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materiali di cava
Presentazione dello schema di piano
Lineamenti generali di settore (volume 1°)
Nel primo volume sono state esposte le tematiche generali che riguardano il territorio siciliano. Essendo tali tematiche inserite in un quadro generale, non trova giustificazione una trattazione separata per i due Schemi di Piano, quello dei materiali di cava e quello dei materiali lapidei di pregio.
Il volume è suddiviso in tre capitoli che riguardano i seguenti aspetti:
1. Patrimonio conoscitivo esistente 2. Inquadramento territoriale della Sicilia 2.1 Inquadramento geologico strutturale 2.2 Caratteristiche idrogeologiche della Sicilia 2.3 Aspetti geomorfologici 2.4 Lineamenti della flora e della vegetazione siciliana 3 La caratterizzazione litologica del territorio siciliano e criteri per la redazione della cartografia in scala 1:100.000
Per la redazione degli Schemi di Piano e delle relative cartografie, nel considerare il patrimonio conoscitivo attuale (capitolo 1), è stato fatto riferimento a tutta una serie di dati già esistenti che sono stati presi nella maggior parte dei casi come elementi di base da elaborare.
Sono state appositamente redatte, invece, quali elementi specifici ed originali per gli Schemi di Piano, tutte le relazioni relative alla descrizione del territorio regionale e la cartografia tematica in scala 1:100.000
Durante la fase di raccolta e catalogazione dei dati esistenti si è curato particolarmente l’acquisizione delle principali conoscenze sulle caratteristiche geologiche e sugli aspetti idrogeologici, morfologici e vegetazionali del territorio, nonché la distribuzione delle cave attive e dismesse delle quali si riferisce comunque nel volume 2.
Sono stati acquisite pertanto informazioni in relazione ai seguenti elementi:
• caratteristiche geologiche del territorio
• caratteristiche idrogeologiche, morfologiche e vegetazionali
• distribuzione areale delle cave attive e dismesse (cfr. vol. 2)
L’inquadramento del territorio regionale, trattato nel capitolo 2, ha lo scopo di compendiare tutte le
motivazioni che hanno determinato l’assetto territoriale esistente attraverso una dettagliata descrizione geologico-strutturale, la distribuzione delle diverse litologie, le loro caratteristiche, nonché tutti gli aspetti idrogeologici, geomorfologici e vegetazionali che sono utili a caratterizzare secondo una visione di insieme il territorio siciliano. L’assetto territoriale non può essere, in prima istanza, visto in maniera diversa per i materiali lapidei di pregio e di cava per cui, nella trattazione generale che viene fatta non possono e, quindi, non sono disgiunti i due aspetti in quanto ne risentirebbe la visione integrata delle problematiche territoriali.
In tutti quei casi in cui, invece, esiste un minimo presupposto tecnico o di qualunque altra natura, i materiali di pregio e quelli di cava vengono trattati e valutati in maniera separata.
Le motivazioni idrogeologiche e geomorfologiche, che possono essere colte attraverso un’attenta lettura ed una conoscenza della geologia siciliana, per una maggiore chiarezza espositiva si è ritenuto opportuno trattarle separatamente fornendo per ognuno dei due temi i relativi agganci con l’uso del territorio ed in particolare con le tematiche estrattive.
Se morfologia ed idrogeologia sono una conseguenza delle condizioni geologico-strutturali, gli aspetti vegetazionali ed agronomici vengono quasi direttamente a dipendere da tutte queste caratteristiche e con l’attività estrattiva praticata nel territorio hanno, sia in fase di coltivazione che in fase di recupero ambientale, uno stretto legame. In questo volume sono presi in esame, su scala regionale e con riferimento a specifici territori, sia gli aspetti quantitativi e qualitativi della flora che quelli distributivi con le principali caratteristiche della vegetazione.
Infine, le caratteristiche litologico-composizionali dei materiali litoidi affioranti in Sicilia, sono considerati, nel capitolo 3 di questo volume, come uno strumento di base per un’efficiente programmazione finalizzata al corretto utilizzo delle risorse dei materiali di pregio e non.
La rappresentazione di tale conoscenza è stata fatta tenendo a base il grande patrimonio di conoscenze da un punto di vista petrografico delle rocce presenti in tutto il territorio siciliano.
Ritornando alla cartografia allegata al volume, si evidenzia che sono stati presi in considerazione i rilevamenti geologici esistenti, dai più antichi ai più recenti,; attraverso un’analisi critica sono state definite le classi litologiche da rappresentare accoppiando terreni di diversa età o separando terreni coevi in base a criteri petrografici e/o di utilizzazione attuale o possibile.
Su questo particolare punto è opportuno fare un riferimento al Capitolato speciale d’appalto Fase 1 – Studio di cognizione preliminare in cui, a pag. 5 primo capoverso, si chiede di fornire una “dettagliata relazione geologico strutturale del territorio regionale con particolare riguardo alle caratterizzazioni delle litologie in funzione del loro grado di fruibilità……”. Sempre nella stessa pagina, nell’ultimo capoverso, si dice che “La relazione deve essere preceduta, nel corso degli studi, da sotto-relazioni parziali e deve essere corredata da una cartografia dei materiali litoidi (carta geolitologica) a scala 1:100.000 per un totale di 28 fogli a copertura dell’intero territorio regionale su base I.G.M. con riporto a colori dei raggruppamenti litoidi recante anche l’ubicazione delle cave attive e delle cave dismesse.”
E’ chiaro, dalla lettura dei due passi del capitolato, che l’obiettivo primario che si vuole raggiungere è quello di ottenere in scala 1:100.000 una rappresentazione tematica litologica che sia funzionale alla fruibilità dei materiali. Nel testo si dice inoltre di corredare la relazione con una cartografia dei materiali litoidi (cioè carta litologica) che è in contrasto con quanto espresso tra parentesi con la dizione carta geolitologica.
Dal momento che esisteva una possibilità di equivoco nella lettura del capitolato, su questo punto il RTI ha discusso molto e le decisioni che sono state prese, purtroppo in assenza di un responsabile del procedimento con il quale confrontare eventuali interpretazioni, sono state il frutto di una serie di considerazioni tecnico scientifiche che vedevano nel suo insieme gli schemi di piano, tenendo conto anche del contenuto degli ulteriori prodotti (cartografie e relazioni) che sarebbero stati forniti nella stessa fase 1 o nelle fasi successive.
Le decisioni finali sono state adottate sulla base delle considerazioni espresse sull’argomento dai ricercatori coinvolti nella tematica e con la piena condivisione dei responsabili scientifici e dei consulenti scientifici nelle persone di:
Prof. Geol. Rosario Alaimo, Ordinario di Geochimica
Prof. Ing. Vincenzo Cotecchia, professore emerito del Politecnico di Bari, Ordinario di Geotecnica
Prof. Geol. Giuseppe Giunta Ordinario di Geologia Strutturale
Prof. Geol. Paolo Ferla, Ordinario di Petrografia.
Sinteticamente si ritiene di dover esprimere quali sono stati gli obiettivi principali che sono stati perseguiti e le motivazioni delle scelte effettuate.
Gli obiettivi principali sono stati i seguenti:
Fornire un prodotto il più aderente possibile allo scopo che era la definizione degli schemi di piano
Il prodotto cartografico finale doveva avere un’alta leggibilità ai fini della fruibilità dei materiali litoidi così come viene chiaramente chiesto dal capitolato.
Per raggiungere questi obiettivi contemporaneamente, ad esempio, è stato deciso di fornire in un allegato a parte la ubicazione delle cave attive e di quelle dismesse. Ciò rende più leggibili le carte tematiche e nello stesso tempo permette una migliore ubicazione delle cave.
Rappresentare, inoltre, sulla carta tematica dei materiali litoidi, anche una parte delle simbologia geologica, oltre a rendere meno immediato e comprensibile il documento, avrebbe avuto poco significato: infatti quello che veniva espressamente richiesto erano i raggruppamenti litoidi per cui, per fare un banale esempio, dovevano essere rappresentati con un unico colore i calcari del Giurassico e del Cretacico e poi sovrapporre su questi terreni faglie e sovrascorrimenti che non potevano essere messi facilmente in relazione con le rispettive età dei terreni.
Di contro per soddisfare le esigenze di tipo più squisitamente geologico, oltre a fornire un dettagliato elenco della cartografia geologica pubblicata nelle regione Sicilia, si approfondiscono questi aspetti con carte adeguate, a scala diversa, nelle 68 aree definite di primo interesse e nelle cartografie dei bacini più importanti dei materiali di pregio.
Per rispondere, inoltre, nella maniera più adeguata a quanto previsto nel capitolato e realizzare nel contempo gli obiettivi da raggiungere con gli schemi di piani, un corposo capitolo è stato dedicato alla caratterizzazione litologica del territorio siciliano dove si è scesi in un dettaglio che ha portato ad una classificazione di tipo petrografico che individua 12 gruppi litologici e ben 32 classi nelle quali si fa riferimento anche alle formazioni e alle relative età.
Il risultato di questo tipo di approccio metodologico è stata una carta litologica assolutamente inedita per la regione siciliana che, considerando la rappresentazione tematica e le relazioni di supporto allegate, mantiene il maggior numero possibile di informazioni geologiche, l’appartenenza dei diversi tipi litologici alle rispettive formazioni e/o alle aree di affioramento in modo da non perdere i riferimenti stratigrafici o geografici che permettono, attraverso le carte geologiche stesse, di risalire con una certa facilità anche alle altre informazioni che possono aversi con una rappresentazione geologica in senso stretto.
Sinteticamente si ritiene di dover esprimere quali sono stati gli obiettivi principali che sono stati perseguiti e le motivazioni delle scelte effettuate.
Gli obiettivi principali sono stati i seguenti:
Fornire un prodotto il più aderente possibile allo scopo che era la definizione degli schemi di piano
Il prodotto cartografico finale doveva avere un’alta leggibilità ai fini della fruibilità dei materiali litoidi così come viene chiaramente chiesto dal capitolato.
Per quanto si riferisce agli aspetti tettonici e a quant’altro è generalmente rappresentato nelle carte geologiche, si allega, come già detto, una particolareggiata bibliografia delle carte consultate alla quale si può fare riferimento per una rapida acquisizione di tutte le ulteriori informazioni geologiche esistenti nella letteratura siciliana pubblicata.
Con questo tipo d’impostazione e di considerazioni il RTI ha ritenuto di avere sufficientemente risposto a quanto prescritto nel capitolato, superando anche l’apparente contraddizione esistente con le dizioni cartografia dei materiali litoidi - carta geolitologica.
L'attività estrattiva (volume 2°)
Nello sviluppo di questo volume, si è partiti dall’acquisizione dei dati sulle cave, la loro ubicazione e
successiva caratterizzazione; tale fase di lavoro ha rappresentato un momento molto importante nella
redazione degli schemi di piano.
Il processo di pianificazione dell’attività estrattiva evidentemente non può prescindere dalle fasi di acquisizione dei dati di interesse sulle singole cave e della loro successiva aggregazione, costituendo detta fase, peraltro, il presupposto per la caratterizzazione del comparto e per tutte le successive attività inerenti alla stessa pianificazione.
Operativamente, sono state individuate in primo luogo, le possibili fonti informative e, una volta acquisiti i dati di interesse, gli stessi sono stati strutturati e inseriti in una banca dati realizzata allo scopo.
Al fine di ubicare le cave attive e dismesse presenti sul territorio regionale siciliano, la prima parte di attività è stata svolta presso l’Ispettorato del Corpo Regionale delle Miniere, istituzionalmente preposto all’autorizzazione ed alla sorveglianza delle cave stesse; in questo Ufficio sono stati raccolti solo dati di carattere generale (di tipo amministrativo ed inerenti alla tipologia del materiale estratto).
I tre Distretti Minerari esistenti nella regione Sicilia (Palermo, Caltanissetta e Catania) dispongono invece della documentazione completa relativa ad ogni cava attiva, dismessa o in fase di autorizzazione.
Altra attività di ricerca, con carattere di riscontro, è stata svolta presso l’Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia, dove viene presentata la documentazione per ottenere il nulla osta per gli impianti di lavorazione.
Durante la fase conoscitiva si è tentato di ricostruire, in apposite schede tecniche riassuntive, i diversi aspetti legati alla gestione delle cave; i dati raccolti sono stati utilizzati per successive elaborazioni grafiche e tabellari e per la redazione delle cartografie riportanti l’ubicazione delle cave attive e dismesse.
L’ubicazione di tutte le cave attive e di circa il 60% delle cave dismesse, sono state acquisite alla scala 1:25.000 presso gli uffici dell’Ispettorato del CO.RE.MI. Il restante 40% circa dei dati che si riferiscono alle ubicazioni delle cave dismesse, è stato acquisito direttamente presso i distretti minerari.
Successivamente è stato necessario un ulteriore lavoro di verifica e l’acquisizione presso il CO.RE.MI. di dati inerenti alle tipologie di coltivazione.
Al fine di effettuare una valutazione dei dati raccolti presso i distretti minerari, è stata condotta parallelamente un’attività di acquisizione di dati diretta sul territorio; quest’ultimo lavoro è stato molto oneroso, anche in termini di tempo, in quanto si è dovuto contattare direttamente le singole aziende.
Tutti i dati raccolti sono stati verificati, ordinati e catalogati in schede tipo informatizzate, inerenti sia le cave attive che quelle dismesse, mentre l’ubicazione delle singole cave è stata riportata nel sistema informativo territoriale, appositamente costruito ad uso del RTI, di cui ci si è avvalsi costantemente durante la conduzione di tutte le attività.
Prima della stesura definitiva degli elaborati finali di Piano, si è ritenuto opportuno richiedere all’Ispettorato del Corpo Regionale delle Miniere, in data 04/12/2000, l’elenco aggiornato delle cave attive e dismesse. I nuovi elenchi hanno messo in evidenza che un consistente numero di cave attive nel frattempo erano cessate o per scadenza dell’autorizzazione o per cessazione dell’attività. Nel frattempo nuove cave avevano ottenuto l’autorizzazione all’attività estrattive. La presenza sul territorio di 54 nuove cave autorizzate, ha comportato la successiva acquisizione delle rispettive ubicazioni presso l’Ispettorato del Corpo Regionale delle Miniere e la richiesta, ai Distretti Minerari interessati, della consultazione dei relativi piani di coltivazione necessari per la compilazione delle schede di cui sopra si è fatta menzione. Mentre è stato possibile reperire l’ubicazione di tutte le predette nuove cave, non è invece stato possibile acquisire presso il Distretto Minerario di Palermo i dati tecnici utili alla compilazione delle schede tecniche.
All’elenco aggiornato delle cave attive è stato aggiunto, in coda, l’elenco delle cave che, dopo l’entrata in vigore della L. R. n° 19 del 01/03/1995, operano in regime di sanatoria in conformità a quanto disposto dalla L. R. n° 127 del 09/12/1980, avendo richiesto al distretto minerario opportuna regolamentazione.
Le cave che hanno seguito tale procedura di autorizzazione ex L. R. 19/95 e che si è ritenuto opportuno considerare nell’elaborazione degli Schemi di Piano, corrispondono alla quasi totalità delle cave di calcarenite di pregio ed alcune cave di calcare lucidabile, presenti nella provincia di Trapani. L’elenco di queste cave, con allegati gli stralci relativi alla loro ubicazione, è stato acquisito presso il Distretto di Palermo.
Tutte le cave, di materiali di pregio e non, sono state ubicate in differenti ed apposite cartografie IGM in scala 1:100.000 distinguendo quelle attive da quelle dismesse ed indicando la tipologia di materiale estratto.
Per quanto anticipato, ogni informazione ritenuta utile al fine della caratterizzazione dell’attività estrattiva, è confluita nelle schede della banca dati e nel sistema informativo territoriale precedentemente citato. Il sistema informativo compilato, formato dall’insieme cartografico e dalla banca dati, può costituire il catasto aggiornato delle cave presenti su tutto il territorio e garantisce una gestione ottimale in tempo reale delle attività estrattive.
LE CAVE ATTIVE SUL TERRITORIO REGIONALE, SECONDO L’ELENCO FORNITO
DAL CO.RE.MI., AGGIORNATO AL 04.12.2000, SONO IN NUMERO DI 530. NEGLI
ALLEGATI A÷I AL VOLUME 2 SONO RIPORTATI GLI ELENCHI DELLE CAVE ATTIVE
SICILIANE SUDDIVISI PER PROVINCIA. PER OGNI CAVA SONO INDICATI I DATI
AMMINISTRATIVI, IL TIPO DI MATERIALE ESTRATTO E LA DISTINZIONE TRA
MATERIALE DI CAVA E DI PREGIO SULLA BASE DELLA L.R. 127/80 E SUCCESSIVE
INTEGRAZIONI.
I dati raccolti rappresentano la base per gli studi successivi e sono serviti per condurre una serie di
elaborazioni finalizzate a caratterizzare il sistema produttivo siciliano.
Le prime elaborazioni hanno tenuto conto delle caratteristiche generali dell’attività estrattiva siciliana ed
hanno trattato, specificamente:
- la distribuzione delle attività estrattive sul territorio distinte tra materiali di cava e materiali di
pregio;
- la ripartizione delle cave attive suddivise per categoria di materiale estratto;
- il numero di cave, per ogni categoria di materiale, in funzione della superficie autorizzata delle
stesse;
- la distribuzione del personale impiegato nelle aziende per ogni provincia relativamente a tutte le
categorie di materiale estratto suddivise in materiali di cava e materiali di pregio;
- la distribuzione degli addetti impiegati in azienda suddivisi per provincia.
Ulteriori elaborazioni sono state invece condotte con riferimento ai singoli settori produttivi. In tali elaborazioni sono stati esaminati:
- la distribuzione delle cave;
- le principali procedure di lavorazione e di trasformazione della materia prima estratta e i suoi
principali settori di impiego;
- i volumi totali medi annui autorizzati per ogni singola provincia.
Dagli elenchi CO.RE.MI., alla data 4.12.2000, le cave dismesse sul territorio regionale sono state
valutate pari a 691. Negli allegati L-T del volume 2, sono riportati gli elenchi delle cave dismesse
siciliane suddivise per provincia. In questi elenchi vengono inoltre forniti i dati amministrativi, il tipo di
materiale che veniva estratto e la suddivisione tra materiale di pregio e di cava. Sulla base di tali dati,
forniti dal CO.RE.MI, sono state effettuate opportune elaborazioni riguardanti la distribuzione delle
attività estrattive del passato sul territorio, distinte tra materiali di cava e materiali di pregio, e il
confronto tra queste e quelle delle cave attive.
Vincoli territoriali (volume 3°)
L'individuazione dei vincoli gravanti sul territorio regionale siciliano ha rappresentato un momento
fondamentale nella pianificazione dell'attività estrattiva, anche in considerazione del particolare e
sempre più crescente interesse pubblico sulle problematiche ambientali.
Per tale studio si è partiti dalla raccolta e catalogazione dei vincoli esistenti sul territorio, vincoli
certamente non tutti assoluti, ma imposti al fine della tutela dei relativi aspetti.
Successivamente si è passati alla loro disamina, per ricavarne il quadro delle limitazione imposte alla
trasformazione del territorio.
I vincoli presi in considerazione sono stati quelli imposti a tutela di aspetti le cui sfere vengono ad
interferire con le attività estrattive, laddove queste ultime tendono alla modifica non solo del loro
equilibrio interno, ma dell'equilibrio di tutto il sistema.
Si è pertanto eseguita un'individuazione, in tale logica, di tutti i vincoli sul territorio, sia di quelli imposti
da leggi, che di quelli da individuare come tali in quanto appartenenti a sfere che si intersecano con
quelle dell'attività estrattiva.
Nel Vol.3, dedicato appunto allo studio dei vincoli, sono stati presentati quelli operanti ope-legis; i
vincoli ritenuti, invece, “vincoli di fatto”, sono stati presi in esame nell’ambito della caratterizzazione
delle aree estrattive e sono risultati condizionanti per le scelte di fondo relative alla pianificazione delle
stesse.
Numerosi sono i vincoli imposti da leggi specifiche di livello statale e regionale; i principali,
appositamente indagati, sono stati riportati nell’elenco che segue:
Vincoli paesaggistici e territoriali imposti dalle leggi vigenti:
- vincolo archeologico ex lege N° 1089 del 01/06/39;
- vincolo ex lege N° 1497 del 29/06/39;
- vincolo ex lege N° 3267 del 30/12/23 e forestale;
- vincolo generale di cui all'art. 1 della L.S. 08/08/85 N°431;
- L.R. 30 Aprile 1991, n.15
- vincolo connesso agli usi civici;
- vincoli connessi alle aree protette o comunque alle aree naturalistiche rilevanti.
Allo scopo di acquisire i vincoli imposti ai sensi delle suddette leggi sono stati individuati gli enti,
competenti per territorio, che potessero fornire informazioni in merito, nonché le specifiche indagini già
effettuate da altre Amministrazioni.
Tale ricerca ha consentito di acquisire l'elenco degli immobili e delle aree vincolate, compresa la relativa
cartografia, ed ha permesso l'ubicazione delle aree soggette a vincolo o per le quali vi è una proposta per
l'imposizione di un vincolo, o comunque di una limitazione all’uso del territorio. Le ubicazioni sono
state effettuate su cartografia IGM, in opportuna scala.
La continua evoluzione dell’assetto vincolistico del territorio regionale ha reso necessario, al fine di
ottenere una visibilità completa del problema, il continuo aggiornamento della banca dati; la raccolta
infatti è stata spinta fino alla data del Dicembre 2000 presso i vari uffici competenti.
In particolare, si fa riferimento alle aree assoggettate al vincolo imposto dalla L. 1497 del 29/06/1939,
posto a tutela delle Bellezze Naturali, per le quali si è proceduto alla raccolta, presso il competente
Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali, dei Decreti che ne modificano l’estensione e ne
determinano le nuove perimetrazioni. I dati acquisiti sono stati trasferiti nella relativa cartografia.
Differente invece è stato l’approccio seguito per l’aggiornamento dell’elenco dei siti e delle aree
vincolate ai sensi della Legge n. 1089 del 1/06/1939 che tutela le “Cose di interesse artistico e storico”.
Per questo specifico settore l’aggiornamento è stato eseguito presso lo stesso Assesorato ai Beni
Culturali e presso le varie Soprintendenze Provinciali; sono stati raccolti, nonostante le reticenze e le
lungaggini degli Uffici competenti, forse giustificabili in virtù della delicatezza della materia in oggetto
e di un certo sovraccarico di lavoro, tutti i decreti Assessoriali e Ministeriali che individuano le aree ed i
siti di interesse. In un apposito elenco è stata fornita la precisa indicazione degli estremi del decreto che
individua il sito, la descrizione, l’ubicazione generica dello stesso e le sue caratteristiche.
Si è inoltre provveduto, presso la biblioteca regionale di Palermo, all’acquisizione aggiornata dei decreti
istitutivi riserve e parchi regionali.
Passo successivo e determinante dello studio eseguito, è stato quello di analizzare i singoli vincoli per
definire le eventuali limitazioni che gli stessi determinano per l’attività estrattiva.
Si è così pervenuti, come ampiamente descritto nel Vol.3, alla definizione sia dei vincoli ritenuti
compatibili che di quelli invece incompatibili, con l’attività estrattiva. Talvolta, l’incompatibilità di un
vincolo non è stata ritenuta assoluta considerando, infatti, l’esistenza dello stesso solo limitante l’attività
di cava, resa comunque possibile pur con le dovute cautele che la presenza dello stesso vincolo impone.
Allo scopo di delimitare aree di particolare vocazione e destinazione urbanistica, scaturite da studi comunali o sovracomunali, si è cercato, altresì, di esaminare quanto previsto negli strumenti urbanistici locali. Altro approfondito studio sui vincoli si è espletato, quindi, esaminando i vincoli e le limitazioni all’uso del territorio imposti dagli strumenti urbanistici.
Il piano di lavoro per tale specifico aspetto, ha previsto un’indagine per individuare, per i comuni che
presentano aree di interesse estrattivo, i piani urbanistici vigenti, la data ed il decreto di approvazione
degli stessi, gli eventuali parchi regionali e riserve naturali ricadenti nei territori comunali interessati,
nonché i relativi provvedimenti di approvazione.
E’ quindi stata condotta una verifica dello stato delle procedure di revisione dei piani adottati o in via di
adozione.
Ogni singolo piano è stato preso in esame nella sua globalità, individuando gli elaborati (tavole,
relazioni, ecc.) indispensabili per l’acquisizione dei dati utili al raggiungimento dell’obiettivo del lavoro.
Sono stati, poi, visionati, analizzati ed eventualmente richiesti in fotocopia per gli approfondimenti, laddove necessario, i regolamenti edilizi e gli stralci delle norme tecniche di attuazione dei singoli piani,
tranne i casi in cui vi fosse una dichiarata irreperibilità del materiale da parte degli uffici competenti.
Le principali difficoltà incontrate, in tale fase di lavoro, sono state connesse alla vastità del materiale da raccogliere ai fini dello studio e degli approfondimenti necessari.
Aspetti socio-economici (volume 4°)
L’elaborazione dello Schema di Piano dei materiali di cava è risultata strettamente collegata all’analisi socio - economica sull’attività estrattiva della Regione Sicilia e sull’applicazione che tali materiali hanno nel mercato locale.
Particolare interesse è stato rivolto alla richiesta di mercato che risulta diversa in funzione del tipo di materiale che viene estratto; il materiale di cava è strettamente legato al mercato provinciale e solo eccezionalmente il suo raggio di utenza supera alcune decine di chilometri.
I dati raccolti e le fonti a cui si è attinto vertono su due rami paralleli: la produzione in cava e la richiesta del mercato.
I dati statistici minerari complessivi sono stati raccolti presso gli uffici del CO.RE.MI. nei distretti di Palermo, Caltanissetta e Catania. Oggetto di studio è stato il decennio 1990/1999, relativamente alla produzione annua dei giacimenti sfruttati, suddivisi per classe di materia prima estratta.
Le fonti per effettuare lo studio di mercato dei materiali lapidei di cava sono state ricercate nel settore delle opere civili e industriali, nonché in quello dell’edilizia pubblica e privata locale. A tal fine sono stati raccolti presso l’ufficio ISTAT di Palermo, per l’ultimo decennio disponibile:
• i dati regionali e provinciali relativi alle opere pubbliche
• i dati provinciali e comunali relativi all’edilizia privata.
Per poter prevedere lo sviluppo dei settori di utilizzo nel prossimo futuro, a parte gli specifici studi di settore, si sono acquisiti i piani triennali delle opere pubbliche di tutte le province e di un campione significativo di Comuni, nel triennio 2000/2002.
Le informazioni presenti nei Piani Triennali e nei computi metrici da noi consultati per settori costruttivi, sono serviti per tarare sia le percentuali d’incidenza sia i coefficienti tecnici di assorbimento che collegano la produzione delle materie prime con il settore delle costruzioni.
Per completare il quadro conoscitivo del settore delle opere pubbliche è stato contattato l’ente delle Ferrovie dello Stato S.p.a., il Genio Civile – Opere Marittime e l’ANAS, ma non tutti hanno esaurientemente risposto.
L’obiettivo dello studio è stato di mettere in relazione i dati relativi al settore delle costruzioni con i dati relativi ai settore di produzione delle materie prime.
Nello svolgimento dello studio socio – economico, gli strumenti solitamente utilizzati nella metodologia di analisi derivano principalmente dai contributi di studi paralleli svolti nel settore dell’economia
industriale, in cui gli operatori sono anche supportati da analisi statistiche ed econometriche.
La struttura metodologica dell’analisi si basa sul contributo fondamentale degli economisti industriali
della scuola di Harvard ai quali è riconducibile il modello “struttura-comportamento-risultati “.
Al fine di descrivere il settore di studio si è ritenuto necessario inquadrare, preliminarmente, l’economia siciliana nel suo complesso e nei confronti dell’ambito nazionale, attraverso l’analisi del prodotto interno lordo, dei consumi, dell’occupazione e della numerosità imprenditoriale per settori e comparti di produzione individuando le differenze di sviluppo tra i diversi settori dell’economia regionale. A tal fine sono stati presi a riferimento gli ultimi dati ufficiali disponibili e derivanti dal Censimento ISTAT ’91 e dal Censimento Intermedio dell’Industria e dei Servizi ISTAT ’96, da rilevamenti ISTAT del 1999, di fonte Unioncamere, Istituto Tagliacarne, Regione Sicilia e Ministero Industria Commercio ed Artigianato.
In tal modo è stato possibile individuare, rispetto all’ultimo decennio, le tendenze di sviluppo economico nel suo complesso. I dati nazionali disponibili sono stati analizzati per ricavarne estrapolazioni utili a descrivere la regione Sicilia.
Ai fini della prima parte, cioè l’impostazione generale del presente studio, appare opportuno non operare una distinzione netta tra materiali di cava e materiali di pregio, essendo notevoli, con riguardo agli aspetti economici, le interferenze tra le due tipologie di materiali.
Inoltre i dati di produzione sono stati trattati, in un primo momento, per singolo materiale ed in un secondo momento accorpati in classi omogenee di materiali, al fine di poterli mettere più agevolmente in relazione con l’andamento del settore delle costruzioni, considerato lo sbocco più significativo degli stessi. Le classi considerate sono le seguenti:
CLASSI DI MATERIALI DI PREGIO
Cm + Lt + Q + Ab (calcare lucidabile + lava da taglio + quarzarenite + alabastro)
Lf (lava per frantumazione )
Cl (calcarenite)
4.P (pomice)
CLASSI DI MATERIALI DI CAVA
C + D + Sc + Ss + Sga (calcare + calcare domitico e dolomia + sabbia calcarea + sabbia silicea + sabbia e ghiaia alluvionali)
Ar + Q + R + Tv + Mr + Cl (arenaria + quarzarenite + rosticci di zolfo + tufo vulcanico + marna + calcarenite + metamorfiti)
G (gesso)
CL (calcarenite)
A (argilla)
Ccm (cave di calcare, sabbia, marna, calcareniti, argilla, ecc impiegate nella produzione di cementi)
Si è ravvisata tuttavia l’opportunità di escludere dallo studio alcune delle classi di materiali perchè non sono strettamente correlabili o facilmente quantificabili con il settore delle costruzioni (Pomici, Arenarie, gli inerti della classe 2C, le marne e le calcareniti). Per queste materie prime si rimanda ad uno specifico studio di settore.
In questa prima parte sono stati, quindi, elaborati i grafici e le tabelle relative alla serie storica sui dati relativi alla produzione. Queste elaborazioni sono state raggruppate per provincia, oltre che per comune e per singola classe di materiale.
Il passo successivo dello studio socio – economico comprende l’elaborazioni sui dati Istat 1988 – 1997 riguardanti gli andamenti dell’edilizia pubblica e privata espressi, rispettivamente, in migliaia di lire ed in volume.
Le elaborazioni delle serie storiche sono costituite da tabelle e grafici divisi per provinzia e per settore di costruzione nel decennio di riferimento.
Dai grafici si evidenzia che pur diminuendo i valori ed i volumi delle opere effettuate nel decennio, sono aumentate le imprese di settore operanti sul territorio. La giustificazione di tale contraddittorietà di risultati dell’ analisi può essere riportata sia ad una probabile diminuzione della dimensione delle stesse imprese sia alla loro proliferazione in aziende di minori dimensioni.
La finalità del lavoro è stata quella di porre a confronto la serie storica dei valori di produzione tratti dalla banca dati del CO.RE.MI. con l’analoga serie derivata dai dati ISTAT riferiti ai settori di utilizzazione più significativi e relativi allo stesso intervallo temporale (anni 1990-1997). Tutto ciò è stato fatto al fine di trarre le necessarie ed opportune considerazioni conclusive sia in merito all’attendibilità delle serie storiche considerate sia in merito alle relative estrapolazioni per il futuro.
Per i confronti delle due serie storiche sono stati considerati i dati ISTAT relativi ai principali settori di utilizzazione ed in particolare quelli relativi alle Opere pubbliche, ai Trasporti e Comunicazioni ed all’Edilizia privata.
Sono stati esclusi i settori di utilizzazione che prevedono impieghi non rilevanti e difficilmente quantificabili di materiali di cava. In particolare non è stato considerato, tra le categorie di analisi, il comparto relativo alle reti tecnologiche. Sono state inoltre escluse le opere più complesse che possono essere considerate facenti parti delle “opere staordinarie” e per queste non si può prevedere un quantitativo medio di inerti nel futuro. Sono stati esclusi dalla trattazione anche i dati ISTAT che si riferiscono alle “Ferrovie ed altre linee di trasporto”, data la difficoltà di ricavare dal relativo importo dei lavori l’incidenza relativa al solo impiego dei materiali di cava. Si è preferito al riguardo assumere, in base alle indicazioni ufficiali fornite dalle Ferrovie dello Stato, un consumo medio annuo costante di inerti.
I dati ISTAT riferiti ai settori di utilizzazione “Opere Pubbliche” e “Trasporti e comunicazioni” sono espressi in valore, mentre quelli relativi all’”Edilizia privata” in metri cubi di edificato. Si è convenuto,
pertanto, di convertire attraverso l’impiego di coefficienti tecnici d’assorbimento (per i dati ISTAT espressi in volume) e di percentuali d’incidenza (per quelli espressi in valore), i dati riferiti ai settori di utilizzazione. La determinazione dei coefficienti ha richiesto un’articolata indagine, che ha utilizzato strumenti diversi tra i quali l’analisi di programmi operativi di cantiere e di computi metrici estimativi. I valori così ricavati sono stati posti a confronto con quelli disponibili in letteratura tecnica.
Impiegando i predetti coefficienti e i prezzi unitari per metro cubo degli inerti (1990-1997) sono stati ricavati distintamente i quantitativi d’inerti che avrebbero trovato impiego nell’Edilizia privata, in quella pubblica e nelle Opere stradali per ogni provincia. I valori in tal modo ricavati sono stati posti a confronto con i corrispondenti dati sulla produzione di materie prime acquisiti presso il CO.RE.MI.
Il confronto tra le due serie di dati, che in linea di principio avrebbero dovuto coincidere, evidenziano sostanziali differenze: i valori delle produzioni secondo i dati CO.RE.MI. sono nella generalità dei casi superiori ai corrispondenti valori stimati indirettamente con i dati ISTAT.
Tale scostamento era atteso e prevedibile in quanto alcuni settori d’utilizzazione sono stati esclusi dagli accorpamenti dei dati ISTAT, sia perché utilizzano modeste quantità di materie prime, sia perché erano state classificate come opere straordinarie.
Le differenze tra le due serie di dati risultano tuttavia superiori alle aspettative, tali da essere verosimilmente addebitabili anche ad altri fattori, quali la sottostima dei dati inerenti i settori di utilizzazione, in ragione dell’incidenza dell’abusivismo edilizio, della risposta incompleta e disomogenea delle Amministrazioni locali, non escludondo, ttra l’altro, errori di compilazione nelle serie dei dati forniti al CO.RE.MI. dagli esercenti.
Comportamento diverso hanno presentato le argille (classe 5.C), nelle quali il coefficiente tecnico di assorbimento è stato ridotto, in quanto le tipologie edilizie fanno localmente impiego, anche in maniera preponderante, di materiali alternativi ai laterizi, quali le calcareniti in conci ed i blocchetti in calcestruzzo. Impiegando i predetti coefficienti sono stati ricavati distintamente i quantitativi di argilla che avrebbero trovato impiego nell’Edilizia privata ed in quella pubblica in ciascuna provincia nel periodo 1990-1997. I valori in tal modo ricavati sono stati posti a confronto con i corrispondenti dati acquisiti presso il CO.RE.MI. Il confronto tra le due serie di dati a scala regionale evidenzia una sostanziale corrispondenza, essendo gli scarti percentuali molto bassi.
Lo studio socio-economico si conclude con l’individuazione del trend relativo al settore della produzione (dati CO.RE.MI.) e del consumo (settore delle costruzioni - ISTAT) che si costruiscono sull’osservazione delle serie storiche ricavate.
Uno studio a parte è stato condotto per la realizzazione del trend sulla produzione regionale di cemento, e per l’esportazione dei materiali di cava.
Nello svolgimento di questa parte del lavoro si osserva la divergenza tra l'intervallo della serie relativa all'estrazione dei materiali (1990-1999) e l'intervallo della serie relativa alle costruzioni (1988-1997).
Occorre precisare che i dati ISTAT sull’industria delle costruzioni sono aggiornati al 1997, mentre i dati CO.RE.MI. sulle produzioni sono aggiornati fino al 1999; inoltre non è stato possibile reperire i dati CO.RE.MI: precedenti al 1990. Pertanto non si è riusciti a costruire le due serie storiche di dati in modo tale che coprissero in maniera omogenea l’intero decennio 1988-1997.
Nel nostro studio, quindi, il trend può stimare con una certa attendibilità, i valori di annualità già
trascorse e con minore attendibilità le annualità future. Per tale motivo si è limitata l'indicazione del
trend al periodo 2002 - 2004, ritenendo ogni ulteriore indicazione, abbastanza aleatoria.
L'osservazione di tutte le serie storiche ha mostrato il tipico andamento ciclico dei fenomeni socio
economici, contraddistinti da fasi di sviluppo, in congiuntura economica favorevole, seguita da
inversioni di tendenza e fasi di stagnazione o recessione, in congiuntura economica sfavorevole.
Nel settore degli impieghi, la ricerca di tendenza di fondo non è immune dagli errori causati dall'elevata
variabilità dell’ammontare delle costruzioni edili nel settore pubblico, che com’è ben noto sono
pesantemente influenzate da un insieme di circostanze non facilmente prevedibili e tra questi
principalmente l’abusivismo.
Calcolare, quindi, un trend in diminuzione non significherà necessariamente che la spesa dovrà
diminuire, piuttosto dovrà essere valutato come indice di una tendenza nel periodo osservato e non una
fedele previsione per il futuro.
A questo punto lo studio è stato rivolto solo a livello di analisi della tendenza dei settori di produzione e
di consumo, tenendo conto che il modello generato ha subito molte esemplificazioni e accorpamenti, e
non risulta idoneo alla previsione puntuale degli ammontari futuri.
L'individuazione delle tendenze di fondo fino al 2004, assunte dai vari fenomeni osservati, si dovranno,
poi, combinare con le considerazioni riguardanti la congiuntura prevedibile fino al 2004, e con le
tendenze relative alla componente ciclica del fenomeno.
E’ importante, in ogni modo, evidenziare che l'economia siciliana è in trend espansivo da ormai cinque
anni, così come si legge su "Rapporti - Mezzoggiorno" de "Il Sole 24 ore" di Lunedì 25 Giugno 2001. La
congiuntura favorevole degli ultimi anni sarebbe, quindi, in grado di "alzare" le tendenze di fondo delle
serie dei dati osservati, specie di quelli con trend al ribasso.
Caratterizzazione dei materiali (volume 5°)
In tale volume, per comprendere meglio la natura dei materiali di cava esistenti e le loro caratteristiche,
in modo da poterne indirizzare gli usi e definire anche aree più idonee al proseguimento delle
coltivazioni, sono stati studiati, per le diverse tipologie di materiali esistenti, le caratteristiche
composizionali e strutturali (analisi chimico-petrografiche) ed alcune caratteristiche tecniche utili a
definire gli impieghi più comuni.
I materiali di cava studiati si riferiscono alle seguenti tipologie:
Calcari, calcari dolomitici e dolomie
Calcareniti non di pregio
Argille non di pregio
Sabbie
Quarzareniti
Gessi
Tufi vulcanici
Lo studio di materiali così eterogenei ha imposto, per la scelta dei campioni, dei criteri generali atti a
garantire la rappresentatività sia territoriale sia qualitativa, senza trascurare, ovviamente, nella
distribuzione areale alcune utilizzazioni legate a fatti tradizionali o dipendenti dall’assenza di prodotti
alternativi.
Conciliare tra di loro questi diversi aspetti per stabilire una strategia valida di campionamento è stato
abbastanza complesso. Di grande aiuto sono state le carte litologiche in scala 1:100.000 che hanno
permesso, anche, di avere un’idea definita realmente degli affioramenti in Sicilia per potere stabilire una
strategia di campionamento. Sono stati raccolti più di 200 campioni sui quali è stata eseguita l’analisi
chimica e petrografica, e quelle analisi tecniche ritenute caratterizzanti in relazione alla tipologia della
roccia. I campioni in molti casi sono stati prelevati da cave attive, in altri da cave dismesse o da
affioramenti oggi non utilizzati.
Il campionamento, pertanto, non ha tenuto conto, in alcuni casi, dell’esistenza dei vincoli presenti a vario
titolo nel territorio per la convinzione che la caratterizzazione dei materiali deve avere la maggiore
rappresentatività possibile in vista anche di utilizzi che possano prescindere dalla modifica in futuro dei
vincoli o dalla possibilità di utilizzare materiali unici per specifici usi , quali ad esempio interventi di
restauro.
Relativamente alla prima categoria di materiale e cioè: calcari, calcari dolomitici e dolomie, sono stati
presi in esame complessivamente 90 campioni, rappresentativi delle differenti unità geologiche,
accorpate secondo i criteri definiti nel volume 1 nelle carte litologiche. La raccolta è avvenuta per lo più
in corrispondenza di cave attive o dismesse e solo in pochi casi in affioramento.
Le rocce interessate dall’attività estrattiva sono principalmente quelle mesozoiche affioranti nei monti
del trapanese, del palermitano, dei Sicani, delle Madonie e in alcune aree dei monti Peloritani; i calcari
evaporitici del Messiniano, diffusi soprattutto nell’area della Sicilia centro–meridionale e i calcari
miocenici dell’altopiano Ibleo. Queste rocce sono prevalentemente destinate alla frantumazione per
ottenere aggregati, di varia granulometria, idonei alla confezione di malte, calcestruzzi e conglomerati
bituminosi. Altre importanti utilizzazioni riguardano la produzione di calce, aerea ed idraulica, e di
cemento.
Le analisi chimiche, relativamente al contenuto di solfati e cloruri idrosolubili hanno evidenziato valori
abbondantemente inferiori a quelli fissati dalle normativa italiana relativa agli aggregati per confezione
di calcestruzzi (UNI 8520 parte 2a), ad eccezione dei calcari evaporitici in cui il tenore di solfati
idrosolubili ammonta, in molti casi, ad oltre 1%. L’analisi chimica di questi ultimi litotipi mostra una
notevole variabilità composizionale anche nell’ambito di campioni raccolti in una medesima località. Tra
i costituenti minori è da rilevare lo stronzio, che può raggiungere anche tenori del 4% e che è legato alla
presenza nella roccia di celestina. Come componenti accessori, oltre la celestina, possono ritrovarsi
anche aragonite, gesso, zolfo e dolomite.
Per quanto riguarda le proprietà tecniche sia i calcari che le dolomie mesozoiche risultano caratterizzati
da una elevato grado di compattezza e da valori di resistenza a compressione generalmente superiori a
1000 Kg/cm2. Nei campioni relativi ai calcari miocenici e ai calcari evaporitci si rileva un
comportamento molto diversificato, sia per quanto riguarda l’assorbimento d’acqua che la resistenza a
compressione.
Lo studio delle calcareniti è stato focalizzato su una selezione di campioni, non solo d’accertata
importanza per l’edilizia storica, ma rappresentativi al massimo della naturale variabilità geolitologica.
Attualmente, infatti, l’estrazione delle calcareniti costituisce una realtà economica di discreto interesse
anche perché sono state previste ed effettuate ulteriori utilizzazioni del materiale per il restauro dei centri
storici.
Per la scelta dei campioni è stata quindi condotta preliminarmente una ricerca documentaria sull’uso storico delle calcareniti, con lo scopo di caratterizzare le varietà litologiche principali in termini d’utilizzo del materiale di cava sia quantitativamente che in funzione del valore architettonico del costruito. In alcune delle aree selezionate per il prelievo di campioni esistono dei vincoli relativamente alle attività estrattive, ma sono stati ugualmente considerate e sdtudiate in quanto le loro caratterisitche possono essere utilizzate come riferimento per altri materiali da impiegare. Non si esclude inoltre che, essendo in molti casi i giacimenti considerati non esauriti, si possa prendere in considerazione la possibilità di attivare, solo ai fini d’interventi di restauro e con opportune precauzioni, qualcuna di
queste cave.
Per quanto riguarda le argille, la campionatura ha preso in esame le principali unità geolitologiche di età
cretacea, tortoniana, pliocenica e plio-pleistocenica, cui fanno parte le argille storicamente ritenute
idonee all’impiego nell’artigianato e nell’industria ceramica, ancora oggi utilizzate per la produzione di
terrecotte e laterizi. La scelta del numero e della tipologia dei campioni da analizzare è stata effettuata
con l’intento di ottenere indicazioni sulle caratteristiche chimiche, mineralogiche e fisiche delle diverse
argille siciliane, in relazione alla variabilità che è possibile riscontrare nell’ambito delle singole unità
geolitologiche. I dati raccolti hanno consentito di dare una valutazione orientativa sulle possibilità
d’impiego delle materie prime argillose. Una prima valutazione è stata effettuata sulla base della
composizione chimica, utilizzando i diagrammi ternari proposti da Sandrolini e Palmonari (1974) e da
Vincenzini e Fiori (1976) che riportano i campi composizionali relativi ai tipici prodotti ceramici
dell’industria italiana quali maioliche, cottoforte e grés. E’ possibile in tal modo notare che le argille
tortoniane e plio - pleistoceniche per la maggior parte dei casi rientrano nel campo delle maioliche o
comunque possono essere ad esso ricondotte con modeste modifiche. Le argille cretacee invece, essendo
caraterizzate da tenori estremamente ridotti in carbonato, sono utilizzabili per la fabbricazione di grès
rosso.
La lavorabilità delle argille in particolare per quanto riguarda il loro comportamento nel processo di foggiatura, relativamente al settore produttivo dei laterizi, è stato valutata mediante la determinazione delle caratteristiche di plasticità con metodo di Atterberg. I dati ottenuti hanno consentito di classificare le argille campionate in tre categorie:
(1) argille impasto, cioè potenzialmente utilizzabili tal quali
(2) argille-base cioè argille che andrebbero addizionate con modeste quantità di materiali complementari con funzione sgrassante, come ad esempio sabbie o argille granulometricamente più grossolane
(3) argille correttive utilizzabili cioè in miscele con argille magre dove costituiscono un 10-30% del totale.
Per quanto concerne la categoria delle sabbie, i campioni sottoposti ad analisi di laboratorio sono stati selezionati in modo da rappresentare le principali unità geolitologiche dalle quali si estraggono detti materiali e cioè: i depositi oligomiocenici del Flysch Numidico; i depositi tortoniani della Formazione Terravechia, i sedimenti pliocenici e pleistocenici, di origine sia marina che eolica, e i sedimenti olocenici dei terrazzi fluviali. In base alla composizione mineralogica si possono distinguere due categorie principali:
(1)sabbie silicee
(2) sabbie silico – carbonitiche.
Le prime, rappresentate dai depositi del Flysch Numidico e dalle sabbie pleistoceniche d’origine eolica,
hanno caratteristiche composizionali e granulometriche idonee per varie utilizzazioni: come inerte, per la confezione di malte, come materia prima complementare d’impasti ceramici con funzione sgrassante, come additivo nell’industria del cemento, per regolarne la composizione o, in qualche caso, come materia prima per la produzione di vetri colorati.
Le sabbie silico – carbonatiche sono costituite oltre che dai carbonati (calcite e/o dolomite), anche de quantità di quarzo e di feldspati in percentuali variabili. A questi componenti si aggiungono anche mica e minerali argillosi, in quantità talvolta accessoria, ma che in alcuni casi possono costituire fino al 18% del sedimento.
Relativamente alle quarzareniti la campionatura ha interessato gli affioramenti più estesi localizzati nell’area delle Madonie e dei Nebrodi. La scelta dei campioni da analizzare è stata effettuata con l’intento di ottenere indicazioni sulle caratteristiche chimiche, mineralogiche e fisico – meccaniche in relazione alla variabilità che è possibile riscontrare tra diversi affioramenti o all’interno del singolo affioramento.
Questa pietra costituisce la compagine muraria degli edifici più antichi in molti centri delle Madonie e dei Nebrodi. In effetti, le caratteristiche meccaniche e di durevolezza nonché le peculiarità cromatiche, rendono, ancora oggi le quarzareniti numidiche particolarmente apprezzate come pietrame per murature di edifici rustici, muri di contenimento e muretti a secco.
Altri impieghi di questo litotipo, sebbene molto limitati, riguardano la realizzazione di sculture e manufatti di arredo architettonico e come pietra da mola. I risultati relativi alle determinazioni delle caratteristiche chimiche e mineralogico – petrografiche mostrano una composizione essenzialmente costituita da granuli di quarzo, di forma sia angolosa che arrotondata, legati da cemento di natura silicea, e raramente calcitico. La struttura è sempre compatta; talvolta tra i granuli si nota una scarsa matrice di natura cloritica e/o argillosa; mentre frequenti sono le impregnazioni di ossidi di ferro.
Le caratteristiche di resistenza meccanica risultano estremamente variabili principalmente a causa della presenza nella rocce di microfessure di origine tettonica.
In ogni caso, nei litotipi sani, caratterizzati da una grana fine ed omogenea, utilizzati come pietra da costruzione, si possono raggiungere valori di resistenza meccanica superiori ai 1000 Kg/cm2.
Nell’ambito dei gessi siciliani la varietà litologica prevalentemente cavata è quella macrocristallina nota come selenite. La selenite costituisce la materia prima dalla quale si preparano i prodotti calcinati, parzialmente o totalmente disidratati. Il prodotto maggiormente commercializzato è il gesso emidrato, ottenuto per cottura del minerale a temperatura inferiore a 180°C circa, a vario grado di macinazione in funzione della destinazione d’uso. Inoltre il gesso selenitico tal quale, dopo idonea macinazione, si utilizza nell’industria del cemento come aggiunta al clinker per regolarne la velocità di presa.
La scelta della selenite come pietra da gesso è dovuta alla particolare purezza del minerale; infatti, com’è
noto, la presenza di carbonati, minerali argillosi o sostanza organica, può provocare modificazioni anche
notevoli nell’abito cristallino del gesso idratato dando origine ad una diversa tessitura del prodotto
indurito con riduzione anche rilevante delle caratteristiche meccaniche.
Le analisi hanno interessato complessivamente campioni prelevati in corrispondenza di cave, attive e
dismesse, o aree di particolare interesse attualmente sfruttate. Ovviamente, sono stati prelevati ed
esaminati campioni che possono avere interesse industriale, scartando a priori tutti quelli che mostrano
notevoli impurità con presenza di minerali argillosi o residui insolubili di una certa significatività. Le
percentuali di residuo insolubile, variano da un minimo di 2% ad un massimo di 5% e sono da attribuire
prevalentemente alla presenza di impurezze di natura argillosa.
Per quanto riguarda la categoria dei tufi vulcanici i materiali esaminati sono i depositi submarini plio-
pleistocenici dell’area di Palagonia. Il materiale cavato è commercializzato prevalentemente come misto
granulare utilizzato prevalentemente per la costruzione delle strade. La presenza di zeoliti nei tufi fa
intravedere anche una possibile utilizzazione per scopi industriali, legata alle proprietà di questi minerali;
in questo senso sono tuttora in corso alcune ricerche.
Tenendo conto della variabilità litologica riscontrabile nell’ambito della formazione, sono stati esaminati cinque campioni. La roccia risulta costituita da frammenti di vetro basaltico legati insieme da un cemento di natura carbonatica e/o zeolitica. La fase vetrosa ha una struttura fortemente vacuolare e mostra i caratteri tipici della alterazione “palagonitica”.
L’analisi diffrattometrica ha evidenziato la presenza, nei campioni esaminati, di zeoliti del tipo phillipsite, chabasite o analcime in associazione con smectite e variabili quantità di calcite.
Le analisi chimiche in particolare mostrano una composizione, nel complesso, riconducibile a quella di una roccia basaltica ma con un elevato contenuto di acqua. In definitiva dall’insieme delle caratteristiche chimiche e mineralogiche, appare giustificabile che l’utilizzazione commerciale di questi depositi vulcanoclastici sia prevalentemente limitata ad opere di sottofondo stradale. Infatti, si tratta di materiali di scadenti caratteristiche meccaniche e chimicamente non inerti in quanto, a contatto con l’acqua, cedono ioni alcalini che possono portare alla formazione di sali solubili, dannosi per i materiali lapidei porosi impiegati nelle costruzioni.
E’ altresì da escludere l’utilizzo di questi materiali, contenenti abbondante fase vetrosa, per la confezione di malte idrauliche o di cemento pozzolanico a causa della presenza dei minerali argillosi che, rivestendo la superficie dei granuli, ne impediscono la reazione con la calce. Inoltre, trattandosi di minerali argillosi a reticolo espandibile (smectiti), in presenza di umidità possono dar luogo a rigonfiamenti del materiale in opera.
Aspetti tecnico-minerari ed ambientali (volume 6°)
Il volume di cui si tratta è strutturato in quattro capitoli nell’ambito dei quali vengono trattate, con riferimento agli specifici litotipi di interesse, i seguenti temi:
• Tecnologie estrattive e relative incidenze • Criteri per l’ottimale coltivazione • Smaltimento dei rifiuti dell’attività estrattiva • Criteri per il recupero dei siti estrattivi dismessi
Laddove opportuni vi sono richiami alla documentazione fotografica, elaborato riportato in Appendice
al Piano, ed a riferimenti bibliografici.
Particolare valenza assumono, nell’ambito di uno Schema di Piano dei Materiali di Cava, gli aspetti tecnico-minerari ed ambientali, in relazione alla stretta dipendenza tra le tecniche ed i procedimenti estrattivi e le tematiche connesse ai rischi, di vario tipo, che l’attività comporta, oltre che all’incidenza ambientale della stessa.
Sia con riferimento ai rischi (per la sicurezza e l’igiene dei lavoratori, di stabilità dei fronti di scavo) che ai riflessi ambientali (impatto visivo, alterazione morfologica, rischio di contaminazione delle falde acquifere), è necessario non limitare l’attenzione all’arco temporale impegnato dalle sole fasi estrattive.
Molte delle problematiche in argomento, infatti, trovano riscontro in tempi, anche lunghi, successivi alle lavorazioni in cava; si pensi ai rischi connessi alla stabilità dei fronti di cava ed alla vulnerabilità degli acquiferi, così come agli impatti sul paesaggio.
Diretta conseguenza dei metodi di coltivazione adottati, con riferimento ai singoli litotipi (o ad aggregazioni omogenee degli stessi), risultano pertanto sia i rischi che le incidenze ambientali, nonché le problematiche, tecniche ed economiche, che si riferiscono alle fasi del recupero, indispensabili ovvero opportune, a seconda dei casi.
Il recupero deve intendersi nella accezione più ampia, quale operazione – o meglio complesso di azioni –
mirate a fini diversi, per quanto spesso tra loro complementari. Questi vanno dalla reintegrazione della
cava dismessa nel paesaggio, al fine di annullare o quanto meno ridurne l’impatto visivo, alla messa in
sicurezza dei fronti di scavo, alla mitigazione delle possibili conseguenze sulle acque sotterranee.
Il volume pertanto ripercorre queste problematiche con riferimento a tutti i litotipi di interesse estrattivo
nella Regione Sicilia, affrontandole, caso per caso, con i necessari approfondimenti. La trattazione
peraltro non si limita alla esposizione dei metodi di coltivazione in uso, riportando, da un lato
l’evoluzione delle tecniche nel tempo, dall’altro esponendo, caso per caso, i criteri per l’ottimale
coltivazione.
Questi ultimi assumono particolare rilevanza nell’ambito di un processo mirato alla pianificazione, nella
più ampia accezione del termine, di un comparto così articolato quale quello estrattivo; nel quale sono
intimamente correlate tra loro esigenze di ordine economico (produttività aziendale), sociale (forza
lavoro assorbita) ed ambientale. Uno sviluppo del settore in armonia con l’ambiente e che assicuri
adeguati ritorni agli investimenti, spesso ingenti, che l’attività estrattiva richiede, impone, unitamente a
restrizioni (vincoli territoriali e specifiche disposizioni di legge), la ricerca di adeguate tecnologie, tanto
di estrazione quanto di successiva lavorazione e trasformazione della materia prima. Al pari di altre
attività, anche per quella estrattiva una continuità nel solco della tradizione necessita aggiornamenti
tecnologici che consentano, insieme ad adeguate tecniche di marketing, la presentazione dei prodotti su
mercati sempre più vasti ed esigenti. A quest’ultimo riguardo nel volume la trattazione tocca anche le
problematiche relative alla qualificazione ed alla ottimale destinazione dei materiali estratti (aspetti
merceologici), per quanto una più specifica trattazione di questi argomenti, segnatamente in merito alla
caratterizzazione tecnica degli stessi, trovi più ampio spazio nel volume 5.
Altro argomento affrontato nel volume, nell’armonico contesto delle altre problematiche dinanzi
richiamate, è quello dello smaltimento dei rifiuti dell’attività estrattiva. La tematica è evidentemente
strettamente rapportata sia ai metodi di coltivazione (in uso attualmente e nel passato) che all’impatto,
soprattutto visivo, che comportano ed è affrontata partendo dalla produzione degli scarti nei comparti
estrattivi che interessano i litotipi maggiormente interessati al problema, per concludersi con indicazioni
relative al recupero produttivo degli stessi scarti.
Individuazione delle aree suscettibili di attività estrattiva (volume 7°)
Nello studio condotto per l’individuazione delle aree suscettibili di attività estrattiva, il punto di partenza del lavoro è consistito nell’acquisizione delle ubicazioni delle cave e nella redazione della relativa cartografia di piano che hanno consentito una valutazione sulla distribuzione dell’attività estrattiva sul territorio.
Quello che è emerso è che tale distribuzione delle attività di cava, sia attuali che pregresse, risulta, sul
territorio siciliano, piuttosto diffusa e uniforme.
Momento successivo dello studio, è stato quello relativo alla ”Individuazione delle aree”.
Il punto 3) della Fase II dello “Schema di Piano dei materiali di cava “ e dello “Schema di Piano dei
materiali lapidei di pregio”, prevede infatti “l’individuazione delle aree interessate da attività estrattive
nel passato ai fini delle ulteriori analisi sulle possibilità di ripristino delle attività, sul recupero
ambientale con specifico riferimento a quelle aree in cui la concentrazione dell’attività estrattiva ha
provocato un significativo degrado ambientale e paesaggistico”.
Al fine di assolvere a tale compito è stato ritenuto necessario fare un censimento direttamente sul
territorio, il più esaustivo possibile, che consentisse l’individuazione di tutte le aree interessate da attività
estrattiva nella regione oltre a quelle ufficialmente note.
A tal fine sono state esaminate le ortofotocarte, in scala 1:25.000, con la finalità di identificare la
presenza non solo di aree estrattive nelle quali viene attualmente coltivato un giacimento, ma di
individuare aree degradate a causa d’attività pregresse.
L’analisi condotta attraverso le ortofotocarte, ha evidenziato una realtà estrattiva alquanto più complessa
e diffusa di quella emersa dalle ubicazioni delle cave ufficialmente censite.
Sono state infatti individuate sul territorio regionale numerose aree caratterizzate dalla presenza di in
elevato numero di cave.
Sono state , pertanto, distinte aree con cave attive o dismesse e aree generiche dove esiste una
escavazione telerilevata. Queste ultime, nelle fasi successive dello studio, sono state caratterizzate ed è
stato quindi possibile distinguere quali in attività, anche se non ufficialmente regolamentate (es. cave ex
art.4) e quali costituenti reale degrado (aree da sottoporre a piani di recupero).
Oltre al rilevamento di una massiccia presenza di cave singole che hanno concorso, insieme a quelle già
ubicate, a confermare la distribuzione su tutto il territorio dell’attività estrattiva anche nel passato, anzi
nel passato più sviluppata, è emersa la presenza di un alto numero di aree, più o meno vaste, definibili
come veri e propri comprensori.
La maggior parte dei comprensori evidenziati includono cave sia attive che dismesse, oltre che aree di
attività estrattiva non ufficialmente censita.
In questo tipo di comprensorio l’attenzione è stata principalmente riposta sulla possibilità di
ampliamento dell’attività esistente.
Sono stati comunque anche rilevati siti in cui vi è solo attività dismessa o non regolamentata. Molti di
questi siti includono esclusivamente cave non censite dal CO.RE.MI.
La finalità dello studio, in tale caso, è stata prioritariamente mirata al recupero del sito con particolare
attenzione a quelle aree di importanza ambientale e valenza paesaggistica.
Dopo l’esame delle ortofotocarte, il passo successivo è stato quello di individuare i criteri che
consentissero di definire le aree maggiormente interessate da attività estrattiva, sia attuale che passata.
Sul territorio siciliano, ad eccezione di poche aree, come quelle del trapanese (bacino marmifero di
Custonaci e area delle “calcareniti di Marsala”) e del catanese (bacino della lava da taglio), non è
possibile individuare dei veri e propri poli estrattivi ma piuttosto si osserva la presenza di comprensori
più o meno piccoli dispersi sul territorio, ed una diffusa presenza di singole cave distribuite in maniera
pressoché uniforme.
Tra l’altro tali aree a vocazione estrattiva sono per lo più di tipo misto ed infatti al loro interno vengono
estratti sia materiali di pregio che di cava e, nell’ambito di questi, sono rappresentati diversi settori
produttivi.
Al fine di individuare aree di interesse estrattivo, sulle quali condurre uno studio di dettaglio, sono stati
discussi dei criteri che consentissero comunque l’individuazione di porzioni di territorio maggiormente
interessate dalle attività di estrazione.
Il criterio utilizzato per la individuazione delle aree, si è basato in primo luogo sull’osservazione della
presenza di siti di cava in attività che fossero concentrati in un intorno ragionevolmente ristretto;
successivamente è stata valutata, nell’intorno, la presenza di siti di cava ormai dismessi ed infine è stata
presa in considerazione la litologia e le caratteristiche geologiche delle zone considerate. E’ emerso, fra
le altre cose, che le cave dismesse sono nella maggior parte dei casi concentrati nelle stesse aree nelle
quali attualmente si effettua l’attività estrattiva.
Le cave dismesse sono state prese in considerazione per il fatto che possono rappresentare siti nei quali è
possibile prevedere, in presenza di specifiche e particolari necessità, il ripristino del l’attività estrattiva.
All’interno delle aree di interesse sono stati, anche, inclusi quei siti estrattivi emersi dallo studio delle
ortofotocarte e da rilievi sul campo, che presentavano almeno le caratteristiche di comprensori; in
alcuni casi, gli stessi siti sono stati autonomamente considerati come aree di studio per problematiche
connesse con il ripristino ambientale, soprattutto in aree di notevole pregio paesaggistico.
Individuata la generica area di primo interesse ne sono stati definiti i confini, ancora una volta attraverso
l’elaborazione di oggettivi criteri di valutazione.
Il criterio principe è stato individuato nella presenza del litotipo, o dei litotipi, di interesse estrattivo, e
spesso il confine dell’area è stato esteso fino a farlo coincidere con lo stesso limite litologico; ciò per il
fatto che all’interno di queste aree potrebbe essere necessario in futuro prevedere anche il
potenziamento dell’attività estrattiva, in relazione alle richieste di mercato.
Tutte le valutazioni precedentemente esposte hanno permesso di inquadrare l’attività di cava in 68 aree
e sub-aree di primo interesse, più o meno estese, alcune delle quali individuate semplicemente come aree
degradate per la presenza di siti di attività estrattiva passata o non regolamentata. All’interno delle aree
scelte con i criteri sopra descritti, ricade la maggior parte delle attività censite negli elenchi ufficiali:
circa il 70% delle cave attive, e il 70% di quelle dismesse.
La scelta delle aree di interesse, fatta adottando i criteri esposti precedentemente, ha rappresentato un
momento importante nella realizzazione degli schemi di Piano; all’interno delle stesse aree, infatti,
compatibilmente con le verifiche ambientali effettuate, ed in base ai risultati dello studio condotto, si
sono individuate ulteriori aree, spesso più di una, con caratteristiche che le rendono idonee
all’espansione dell’attività estrattiva stessa e che quindi sono da considerarsi a tutte gli effetti “aree
estrattive”.
Lo studio che è stato condotto su ogni singola area è stato, quindi, finalizzato alla valutazione di tutti gli
aspetti reputati di interesse ed in qualche modo connessi con l’attività di estrazione.
I dati acquisiti durante la fase di studio sono organizzati in apposite monografie (cfr.All.1-9 al Vol.7)
attraverso le quali si è inteso fornire un quadro quanto più esaustivo possibile delle caratteristiche di
ciascuna area; in ogni monografia vengono trattati gli argomenti di seguito riportati:
- Aspetti geologici
- Aspetti geomorfologici
- Aspetti idrogeologici
- Aspetti naturalistici
- Aspetti urbanistici e rapporti con la pianificazione esistente
- Rapporti con i vincoli paesaggistici e territoriali
- Indicazioni sulle caratteristiche dell’attività estrattiva nel sito di studio e aspetti tecnico-minerari
specifici
- Presentazione ed analisi delle infrastrutture viarie
Le aree studiate, come già accennato, hanno rappresentato quindi aree di primo interesse; lo studio
conoscitivo è stato condotto su tutta la superficie delle stesse.
Per la definizione, nell’ambito di una singola area, di porzioni all’interno delle quali sia possibile
prevedere l’espansione e il potenziamento dell’attività estrattiva, si è proceduto all’introduzione di filtri,
primo fra tutti quello determinato dalla presenza di vincoli territoriali (rappresentati dall’insieme di
vincoli ambientali e paesaggistici e da quelli imposti dalla pianificazione urbanistica del territorio), oltre
che a valutazioni sulla litologia e sulle potenzialità dei giacimenti.
Strategico è stato l’utilizzo del Sistema Informativo a tale scopo predisposto dal RTI e finalizzato alla
gestiona dei dati per la elaborazione della cartografia presentata, che ha consentito di utilizzare la
metodologia Map Overlay per l’intero studio. In questo modo la valutazione e gli studi ambientali
eseguiti hanno avuto un carattere di grande oggettività.
Al di fuori delle aree di primo interesse rimane, comunque, come si è detto, una significativa percentuale
delle cave presenti sul territorio.
In particolare, al di fuori delle aree di interesse ricade all’incirca il 33% delle attività regolarmente
censite negli elenchi del CO.RE.MI., sia attive che dismesse, per un totale di 167 siti di cave attive.
Volendo includere sia le cave attive che quelle dismesse (230), i siti che ricadono fuori dalle aree di
primo interesse e studio individuate sono pari a 397.
In ogni caso appare evidente che le attività estrattive esterne alle aree di primo interesse non potevano
essere ignorate, poiché si è consci che tra queste sono presenti anche delle realtà importanti, che
costituiscono un valido supporto alle economie provinciali e Regionale.
Su queste singole realtà infatti si è svolto uno studio di dettaglio finalizzato al loro inquadramento in un
contesto più ampio, almeno provinciale, che ha tenuto conto delle produzioni in funzione dei fabbisogni
del mercato e della economicità dell’attività di estrazione.
Tale studio ha consentito l’inserimento o meno di queste attività estrattive esterne in ulteriori aree
estrattive, così come riportato nelle carte di piano presentate in allegato alla relazione generale.
Pianificazione del comparto estrattivo obiettivi e strategie della pianificazione del comparto estrattivo
Premessa
Gli obiettivi che la pianificazione delle attività estrattive dei materiali di cava in Sicilia deve conseguire,
discendono dalle seguenti esigenze e sono fissate dal Legislatore con la normativa regionale di settore:
1. Individuare le aree che, in relazione alle caratteristiche di qualità, quantità ed ubicazione dei
giacimenti di cava in esse compresi, sono suscettibili di attività estrattiva funzionale allo sviluppo socio-
economico regionale per l'arco temporale della vigenza del piano.
2. Stabilire i vincoli specifici cui dovranno essere assoggettate le attività di cava.
Nella loro articolazione puntuale, si può rilevare che gli obiettivi sono in parte espressamente enunciati
nella legge istitutiva, in parte discendono dalle problematiche connesse alla salvaguardia ambientale e
alla sicurezza.
Infatti gli obiettivi sono espressamente enunciati quando si parla di valorizzazione delle risorse estrattive
che, in dipendenza delle caratteristiche giacimentologiche e dell'ubicazione, possono dar luogo ad
attività di interesse a tipologia industriale. Sono indirettamente richiamati quando si fa riferimento alla
necessità di salvaguardare le vocazioni naturalistiche e/o le valenze culturali dei siti in presenza delle
trasformazioni irreversibili che l'attività estrattiva comporta. Altre volte si collegano all'interesse
prioritario della salvaguardia della salute e della sicurezza degli addetti e pertanto si traducono
nell'abbattimento del grado di rischio relativo. In altre circostanze, infine, gli stessi obiettivi emergono
da un esame puramente tecnico dell'attività estrattiva, come quello di non pregiudicare la stabilità delle
aree interessate, di non innescare fenomeni di erosione progressiva e di non compromettere il riuso del
territorio per fruizioni naturalistiche, culturali, ludiche, ecc., o per scopi produttivi.
Da questi obiettivi principali ne derivano altri subordinati. Dalla linea di indirizzo già individuata dalla
legge, e che prevede la concentrazione dell'attività estrattiva in aree vocate, discende la necessità di
introdurre strumenti necessari per una corretta gestione dei bacini estrattivi e per l'individuazione di
criteri, sia amministrativi che tecnici, da adottare per trarre dallo strumento di pianificazione il massimo
dei benefici in termini di ottimizzazione dell'economia delle attività.
Sinteticamente possiamo enunciare gli obiettivi della pianificazione come segue:
1 - Individuare i giacimenti di consistenza adeguata alla prevedibile richiesta di mercato secondo
tipologia merceologica;
2 – Offrire disponibilità (offerta alle ditte richiedenti) di aree estrattive interessate da giacimenti di
materiali qualitativamente e quantitativamente adeguati alle rispettive capacità tecnico economiche ed
alle esigenze produttive;
3 – Definire criteri di pianificazione di infrastrutture e servizi comuni e la reperibilità di aree per
impianti di utilizzazione;
4 - Individuare le modalità di coltivazione più idonee, secondo tipologie geogiacimentologiche e di
destinazione del materiale estratto, al fine dell'ottimizzazione del ciclo produttivo e del successivo
recupero ambientale;
5 - Snellire le procedure per l'autorizzazione mineraria, il successivo recupero e l'acquisizione delle aree;
6 - Migliorare la sicurezza e la salute del personale occupato mediante l'introduzione di criteri e clausole
per l'ottimizzazione delle condizioni di sicurezza;
7 - Mitigare l'impatto ambientale, anche nel transitorio, con l'introduzione di linee di indirizzo e criteri
per la conduzione delle nuove attività e il successivo riuso delle aree di cava esaurite o dismesse;
8 - Migliorare qualitativamente la produzione attraverso:
8.a – lo sfruttamento dei giacimenti più idonei alla destinazione del materiale da estrarre e la
destinazione dell'impiego che sia rispondente alle caratteristiche merceologiche del materiale estratto;
8.b – l’utilizzazione dei rifiuti di cava per le destinazioni cui sono idonei.
Strategie del piano
Le strategie per il conseguimento degli obiettivi si imperniano tutte sulla ricostituzione dei caratteri di
efficienza e di attualità della L.R.S. 127/80.
Nella proposta di piano vengono indicate delle linee di indirizzo e dei criteri di gestione. Le linee di
indirizzo definiscono gli strumenti strategici di carattere generale; i criteri di gestione defiiscono invece
gli strumenti tecnico-amministrativi di dettaglio che, nello specifico, consentono di garantire lo
svolgimento delle singole attività in conformità agli obiettivi prefissati.
Le norme attuative su cui si suggerisce di fondare il piano, devono basarsi sulle seguenti linee di
indirizzo:
1 - Concentrazione delle cave in bacini estrattivi
2 - Svincolo della delimitazione dell'area di cava dagli impedimenti dell'assetto catastale e/o proprietario
2.a - Svincolo della disponibilità di gestione delle aree di bacino rispetto agli intralci posti da soggetti
inadempienti.
2.a.1 - Introduzione di strumenti per assicurare, per ogni cava, la definizione e il rispetto del programma
autorizzato e dei relativi ritmi produttivi.
2.a.2 - Introduzione di strumenti per assicurare la decadenza degli esercenti gravemente inadempienti e
l'autorizzazione dell'area ad altri richiedenti.
3 - Economia procedimentale:
3.a - Certezza dei tempi di istruttoria
3.b - Sportello unico
3.c - Competenza esatta
3.d - Disponibilità di aree estrattive corredate di RE.A. e/o V.I.A. globale.
4 - Introduzione di strumenti per la qualificazione e la destinazione congrua del materiale estraibile;
5 - Flessibilità della pianificazione:
5.a - Individuazione di aree estrattive contenenti riserve estraibili adeguate alla curva della richiesta
prevedibile, secondo gradi diversi di attivazione, in dipendenza della variabilità degli scenari;
5.b - Istituzione di un osservatorio della pianificazione per calibrare la gestione delle risorse in tempo reale;
6 - Modalità amministrative di sanatoria delle situazioni di sfruttamento incontrollato del territorio, nel
rispetto dell'economia della gestione, o di cessazione dell'attività.
Nei prossimi paragrafi si esaminano nel dettaglio ciascuna delle linee di indirizzo sopra enunciati.
Concentrazione delle cave in bacini estrattivi
E' la linea di indirizzo fondamentale tracciata dalla legge regionale 127/80 e consiste nella
concentrazione delle cave in bacini estrattivi scelti in funzione della loro vocazione; essa,
tendenzialmente, elimina la polverizzazione delle attività estrattive nel territorio, come anche le ferite
impresse da cave aperte con ubicazione spesso non razionale.
Per vocazione estrattiva di un'area deve intendersi quanto segue:
Esistenza nell'area di un giacimento minerario di 2° categoria avente potenzialità sufficiente ad
alimentare almeno un’azienda estrattiva con attività di dimensione industriale; tale giacimento deve
essere qualitativamente idoneo per ricavare prodotti di caratteristiche merceologiche adeguate alla
destinazione.
Assenza nell'area di vincoli ostativi all'attività estrattiva, tra cui i vincoli archeologici, paesistici, o di
particolare tutela ambientale (ad es. parchi e riserve integrali o orientate).
3.2.2. Svincolo della delimitazione dell'area di cava dagli impedimenti dell'assetto catastale e/o
proprietario
Questo strumento potrebbe evitare fenomeni speculativi sulle aree e consentire di sviluppare ulteriori
potenzialità, anche in relazione alla possibilità di disporre di una più corretta delimitazione dell'area di
cava.
L'attuale realtà estrattiva evidenzia una delimitazione apparentemente casuale delle aree estrattive delle
cave, siano esse attive che cessate, siano autorizzate ai sensi della nuova legge o siano ancora non
soggette a valutazione da parte dell'amministrazione competente.
La conseguenza di questa casualità determina situazioni del tipo seguente:
• Agglomerati di cave separate da aree non coltivate, con conseguente spreco di risorse estrattive e di
consumo del territorio, di ingiustificato appesantimento dell'impatto ambientale, di creazione di
diaframmi di cui è problematica la stabilità nel tempo.
• Attività estrattive sommitali che, anziché spianare completamente la cresta di un rilievo, interessano
un'area estrattiva tanto limitata da creare in cima una fossa deturpante non giustificata da esigenze
giacimentologiche.
• Cave a mezza costa che non sono configurate in modo da assecondare, nello scavo, le linee
morfologiche dominanti del paesaggio.
• Polverizzazione di cave di grande profondità e di piccola superficie, con l'esaltazione dei rischi di
crolli pericolosi anche in fase estrattiva, a causa della tentazione di verticalizzare le pareti al di là dei
limiti accettabili.
La casualità è ovviamente tale solo dal punto di vista puramente tecnico - minerario perché, ad un
esame appena più spinto, emergono immediatamente le ragioni che di fatto spesso determinano
l'estensione della cava - e talvolta persino la sua ubicazione - entro un certo ambito territoriale.
Si rileva, infatti, che i confini dell'area in concessione coincidono con i contorni di una o più particelle
catastali contigue, anche nei casi in cui il giacimento, seppure eventualmente modesto, occupa in tutto o
in parte altre particelle confinanti; la stessa area non tiene conto della morfologia dell'affioramento di
interesse minerario anche se trova, in una sia pur stretta fascia immediatamente circostante, il suo
completamento più consono per un razionale progetto di sfruttamento; uno sfruttamento razionale
porterebbe ad un aumento della resa ed ad una diminuzione dei costi, dei rischi e dell'impatto
ambientale.
Si rileva che lo stesso fenomeno verrebbe percepito come illogico se avessimo a che fare con miniere,
ossia con attività estrattive di minerali di prima categoria.
Eppure oggi l'importanza economica e il valore della risorsa, in termini di reddito prodotto sia
direttamente che nell'indotto, non sempre è inferiore per i minerali di cava rispetto a quelli da miniera.
Si tratta dunque di un criterio inaccettabile sotto il profilo tecnico, ma comprensibilissimo nella pratica,
ove si prendano in considerazione i presupposti giuridici che lo determinano.
Nella legislazione italiana i giacimenti dei materiali da miniera, denominati anche minerali di prima
categoria, rientranti cioè in una categoria cui si riconosce primaria importanza strategica, appartengono
al Demanio Statale. In Sicilia appartengono invece al Demanio Regionale (in base ad apposita
disposizione statutaria).
In quanto tali, la relativa disponibilità è interamente sottratta al proprietario del fondo su cui insistono e
il relativo sfruttamento minerario è accordato con lo strumento della concessione mineraria alla Ditta che
dimostra adeguate capacità tecniche ed economiche, indipendentemente dal fatto che vanti titoli sul
soprassuolo e indipendentemente dal fatto che il proprietario o avente diritto sull'area manifesti anche lui
la volontà di aprirvi una miniera.
In forza del titolo minerario il concessionario della miniera potrà accedere al fondo anche
indipendentemente dalla volontà del legittimo proprietario, a condizione naturalmente di corrispondere a
questo il compenso derivante dall'occupazione del fondo.
Nel caso di minerali di seconda categoria, o di cava, invece, il giacimento è lasciato alla libera
disponibilità del proprietario o dell'avente titolo sul soprassuolo, ma non incondizionatamente.
Nel diritto minerario italiano, infatti, l'esistenza di un giacimento anche di seconda categoria costituisce
uno dei limiti del godimento del fondo su cui esso insiste.
Il limite è sostanzialmente costituito dalla facoltà dell'amministrazione competente di consentire, a colui
che ne faccia richiesta, l'immissione in possesso di un'area a fini estrattivi, anche senza il consenso
dell'avente titolo, nel caso che il legittimo proprietario non abbia volontà, o capacità tecnico economica,
per provvedervi in proprio, e neanche dimostri di acconsentire ad accordarsi con il richiedente medesimo
per cedergli l'uso dell'area necessaria.
Questo principio è stato mantenuto in tutta la legislazione mineraria italiana fin dall'istituzione dello
Stato Unitario, ed è stato conservato anche nella legislazione emanata dalla Regione Siciliana in forza
della potestà legislativa ad essa garantita dal suo Statuto.
In occasione dell'emanazione della L.R.S. 127/80, la procedura amministrativa è stata addirittura
semplificata.
Precedentemente, infatti, la materia era regolamentata dall'art. 61 della L.R.S. 54/56; in tale caso
l'Assessore all'Industria era autorizzato ad accordare l'area in concessione (in tal modo equiparandola a
sede di un giacimento di prima categoria).
La L.R.S. 127/80 dedica maggiore attenzione a quest’aspetto e distingue il materiale comune di cava dal
lapideo di pregio.
Per i materiali comuni, in base all'art. 17, all'Ingegnere Capo del Distretto Minerario compete la facoltà
di accordare l'autorizzazione al richiedente ove questi ne riconosca la ricorrenza degli estremi; ciò può
avvenire anche contro la volontà del titolare dell'area e l’Ingegnere Capo può, inoltre, fissare i criteri per
la determinazione del corrispondente compenso.
Tuttavia, nonostante la chiarezza della normativa, si registrano in Sicilia solo un paio di casi di rilascio
di concessione di minerale di seconda categoria ai sensi dell'art. 61 della LRS 54/56 ed un solo caso di
rilascio di autorizzazione ai sensi dell'art. 17 della L.R.S. 127/80.
La facoltà di estendere l'area di cava alle dimensioni e alla forma adeguata, indipendentemente da
condizionamenti vari, è anche garantita da un principio fondamentale del diritto minerario che è quello
di non consentire rendite parassitarie sull'attività estrattiva.
E’ opportuno garantire questa facoltà di superare i limiti catastali e di proprietà per l’apertura delle cave,
calibrando con attenzione le procedure amministrative, soprattutto dal momento in cui il piano costituirà
lo strumento per individuazione più o meno puntuale dell'ubicazione di una nuova cava.
In tal modo si impediscono i prevedibili meccanismi speculativi sul valore delle aree individuate dal
piano che ne ostacolerebbero l'attuazione.
L'adozione sistematica dello svincolo della delimitazione dell'area estrattiva dalla necessità di seguire
limiti catastali o limiti proprietari, consente invece la libertà di gestire lo sviluppo dell'attività estrattiva
all'interno di ogni bacino.
Non si deve trascurare, in questa logica, che l'emanazione del P.RE.MA.C. e la legittimazione di una
procedura per l'applicazione dell'art. 17, consentirà di meglio utilizzare le risorse finanziarie pubbliche,
laddove ingenti risorse economiche vengono stanziate per l’acquisto di terreni per l’uso estrattivo.
3.2.2a. Svincolo della disponibilità delle aree di bacino dagli impedimenti costituiti da soggetti che ne
ostacolano la gestione
Per assicurare l’attuazione delle previsioni di piano è necessario che la gestione delle aree, destinate
all'attività estrattiva, sia non solo pianificata, ma resa libera da prevedibili impedimenti. Uno di quelli
possibili, è l'occupazione di lotti da parte di soggetti assegnatari che non realizzano i programmi
produttivi per i quali si sono impegnati in sede di richiesta d’autorizzazione mineraria.
Gli strumenti per il superamento di siffatti impedimenti sono individuabili con:
- l’introduzione di strumenti per assicurare, per ogni cava, la definizione e il rispetto del programma
autorizzato e dei relativi ritmi produttivi;
- l’introduzione di strumenti per assicurare la decadenza degli esercenti gravemente inadempienti e
l'autorizzazione per lo sfruttamento dell'area ad altri richiedenti.
Con riferimento ai due strumenti suddetti, si ritiene utile soffermarsi nel dettaglio per alcuni
approfondimenti.
Introduzione di strumenti per assicurare, per ogni cava, la definizione e il rispetto del programma
autorizzato e dei relativi ritmi produttivi.
Ogni progetto di cava, di cui si chiede l'autorizzazione mineraria, dovrà riguardare un'area individuata
all’interno di quelle suscettibili di coltivazione e proposte con il Piano.
Si dovrà delimitare una superficie congrua, sufficiente ed idonea a contenere una riserva di materiale in
posto, ad assicurare la produzione prevista nel periodo di durata dell'autorizzazione, ad assicurare
l'ubicazione degli impianti e degli uffici, a garantire la presenza del deposito del terreno di ricoprimento
dell'area da coltivare, in attesa di riutilizzarlo per il ripristino in corso d'opera. In relazione allo
stoccaggio provvisorio del terreno di copertura, come anche dei residui delle coltivazione, potrà essere
opportuno individuare in uno specifico bacino un'area comune con tale destinazione.
La durata dell'autorizzazione è stabilita dall'Ufficio sulla base di quella richiesta dall’esercente, nonché
in funzione del programma di sfruttamento presentato, salvo le clausole di verifica e la facoltà di
giudizio a seguito di contraddittorio per i chiarimenti necessari.
Utilizzando l'art. 18 della LRS 127/80, si deve prevedere che il programma preventivo annuale, da
presentare ai sensi dell'art. 25, sia corredato di un programma consuntivo dell'anno precedente con
allegati la dichiarazione della produzione conseguita, i rilievi quotati riferiti a punti topografici fissati
stabilmente in sito e i calcoli dei volumi estratti; a questi va aggiunto il conteggio dei volumi in posto, di
quelli destinati alla vendita e di eventuali rifiuti di cava. E’ obbligo dell'ufficio, in caso di discordanze
riscontrate, di disporre accertamenti contabili, documentari e strumentali di verifica e, ove necessario, di
dichiarare la decadenza dell'autorizzazione.
Per supportare il programma di sfruttamento dovrà essere prodotto anche un piano tecnico economico,
che sarà anch'esso oggetto di valutazione da parte degli Uffici.
Per ulteriore garanzia - non solo di rispetto del mantenimento dei ritmi estrattivi cui il richiedente si
impegna in sede di richiesta di autorizzazione, ma di rispetto del programma di coltivazione nel senso
più ampio - la progettazione della cava da autorizzare deve essere programmata in modo da procedere
per lotti sequenziali di durata non superiore al biennio. Nel provvedimento autorizzatorio deve essere
inclusa la clausola che non si può passare al lotto successivo prima di assenso scritto dell'Ufficio, il
quale, per mezzo del Comune, verificherà il rispetto dei ritmi previsti e, con l'occasione, il mantenimento
degli impegni progettuali con riguardo all'assetto generale dei luoghi sotto il profilo ambientale e del
recupero tecnico ambientale della parte esaurita.
Già la norma vigente (art. 12 comma c) prescrive infatti che il progetto deve contenere tra l'altro il
"programma di utilizzazione del giacimento, corredato da planimetrie quotate e sezioni rappresentanti
le progressive fasi di lavorazione, con l'indicazione del materiale da estrarre e del volume della
produzione media annua preventivata, della durata della coltivazione, dei macchinari e delle unità
operative da impiegare, della potenzialità degli impianti di lavorazione e trasformazione dei materiali
estratti, dei mezzi e dei dispositivi da impiegare a tutela della sicurezza delle lavorazioni e della difesa
dell'ambiente, degli impegni finanziari previsti".
I controlli sopra specificati discendono dal contenuto del dettato legislativo vigente. Un adempimento
prescritto, ma spesso non osservato, si rileva nell'obbligo di indicare con planimetrie e sezioni quotate le
progressive fasi della lavorazione. Questo viene assolto, quasi sempre, con l'inutile presentazione di una
sola "sezione di uno stato intermedio", il più delle volte non corredata di planimetria, e spessissimo
assolutamente non significativa e quindi non esplicativa della logica del ciclo lavorativo previsto, né
della progressione degli assetti della cava con il progredire della coltivazione.
Gli adempimenti sopra enunciati aggiungono soltanto (con facoltà concessa dall'art. 18) la clausola di
verifica biennale del rispetto della programmazione autorizzata.
- Introduzione di strumenti per assicurare la decadenza degli esercenti gravemente inadempienti e
l'autorizzazione dell'area ad altri richiedenti.
Utilizzando l'art. 18 della L.R.S. 127/80, si deve prevedere che, in caso di mancato rispetto del
programma di sfruttamento autorizzato riscontrato con la verifica biennale da parte del Comune,
l'Ufficio dichiari la decadenza dell'autorizzazione mineraria. In tal caso la stessa autorizzazione può poi
essere accordarla ad altri richiedenti che si impegnino a proseguire il programma autorizzato con le
eventuali modifiche che venissero apportate o approvate dall'Ufficio.
Il nuovo richiedente, nel caso di utilizzazione di impianti fissi preesistenti, potrà liquidare al precedente
esercente il corrispettivo da determinarsi in separata sede; in ogni caso l’entità di tale liquidazione andrà
valutata dagli Enti Regionali competenti.
Viene così garantita la possibilità di ritirare l'autorizzazione al soggetto inadempiente ed assegnare la
stessa ad altro soggetto: in tal modo è possibile assicurare il raggiungimento dell'obiettivo principale, che
è lo sfruttamento delle aree estrattive secondo la pianificazione prefigurata.
Con clausola da inserire nel provvedimento di autorizzazione potrebbe prevedersi una sanzione in
qualunque momento della fase di regime in cui si registri un rallentamento dell'attività produttiva al di
sotto del 30% rispetto ai valori programmati per un periodo non inferiore a dodici mesi o nel caso di
mancato rispetto del ciclo estrattivo previsto. Ciò comunque non nel caso di crisi strutturali del settore.
Altresì può prevedersi una sanzione con riferimento ad altri parametri. Per quanto attiene l’entità di tale
multa, fermo restando le specifiche competenze dell’Ufficio, si potrebbe pensare alla stessa sanzione già
dettata nel caso di mancato inizio dell'attività entro dodici mesi dalla data dell'autorizzazione.
Infine, utilizzando ancora l'art. 18, occorre che il soggetto, che chiede l'autorizzazione, s’impegni
preliminarmente per iscritto a provvedere - in caso di decadenza dell'autorizzazione mineraria e di
mancato accordo tra le parti per la cessione degli impianti fissi dal vecchio ad eventuale nuovo soggetto
autorizzato successivamente per la stessa area - a sua cura e spese, entro un termine di due mesi dal
rilascio della nuova autorizzazione, ad asportare gli impianti fissi ed i relativi blocchi di fondazione,
ripristinando lo stato originario dei luoghi, ove prescritto, dando facoltà al Comune di eseguire i lavori in
danno.
Questa clausola potrebbe essere espressa in un comma aggiuntivo alla dichiarazione impegnativa del
proprietario del terreno prevista dal 5° comma dell'art. 19 della L.R.S. 127/80, così come modificato
dall'art. 4 della L.R.S. 22/82.
Il contratto di locazione dell'area, che il richiedente deve produrre per dimostrare il suo titolo su di essa,
dovrebbe prevedere la clausola del subingresso nel contratto del nuovo soggetto autorizzato, alle stesse
condizioni dell'atto originario, sia in caso di decadenza o revoca che in caso di subingresso
nell'autorizzazione per atto “inter vivos”.
Nel caso che il proprietario o altro avente titolo sull'area (usufruttuario, ecc.) sia lo stesso richiedente,
sarà egli medesimo a produrre dichiarazione analoga.
3.2.3. Economia procedimentale
Tale linea di indirizzo punta allo snellimento delle procedure preliminari alla richiesta di autorizzazione
mineraria delle cave, procedure che comportano:
la semplificazione della ricerca per le aree ove aprire cave della tipologia di interesse, della
progettazione delle cave da attivare e del dimensionamento tecnico delle aree necessarie a prescindere da
tutti gli ostacoli frapposti oggi dal variegato panorama di suddivisioni catastali e proprietarie;
la ragionevole certezza di poter disporre delle aree necessarie anche per eventuali insediamenti
produttivi derivati;
la conoscenza delle clausole sostanziali dei provvedimenti autorizzatori, ossia dei futuri diritti e
doveri.
Il ripristino del principio dell'economia procedimentale già descritta, comporterà inoltre l'effettiva
certezza dei tempi istruttori previsti dalla legge ed eviterà la duplicazione di istruttorie.
Al fine di garantire lo snellimento cui prima si è fatto cenno, l'Ufficio con il quale si interfaccia una
Ditta che intenda aprire una cava deve essere solo quello preposto a questo ramo di attività (attualmente
il Corpo Regionale delle Miniere ed i Distretti Minerari in cui si articola).
Tale Ufficio richiede il parere dei rami dell'Amministrazione rispettivamente competenti ed alla fine
consegna al richiedente l'atto conclusivo di evasione della richiesta.
Quanto sopra non esclude che all'istruttoria della pratica concorrano, per le materie di rispettiva
competenza, vari rami dell'Amministrazione, né la facoltà degli Uffici di eseguire accertamenti autonomi
per aspetti di propria competenza, anche mediante sopraluoghi. Quanto sopra evita l'apertura di
istruttorie distinte presso i vari rami, la conseguente replica di molti aspetti istruttori e l'allungamento di
tempi.
E’ importante soffermarsi su alcuni aspetti legati alle normative di valutazione di impatto ambientale, il
cui snellimento delle procedure amministrative, porterebbe a sensibili e positivi effetti sulle attività di
cava.
Con D.P.R.S. del 1999 la Regione siciliana ha recepito il D.P.R. 12.4.96 che regolamenta anche l'attività
estrattiva sotto il profilo dell'impatto ambientale.
Quest'innovazione, in estrema sintesi, definisce le procedure di autorizzabilità di attività estrattive in
funzione della sensibilità ambientale del sito e della dimensione della cava.
La sua introduzione costituisce uno degli elementi di mutamento dello scenario legislativo di cui è
necessario tener conto in fase di pianificazione dell'attività estrattiva in Sicilia, al fine di scongiurare
effetti distorsivi sulla pianificazione, o di intralcio alla sua esecutività.
Di fatto, il nuovo regime normativo per la tutela ambientale prevede due regimi distinti per la
valutazione della compatibilità ambientale dell'attività estrattiva:
1. Nel caso di cave che prevedano una produzione non superiore a 500.000 mc/anno o che ricadano in
aree esenti da vincoli e che siano esterne ad aree naturali protette, la possibilità di apertura è subordinata
all'esito positivo della verifica attraverso una Relazione Ambientale (RE.A.) da presentare
all'Assessorato Regionale T. A., il quale si pronuncia entro 60 giorni per la procedura della V.I.A. o per
la sua esclusione.
2. Nel caso di cave che prevedano una produzione superiore a 500.000 mc/anno (con la riduzione della
soglia dimensionale) o che ricadano in aree ad alta sensibilità ambientale (anche parzialmente in aree
protette) la possibilità di apertura è subordinata all'esito della procedura di V.I.A.
La V.I.A, a sua volta, prevede che l'utente:
• Pubblichi su giornale la richiesta di giudizio sulla compatibilità ambientale del progetto estrattivo
che intende realizzare.
• Invii copia della RE.A. al Comune, alla Provincia Regionale, e, nel caso di aree protette, ai relativi
Enti di gestione, con diritto ad ottenerne i pareri relativi entro 60 giorni.
A conclusione della procedura segue il rilascio del giudizio, e, in caso di esito favorevole, la
progettazione della cava.
Lo snellimento delle procedure amministrative in tale settore potrebbe ottenersi con una serie di
provvedimenti legislativi e non, che prevedano che possa essere preliminarmente la P. A. ad attivare la
procedura di V.I.A. per un’'intera area da destinare ad attività estrattiva, anche in assenza di proposte di
apertura di una singola cava.
Il privato potrà poi riavviare la stessa procedura per la propria cava attraverso l’Amministrazione cui
presenterà il progetto di autorizzazione: il procedimento si snellisce, quindi, attraverso una semplice
verifica di compatibilità con le risultanze della V.I.A. già effettuata sull’intera area estrattiva.
.2.4. Introduzione di strumenti per la qualificazione e la destinazione congrua del materiale estraibile e per la prevenzione dell'abbandono di attività estrattive
La qualificazione del prodotto è uno degli strumenti più importanti per l'evoluzione del comparto e a cui
mira la L.R.S. 127/80.
Tale aspetto è fondamentale nell'interesse dello sviluppo dell'industria estrattiva in generale, ma assume
un carattere addirittura strategico nel settore dei lapidei di pregio. In tale ambito infati si registra una
concorrenza crescente sia in campo nazionale che internazionale.
Al dine di migliorare la qualificazione del materiale, si ritiene importante incentivare lo studio dei
giacimenti, con l’obiettivo di individuare i siti più idonei per aprire le cave e i livelli sfruttabili.
Lo strumento più diretto per assicurare in sede di commercializzazione l'idoneità dei materiali di cava e
dei relativi derivati, è una apposita regolamentazione per l'immissione dei prodotti sul mercato, che
segua le stesse procedure di qualificazione già in atto per molti materiali utilizzati per l’edilizia. Possono
utilizzarsi di fatto le stesse procedure per l’attivazione di sistemi di qualità già attivi in altri settori.
Lo strumento più adeguato per evitare l’insorgere di problematiche ambientali, nonché per migliorare le
garanzie sul materiale estraibile, consiste nell'esecuzione di un'indagine mineraria preventiva.
Nel quadro delle proprie competenze l'Ente di gestione delle aree di coltivazione potrebbe richiedere
all'Organo di indirizzo regionale di provvedere in proprio ad un'indagine mineraria preliminare ma
comunque di dettaglio per ogni area. Ciò in quanto il P.RE.MA.C. e il P.RE.MA.L.P. hanno
caratterizzato le aree con il dettaglio proprio degli studi connessi alla pianificazione territoriale di
settore.
Comunque è bene precisare che neanche tale indagine preliminare dell'area può considerarsi sempre
esaustiva e pertanto, ove l'Ufficio Minerario lo ritenga necessario, dovrà ulteriormente effettuarsi
un’indagine specifica per la singola area di cava a cura dei richiedenti di nuove autorizzazioni. Con
riferimento ai contenuti dell’indagine, questa dovrà essere corredata di indagini dirette o indirette per il
rilevamento di stato di fratturazione, di presenza della falda o meno, di permanenza delle condizioni
litologiche, ecc., oppure delle analisi chimiche o mineralogiche, o di prove sulle caratteristiche fisico-
meccaniche, ecc.. I relativi risultati integreranno la documentazione allegata alla richiesta
dell'autorizzazione.
Occorre però precisare che l'indagine deve ritenersi obbligatoria nel caso di cave da attivare in aree ad
alta sensibilità ambientale, indipendentemente dall'esistenza o meno di un esito positivo della procedura
di V.I.A..
Parlando di qualificazione non può trascurarsi, peraltro, la necessità di proporre un utilizzo corretto dei
materiali. Va infatti verificato che il materiale estratto come lapideo di pregio non venga destinato ad uso
improprio, né che venga estratto come inerte di cava un minerale che possa presentare interesse per l’uso
come lapideo di pregio.
3.2.5. Flessibilità della pianificazione
E’ opportuno evidenziare che spesso uno strumento di pianificazione fa registrare grandi ostacoli non solo per la sua realizzazione, ma anche e soprattutto per la sua attuazione. Da tali difficoltà non possono sfuggire neanche il P.RE.MA.C. ed il P.RE.MA.L.P.. Principalmente si registrano i seguenti problemi:
• Obiettiva difficoltà di pianificare un'attività che ha moltissime caratteristiche comuni con un'attività
di servizio;
• Insuccesso delle pianificazioni del settore estrattivo in molte realtà territoriali italiane, sia regionali
che subregionali;
• Le lunghissime vicissitudini del percorso di redazione di uno strumento di piano e la conseguente
doverosa prudenza nella valutazione dei tempi necessari affinché dallo schema di piano si passi alla sua
approvazione e proposizione non più come schema bensì come Piano effettivo;
• Diffidenza diffusa nella possibilità di attuazione.
Nel quadro di una corretta attuazione di uno strumento di pianificazione, occore registrare che il perno
attorno a cui può muoversi l’attuazione e la flessibilità stessa di un piano, può essere individuato in un
Osservatorio del Piano; stante la sua importanza lo stesso verrà descritto meglio successivamente e
costituisce la base di una proposta che fa parte integrante degli Schemi di Piano elaborati
L'Osservatorio dovrà assolvere alla funzione principale di raccogliere gli elementi per valutare
l'evoluzione dei bisogni locali, e di renderli disponibili per le attività di un organo di coordinamento che,
nei limiti dei gradi di libertà del piano, consenta l'individuazione delle risorse estrattive necessarie tra
quelle che il piano ha delimitato, in relazione anche alle previsioni della domanda.
All'Osservatorio perverranno in tempo reale, tra l'altro, anche tutti gli elementi relativi all'attività dei
bacini e relativi programmi esecutivi, ai “cubaggi”, al grado di saturazione delle aree estrattive e delle
cave, compresi i progetti e le relative autorizzazioni, ai dati statistici comunicati periodicamente per il
controllo dell'attività .
3.2.6. Modalità amministrative di sanatoria delle situazioni di sfruttamento incontrollato del territorio,
nel rispetto dell'economia della gestione, o di cessazione dell'attività.
I ritardi, cui è andata incontro la redazione del Piano, hanno mutato profondamente il quadro generale
delle situazioni di degrado determinate dall'attività estrattiva esercitata in assenza di una disciplina che
ne consentisse un ordinato svolgimento.
Dai riscontri effettuati e da informazioni assunte sulla realtà estrattiva degli scorsi anni, si può affermare
che l’evoluzione della situazione è positiva, in quanto nel corso degli ultimi anni sono state recuperate
numerose situazioni di degrado esteso; molte altre situazioni di degrado risultano recuperate per la
rinaturalizzazione spontanea.
Altre situazioni residue che oggi richiedono significativi interventi si possono ricondurre ai casi, però
diffusi, di cave di versante di materiali per inerti, a causa della gravità dell'impatto e dell'estrema
lentezza dei tempi per l’attivazione di processi naturali di recupero vegetazionale. Ulteriori situazioni
residue si riscontrano laddove esistono cave aperte in formazioni rocciose non competenti o poco
cementate; qui si continuano ad osservare situazioni di instabilità e processi erosivi progressivi.
Infine si deve far osservare la presenza di cave a fossa in cui si richiedono interventi per ripristinare
migliori condizioni di protezione della falda.
Per i criteri tecnici di recupero si rimanda ad altra sezione degli Schemi di Piano, proponendo in questa
sede solo indirizzi di tipo amministrativo per l'intervento.
Con riguardo specifico a ciò occorre però distinguere due situazioni differenti:
- cave dismesse prive di autorizzazione mineraria definitiva
- cave dismesse autorizzate.
3.2.6.1. Cave dismesse prive di autorizzazione mineraria definitiva
La L.R.S. 127/80 ha disciplinato per la prima volta l'esercizio delle cave in Sicilia; precedentemente
queste venivano aperte in assenza di autorizzazione preventiva e dell’obbligo di sottoporre
all'approvazione della P.A. un programma relativo alla razionalità della coltivazione.
La L.R.S. 127/80 ha previsto uno strumento di transizione dal vecchio al nuovo regime attraverso il
rilascio di un'autorizzazione provvisoria per le cave attive preesistenti, emessa d'ufficio a chi la
richiedesse e la cui durata era limitata a tre anni. Ciò al fine di coprire l'arco temporale previsto per
l'attivazione a regime del nuovo assetto.
Questo intervento legislativo ha determinato la dismissione di cave marginali per abbandono ed ha
consentito ad altre di proseguire legittimamente l'attività senza l'approvazione di un programma di
coltivazione (in molti casi fino all'esaurimento dell'area a disposizione).
In questa categoria rientrano pertanto le cave predette unitamente alle cave dismesse da più di venti anni
(storiche). A questo proposito possiamo indicare che queste ultime risultano dismesse per molteplici
motivazioni tra cui:
• il mancato interesse alla prosecuzione dell’estrazione da parte del soggetto che l'aveva aperta,
probabilmente perché finalizzata a forniture di materiali per l'esecuzione di un'opera pubblica della zona,
o perché lo stesso aveva fatto affidamento su caratteristiche litologiche poi non riscontrate;
• l’esaurimento del giacimento all’interno dell'area acquisita dall'esercente e la difficoltà di accordarsi
con i proprietari delle aree limitrofe in maniera economicamente sostenibile;
• l’esaurimento tecnico del giacimento (cioè l’esaurimento della parte del giacimento che si è ritenuto
vantaggioso coltivare perché più ricco, più potente, più stabile, ecc., rispetto alle aree marginali);
• i provvedimenti sanzionatori che hanno comportato la chiusura dell'attività, e il mancato interesse
(anche di terzi) a proseguire l’attività stessa (talvolta a causa dell'entità di eventuali interventi di
recupero necessari);
• la caduta della domanda della tipologia merceologica del materiale estratto (tipico il caso delle
calcareniti in conci);
• le difficoltà finanziarie, la cessazione del titolo sull'area, ecc.;
• la sopravvenienza di vincoli che hanno reso incompatibile l'attività estrattiva nel sito.
I problemi che pone il recupero delle aree dismesse delle cave prive di autorizzazione definitiva sono
fondamentalmente legati agli oneri finanziari e al diritto di accesso all'area.
Gli oneri finanziari per il recupero ambientale di una cava dismessa sono infatti molto superiori a quelli
che si sarebbero registrati con un recupero in corso d'opera o subito dopo la cessazione dell'attività. Ciò
per varie motivazioni, tra cui la possibile mancanza della viabilità secondaria e delle piste di
arroccamento (anche per dismissione), la radicale trasformazione del territorio intervenuta nell'area
circostante (che può rendere anche problematico l'accesso ai mezzi d'opera), e soprattutto i mezzi di
trasporto degli inerti spesso necessari per ritombamenti e raccordi. A ciò si deve aggiungere anche la
possibile difficoltà di trovare nelle vicinanze delle cave da cui estrarre gli inerti necessari, ecc.
Talvolta potrebbe anche accadere, in particolari situazioni morfologiche e geologiche, che il costo del
recupero superi il reddito ricavato dalla risorsa sfruttata.
Si pone poi la questione legata alla necessità di chiarire sotto il profilo normativo se esistono soggetti
che per legge devono rispondere degli oneri di recupero.
Su questo punto bisogna, ancora, distinguere due casi:
o Situazioni di degrado che costituiscano pericoli per la persona
o Situazioni di degrado in cui non si pongano pericoli per le persone
o Situazioni di degrado che costituiscono pericoli per la persona
Nel caso di cave abbandonate, la vigente normativa pone al proprietario del terreno l'obbligo di eseguire
le sistemazioni eventualmente occorrenti per la tutela della sicurezza (salvo rivalsa delle spese verso il
cessato esercente).
Tale obbligo è applicabile anche nel caso di un'area degradata per presenza contemporanea di più attività
di cava, quando ci sia la possibilità di individuazione di responsabilità di ciascuna di esse. L'attribuzione
della responsabilità potrebbe però diventare più complessa, per il possibile contenzioso, nel caso di
sovrapposizione degli effetti di più attività.
Nelle fattispecie previste dalla legge citata rientrano casi di diaframmi subverticali abbandonati che, oltre
al degrado ambientale, determinino un rischio di crollo; rientrano anche i casi di innesco di frane, di
richiami dello scavo verso monte, nonché altre situazioni di degrado che comportino situazioni di
pericolo.
Nei casi che si sono esaminati può essere il Comune a promuovere la diffida e l'esecuzione in danno.
La norma cui si è fatto riferimento non può però essere invocata qualora non esistano problemi di
pericolo, a meno che la Magistratura non riconosca la sua applicabilità con l'estensione dell'obbligo nei
casi di pericoli indiretti (potrebbero rientrare qui quelli da inquinamento, stante la vulnerabilità della
falda).
In questi casi è risolto anche il problema del diritto all'accesso per l'esecuzione delle opere in danno.
o Situazioni di degrado in cui non si pongano pericoli per le persone
L’aspetto più importante in questo caso è quello legato al fatto che non esiste uno strumento legislativo
che assicuri un diritto di accesso all'area né alla Pubblica Amministrazione né ad Enti da questa delegati
o autorizzati, a meno che non si tratti di aree soggette a tutela, nel qual caso intervengono le norme di
gestione relative.
La L.R.S. 127/80, che ha istituito l'obbligo di recupero dell'area di cava, ha previsto alcuni strumenti che
garantiscono la fattibilità di questo intervento, e precisamente la presentazione, a corredo del programma
di coltivazione, dei seguenti documenti:
a. Progetto di massima del recupero dell'area di cava (da sottoporre ad approvazione del Comune
interessato)
b. Versamento di una somma di garanzia per l'adempimento (poi tramutata in fidejussione bancaria o
assicurativa)
c. Dichiarazione, sottoscritta dal proprietario del fondo interessato, o dall'avente titolo, di consentire
l'accesso ai terreni, per l'esecuzione delle opere di recupero ambientale.
Il titolo di accesso di cui al precedente punto c) viene meno però nel caso di interventi in cave che non
siano state mai autorizzate o che comunque non abbiano presentato domanda di autorizzazione corredata
della dichiarazione suddetta.
Lo strumento più rapido e immediato per l'accesso ai luoghi per gli interventi di recupero è
rappresentato, in questo caso, dalla possibilità di consentire la dell'attività estrattiva in questi siti, con
l'esplicito obiettivo di conseguire un assetto ecocompatibile.
Infatti, l'attivazione della cava consente di far rientrare nella coltivazione gli interventi di risagomatura
(con ulteriore asportazione di materiale) e di armonizzazione degli scavi esistenti con il territorio
circostante; più in generale, rientrano gli interventi di recupero naturalistico, entro l'ambito giuridico
dell'attività estrattiva, in quanto rende possibile all'esercente di essa di accedere alla disponibilità delle
aree necessarie utilizzando l'art. 17 della L.R.S. 127/80.
L'interesse del privato a quest'operazione potrà essere maggiore o minore, a fronte degli oneri da
sostenere, in relazione alle quantità di materiale asportabile, specie ove l'intervento consista nella
risagomatura di una stretta fascia circostante l'area di cava.
Tra i benefici dell'allargamento dell'attività all'area circostante (al fine esclusivo di rendere possibile un
recupero ambientale dei luoghi), non va trascurato quello di una produzione di materiali di cava che sia
alternativa a quella che sarebbe necessario estrarre da cave di nuova apertura in altre aree.
3.2.6.2. Cave dismesse autorizzate
La seconda situazione che si era individuata nel paragrafo 3.6.2 era quella relativa alle cave dismesse. In
questo caso il recupero non richiede la previsione di strumenti amministrativi aggiuntivi, in quanto lo
stesso, se non ancora effettuato, va per legge eseguito a cura o in danno dell'esercente a suo tempo
autorizzato, con progetto esecutivo redatto dal Comune e sottoposto all'approvazione dell'Assessorato
Regionale Territorio e Ambiente.
Nel caso in cui la ripresa dell'attività estrattiva non sia possibile, perché non lo consente l'esito di una
procedura di V.I.A., o per la sopravvenienza di insediamenti antropici tali da precludere l’attività stessa,
sarà necessario adottare altri criteri tecnici operativi per i quali si rimanda in altro volume del presente
Schema di Piano.
Problemi diversi presentano taluni bacini estrattivi in cui il disordine deriva dall'esercizio di cave che,
contemporaneamente o successivamente, hanno interessato aree contigue senza troppa cura di
armonizzare il progetto di scavo e, soprattutto, senza che alcuna autorità fosse preposta alla verifica
dell'assetto finale dell'area vasta cui la concomitanza di tante attività dà luogo.
Casi di tale tipologia si riscontrano per i bacini estrattivi di materiali per uso ornamentale, o per il bacino
delle argille di Venetico, o per l'area delle sabbie sciolte a Nord Est di Messina.
Questi casi, qualora si tratti di bacini ove è possibile la prosecuzione delle attività, rientrano nell'ambito
delle problematiche trattate con i criteri di gestione dei bacini estrattivi. L'intervento di recupero riguarda
in tal caso l'assetto complessivo dell'area vasta costituita dell'intero bacino, e non le singole cave oggi
dismesse.
4. Considerazioni TECNICO-NORMATIVE
4.1. premessa
Il lavoro di redazione degli Schemi di Piano è stato effettuato operando nel rispetto della L.R. 127/80.
Vi sono però degli aspetti che la L.R. non tratta e per i quali sarebbe auspicabile, a giudizio degli
scriventi, un dibattito tecnico che possa portare alle proposte di modeste variazioni normative. Un
aspetto fra questi riguarda la previsione di regolamentare alcune tipologie di cava non aventi
caratteristiche industriali, , senza includerle in una pianificazione del tutto fuori luogo.
Il Piano Regionale dei Materiali di Cava (P.RE.MA.C.), per espresso dettato della legge istitutiva, mira a
disciplinare infatti l'attività delle cave a tipologia industriale. Giova evidenziare, del resto, che l'intera
legge regionale 127/80 è stata concepita con l’intento di avviare la trasformazione del comparto
estrattivo da attività artigianale, più o meno improvvisata, ad attività di caratteristiche industriali.
In Sicilia non è possibile però ignorare che la ricerca e l'estrazione di taluni minerali di seconda
categoria, siano essi materiali comuni di cava che materiali di pregio, non può essere in nessun caso
inquadrata come attività industriale.
Vi sono, infatti, alcuni casi di materiale di cui si prevede la necessità di coltivazione, nel periodo di
vigenza del P.RE.M.A.C., al fine di garantire il restauro di monumenti o degli edifici di carattere storico
o anche di edifici appartenenti al patrimonio edilizio proprio dei centri storici.
Il problema connesso all’utilizzazione di tali materiali potrebbe essere preso in considerazione in seno
all'emanazione del provvedimento che adotterà il Piano, nonostante che questo strumento si occupi di
pianificare soltanto le cave a tipologia industriale.
In effetti la legislazione mineraria nazionale e la dottrina, considerano cava soltanto l'attività estrattiva
eseguita con lavoro organizzato e continuativo, ed escludono da questo inquadramento spalamenti e
sbancamenti di rocce, sia pure ricchi di materiali, sotto forma di ghiaie, sabbie, tufi, eccetera, eseguiti per
prelievi occasionali.
In questa direzione vi sono orientamenti amministrativi e giuridici, tra cui una circolare del Ministero
dell'Industria, e una sentenza della Suprema Corte; trova anche perfetta rispondenza la limitazione del
Piano alle sole cave a tipologia industriale in quanto i prelievi occasionali verrebbero esclusi sia dalla
pianificazione che dal concetto stesso di cava.
Vi è però da evidenziare che l'assoluta indipendenza della legislazione siciliana in materia e l'art. 1 della
L. R., rendono difficile l'applicazione di questo criterio in Sicilia. Infatti l'art. 1 suddetto, al comma 3,
esclude espressamente dall'autorizzazione soltanto "..l'estrazione dal proprio fondo di materiale da
utilizzarsi esclusivamente per la costruzione della propria casa di abitazione o per opere agricole che
insistano sullo stesso..".
D'altra parte in Sicilia, oltre al concetto di cava, è stato introdotto quello di "piccola cava", come
strumento prezioso per semplificare l'iter autorizzatorio di attività modeste e poco incidenti sull'assetto
ambientale.
Questo concetto non è certamente utilizzabile perché il limite di 30.000 mc previsto è troppo alto per i
casi ipotizzati; inoltre non è utilizzabile perché è opportuno (al fine di svincolare queste iniziative dalla
programmazione) che si tratti di attività veramente occasionali (annoverando in queste sono quelle
necessarie per eventuali restauri o per particolari esigenze architettoniche).
Le problematiche a cui si è fatto cenno potrebbero trovare soluzione in una modifica normativa, sotto
molti aspetti auspicabile anche se rischiosa, perché potrebbe aprire la strada ad interpretazioni
estremamente elastiche. Si ritiene possibile evidenziare l’importanza di una discussione che porti ad una
modifica del terzo comma dell'articolo 1 citato, prevedendo delle semplici modifiche. Ad esclusivo titolo
esemplificativo si ritiene possibile, per esempio, l’aggiunta al terzo comma dell’articolo 1
dell'espressione "..e l'estrazione di materiali di caratteristiche merceologiche non reperibili presso cave
autorizzate, e limitatamente alla quantità massima estratta di 1.000 mc".
La complessità geologica del territorio siciliano e la conseguente vastità delle tipologie
giacimentologiche e litologiche dei materiali di cava, (come del resto anche dei minerali di prima
categoria o da miniera e dei lapidei di pregio), si riflettono sulla pianificazione estrattiva. Questa non
può non prendere in considerazione le peculiarità della variegata gamma di problemi tecnico produttivi,
di mercato e di impatto territoriale e ambientale, propria di ciascun bacino estrattivo.
I criteri cui si è cercato di improntare il presente schema di piano sono fondati sui più moderni e
condivisi concetti di gestione del territorio. In altra parte degli studi del piano sono, comunque,
affrontati specificamente gli elementi tecnico-minerari relativi alle tipologie estrattive individuate nel
piano stesso.
E' bene precisare che, della vasta tipologia di materiali estraibili e storicamente estratti in Sicilia,
vengono presi in considerazione solo quelli che hanno una reale prospettiva di sviluppo e di cui è
necessario quindi pianificarne l'estrazione.
L'elenco dei materiali trattati è il seguente:
1. Argille per cementifici, per laterizi e per terrecotte
2. Basalto per granulati, esterno all'apparato etneo
3. Calcareniti
4. Calcari per cementi, calcari e dolomie e metamorfiti per granulati edilizi, per massi da scogliera, per
usi chimici, ecc.
5. Gessi per cementifici, per l'edilizia (anche per elementi prefabbricati)
6. Jaloclastiti o tufo vulcanico
7. Rosticci di zolfo per rilevati
8. Sabbie e ghiaie
Non trovano spazio nella programmazione e pianificazione, tra l'altro, i depositi di lapillo vulcanico e le
alluvioni fluviali, in quanto per entrambi questi prodotti in Sicilia è proibita l'estrazione per vincoli
paesistici specifici.
4.2. La legislazione mineraria siciliana
La Sicilia, dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale, ha continuato a presentarsi nel
panorama italiano con un patrimonio minerario tale da giustificare una posizione tra le più significative.
Questa condizione trova riscontro nello statuto autonomistico; in esso - fatto unico anche tra le regioni
dotate di autonomia regionale - all'Assemblea regionale siciliana viene riconosciuta competenza
esclusiva in materia di cave e miniere, senza altri limiti oltre a quelli del rispetto delle leggi
costituzionali della Stato, e delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo
italiano.
In tale panorama, a partire dal 1956, si è posto mano ad una fervida produzione legislativa che ha portato
alla definizione di un Codice Minerario Regionale per molti aspetti radicalmente innovativo rispetto
all'assetto normativo minerario nazionale preesistente. Tale codice ha anche anticipato nuovi
orientamenti che in gran parte sono stati poi recepiti dalla successiva legislazione nazionale.
La legge fondamentale siciliana (L.R.S. n°23/56) é stata emanata in un panorama legislativo minerario
nazionale determinato da una legge fondamentale, la Legge n° 184 sulla polizia delle miniere, cave e
torbiere risalente al 1893.
Il relativo Regolamento regionale, emanato con D.P.R. n° 7 del15.7.58 e modificato con i successivi
D.P.R. n° 1/74, n° 114/80 e n° 40/82, è stato un modello ispiratore del Decreto del Presidente della
Repubblica n° 128/59.
4.3. la disciplina dell’estrazione dei minerali di cava prima dell’entrata in vigore della L.R.S. 127/80
Il diritto minerario dello Stato Unitario Italiano, come quello dei Paesi di cultura latina, ha recepito il
concetto di demanialità della risorsa mineraria, per cui una formazione geologica da cui è possibile
estrarre minerali di riconosciuto interesse industriale appartiene al demanio minerario statale (in Sicilia
al Demanio Regionale).
L'attivazione delle miniere e la successiva gestione sono assoggettate al rigoroso controllo da parte dello
Stato, in quanto questo (in Sicilia la Regione), proprietario del bene da sfruttare che è il giacimento
minerario, ne accorda la concessione dello sfruttamento a richiedenti cui riconosce capacità tecniche ed
economiche, con il criterio di conseguire uno sfruttamento razionale della risorsa nel rispetto della
sicurezza del lavoro e del perseguimento di obiettivi di sviluppo economico-sociale del Paese.
Una fascia di attività minerarie ritenute meno importanti e costituite da quelle che estraggono minerali
cui non si riconosce significativa importanza strategica (denominate pertanto minerali di seconda
categoria o minerali di cava, per distinguerli da quelli di prima categoria o da miniera), è stata invece
poco curata dal Legislatore e dall'Amministrazione mineraria sin dalla fondazione dello Stato Unitario.
La legge consente che con provvedimenti successivi si includano nella seconda categoria minerali
originariamente appartenenti alla prima, ove ne venga meno il requisito dell'importanza strategica a
seguito dell'evoluzione generale e degli sviluppi industriali e del panorama nazionale e internazionale
delle risorse minerarie in vista o potenzialmente sfruttabili. Consente anche l'operazione inversa di
inclusione dalla seconda alla prima categoria ove si riscontrino esigenze di segno contrario alle
precedenti.
Questi elementi del diritto minerario (con la fondamentale distinzione tra minerali da miniera o di prima
categoria e minerali di cava o di seconda categoria) sono stati interamente recepiti anche nel Codice
minerario della Regione Sicilia. In effetti non poteva essere diversamente, considerato che la sua
modifica avrebbe costituito motivo di incostituzionalità per i diretti riflessi sul diritto di proprietà delle
aree occupate dai giacimenti e ciò indipendentemente dalla valutazione dell'importanza del giacimento.
Anche in Sicilia, pertanto, le norme minerarie per i minerali di cava sono dichiaratamente applicabili per
molti aspetti solo per analogia: di fatto chiunque può aprire una cava con il solo obbligo di comunicare
al Sindaco l'avvenuta apertura, indicando altresì l'ubicazione del sito in uno stralcio corografico alla
scala 1:25.000 e i responsabili dell'attività (ciò ai fini delle responsabilità civili e penali che la
conduzione dovesse comportare).
4.4. la L.R.S. 127/80
Nel dicembre 1980 è stata emanata la L.R.S. n° 127 che, nel solco di analoghe iniziative legislative
precedenti e successive di altre regioni, ha rifondato la disciplina delle cave.
Questa legge è stata concepita come uno strumento moderno ed efficace per avviare l'industrializzazione
del comparto, in quanto può fornire all'imprenditore che ha necessità di quadri normativi e procedurali
certi ed univoci, i seguenti vantaggi:
A Sviluppo dell'attività coerente con gli obiettivi della programmazione economica
B Rispetto e tutela del paesaggio e della difesa del suolo
C Pianificazione e razionalizzazione delle attività
D Sviluppo industriale dell'attività (art. 4/a)
E Potere decisionale a livello non locale
F Economia procedimentale.
Quest’ultimo vantaggio, decisamente importante, si articola in 4 specifiche caratteristiche:
• F/1 Sportello unico, con cui interfacciarsi per tutte le implicazioni dell'iniziativa industriale da
intraprendere e da gestire.
• F/2 Competenza esatta, ossia gestione da parte di apparati tecnici che hanno una specifica
competenza. La legge 127/80 prevede che l'interessato presenti domanda ad un solo Ufficio, nella
fattispecie il Distretto Minerario; questo è anche l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione
mineraria onnicomprensiva ed è questo stesso Ufficio che nell'istruttoria della pratica sente i pareri degli
altri Uffici interessati, competenti in materia territoriale e ambientale, per tenerne conto nell'evasione
della richiesta.
• F/3 Tempi di istruttoria certi
• F/4 Tempi di vigenza dell'autorizzazione adeguati all'entità degli investimenti, che nel caso di attività
estrattive non sono mai modesti.
4.5. La LRS 127/80 e la realtà‘ siciliana
4.5.1. La realtà’ estrattiva dei materiali di cava all'EPOCA DELL’emanazione della legge
La natura insulare della regione e la tradizionale carenza di strutture viarie hanno influito
sostanzialmente sull'evoluzione dell'estrazione dei materiali di cava.
Infatti, come più dettagliatamente descritto in altra parte degli studi, sebbene il grande impulso della
ricostruzione bellica prima, ed il fervore dell'attività edilizia dopo, abbiano conferito ben presto al
comparto dei minerali di seconda categoria una rilevanza economica globale sempre crescente rispetto a
quelli di prima categoria, e nonostante che l'esecuzione di opere pubbliche a grande consumo specifico
di inerti abbia ben presto determinato la nascita di grandi cave a tipologia industriale, ancora al momento
dell'emanazione della L.R.S. 127/80 si può dire che la maggior parte della produzione dei materiali di
cava provenisse da attività a conduzione artigianale. Queste attività erano concepite ancora con criteri
poco evoluti, che proponevano concetti nati in epoche caratterizzate da un'economia di sussistenza, in un
contesto condizionato da strutture viarie inesistenti o in via di esecuzione, che non consentivano trasporti
a largo raggio di materiali a così basso valore specifico quali sono i minerali di cava.
A questo occorre aggiungere le particolari caratteristiche derivanti dalle complessità geologica e
litologica della Sicilia, e prima fra tutte l’eterogeneità litologica.
In ampi bacini non esistono sufficienti giacimenti di minerali di entità tale da poter alimentare cave per
inerti edilizi di caratteristiche industriali (come quello costituito dalla parte settentrionale della provincia
di Agrigento).
Nella parte interna e in quella centro orientale della Provincia di Messina e per buona parte del territorio
della provincia di Enna non esistono giacimenti di entità tale da assicurare l'apertura di cave in grado di
soddisfare il bisogno locale di inerti di qualità.
Altra caratteristica è quella legata alla carenza d’infrastrutture viarie, a causa della franosità dei territori.
In particolare nella provincia di Enna e di Messina la franosità ha condizionato e rallentato pesantemente
lo sviluppo di una moderna viabilità principale necessaria per consentire l'aumento del raggio di utenza
di cave a dimensione industriale, come anche lo sviluppo della viabilità secondaria necessaria per
raggiungere gli stessi comuni di assorbimento del prodotto.
Anche l'insularità della regione ha ostacolato lo scambio di minerali di seconda categoria con le regioni
circostanti. Ciò è fondamentale se si considera che nelle regioni non insulari tale scambio contribuisce a
sopperire alla mancanza di inerti di qualità di tanti bacini di utenza.
Queste condizioni hanno determinato degli scompensi territoriali che nel seguito si evidenziano:
o La nascita di cave in corrispondenza di affioramenti che con ogni evidenza non potevano
assicurare riserve tali da ammortizzare i costosi investimenti che una cava industriale richiede
o La polverizzazione di piccole cave sul territorio
o La conduzione artigianale delle piccole cave, con criteri di sussistenza e con le note
conseguenti inadempienze nei riguardi della sicurezza e dell'igiene, nonché del rispetto delle
condizioni contrattuali nei confronti della mano d'opera e della capacità tecnica di esercizio. Ciò
ha spesso portato a ripercussioni sulla costanza qualitativa del prodotto e sulla qualità della
lavorazione.
o L'impiego tradizionale diffuso a tutti i livelli, in vastissime aree, di materiali
tecnicamente non accettabili per calcestruzzi (perché scistosi, o chimicamente attivi, o
rigonfianti, o inquinati, anche per difetto di lavaggio o di vagliatura), o per conglomerati
bituminosi (materiali teneri), ecc.
o Il basso livello del prezzo di mercato.
4.5.2. Impatto della L.R.S. 127/80 sulla realtà siciliana
La L.R.S. 127/80 ha incontrato molte difficoltà per essere recepita all’interno della realtà siciliana, come
dimostra la cospicua normativa per modifiche e sanatorie che si è potuta registrare lungo un arco di
vent'anni.
Il ritardo, tra l'emanazione della nuova legge e la predisposizione dello Schema di Piano, ha tolto forza
alla legge e variato l’impatto sulla realtà estrattiva.
Le conseguenze di questa sfasatura sono innumerevoli e tra queste s’indicano principalmente le seguenti:
o Per circa vent'anni si è usato come strumento ordinario di regolamentazione dell'attività
estrattiva l'autorizzazione mineraria che era stata prevista dalla L.R.S. 127/80 soltanto in
presenza di una pianificazione, e legata quindi all'individuazione delle aree suscettibili di
sfruttamento a tipologia industriale; solo la responsabilità degli Uffici preposti, dai Distretti
Minerari alle Sovrintendenze e agli altri Organi di tutela del territorio, hanno impedito il
verificarsi di significativi danni ambientali.
o La L.R.S. 127/80 aveva previsto la possibilità di autorizzare cave prima dell'emanazione
della proposta di piano ma solo per coprire un transitorio; si è invece verificato un impiego
dell’autorizzazione tanto massiccio e prolungato nel tempo da diventare di per se stesso
contrastante con i principali cardini sui quali si imperniava la legge.
o Tra le conseguenze determinate da questa sistematica autorizzazione in assenza di
pianificazione (fatta di attività estrattive in attesa di legittimazione giuridica ai sensi della nuova
legge) vi è una realtà costituita da cave per la quasi totalità munite di autorizzazione mineraria ai
sensi della nuova legge; inoltre, stante il fatto che è trascorso già un ventennio dall'emanazione di
essa, si registrano anche cave con autorizzazione di rinnovo.
o Altra conseguenza è consistita nella mancanza di tempi certi assicurati dalla legge per la
conclusione dell'istruttoria, in quanto tali tempi non si sono potuti rispettare per la mancanza di
una pianificazione che li rendesse possibili, con conseguente sfiducia sia degli operatori (che
attendono il rispetto delle loro esigenze aziendali) che degli ambientalisti (che si attendevano, e
invero si attendono ancora, una miglior disciplina del comparto a monte dell'autorizzazione).
o Altra conseguenza è legata al fatto che nel fratempo vi è stata un'attività legislativa e
amministrativa da parte degli Uffici di tutela del territorio e dell'ambiente che ha travolto i
principi di avanguardia su cui era imperniata la legge.
4.5.3. La realtà estrattiva siciliana alla fine dell'anno 2000
Il panorama dell'attività estrattiva in Sicilia si è molto evoluto, rispetto all'epoca in cui fu emanata la
L.R.S. 127/80, soprattutto in considerazione dei seguenti elementi:
• Viabilità principale, oggi molto migliorata in quanto:
o Sono state completate l'autostrada Messina - Catania, Palermo - Catania, Palermo -
Trapani e Palermo - Mazara del Vallo
o E' prossima al completamento l'autostrada Messina - Palermo
o Sono in corso i lavori dell'autostrada Siracusa - Gela
o E' già finanziata e prossima alla cantierizzazione la cosiddetta Nord Sud, che collega le
due sponde tirrenica e mediterranea della Sicilia con una dorsale interna
o E' finanziata e vicina all'appalto la Catania Siracusa
o Sono complete o in corso di esecuzione molte strade di scorrimento veloce, tra cui la
Augusta - Siracusa, la Catania - Gela, la Caltanissetta - Gela, la Modica - Pozzallo, la "Mare-
Monti" che collega Siracusa con i centri dell'altopiano ibleo.
Anche la viabilità statale ha subito notevoli correzioni di tracciato e di sede, e la viabilità montana è stata
un po’ dappertutto resa percorribile dai mezzi pesanti senza eccessivi problemi.
Già da tempo, per l'esecuzione di importanti opere pubbliche, gli inerti ricavati dal basalto dell'Etna
alimentano le provincia di Caltanissetta, Agrigento ed Enna, oltre che le aree tradizionali delle province
di Catania e di Messina; anche gli inerti ricavati dalle rocce carbonatiche della provincia di Palermo
vengono trasportati sino alla provincia di Enna.
• Chiusura di molte attività a conduzione artigianale, sia per esaurimento del giacimento, sia per il
costo connesso agli adempimenti richiesti dalla nuova normativa, sia per la concorrenza dei materiali più
pregiati provenienti da aree circostanti.
E’ importante inoltre avanzare le seguenti ulteriori considerazioni:
• Le attività esistenti, a parte la frazione costituita da cave abusive, sono autorizzate e molte di queste
si trovano all'inizio del primo rinnovo dell'autorizzazione, stante il tempo trascorso dall'emanazione della
legge; si può pertanto, orientativamente, dare un tempo di sopravvivenza superiore a 10 anni per la
potenzialità produttiva delle cave regolarmente autorizzate o in corso di autorizzazione.
• Il numero di cave attive è diminuito significativamente.
• E' aumentata di molto la superficie tutelata naturalisticamente, sia a mezzo di parchi, riserve naturali,
sia con vincoli paesaggistici o archeologici.
• E' mutato radicalmente il quadro legislativo relativo alla protezione del patrimonio ambientale, sia
per l'emanazione dei piani paesistici di alcune aree di particolare rilevanza ambientale, sia per
l'emanazione della normativa regionale, in particolare quella relativa ai criteri e alla procedura di
assoggettamento dell'attività estrattiva alla valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) o della relazione
di impatto ambientale.
• E' aumentata di molto anche la superficie antropizzata, non solo per effetto della creazione di una
moderna rete di viabilità principale, ma anche per l'intensa attività edilizia, che ha determinato grandi
espansioni urbane, creazione di nuovi nuclei abitati nelle zone di villeggiatura marine, montane e
collinari, ma anche edilizia diffusa nel territorio extraurbano.
• Si sono ridotte di molto, per effetto delle trasformazioni di cui ai precedenti punti, le aree che non
sono ad alta sensibilità ambientale ai sensi della L.R.S. 98/81, e contemporaneamente libere da vincoli di
antropizzazione, e non soggette a problemi di inquinamento della falda.
• Si stanno avvicinando i tempi per l'entrata in vigore della nuova disciplina di ambito europeo per la
qualificazione obbligatoria dei materiali naturali destinati all'edilizia.
4.6. Obiettivi prioritari del Piano
Per quanto rilevato nei precedenti paragrafi il panorama della realtà estrattiva esistente in Sicilia risulta
sostanzialmente mutato rispetto alle condizioni previste dalla L.R.S. 127/80, a cominciare dallo stato
giuridico delle cave attive, in massima parte munite di autorizzazione, che hanno tempi di scadenza
anche molto lunghi, e comunque molto inferiori al breve transitorio preso in esame dal legislatore che ha
voluto la pianificazione del settore.
La programmazione dell'attività estrattiva in Sicilia avviene pertanto non nei termini del transitorio
organicamente previsto dalla 127/80, ma nell'ambito di una sorta di cantiere in corso d'opera, il cui
dinamismo risulta dal numero di cave cessate e di quelle autorizzate già entro il breve periodo intercorso
tra i due censimenti fatti nell'ambito di stesura dello schema di piano; a queste cave sono da aggiungere
le numerose altre di cui è in corso di istruttoria il rinnovo, e quelle che vanno ancora ottenendolo e
richiedendolo.
Le ripercussioni di questa anomalia non sono secondarie in fase di statuizione delle linee di indirizzo per
la gestione del piano, e in particolare, in un momento in cui corre obbligo di dare adempimento alla
volontà del legislatore di dettare dei vincoli specifici cui devono essere assoggettate le cave ricadenti
nelle aree individuate dal piano.
Infatti, accanto a una realtà che il piano deve prefigurare, costituita dalla prospettiva della
concentrazione a breve termine dell'attività in aree estrattive da regolamentare, c'è una realtà di fatto che
registra un enorme numero di singole cave distribuite sul territorio senza alcuna regola specifica: questa
realtà diffusa è molto consistente ed è validamente fondata sotto il profilo giuridico in quanto
legittimamente autorizzata; si fa inoltre notare che ciò si registra a fronte di superfici libere da vincoli
protezionistici estremamente ridotte.
Di questa realtà estrattiva, dotata di vita giuridica autonoma, si deve tenere conto in fase di elaborazione
della pianificazione. Infatti, al momento storico dell’emanazione della nuova disciplina dell’attività di
cava, il legislatore era in condizione di programmare i tempi della fase transitoria di trasformazione
dell’assetto del comparto. L’emanazione dell’atto legislativo di pianificazione, di cui lo schema di piano
è solo il primo momento, interviene invece a conclusione di un arco temporale di durata non prevedibile
compreso tra l'elaborazione dello schema di piano e l'atto legislativo che la rende esecutiva.
Nasce da qui l'esigenza di non trascurare la realtà esistente, prevedendo strumenti idonei ad
ammortizzare il passaggio al nuovo regime previsto dal piano. Infatti, la pianificazione dell'attività
estrattiva, in assenza di ulteriori provvedimenti legislativi di modifica, deve rispettare la lettera e lo
spirito della legge che l'ha istituita, non trascurando però di prestare attenzione anche ai mutamenti di
scenari intervenuti, al fine di consentirne la stessa applicabilità.
In questa direzione uno strumento preso in considerazione dallo Schema di Piano è costituito
dall’Osservatorio del Piano, a cui si attribuiscono le particolari funzioni di raccolta ed elaborazione dati,
meglio descritte in altra sede. Pertanto, l’Osservatorio, se attivato, potrà consentire nel futuro di superare
le difficoltà che si oggi si sono incontrate e di avere un quadro gestionale efficiente ed aggiornato.
In questa direzione uno strumento preso in considerazione dal piano è costituito dall’Osservatorio del
Piano, a cui si attribuiscono le particolari funzioni di raccolta ed elaborazione dati, meglio descritte in
altra sede, al fine di consentirgli di acquisire, in capo a un triennio, la raccolta e l'elaborazione di dati
statistici, anche con campionature dirette sul campo, necessarie per pervenire a valutazioni ben fondate
per la messa a punto degli strumenti di sviluppo del comparto previsti dalla L.R.S. 127/80. Pertanto,
l’Osservatorio, se attivato, potrà consentire nel futuro di superare le difficoltà che si incontrano (come
nel nostro caso) in assenza di un chiaro quadro conoscitivo e di monitoraggio. Questo, fra l’altro, è tipico
di tutti gli strumenti di pianificazione laddove vi sia insufficienza di dati (situazione molto diffusa in
Italia).
Per quanto detto, il primo obiettivo dello schema di piano consiste nel ripristino della logica sottesa
nella legge 127/80. Ciò è importante anche al fine di superare l'attuale stato di transizione.
A tale scopo sarebbe opportuno proporre, con le norme attuative del piano, i seguenti aspetti:
• Definizione e rilascio dell'autorizzazione mineraria a livello differente da quello locale. Ciò è
richiesto per un'attività le cui incidenze economiche e il cui peso in termini territoriale e ambientale non
sempre interessano ambiti locali, e non sempre interessano territori coincidenti con il signolo comune.
• Economia procedimentale.
- Sportello unico
- Competenza esatta (ossia gestione da parte di apparati tecnici che hanno competenza specifica)
- Tempi di istruttoria certi
- Tempi di vigenza dell'autorizzazione adeguati all'entità degli investimenti
Molto importante appare poi l’aspetto della qualificazione del materiale da estrarre. Tramite lo
strumento autorizzatorio e la successiva attività di vigilanza occorre assicurare che il materiale venga
impiegato solo per le destinazioni cui esso si presta, con esclusione di destinazioni tipologicamente più
pregiate o meno pregiate.
Altri aspetti significativi sono poi quelli relativi all’utilizzazione dei rifiuti di cava per le destinazioni
cui sono idonei, alla protezione della salute e della sicurezza del lavoro e alla mitigazione dell'impatto
ambientale anche nel transitorio; tutti questi aspetti possono essere governati attraverso una corretta
programmazione delle aree estrattive.
5. La proposta di Pianificazione
5.1. Considerazioni generali
Lo strumento di piano (sia quello dei materiali di cava che quello dei materiali di pregio) diventa uno
strumento tecnico-amministrativo fondamentale per una corretta regolamentazione del settore estrattivo,
nel rispetto dei valori ambientali e degli aspetti economici.
In esso trovano collocazione una massa notevole di dati, informazioni, studi relativi ai più disparati
settori afferenti al sistema in senso lato. Questi vengono classificati, elaborati, riorganizzati in modo da
evidenziare le complesse interrelazioni esistenti fra essi secondo una metodologia che deve essere in
grado di omogeneizzare e di confrontare fattori endogeni al sistema e parametrizzabili (ad esempio le
risorse naturali) e fattori esogeni di difficile quantificazione (ad esempio aspetti socio-antropologici). A
questo processo di elaborazione e riorganizzazione di tutto il complesso quadro conoscitivo della realtà
ambientale delle diverse aree estrattive dovrebbero prendere parte, accanto ai progettisti, con modalità
diverse e ruoli diversi, una serie di attori che si possono individuare in:
⇒ gli enti istituzionali che attualmente governano il territorio;
⇒ i rappresentanti delle categorie produttive;
⇒ gli “opinion leaders”:
⇒ le associazioni culturali e ambientali.
Con riferimento specifico agli aspetti di natura tecnico-scientifica, stante la forte connotazione e il
rilevante impatto dell’attività estrattiva sul territorio, una tappa essenziale nella pianificazione è il
confronto diretto con le variabili ambientali, le quali inevitabilmente assumono la funzione di limite e di
regolamentazione.
Nell’avviare il processo di pianificazione sono state individuate, come illustrato ampiamente nel volume 7, delle aree di primo interesse e studio nelle quali vi è, oppure vi è stata, un’intensa attività estrattiva o, quantomeno, una vocazione alla coltivazione. Tali aree di primo interesse sono state individuate, infatti, dove vi è prioritariamente la presenza di siti di cava in attività concentrati in un intorno ragionevolmente ristretto. Altresì sono stati presi in considerazione i siti di cave dismesse per il fatto che possono rappresentare siti nei quali è possibile prevedere, in presenza di ulteriori volumi di materiale estraibile, il ripristino dell’attività estrattiva (che costituisce premessa strategica per il recupero ambientale). Sono stati inclusi all’interno delle aree di primo interesse anche i siti estrattivi emersi dallo studio delle ortofotocarte, qualora costituenti comprensori; in alcuni casi, gli stessi siti sono stati autonomamente considerati come aree di studio per problematiche connesse con il ripristino ambientale, e ciò soprattutto in aree di notevole pregio paesaggistico.
Le aree definite di primo interesse (riportate insieme alle aree di secondo livello, a quelle di riserva e a quelle da sottoporre a piani particolareggiati di recupero, nell’allegata tavola alla scala 1:250.000), sono state sottoposte ad uno studio critico di dettaglio che ha condotto all’individuazione, nel loro interno, di una serie di aree a possibile vocazione estrattiva. Queste ultime aree individuate sono state, a loro volta, oggetto di ulteriori e più dettagliati studi geologici (con produzione di cartografia geolitologica alla scala 1:25.000), oltre che di aggiornamenti sia dei vincoli che della situazione amministrativa delle attività di cava (in continua rapida variazione nel territorio regionale); quando le aree a possibile vocazione estrattiva sono state giudicate idonee hanno costituito quelle principali di piano (denominate nel seguito “aree di primo livello”).
Tali aree di primo livello, riportate nelle carte di piano presentate in allegato alla presente relazione, sono quelle in cui poter collocare i poli industriali per l’esercizio e lo sviluppo delle attività estrattive.
Le risultanze degli studi critici di dettaglio sulle aree di primo interesse, hanno altresì condotto, come verrà nel seguito riportato, anche all’individuazione di “aree di riserva”, oltre che di aree fortemente degradate dall’attività estrattiva e da sottoporre a piani particolareggiati di recupero. Anche le aree di riserva e quelle da sottoporre a piani di recupero sono riportate nelle carte di piano allegate alla presente relazione.
La diffusa presenza di singole cave distribuite in maniera pressoché uniforme sul territorio, non ha consentito di inserire, come detto, tutte le realtà estrattive nelle aree di primo interesse individuate e sottoposte a studio.
La significativa percentuale delle cave presenti sul territorio poste al di fuori delle aree di primo interesse non poteva ovviamente essere ignorata; tra queste realtà estrattive, infatti, ne sono sicuramente presenti
alcune di notevole importanza che costituiscono un valido supporto all’economia regionale e/o delle singole provincie. Per contro, le aree di primo livello suggerite per concentrare lo sviluppo dell’attività estrattiva, non sono in grado di coprire nella sua interezza il territorio siciliano e pertanto dovevano individuarsi delle ulteriori aree (definite di secondo livello), di potenzialità produttive per lo più inferiori, ma comunque strategiche per garantire la fornitura del materiale in tutta la regione.
u queste singole realtà si è quindi svolto un ulteriore studio di dettaglio finalizzato al loro inquadramento
in un contesto più ampio, almeno provinciale, che ha tenuto conto delle produzioni in funzione dei
fabbisogni del mercato e della economicità dell’attività di estrazione.
Tale studio, approfondito principalmente in quei territori in cui le aree di livello superiore non erano in
grado di soddisfare le presumibili richieste di mercato, ha consentito l’individuazione di ulteriori aree
estrattive, appunto quelle di secondo livello, così come riportato nelle carte di piano presentate in
allegato alla presente relazione.
Anche per l’individuazione delle aree di secondo livello, e quindi per facilitare la scelta delle aree da
definire per l’estrazione tra tutte le possibili perimetrabili in corrispondenza delle cave attive isolate
disperse sul territorio, si è utilizzata la metodologia Map Overlay, così come per lo studio condotto sulle
aree di primo interesse.
Introducendo una serie di filtri, primo fra tutti quello determinato dalla presenza di vincoli territoriali
(rappresentati dall’insieme di vincoli ambientali e paesaggistici e da quelli imposti dalla pianificazione
urbanistica del territorio), oltre che valutazioni sulla litologia e sulle potenzialità dei giacimenti, si è così
giunti a supportare il processo decisionale verso conclusioni basate su un carattere di grande oggettività.
Va tenuto presente che le conclusione a cui si perviene mantengono per il loro rigore scientifico una
grande oggettività che resta valida nella misura in cui a monte, nella determinazione di alcuni vincoli,
non esistano valutazioni affrettate o disparità di comportamento derivante dalla possibilità che possa
intervenire nella decisione un criterio soggettivo. Questo può valere essenzialmente per i vincoli
paesaggistici ed archeologici, alla definizione dei quali potrebbe essere opportuno prestare una maggiore
attenzione.
.2. Scelte della proposta di piano
Dal confronto dei diversi tematismi di studio (per es. aspetti della vegetazione, geomorfologia, litologia,
vincolistica, urbanistica, ecc.), attraverso il metodo map overlay si è arrivati a definire una prima
individuazione e una zonizzazione interna alle aree di primo interesse e studio, ampiamente riportata nel
volume 7. Certamente le decisioni assunte, e che vengono doverosamente consegnate per il rispetto di
previsioni temporali, andrebbero discusse innanzitutto con il Committente, quindi con l’Ente Regione e
il CO.RE.MI. che dovrà gestire il piano, unitamente ai distretti che dallo stesso dipendono e con il
coinvolgimento eventualmente degli Enti locali.
In questo quadro la individuazione delle aree e la zonizzazione delle stesse è solo uno degli aspetti del
lavoro, sebbene certamente il più importante o meglio ancora quello che desta il maggiore interesse. Lo
strumento di piano complessivo è invece il risultato della elaborazione dei dati appartenenti ai
sottosistemi ambientali esaminati.
Le limitazioni all’attività estrattiva sono tanto più restrittive quanto più è alto il valore ambientale del
sito, sebbene la restrizione possa portare a maggiori condizionamenti e garanzie per la qualità
ambientale.
L’individuazione di più sottozone a diverso grado di restrizione ha rappresentato un affinamento rispetto
all’individuazione di una sola grande area estrattiva all’interno della quale si sarebbe riproposto un
sistema di coltivazione “senza regole”. Tra le aree a differente grado di restrizione sono quindi state
scelte quelle all’interno delle quali non solo consentire la coltivazione, ma addirittura garantire la
coltivazione con ogni supporto tecnico ed amministrativo che possa dare stabilità agli investimenti
industriali.
Questi criteri e i diversi regimi vincolistici (o meglio normativi) per ciascuna delle aree, che hanno in
genere una validità spaziale e temporale variabile nel tempo, potranno essere facilmente aggiornati e
modificabili successivamente, anche alla luce dell’istituzione dell’Osservatorio di cui si dirà nel
prosieguo, i cui dati diventano strategici per la successiva fase gestionale.
Ciò sarà anche abbastanza agevole attraverso l’uso di un Sistema Informativo che è auspicabile venga
istituito ex novo presso la Regione Sicilia e caratterizzato appositamente per la gestione dell’attività
estrattiva.
5.3. Una proposta metodologica per le scelte di piano: l’individuazione delle aree di primo livello
Effettuare una pianificazione del territorio è qualcosa di veramente arduo e sul quale si registrano
sempre varie e contrastanti posizioni. Sicuramente è necessario non ricadere su criteri soggettivi.
Le metodologie di analisi del territorio sono varie; nel presente studio si è utilizzata, come detto, la
metodologia basata su tecniche di sovrapposizione delle carte tematiche (nota anche come "map-
overlay"), che consente di definire gli aspetti spaziali del problema.
L'utilizzo di questa metodologia è stato agevolmente possibile grazie al Sistema Informativo Territoriale
(S.I.T.) che il R.T.I. ha costituito ed implementato per l’analisi territoriale finalizzata alla elaborazione
degli Schemi di Piano delle attività estrattive siciliane. Tale strumento, come detto, potrà anche risultare
utile, e perfino strategico, se opportunamente finalizzato, per la successiva gestione.
Raccolti, inputati e trattati i dati di partenza, sono state costruite carte tematiche di base e carte derivate,
ottenendo un elevato grado di oggettivizzazione.
Attraverso il S.I.T. è stato possibile “leggere” e "descrivere" il territorio attraverso le sue "matrici
generative", sia quelle naturali (abiotiche e biotiche) che quelle antropiche.
Le matrici naturali abiotiche hanno consentito la ricostruzione dell'assetto geologico e geomorfologico,
in modo da poter individuare emergenze geo-morfologiche, morfologiche e idrogeologiche rilevanti.
Sono quindi state redatte varie carte di sintesi del sistema geolitologico, variabili per ciascuna delle aree di
studio.
Le matrici naturali biotiche hanno consentito la ricostruzione dell'assetto botanico-vegetazionale e delle
fitocenosi caratterizzanti il territorio, oltre all'assetto faunistico. La lettura delle componenti viene
effettuata sovrapponendo le informazioni raccolte nei territori oggetto di approfondimento e studio,
anche se ovviamente si deve evidenziare che la lettura naturalistica è stata effettuata su grande scala. Si è
riferito in proposito all’interno del volume 7 sulla lettura effettuata con la consulenza di un naturalista.
L'esame delle suddette componenti e la sintesi delle stesse, è possibile attraverso la lettura integrata
fornita dal S.I.T. costituito dal RTI come strumento di lavoro.
Le matrici antropiche hanno messo in evidenza l'attuale presenza umana, attraverso la dislocazione degli abitati, dell'assetto stradale, dell'assetto produttivo. Inoltre hanno posto in evidenza le "presenze del passato", attraverso le testimonianze archeologiche, architettoniche, il paesaggio agrario. La lettura del territorio secondo tali matrici viene evidenziata anch’essa nella visione globale ottenibile dal S.I.T.; in apposite carte di sintesi si sono riportati i beni culturali archeologici vincolati ex L. 1089/39, quelli segnalati, i beni architettonici extraurbani segnalati ovvero vincolati di riconosciuto valore storico-architettonico-paesaggistico.
Si sono definiti e riportati altresì altri beni e valenze ambientali sul territorio (cfr. tavole dei vincoli).
La conoscenza delle strutture percettive del paesaggio per specifiche aree può effettuarsi (solo nelle
situazioni più significative e non nella generalità dei casi) attraverso la lettura della morfologia di base e
l’analisi della visibilità. Si è utilizzata una metodologia messa a punto e validata in altri lavori tra cui
quello relativo alla valutazione dell’incidenza ambientale di interventi complessi in aree turistiche di
grande pregio e nel contempo di grande valore e fragilità ambientale. La metodologia proposta ha fatto
quindi riferimento a studi appositamente eseguiti per specifici lavori di ricerca dell’Ing. T. Farenga.
Nel S.I.T., per le situazioni particolari, sono state acquisite le curve di livello e si è ricostruito il modello
digitale del terreno, individuando una griglia territoriale di 100 m di lato, localmente anche ulteriormente
infittibile. Ciò ha consentito di generare nel S.I.T. delle rappresentazioni in grado di offrire delle
indicazioni sulla visibilità delle aree estrattive dai principali punti panoramici della zona (ad esempio
viabilità panoramica) ovvero da punti significativi (ad esempio centri abitati qualora vicini). Altresì
l’applicazione del modello (che ha utilizzato il software ArcView e il software 3D Analyst di ESRI Italia
licenziato all’ing. T. Farenga) consente di ricavare le aree di visibilità dalle specifiche cave. La
definizione delle aree di visibilità per le situazioni maggiormente critiche consente di intervenire,
ovviamente laddove possibile, per meglio indirizzare le scelte. Ovviamente non è possibile eliminare del
tutto le porzioni di territorio con elevata visibilità (e non era fra l’altro questo lo scopo) in quanto, come
descritto nel volume 7, le situazioni vincolistiche, urbanistiche, geologiche all’interno delle aree di
primo interesse, avrebbero potuto portare al totale annullamento di un elevato numero di aree, tra le quali
alcune di rilevanza strategica ai fini estrattivi. Diventa allora importante, dove viene segnalata una
particolare situazione di fragilità ambientale, intervenire con successive ed opportune Norme Tecniche
di Attuazione del Piano al fine di orientare la coltivazione e prevenire danni ambientali; ciò deve
ottenersi partendo già dalla fase di predisposizione dei nuovi progetti esecutivi di coltivazione ovvero
dei piani attuativi di dettaglio delle aree, in cui lo studio della visibilità deve divenire elemento portante
per le scelte specifiche di coltivazione e per la definizione dettagliata delle misure di mitigazione degli
impatti nonché delle tipologie di recupero ambientale.
La metodologia Map overlay ha consentito una agevole lettura mediante la sovrapposizione dei valori
paesaggistico ambientali, dei manufatti di valore storico culturale o artistico esterni ai centri abitati;
nonché degli altri parametri presenti nel S.I.T. all’uopo costituito. La lettura integrata ha condotto alla
definizione di specifiche unità areali, all’interno delle aree di primo interesse, totalmente libere da
vincoli per l’attività estrattiva ovvero caratterizzate da alcuni di essi non ritenuti ostativi alla coltivazione
di cava. Tali vincoli non ostativi sono comunque da tenere in conto e soppesare, caso per caso, in modo
da renderli compatibili con la stessa attività estrattiva. Nell’ambito di tali aree individuate, ulteriori
affinamenti dello studio, principalmente di carattere geolitologico, nonché geomorfologico ed
idrogeologico, oltrechè aggiornamenti sullo stato dei vincoli e dell’attività estrattiva, ha portato alla più
opportuna individuazione della perimetrazione delle aree estrattive denominate di “primo livello”.
Qualora necessario è stata anche qui applicata l’analisi di visibilità, ancorché non necessariamente la
stessa abbia portato a delle variazioni.
Le scelte finali sulla nostra proposta di pianificazione verranno ovviamente effettuate dal Committente e
dagli Enti locali coinvolti. In tale step è strategico il momento della partecipazione, favorito dall’Ente
Pubblico, oltre che con gli operatori del settore anche con le Associazioni presenti sul territorio e la
cittadinanza, attraverso le sue strutture organizzative e di rappresentanza.
Dall’applicazione della metodologia di tipo "map-overlay" sono emersi, nell’ambito delle aree di primo interesse, tre scenari:
⇒ Aree e subaree non sottoposte a limitazioni in relazione all’attività estrattiva (non in contrasto con
le caratteristiche e valenze ambientali, naturali e antropiche). Le porzioni di tali aree caratterizzate da
litologie idonee all’attività estrattiva, oltre che di comprovata utilità ai fini della commercializzazione del
prodotto estratto, sono rientrate a tutti gli effetti tra le aree estrattive di primo livello;
⇒ Aree e subaree sottoposte a limitazioni vincolistiche tali da non poter essere considerate idonee
all’individuazione, nel loro interno, di alcuna area di primo livello;
⇒ Aree e subaree solo parzialmente e localmente sottoposte a vincoli ritenuti ostativi all’attività
estrattiva. In presenza di tali situazioni si è proceduto all’esclusione di tutte quelle porzioni dell’area di
primo interesse non compatibili in alcun caso con la prosecuzione o lo sviluppo di attività estrattiva.
All’interno delle restanti zone, sono state valutate quelle caratterizzate da litologie idonee all’attività
estrattiva, oltre che di comprovata utilità ai fini della commercializzazione del prodotto estratto. Anche
in questo caso allora, tenuto conto di numerosi altri aspetti, le stesse zone sono rientrate a tutti gli effetti
tra le aree estrattive di primo livello.
Qualora si sia in presenza di aree di primo livello sottoposte a vincoli ambientali ed istituzionali che non
siano stati ritenuti ostativi all’attività estrattiva, nella considerazione che questi risultano comunque
condizionanti la coltivazione, diventa fondamentale l’applicazione di specifiche prescrizioni e norme.
Queste ultime devono puntare comunque a garantire la compatibilità tra la salvaguardia del territorio e
l’interesse e l’importanza economica che lo sviluppo dell’attività estrattiva riveste.
Ciò con particolare riferimento alle aree di estrazione dei materiali lapidei di pregio, laddove, stante la
“unicità” del materiale, è impossibile reperire lo stesso in altre aree.
Il peso degli elementi favorevoli per la valutazione di un’area di pregio deve avere valenza differente
rispetto a quello di parametri associati ai materiali di cava, stante la maggiore importanza economica dei
materiali lapidei di pregio.
Vi è inoltre da evidenziare che nell’ambito delle aree di primo livello individuate per i materiali di cava,
sono presenti anche quelle in cui viene estratto materiale di pregio. Ciò è legato alla considerazione che
le aree estrattive di materiale di pregio sono in genere preposte anche alla produzione di materiale per
inerti o comunque di cava, dove le caratteristiche tettoniche e strutturali non permettono l’estrazione di
materiale di pregio. Anche dove non è considerata la possibilità di coltivare materiale che non sia di
pregio, lo scarto della lavorazione è comunque sempre ritenuto idoneo all’utilizzo per fini differenti da
quelli ornamentali.
Giova evidenziare che le scelte finali che hanno portato all’individuazione definitiva delle aree di primo
livello, sono state effettuate attraverso una lettura integrata dei vari dati, informazioni e analisi
disponibili. In particolare si chiarisce che le scelte effettuate sono state verificate con:
• l’analisi delle risorse già individuate (cave attive e dati di cui alle schede elaborate sulle singole
cave, integrati con la conoscenza delle potenzialità e delle caratteristiche geolitologiche del giacimento);
• l’analisi delle risorse potenziali (nuovi siti possibili o aree abbandonate riattivabili identificate con le
ortofocarte, integrati con la conoscenza delle potenzialità e delle caratteristiche geolitologiche del
giacimento);
• le elaborazioni realizzate e gli approfondimenti effettuati sulle potenziali “aree di primo livello”;
• i documenti del quadro di riferimento programmatico (tra cui le pianificazioni di differente livello,
in particolare quello urbanistico ed il sistema vincolistico);
• le matrici naturali e antropiche (aree naturalistiche, aree archeologiche, aree parco e riserve naturali,
ecc);
• studi specifici, qualora disponibili, su alcune realtà estrattive;
• le analisi e gli approfondimenti derivanti anche dai sopralluoghi e dall’esame della documentazione
fotografica;
• analisi e discussione critica attraverso il patrimonio conoscitivo e l’esperienza di specifici consulenti
scelti nell’ambito del lavoro.
Quest’ultimo aspetto ha contribuito con un modello qualititativo, basato su specifiche conoscenze dei
consulenti, a meglio supportare le scelte finali.
Si ritiene che la maggior parte delle aree di primo livello scelte possa consentire un esercizio delle
attività estrattive “sostenibile”, e quindi che possano essere idonee per costituire i futuri poli estrattivi,
da intendersi come bacini aventi infrastrutture e servizi necessari per l’esercizio di una moderna attività
estrattiva, che possa configurare veri poli industriali e/o artigianali.
Nell’ambito delle aree individuate ne compaiono alcune che, nonostante dimensioni areali ridotte, si è
considerato comunque opportuno includere tra quelle estrattive. Ciò è scaturito sempre in presenza di
una cava in attività, per la particolarità del materiale estratto, di difficile reperimento (quarzareniti,
gesso..), o dalla necessità di individuare un’area estrattiva dove affioramenti di un particolare litotipo
risultano in prevalenza sottoposti a vincoli ostativi, oppure per preservare le rilevanti produzioni di una
cava ubicata su un affioramento di scarsa estensione.
In tali casi, l’area individuata non consente lo sviluppo dell’attività oltre quella già presente; questa
comunque potrà continuare ad operare sino ad esaurimento del giacimento (e quindi anche oltre la durata
dell’attuale autorizzazione). In tal modo, tra l’altro, l’attività isolata già presente non rimarrà a deturpare
l’area in cui ricade, ma consentirà il recupero della stessa in corso d’opera, con la continuazione della
coltivazione anche a questo fine orientata.
Tali aree di primo livello, di dimensioni ridotte, possono essere definite “di completamento”.
5.4. L’individuazione delle aree di “riserva” e delle aree da sottoporre a piani di recupero
Come precedentemente detto, le risultanze degli studi critici di dettaglio sulle aree di primo interesse,
hanno altresì condotto anche all’individuazione delle “aree di riserva”.
Sono state definite aree di riserva quelle porzioni di territorio non caratterizzate in genere da cave in
attività o che ne includono alcune isolate e di scarsa importanza produttiva. Tali aree sono state
perimetrate in corrispondenza di affioramenti che in zone limitrofe risultano avere caratteristiche
litologiche idonee all’estrazione; in alcuni casi rispondono invece a requisiti litologici di comprovata
ottima qualità verificata da studi di letteratura sugli stessi affioramenti condotti, oppure attraverso
appositi sopralluoghi ed approfondimenti. Talvolta si sono incluse tra le riserve aree nelle quali è
possibile estrarre materiale di difficile reperibilità e si è quindi ritenuto opportuno segnalare la sua
presenza in specifici siti.
Si deve comunque far presente che tali aree di riserva sono state perimetrate per tutta l’estensione
possibile degli affioramenti ritenuti idonei. Qualora tali aree dovessero risultare necessarie per l’apertura
di ulteriori attività estrattive, dovranno essere sottoposte a studi di dettaglio che confermino la reale
idoneità del sito sia per gli aspetti vincolistici (in quanto gli stessi sono in continua evoluzione, come per
esempio quelli urbanistici), sia per quel che riguarda la caratterizzazione morfologica e idrogeologica
puntuale in corrispondenza dei futuri sviluppi dell’attività estrattiva.
Gli studi condotti hanno inoltre consentito di evidenziare la presenza di aree fortemente degradate
dall’attività estrattiva e da sottoporre a piani particolareggiati di recupero.
Tali aree sono state prevalentemente individuate in corrispondenza di un rilevante numero di attività
estrattive pregresse, e spesso non ufficialmente censite, che si collocano in porzioni territoriali di
rilevante importanza ambientale e sottoposte a più vincoli ostativi all’attività estrattiva, sia territoriali
che istituzionali. Talvolta risultano incluse nelle stesse aree degradate anche attività dismesse
ufficialmente censite e/o cave in attività. Il reale stato di degrado presente in tali aree è stato valutato
approfonditamente dopo l’analisi delle ortofotocarte, attraverso sopralluoghi allo scopo condotti.
5.5. L’individuazione delle aree di secondo livello
Le realtà estrattive isolate sono state un’inevitabile conseguenza dell’applicazione della metodologia per
l’individuazione delle aree di primo interesse, basata sui criteri di scelta prima descritti. In realtà il
territorio presenta un’attività estrattiva non concentrata, ma diffusa e dispersa, tale da non consentire
un’adeguata e significativa pianificazione; nella maggior parte dei casi si osserva inoltre una casualità
nella distribuzione areale e spesso un “disordine territoriale”.
Data la dispersione delle cave in alcune zone e la variabilità del materiale estratto, lo studio finalizzato
all’analisi delle realtà estrattive isolate e alla loro inclusione o meno in vere e proprie aree estrattive,
sviluppato per Provincia, ha tenuto conto, prioritariamente, delle diverse tipologie merceologiche.
L’analisi ha inoltre considerato le varie situazioni ambientali riscontrabili nei siti, ed ha portato ad
evidenziare quelle realtà critiche (attraverso la metodologia Map Overlay) nonché altre prive di
problematiche.
Le aree circoscrivibili nell’intorno delle cave attive isolate, e ricadenti nell’ambito dell’affioramento che
costituisce il giacimento, sono state infatti analizzate con la stessa metodologia adottata per le aree di
primo interesse, sebbene con un grado di approfondimento differente, stante anche la ridotta importanza
delle stesse sotto il profilo economico. Anche per tali realtà è stata quindi applicata la metodologia
"map-overlay".
Da questo screening sono scaturiti due scenari differenti:
⇒ Aree circoscrivibili nell’intorno delle cave attive isolate non sottoposte a limitazioni particolari
(non in contrasto con le matrici naturali e antropiche). Tali aree hanno costituito le aree di secondo
livello.
⇒ Aree circoscrivibili nell’intorno delle cave attive isolate sottoposte a limitazioni tali da non essere
considerate idonee a costituire una realtà estrattiva.
Anche per le aree di secondo livello sono state individuate aree estrattive di modeste dimensioni (aree
definite di completamento). Purtroppo le condizioni territoriali e strutturali sono tali da obbligare le
scelte, aspetto questo che ha inciso anche sul numero delle aree di secondo livello individuate.
5.6. Le aree scelte: aree di primo e secondo livello, aree di recupero e di riserva
La proposta di schemi di piano che si è venuta a delineare, e presentata nelle tavole di cartografia di piano, (vedi gli allegati alla presente relazione generale, tra cui anche la cartografia di sintesi alla scala 1:250.000), individua aree di primo e di secondo livello.
La proposta presentata assume per noi la forza di un piano-processo: essa si trasforma e diventa piano (con le valenze allo stesso associabili) con il coinvolgimento degli attori dello sviluppo economico-sociale e con quelli della tutela del territorio.
Sono state individuate:
- le aree di primo livello, che costituiscono il livello più elevato della proposta, in cui individuare in
genere veri e propri poli industriali. Per tali aree sono state redatte apposite schede riportate nell’allegato
1a, corredate di cartografia alla scala 1:25.000 e di note specifiche, nella consistenza ritenuta necessaria
ed utile. Tali aree sono state suddivise per provincia;
- le aree di riserva, in cui attivare le coltivazioni man mano che si esauriscono le potenzialità dei
giacimenti delle varie aree estrattive, ovvero per particolari esigenze di mercato. Per tali aree sono state
redatte tabelle di caratterizzazione apposite, corredandole di cartografia alla scala 1:25.000, come
riportato nell’allegato 1b, suddivise per provincia;
- le aree degradate e da sottoporre a specifici studi di dettaglio e redazione di piani di recupero, anche
attraverso il riutilizzo produttivo. Per tali aree sono state redatte apposite schede riportate nell’allegato
1b, corredate di cartografia alla scala 1:25.000. Anche tali aree sono state suddivise per provincia;
- le aree di secondo livello, in genere di minore potenzialità estrattiva rispetto a quelle di primo
livello, ma necessarie per garantire la presenza uniforme di materiale sul territorio. Anche per tali aree
sono state redatte apposite schede riportate nell’allegato 2 e corredate di cartografia alla scala 1:25.000.
Si sono inoltre redatte delle schede di caratterizazione alla quali si rimanda. Tali aree sono state
suddivise per provincia.
Nell’allegato 1a, aree di primo livello, sono presenti schede, corredate di cartografia e note specifiche,
suddivise per provincia.
Le schede sono identificate attraverso un codice Scheda XX YY.ZZ, in cui XX rappresenta la provincia,
YY il numero progressivo dell’area all’interno della provincia, Z rappresenta il livello (primo) di
appartenenza. Tali schede riportano l’informazione relativa all’area di primo interesse e studio di cui
l’area di primo livello costituisce stralcio e che consente quindi di collegarsi al più ampio patrimonio
conoscitivo riportato nelle monografie del volume 7.
Nelle stesse schede è altresì riportata la tipologia del materiale estratto, l’estensione dell’area, il numero
di cave attive e dismesse censite dal CO.RE.MI, la presenza o l’assenza di aree di escavazione
telerilevate, le potenzialità estrattive dell’area individuata, la presenza o l’assenza di vincoli, con
l’indicazione degli stessi, la formazione costituente il giacimento. In particolari situazioni si è ritenuto
opportuno riportare delle specifiche considerazioni, emerse dagli studi proposti con il volume 7,
presentate sotto forma di note.
La cartografia geolitologica 1:25.000 riportata nell’allegato 1a consente quindi la corretta individuazione
della perimetrazione dell’area, oltre che di leggere le caratteristiche litologiche del giacimento e le
presenze vincolistiche sul territorio, unitamente all’ubicazione delle cave (attive, dismesse e telerilevate).
Con riferimento specifico alle aree di riserva, vengono riportate in allegato 1b, delle tabelle suddivise per
provincia con l’indicazione della sigla dell’area, il/i comune/i in cui la stessa ricade, il nome del litotipo
costituente il giacimento, la classe merceologica di riferimento e la superficie (espressa in kmq) dell’area
individuata. Si segnala che il codice della scheda indica con la lettera “RS” la tipologia di area (riserva),
seguita da un numero progressivo (unico per tutta la regione) e dalla sigla della provincia.
La cartografia 1:25.000 riportata nell’allegato 1b consente la corretta individuazione della
perimetrazione dell’area, oltre che di leggere l’informazione del litotipo costituente il giacimento.
Con riferimento specifico alle aree di recupero, anche queste riportate nell’allegato 1b, le stesse vengono
proposte, suddivise per provincia, con delle schede corredate di cartografia.
La scheda contiene, oltre ad informazioni ubicazionali (nome della località, provincia, comune),
l’indicazione degli affioramenti geolitogici, il sistema di coltivazione ed il numero di cave attive e
dismesse censite dal CO.RE.MI. Altresì viene riportata la presenza di aree di escavazione telerilevate, i
vincoli presenti (sia ostativi che non) e la tipologia di recupero (che fa riferimento alla tipologia di
recupero descritta nel volume 6 associato). Il codice della scheda indica con la lettera “R” la tipologia di
area (recupero), seguita dalla sigla della provincia e da un numero progressivo (unico per tutta la
regione).
La cartografia 1:25.000 riportata nell’allegato 1b consente quindi la corretta individuazione della
perimetrazione dell’area, oltre che di leggere le presenze vincolistiche sul territorio, unitamente
all’ubicazione delle cave (attive, dismesse e telerilevate).
Nell’allegato 2, aree di secondo livello, sono presenti schede, corredate di cartografia e tabelle di
caratterizzazione, suddivise per provincia.
Le schede sono identificate attraverso un codice Scheda XX YY.ZZ, in cui XX rappresenta la provincia,
YY il numero progressivo dell’area all’interno della provincia, Z rappresenta il livello (secondo) di
appartenenza.
Nelle stesse schede è altresì riportata la tipologia del materiale estratto, l’estensione dell’area, il numero
di cave attive e dismesse censite dal CO.RE.MI, la presenza o l’assenza di aree di escavazione
telerilevate, le potenzialità estrattive dell’area individuata, la presenza o l’assenza di vincoli, con
l’indicazione degli stessi, la formazione costituente il giacimento.
La cartografia 1:25.000 riportata nell’allegato 2 consente la corretta individuazione della perimetrazione
dell’area, oltre che di leggere le caratteristiche litologiche del giacimento e le presenze vincolistiche sul
territorio, unitamente all’ubicazione delle cave (attive, dismesse e telerilevate).
Come detto, sono poi riportate delle tabelle di caratterizzazione che vengono presentate in calce a schede
e cartografia di ognuna delle province.
5.7. Le aree scelte: contenuti della pianificazione di dettaglio (contributi ad eventuali NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE)
5.7.1. Contenuti della pianificazione per le aree di primo e secondo livello
Le finalità e i contenuti della pianificazione di dettaglio per le aree di primo e di secondo livello già
richiamati precedentemente, vengono riformulati come segue:
1) garantire la proiezione operativa di scelte territoriali regionali effettuate con la redazione del
Piano e relative ad insediamenti produttivi nel settore estrattivo finalizzati ad una razionalizzazione e ad
un miglior sfruttamento del materiale, oltre che alla rilocalizzazione di attività estrattive esistenti
disperse sul territorio oppure esistenti in zone “da alleggerire” o in zone da riordinare.
2) garantire la disponibilità delle aree per gli insediamenti industriali e produttivi connessi all’attività
estrattiva.
3) promuovere un’organica pianificazione esecutiva.
4) consentire un sicuro approvvigionamento di materia prima per almeno un decennio e pilotare non
solo la coltivazione ma anche il recupero del bacino.
5) favorire ed eventualmente obbligare le coltivazioni coordinate di più aziende operanti su lotti
vicini.
E’ quindi consentita la suddivisione della zona in aree omogenee e l’eventuale assegnazione di lotti alle
aziende che ne facciano richiesta, compatibilmente con i quantitativi massimi estraibili.
La pianificazione di dettaglio individuerà i lotti che saranno oggetto di coltivazione e le infrastrutture
comuni ai lotti (strade, discariche detriti, centro commerciale, ecc.).
Per quanto attiene ai punti 4) e 5), la pianificazione di dettaglio obbliga nelle N.T.A. l’escavazione del
materiale necessario, oltre a sottoporre più lotti contigui alla predisposizione di piani unitari di
coltivazione e di recupero, che saranno classificabili come “piani di comparto”.
Le pianificazioni di dettaglio per il bacino potranno essere redatte di iniziativa ed a cura di tutte le
aziende estrattive consorziate o, in caso di inadempienza entro mesi 12, dal comune o da un consorzio
dei comuni interessati, con addebito delle spese al consorzio.
I piani di dettaglio (Piani di Bacino – P.d.B.) conterranno:
A. Stralcio degli elaborati del Piano Regionale con l’individuazione della zona in oggetto;
B. stralcio del P.R.G. o P. di F. vigente, con l’individuazione della zona di piano;
C. stralcio delle N.T.A. del P.R.G. o P. di F. per la zona in questione;
D. carta dell’uso del suolo;
E. rilievo dello stato dei luoghi;
F. studio geologico di dettaglio dell’area interessata dal P. di B.;
G. studio geotecnico;
H. elaborati di progetto del P. di B. disegnati su mappa catastale (piano di azzonamento, piano viario,
piano di servizi, ecc.);
I. elaborati di dettaglio esecutivi;
J. piano dei lotti di coltivazione;
K. tavola o altro elaborato da cui risultino le norme attuative specifiche del P. di B.;
L. studio di impatto ambientale;
M. piano particellare dei terreni;
N. relazione tecnica illustrativa.
Il contenuto dei singoli elaborati del P. di B. deve essere il seguente:
A. l’elaborato deve riportare nella stessa scala delle carte di Piano Regionale ex L.R.S. 127/80, le
indicazioni dello stesso in relazione alle risorse sul territorio e ai vincoli estrattivi sia nella zona oggetto
del piano di bacino che per congrue zone adiacenti in modo da rendere evidenti le interrelazioni con le
altre risorse e con le altre zone di piano. Su questo elaborato verrà con precisione indicato il perimetro
del piano di bacino derivante dallo studio di dettaglio.
B. Questo elaborato deve riportare nella stessa scala dello strumento urbanistico generale le
indicazioni dello stesso sia per la zona di piano, che di fatto si intende recepita ai sensi della normativa
vigente, che per congrue zone adiacenti in modo da rendere evidenti le relazioni pianificatorie con le
stesse. Anche tale elaborato riporterà l’esatto perimetro del piano di bacino derivante dallo studio di
dettaglio.
C. In questa tavola o altro elaborato devono riportarsi le N.T.A. del P.R.G. o P. di F. che possono
ispirare e condizionare la disciplina di dettaglio della zona estrattiva oggetto del P. di B..
D. Tale elaborato deve riportare, alla stessa scala dello strumento urbanistico generale, l’uso attuale
del suolo esteso a congrue zone adiacenti, come per l’elaborato di cui al punto B).
E. Tale elaborato deve riportare indicazioni specifiche delle attuali superfici, dei fronti di cava e
delle infrastrutture attualmente esistenti (strade, elettrodotti, acquedotti, ecc.). Nello stesso elaborato si
riporterà il rilievo aerofotogrammetrico. La scala di redazione sarà di 1:5.000 e 1:2.000.
F. In tale elaborato verranno descritte le caratteristiche geomorfologiche, litologiche, idrogeologiche
e geostrutturali (giacitura, struttura, eventuale stato fessurativo e di fratturazione) dei terreni interessati.
E’ altresì richiesto un rilevamento geologico dell’area da riportare su tavola alla scala 1:5.000 corredato
da sezioni geologiche alla scala 1:2.000 che mettano in evidenza gli spessori e le giaciture degli strati dei
terreni oggetto di coltivazione. Tali caratterizzazioni saranno desunte da indagini sul terreno (es.
sondaggi geognostici) definite necessarie dal nucleo tecnico preposto alla redazione del P. di B..
G. Tale studio determinerà le caratteristiche dei materiali in funzione della loro utilizzazione sul
mercato. Le stesse caratteristiche saranno desunte da prove di laboratorio eseguite su campioni prelevati
in sito nel numero definito idoneo per la determinazione, dal nucleo tecnico preposto alla redazione del
P. di B.. Dovranno essere altresì definiti i parametri necessari per la valutazione delle altezze massime di
scavo nel rispetto delle condizioni di sicurezza per la stabilità dei fronti.
H. Questi elaborati verranno disegnati su mappe catastali dotate di quote e curve di livello da
desumersi dal rilievo aerofotogrammetrico. La scala degli stessi sarà di 1:2.000. In merito ai contenuti,
dagli elaborati si evinceranno tutte le indicazioni necessarie per un organico assetto della zona sia sotto il
profilo produttivo che ambientale; sono anche da considerare tutte le interrelazioni necessarie con le
zone contigue (aree industriali, strade esterne al bacino, ecc.). Sugli elaborati dovranno leggersi tutte le
informazioni catastali e le strade e gli spazi riservati a viabilità, parcheggi, discariche, lotti di
coltivazione, zone di protezione, ecc..
I. Negli elaborati di dettaglio esecutivi verranno indicate le sezioni tipo delle sedi stradali, delle aree
di discarica e dei lotti oltre ai tipi di eventuali alberature. Altresì tali grafici sono da redigere con
simulazione biennale delle trasformazioni del bacino e nella situazione finale, con chiara evidenza dei
recuperi progressivi da effettuarsi. La scala degli elaborati sarà di 1:2.000 e 1:1.000; per le sezioni
stradali e le alberature la scala sarà di 1:200.
J. Nel piano dei lotti di coltivazione, da redigersi alla scala di 1:2.000 e 1:1.000, verranno riportate
le indicazioni di quelli facenti parte di comparti produttivi, con indicazioni sulle modalità di
coltivazione, sui vari parametri in gioco e con gli obblighi concernenti la coltivazione dei singoli lotti.
K. In tale tavola, o altro elaborato, si riporteranno tutti i parametri di coltivazione nonché la natura e
la portata delle limitazioni e dei vincoli imposti alla coltivazione. In particolare le caratteristiche delle
coltivazioni potranno precisarsi mediante indici di sfruttamento o densità, rapporti tra coltivazioni vicine
e tempi di coltivazione. Altresì attraverso tipi di recinzione, di alberature, di sistemazioni a verde delle
aree di recupero, disciplina degli impianti e degli edifici di servizio. Viene fatto obbligo, comunque, che
tali norme di attuazione vadano concepite e definite all’interno di quelle più generali che la Regione
Sicilia vorrà definire per il Piano Cave. Le norme di attuazione conterranno anche il regolamento per la
coltivazione delle cave. Altresì non potranno ignorarsi le norme e i regolamenti dello strumento
urbanistico generale nelle parti non in contrasto con i contenuti del Piano.
L. Lo studio metterà in evidenza l’impatto sulle acque superficiali e sotterranee, l’impatto su flora e
fauna, sui valori del territorio (come beni ambientali e culturali, ecc.), l’impatto sulle infrastrutture delle
zone dovuto ai rumori, al traffico, alle polveri, ecc., quello sulla popolazione, sull’occupazione e
sull’economia. Dallo studio emergeranno anche le eventuali soluzioni per limitare gli impatti negativi.
M. Tale elaborato è costituito da un elenco catastale delle ditte intestatarie delle aree, con indicazione
del comune, del foglio, delle particelle ed eventuali subalterni, della superficie catastale e dei redditi
dominicale ed agrario. Questo elaborato è corredato da planimetria catastale alla scala di 1:4.000 e/o
1:2.000, in cui sono evidenziate le aree dei lotti di coltivazione.
N. Tale elaborato, oltre a contenere le necessità che impongono la redazione del piano e le finalità
dello stesso, conterrà i criteri, le scelte e i tempi di attuazione sia delle infrastrutture, che delle
coltivazioni e dei recuperi. Conterrà altresì tutte le prescrizioni necessarie per il raggiungimento delle
finalità previste nel progetto di piano. Sarà anche corredato dalla previsione di massima delle spese che i
comuni o i consorzi, sia pubblici che privati, prevedono di affrontare per l’acquisizione delle aree e per
la realizzazione delle infrastrutture. Essendo la spesa indicata solo di previsione la stessa ha carattere
programmatico ed è quindi soggetta a revisioni o ad aggiornamenti.
5.7.2. Contenuti della pianificazione per le aree da recuperare
Le finalità e i contenuti del Piano di recupero già richiamati precedentemente, vengono riformulati come
segue:
1) garantire un recupero delle aree fortemente degradate da attività estrattive qualora possibile anche
attraverso un organico riutilizzo delle aree che prevedano rimodellazione dei fronti e del fondo e
abbattimento di diaframmi tra cave vicine. In particolare ha la finalità di valutare l’esistenza di ulteriori
giacimenti sfruttabili, anche differenti dal litotipo in affioramento, e consentirne lo sfruttamento proteso
al recupero finale;
2) garantire la proiezione operativa di scelte territoriali regionali effettuate con la redazione del
Piano Cave.
3) Garantire la disponibilità delle aree per gli insediamenti industriali e produttivi connessi
all’attività estrattiva qualora sia possibile la ripresa della stessa.
4) Promuovere un’organica pianificazione esecutiva.
5) Consentire un sicuro approvvigionamento di materia prima e pilotare il recupero del bacino.
6) Favorire ed eventualmente obbligare le coltivazioni coordinate di più aziende operanti su lotti
vicini.
Al fine di garantire quanto previsto al punto 1), il Piano obbligherà i proprietari al recupero delle aree
attraverso un riutilizzo produttivo e in caso di inadempienza consentirà l’acquisizione al patrimonio
regionale e la riassegnazione a ditte che ne facciano richiesta per il proseguimento della coltivazione,
alle quali la regione potrà eventualmente offrire sostegno economico.
Il piano sarà redatto a cura della Regione o della Provincia o del Comune, di concerto tra i vari soggetti
istituzionali e non, e potrà costituire anche variante automatica alle previsioni del Piano Cave; potrà
altresì imporre il divieto di apertura di nuovi lotti di coltivazione in bacini compresi nel raggio di
commercializzazione dei materiali estratti nel bacino di recupero stesso.
La Regione o altro soggetto istituzionale competente, per tali scopi, potrà stipulare delle convenzioni con
le aziende estrattive interessate riunite in consorzio, che si faranno parzialmente carico delle spese di
redazione del piano.
E’ consentita la suddivisione della zona in aree omogenee e l’eventuale assegnazione di lotti alle aziende
che ne facciano richiesta, compatibilmente con i quantitativi massimi estraibili.
Il Piano di Recupero (P. di R.), individuerà i lotti che saranno oggetto di coltivazione e le infrastrutture
comuni ai lotti (strade, discariche detriti, centro commerciale, ecc.).
Il P. di R. obbliga, nelle N.T.A., l’escavazione del materiale necessario, oltre a sottoporre più lotti
contigui alla predisposizione di piani unitari di coltivazione e di recupero, che saranno classificati come
“piani di comparto”.
I Piani di Recupero conterranno:
A. Stralcio degli elaborati del P.R.E.M.A.C. con l’individuazione della zona in oggetto;
B. stralcio del P.R.G. o P. di F. vigente, con l’individuazione della zona di piano;
C. stralcio delle N.T.A. del P.R.G. o P. di F. per la zona in questione;
D. carta dell’uso del suolo;
E. rilievo dello stato dei luoghi;
F. studio geologico di dettaglio dell’area interessata dal P. di R.;
G. studio geotecnico;
H. elaborati di progetto del P. di R. disegnati su mappa catastale (piano di azzonamento, piano viario,
piano di servizi, ecc.);
I. elaborati di dettaglio esecutivi;
J. piano dei lotti di coltivazione;
K. tavola o altro elaborato da cui risultino le norme attuative specifiche del P. di R.;
L. studio di impatto ambientale;
M. piano particellare dei terreni;
N. relazione tecnica illustrativa.
Il contenuto dei singoli elaborati del P. di R. deve essere il seguente:
A. l’elaborato deve riportare nella stessa scala delle carte del Piano Cave della Regione Sicilia, le
indicazioni dello stesso in relazione alle risorse sul territorio e ai vincoli estrattivi sia nella zona oggetto
del piano di recupero che per congrue zone adiacenti in modo da rendere evidenti le interrelazioni con le
altre risorse e con le altre zone di piano. Su questo elaborato verrà con precisione indicato il perimetro
del piano di recupero derivante dallo studio di dettaglio.
B. Questo elaborato deve riportare nella stessa scala dello strumento urbanistico generale le
indicazioni dello stesso sia per la zona di piano, che, di fatto, si intende recepita ai sensi della normativa
vigente, che per congrue zone adiacenti in modo da rendere evidenti le relazioni pianificatorie con le
stesse. Anche tale elaborato riporterà l’esatto perimetro del piano di recupero derivante dallo studio di
dettaglio.
C. In questa tavola o altro elaborato devono riportarsi le N.T.A. del P.R.G. o P. di F. che possono
ispirare e condizionare la disciplina di dettaglio della zona estrattiva oggetto del P. di R..
D. Tale elaborato deve riportare, alla stessa scala dello strumento urbanistico generale, l’uso attuale
del suolo esteso a congrue zone adiacenti, come per l’elaborato di cui al punto B).
E. Tale elaborato deve riportare indicazioni specifiche delle attuali superfici, dei fronti di cava e
delle infrastrutture attualmente esistenti (strade, elettrodotti, acquedotti, ecc.). Nello stesso elaborato si
riporterà il rilievo aerofotogrammetrico. La scala di redazione sarà di 1:2.000. Particolare attenzione si
presterà a rilievo delle condizioni di stabilità, di inquinamento e di quant’altro possa condizionare il
recupero delle aree.
F. In tale elaborato verranno descritte le caratteristiche geomorfologiche, litologiche, idrogeologiche
e geostrutturali (giacitura, struttura, eventuale stato fessurativo e di fratturazione) dei terreni interessati.
E’ altresì richiesto un rilevamento geologico dell’area da riportare su tavola alla scala 1:5.000 corredato
da sezioni geologiche alla scala 1:2.000 che mettano in evidenza gli spessori e le giaciture degli strati dei
terreni oggetto di coltivazione. Tali caratterizzazioni saranno desunte da indagini sul terreno (es.
sondaggi geognostici) definite necessarie dal nucleo tecnico preposto alla redazione del P. di R.. In
particolare dovrà effettuarsi idonea determinazione della natura e degli spessori ancora coltivabili nelle
aree di cava dismesse, estendendo anche l’indagine ai litotipi non in affioramento.
G. Tale studio determinerà le caratteristiche dei materiali in funzione della loro utilizzazione sul
mercato. Le stesse caratteristiche saranno desunte da prove di laboratorio eseguite su campioni prelevati
in sito nel numero definito idoneo per la determinazione, dal nucleo tecnico preposto alla redazione del
P. di R.. Dovranno essere altresì definiti i parametri necessari per la valutazione delle altezze massime di
scavo nel rispetto delle condizioni di sicurezza per la stabilità dei fronti.
H. Questi elaborati verranno disegnati su mappe catastali dotate di quote e curve di livello da
desumersi dal rilievo aerofotogrammetrico. La scala degli stessi sarà di 1:2.000. In merito ai contenuti,
dagli elaborati si evinceranno tutte le indicazioni necessarie per un organico assetto della zona sia sotto il
profilo produttivo che ambientale; sono anche da considerare tutte le interrelazioni necessarie con le
zone contigue (aree industriali, strade esterne al bacino, ecc.). Sugli elaborati dovranno leggersi tutte le
informazioni catastali e le strade e gli spazi riservati a viabilità, parcheggi, discariche, lotti di
coltivazione, zone di protezione, ecc..
I. Negli elaborati di dettaglio esecutivi verranno indicate le sezioni tipo delle sedi stradali, delle aree
di discarica e dei lotti oltre ai tipi di eventuali alberature. Altresì tali grafici sono da redigere con
simulazione biennale delle trasformazioni del bacino e nella situazione finale, con chiara evidenza dei
recuperi progressivi da effettuarsi. La scala degli elaborati sarà di 1:2.000 o 1:1.000; per le sezioni
stradali e le alberature la scala sarà di 1:200. Il recupero prevederà anche l’abbattimento dei diaframmi e
il rimodellamento dei fronti al fine di diminuire l’impatto visivo. Prevederà altresì un recupero di tipo
produttivo (es. agricolo) e si adeguerà il più possibile alle previsioni dello strumento urbanistico
comunale.
J. Nel piano dei lotti di coltivazione, da redigersi alla scala di 1:2.000 o 1:1.000, verranno riportate
le indicazioni di quelli facenti parte di comparti produttivi, con indicazioni sulle modalità di
coltivazione, sui vari parametri in gioco e con gli obblighi concernenti la coltivazione dei singoli lotti.
K. In tale tavola, o altro elaborato, si riporteranno tutti i parametri di coltivazione nonché la natura e
la portata delle limitazioni e dei vincoli imposti alla coltivazione. In particolare le caratteristiche delle
coltivazioni potranno precisarsi mediante indici di sfruttamento o densità, rapporti tra coltivazioni vicine
e tempi di coltivazione. Altresì attraverso tipi di recinzione, di alberature, di sistemazioni a verde delle
aree di recupero, disciplina degli impianti e degli edifici di servizio. Viene fatto obbligo, comunque, che
tali norme di attuazione vadano concepite e definite all’interno di quelle più generali del Piano Cave. Le
norme di attuazione conterranno anche il regolamento per la coltivazione delle cave come estratto di
quello più generale definito nel Piano Cave, salvo le necessarie ulteriori specificazioni settoriali. Altresì
non potranno ignorarsi le norme e i regolamenti dello strumento urbanistico generale nelle parti non in
contrasto con i contenuti del Piano Cave.
L. Lo studio metterà in evidenza l’impatto sulle acque superficiali e sotterranee, l’impatto su flora e
fauna, sui valori del territorio (come beni ambientali e culturali, ecc.), l’impatto sulle infrastrutture delle
zone dovuto ai rumori, al traffico, alle polveri, ecc., quello sulla popolazione, sull’occupazione e
sull’economia. Dallo studio emergeranno anche le eventuali soluzioni per limitare gli impatti negativi.
M. Tale elaborato è costituito da un elenco catastale delle ditte intestatarie delle aree, con indicazione
del comune, del foglio, delle particelle ed eventuali subalterni, della superficie catastale e dei redditi
dominicale ed agrario. Questo elaborato è corredato da planimetria catastale alla scala di 1:4.000 o
1:2.000, in cui sono evidenziate le aree dei lotti di coltivazione.
N. Tale elaborato, oltre a contenere le necessità che impongono la redazione del piano e le finalità
dello stesso, conterrà i criteri, le scelte e i tempi di attuazione sia delle infrastrutture, che delle
coltivazioni e dei recuperi. Conterrà altresì tutte le prescrizioni necessarie per il raggiungimento delle
finalità previste nel progetto di piano. Sarà anche corredato dalla previsione di massima delle spese che i
comuni o i consorzi, sia pubblici che privati, prevedono di affrontare per l’acquisizione delle aree e per
la realizzazione delle infrastrutture. Essendo la spesa indicata solo di previsione la stessa ha carattere
programmatico ed è quindi soggetta a revisioni o ad aggiornamenti.
Considerazione e suggerimenti per la gestiopne tecnico amministrativa
6.1. Individuazione dell'Organo di gestione
I criteri tecnico-amministrativi di gestione del bacino estrattivo, anche quando disposti per fini di
ottimizzazione dei processi produttivi, hanno immediate ripercussioni sull'impatto ambientale e sull'uso
del territorio: occorre a tal proposito evidenziare che la competenza sull'uso del territorio è
espressamente conferita al Comune dall’art. 12 della LRS 127/80.
La gestione esecutiva del bacino, intesa come applicazione esecutiva delle linee di orientamento e dei
criteri tecnico-amministrativi individuati nel Piano, deve dunque essere attribuita al Comune in forza
dell’ordinamento amministrativo vigente e, nello specifico, delle competenze sull’uso del territorio ai
fini estrattivi che gli riconosce la legge mineraria.
L’attribuzione di specifiche competenze al Comune è uno degli elementi costitutivi della
semplificazione burocratica permessa dalla linea di indirizzo già enunciata ed è consentita dal comma 1
dell'art. 5 del D.P.R. 12.04.96.
“Il Comune, ai sensi della L.R.S. 127/80, si deve pronunciare sugli aspetti di recupero ambientale delle
cave a prescindere dalla disciplina di attuazione del Piano, e di solito vi provvede interessando il
proprio Ufficio Tecnico e la Commissione Edilizia”.
Al Comune, al fine di garantire un maggiore controllo sul territorio e snellire gli adempimenti tecnico-
amministrativi, potrebbero essere trasmesse anche le competenze relative all'applicazione e/o al
coordinamento locale (sempre sotto la vigilanza del competente organo regionale) delle iniziative per
l'applicazione dei criteri tecnico-amministrativi del Piano. A ciò possono unirsi i monitoraggi, i controlli
e le scelte operative di riuso dell'area dopo la coltivazione, nonché le iniziative per l'elaborazione della
pianificazione esecutiva dei bacini.
Nel caso di bacini molto estesi, o comunque interessanti ambiti sovracomunali, la gestione esecutiva
potrà essere affidata ad un Organo di gestione comune, o ad un Organo eventualmente coordinato dalla
Provincia Regionale competente.
Sono opportune, e in alcune situazioni strettamente necessarie, pianificazioni esecutive che contengano,
fra l’altro:
1 – la previsione di aree per la realizzazione di servizi e di impianti, quali:
• Servizi di pronto soccorso
• Servizi di ristorazione
• Uffici commerciali e locali espositivi della produzione centralizzati
• Lavorazioni derivate
• Spazi ed eventuali locali per imprese di servizi per cave
2 - eventuali specifici progetti di recupero dell'area al termine dello sfruttamento. Questi devono essere
individuati a livello locale e prevedere particolari criteri di coltivazione per determinare lo specifico
assetto finale dell'area.
Tali progetti dovranno tenere in conto e prevedere:
• utilizzazioni produttive legate al ciclo dei rifiuti, quali stoccaggio RSU o rifiuti speciali, trattamento
selettivo dei rifiuti, recupero materiale per il riciclo
• isole ecologiche per il deposito e il trattamento per il riciclaggio di terre e materiali litoidi di risulta
da scavi civili e da attività estrattive, comprese le lavorazioni dei relativi minerali
• proposte di utilizzazione delle aree recuperate (per es. per pesca o sport, o pescicoltura, impianti
sportivi
• ricostituzioni o realizzazioni di ambienti di valenza naturalistica
6.2. Fase transitoria e successiva attuazione del Piano
Con il termine "fase transitoria" intendiamo l'arco temporale richiesto per la concentrazione dell'attività
estrattiva entro i bacini a ciò destinati, la cui durata non può essere prevista in questa sede, e che
potrebbe essere anche molto lunga, per vari motivi, tra cui:
• Incertezze sui tempi di adozione ed approvazione del Piano
• Esistenza di molte cave autorizzate nel 2001 (o comunque negli ultimi anni) per 15 anni e di molte
ancora la cui procedura autorizzatoria è in stato avanzato di istruttoria e per la quale può prevedersi il
rilascio dell’autorizzazione prima dell’entrata in vigore del Piano
• Tempi necessariamente lunghi a partire dall’adozione fino all’approvazione definitiva del Piano.
Fino all’approvazione del Piano, e alla sua completa operatività, devono essere possibili esclusivamente
le coltivazioni all’interno delle cave attualmente autorizzate (a ciò si può pensare di provvedere
attraverso un apposito atto normativo).
Con l’approvazione del Piano, la pianificazione verrà attuata seguendo una scala di priorità per pilotare
le scelte delle aree estrattive.
Questa è costituita dai seguenti steps:
• Primo step: aree delle cave esistenti ovvero quelle circostanti le cave oggi attive da sfruttare (la cui
coltivazione può porsi in relazione al recupero ambientale), e delle cave dismesse il cui recupero richieda
la ripresa dell'attività produttiva.
• Secondo step: attivazione piena dei bacini esistenti e impostati attorno alle realtà estrattive esistenti,
esenti da vincoli ostativi, tipo quelli paesistici, urbanistici e archeologici ed esterni ad aree protette,
come scelti in sede di Piano e coincidenti con le aree di primo e di secondo livello.
• Terzo step: attivazione delle aree in cui non sono attualmente presenti cave in attività o delle aree di
riserva all’uopo previste.
Tutti le aree potranno prevedere l’attivazione a regime solo dopo la redazione ed approvazione del
relativo piano attuativo.
Per ammortizzare le prevedibili forti oscillazioni della domanda di prodotti di cava, è prevista la
possibilità di attivare contemporaneamente due o più degli steps produttivi sopraddetti, secondo
valutazioni da fare in tempo reale.
Poiché la variabilità della domanda può interessare aree geografiche diverse, il Comune (unitamente ad
altre istituzioni rappresentative delle forze economico-sociali) assume il ruolo di soggetto promotore,
attraverso l'Osservatorio del Piano, dell'intervento dell'Organo Regionale per l'attivazione delle iniziative
necessarie.
6.3. Criterio di sequenzialità crono-spaziale dell'attività estrattiva
L'attività estrattiva entro le aree estrattive individuate dovrà essere concepita come l'attività di una
grande cava nella quale le ditte operanti coltivino un cantiere armonicamente inserito in un progetto di
esaurimento dell'intero giacimento compreso nel “bacino” (area estrattiva individuata).
A questo fine in ogni bacino le autorizzazioni vanno accordate, nei limiti delle particolarità
geomorfologiche o del metodo di coltivazione tecnicamente più idoneo, in modo da conseguire i
seguenti obiettivi:
1. Esaurimento quanto più integrale del giacimento circoscritto, perseguito tendenzialmente tramite
l'estensione dell'attività estrattiva a tutta la superficie coltivabile per aree coltivate sequenzialmente.
2. Concentrazione nel minore spazio possibile delle cave contemporaneamente attive, garantendo, nel
caso di affiancamento di lotti di coltivazione da assegnare a ditte diverse, l'occupazione di superfici
corrispondenti alla produzione e alla potenzialità estrattiva riconosciuta come autorizzabile, e uniformità
della data di esaurimento di cave affiancate eventualmente operanti.
3. Assicurazione di un ordinato sviluppo dell'attività con clausole che garantiscano per quanto possibile
l'uniformità, all'interno del bacino, del metodo di coltivazione, del sistema di abbattimento, della
logistica dei trasporti interni, nonché l'uniformità di avanzamento dei fronti, delle quote dei piazzali,
della modulazione dei gradini nel caso questi siano previsti, e l'armonizzazione della durata delle singole
cave.
4. Pianificazione delle superfici necessarie per la viabilità interna di bacino, per i servizi comuni, per
l'ordinato stoccaggio di eventuale sterile derivante dal cappellaccio in attesa della collocazione di
progetto e, ove necessario in dipendenza delle caratteristiche geogiacimentologiche e territoriali del
bacino, del materiale che ciascuna cava o gruppi di cave dovranno accantonare per la ricostituzione del
suolo agrario a fine coltivazione.
5. Recupero in itinere dell’area estrattiva, coordinato con la stessa coltivazione e fra tutte le cave
limitrofe.
Il risultato consisterà nel conseguimento di uno stato finale in cui tutta l'area coltivabile risulta sfruttata
fino alla quota prevista, senza diaframmi o zone di separazione tra campi estrattivi contigui (se non per
motivi giacimentologici); altresì nel conseguimento di un raccordo globale dell'area esaurita, rispetto a
quella circostante, con un'unica fascia di transizione, progettata con criteri naturalistici e calcolata
geotecnicamente per una stabilità di durata indefinita.
In talune tipologie geomorfologiche e giacimentologiche, per giacimenti di grande estensione e potenza,
un ulteriore beneficio sotto il profilo statico, ambientale, di resa di coltivazione, di miglioramento
economico del processo estrattivo, potrebbe essere conseguito concedendo autorizzazioni per
coltivazione di un lotto orizzontale del giacimento, con riserva di concedere, dopo l'esaurimento del
primo lotto, ulteriori autorizzazioni per successivi lotti.
I vantaggi sotto il profilo minerario (sicurezza, economia di gestione, miglioramento dell'assetto statico
del transitorio, resa di coltivazione, costi del recupero, ecc), sono evidenti.
E’ opportuno comunque evidenziare, ed è già stato richiamato in altra sede, la necessità di procedere
all’attuazione del presente Schema di Piano, attraverso piani esecutivi di area finalizzati allo
sfruttamento ed esaurimento del giacimento.
Alla pianificazione esecutiva dovrà accompagnarsi anche un piano per il recupero ambientale relativo
alle coltivazioni del primo quindicennio.
Considerazioni per la protezione della falda e calcolo di stabilità globale delle aree estrattive
L'Ente gestore, sulla base delle indicazioni desumibili dai vari studi condotti per la redazione del Piano
nonché di quelle di dettaglio ricavabili dal progetto esecutivo di cava, è opportuno ed auspicabile che si
doti di un sistema di monitoraggio (da mettere a disposizione dell'Osservatorio del piano ed in grado
anche di utilizzare dati rinvenienti da altre Istituzioni preposte alla rilevazione ed analisi di specifici dati
ambientali).
Qualora necessario è bene disporre di una raccolta dati per la valutazione dei rischi di vulnerabilità della
falda per effetto di eventuale asportazione di livelli impermeabili o di riduzione degli strati filtranti
sovrastanti.
Con riferimento alle problematiche legate alla stabilità delle aree, si richiama anche l’importanza del
D.Lgs. 624/96, che regolamenta la gestione delle condizioni di sicurezza nelle attività estrattive. Con
specifico riferimento ai casi di instabilità dei fronti di cava il D.Lgs. prevede che ciascun esercente
provveda annualmente alla valutazione geotecnica di stabilità dei fronti stessi.
Nessun obbligo di legge viene previsto invece per la verifica globale di stabilità di un bacino estrattivo
ove operino più cave, specialmente nel caso frequente di attività contemporanea.
Deve essere prevista quindi in sede di pianificazione esecutiva del bacino la verifica globale dello stesso,
nel caso che la relativa importanza ne giustifichi la redazione.
6.5. La qualificazione del materiale da estrarre
Il progetto di coltivazione deve essere corredato di relazione litologica e merceologica, supportata da
campionature del materiale da estrarre, da esami petrologici, mineralogici e chimici specifici per l'uso
cui il materiale viene destinato. Per impieghi edilizi devono prevedersi anche le prove di laboratorio
idonee alla caratterizzazione merceologica prescritta dalla normativa vigente.
L'autorizzazione non deve essere rilasciata per usi a cui il materiale non è qualificato, né per usi meno
qualificati rispetto alle caratteristiche del materiale estraibile.
I vari Enti coinvolti nella gestione, secondo le proprie competenze, dovranno verificare che per rilevati e
riempimenti non venga utilizzato materiale di cava di caratteristiche idonee all'uso come inerte per
calcestruzzi, conglomerati bituminosi, ecc., ma rifiuti di cava, scarti di lavorazione, materiali di risulta da
scavi o demolizioni. In difetto potranno utilizzarsi materiali di cava non idonei ad applicazioni
richiedenti migliori caratteristiche merceologiche, disponibili entro l'ambito provinciale o delle fasce più
prossime delle province limitrofe.
Considerazioni e suggerimenti per la gestione tecnico normativa
7.1. L'Osservatorio del Piano
E’ opportuno che tutto il sistema operativo ruoti attorno ad un “Osservatorio del Piano”, un Ufficio
tecnico-amministrativo da costituire presso l'Assessorato Regionale Industria o altro Assessorato da
individuare e a cui si può pensare di attribuire le seguenti funzioni:
1. Raccordo (con funzioni anche di segreteria e gestione banca dati) tra le Istituzioni e i vari uffici
competenti in materia di cave; in particolare il raccordo da assicurare deve riguardare i seguenti Enti:
Assessorato Regionale dell'Industria
Consiglio Regionale delle Miniere, del quale può costituire la segreteria permanente per la gestione
del piano
Assessorato Regionale T.A. competente in materia di protezione delle risorse ambientali e territoriali
Assessorato Regionale ai BB. CC. e P.I., competente in materia di protezione dei beni paesistici,
archeologici, e culturali
Assessorato Regionale Cooperazione e Commercio, competente in materia di promozione della
commercializzazione del prodotti estratti.
Corpo Regionale delle Miniere, cui compete il rilascio delle autorizzazioni minerarie, l'attività
ispettiva in materia di sicurezza e di rispetto della normativa mineraria, con particolare riguardo alla
corretta applicazione delle clausole autorizzatorie, e la gestione dell'art. 17 della L.R.S. 127/80.
Comuni, cui compete la gestione dei bacini, l'iniziativa per la loro attivazione, e gli interventi
operativi per il corretto sfruttamento della risorsa estrattiva sia sotto il profilo della prevenzione e
repressione di sprechi per utilizzazioni improprie (cave per rilevati in presenza di materiali di recupero,
destinazione di minerali a impieghi meno nobili per quelli cui sono idonei, o viceversa, ecc.), sia sotto il
profilo della protezione del territorio e dell'ambiente.
Uffici preposti alla gestione dei vincoli, come le Sovrintendenze ai BB. CC. e AA., il Corpo
Regionale delle Foreste, le Province e gli Enti gestori di Riserve e Parchi naturalistici, nonché gli altri
individuati dalle norme vigenti in materia.
2. Centro di raccolta ed elaborazione dati. Ci si riferisce in tale caso ai dati necessari per dare al piano
gli strumenti di conoscenza dell'evoluzione reale della curva della domanda di utilizzazione di materiali
di cava e di pregio e delle effettive potenzialità estrattive. Ciò all’interno di un quadro di previsione
fornito dallo schema di piano, che ha limiti obiettivi di attendibilità. Il centro di raccolta dati potrà inoltre
disporre e fornire in tempo reale gli elementi da sottoporre alla valutazione del Consiglio Regionale delle
Miniere in merito alle problematiche su cui questo dovrà esprimersi.
Potrebbero individuarsi in ogni caso ulteriori funzioni utili e strategiche per la gestione dei piani dei
materiali lapidei di cava e di pregio
7.2. SUGGERIMENTi E PROPOSTE IN MERITO ALLA POSSIBILE MODIFICA DElla legislazione vigente
Sono varie le modifiche suggeribili per la vigente legge regionale, anche se si ritiene che ciò debba però
confluire in appositi dibattiti nelle opportune e competenti sedi.
A solo titolo esemplificativo si richiamano nel seguito alcuni aspetti che agevolerebbero l’attuazione del
Piano attraverso un più appropriato supporto normativo.
Al 3° comma dell'art. 1 della L.R.S. 127/80, come richiamato anche precedentemente, potrebbe
aggiungersi quanto segue: "e l'estrazione di materiali di caratteristiche merceologiche non reperibili
presso cave autorizzate, e limitatamente alla quantità massima da estrarre, una tantum, di 1.000 mc ".
Può abrogarsi l'art. 21 della L.R.S. n° 96 del 6 maggio 1981.
All'allegato A al D. A. TT. AA. della Regione Siciliana del 05. 08 1994, al titolo "Attività
estrattive", 3° rigo, può pensarsi e discutersi sulla possibilità di abrograre le parole "e di cava"
Può discutersi sulla possibilità di abrogare l'art. 4 comma 1 della L.R.S. n° 25 del 06.10.1999.
8. Considerazioni conclusive
Il Piano Cave (Piano Regionale dei Materiali di Cava, ovvero il Piano Regionale dei Materiali Lapidei di
Pregio) è, come detto, uno strumento sia tecnico che amministrativo, strategico e fondamentale per una
corretta regolamentazione del settore estrattivo, senza il quale non può coniugarsi la realtà estrattiva
stessa con il rispetto dei valori ambientali, che si ritiene invece possano convivere anche con gli aspetti
economici.
Obiettivo del lavoro non è stato quello di redigere un Piano: la proposta del Raggruppamento GEO-
CEPA ha puntato a fornire degli Schemi di Piano, schemi che, se sotto l’aspetto economico riguardano
situazioni e realtà differenti, si fondono con riferimento alle strategie di pianificazione e di salvaguardia
ambientale.
Tutto il lavoro svolto, che ha visto un iter difficile e travagliato, in cui soprattutto sono mancati i contatti
con gli attori del processo di trasformazione del territorio, a tutti i livelli, rischia di rimanere inutilizzato
e rappresentare uno spreco delle risorse pubbliche qualora sullo stesso non si apra un ampio dibattito. In
questa logica il presente lavoro per la redazione degli Schemi di Piano ha generato un Piano-processo:
detto Piano o proposta di Piano deve essere discussa e se ritenuto necessario variata, ma comunque
dibattuta e, dopo le variazioni, condivisa. In tale logica il Piano potrà avere un futuro e potrà pensarsi
quindi alla sua adozione e successiva approvazione, che rappresentano il primo grande passo.
Il secondo passo sarà poi quello della sua attuazione, aspetto ancora più difficile, ma che può
“traghettare” la realtà estrattiva verso nuove sfide e rappresentare anch’essa un ulteriore volano per lo
sviluppo dell’economia regionale.
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