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Limes - La radice quadrata del caos - A.A. Fair.pdf

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  • Sommario

    Copertina

    Frontespizio

    IL CONGRESSO DEL GOLFO E I SUOI NEMICI

    PARTE I I QUATTRO LATI DEL QUADRATOLA GRANDE STRATEGIA DELLA TURCHIA NEO-OTTOMANA D. Santoro

    LARABIA DEI SAD Arabicus

    DALLO YEMEN AL GOLFO I SAUDITI ATTACCANO PERCH SONO DEBOLI C. BIANCO(in appendice: I NOMI DEL GOLFO N. Baheli; DA CROGIUOLO A MARE DIVISO: IL GOLFONELLA STORIA L. Declich)

    GLI ALTRI SAUDITI T. Matthiesen

    I NOSTRI PUNTI FERMI NEL NEGOZIATO CON GLI USA A. Khamenei

    LIRAN CONTRO TUTTI N. Pedde

    ANCHE I PASDARAN VOGLIONO LACCORDO N. Bajoghli

    OBAMA+MOSSAD VS BIBI+CONGRESSO L. Mainoldi

    VOI EUROPEI E AMERICANI NON CAPITE IL MEDIO ORIENTE: LASCIATE FARE A NOIISRAELIANI M. Kedar

    ISRAELE TEME UN IRAN ATOMICO MA NON PU FARCI GRANCH A. Rapaport

    IL CROLLO DEL BARILE NON FIGLIO DI UN COMPLOTTO SAUDITA L. Bellodi

    DAL SOUTH AL TURKISH STREAM: ANKARA GIOCA LA CARTA RUSSA D. Floros

    PARTE II DENTRO O FUORI DAL RING? LAMERICA E ALTRIFANTASMIOBAMA, LIRAN E LA FATICA DI SISIFO J.C. Hulsman

    PERCH LACCORDO CON LIRAN SOPRAVVIVR A OBAMA D. Fabbri

    IL ROMPICAPO DI OBAMA G. Dottori

  • PERCH IL GOLFO CI COMPRA A. Aresu

    PARTE III LE AREE DEL QUADRATOIN YEMEN LA TEMPESTA NON DECISIVA A. Baron

    SIRIA LIBANIZZATA L. Trombetta

    LIRAQ DIVISO IN TRE PARTI: IRAN, CALIFFATO E KURDISTAN G. Parigi

    IL CAIRO-RIYAD, LA STRANA COPPIA A. Accorsi e G. Piazzese

    A CHE GIOCO GIOCANO DUBAI E ABU DHABI G. Cafiero

    OMAN, LELETTRONE LIBERO G. Dentice

    LOMBRA DEL CALIFFATO SULLASIA CENTRALE F. Indeo

    AUTORI

    LA STORIA IN CARTE a cura di Edoardo Boria

    Colophon

  • Il Congresso del Golfo e i suoi nemici

    1. In principio il Golfo. Di qui scaturiscono le scosse del sisma geopolitico che scuote ilnostro fronte meridionale, dal Nordafrica al Levante. La posta in gioco se debba essere Persicoo Arabico. Se vi prevalgano Iran o Arabia Saudita, ciascuno con i suoi satelliti. Non meraonomastica marittima: sostanza geostrategica. Perch dominare il Golfo significa affermarsiegemone sul quadrante inscritto tra Mar Rosso e Mare Arabico, passaggio ineludibile dalMediterraneo allOceano Indiano e viceversa, dove convergono le piattaforme continentali diEuropa, Africa e Asia. Massimo tesoro energetico del pianeta, dove giacciono i due terzi delleriserve provate di petrolio, un terzo di quelle gasiere, e da dove parte ogni giorno un quarto delgreggio commerciato sui mercati mondiali. Epicentro dellecumene musulmana e insieme fagliacritica delle sue principali famiglie, con singolare inversione dei rapporti di forza fra sunniti esciiti: globalmente dominanti, attorno al Golfo i primi sono meno dei secondi. Infine forsesoprattutto spartiacque fra arabi e persiani (carta 1).

    Tra Ottocento e fine Novecento, in seguito al declino e alla caduta dellimpero ottomano,quellarea fu assegnata allinfluenza della Gran Bretagna prima e degli Stati Uniti poi. Durante esubito dopo la guerra fredda si poteva a ragione discettare di Golfo Americano. Ma legemoniamediorientale delle talassocrazie occidentali ormai storia. Chiusa dalla guerra al terrorismo,culminata nella sconsiderata invasione americana dellIraq. Sicch, dopo lavvento alla CasaBianca di un presidente la cui priorit geopolitica ridurre la sovraesposizione dellimpero astelle e strisce, la titolarit di quella strategica insenatura in ballottaggio fra le due potenze chevi si affacciano: Iran e Arabia Saudita.

    Per completare il parallelogramma delle forze che partecipano alla competizione nel Golfoallargato dal Levante al Mare Arabico occorre includere le altre due potenze regionali,Turchia e Israele. A disegnare il quadrilatero Teheran-Riyad-Gerusalemme-Ankara, radice delcaos che si irradia ben oltre la regione. E probabilmente destinato a non produrre un vincitore.Nessuno dei quattro ha la taglia del leader assoluto. In compenso, tutti sono sufficientemente fortiper interdire legemonia di ognuno (figura). N si intravvedono allorizzonte potenzeextraregionali che possano o vogliano dirimere la vertenza.

    Lattore esterno che potrebbe ristabilire un grado di ordine grazie alla superiore stazza,ovvero lAmerica, ambisce a farlo guidando da dietro. Traduzione: senza impegnarvi tropperisorse, soprattutto senza mettere in gioco la vita dei suoi soldati. Sovranamente vigilando dalretropalco sullequilibrio regionale da inventare. Hands off! suona il motto di Obama. Ma seper consuetudine veicoli e convogli si guidano da davanti e con le mani ci sar un motivo. Piche dirigere, il colosso americano rischia di finire eterodiretto da chi immagina di pilotare.

  • Alla riduzione del caos potrebbe contribuire la Cina, le cui navi tracciano nei mari chebagnano la Penisola Arabica corposi percorsi commerciali. Pechino ha ogni interesse alla (moltorelativa) tranquillit della rotta Hormuz-Malacca, principale arteria petrolifera globale. Aincentivare le nuove vie della seta marittime e terrestri che circumnavigano o attraversano acquee terre contese dai magnifici quattro. Ma per quanto ambizioso sia il progetto del nuovorisorgimento evocato da Xi Jinping, volto a riportare lImpero del Centro sul tetto del mondo,lidea di impegnarsi nella soluzione di esotici rebus cede per ora alla tentazione di viaggiaregratis fra gli scogli e le secche delle crisi. Nel caso, finanziando le campagne militari altrui,qualora utili ai propri interessi, come la guerra al terrorismo.

    Quanto alla Russia. Mosca cerca di riannodare nel Vicino Oriente i fili del dialogo con gliStati Uniti strappati dalla crisi ucraina e di salvarvi i residui dinfluenza ereditati dallUrss,compresa la base siriana di ars, suo unico sbocco sul Mediterraneo. Vista dal Cremlino, la

  • frontiera settentrionale del Golfo allargato, dal Mar di Levante al Caspio, deve stabilizzarsi perfungere da porta tagliafuoco destinata a spegnere le scintille jihadiste generate in Mesopotamiaprima che infiammino il Caucaso. Speciale cura rivolta alla Siria, dove Putin ha voce incapitolo almeno fin quando qualsiasi compromesso sul futuro di Damasco dovr vertere sul suoprotetto Baar al-Asad o meglio su come gestirne la successione garantendone il vasto clan. Inquesto senso, unazione parallela russo-americana gi in corso.

    Resteremmo noi europei. Uno stereotipo duro a morire fra analisti e decisoriveterocontinentali designa il Golfo come periferia del Mediterraneo allargato. Vero il contrario:il mare nostrum sta rapidamente volgendosi in banlieue del Golfo allargato. I tempi coloniali,recenti rigurgiti para- o neocoloniali inclusi, sono trascorsi. Chi prova a ripercorrerne i sentierisi espone al tragicomico (Libia docet, o forse no perch minacciamo di risbarcarvi). Quando unleader europeo incontra oggi un petromonarca, discendente di quei beduini o pescatori di perlescherzati e depredati dai suoi avi, lo scruta dal basso in alto. Lalto materializzandosi in forma difinanza sovrana che ama fare shopping tra Parigi, Londra e Roma. Non solo lusso, grandialberghi, squadre di calcio, industrie e servizi, anche laboratori della conoscenza. Persinodecisori politici in caccia di finanziamenti elettorali, perci disposti a vestirsi da ambasciatoridellemiro di turno sulla scena internazionale. Ma soprattutto armi. Come russi, americani ecinesi, anche francesi, tedeschi, britannici e italiani (vedi la cessione agli emiratini di PiaggioAerospace, con i suoi droni armabili) partecipano della bonanza. Pi che per lo sforzo dipacificare la regione con qualche fatuo esercizio diplomatico, ci distinguiamo per il contributoofferto ad alimentare le guerre in corso, con speciale profitto per lArabia Saudita e i suoisceiccati di servizio.

  • La somma delle ambizioni insostenibili delle potenze regionali e delle debolezze degli expadroni euroccidentali lascia pronosticare lunga vita al caos nel Golfo (carta a colori 1). Dunqueai suoi effetti destabilizzanti nellEuromediterraneo e oltre. Conviene allora indagarnemeccaniche e pulsioni endogene, sfuggendo per quanto possibile alle rappresentazioni di comodosedimentate per secoli nelle nostre carte mentali, che pretendono di offrirci la chiave universalecapace di aprire le porte di un mondo che diffida di chi vorrebbe capirlo (carta a colori 2).

    2. Uno sguardo dallalto sul Golfo in movimento ne coglie le dinamiche determinanti. Vi siscorgono anzitutto i quattro primattori, di cui tre non arabi, anzi variamente arabofobi: Iran,Turchia e Israele. Considerando che agiscono in uno spazio a demografia nettamente araba siapure con tutti i bemolle inscritti nel carattere tribale dei vigenti poteri informali e che questotrio lunico che tra Vicino e Medio Oriente merita la definizione di Stato nel senso forte deltermine, si intuisce quanto strutturalmente precari siano i rapporti di forza in questo spazio. Iprimi due protagonisti sono e si rappresentano eredi di due grandi imperi, il persiano elottomano, e come tali continuano a muoversi e a ragionare. Il terzo lo Stato ebraico, inpermanente lotta per la sopravvivenza, dunque orientato a scegliere e sciogliere intese semprestrumentali con pesi massimi e comparse dellarea. Israele fisicamente nel Vicino Oriente ma neresta geopoliticamente estraneo. unentit extraregionale che ambisce a riunire in TerradIsraele gli ebrei del mondo ma non intende contaminarsi con nessun vicino, arabo o meno.

  • La stessa Arabia Saudita meno araba di quanto si dichiari, giacch ospita sul proprioterritorio milioni di lavoratori stranieri, provenienti soprattutto dal subcontinente indiano. Bassaforza che non intende naturalizzare. senzaltro una potenza, grazie alle sue riserve petrolifere,peraltro in via di lento esaurimento, se vero che a causa dei consumi interni entro il 2030 nonsar pi esportatrice netta. Ma non uno Stato. patrimonio di famiglia. Retto daunipercorrotta comunit di cinquemila principi, percorsa da rivalit personali checontribuiscono a metterne in questione la legittimazione.

    Accanto ai primattori si osserva una pletora di satelliti, di norma assimilabili allacostellazione iraniana o a quella arabo-saudita. Alla prima afferibile la catena Beirut-Damasco-Baghdad, con diramazioni sulla sponda araba del Golfo radicate nella comune fedesciita e nella plurisecolare storia di traffici che non conoscono etnie o religione. Alla secondapertengono i soci del Consiglio di Cooperazione del Golfo, dai pi affini Kuwait, Bahrein, EmiratiArabi Uniti alleccentrico Qatar e al pragmatico Oman, che ama triangolare tanto con Riyad checon Teheran.

    Infine, le terre della guerra: Siraq, ovvero ci che resta di Siria e Iraq, esistenti ormai solosulle pigre carte dei nostri atlanti geografici, e Yemen. In questi conflitti manipolazioni esterneincrociano rivalit interne nei limiti in cui questo aggettivo pu valere in territori a bassaintensit frontaliera e a robusta impronta tribal-confessionale. Lo scontro decisivo fra Iran eArabia Saudita. Riuscir la Repubblica Islamica, anche grazie al compromesso con gli Stati Unitiche verte sulla sua rilegittimazione come attore della scena economica e geopoliticainternazionale, a difendere la sua sfera dinfluenza imperiale? Oppure Riyad spezzer la catenapersiano-sciita da cui si sente esistenzialmente minacciata, riportando sotto regimi fidati il Siraqsunnita e lo Yemen in tutto o in gran parte? Come e in che misura Stati Uniti, Russia, Cina edeuropei saranno o non saranno toccati, forsanche direttamente coinvolti, dal braccio di ferro traIran e Arabia Saudita?

    Per azzardare una risposta, indaghiamo postura e progetti dei protagonisti delle partiteincrociate nel Golfo. Cominciando con Turchia e Israele, per poi concentrarci sui due rivalidiretti, capofila dei rispettivi schieramenti.

    3. Al margine settentrionale dello scacchiere in esame, la Turchia, passata rapidamente dallaretorica dello zero problemi con tutti i vicini alla prassi dei molti problemi con quasi tutti,vicini e non. Conseguenza della pulsione imperiale di chi si rappresenta come Stato mondiale non possedendone la taglia e nelle crisi in corso vede pi opportunit che rischi (carta a colori3). Guardando anzitutto alla Mesopotamia, Ankara sogna di ristabilirvi una sua sfera dinfluenzacentrata su Mosul e sullalto corso dellEufrate. Per questo occorre nellordine: a) completare lafrantumazione di Siria e Iraq per ergersi a protettrice degli staterelli sunniti che ne dovrebberoscaturire, in particolare attorno ai magneti di Aleppo, Mosul e Arbl; b) formare quindi un milletcurdo, ovvero una provincia neo-ottomana intestata alletnia che nellacrocoro anatolico impegnaAnkara in uninterminabile guerriglia di frizione mentre esternamente, nel Kurdistan iracheno e inminor grado nel Rojava siriano, sta costituendo degli staterelli di fatto, trattati dai turchi comeprotettorati di qualche rilievo energetico e commerciale; c) ripartire dalla piattaforma

  • mesopotamica per ripercorrere in modalit neo-sultanale i sentieri che fino al primo Novecentoassicurarono alla Sublime Porta il primato sullarea del Golfo allargato, dai Dardanelli aDamasco e allo iz, dal Mar Nero a Baghdad e a Bassora.

    In ultima istanza, la prospettiva turca di ritagliare dai vicini in decomposizione alcuniterritori di matrice sunnita su cui rivendicare presunti diritti storici calpestati dalle potenzeoccidentali con i trattati capestro imposti dopo la catastrofe della prima guerra mondiale.Annettendoli alla propria sfera dinfluenza come province pi o meno autonome, per includerle inuna sorta di confederazione regionale retta da Ankara. Anche se in questi progetti si scorgonomente e mano di Recep Tayyip Erdoan presidente/sultano non celebre per la modestia delle suevisioni geopolitiche sarebbe miope trascurarne il radicamento nelle lite turche, allincrocio franazionalismo etnico, neo-ottomanismo e panislamismo. Vena profonda che corre nel corpo di unpaese piuttosto consapevole di s, le cui radici, nella regione, sono seconde per antichit solo aquelle del rivale persiano.

    Per raggiungere i suoi obiettivi strategici Erdoan pu fra laltro contare su uno strumentomilitare che non conosce pari nella regione con la parziale eccezione di Israele, grazieallombrello atomico e alla superiorit tecnologica per di pi maneggiato con notevoledisinvoltura. Con altrettanto pragmatismo la Turchia attinge quando possibile a risorse altrui.Per esempio a quelle saudite onde sorreggere i ribelli che combattono il regime di al-Asad, nonimporta se qaidisti riciclati (al-Nura e dintorni). Financo alle bande del famigerato StatoIslamico in espansione, utili anche a sigillare lOvest iracheno rispetto alle velleit di Baghdad,ridotta a capoluogo dellIraq sciita, di recuperarlo al proprio controllo. Senza disporre dellaporta girevole turca, traffici e rifornimenti dello Stato Islamico e degli altri jihadisti impegnatinel Siraq subirebbero un colpo forse fatale (carta a colori 4).

    I limiti della proiezione di potenza turca sono anzitutto endogeni. La rivolta di Gez Park e lasprezzante replica di Erdoan confitto nelle paranoie complottistiche che lo fanno sentireaccerchiato da nemici dogni colore, dai vertici militari alla cerchia del predicatore autoesiliatoFethullah Glen ad alcuni dirigenti del suo stesso partito islamista Akp hanno messo inquestione i rapporti tra Turchia, Stati Uniti ed europei. Ne scaturita una fase di non splendidoisolamento sia dallOccidente che in ambito levantino e mediorientale, cui il governo turco staoggi rimediando. Rispetto agli altri tre protagonisti del Golfo allargato, oltre alla tatticaconvergenza con lArabia Saudita contro Damasco, sono in corso operazioni di ricucitura conIsraele. Grazie alle relazioni fra i due establishment militari e alla comunanza di interessi inchiave anti-iraniana, immediatamente visibile in Siria, Iraq, Yemen. Su questi teatri si sta infatticonfermando lantica ostilit fra Turchia e Iran, cui si aggiunge la recente competizione in campoenergetico. Per Teheran, la pretesa turca di ergersi a hub gasiero regionale tuttaltro cheapprezzabile. E se i turchi sono i massimi consumatori di gas iraniano, lo pagano per a un prezzospecialmente alto, su cui in corso una diatriba fra i due paesi.

    4. Israele alle prese con limminente accordo sul programma nucleare iraniano. Quanto allostatus atomico di Teheran, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germaniafiniranno per accondiscendere alla soluzione giapponese: via libera al programma civile, dal

  • quale in teoria lIran potrebbe comunque deviare verso la Bomba. Contro tale improbabile ipotesile grandi potenze otterranno certo garanzie, per mai definitive per un paese che ha accumulatouranio e conoscenze sufficienti a dotarsi in futuro dellarma estrema. Lambiguo compromessonon tranquillizza Gerusalemme, che vede messo in questione il suo non dichiarato monopolioatomico in Medio Oriente. Peggio: lintesa destinata a reinserire lIran a pieno titolo nellageoeconomia mondiale, sia attraverso la pur graduale e parziale abolizione delle sanzioni, siacon la riapertura di regolari canali di commercializzazione degli idrocarburi persiani (sullacarta, un altro milione di barili/giorno da immettere sul mercato entro due anni, con effettiulteriormente depressivi sui prezzi del greggio) e di riconnessione alle filiere della finanzaglobale. Per lo Stato ebraico, che considera lIran nemico esistenziale, una brutta sconfitta. Allimite, il governo di Gerusalemme avrebbe preferito un Iran con la Bomba ma reietto e sottosanzioni permanenti una Corea del Nord mediorientale piuttosto che vedere ayatollah epasdaran riabilitati a trafficare con tutti.

    Lintera geopolitica di Netanyahu rimessa in questione. Allombra del sempre pi neghittosoGrande Fratello americano, il premier israeliano ha coltivato negli anni unalleanza informalecon lArabia Saudita in funzione di contenimento dellespansione iraniana. Lo Stato ebraicoinsieme alla custodia delle sacre moschee di Mecca e Medina. Coppia apparentementeimpensabile, fra due paesi che nemmeno si riconoscono. Eppure effettiva. A conferma che ilparadigma religioso non affatto la radice dei conflitti nellarea pur cos carica di simboli ememorie trascendenti. Semmai, a muovere entrambi gli attori lurgenza del primum vivere.Diversi in tutto, israeliani e sauditi condividono il senso di precariet che li distingue da turchi epersiani. Se questi, poggiando su storie millenarie, sono abbastanza certi del proprio futuro anchelontano, a Gerusalemme e a Riyad ogni giorno passato un giorno guadagnato. Di doman non ccertezza.

    Di qui lassonanza fra lapproccio israeliano alle mischie siro-irachene e quello degli attoriarabo-sunniti raccolti attorno allArabia Saudita, con i satelliti del Golfo e la Giordania in primalinea, lEgitto di riserva, tutti sotto lincerto ombrello a stelle e strisce. Leffetto combinato deiconflitti mesopotamici infatti doppiamente utile per Israele. Primo, perch frammentando Stati,pseudo-Stati e staterelli della regione materializza il sogno di Ben Gurion e successori diincrociare alle frontiere solo entit esigue, fragili, divise. Secondo, perch batte in breccialarchitettura geostrategica che vincola a Teheran le province occidentali dellimpero persiano,specie il Libano di izbullh, contro cui lo Stato ebraico ha combattuto e non vinto nel 2006 unaguerra che ha messo in questione la vantata efficienza delle sue Forze armate.

    Posto che Netanyahu non ha alcuna intenzione di aderire alla vaga visione obamiana di unMedio Oriente in regime di equilibrio della potenza, giacch esso incorpora lidea di un Israeledeclassato e integrato in una regione cui non intende aderire, lalternativa a portata di mano persabotare lintesa irano-americana unaltra guerra contro izbullh. Del quale si rileva lacrescente disponibilit di missili capaci di colpire in profondit lo Stato ebraico. Oggi il Partitodi Dio, secondo i comandi militari di Gerusalemme, sarebbe in grado di scagliare 1.200 razzi algiorno sul territorio israeliano. Una guerra preventiva parrebbe dunque logica e legittima.Lennesimo scontro indiretto con lIran permetterebbe a Netanyahu di rinsaldare la pragmatica

  • intesa con gli arabi del Golfo e di scompigliare gli equilibrismi di Obama. In attesa del suosuccessore alla Casa Bianca, con il quale il premier israeliano certo di raddrizzare lasseGerusalemme-Washington, irrinunciabile sezione aurea delle geometrie strategiche israeliane.

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  • 5. LIran lattore meno irrazionale del Golfo. A dispetto dellostentata matrice ideologico-religiosa, la sua traiettoria geopolitica, da Khomeini in poi, dimostra che quando si tratta discegliere tra purismo e pragmatismo i leader iraniani optano per il secondo corno del dilemma.Allo stesso tempo, la leadership iraniana dove alla Guida suprema Ali Khamenei spetta il ruolonon del decisore ultimo, ma del garante del compromesso fra lobby e fazioni clericali, civili emilitari deve serbare il culto delle radici rivoluzionarie quale fonte di legittimazione del propriopotere. Tale esercizio di acrobazia sta per sfociare, salvo imprevisti, nellaccordo sul nucleare congli Stati Uniti. Ovvero con il Grande Satana, capofila del mondo dellarroganza, stando allaretorica di regime. Eppure lIran intende guadare questo Rubicone. Almeno lo vuole il presidentedella Repubblica Hasan Rohani, che sembra in grado di resistere alle obiezioni e al contrasto diuna rilevante parte dello stesso establishment iraniano, per il quale il protocollo sul nucleare unpotente fattore di erosione della propria legittimit. I fautori dellintesa oppongono che il passosar decisivo per assicurare un futuro meno stentato al paese stremato dalle guerre indirette con ivicini arabo-sunniti e dalle sanzioni occidentali.

    In termini pratici, il compromesso sul nucleare significherebbe incassare in breve tempoalmeno 50 dei 150 miliardi di dollari congelati in conti esteri dallembargo internazionale,rientrare a pieno titolo nei circuiti commerciali globali energetici e non aprendosi a cospicuiinvestimenti asiatici, europei e americani, vedersi riconoscere il rango di normale potenza sullascena mondiale. La logica costi/benefici sembra prevalere sulla presunta fedelt alla causa. Omeglio: solo il realismo pu assicurare sopravvivenza e benessere della Repubblica Islamica.

    I media arabi e israeliani hanno dato risalto alla presunta dichiarazione di un oscuroconsigliere di Rohani, il quale avrebbe asserito: Baghdad oggi la capitale dellimperopersiano 1. Manipolazione giornalistica di un fraseggiare contorto, come rivela lanalisi deltesto 2. Eppure specchio di una percezione e di una pulsione. La percezione arabadellespansionismo persiano e la pulsione iraniana a considerare la plurimillenaria vicendaimperiale come parte integrante della propria attuale identit. Non solo islamica. Tantomenoesclusivamente sciita. La rivalit con lArabia Saudita non pu essere ridotta alla competizionefra le due principali comunit musulmane per il primato panislamico. Geopolitica e geoeconomiaprevalgono sulla pur roboante retorica settaria.

    Se a occhi sauditi lIran appare come unidra dalle molte teste, impero del Male intento aespandersi fino al cuore della Penisola Arabica, gi padrone di quattro capitali arabe Baghdad,Damasco, Beirut e San uno sguardo meno emotivo coglie laltra faccia della RepubblicaIslamica. Sul piano interno, la societ pi vibrante e filo-occidentale della regione soffre lasfavorevole congiuntura economica, frutto anche della sovraesposizione geopolitica di unapotenza impegnata a sostenere i suoi vettori dinfluenza, dallizbullh libanese ai palestinesi(sunniti) di ams e della Jihd Islamica, dalle milizie sciite irachene al clan Asad (meno rilevantii clienti yemeniti, veri o presunti). Sul piano esterno, lurgenza difendersi dallattacco arabo-sunnita alla propria sfera dinfluenza, volto a consolidare un cuneo anti-iraniano e anti-sciita neiterritori tribali della Mesopotamia. Partita strategica. Come osserv due anni fa lex presidenteRafsanjani: Dobbiamo possedere la Siria. Se la catena dal Libano allIran sar tagliata,accadranno cose pessime 3.

  • In questa battaglia sta emergendo la stella del comandante della Brigata Gerusalemme, ilgenerale dei pasdaran Qasem Soleimani, impegnato a contrastare il califfato nelle sabbiedellAnbr iracheno e nella Siria orientale. Con slancio forse eccessivo. Correre in soccorso deipropri clienti, poco affidabili e comunque dotati di una propria agenda, dunque non pienamentecontrollabili da Teheran, si svela esercizio assai costoso per la Repubblica Islamica. In terminifinanziari, certo, ma anche per il logoramento di uno strumento militare tuttaltro che splendente,se vero ad esempio, come sostengono analisti del Pentagono, che i caccia degli Emirati ArabiUniti (non parliamo di Israele) potrebbero spazzar via in un solo pomeriggio lintera aviazioneiraniana.

    Tirate le somme, la Repubblica Islamica oggi sulla difensiva in tutti i campi. Eppure leader emedia arabi e israeliani continuano a martellare le loro opinioni pubbliche e il mondo sullaminaccia iraniana. Quanto a retorica, la demonizzazione reciproca fra la curiosa coppia israelo-saudita e la costellazione iraniano-sciita risuona a pieno volume.

    6. A Riyad allarme rosso. Il patrimonio di Casa Sad minacciato. Negli ultimi quattro annila corte saudita ha visto accendersi ogni indicatore di pericolo (carta 2). Tutto cominciato con laprimavera araba. Per una petromonarchia assolutista, che considera anatema qualsiasi formadi partecipazione politica e sogna la pietrificazione geopolitica della Penisola Arabica, il segnodel Maligno. Allo sguardo dei regnanti sauditi si apriva uno scenario apocalittico, con laframmentazione dei regimi-Stato fra Levante e Nordafrica, di cui lIran e i suoi agenti sciitiavrebbero profittato per incunearsi in terra arabo-sunnita. Inoltre, movimenti popolari ispirati daforze giovani, innovatrici quanto politicamente immature avevano offerto ai Fratelli Musulmani,avanguardie dellodiato islam politico, una scorciatoia verso il potere in Egitto e in Tunisia.Infine, gli americani lasciavano fare o peggio marcavano la loro simpatia per i rivoluzionari,financo per la Fratellanza. Sacrificando alla piazza il vecchio amico Mubarak e invocando unastagione di riforme e di democrazia per il Medio Oriente. Troppo per lestablishment saudita. Diqui la controffensiva, ancora in corso. Articolata a 360 gradi, in casa propria, nel Golfo e sullascena globale.

    Per evitare che il virus attecchisse nella sua stessa roccaforte, allesplodere dellaprimavera re Abdallh, che negli anni precedenti aveva esibito una cautissima venaaperturista, ha dapprima cercato di calmare i bollori dei sudditi elargendo a pioggia una manciada oltre cento miliardi di dollari sotto forma di incentivi e facilitazioni varie.Contemporaneamente ha serrato le file dei regimi sunniti del Golfo per attuare insieme unaprofilassi geopolitica in quattro atti: invasione del Bahrein in rivolta; liquidazione del rivaleGheddafi in Libia; appoggio ai jihadisti in Siria per rovesciare il regime filo-iraniano degli al-Asad; colpo di Stato in Egitto per riportarvi al comando i militari.

  • In questa prima fase lArabia Saudita si trovava a combattere due arcinemici la galassia deiFratelli musulmani e lIran in quanto riferimento dei politeisti sciiti con il solo appoggio deisoci del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg). Nemmeno di tutti, visto che il Qatarcontinuava a flirtare con la Fratellanza e lOman non recedeva dallabituale ambivalenza, acavallo fra le due sponde del Golfo. N bastava la retorica settaria, distribuita senza economiedalla propaganda saudita, retta dallassioma Iran=sciismo espansionista=Male. Cortocircuitoefficace nel depistare i media globali, financo alcuni decisori occidentali, o a eccitare gliimprenditori politici e sociali che nel contesto islamico vivono di tanta contrapposizione. Menonel mobilitare le masse sunnite a protezione dei rispettivi monarchi.

    Intanto a corte si combatteva la sorda guerra di successione al morente Abdallh, sfociata il30 gennaio nellavvento di Salmn, ultimo tra i figli del fondatore del regno, Abd al-Azz ibnSad, ad accedere al trono. Al nuovo monarca quasi ottantenne, in dubbie condizioni dilucidit, sono stati affiancati i due responsabili del presente e del prossimo futuro della Casa:Muammad ibn Nyif, erede al trono e ministro dellInterno, e lappena trentenne Muammad ibnSalmn, ministro della Difesa e vice principe ereditario. Entrambi pertinenti al clan Sudayr discendenti da aa bint Amad Sudayr, moglie favorita del fondatore noto per linconcussospirito reazionario e per la disponibilit alla violenza contro qualsiasi avversario (carta 3).

    Sul fronte esterno, i due Muammad agiscono a fisarmonica. Per un verso, riducono il fronte.Lostilit ai Fratelli musulmani, in serissima crisi dopo la sconfitta subita in Egitto, vienesubordinata alla necessit di battere il nemico principale, lIran. Cos consolidando unintesaprovvisoria con la Turchia per eliminare al-Asad, o almeno costringere izbullh e pasdaran adissanguarsi in sua difesa. Per laltro verso, si allarga la sfida allo Yemen, dove le regie Forzearmate simpegnano, finora con scarso successo, nella repressione della rivolta , dietro laquale vedono con certa dose di paranoia la mano di Teheran. I risultati del doppio movimentonon sono esaltanti. Se le offensive jihadiste nel Siraq dovevano servire a esaurire gli iraniani e iloro proxies, lobiettivo pare lontano. Nello Yemen i sauditi rischiano di impantanarsi, perch lacampagna aerea non sta dando frutti mentre le trib amiche che avrebbero dovuto dedicarsi al

  • lavoro sporco su terra stentano a materializzarsi.

    Quanto al versante americano, la pressione saudita su Obama non lo ha distolto dalperseguire laccordo con lIran. Anche perch il fronte dei controrivoluzionari del Golfo nonmarcia compatto. Tantomeno disponibile a unificarsi sotto la bandiera dei Sad, comeAbdallh aveva proposto gi nel 2011. Se poi lalleanza informale con Israele doveva rafforzarelinfluenza saudita a Washington, il grande freddo Netanyahu-Obama ha prodotto leffettoopposto.

    Sul fronte petrolifero, la politica dei prezzi bassi, destinata a espandere i propri volumi diesportazione e a scoraggiare i produttori indipendenti americani che hanno scommesso sulgreggio e sul gas non convenzionale, sta funzionando nel breve. Ma senza una profondadiversificazione energetica, che emancipi i sauditi dalla schiavit degli idrocarburi, il modello direndita su cui Casa l Sad ha costruito successo economico e legittimazione (im)politica finirper saltare.

    Il punto dArchimede su cui il regno si regge infatti la capacit di sedare, rendita petroliferaalla mano, i movimenti di protesta che scuotono il paese in nome di una meno iniqua distribuzionedella ricchezza e di un qualche grado di libert e di partecipazione. Se la prima onda dellaprimavera araba stata assorbita, non per questo le proteste sono cessate, nelle provinceperiferiche come nella stessa Riyad. Ma il pericolo immediato non viene dai blogger o da qualchecoraggioso riformista. Il rischio lincrociarsi di due scosse telluriche, luna secessionista,laltra sediziosa. La separazione della Provincia Orientale, dove una popolazione a maggioranzasciita si mostra sempre pi insofferente verso il potere centrale, che in nome dellacontrapposizione settaria la considera una quinta colonna della Repubblica Islamica e la(mal)tratta di conseguenza. E la sedizione dei jihadisti di casa, per i quali Casa l Sad sinonimo di apostasia e corruzione. Unombra che perseguita la famiglia saudita fin dalla faseformativa del regno, quando dovette reprimere nel sangue la sfida dei Fratelli (Iwn), miliziabeduina che bollava ibn Sad e associati quali corrotti traditori dellislam proni ai britannici. Lospirito dei Fratelli informa tuttora i seguaci di un islamismo ultraradicale, che rifiuta tanto il

  • quietismo degli ulam ufficiali, amministratori di un wahhabismo asservito alla corte, quanto lapretesa dei Sad di intestarsi la vera fede e con essa la custodia delle sacre moschee di Meccae Medina.

    Nei corridoi dei palazzi sauditi aleggia lo spettro della presa della Grande Moschea dellaMecca, nel novembre 1979, per mano di un drappello di ribelli ispirati dallesempio degli Iwn,guidati da uhaymn al-Utayb. Sollevazione armata in nome dellislam puro e vincente, contro ifalsi musulmani al potere, servi dellOccidente. Per sgombrare il santuario ci volle linterventodelle truppe speciali francesi, sommariamente convertite allislam dagli ulam fedeli almonarca. Operazione coperta dalla censura, come pure la contemporanea sollevazione nellaProvincia Orientale.

    Scenario perfettamente attuale, ora che lo Stato Islamico ha deciso di colpire in piena ArabiaSaudita, a partire dalle aree sciite, con gli attentati suicidi alle moschee di Qaf e Dammm, loscorso maggio. Obiettivo: ripulire la terra di Maometto dai miscredenti e apostati sciiti 4. Lapropaganda settaria si ritorce cos contro i suoi ideatori, che silludevano di manovrare adistanza le truppe di al-Badd scagliandole contro al-Asad, tenendole fuori dei confini sauditi.Il settarismo elevato alla massima potenza oggi strumento del califfo, ideologicamente affineai seguaci di uhaymn e ai Fratelli originari. Dei quali condivide il traguardo strategico:destituire i Sad e installarsi alla Mecca e a Medina. Difficile stabilire quanto cogente sia laminaccia. Ma immaginare che Obama spedisca i marines a ripercorrere le orme dei par francesi,dopo che un imam di corte ne abbia sancito ladesione alla fede di Maometto, significa forsepeccare di fantasia.

    7. Barack Obama ha unidea inclusiva della politica. Fin da quando, ventiquattrenne, sispendeva come community organizer nei fatiscenti suburbi deindustrializzati di Chicago, quasiinteramente neri, applicandovi i princpi stabiliti da Saul Alinsky, lagitatore di sinistra che perprimo teorizz lorganizzazione delle comunit. Ovvero: identifica un gruppo sociale in difficolt,agitalo finch non sar consapevole della sua condizione e da soggetto collettivo premer sulleistituzioni finch queste non ne soddisferanno le rivendicazioni. Il giovane Obama ottenne uncerto successo, grazie al talento organizzativo, alla capacit di persuasione, soprattutto al fatto diessere nero fra neri. Allo stesso tempo, il futuro presidente rivel il suo limite: i problemi vannogestiti, non risolti. Obama era creativo su come organizzare la gente, ma non sullo scopo per ilquale li stava organizzando, noter un suo critico 5.

    Traslata in geopolitica, organizzazione delle comunit significa equilibrio della potenza. DaChicago Sud al resto del mondo, dallagitazione sociale alla presidenza degli Stati Uniti, lavisione di Obama non cambiata. Cos come i suoi carismi tecnici e la sua vocazione nontrasformativa. Applicata al Golfo, la ricetta obamiana di abbagliante chiarezza. Nessuno pupretendervi allegemonia. Persiani e arabi, sciiti e sunniti devono riconoscersi reciprocamentepari nei diritti e nei doveri. Sulla sponda orientale, la Repubblica Islamica deve smettere diintromettersi negli affari arabo-sunniti e dedicarsi a rimettere in sesto una societ non menosofferente dei neri vessati e abbandonati dai magnati dellacciaio. Quanto ai petromonarchi dellaPenisola Arabica, accettino di grazia la realt che impone loro la convivenza con il vicino dOltre

  • Golfo e abbozzino finalmente le riforme sempre rinviate, perch il loro problema non linvasionepersiana ma lingiustizia sociale. Gli israeliani stiano infine certi che a Washington qualcuno liama e ne garantisce la sicurezza, ma cessino di pescare nel torbido giocando i vicini gli uni controgli altri. Finalmente rassicurati e padroni in casa propria, tutti gli attori del Golfo si dedichinoinsieme a reprimere i jihadisti e a tenerne lontani i potenziali simpatizzanti, considerando che ilsuccesso della propaganda estremista funzione del dissesto morale, politico ed economico dellesociet in cui sopravvivono.

    LAmerica veglier dallalto sul processo riordinativo, distribuendo con sapienza armi(molte), denari (pochi) e rassicurazioni a chi riterr utile. La barra sempre fissa verso linstabilestabilizzazione che le condizioni specifiche della regione perch regione ha da essere, nonaccozzaglia di territori contesi reclameranno di volta in volta. Agli analisti seri e ai futuristorici di battezzare come vorranno tanto capolavoro di realismo: Congresso del Golfo, adesempio. Se vero che paradigma supremo dellequilibrio della potenza fu il Congresso di Vienna.

    Leggendo le mosse di Obama sulla scena mediorientale ma anche globale attraverso talegriglia, potremmo ricostruire il senso profondo delle sue iniziative. A cominciare dalla principale:la riabilitazione dellIran quale primattore regionale, equivalente della scelta di Metternich eomologhi di associare la Francia post-napoleonica al nuovo equilibrio europeo, anzich punirlaper aver sfidato il divino ordine delle cose. Obama ha iniziato il suo mandato aprendo allIran eintende concluderlo formalizzando il recupero alla comunit internazionale dellex capofila deireietti in analogia con la reintegrazione dei disoccupati neri nel tessuto urbano di Chicago. Ilpresidente ha scommesso sulla razionalit dei leader iraniani. Non ha cambiato idea. convintoche i soldi destinati a riaffluire nelle esauste casse della tesoreria persiana non serviranno adattaccare Israele ma a calmare le rivendicazioni di una popolazione (in)sofferente.

    In questa linea, ai petromonarchi o loro delegati confluiti lo scorso maggio a Camp David perprotestare contro la corrivit obamiana verso gli ayatollah, minacciando di dotarsi della Bombase lIran lo far e reclamando un trattato di sicurezza in stile Nato con tanto di simil-articolo 5per vincolare gli Stati Uniti a fare la guerra per loro il presidente ha opposto un flemmatico marotondo no. Fra un anno e mezzo Obama lascer la Casa Bianca, dunque non opportunosmentirsi in extremis.

    A questo punto i casi sono due. Primo: i protagonisti delle zuffe mediorientali ascoltanolappello di Obama e cominciano a comportarsi di conseguenza; e se anche recalcitrano, ilpresidente avr comunque fissato i coerenti termini della sua legacy. Il Golfo, come il mondo, nonpu essere redento. Ma pu anzi deve avviarsi verso il bilanciamento delle forze in campo, perlimitare i conflitti e favorire la partecipazione dei popoli/comunit alla gestione della cosapubblica, finora protetta come cosa propria dalle oligarchie locali. Secondo: crisi e guerre siacuiscono, arabi, israeliani e persiani restano fedeli ai rispettivi antagonismi, Stato Islamico ejihadisti associati si ergono a minaccia intollerabile alla sicurezza americana. In tal caso, controil suo istinto pi vero, Obama potrebbe sentirsi costretto a percorrere a ritroso il sentiero deldisimpegno, cominciando a rischierare le sue Forze armate fra sabbie e acque del Golfo.

    Le probabilit che entro il gennaio 2017 quando Obama da presidente diventerconferenziere dedicandosi a difendere il suo lascito geopolitico il primo scenario prevalga sul

  • secondo sembrano modeste. Grado e radicamento del disordine nel Golfo allargato parrebberointrattabili dallesterno. Levante e Medio Oriente di oggi non sono lEuropa dellOttocento semmai somigliano a quella del primo Seicento. Manca il comune sentire che a Viennaaccomunava i sovrani europei e su cui fondavano il principio di legittimit, architrave del nuovoequilibrio. Metternich, come Obama, aderiva al partito dellet et. I contendenti del Golfo adoranolaut aut.

    La pi stridente contraddizione di Obama sta nel perseguire insieme sganciamento dal Golfo estabilizzazione nel Golfo. Questa Casa Bianca, in s poco attenta alla politica estera, vorrebbeconcentrarsi sullAsia-Pacifico come spazio strategico delle opportunit (aggancio alle economiedella crescita) e delle minacce (protagonismo geopolitico della Cina). Perci non intendedilapidare risorse in Medio Oriente. E affidarlo alla gestione dei locali, indirizzandoli verso lacooperazione o almeno la convivenza. Ma lequilibrio della potenza prevede la partecipazionediretta e continua di tutti gli attori, a partire dal protagonista. In questo senso, bilanciare da fuorio guidare da dietro sono esercizi disfunzionali. A meno di non ammettere che lAmerica non pututto e accedere alla logica dellestremo impero britannico, che trascorse il suo breve declinotagliando freneticamente i cordoni dellimpegno coloniale. Il pragmatico Obama sar anche rottoa ogni compromesso, difficilmente per si acconcer a concludere la parabola dello yes we canammettendo no we cant. Vorr dunque convivere con il doloroso iato fra grandiosa retoricarazionalizzante e confusione strategica sul terreno. Nulla di cos straordinario nella storiauniversale. Ma un avvertimento per noi europei: occhio, il Golfo vicino perch lAmerica lontana.

    1 Iranian Advisor Clarifies Baghdad Capital of Persian Empire Remarks, Al Arabiya, 13/3/2015.2 Cfr. H. DABASHI, Persian Empire, Anyone?, Aljazeera, 25/5/2015.3 K. SADJAPOUR, B. BEN TALEBOU, Iran in the Middle East: Leveraging Chaos, Fride, 27/5/2015.4 Islamic States Saudi Branch Calls for Clearing Arab Peninsula of Shiites, Reuters, 30/5/2015.5 B. YORK, What Did Obama Do as a Community Organizer?, National Review, 8/9/2008.

  • LA RADICE QUADRATA DEL CAOS

    Parte I

    I quattro lati del quadrato

  • LA GRANDE STRATEGIA DELLA TURCHIA NEO-OTTOMANAIl progetto di Erdoan, sempre pi confitto nelle sue teorie complottiste, perriportare Ankara al centro delle partite levantine e mediorientali. Il sogno di tornarea Mosul e lidea di un millet curdo sotto controllo turco. Ma che faranno i militari?di Daniele SANTORO

    1. Il 31 marzo scorso un commando dellorganizzazione terroristica marxista-leninista Dhkp-Csi introdotto nel palazzo di giustizia di Istanbul sequestrando e poi uccidendo il procuratore dellaRepubblica Selim Kiraz, titolare dellinchiesta sulla morte del giovane Berkin Elvan, deceduto dopoessere stato colpito da un lacrimogeno nei giorni caldi della rivolta di Gez Park ed essere rimasto incoma per diversi mesi. Quando il sequestro era ancora in corso, il commando terroristico ha diffusouna foto nella quale il procuratore Kiraz veniva immortalato con una pistola puntata alla tempia. Lapubblicazione di tale foto da parte di alcuni siti e giornali stata condannata dal presidente dellaRepubblica Recep Tayyip Erdoan e dal primo ministro Ahmet Davutolu come un atto di sostegnonei confronti dellattentato terroristico, ci che ha provocato un nuovo scontro tra governo e medianon allineati al sistema di potere dellAkp. Ad attirare lattenzione su un dettaglio che ai pi eraforse sfuggito stato per leditorialista di punta del quotidiano filo-governativo Yeni afakAbdlkadir Selvi1. Secondo Selvi, la foto incriminata ricorda quella, storica, che immortala lexprimo ministro Adnan Menderes (1950-60) dopo essere stato impiccato dai militari che realizzaronoil primo colpo di Stato della storia della Turchia repubblicana. In sostanza, essa rappresentava unmessaggio in codice. Un avvertimento in piena regola. Erdoan rischia di fare la stessa fine diMenderes2, del quale si era autoproclamato erede pochi mesi dopo essere diventato primo ministro3.

    Questo costituisce solo uno dei tanti esempi della paranoia complottista che da Gez Park in poipervade il sistema di potere dellAkp. Qualsiasi evento avvenga in Turchia ha immancabilmente unaspiegazione dietrologica. E se la cronaca non fornisce spunti sufficienti, si ricorre alla storia. Ainizio aprile, Yeni afak ha pubblicato una serie di documenti secondo i quali il fondatore dellaRepubblica turca Mustafa Kemal sarebbe stato avvelenato. E sarebbe stato avvelenato nientemenoche dal suo compagno storico Ismet Inn. Ovviamente, con laiuto di medici stranieri4. Uno scoopsensazionale, se non fosse che i documenti sono stati scritti con un carattere inventato solo nel20095.

    La paranoia complottista uno dei tratti essenziali dellidentit turca. Le radici di tale paranoiavanno peraltro ben al di l della sindrome di Svres originata dallomonimo trattato. Esse possonoessere fatte risalire al complotto per eccellenza, quello ordito dalle potenze europee contro il sultanoAbdlhamid II, altra figura centrale nella narrativa dellAkp6. I turchi si sentono accerchiati,circondati da nemici ostili, minacciati da potenze oscure. In tal senso, uno dei maggiori successi

  • dellAkp era stato proprio quello di superare tali angosce. Erdoan e Davutolu avevano dato vita auna narrativa ottimistica, proiettando la Turchia in un futuro radioso fatto di benessere economico erelazioni cordiali con i vicini. In una dimensione nella quale il mondo avrebbe smesso di complottarecontro i turchi perch avrebbe avuto troppo bisogno di loro. Da due anni a questa parte, invece, ilmondo sembra aver ricominciato a complottare contro Ankara. E soprattutto contro Erdoan. Leforze oscure a cui ha fatto riferimento Davutolu nel discorso pronunciato in occasione delfunerale del procuratore Kiraz7 hanno ripreso a destabilizzare la Turchia per impedirle diraggiungere lo status che la storia e il destino le riservano di diritto8.

    Queste forze non hanno un nome. Sono loro. Quelli. Definizioni volutamente ambiguevolte a includere progressivamente chiunque osi opporsi alle ambizioni del gran maestro (bykusta). Dalla lobby dei tassi di interesse (faiz lobisi) ai tedeschi. Dai sionisti agli americani. Dairesidui dello Stato profondo ai apulcu. I nemici di Erdoan crescono in misura proporzionale allasua megalomania. E i pi pericolosi sono i traditori. A inizio maggio Davutolu ha rivelato che nel2013, da ministro degli Esteri, si rec in Pennsylvania per chiedere a Fethullah Glen ex imam chevive in esilio volontario negli Stati Uniti e che fino alla crisi della Mavi Marmara tra Turchia eIsraele rappresentava il pi potente alleato interno di Erdoan di tornare in patria. Pare che ilpredicatore, i cui avvocati smentiscono tale versione dei fatti9, abbia cortesemente declinato linvito.Ora ho capito perch, ha commentato il primo ministro, stava aspettando che arrivasse dicembre(quando la magistratura ha lanciato uninchiesta che ha coinvolto Erdoan, alcuni suoi familiari,esponenti del governo e uomini daffari legati allAkp, n.d.a.) per fare un ritorno alla Khomeini10.

    La lotta contro la struttura parallela (paralel yap) locuzione con la quale i media viciniallAkp definiscono il movimento glenista Hizmet (servizio) testimonia peraltro come Erdoan siariuscito a trasformare lo Stato turco in un regime patrimoniale a legittimazione (semi)democratica. Inun sultanato elettivo. Laddove il sultanato, nella sua accezione ottomana, profondamente influenzatodallesperienza del canato tipica delle trib turche dellAsia centrale, nella quale il concetto digiustizia si esaurisce nellapplicazione del tr, codice di leggi stabilito autonomamente dalfondatore dello Stato11. Erdoan si avvalso di questa facolt nella riunione di inizio aprile delConsiglio di sicurezza nazionale. In tale occasione, la lotta alle strutture parallele, cos come idisordini civili e le rivolte popolari, stata inserita tra le priorit del documento di politica disicurezza nazionale12, una sorta di costituzione profonda aggiornata con cadenza quinquennale chedefinisce le linee guida della politica di sicurezza della Repubblica. In quanto nemici di Erdoan,Glen e i apulcu costituiscono delle minacce nei confronti dello Stato.

    2. A forza di immaginare, o ingigantire, complotti contro la sua persona, il presidente dellaRepubblica turca ha dato vita a una minaccia seria, concreta e potenzialmente fatale. La guerraverbale con il governatore della Banca centrale Erdem Ba e le entrate a gamba tesa sul processodi soluzione (zm sreci) della questione curda hanno infatti palesato lesistenza di un vero eproprio fronte anti-Erdoan allinterno dellAkp. Un fronte composto da nomi pesantissimi.

    Tra questi figura il viceprimo ministro con delega agli Affari economici Ali Babacan, architettodella politica economica dellAkp fin dal 2002 e punto di riferimento imprescindibile per gliinvestitori internazionali. Il leader informale del fronte anti-Erdoan il viceprimo ministro Blent

  • Arn, che a marzo ha scioccato i commentatori turchi reagendo in modo inaspettatamente duro allecritiche del presidente sulla gestione del processo di soluzione da parte del governo. Arn haliquidato le critiche di Erdoan come reazioni emotive, ha scimmiottato i rimbrotti del capo delloStato a me questo non piace, questaltro non mi sta bene e, in estrema sintesi, gli ha suggeritodi stare al suo posto13. Un linguaggio a dir poco inusuale nellAkp, dove Erdoan viene riverito comeil secondo profeta dellislam14. Una prima assoluta nella storia del partito di governo. Tanto cheAbdlkadir Selvi, analista talmente erdoganiano da essere incorso nelle ire dellex first ladyHayrnissa Gl in occasione della cerimonia daddio del marito Abdullah dalla presidenza dellaRepubblica, ha parlato di un incantesimo che si rotto15. Forse in modo irrimediabile, comedimostrano le dichiarazioni sibilline rilasciate il 3 aprile da Arn alla Bbc turca: Noi non abbiamomai detto che il re nudo, ma forse verr il giorno in cui lo faremo16.

    Affermazioni che rivelano una frattura profonda, una guerra di potere tra i due leader storicidellAkp. Erdoan non ha infatti alcun dubbio sul fatto che dietro Arn ci sia il suo ex sodaleAbdullah Gl17, da lui estromesso di fatto dallAkp con una bassa manovra politica nellagostoscorso. Lex presidente turco, come dimostra il suo rifiuto a candidarsi alle elezioni del 7 giugno, inattesa del momento propizio per riprendersi il partito18. Uno dei deputati che non verrannoricandidati a causa del limite dei tre mandati previsto dallo statuto interno dellAkp ha sintetizzatocome segue i prossimi passaggi: Dopo il 7 giugno esploder una crisi politica, entro un anno siandr a elezioni anticipate e noi torneremo in parlamento con Abdullah19.

    Lobiettivo di queste manovre quello di arginare le ambizioni superpresidenzialiste di Erdoan.Di isolare il presidente turco nel palazzo e ridurlo a uno stato di impotenza analogo a quello delsuo predecessore Turgut zal. Si tratta di una sfida delicatissima, condizionata da molte variabili. Aparere dellex ministro Erturul Gnay, infatti, ad accelerare la crisi dellAkp stata la mossa con laquale Erdoan punta a chiudere a suo favore la partita interna20.

    3. Lo scorso 19 marzo, arringando centinaia di soldati alla Scuola di guerra, il presidente dellaRepubblica ha sorprendentemente dichiarato che i processi Ergenekon e Balyoz di cui si eraproclamato pubblico ministero e che hanno portato allincarcerazione di centinaia di militari,compreso lex capo di Stato maggiore Ilker Babu sono stati un complotto della strutturaparallela, che lo avrebbe ingannato allo scopo di realizzare un colpo di Stato21. Il 31 marzo lostesso giorno in cui la Turchia stata colpita da unapparentemente inspiegabile blackout e in cui avvenuto il sequestro del magistrato Kiraz 236 militari incarcerati nellambito del processo Balyozsono stati scagionati e conseguentemente liberati22. Questi due eventi rappresentano il culmine di unastrategia volta a realizzare uninedita e paradossale alleanza tra il Palazzo termine con il quale imedia turchi definiscono lo Stato nello Stato creato da Erdoan e i militari23. O meglio, atrasformare le Forze armate turche nellesercito dellAkp24.

    Con questa mossa, Erdoan punta in primo luogo a difendere se stesso. Oltre ai complotti dellastruttura parallela e alle manovre della fronda interna, il presidente turco deve infatti fronteggiareanche unaltra minaccia. La piega presa dal processo di soluzione, il comunicato emesso il 23marzo dallo Stato maggiore25 e la successiva operazione lanciata dallEsercito contro il Pkk26 hannofatto suonare pi di qualche campanello dallarme dalle parti del palazzo presidenziale. I militari,

  • avverte Beril Dedeolu, sono stati indeboliti. Ma restano sufficientemente forti da poter colmareeventuali vuoti27. Soprattutto se gli Stati Uniti decidessero di dare loro luce verde28. Magari in uncontesto, come quello che verrebbe delineato dallaccordo Usa-Iran sul nucleare, nel qualeWashington disponga di valide alternative allalleanza con la Turchia.

    4. Visto da Ankara, il probabile accordo tra Stati Uniti e Iran rappresenta una vera e propriacatastrofe geopolitica. Tale accordo mette infatti a rischio il ruolo della Turchia di alleatoindispensabile di Washington in Medio Oriente. Status sul quale, paradossalmente, Erdoan ha fattoleva per slittare lasse geopolitico turco verso lEurasia. Certo di poter controllare gli effetti di talemossa sulle relazioni con gli americani. Dal 30 giugno, questa certezza potrebbe svanire. Il fatto cheinfluenti think tank suggeriscano apertamente a Obama di mettere da parte la partnership con Ankara eallearsi con il Pkk e la sua ala siriana per ricondurre allordine i recalcitranti islamisti turchi29 unindizio delle imprevedibili conseguenze dellaccordo Usa-Iran. Il ritorno in scena di Teheran, inoltre,rischia di legittimare legemonia neopersiana nel mondo arabo. Uno scenario da incubo per Erdoan,che fino a un paio di anni fa sognava di recitare la preghiera del venerd nella moschea degliOmayyadi30.

    In questo scenario, la Turchia ha due priorit: evitare il declassamento nellequazionemediorientale di Washington e arginare larrembante espansionismo iraniano. Il tutto senza perdere divista gli obiettivi principali della propria geopolitica mediorientale, che sotto molti aspetti sonofunzionali al perseguimento delle due priorit strategiche di cui sopra.

    5. A partire dallascesa al potere dellAkp nel 2002, Ankara ha sviluppato una strategia dipolitica estera nota come neo-ottomanismo. Il fulcro di tale strategia stato espresso dallalloraministro degli Esteri Ahmet Davutolu in un discorso pronunciato a Sarajevo nellottobre del 2009:Insieme alla Turchia, i Balcani, il Caucaso e il Medio Oriente torneranno a essere il centro dellapolitica mondiale. Come nel XVI secolo. Questo lobiettivo della nostra politica, e loraggiungeremo. In modo pi specifico, nellaprile 2012 Davutolu proclam che entro il 2023torneremo a unirci ai nostri fratelli in tutti i territori dai quali ci siamo ritirati tra il 1911 e il 1923. una sacrosanta missione storica31. Tradotto, Ankara punta(va) a restaurare una sovranit pi o menoinformale su quella che lattuale primo ministro turco defin profondit strategica in un celebresaggio del 200132. Le contingenze geopolitiche, i rapporti di forza regionali e lo spiccato filo-arabismo della leadership turca hanno di fatto ridotto tale profondit strategica al Medio Orientearabo. Tra il 2005 e il 2011 la Turchia ha cercato di riaffermare la propria egemonia su questaregione attraverso una strategia basata sui concetti di profondit economica e soft power.

    Il progetto di area di libero scambio tra Turchia, Siria, Giordania, Libano (e Iraq) lanciato nel2010 ha rappresentato il culmine di tale strategia. Il calco con il quale venne definita liniziativa dicreare una sorta di mercato unico neo-ottomano, amgen (da am, toponimo turco di Damasco),rivelava peraltro un significativo riferimento allesperienza europea. In particolare, al ruolo giocatodalla Germania nellUnione. Il Medio Oriente turco come lEuropa tedesca.

    Il progetto amgen stato spazzato via dalle primavere arabe, in coincidenza delle qualiAnkara ha aggiustato la propria strategia mediorientale sostenendo lascesa regionale dei Fratelli

  • musulmani. La resilienza del regime di al-Asad e il colpo di Stato egiziano del 3 luglio 2013 hannotuttavia fatto collassare anche la seconda fase della strategia neo-ottomana della Turchia, volta afavorire linstallazione di governi amici al Cairo e a Damasco. La frustrazione per le sconfittesubite in Siria e in Egitto e i successivi sviluppi interni la rivolta di Gez Park, le inchiestegiudiziarie del dicembre 2013 e la maratona elettorale iniziata con le elezioni amministrative delmarzo 2014 hanno innescato un processo di introversione che ha portato la Turchia a rinchiudersi inquella che il consigliere di Erdoan Ibrahim Kaln ha definito preziosa solitudine (deerliyalnzlk)33, locuzione dal sapore tragicamente vittoriano coniata allindomani del colpo di Stato inEgitto.

    Nonostante lisolamento regionale, Erdoan e Davutolu non hanno per abbandonato le loroambizioni neo-ottomane.

    6. Secondo lex ambasciatore turco a Baghdad Murat zelik, attualmente responsabile per lapolitica estera del partito dopposizione Chp, il (presunto) sostegno offerto in passato da Erdoanallo Stato Islamico era parte di una nuova fase della strategia neo-ottomana di Ankara, volta afavorire limplosione delle entit statuali siriana e irachena e a integrare gli Stati sunniti chesorgerebbero/sarebbero sorti a sud della Turchia a seguito di tale implosione in una struttura federalegovernata da un sistema presidenziale34. Si tratta di una prospettiva che collima con il progettointerno di Erdoan. Il leader turco considera infatti il processo di soluzione della questione curdacome un primo passo verso la realizzazione delle sue ambizioni imperiali. Tra Erdoan e il leaderdel Pkk Abdullah calan esiste un accordo implicito basato sullo scambio tra presidenzialismo(leggi: sultanato) e ritorno al sistema ottomano dei millet. Tale progetto coinvolge inevitabilmenteanche il Kurdistan iracheno e il Rojava, tanto che nello storico discorso scritto in occasione delNowruz del 2013 il leader curdo fece un velato riferimento alla possibilit che la Turchia potesseampliare il proprio territorio35.

    Il processo di pace con i curdi dunque la pietra angolare della nuova strategia mediorientale diAnkara. Negli ultimi mesi, tuttavia, tale processo entrato in crisi. Lascesa regionale del Pkk equella elettorale dello Hdp e del suo leader Selahattin Demirta hanno infatti confermato che Erdoansta perdendo la sfida sia sul piano geopolitico sia su quello interno. Consapevole di questedinamiche, il presidente turco non ha esitato a mettere in stand-by il processo di soluzioneadottando una retorica ultranazionalista. Non solo. Gli scontri a fuoco di Ar dell11 aprile36 e leprovocazioni che hanno avuto luogo pochi giorni dopo a Uludere37 hanno riportato indietro le lancettedellorologio agli anni Novanta. NellAkp forte la convinzione che Kandil (come viene definitala leadership del Pkk nel linguaggio ufficiale) abbia realizzato un vero e proprio colpo di Statocontro calan rifiutando di obbedire alla richiesta del leader curdo di convocare un congresso entrola primavera38. Per di pi, il leader dello Hdp Demirta entrato a gamba tesa nel negoziato traErdoan e calan proclamando che il suo partito non appogger mai le ambizioni presidenzialistedel leader turco39. Tali dinamiche, tuttavia, sembrano essere legate a doppio filo alle esigenze tatticheimposte dalla campagna elettorale. Secondo molti, dopo il voto Akp e Hdp inizieranno a negoziaresul serio il baratto tra presidenzialismo e implementazione dei dieci punti indicati da calan inoccasione del pronunciamento comune (ortak aklama) di Palazzo Dolmabahe del 28 febbraio40.

  • Negli ultimi mesi Ankara tornata a giocare un ruolo di primo piano sullo scacchieremediorientale, palesando lesistenza di una strategia in cui la dimensione militare avr un ruolosempre pi prominente. La tregua tra Erdoan e i militari ha infatti aperto scenari nuovi e totalmenteinesplorati. Nellultimo decennio, la reciproca sfiducia tra la leadership dellAkp e i verticidellesercito aveva costretto la Turchia a espungere la componente militare dal proprio arsenalegeopolitico41. Un lusso che nellattuale scenario regionale la decima potenza militare del mondo42non pu pi permettersi.

    7. Lincontro del 2 marzo scorso a Riyad tra Erdoan e il re saudita Salmn potrebbe esserericordato come il momento di svolta nella storia della guerra civile siriana. In tale occasione, comeormai confermano in modo semiufficiale diverse fonti turche43, i due leader hanno infatti raggiunto unaccordo per sostenere in modo congiunto la coalizione di ribelli formata da al-Nura, Arr al-am ealtri gruppi minori. I recenti successi militari di tale coalizione in particolare la conquista di Idlib eisr al-ur sono la conseguenza diretta dellintesa turco-saudita44. Unintesa che ha il potenzialedi influenzare profondamente gli equilibri del conflitto siriano45. Secondo alcune fonti israeliane46,al-Asad starebbe addirittura valutando lipotesi di abbandonare Damasco per concentrarsi sulladifesa di Latakia, ormai nel mirino dei ribelli47.

    Tali dinamiche vanno peraltro ben al di l dei confini siriani e rivelano una strategia volta a fareleva sulle paure innescate dallaccordo Usa-Iran per rompere lisolamento regionale nel qualeAnkara precipitata nellultimo biennio. Particolarmente interessanti, in tal senso, sono i segnalilanciati dal governo turco a Israele, che dal 30 giugno rischia di ritrovarsi senza il nemico. Il giornoprima dellannuncio del pre-accordo di Losanna sul nucleare, il viceprimo ministro Blent Arn harilanciato con forza la prospettiva di una partnership turco-israeliana, sottolineando che la Turchiarimane il partner ideale per garantire la sicurezza di Israele48. Nei giorni successivi, le aperture diArn sono state confermate dal viceministro degli Esteri Naci Koru e dallincaricato daffari turco aTel Aviv49. In sintesi, Ankara ha fatto capire che aspetta solo un segnale da Netanyahu.

    Le relazioni militari tra i due paesi sono ben lontane dai loro giorni migliori. Secondo alcunianalisti, tuttavia, la consegna dei primi due F-35 Jsf di fabbricazione americana a Israele, inprogramma nel 2016, potrebbe far entrare tali relazioni in una nuova dimensione, definita addiritturafraterna. La Turchia, unico altro paese mediorientale che entrer in possesso dei caccia multiruolodi nuova generazione, ha infatti inviato in Israele piloti e personale di manutenzione per garantire unacerta omogeneit nella pianificazione del loro utilizzo50. Ci dimostra come nonostante le relazionipolitiche fra i tre partner non vivano esattamente il loro momento migliore, il triangolo militare turco-israelo-americano sia ancora in grado di plasmare le dinamiche regionali. Lo Stato ebraico potrebbeaddirittura diventare il quarto lato del triangolo sunnita turco-saudo-pakistano51.

    Non secondario, in tal senso, il fatto che secondo alcuni Israele stia seguendo con molto interessele recenti dinamiche del conflitto siriano52, le quali potrebbero presto entrare in una nuovadimensione. Secondo fonti citate dallo Huffington Post in un articolo pubblicato a inizio aprile53,Turchia e Arabia Saudita avrebbero raggiunto unintesa per realizzare una vera e propria operazionemilitare in Siria volta a rovesciare il regime di al-Asad. Tale intesa prevederebbe uninvasione diterra dellEsercito turco, che beneficerebbe della copertura aerea saudita. Lemiro del Qatar paese

  • con il quale Ankara a inizio marzo ha stipulato un accordo che autorizza il dispiegamento dicontigenti comuni in paesi terzi54 ne avrebbe parlato con Obama in occasione della sua visita aWashington di febbraio. Il presidente Usa non avrebbe sollevato obiezioni.

    I media turchi hanno iniziato a parlare con sempre maggiore insistenza di una possibile invasionedella Siria da parte dellEsercito55. Il 7 maggio il vicepresidente del partito dopposizione Chp harivelato che secondo fonti affidabili Erdoan, per ragioni elettorali, avrebbe annunciatolinvasione della Siria entro un paio di giorni56. La successiva smentita di Davutolu57 che il 10maggio entrato in Siria con un convoglio militare per pregare nella tomba di Sleyman ah58,ricollocata nella citt di confine di Ame lo scorso febbraio apparsa come una mezza confermache, sia pure non nellimmediato, tale opzione sia sul tavolo dei decisori turchi. Diversi media hannoinfatti posto laccento sul per il momento premesso dal primo ministro59.

    Per il momento, dunque, Ankara non sembra ancora pronta a condurre unoperazione militarein Siria, sia pure con lo scopo limitato di creare zone di sicurezza nel Nord del paese. In primoluogo, perch laccordo con Riyad ha gi consentito alla Turchia di ribaltare gli equilibri delconflitto. Inoltre, rinfrancati dalle aperture del capo di Stato maggiore americano Martin Dempsey60, iturchi sperano ancora di coinvolgere gli Stati Uniti. In terzo luogo, i militari rimangono contrariallavventurismo di Erdoan, sulla base della convinzione che entrare in Siria in questa fase delconflitto potrebbe significare non uscirne61. Pare che tra il presidente della Repubblica e il capo diStato maggiore Necdet zel siano volate parole grosse62. Infine, e questo il cuore del problema, ledinamiche siriane sono indissolubilmente legate al ruolo regionale dellIran. Su tale tema, leprospettive di Ankara e Riyad divergono notevolmente. Diversamente dai sauditi (e dagli israeliani),i turchi non temono il confronto con Teheran. Non vogliono tagliare la testa del serpente. Pimoderatamente, la Turchia intende ribilanciare a proprio vantaggio gli equilibri regionali,riconoscendo tuttavia allIran un ruolo di primo piano in un eventuale meccanismo di cogestione delMedio Oriente. Le mosse sullo scacchiere siriano devono dunque inevitabilmente tenere conto delleenormi sinergie energetiche, commerciali e geografiche turco-iraniane.

    8. In campo energetico, la profondit di tali sinergie stata confermata due giorni dopo la visitadel 7 aprile di Erdoan a Teheran, quando il ministro dellEnergia turco Taner Yldz ha rivelato chelIran potrebbe acquisire una quota nel gasdotto trans-anatolico Tanap63, spina dorsale del cosiddettoCorridoio meridionale che a partire dal 2019 dovrebbe consentire lafflusso in Europa del gas azeroattraverso la penisola anatolica. A parere di alcuni analisti energetici, in termini quantitativi il gasdel giacimento Shah Deniz II non costituisce una reale alternativa alle forniture russe64. Le cosepotrebbero per cambiare drasticamente se al gas azero si aggiungesse quello iraniano65. Consideratala disputa tra Iran, Russia, Azerbaigian e Turkmenistan sullo status del Mar Caspio, la rotta iranianarappresenta inoltre lunica alternativa praticabile perch anche il gas turkmeno, al quale Bruxellesguarda con sempre maggiore interesse per ridurre la dipendenza energetica da Mosca66, possaaffluire nel Corridoio meridionale67. In sostanza, lasse energetico Turchia-Iran avrebbe un impattoclamoroso nella partita geoenergetica eurasiatica. Per Ankara, che nel giro di qualche anno potrebbefare da conduttore anche per il gas nord-iracheno, ci significherebbe assurgere allo status di hubgeoenergetico. Uno degli obiettivi storici della geopolitica dellAkp.

  • Insieme alla Cina, la Turchia inoltre il paese che pi di ogni altro beneficerebbe dellaperturadel mercato iraniano che seguirebbe allintesa Usa-Iran sul nucleare68. Nel 2012 linterscambio traAnkara e Teheran aveva raggiunto i 22 miliardi di dollari. Quellanno, peraltro, lIran rappresentavail terzo mercato per le esportazioni turche, che sfiorarono i 10 miliardi di dollari69. In occasionedella visita di Erdoan a Teheran, Turchia e Iran hanno fissato a 30 miliardi di dollari lobiettivo daraggiungere entro il 201770, quando laccordo commerciale preferenziale entrato in vigore a inizio2015 avr avuto un impatto significativo sul commercio tra i due paesi. Nel medio-periodo, secondolanalista turco mer Tapnar, il potenziale dellinterscambio turco-iraniano di 90 miliardi didollari71, cifra considerevolmente superiore allattuale interscambio tra Turchia e Germania,principale partner commerciale di Ankara. Consapevole di tale potenziale, Erdoan ha proposto agliiraniani di condurre le relazioni commerciali bilaterali utilizzando lira e rial. Nonostante le numerosecontroindicazioni implicate da un meccanismo di questo tipo72, le operazioni preliminari sono gi incorso73. Sui giornali filo-governativi turchi si discute inoltre della possibilit di creare zone diproduzione specializzate in citt di confine come Van, nelle quali il know-how industriale turco elenergia iraniana potrebbero dare vita a iniziative di produzione comuni che consentirebberounulteriore integrazione delle due economie74. Non un caso che Ankara, con un occhio alla rottacommerciale turco-iraniana, abbia di recente inaugurato il suo traghetto pi grande in termini dicapacit di carico proprio nel Lago di Van75.

    La geografia costituisce poi un altro straordinario vettore di sviluppo delle relazioni economico-commerciali tra Turchia e Iran. Il porto di Trabzon, ad esempio, potrebbe diventare lo hub diriferimento della regione azera della Repubblica Islamica76. Allo spirare dellaccordo commercialetra Ankara e Il Cairo, lIran ha inoltre sostituito lEgitto nel ruolo di porta verso i mercati del Golfoper lexport turco77. Pi in generale, la rotta turco-iraniana costituisce uno snodo essenziale della viadella seta, il link fondamentale immaginato da Pechino per connettere la Cina e lAsia centraleallEuropa. In occasione della sua visita ad Ankara del giugno 2014, il presidente iraniano HasanRohani ha ricordato che lasse turco-iraniano consente di connettere lOceano Indiano allOceanoAtlantico78.

    Tutto ci significa che lIran ha un peso inferiore solo a quello della Russia nellequazionegeopolitica turca.

  • 9. La volont di non compromettere le relazioni con Teheran e le numerose incognite di caratteremilitare79 fanno s che Ankara, per il momento, resti cauta sulleventualit di realizzareunoperazione militare in Siria, la quale costituirebbe una vera e propria dichiarazione di guerra allaRepubblica Islamica. Diversi segnali inducono invece a ritenere che in Iraq la Turchia non adotterla stessa cautela. infatti nello scenario iracheno che Erdoan intravede la possibilit di dare corsoalle sue ambizioni imperiali e, allo stesso tempo, lanciare un segnale forte a Washington e a Teheran.Le dinamiche irachene presentano delle opportunit straordinarie per la Turchia.

    In primo luogo, Ankara guarda con molto meno timore che in passato alle ambizioniindipendentiste dei curdi iracheni. Ambizioni rilanciate con forza dal presidente del governoregionale curdo Masud Barzani in occasione della visita negli Stati Uniti di inizio maggio, nel corsodella quale ha tenuto a precisare che il processo dindipendenza inarrestabile80. Anche searrivassero cento, mille Stati islamici, aveva proclamato Barzani a dicembre, il processodindipendenza della regione curda andrebbe avanti lo stesso81.

    Dichiarazioni, queste, che non hanno suscitato alcuna reazione negativa da parte del governoturco. La Turchia aveva gi lanciato forti aperture nei confronti delle ambizioni indipendentiste deicurdi iracheni nel giugno 201482, quando dopo la presa di Kirkk da parte dei peshmerga Barzanipromosse lidea di un referendum sullindipendenza della regione. Arbl pu infatti essereconsiderata un vero e proprio satellite turco. Lanalista Soner aaptay ha usato il termineCommonwealth per descrivere la profondit delle relazioni economico-commerciali, e non solo,tra Ankara e la regione curda dellIraq83. Tra Erdoan e Barzani, inoltre, esiste un solidissimo legamepolitico, forgiato dal matrimonio andato in scena a Diyarbakr nel novembre 201384. Il presidenteturco intravede nella sua controparte curda un argine nei confronti del Pkk (e dello Hdp). Lassecalan-Barzani generato dal processo di soluzione85 delinea poi un triangolo gravido diconseguenze geopolitiche. Come quelle accennate dal leader spirituale del Pkk nellappello lanciatoai curdi, turkmeni, assiri e arabi che vivono negli odierni Siria e Iraq e che sono stati erroneamente

  • esclusi dai confini del Patto nazionale, nel discorso scritto in occasione del Nowruz del 201386.Erdoan impegnato a garantire lintegrit territoriale dellIraq, ma nel caso di una divisione del

    paese interpreta leventuale indipendenza dei curdi iracheni come unindipendenza da Baghdad. Noncerto da Ankara.

    Tale convinzione gioca un ruolo non marginale nella definizione di quella che si profila come unanuova strategia nei confronti dello Stato Islamico, la cui presenza nellIraq del Nord viene definita daBarzani lunico ostacolo allindipendenza di Arbl. La politica dellocchio chiuso adottata daErdoan nei confronti del califfato di al-Badd era basata sul fatto che la Turchia vede(va) lo StatoIslamico soprattutto come un attore sunnita nel contesto del Siraq sciita87. Al-Badd e le suemilizie rappresenta(va)no un contrappeso a quello che il presidente turco considera il vero obiettivodi Obama: legittimare il dominio iraniano (cio sciita) del Medio Oriente88. Una politica a dir pococontroproducente, come dimostra lumiliazione subita al consolato di Mosul nel giugno 2014. Ilsequestro del personale diplomatico turco nella citt nord-irachena e le minacce dello Stato Islamicoalla tomba di Sleyman ah in Siria hanno evidenziato un clamoroso ribaltamento nei rapporti diforza tra Ankara e il califfato, capace di influenzare significativamente la strategia turca in MedioOriente. In questo contesto, loperazione ah Frat con la quale lesercito turco ha messo in salvo imilitari di guardia alla tomba del nonno del fondatore dellimpero ottomano sembra aver innescatoun cambio di paradigma nellapproccio turco allo Stato Islamico. A partire da Mosul, dove potrebbevedere la luce la nuova fase della geopolitica neo-ottomana della Turchia.

    In tal senso, sono necessarie due premesse. Innanzitutto, buona parte dei dissidi tra Washington eAnkara dovuta allatteggiamento di questultima nei confronti dello Stato Islamico. Se la Turchiainiziasse ad assumere una postura aggressiva nei confronti di tale organizzazione, le relazioni turco-americane potrebbero entrare in una nuova fase. Inoltre, per quanto il progetto di Iraq iraniano siacentrale nellequazione di Teheran, per la Repubblica Islamica lIraq del Nord ha unimportanzadecisamente inferiore rispetto a quella della Siria, snodo essenziale dellimpero sciita. Ci significache a Mosul, con una sola mossa, Ankara potrebbe centrare tre obiettivi fondamentali: celebrare ilproprio ritorno in Medio Oriente; proiettare in una nuova dimensione le relazioni con gli Stati Uniti;assestare un colpo allIran senza tuttavia compromettere le relazioni con il suo vicino persiano.

    10. Lo scorso novembre la Turchia ha iniziato un programma di addestramento dei peshmergache fino ad ora ha coinvolto circa 1.500 soldati curdi89. L11 marzo, in occasione della sua visita inIraq, il ministro della Difesa turco Ismet Ylmaz ha annunciato che tale programma sarebbe statoallargato alle trib sunnite90. Quattro giorni dopo lex governatore di Mosul Al al-Nuayf haconfermato che Ankara ha iniziato ad addestrare le forze sunnite, sottolineando che lapartecipazione turca alloperazione per liberare Mosul sarebbe di straordinaria importanza91. Il 24aprile, in occasione della visita nella capitale turca del presidente iracheno Fud Mam, Erdoanha messo in chiaro che lo Stato Islamico deve essere eliminato, ci che presuppone due fattori:unoperazione di terra92 e una strategia forte93. Dinamiche che appaiono una conferma del fattoche nello scenario iracheno Ankara intravede lopportunit di tornare al centro della scena.

    La Turchia rimane infatti lattore pi influente tra le trib sunnite di Mosul94, per le quali leambizioni neo-ottomane di Erdoan rappresentano un male minore rispetto alla minaccia delle

  • milizie sciite. Sentimento confermato dai continui appelli lanciati da al-Nuayf, il quale si aspettache Ankara giochi un ruolo centrale nella liberazione della citt nord-irachena dallo Stato islamico95.Prospettiva che appare quantomeno plausibile. Erdoan infatti refrattario a combattere lo StatoIslamico in Siria perch considera una mossa di questo tipo un vero e proprio regalo ad al-Asad,come dimostra il braccio di ferro con gli americani sugli obiettivi del programma di addestramentodei ribelli siriani96. In Iraq, dove lo Stato Islamico stato significativamente indebolito dal punto divista militare97, la situazione completamente diversa. Secondo lanalista militare Metin Gurcan,non sembrano esserci impedimenti strategici capaci di prevenire un coinvolgimento della Turchianella guerra di Mosul. I militari, fa notare ancora Gurcan, sono assolutamente in grado di tenere afreno lavventurismo siriano di Erdoan, ma a Mosul potrebbero non riuscirci98. Dalla prospettivadi Ankara, inoltre, non irrilevante il fatto che la liberazione di Mosul potrebbe condurre allanascita di una regione autonoma arabo-sunnita99 che graviterebbe inevitabilmente nellorbita turca.

    Completando lopera lasciata incompiuta da Atatrk e affermandosi come il conquistatore diMosul100, Erdoan raccoglierebbe il lascito del fondatore della Repubblica, del quale si eraimplicitamente proclamato vero erede in occasione della visita ad Antkabir del 28 agostoscorso101. E cos assurgerebbe al rango che ha deciso di ritagliare per se stesso, quello dicomandante in capo della Nuova Turchia102.

    1 Cfr. A. SELVI, Savcy infaz emri hangi lkeden geldi (Da quale paese arrivato lordine di giustiziare il procuratore), Yeni afak ,2/4/2015, goo.gl/FYV1xl2 Cfr. A. SELVI, O gn Menderese bugn Erdoana (Ieri Menderes, oggi Erdoan), Yeni afak , 14/4/2015, goo.gl/W6Mbza3 Cfr. Erdoan: Milli Grn deil Demokrat Partinin devamyz (Erdoan: non siamo la continuazione del Milli Grma del Partitodemocratico), Zaman, 17/5/2003, goo.gl/YdFdXd4 Cfr. Atatrk byle zehirlediler (Cos hanno avvelenato Atatrk), Yeni afak , 6/4/2015, goo.gl/EjAnEG5 Cfr. Turkish Dailys Atatrk Was Poisoned by Successor Claim Mocked, Condemned, Hrriyet Daily News, 6/4/2015,goo.gl/W82eAp6 Cfr. A. CZAJKA, E. WASTNIDGE, The Centre of World Politics? Neo-Ottomanism in Turkish Foreign and Domestic Politics,The International Studies Association, 2015, pp. 8-12, goo.gl/po33FR7 Cfr. Turkish Leaders Warn Of Plot, Defy Terrorism After Prosecutors Killing, Daily Sabah, 2/4/2015, goo.gl/Rksc1k8 Cfr., ad esempio, Y. KAPLAN, Osmanl durduruldu; imdi Trkiye vuruluyor (Gli ottomani sono stati fermati, ora viene colpita laTurchia), Yeni afak , 24/4/2015, goo.gl/qkqKBX9 Cfr. Davutolu: Glen ile grmemden Gln haberi vard (Davutolu: Gl sapeva del mio incontro con Glen), Zaman, 4/5/2015,goo.gl/2Pcp9910 Davutolu, Ex-President Gl Spar over Visit to Glen, Todayz Zaman, 3/5/2015, goo.gl/XgxTAo11 Cfr. H. INALCIK, The Ottoman Empire. The Classical Age 1300-1600, London 1973, Phoenix Press, cap. 9.12 Cfr. Krmz Kitapn detaylar szd: Sivil ayaklanma, paralel yaplar (Trapelati i dettagli del Libro rosso: disordini civili, struttureparallele), Ankara Review, 7/4/2015, goo.gl/t2SxFo13 Cfr. Offf..Offf. Arntan Erdoana ok ar szler: Bizi ypratyorsun (Arn inveisce contro Erdoan: Ci logori), Taraf,21/3/2015, goo.gl/1na6Dk14 Cos il segretario della sezione dellAkp della provincia di Aydn, cfr. AKPli Bakan Erdoan iin ikinci peygamber dedi iddias(Laccusa secondo la quale un membro dellAkp ha definito Erdoan un secondo profeta), Radikal, 13/3/2009, goo.gl/5OsqMd15 A. SELVI, By bozuluyor (Lincantesimo si sta rompendo), Yeni afak , 23/3/2015, goo.gl/mmVgK216 Arntan fla aklamalar: Birilerinin dedii gibi montajla Bakanlk olmaz! (Dichiarazioni lampo di Arn: un presidenzialismoassemblato come quello che qualcuno propone impossibile), Zaman, 3/4/2015, goo.gl/Vxcw0l17 Cfr. Fuatavni Gkek-Arn kavgasnn i yzn yazd..Inanlmaz iddialar! (Fuatavni ha spiegato i retroscena della lite Gkek-Arn rivelazioni incredibili!), Taraf, 25/3/2015, goo.gl/yK0h9a

  • 18 Cfr. ad esempio . ahin, Gl Prefers Gorbachev, not Medvedev Model, Ankara Review, 11/3/2015, goo.gl/Pfg1b019 Cit. in . AHIN Abdullah Abi ile geri dneriz! (Ritorneremo con Abdullah!), Meydan Gazetesi, 3/5/2015, goo.gl/rxyk6U20 Cfr. H. ILINGIR, Gnay: Asl tartma Arn ile Gkek arasnda deil (Gnay: la vera discussione non tra Arn e Gkek),Zaman, 25/3/2015, goo.gl/n3QbBG21 Cfr. Erdoan Claims He Was Deceived in Sledgehammer, Ergenekon Probes, Todays Zaman, 19/3/2015, goo.gl/kpv2Ot22 Cfr. C. YEINSU, Court in Turkey Acquits Military Officers of Trying to Overthrow Government, The New York Times,31/3/2015, goo.gl/mf47VB23 Cfr. ad esempio L. KEMAL, Playing with the Military as a Tool for Political Gains, Todays Zaman, 30/6/2014, goo.gl/Ju7LLl24 Cfr. E. USLU, What Is the State of The Relationship between the AKP and the TSK?, Todays Zaman, 10/5/2015, goo.gl/qmsjbh25 Cfr. N. KIZIL, Turkish Armed Forces Denies Cooperating with PKK-PYD in Syria, Daily Sabah, 23/3/2015, goo.gl/cojdgJ26 Cfr. Turkey Launches Operation against PKK Hideouts, Hrriyet Daily News, 24/3/2015, goo.gl/R7ImHE27 Cfr. B. DEDEOLU, Who Will Benefit from Disagreement?, Todays Zaman, 27/3/2015, goo.gl/DQxynP28 Cfr. I. YILMAZ, AKPs Dilemma: Iran or Saudi Arabia, Todays Zaman, 27/3/2015, goo.gl/WYOTQo29 Cfr. Turkey: An Increasingly Undependable Ally, Bipartisan Policy Center, aprile 2015, goo.gl/r1GGsZ30 Cfr. Erdoandan nemli mesajlar (Importanti comunicazioni di Erdoan), Hrriyet, 5/9/2012, goo.gl/4FuxIp31 Entrambi cit. in B. BEKDIL, Bad News: Davutoglu Wants New Middle East, Gatestone Institute, 10/2/2015, goo.gl/OlOABq32 A. DAVUTOLU, Stratejik Derinlik. Trkiyenin Uluslararas Konumu (Profondit strategica. La posizione internazionaledella Turchia), Istanbul 2001, Kre Yaynlar.33 Cfr. D politikada deerli yalnzlk dnemi (Il periodo della preziosa solitudine in politica estera), Hrriyet, 21/8/2013,goo.gl/rlshDs34 Cfr. Shiite Actors Oppose Turkey in Mosul Operation against ISIL, Leading Opposition Figure Says, Todays Zaman, 9/3/2015,goo.gl/zeFoHx35 Cfr. sul punto F. YALI, The Turkish Islamists See the Sunni Nation as the Solution to the Kurdish Problem, Turkey Analyst, vol. 8,n. 7, 8/4/2015, goo.gl/5C89kG36 Cfr. A. BEDIR, Ar operasyonunda derin phe (Nelloperazione di Ar ci sono sospetti profondi), Zaman, 14 aprile,goo.gl/f0oqg437 Cfr. Ikinci Ar korkusu: Asker ve PKK arasnda bir kilometre kald (Paura di una seconda Ar: tra i militari e il Pkk rimasto un chilometro), Radikal, 27/4/2015, goo.gl/Ju1aEr38 Cfr. M. ALTINOK, Erdoan sana sylyorum calan sen dinle (Erdoan lo sto dicendo a te, tu ascolta calan), Sabah, 4/5/2015,goo.gl/H6Pz7z39 Cfr. HDPden Erdoana rest: Seni bakan yaptrmayacaz (Lo Hdp a Erdoan: non ti faremo presidente), Radikal, 17/3/2015,goo.gl/paQtix40 Cfr. Y. SAEED, In June Polls, Is Pro-Kurdish HDP Looking to Reshape Turkeys Political Landscape?, Rudaw, 27/4/2015,goo.gl/Qt6yFh41 Cfr. E. STAFFORD, Explaining the Turkish Militarys Opposition to Combating ISIS, Policy Watch 2356, The WashingtonInstitute, 15/1/2015, goo.gl/V4B1ku42 Cfr. Countries Ranked by Military Strength, Global Firepower, 1/4/2015, goo.gl/trv6743 Cfr. APden ok iddia! Trkiye ve Suudi Arabistan Esad devirmek iin anlat (Clamorosa rivelazione dellAP! Turchia e ArabiaSaudita hanno raggiunto un accordo per rovesciare Asad), Taraf, 7/5/2015, goo.gl/EFxdrW44 Cfr. Y. SAYIGH, Where Next in Syria?, Carnegie Middle East Center, 30/4/2015, goo.gl/CNtKOh45 F. DUVEYRI, Idlib, Esed iin sonun balangc olabilir (Per Asad Idlib potrebbe essere linizio della fine), Aljazeera Trk ,2/5/2015, goo.gl/GBgerQ46 Cfr. A. HAREL, G. COHEN, J. KHOURY, Syrian Rebel Victories Stretch Assads Forces, Haaretz, 6/5/2015, goo.gl/KuBI2K47 Cfr. F.H. ALI, Syrian Opposition Success in Idlib Province Likely to Threaten Aleppo, Latakia, and Assads Hold on Power, IHSJanes Intelligence, 27/4/2015, goo.gl/Tq8Rxr48 Cfr. Israilin gvenlii, gazetecilerin tutuklanmas: Israil TV2ye konuan Arntan yeni bombalar (La sicurezza di Israele, larrestodei giornalisti: parlando allisraeliana TV2 Arn lancia nuove dichiarazioni bomba), Taraf, 2/4/2015, goo.gl/c9FXme49 Cfr. S. YANATMA, AKP, Israille yeni sayfa m ayor? (LAkp apre una nuova pagina con Israele?), Zaman, 7/4/2015,goo.gl/9f7U0o50 Cfr. sul punto M. GURCAN, Will the F-35 Change Middle East Warfare?, Al Monitor, 29/4/2015, goo.gl/mqLqHM

  • 51 Cfr. N. ERSANEL, Yeni Troyka ile tantraym: Trkiye-Pakistan-S. Arabistan (Permettetemi di presentare la nuova trojka:Turchia-Pakistan-Arabia Saudita), Yeni afak , 4/4/2015, goo.gl/aT3Qwz52 Cfr. M.E. YILMAZ, Esed, sonunda devriliyor mu? (Alla fine Asad verr rovesciato?), Zaman, 8/5/2015, goo.gl/kXl2NY53 Cfr. R. GRIM, S. JONES, J. SCHULBERG, Saudi Arabia, Turkey Discussing Unlikely Alliance to Oust Syrias Assad, TheHuffington Post, 12/4/2015, goo.gl/WpiqZR54 Cfr. M. TOKYAY, Turkey Speeds up Military Co-Operation with Qatar, SES Trkiye, 26/3/2015, goo.gl/RFAZxe55 Cfr. ad esempio A. AYDINTABA, Mehmetik Suriyede maneti (Il titolo: I Mehmetik in Siria), Milliyet, 30/4/2015,goo.gl/aodnCO56 Cfr. A. ALIKIRAN, Grsel Tekinden korkutan iddia.. Trkiye 2 gn iinde Suriyeye girecek (La spaventosa accusa di GrselTekin: Entro due giorni la Turchia entrer in Siria), Taraf, 7/5/2015, goo.gl/OokWnX57 Cfr. Davutolu: Suriyeye mdahale yok (Davutolu: nessun intervento in Siria), Zaman, 9/5/2015, goo.gl/Udftqd58 Cfr. Davutolu Sleyman ah ziyaret etti (Davutolu ha visitato la tomba di Sleyman ah), Milliyet, 10/5/2015, goo.gl/LMRFsh59 Cfr. Fla Fla Davutolu Tekini yalanlarken dorulad u anda mdahale (Smentendolo, Davutolu ha dato ragione aTekin Per il momento lintervento), Taraf, 9/5/2015, goo.gl/MFpSjo60 Cfr. T. TANI, US: Safe Zones in Syria Linked to Turkeys Steps, Hrriyet Daily News, 8/5/2015, goo.gl/30kLbr61 Cfr. F. TATEKIN, Turks Fear Saudi Alliance Will Drag Country into Syria, Al Monitor, 8/5/2015, goo.gl/lEJ00t62 Cfr. A. TAKAN, zel ile Erdoan arasnda ipler nasl koptu? (Come si spezzata la corda tra zel e Erdoan?), YeniaGazetesi, 11/5/2015, goo.gl/zRndib63 Cfr. Iran May Buy Stake in TANAP Gas Pipeline Turkish Energy Minister, Sputnik News, 9/4/2015, goo.gl/J4fcro64 Cfr. ad esempio R. HAFIZOLU, What Hampers Turkmen Gas Supply to Europe?, Trend, 3/3/2015, goo.gl/x04HK265 Cfr. EU Dreams of Iranian Gas to Break Dependence on Moscow, Daily Sabah, 19/4/2015, goo.gl/4sTvoF66 Cfr. ad esempio B. PANNIER, The European Union, The Southern Corridor, and Turkmen Gas, Rfe/Rl, 23/4/2015, goo.gl/R0IDra67 Cfr. Turkmen Gas Could Reach Europe through Iran: EU Official, Al Arabiya, 1/5/2015, goo.gl/CQI8YH68 Cfr. K. JOHNSON, J. TRINDLE, The Pot of Gold at the End of the Iranian Rainbow, Foreign Policy, 9/4/2015, goo.gl/XV1ulX69 I dati sono tratti dal sito dellIstituto di statistica turco, www.turkstat.gov.tr.70 Cfr. Iranla d ticaret hedefi 30 milyar $ (Lobiettivo dellinterscambio con lIran di 30 miliardi di dollari), Milliyet, 7/4/2015,goo.gl/lXdaGT71 Cfr. . TAPINAR, Turkeys Choice in Yemen, Todays Zaman, 1/4/2015, goo.gl/bWAwUs72 Cfr. U. GRSES, Iranla ticarette TL-Riyal takas mmkn m? (Nel commercio con lIran possibile utilizzare lira e rial?),Radikal, 8/4/2015, goo.gl/idaWVG73 Cfr. Iran, Turkey to Trade in Own Currencies, Press Tv, 3/5/2015, goo.gl/eypf0Q74 Cfr. S. NAY, Turkey and Iran: Competitive Collaboration, Daily Sabah, 10/4/2015, goo.gl/RnZk1c75 Cfr. Turkeys Biggest Ferry Launched in Van, Hrriyet Daily News, 28/4/2015, goo.gl/Vv7hgN76 Cfr. K. ALKIN, Irann rekabetten ok, sinerjiye ihtiyac var (Anzich di competizione, con lIran c bisogno di sinergia),Yeni afak , 8/4/2015, goo.gl/DhN1YW77 Cfr. C. KUBURLU, Turkish Exporters to Transport Goods Via Iran if No New Egypt Deal, Says Sector Representatives, HrriyetDaily News, 7/4/2015, goo.gl/pdtcoV78 Cfr. Turkey, Iran on Different Page in Syria but Ties Strategic, Hrriyet Daily News, 9/6/2014, goo.gl/AtZSwH79 Cfr. B. BEKDIL, A Turkish-Saudi Military Offensive on Syria?, Gatestone Institute, 10/5/2015, goo.gl/KAZTnK80 Barzani: Bamsz Krdistan geliyor (Barzani: il Kurdistan indipendente sta arrivando), Aljazera Trk , 6/5/2015, goo.gl/KlRoYn81 Barzani: Bamszlk sreci devam edecek (Barzani: il processo di indipendenza continuer), Aljazeera Trk , 10/12/2014,goo.gl/efSzG482 Cfr. Turkeys AKP Spokesman: Iraqs Kurds Have Right to Decide Their Future, Rudaw, 13/6/2014, goo.gl/OBDNWV83 Cfr. S. AAPTAY, C.B. FIDAN, E.C. SAIKARA, Turkey and the KRG: An Undeclared Economic Commonwealth, PolicyWatch 2387, The Washington Institute for Near East Policy, 16/3/2015, goo.gl/4O5yd784 Cfr. C. ANDAR, Erdogan-Barzani Diyarbakir encounter milestone, Al Monitor, 20/11/2013, goo.gl/Go7MR285 Cfr. ad esempio Bakan Barzani: calan ile yazyoruz (Il presidente Barzani: io e calan ci scriviamo), Rudaw, 9/2/2015,goo.gl/g4WQ9y86 Ite calann Nevruz mesaj (Il messaggio di calan per il Nevruz), Sabah, 21/3/2013, goo.gl/b4555D

  • 87 Cfr. K. GURSEL, Where is Turkeys Place in Strategy against IS?, Al Monitor, 18/3/2015, goo.gl/WgGpuC88 Cfr. A. TAHERI, Opinion: Erdoans Dangerous Power Game, al-arq al-Awsa, 27/2/2015, goo.gl/6soTzb89 Cfr. Turkey Sends Military Aid to Peshmerga Forces, Basnews, 17/2/2015, goo.gl/qcGnCY90 Cfr. S. ERKU, Turkey Extends Military Training to Local Sunni Forces and Iraqi Army, Hrriyet Daily News, 11/3/2015,goo.gl/PeMWwo91 Musul Valisi: Trkiyenin Musulda operasyona katlmas ok nemlidir (Il governatore di Mosul: la partecipazione della Turchiaalloperazione di Mosul molto importante), Hrriyet, 15/3/2015, goo.gl/oC8Jv992 Turkish President Calls for Ground Operation against IS Militants in Iraq, Basnews, 23/4/2015, goo.gl/sKMpv693 Turkeys Erdogan: We will continue to assist Iraq, Rudaw,