboe, 2 clarinetti, 2 fa-gotti, 2 corni, arpa e archi) emergono magicamente l’oboe e il flauto.Ad interpretare il titolo, che sembrerebbe alludere a riferimenti storici,ci aiuta lo stesso compositore «je n’ai songé en assemblant les mots quicomposent ce titre, qu’au plaisir de faire une allitteration...», rivelandola sua predilezione per l’assonanza delle nasali. La scelta del ritmo bi-nario della pavana, il tactus dominante, richiama da un lato l’incederedella danza rinascimentale (una delle tante ipotesi lega il nome allemosse dell’altero pavone), dall’altro la Pavane per orchestra e coro adlibitum (1887) dell’amato e stimato maestro Gabriel Fauré.

Nell’agosto del 1928, rientrato da poco dall’impegnativa tournée negli StatiUniti e nel Canada, effettuata tra gennaio e aprile, per soddisfare la richie-sta della danzatrice Ida Rubinstein di una musica “spagnoleggiante”, Mau-rice Ravel aveva pensato di orchestrare Iberia, di Isaac Albeniz. Il suo

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amore per la Spagna è noto: originario di Ciboure, paese basco, Ravel so-leva dire «La mia seconda patria musicale è la Spagna». Non sapeva peròche altri aveva già i diritti per la trascrizione di Iberia: poco male, perchécosì nacque uno dei brani più famosi del XX secolo: «…ho composto unbolero per incarico di M.me Rubinstein. È una danza dal movimento moltomoderato e costantemente uniforme, sia per melodia che per armonia e rit-mo. Quest’ultimo è segnato incessantemente dal tamburo. Il solo elementodi diversità è dato dal crescendo orchestrale» (Esquisse autobiographique,1928). La sfida è dunque chiara: tenere desto l’interesse del pubblico, gio-cando sull’iterazione e sulla climax; tutto il Bolero è in do maggiore, pas-sando solo nel finale a mi maggiore, in uno dei coup de théâtre modulantimaggiormente d’effetto della storia della musica. Dell’originaria danza spa-gnola – la Spagna è terra di complessi ritmi e forme di danza, basti pensarealle varie tipologie di flamenco – Ravel mantiene il ritmo in tre quarti e ilruolo protagonista della percussione mentre abbandona il caratteristico le-vare del passo e altre particolarità delle suddivisioni. In definitiva, non vo-leva certo ricopiare fedelmente e realisticamente la danza popolare. IlBoléro andò in scena a Parigi (Théatre de l’Opéra) il 22 novembre del 1928,con la coreografia di Bronislava Nijinska, la sorella del grande VaslavNijinsky a sua volta primo fauno debussiano (coreografia da lui creata nel1912). Ida Rubistein vestiva i costumi di Léon Bakst, come già era statoper il fauno Nijinsky. Lo spettacolo ebbe successo, ma ancor più riscontroebbe la versione puramente orchestrale diretta da Ravel stesso nel 1930.Tra le tante e diversamente splendide versioni coreografiche spicca quelladi Maurice Bejart (1970): è forse la coreografia che interiorizza maggior-mente la musica nel gesto. Coglie la cellula pulsante, il tactus, così comeera inteso in età rinascimentale: un senso del tempo non imposto dall’e-sterno, ma che nasce dall’interno dell’uomo.

Se il Bolero è un eclatante crescendo di sonorità e di timbri, la Premièrerhapsodie pour clarinette en si bémol di Claude Debussy si muove in unadimensione diversa, più per sottrazioni di sonorità, che per addizioni. Com-posta tra il 1909 e il 1910, è un morceau de concours per clarinetto e pia-noforte che ha una sua storia. Debussy aveva sempre avuto qualcheproblema relazionale con il mondo accademico già da studente e non avevamai risparmiato critiche al Conservatorio; ciononostante, forse spinto dallamoglie e per esigenze economiche, aveva accettato nel 1909 l’invito deldirettore Gabriel Fauré di far parte del Consiglio Superiore dell’Istituto.Da qui l’obbligo di assistere ogni anno agli esami finali, per la strutturadidattica francese veri e propri concorsi, con esecuzione di brani apposi-tamente scritti allo scopo (i morceaux de concours) e con relativi premi.Debussy compose con convinzione i due pezzi per il concorso di clarinetto,perché – lui stesso lo scrisse – «Ho fatto parte della giuria e posso dirviche qui in Conservatorio c’è un alto standard per quanto riguarda i flauti,gli oboi, i clarinetti; come per i fagotti… sono ammirevoli».

L’alto standard si rispecchia nella Première rhapsodie (prima e unica), de-

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dicata “con simpatia” a Prosper Mimart, clarinettista, didatta (suo unMéthode nouvelle de clarinette théorique et pratique), studioso e titolaredella cattedra al Conservatorio di Parigi dal 1905 al 1918. Lo stesso Mi-mart, con la pianista Marie-Georges Krieger, fu protagonista della primaesecuzione. Nella sua brevità (più o meno 8’) la Rapsodia condensa le abi-lità dell’interprete: lunghe frasi legate (riprese poi prima del finale nel re-gistro acuto, meno agevole per lo strumentista), staccati brevi e incisivi (aricordo di modalità esecutive non classiche), ricerche di dinamiche pluri-me, che vanno dai piani e pianissimo tipicamente debussiani, esaltanti la“douceur romantique” dello strumento, ai fortissimo del finale. Nella tra-scrizione per clarinetto e orchestra (iniziata da Debussy nell’agosto del1911 e portata a termine nel mese di ottobre), si accentua il virtuosismodel solista, che deve rapportarsi al diverso spessore sonoro dell’orchestra.

Francis Poulenc (Parigi, 1899-1963) scrisse molto per il pianoforte. Eglistesso era pianista, da sempre: avviato allo studio dello strumento a cinqueanni dalla madre Jenny Royer, nel 1915, lei morta, passa alle abili cure diRiccardo Viñes, un protagonista della vita intellettuale, concertistica, pia-nistica parigina. A lui Poulenc deve l’incontro con Satie, Debussy, Ravel…ma anche con Jean Bathori, cantante e direttrice del Théâtre du Vieux-Co-lombier: è qui che l’11 dicembre 1917 Poulenc esordisce come compositorecon la Rapsodie nègre per baritono, due violini, viola, violoncello, flauto,clarinetto e pianoforte. Poco più di sette minuti di musica che bastano perdare il la a una brillante carriera. Pochi anni dopo Poulenc farà parte, sottol’egida di Cocteau, di uno dei gruppi tra i più noti della storia musicale: isix, ovvero, oltre a Poulenc, Georges Auric, Darius Milhaud, Louis Durey,Arthur Honneger, Germaine Tailleferre. Poulenc ha uno stile inconfondi-bile: può rivolgersi al jazz o all’antico (come nel Concerto campestre scrittoper la clavicembalista Wanda Landowska) ma si riconosce, sempre in bilicocom’è tra il serio, il faceto e l’autoironia. L’aspetto serio della sua indole daGiano bifronte rivela però lati estremi, sofferenti, oscuri, drammatici in al-cune opere, come le Litanies à la Vierge noire (1937), Les dialogues desCarmélites, che ebbe la prima a Milano con Leyla Gencer e Virginia Zeaninel 1957, o La voix humaine su testo di Cocteau (1958).

Il concerto per pianoforte si deve a una commissione dell’Orchestra Sinfo-nica di Boston. La prima a Boston (1949, direttore Charles Munch) vedeal pianoforte lo stesso Poulenc. Il concerto è in tre movimenti, ammiccantenella confezione al concerto settecentesco italiano: il primo, Allegretto co-modo, è un divertimento, l’Andante con moto si snoda su una cellula pul-sante e costante nell’accompagnamento. Il finale, Presto giocoso (rondeauà la française), rivela il mondo cosmopolita di Poulenc, attento ai ritmiafro-americani, brasiliani e a quelli patrii del frenetico can-can.

Silvia Del Zoppo(studentessa del corso di Storia del repertorio

e dell'interpretazione per il biennio di pianoforte)

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