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LINEE GUIDA PER L’IMPLEMENTAZIONE DELL’IDEA Integrazione CDD / Libri di testo VERSIONE 1.0

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LINEE GUIDA

PER L’IMPLEMENTAZIONE DELL’IDEA

Integrazione CDD / Libri di testo

VERSIONE 1.0

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Copyright © Indire 2015. Tutti i diritti riservati. Linee guida per l’implementazione dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo” versione 1.0 ­ cartacea Coordinamento editoriale Gabriele D’Anna [email protected] Avvertenze Questo è un documento di lavoro interno condiviso tra il gruppo di ricercatori Indire e i referenti delle scuole capofila delle “Avanguardie educative” dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo”. La versione cartacea non coincide con la versione online; trattandosi di un lavoro in costante evoluzione quest’ultima raccoglierà prodotti multimediali, rappresentazioni di esperienze/pratiche didattiche in corso nelle scuole e ogni altro documento utile alla trasferibilità e contaminazione delle idee tra le scuole del Movimento. Immagini, tabelle, disegni e grafici presenti in questeLinee guida provengono dagli stessi curatori. Le liberatorie sono state acquisite alla fonte; Indire ringrazia per la collaborazione e la disponibilità dimostrate. Come citare questo documento Indire, “Avanguardie educative”. Linee guida per l’implementazione dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo”, versione 1.0, Firenze 2015.

via Michelangelo Buonarroti, 10 ­ 50122 Firenze (Italia) [email protected]

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Indice Introduzione

1. Scenario

2. Definizione dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo”

3. Adesione all’idea 3.1. Autoproduzione di contenuti digitali integrativi 3.2. Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti 3.3. Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti

4. Esempi dalle scuole 4.1. Autoproduzione di contenuti digitali integrativi

a) IC “San Giorgio di Mantova” ­ Mantova b) IC “Bruno da Osimo” ­ Osimo (AN) c) IC “Baccio da Montelupo” ­ Montelupo Fiorentino (FI) d) IISS “Carlo Emilio Gadda” ­ Fornovo di Taro (PR)

4.2. Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti a) IC di Cadeo e Pontenure ­ Roveleto di Cadeo (PC)

4.3. Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti a) IISS “Ettore Majorana” ­ Brindisi b) ISI “Sandro Pertini” ­ Lucca c) ITE “Enrico Tosi” ­ Busto Arsizio (VA) d) IC “Giannuario Solari” ­ Loreto (AN)

5. Risorse a) Bibliografia b) Sitografia

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Gruppo di lavoro sull’idea ISI “Sandro Pertini” ­ Lucca (DS: Daniela Venturi; referente incaricata: Lucia Nicolai) IISS “Ettore Majorana” ­ Brindisi (DS: Salvatore Giuliano; referenti incaricate: Rosa Gala, Rossella Palmizio, Maria Rosaria Serio, Beatrice Vinjau) IC “San Giorgio di Mantova” ­ Mantova (DS: Carla Barbi; referenti incaricati: Barbara Papazzoni, Tiziana Zani, Ugo Zavanella) IC “Baccio da Montelupo” ­ Montelupo Fiorentino, FI (DS: Gloria Bernardi; referente incaricata: Patrizia Melani) IC “Bruno da Osimo” ­ Osimo, AN (DS: Elisabetta Monticelli; referenti incaricate: Simonetta Antonelli, Simona Baccani, Silvia Brazzoni, Nicoletta Cappanera, Catia Curina, Laura Ferranti, Stefania Giachè, Oretta Luna, Giovanna Paccazzocco, Valentina Paciello, Elena Portas, Romina Quattrini) ITE “Enrico Tosi” ­ Busto Arsizio, VA (DS: Nadia Cattaneo; referente incaricata: Ombretta Latorre) IISS “Carlo Emilio Gadda” ­ Fornovo di Taro, PR (DS: Margherita Rabaglia; referente incaricata: Laura Covini) IC “Giannuario Solari” ­ Loreto, AN (DS: Milena Brandoni; referenti incaricati: Anna Maria Longhi, Pietro Maggini, Laura Procino, Riccardo Sampaolesi) IC di Cadeo e Pontenure ­ Roveleto di Cadeo, PC (DS: Daniele Barca; referenti incaricate: Alessandra Bruzzi, Alessandra Franchi) INDIRE (Alessandra Anichini, Ilaria Bucciarelli, Stefania Chipa, Federico Longo, Raimonda Morani, Laura Parigi, Alessandra Re, Concetta Russo, Gabriella Taddeo, Francesco Vettori)

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Introduzione Questo documento è una scrittura a più mani che si avvale dei contributi dei ricercatori Indire impegnati nel progetto “Avanguardie educative” e soprattutto delle esperienze delle scuole che hanno dato vita al movimento. “Avanguardie educative” è un movimento dal basso aperto a tutte le scuole italiane. È nato nell’ottobre 2014 dall’iniziativa di 22 scuole (“scuole fondatrici”) che stanno sperimentando in Italia processi di trasformazione della scuola, in particolare di quel modello trasmissivo che, affermatosi con la società industriale, mostra adesso di non essere più adeguato alla società della conoscenza e agli studenti di oggi. Come accennato, il Movimento è aperto a tutte le scuole che vorranno aderire; esse potranno avvalersi delle esperienze delle scuole capofila. Indire è promotore del Movimento: sostiene le scuole nel loro cammino di autonomia e ha attivato una linea di ricerca specifica il cui primo risultato è rappresentato da queste Linee guida. Questo documento riguarda l’idea “Integrazione CDD / Libri di testo”, una delle 12 idee promosse dal Movimento. Il lavoro è frutto dell’esperienza delle 9 scuole capofila, coordinate e supportate per la parte scientifica da Indire. Contiene una descrizione di questa specifica innovazione e indicazioni utili per i docenti che desiderano implementarla nelle loro classi. Mette in luce aspetti positivi ed eventuali criticità che possono essere incontrate, consigli per risolverle sulla base di esperienze vissute e una descrizione attenta dei processi organizzativi, gestionali e didattici. A completamento del documento, sono presenti una bibliografia e una sitografia di riferimento. Il documento costituisce una base di partenza per l’impostazione di metodologie didattiche e processi organizzativi che vanno nella direzione di una scuola che cambia a misura delle competenze proprie della società della conoscenza e delle modalità oggi utilizzate per insegnarle e apprenderle. Sarà continuamente aggiornato con il contributo delle scuole che aderiranno al Movimento, nell’ottica di diffondere il più possibile i processi d’innovazione attivi nella scuola italiana che, nonostante le difficoltà, è guardata a livello internazionale come una scuola di qualità. Il panel delle 9 scuola capofila dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo” è composto da:

ISI “Sandro Pertini” di Lucca IISS “Ettore Majorana” di Brindisi IC “San Giorgio di Mantova” di Mantova IC “Baccio da Montelupo” di Montelupo Fiorentino (FI) IC “Bruno da Osimo” di Osimo (AN) ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio (VA) IISS “Carlo Emilio Gadda” di Fornovo di Taro (PR)

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IC “Giannuario Solari” di Loreto (AN) IC di Cadeo e Pontenure di Roveleto di Cadeo (PC)

Per la redazione delle Linee guida, il gruppo di ricercatori Indire si è avvalso di alcuni strumenti di ricerca:

osservazione delle attività in classe; un questionario a risposte chiuse e aperte; un’intervista non strutturata; un lavoro online di coaching e scaffolding nell’ambiente Edulab; una scheda per la sintesi narrativa delle esperienze di sperimentazione delle singole scuole; incontri con i referenti delle scuole capofila.

Il questionario è stato somministrato a gennaio 2015. Sulla base dei risultati del questionario è stato possibile ricondurre le 9 esperienze a 3 diverse interpretazioni dell’idea: Interpretazione 1. Autoproduzione di contenuti digitali integrativi: produzione di contenuti didattici digitali per approfondire il curriculum. L’obiettivo è personalizzare il percorso proposto dai libri di testo, costruendo risorse all’interno della classe, senza rinunciare all’adozione canonica. Interpretazione 2. Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti: adozione di risorse digitali prodotte dai docenti con la collaborazione degli studenti, graduale integrazione del libro di testo tradizionale con contenuti digitali. Questa è la modalità che fa riferimento all’esperienza Libr@ dell’IC di Cadeo e Pontenure. Interpretazione 3. Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti: comunità di docenti/autori che producono libri di testo cartacei e digitali e li adottano in sostituzione dei tradizionali volumi prodotti dalle case editrici. In Italia questa iniziativa è stata per la prima volta attuata dalla Rete Book in Progress promossa dall’IISS “Ettore Majorana” di Brindisi. Alla prima interpretazione fanno riferimento le scuole:

IC “San Giorgio di Mantova”, Mantova, che costruisce contenuti digitali allo scopo di personalizzare il percorso proposto dal libro di testo.

IC “Bruno da Osimo” di Osimo (AN), con il Progetto classe digitale ha sperimentato l’uso dell’iPad per fare ricerca in classe di contenuti digitali utili ad approfondire le tematiche del curriculum.

IC “Baccio da Montelupo” di Montelupo Fiorentino (FI).

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IISS “Carlo Emilio Gadda” di Fornovo di Taro (PR), con un progetto di produzione di videorecensioni (booktrailer) realizzate dagli studenti sui libri letti durante l’anno.

Alla seconda interpretazione fa riferimento l’IC di Cadeo e Pontenure (PC), autore dell’esperienza Libr@. Alla terza interpretazione possono essere ricondotte le scuole:

IISS “Ettore Majorana” di Brindisi, scuola che ha ideato la Rete Book in Progress. ISI “Sandro Pertini” di Lucca. ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio (VA). IC “Giannuario Solari” di Loreto (AN).

Gli orizzonti di riferimento del Manifesto di “Avanguardie educative” ai quali, nello specifico, si richiama l’idea “Integrazione CDD / Libri di testo” sono i numeri 2 e 5, ossia: 2. Sfruttare le opportunità offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali per supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare e 5. Riconnettere i saperi della scuola e i saperi della società della conoscenza.

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1. Scenario Il libro di testo è ancora oggi un elemento centrale della didattica, uno strumento concepito per sostenere i percorsi di apprendimento degli studenti e per aiutare il lavoro dell’insegnante. La sua funzione prevalente è stata, negli anni, quella di garantire l’attinenza ad un programma di studio e di rappresentare, allo stesso tempo, il veicolo principale di idee, principi, valori culturali di una società. In quanto oggetto materiale, è sottoposto a regole di produzione determinate da specifici contesti economici, politici, culturali. La legislazione ne regola la produzione e l’uso, all’interno dei diversi sistemi di istruzione. Oggi, il libro di testo è al centro di un nuovo interesse dal momento in cui il digitale ha fatto il suo ingresso nelle scuole e ha rimesso in discussione la stessa idea di ‘libro’. La ricerca, anche in ambito internazionale (IARTEM), si muove in questa direzione, recuperando una tradizione che ha sostenuto, in anni passati, la sconfessione del libro di testo e ha rivisto contenuti e metodologie dell’apprendimento. Nel contempo, una serie di interventi legislativi hanno introdotto, nel nostro paese, alcune novità in tema di adozione. A partire dall’anno scolastico 2014­2015, l’adozione del libro di testo come obbligo non esiste più in Italia (cfr. Nota protocollare MIUR n. 2581 del 9 aprile 2014); le adozioni sono, infatti, facoltative e, quando effettuate, devono obbligatoriamente essere in formato digitale o misto. Le scuole possono scegliere tra contenuti prodotti dagli editori, optare per contenuti aperti (Open Educational Resources) o acquisiti in Internet, contenuti autoprodotti, fino a strumenti digitali interattivi e di simulazione. Nella nota citata, il Ministero fornisce alle scuole indicazioni in merito alle modalità di adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2014­2015 e, considerate le consistenti novità introdotte, si premura di riassumere l’intero quadro normativo a cui le scuole devono attenersi. La nota fa riferimento alla funzione del Collegio dei Docenti nella scelta dei testi scolastici (art. 6, comma 1, legge n. 128/2013). Spetta ancora al Collegio, infatti, il compito di deliberare l’adozione di libri di testo o di strumenti alternativi, in coerenza con il Piano dell’Offerta Formativa, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa stabilito per ciascuna classe di corso. Si fa riferimento, inoltre, all’abolizione del vincolo pluriennale di adozione (art. 11, legge n. 221/2012) (5 anni per la scuola primaria e 6 anni per le scuole secondarie di primo e di secondo grado) e al vincolo quinquennale di immodificabilità dei contenuti dei testi. Si parla di “testi consigliati”, indicati sempre dal Collegio, di carattere monografico o di approfondimento. Tra di essi rientrano singoli contenuti digitali integrativi, adottabili in forma disgiunta dal libro di testo (art. 6, comma 2, legge n. 128/2013). Si fa cenno alla riduzione del tetto di spesa definito per le classi prime di scuola secondaria di primo grado e per le classi prime e terze di scuola secondaria di secondo grado (DM n. 781/2013).

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Si sottolineano, infine, le indicazioni relative alla possibilità per le scuole di realizzare direttamente contenuti digitali, come integrazione o in sostituzione al libro di testo (art. 6, c. 1, legge n. 128/2013): “a decorrere dall’anno scolastico 2014­2015 […] gli istituti scolastici possono elaborare il materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici per la disciplina di riferimento; l’elaborazione di ogni prodotto è affidata ad un docente supervisore che garantisce, anche avvalendosi di altri docenti, la qualità dell’opera sotto il profilo scientifico e didattico, in collaborazione con gli studenti delle proprie classi in orario curriculare nel corso dell’anno scolastico. L’opera didattica è registrata con licenza che consenta la condivisione e la distribuzione gratuite e successivamente inviata, entro la fine dell’anno scolastico, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e resa disponibile a tutte le scuole statali, anche adoperando piattaforme digitali già preesistenti prodotte da reti nazionali di istituti scolastici e nell’ambito di progetti pilota del Piano Nazionale Scuola Digitale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per l’azione Editoria Digitale Scolastica”. Riguardo l’autoproduzione di materiale didattico digitale, indicazioni specifiche sono contenute nell’allegato al decreto n. 781 del 27/09/2013, indicazioni che pongono una serie di importanti questioni. Prima tra tutte il rapporto tra l’attività del docente, le Indicazioni nazionali e il curriculum, mediatore il libro di testo: il libro ha il compito di “offrire al lavoro didattico un percorso di riferimento conforme alle Indicazioni nazionali dei piani di studio, contribuendo in tal modo a garantire – pur nel pieno rispetto dell’autonomia dei docenti – l’opportuno livello di uniformità e standardizzazione dei percorsi e degli obiettivi di apprendimento”. In secondo luogo, il tema dell’autorialità del testo, collegato all’idea di autorevolezza e di qualità: il libro deve offrire “una esposizione autorevole, validata (sia dal punto di vista autoriale sia da quello editoriale e redazionale)”. Infine, la questione dei modelli di rappresentazione della conoscenza: “la caratteristica fondamentale della ‘forma libro’: la capacità di organizzare contenuti complessi in un percorso narrativo e argomentativo autorevole (che dunque non nasconde, ma anzi dichiara e valorizza la presenza della voce dell’autore o degli autori), unitario, organico”. Ribadendo le funzioni fondamentali del libro di testo, soprattutto nel caso in cui si opti verso l’autoproduzione e l’integrazione dei percorsi di apprendimento, l’Allegato si ispira all’opera di illustri studiosi, tra cui Alain Choppin. Lo storico francese, ricostruendo le vicende del libro di testo, ne aveva definito quattro funzioni fondamentali: la prima, “referenziale”, stabilisce un rapporto tra l’attività delle classi e il programma di studi nazionale, tra il lavoro del singolo insegnante, dello studente e il referente istituzionale, in quell’ottica di “universalizzazione” che è la prima prerogativa riconosciuta al libro di testo, inteso come garanzia di un curriculum o, per esteso, anche come garanzia della comunicazione tra scuola e famiglia. La seconda funzione, “strumentale”, vede il libro come il fondamentale strumento di lavoro per il docente, un oggetto utile alla didattica più che all’apprendimento, in grado di agevolare il lavoro di chi insegna. La terza funzione, definita “ideologica e culturale”, più o meno evidente negli anni, si lega indissolubilmente all’idea di autorialità a cui si

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faceva cenno: attraverso le pagine di un testo passano valori, punti di vista, posizioni ideologiche, approcci metodologici, anche al di là di ogni intenzione. La quarta funzione è quella “documentaria”: una funzione potenziata negli anni, che può assumere, al tempo del digitale, un nuovo valore. Il libro di scuola si propone come strumento di raccolta di una serie di documenti, fonti primarie di conoscenza, che, oltre alla sintesi interpretativa di una voce autoriale, forniscono a chi studia una base a cui attingere per la costruzione di altri eventuali percorsi di approfondimento. Funzioni queste che devono essere garantite e riviste, in una nuova dimensione che valorizza la molteplicità dei punti di vista e la varietà dei materiali da utilizzare nella didattica, grazie alla ricchezza dell’informazione resa oggi disponibile dal web. Il libro di testo si è configurato negli anni come un particolare modello di rappresentazione della conoscenza, una sorta di tacito script, di “grammatica invisibile”, che assolve il compito di abituare la mente che apprende a una modalità di organizzazione della conoscenza, condizionando profondamente lo stesso modo pensare. Ha rappresentato un modello per chi studia (non sostituito fino ad oggi) per fissare e organizzare le informazioni, i dati ritenuti fondanti per ogni disciplina secondo le modalità e le metodologie indicate dalla disciplina stessa. Dalla scelta dei contenuti da trattare, dalla “messa in pagina”, si evincono, infatti, suggerimenti e indicazioni sulle modalità di approccio al testo stesso e di conseguenza allo studio. Nella “forma libro” è implicita una precisa idea di studio: se analizziamo ad esempio, da una prospettiva storica, i cambiamenti nell’organizzazione della pagina introdotti nel corso dei secoli, possiamo facilmente intuire come a un testo uniforme e ininterrotto corrisponda la pratica dell’imparare a memoria, la recitazione ad alta voce, mentre a una pagina organizzata visivamente corrisponda uno studio individuale e silenzioso. La questione suscita nuovo interesse nel momento in cui il testo digitale mette in discussione una serie di abitudini e di evidenze consolidate nel corso dei secoli. La “smaterializzazione” che il testo digitale propone rappresenta un elemento destabilizzante, che impone una revisione delle pratiche di studio. Tuttavia, mentre si procede verso il superamento delle pratiche tradizionali, risulta difficile definire in maniera chiara nuovi comportamenti. I nuovi testi non offrono ancora un modello di riferimento definito, anche se rappresentano un’importante occasione di rinnovamento delle pratiche di studio. I testi proposti dalle case editrici non garantiscono ancora una reale innovazione, così come non sono in grado di influire in maniera determinante sul rinnovamento della didattica. Sembra ancora insufficiente la riflessione sulle caratteristiche del testo digitale che rappresentano la prerogativa per innovare metodologie e contenuti dell’apprendimento:

1. il rapporto più stretto che si stabilisce tra lettura (intesa nell’accezione più ampia del termine) e scrittura, come capacità di intervenire su un testo dato o addirittura di riscriverne i contenuti;

2. la consuetudine con nuovi linguaggi, con una legittimazione di forme espressive complesse, che integrino il testo alfabetico, le immagini e il video;

3. gli usi potenzialmente “collettivi” del testo, attraverso pratiche di social reading e di condivisione della scrittura, che il digitale può rendere abituali.

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L’esperienza delle scuole del nostro territorio nazionale (e non solo), che si stanno cimentando nella produzione dei nuovi testi, rappresenta un importantissimo cantiere di sperimentazione teso alla ricerca delle soluzioni più adeguate alle esigenze degli studenti e all’apprendimento. È un’occasione per riflettere su come il potenziale del digitale possa veramente contribuire a un miglioramento della scuola. Tuttavia, la ricerca di un’alternativa all’adozione del libro di testo, o ad un modo di utilizzarlo poco efficace per gli studenti e per i loro apprendimenti non è nuova per la nostra scuola: risale alla seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso ed è stata promossa dai sostenitori dell’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa). “Un libro che offra a tutti i bambini di una classe le stesse letture, le stesse immagini, non avrebbe senso non solo nell’ambito di una didattica di avanguardia, ma neanche secondo i programmi” scrivevano nel 1969 Aldo Pettini, Bruno Ciari, Mario Lodi, Luisa Tosi, Ines Casanova, Renata Dellacasa, Daria Ridolfi (Pettini, 1969). Una critica, quella al libro di testo, ben riassunta nel volume I libri di testo della scuola elementare di Alberto Alberti, Giorgio Bini, Lucio Del Cornò, Fernando Rotondo e rappresentata da esperienze come quella della Biblioteca di lavoro coordinata da Mario Lodi per conto dell’editore Luciano Manzuoli di Firenze, ispirata a sua volta alla Bibliothéque de travail di Célestin Freinet, uno dei primi tentativi di diffondere materiale autoprodotto dalle classi o da gruppi di insegnanti, allo scopo di confrontare esperienze e stimolare la sperimentazione. L’esperienza riguarda soprattutto la scuola elementare di allora, dove si diffondono presto sperimentazioni di adozione alternativa al sussidiario e al libro di lettura. Oggi la questione si riapre, grazie all’ingresso nelle scuole delle nuove tecnologie, e cresce il numero dei docenti impegnati nella produzione di risorse didattiche digitali che popolano siti personali o di categoria. Ciò avviene in Italia come in Europa e nel resto del mondo. Mentre il web si arricchisce di risorse didattiche, emerge l’esigenza di ribadire il ruolo centrale del docente nella costruzione di percorsi didattici che, discostandosi dalla linea interpretativa del singolo libro di testo, offrano approfondimenti più calibrati sui bisogni degli studenti. Emerge, allo stesso modo, la necessità di risolvere anche una sostanziale confusione che si viene creando tra il concetto di ‘libro di testo’ e quello di risorsa o ‘contenuto didattico digitale’.

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2. Definizione dell’idea “Integrazione CDD / Libri di testo”

Tre diverse interpretazioni di un’idea comune Dall’analisi delle esperienze delle scuole capofila, emergono differenze notevoli nell’interpretazione dell’idea. Alcune scuole hanno scelto, da alcuni anni, di non adottare i libri di testo proposti dalle case editrici, ma di produrli in proprio; altre, invece, portano avanti un lavoro meno evidente, ma non meno utile, abituando gli studenti a un’importante attività di composizione di parti del testo di studio, in maniera artigianale, senza sostituire i propri lavori ai testi in adozione. Come già anticipato in questo documento considereremo quindi tre diverse interpretazioni.

1. Autoproduzione di contenuti digitali integrativi: una linea più ‘cauta’ che, mantenendo l’adozione dei manuali delle case editrici canoniche, non rinuncia però alla produzione in classe di contenuti digitali integrativi, su particolari aspetti del curriculum (disciplinari o interdisciplinari).

2. Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti: l’adozione di

risorse digitali autoprodotte dai docenti con la collaborazione degli studenti, limitatamente ad alcune discipline del curriculum, con il contenimento del tetto di spesa (il progetto Libr@ dell’IC Cadeo e Pontenure è il modello di riferimento).

3. Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti: l’autoproduzione dei libri di testo, con

relativa adozione, portata avanti dai docenti di una rete di scuole, nella logica dell’autonomia, per la valorizzazione della professione docente e la personalizzazione dei percorsi di apprendimento proposti dai testi, in base alle specifiche del contesto in cui si opera (la Rete Book in Progress è il modello di riferimento).

Ogni linea di intervento possiede specifiche peculiarità e prevede azioni diverse, con un impegno più o meno oneroso e un diverso impatto sull’organizzazione, ma accoglie, alcuni elementi comuni: a. l’incursione nel campo di una scrittura particolare, che implica, in prima istanza, la collaborazione tra una serie di soggetti (siano essi docenti o studenti) oltre all’utilizzo di procedure, strumenti e forme linguistiche innovative. Una scrittura sui generis, che non è individuale e non è spontanea; che necessita di una fase progettuale consistente e richiede uno sforzo di negoziazione importante: una scrittura sociale a tutti gli effetti; una scrittura complessa, che si connota per una nuova ricchezza espressiva e comunicativa. Accostarsi a quest’attività che presuppone un lavoro di

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condivisione di intenti, di raccolta e analisi di materiali, di progettazione condivisa, di stesura e di revisione incrociata, significa penetrare dietro il sipario dei testi di studio per comprenderne le strutture profonde; significa diventare, in primo luogo, buoni lettori di quei testi, in un gioco speculare dove la lettura non è che l’altra faccia della scrittura. Lavorare sui libri di testo significa per gli studenti prendere possesso di contenuti, strumenti, metodi di studio, superare la logica trasmissiva dello studio per imparare a porre al testo le domande a cui non è stata data ancora risposta; b. un’idea condivisa di ‘libro di testo’. Quello che ancora oggi è considerato uno degli strumenti fondamentali del lavoro di classe, per i docenti (“Per molti di noi il vecchio testo è stato sempre una sorta coperta di Linus”, afferma Anna Maria Longhi, dell’IC “Bruno da Osimo”), per gli studenti e anche per i genitori attenti al procedere del percorso formativo dei propri figli, è vissuto spesso come un vincolo troppo stretto da chi concepisce il lavoro dell’insegnamento come un atto creativo o è alla ricerca di risposte alle proprie domande. I suoi limiti sono legati alla genericità, alla distanza dal contesto d’uso; altre volte, si rivelano nell’utilizzo poco adeguato del linguaggio, specialistico e lontano dalla comunicazione degli studenti, o nella ridondanza degli argomenti, nel ‘peso’ delle sue pagine.

“All’interno dei nostri collegi, l’adozione del libro di testo ha sempre creato complesse discussioni: disaccordi tra colleghi circa l’importanza di alcuni contenuti rispetto ad altri, difficoltà di linguaggio, scarsità di esercizi… e si potrebbe continuare per ore. Alla fine si cercava di adottare il meno peggio, a volte si trovava anche un testo interessante che sembrava non avesse difetti, ma l’entusiasmo scemava dopo i primi mesi di utilizzo. In effetti il manuale in adozione è, per l’insegnante, un ottimo strumento che supporta, rinfranca, tranquillizza, ma che sicuramente è arido, molto spesso graficamente triste; è tuttavia un contenitore al quale è possibile attingere e trovare attività, esercizi e verifiche già pronte, preconfezionate, che, ahimé, hanno il grosso difetto di andar bene, molto spesso, per una parte della scolaresca, poiché i manuali scolastici non possono tener conto del contesto sociale, culturale in cui vengono utilizzati. Non a caso oggi si parla di Indicazioni nazionali e non più di programmi” (Alessandra Bruzzi e Alessandra Franchi, IC di Cadeo e Pontenure).

Il libro ideale a cui si fa riferimento non è un prodotto chiuso e finito, ma è, prima di tutto, una traccia di lavoro, un filo rosso che lega diversi argomenti. Rappresenta per docenti e studenti un punto di riferimento, ma soprattutto un punto di partenza. Non può essere esaustivo, pur contenendo le conoscenze fondamentali (quelle previste dalle Indicazioni nazionali). È un canovaccio che si scrive con o per gli studenti ed è un modo per comunicare con loro. È un contenitore di informazioni, processi, linguaggi, relazioni; una base modellabile, espandibile; una rete, una piattaforma, un processo di scrittura, un processo di apprendimento. Rispetto al libro cartaceo, permette una serie di interazioni e contiene espansioni costituite da contenuti digitali;

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c. una comune idea di ‘studio’. Aderire a quest’idea significa:

credere nella possibilità di ‘scrivere’ assieme agli studenti una parte di quella conoscenza che si apprende nei libri e renderli attivi nella rielaborazione dei contenuti, superare la didattica trasmissiva;

lavorare sulle competenze e non solo sull’acquisizione di conoscenze; motivare gli studenti utilizzando una molteplicità di linguaggi e contrastare il disinteresse verso

alcune materie; educare a un utilizzo critico dei diversi strumenti e dei diversi media; favorire la socializzazione e la capacità di lavorare in gruppo (favorire la creazione del

gruppo­classe), gestire classi complesse (studenti BES, differenti livelli e necessità di apprendimento, ecc.);

insegnare un metodo agli studenti (come si studia, l’uso critico delle fonti, l’analisi dei linguaggi proposti dai testi: immagini, video, ecc., la responsabilità nella scrittura di contenuti/aspetti di autorialità);

motivare l’insegnante che organizza da solo i contenuti e non li trova imposti; avere la possibilità di attualizzare i contenuti, con la trattazione di temi legati al territorio e

all’attualità; personalizzare i contenuti con temi legati ai bisogni di approfondimento della classe.

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3. Adesione all’idea È possibile aderire all’idea in base alle tre diverse interpretazioni, a seconda delle esigenze di contesto e alle esperienze pregresse delle scuole adottanti. Si premette che ogni interpretazione potrà essere a sua volta personalizzata e arricchita di elementi peculiari che rappresenteranno una ricchezza per l’elaborazione generale dell’idea. Ogni scuola ha una storia a sé e quelle che seguono sono solo indicazioni di massima legate alle esperienze delle scuole capofila.

3.1 Autoproduzione di contenuti digitali integrativi Costruire assieme ai propri studenti contenuti digitali a integrazione dei percorsi di formazione proposti dai testi tradizionali, utilizzando strumenti e tecnologie oggi disponibili e confrontandosi con una nuova forma di scrittura. Pur senza sconfessare l’adozione tradizionale dei libri di testo, molte classi possono avviare un lavoro di integrazione dei percorsi di studio da essi proposti, con approfondimenti su alcune particolari aree del curriculum. Nell’attuale quadro legislativo, il libro (cartaceo o digitale) è pensato come l’ossatura sulla quale ruota l’impostazione di un comune sapere e di un comune apprendere, mentre tramite i materiali integrativi docenti e studenti possono costruire percorsi personalizzati, multiprospettici, dinamici.

“Ci è sembrato che i nostri alunni, senza saperlo, ci stessero chiedendo una scuola nuova eppure ‘antica’, quella scuola che secondo il più grande filosofo­educatore del Novecento, Dewey, educasse alla creatività, all’arte come esperienza, alla partecipazione attiva, alla cooperazione tra individui e quindi alla democrazia [...]. È stato subito chiaro che l’introduzione dell’iPad non avrebbe significato solamente l’elettrificazione delle aule [...]. Abbiamo puntato sull’introduzione di strumenti e linguaggi che veicolassero i saperi e le competenze attraverso dispositivi innovativi e ambienti di apprendimento che consentissero l’individualizzazione dei percorsi di apprendimento” (Catia Curina, IC “Bruno da Osimo”).

Si tratta di intraprendere, assieme agli studenti, un processo di ideazione e realizzazione di contenuti didattici digitali, attraverso attività di ricerca e approfondimento, finalizzate alla produzione di testi utilizzabili da tutta la classe.

“Da diversi anni, in particolare da quando ho introdotto le tecnologie nella didattica del quotidiano, ho sempre avuto l’ambizione di lavorare sul metodo piuttosto che sul contenuto. Con le tecnologie questo mi è stato molto facilitato. Nella logica di far acquisire

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agli studenti della scuola secondaria di primo grado un metodo di studio ho provato diverse strade, dalle mappe concettuali alle sintesi, all’utilizzo di materiali audiovisivi e poi ho voluto provare la riscrittura [...]. Io parto sempre da questo presupposto, in particolare durante l’ora di storia. Arrivo in classe proponendo più fonti, faccio sempre il confronto tra un libro e l’altro, inducendo negli studenti, oltre che una capacità di analisi, una capacità critica, facendo vedere che uno stesso contenuto può essere esposto, strutturato ed organizzato in modalità diverse. I libri di testo stessi si differenziano per come propongono un contenuto” (Barbara Papazzoni, IC “San Giorgio di Mantova”).

Il digitale è l’occasione per confrontarsi con forme di scrittura inedite. Oggi la varietà dei testi con cui uno studente entra in contatto è molteplice; quando si parla di scrittura e di lettura non ci si riferisce più alla semplice decodifica testuale ma si intende qualcosa di molto più articolato e complesso. Ci aiutano nella definizione le indicazioni contenute all’interno di un Draft che l’OCSE­Pisa ha predisposto per le prove di lettura da somministrare nel 2015 (Draft per l’OCSE­Pisa 2015) e che riprende quanto già espresso nel framework del 2009. Tre elementi rimarcano la distanza tra digitale e cartaceo: “1. From linear arrangement to networking and hyperlinking; 2. From illustrated text to multimedia and augmented reality; 3. From authored texts to online discussion and social networks”. La reticolarità, la multimedialità, la natura sociale dei nuovi testi sono le tre caratteristiche chiave di cui il processo di creazione dei contenuti didattici digitali deve tenere conto. La scrittura si configura quindi come un processo complesso, che prevede una serie di fasi e la collaborazione tra soggetti con ruoli diversi. Prevede la messa in atto di tecniche di ideazione, sceneggiatura, storyboard, montaggio; la conoscenza delle norme legate alla privacy e al copyright, la conoscenza di elementi per l’integrazione dei diversi codici espressivi. Elementi per una corretta implementazione A questo livello, l’attività non ha un impatto diretto sul piano gestionale. Può essere condotta anche all’interno di una singola classe, da un docente, nell’ambito della personale programmazione didattica. Il dirigente può, tuttavia, sollecitare il Collegio in questa direzione, promuovendo interventi di formazione su metodologie didattiche innovative. La scuola può favorire, inoltre, questo tipo di attività predisponendo uno spazio online da utilizzare per l’archiviazione dei contenuti creati; è auspicabile, in questo caso, la presenza di un supporto tecnico, anche esterno. L’implementazione dell’idea richiede un’organizzazione più flessibile dei tempi e degli spazi della didattica. a. Aspetti organizzativi, didattici, tecnologici

L’introduzione di tecnologia abilitante è prerequisito per l’applicazione di idee innovative che ne prevedano l’uso.

La tecnologia è dotazione necessaria anche per i ragazzi a casa. Requisito minimo: un computer connesso a Internet e una casella email (in caso i ragazzi non abbiano connessione a casa: una penna USB dove caricare i contenuti didattici digitali predisposti dall’insegnante. In

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caso i ragazzi non abbiano un computer a casa: farli lavorare con il libro di testo o insieme ad altri, in gruppo).

Occorre un sistema di consegna dei materiali ai singoli studenti: in questo caso la/il prof. consegna i materiali per email o attraverso la bacheca del Registro Elettronico. Nelle scuole dove è presente, si può utilizzare una piattaforma elearning.

Occorrono, a scuola, device tecnologici in grado di rendere condivisi e leggibili a tutta la classe i lavori che gli studenti hanno predisposto a casa (una LIM, per esempio).

Occorre predisporre uno spazio online di archiviazione dei contenuti didattici digitali prodotti dai docenti e dagli studenti. Tali materiali saranno a disposizione per essere riutilizzati e saranno patrimonio comune della scuola.

Occorrono, a scuola, strumenti (tablet, computer) per l’elaborazione dei prodotti multimediali. Occorre una certa flessibilità di orario: non è possibile mettere in atto questo tipo di pratica

didattica in un’ora. Occorrono spazi di lavoro adeguati (ad esempio banchi a isola) che supportino la pratica

collaborativa. Questa metodologia è tendenzialmente interdisciplinare: meglio è se insegnanti di materie

differenti riescono a mettere in comune le ore e lavorare insieme a un progetto. b. Scelte didattiche

Nel lavoro con la classe si prevede una divisione in gruppi, la progettazione e l’assegnazione di compiti distinti.

È necessaria un’azione tesa a fortificare il metodo di ricerca e a rinsaldare il metodo di composizione e organizzazione di materiali eterogenei.

Occorre informare le famiglie rispetto ai materiali che l’insegnante fornisce a supporto del lavoro, allo sforzo del docente a guidare la ricerca su siti sicuri. Occorre fornire alle famiglie alcune indicazioni per un uso corretto del web, per mettere i genitori, eventualmente, in condizione di monitorare i figli mentre effettuano le ricerche.

3.2 Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti Seguire il citato modello Libr@, cimentandosi nella produzione di alcuni testi, solo per alcune discipline, e prevedendo con la classe un costante lavoro di integrazione dei volumi. Il decreto n. 781 del 27/09/2013 legittima l’autoproduzione delle risorse didattiche da parte delle scuole e offre loro la possibilità di registrare e rendere pubbliche le opere prodotte; dà in questo modo il via alla possibilità di utilizzare nelle proprie classi il materiale autoprodotto in sostituzione del libro di testo.

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Il quest’ottica il libro di testo è inteso non come un prodotto, ma come un processo, uno strumento di lavoro da utilizzare in corso d’opera, come occasione formativa per gli studenti stessi, coinvolti in prima persona nel lavoro di progettazione e di realizzazione di alcune parti di esso.

“Quando abbiamo iniziato la progettazione dei testi ci siamo ovviamente posti innumerevoli domande: come selezionare le informazioni fondamentali, come proporle in modo accattivante, ma completo? Come poter rendere lo studente parte attiva? Cosa non ci andava bene nei testi digitali visionati e presentati dalle case editrici, ma soprattutto... da quali testi volevamo cominciare? Perché se era vero che i testi tradizionali ci stavano stretti, era altrettanto vero che non era facile progettarne dei nuovi. [...] Continuiamo a interrogarci sulle strade percorribili per rendere la didattica sempre migliore. Grazie agli strumenti mobili, come l’iPad, il processo di insegnamento e apprendimento può diventare realmente attivo: lo studente è direttamente coinvolto e l’insegnante raggiunge il suo scopo. Si può insegnare e apprendere producendo, cercando e manipolando le fonti, producendo lezioni minimaliste e strutturate, producendo film e libri da parte di docenti e allievi; una didattica dove tutti operano con gli strumenti disponibili. I nostri sono libri ‘aperti’ sempre in evoluzione e in aggiornamento” (Alessandra Bruzzi e Alessandra Franchi, IC di Cadeo e Pontenure).

Il libro non è un fine in sé, ma uno strumento di lavoro, un metodo da mettere in atto, con le specifiche disciplinari richieste di volta in volta. Elementi per una corretta implementazione Il progetto deve essere inserito nel POF. La progettazione deve essere collegiale. L’esperienza deve essere interdipartimentale. Occorre pensare una formazione per gli insegnanti coinvolti. L’idea può essere implementata anche senza reperire finanziamenti aggiuntivi, tuttavia può essere utile stipulare accordi con enti locali, banche, editori; una strada percorribile può essere quella dell’autofinanziamento delle scuole attraverso il contributo delle famiglie (viene richiesto di reinvestire in tecnologia i risparmi sui tradizionali libri di testo, dotazione di iPad o tablet). Occorre prevedere attività di monitoraggio e autovalutazione. a. Aspetti organizzativi, didattici, tecnologici

Liberalizzazione delle adozioni dei libri di testo sancito dal Collegio dei Docenti, contenimento e taglio del tetto di spesa.

Azioni di comodato d’uso dei device, per agevolare le famiglie meno abbienti e garantire il diritto allo studio.

Adozione di libri di testo dell’editoria scolastica in cartaceo e digitale. Adozione di libri di testo dell’editoria scolastica in solo digitale.

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Adozione di risorse digitali autoprodotte dai docenti. Wireless nelle classi. Banda larga e utilizzo di una rete diffusa, sicura, ad autenticazione

individuale, con la possibilità di creare black o white list; inibizione dei social network a rischio; protocolli di sicurezza dichiarati e controfirmati; necessità di assicurare il lavoro offline.

Utilizzo di portali per la comunicazione e l’aggregazione di risorse digitali (social network sicuri: adozione e sperimentazione di ambienti o social network chiusi in cui gli studenti possano scambiare documenti, riflessioni e materiali anche con l’esterno).

Leadership educativa (trasformazione dei rapporti e delle relazioni, nonché dei ruoli di dirigente, staff, Collegio dei Docenti, genitori, studenti). Accompagnamento/formazione dei docenti just in time, su richiesta e su bisogni reali, sia tecnologici che metodologici.

Coinvolgimento dei genitori al fine di renderli consapevoli delle scelte fatte dal Consiglio di Classe: suggerire la modalità più facile di accompagnamento degli studenti a casa, rassicurare sui protocolli di sicurezza e di difesa dell’identità del minore in rete.

Utilizzo di Registro e Diario Elettronico come strumenti di gestione dei flussi informativi e, al tempo stesso, per sperimentare l’interazione e il coinvolgimento della famiglia.

b. Scelte didattiche

Congruità scientifica, organizzativa e strutturale della proposta progettuale (non innovazione come inondazione di tecnologia ma come scelta progettuale).

Esperienze di didattica attiva (sperimentazione di soluzioni di didattica attiva e laboratoriale in tutte le discipline).

Individuazione dei nuclei fondanti delle discipline (didattica orientata sulle nuove Indicazioni, obiettivi e traguardi).

Ripensamento su spazi e tempi della didattica: previsione di sequenze orarie e scambi docenti che tengano conto di un uso diverso del tempo disciplina (più disteso per la riflessione e la ricerca, meno per le verifiche oggettive); riorganizzazione degli ambienti fisici dell’Istituto scolastico (trasformazione degli ambienti di apprendimento, realizzazione di spazi alternativi all’aula e al laboratorio). Riorganizzazione del tempo­scuola (creare un’organizzazione dei tempi di insegnamento/apprendimento consona con un utilizzo delle tecnologie che dilata l’esperienza didattica).

Integrazione sapiente di libro e tablet, di cartaceo e digitale, di pratiche manuali e tecnologiche nel rispetto della loro specificità, potenziando la centralità riflessiva della lettura, il ruolo delle biblioteche e le potenzialità “mobile” e di personalizzazione dei tablet, al fine di arricchire apprendimenti formali e informali, riproduttivi, per costruzione e per scoperta.

Innovazione didattico­metodologica (avvicinarsi a modelli di collaborazione, di costruzione, di didattica attiva e laboratoriale coerenti con una destrutturazione di spazi, tempi e contenuti del sapere).

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3.3 Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti Optare, come classe o come scuola, per l’adozione alternativa dei libri di testo, aderendo alla Rete Book in Progress, che rappresenta una delle esperienze più mature sul territorio nazionale per la produzione di testi scolastici da parte dei docenti stessi. Per superare il libro di testo tradizionalmente inteso, i docenti possono decidere di affrontare la fatica di autoprodurre i libri di testo.

“Abbiamo cercato di cambiare, soprattutto mettendoci in gioco e pensando a qualcosa che si apra alla sperimentazione e al confronto continuo, a un ambiente in cui sia possibile sperimentare e fare cultura” (Anna Maria Longhi, IC “Giannuario Solari”).

Da qualche anno, in Italia, la Rete Book in Progress si muove proprio nella logica dell’autoproduzione. Il progetto, attivo dal 2009, nato per volontà dell’IISS “Ettore Majorana” di Brindisi, coordinato dal dirigente Salvatore Giuliano e sostenuto oggi da un numero cospicuo di scuole secondarie di primo e di secondo grado, rappresenta una delle esperienze più avanzate in questo senso ed è volto alla realizzazione dei manuali di studio, prodotti da gruppi di docenti che lavorano secondo obiettivi condivisi e precise linee guida di sviluppo. La struttura dei book consente di variare, sulla base delle esigenze formative degli allievi, i contenuti da trasmettere. Consente, inoltre, alle famiglie, un risparmio di circa 300 euro l’anno, rispetto ai tetti di spesa previsti dal Ministero. La Rete Book in Progress predispone percorsi di formazione per favorire il diffondersi del metodo di insegnamento e di apprendimento sotteso all’utilizzo dei materiali didattici prodotti. La formazione presso le scuole è affidata a un gruppo di docenti, scelti tra coloro che hanno già sperimentato con soddisfazione nelle loro classi l’opportunità di realizzare una didattica innovativa nei contenuti, nei metodi e negli strumenti, basandosi sui materiali messi a disposizione dalla stessa Rete. Elementi per una corretta implementazione La partecipazione al progetto è legata al coinvolgimento dei docenti, chiamati in prima persona a partecipare alla progettazione e stesura dei volumi o alla loro adozione. Per questa ragione il progetto dev’essere prima di tutto presentato, condiviso e approvato dal Collegio dei Docenti. a. Aspetti organizzativi, didattici, tecnologici

Presenza di uno staff direttivo: dirigente scolastico, direttore amministrativo, responsabile tecnologie, responsabili di rete dati, coordinatori di dipartimento, funzioni strumentali.

Scelta delle classi da coinvolgere nella sperimentazione (in numero variabile in base alla tipologia di Istituto).

Approvazione della sperimentazione nel Collegio dei Docenti.

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Patto con le famiglie: riunione con i genitori degli alunni delle prime per il coinvolgimento nella sperimentazione e per la condivisione degli obiettivi e della metodologia utilizzata. La riunione si tiene nel periodo precedente l’inizio delle attività legate all’apertura del nuovo anno scolastico.

Formazione del gruppo referente per la tecnologia: coinvolgimento di personale docente aggiornato (non necessariamente con specializzazione informatica) che si occupa della formazione e assistenza dei colleghi (per l’uso del Registro Elettronico, della strumentazione, ecc.), inizialmente coincide con il gruppo coinvolto nella produzione di contenuti.

Nomina di un responsabile per la tecnologia: individuazione di un docente esperto in tecnologia didattica, non necessariamente specializzato in informatica, che coordini le attività di aggiornamento interno di docenti e alunni.

Individuazione di personale interno specializzato in informatica per la gestione della rete. Individuazione di un’unità tecnica di riferimento per la manutenzione delle dotazioni

tecnologiche. Coinvolgimento di personale non docente per il controllo della tecnologia ai piani. Comunicazione della linea di sviluppo del percorso scelto all’interno del proprio dipartimento

(Istituto) per eventuali rimodulazioni. Ampliamento del gruppo di lavoro della singola materia all’interno di una rete di scuole

possibilmente estesa sull’intero territorio nazionale, in vista di un processo di condivisione allargata del lavoro e di autovalidazione dei contenuti.

Programmazione di incontri periodici in presenza e/o a distanza per la revisione e la produzione di nuovi contenuti.

Diffusione e valutazione: promozione di concorsi interni relativi alla produzione di materiale digitale (libri monotematici, video, videolezioni, ecc.) e attivazione di corsi pubblici con lo scopo di allargare la partecipazione ma anche per poter valutare e condividere il materiale prodotto.

b. Scelte didattiche

Formazione di un gruppo di lavoro affiatato all’interno dell’Istituto, scelto tra i docenti delle discipline più rappresentative in termini numerici e/o di professionalità, che, utilizzando la propria esperienza didattica, individui il percorso e gli obiettivi che si vogliono perseguire attraverso la produzione di contenuti per le varie materie.

Scelta del supporto tecnologico: la scelta del software per la costituzione del libro generalmente orienta successivamente la scelta del device per un’ottimizzazione dell’interattività permessa.

Condivisione: la condivisione dei contenuti non organizzati in formato di libro può avvenire in prima battuta attraverso la piattaforma offerta dal proprio Registro Elettronico e poi, a seconda delle scelte effettuate dall’Istituto e della tipologia di contenuti, attraverso vari canali e piattaforme.

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Aggiornamento: costituisce un aspetto importante nell’attuazione del progetto, soprattutto se è inteso come momento di trasmissione di esperienze e in un’ottica di motivazione. Inizialmente condotto dal personale esterno, può poi utilizzare l’esperienza dei docenti interni per allargare la partecipazione del personale.

Produzione dei contenuti da parte degli alunni: sono prodotti in collaborazione con il docente che guida i ragazzi nell’analisi delle fonti, favorendo il loro coinvolgimento attivo nella costruzione del sapere.

Responsabilizzazione dei ragazzi nell’utilizzo e nella gestione del materiale tecnologico. c. Tecnologie

Postazione con videoproiettore interattivo e lavagna, Apple TV, Registro Elettronico per ogni classe, eventualmente un televisore.

Device alunni: possono essere la dotazione personale dei ragazzi (i familiari acquistano il device grazie al risparmio di spesa sui libri di testo) oppure forniti dall’Istituto come dotazione delle classi.

Device docenti: forniti in comodato d’uso a tutti i docenti delle classi coinvolte nella sperimentazione.

Presenza di una rete WiFi diffusa in tutti gli ambienti dell’Istituto. Connessione Internet a banda larga in fibra ottica su rete GARR.

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4. Esempi dalle scuole

4.1 Autoproduzione di contenuti digitali integrativi a) IC “SAN GIORGIO DI MANTOVA” ­ MANTOVA a cura di Barbara Papazzoni L’esperienza Da circa due anni, in particolare in una classe terza della scuola secondaria di primo grado, si sta sperimentando la creazione di contenuti digitali con il coinvolgimento degli studenti, per favorire l’acquisizione di competenze in merito alla rielaborazione personale dei contenuti, all’acquisizione di un metodo di studio autonomo e personale, all’utilizzo consapevole degli strumenti, alla capacità di lavorare in gruppo al fine di trovare strategie efficaci per l’apprendimento autonomo. L’obiettivo non è produrre libri di testo veri e propri, ma attivare percorsi di apprendimento che consentano agli studenti di avere un ruolo attivo nella costruzione del sapere. Una “riflessione” importante, nella mia esperienza professionale, l’ho fatta nel momento in cui io e i miei studenti ci siamo trovati di fronte ai libri digitali. Credo che da quel momento sia iniziato a cambiare qualcosa. Mentre il libro cartaceo, nella sua forma più tradizionale, si impone in tutta la sua indiscussa autorevolezza, il libro digitale, ma soprattutto multimediale, pur sempre autorevole, fornisce degli input diversi. È uno strumento, a mio avviso, aperto, interattivo, offre finestre online, consente di intraprendere tracce di ricerca che portano, o possono portare, altrove. E questo “altrove” stimola la progettazione di attività di ricerca più approfondite che consentono di imbattersi in fonti autentiche o documenti storici. È proprio da lì che nascono, o sono nate, alcune delle attività didattiche all’interno della mia classe, in alcuni casi proposte dagli studenti stessi. Il contatto diretto con le fonti, reperibili facilmente tramite il web, mi ha suggerito di progettare modalità di lavoro diverse, in cui gli studenti stessi potessero rielaborare, ricostruire, analizzare, sintetizzare e infine presentare un loro elaborato. Il materiale multimediale presente nei libri digitali esercita un indiscutibile “fascino” sui nostri studenti, effetto destinato a restare tale se non adeguatamente sfruttato. Ecco perché mi interessa molto cercare di sfruttare anche il potenziale educativo delle immagini o dei video, soprattutto per stimolare il senso critico, anche all’uso dei diversi media. Proprio per le premesse sopra esposte intendo indirizzare la mia attività didattica alla realizzazione di percorsi funzionali all’apprendimento dei singoli studenti, senza la velleità di produrre un vero e proprio libro di testo, che avrebbe, inevitabilmente, maggiori limiti dei testi in adozione di cui si discute. Come nasce l’idea Questa idea è l’epilogo di una situazione che nasce parecchio tempo fa; tutto questo non sarebbe stato possibile se non avessi avuto l’esperienza di Cl@ssi 2.0 che mi ha permesso di utilizzare le tecnologie massivamente, se non avessi “sperimentato” (metto le virgolette) altre modalità di lavoro.

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Faccio fatica ad individuare un prima o un dopo. Sono arrivata alla consapevolezza che si possono fare queste cose dopo parecchio tempo di lavoro. Non riesco a vederlo come giro di boa. C’è stato uno sviluppo progressivo lungo e molto articolato. Ora ho cercato di individuare qualche punto, ma il quadro è molto più complesso, perché, ripeto, è il risultato di anni. È un punto di arrivo, non un punto di partenza. Da diversi anni, in particolare da quando ho introdotto le tecnologie nella didattica del quotidiano, ho sempre avuto l’ambizione di lavorare sul metodo piuttosto che sul contenuto. Con le tecnologie questo mi è stato molto facilitato. Nella logica di far acquisire agli studenti della scuola secondaria di primo grado un metodo di studio ho provato diverse strade, dalle mappe concettuali alle sintesi, alla narrazione, all’utilizzo di materiali audiovisivi e poi ho voluto provare la riscrittura. Le attività in classe Io parto sempre da questo presupposto, in particolare durante l’ora di storia. Arrivo in classe proponendo più fonti, faccio sempre il confronto tra un libro e l’altro, inducendo negli studenti, oltre che una capacità di analisi, una capacità critica, facendo vedere che uno stesso contenuto può essere esposto, strutturato ed organizzato in modalità diverse. I libri di testo stessi si differenziano per come propongono un contenuto. Sono arrivata a cercare di produrre del materiale che, dopo un’accurata revisione da parte dell’insegnante, possa diventare materiale di studio per i compagni, in una logica di peer/cooperative learning. L’attività che si realizza all’interno delle classi prevede la realizzazione di diverse tipologie di contenuti che spaziano dai wiki tematici (glossario) agli ebook. L’attività si articola in diversi momenti:

1. lettura del libro di testo (cartaceo/digitale) (attività individuale o a coppie); 2. analisi del contenuto; 3. individuazione di modalità diverse per esporre il contenuto stesso; 4. proposta di soluzioni possibili; 5. realizzazione; 6. condivisione e restituzione.

Lo spazio si piega alle esigenze delle attività. Si lavora in un’aula speciale, flessibile, che consente di riconfigurare gli arredi a seconda delle attività del momento. Le tecnologie sono centrali. Si utilizzano: pc (1 : 1), iPad (1 : 2), un iMac per l’insegnante e per gli studenti, piattaforma online, Showbie, Apple TV, schermo touch. Gli strumenti sono: un wiki (presente sulla piattaforma di elearning della scuola), il blog della classe (per la condivisione e diffusione dei materiali prodotti dagli studenti), il forum (presente sulla piattaforma di elearning per lo scambio e la condivisione di idee nella fase progettuale). Tra i software che utilizziamo: iBook Author per la realizzazione di ebook interattivi e multi­touch, CBB (app per la creazione di ebook con iPad), ePubEditor per la realizzazione di ebook in ambiente online e in modalità condivisa.

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Le attività sono svolte in piccoli gruppi o a coppie. Spesso utilizzo la metodologia della flipped classroom, faccio loro le domande partendo da un testo di storia o geografia. Poi ho introdotto un wiki, che è uno degli strumenti che abbiamo nella piattaforma della scuola (Claroline). Mi sembrava interessante affrontare la costruzione di wiki anche per far capire loro come funziona Wikipedia, visto che è il loro primo referente delle ricerche online. Siamo partiti con un wiki tematico in cui ciascun studente doveva contribuire con la stesura di una voce o due, dandone quindi una definizione (non quella classica del dizionario, ma personale). C’è stata una condivisione e una discussione dei termini proposti. In alcuni casi c’erano termini proposti due volte e quindi il contenuto è stato “purificato”. La prova di verifica consisteva nel prendere tre parole chiave relative all’argomento e far costruire oralmente il contenuto intorno. In questo modo si verificava la capacità di mettere in relazione gli eventi e i concetti. Questo era l’inizio, ma ho pensato che le modalità potessero anche essere diverse. Per l’italiano, abbiamo iniziato a scrivere in forma collaborativa anche i testi narrativi, abbiamo fatto esperienza di storygame. Ora (2014, ndr) stiamo lavorando su tre autori sui quali ho dato indicazioni operative: li ho contestualizzati nel periodo storico e ho spiegato a grandi linee il contesto socioculturale in cui hanno vissuto; adesso gli studenti stanno individuando strategie per elaborare un determinato percorso: c’è chi propone la narrazione audiovisiva, chi sta pensando di realizzare un capitolo di antologia (per ora solo ideale, perché non so se riusciremo a realizzare davvero il prodotto). Mi interessa lo sforzo da loro compiuto nell’elaborare approcci alternativi a quelli del libro sequenziale. Mi fa capire che hanno compreso la differenza tra un contenuto di cui sono esclusivamente fruitori e un contenuto che funziona da stimolo per arrivare da un’altra parte. Io credo che l’apprendimento sia questo, il poter partire da un punto e arrivare più avanti. I vantaggi rilevati Prima di questo lavoro la scrittura dei miei studenti era individuale/individualistica (nel curriculum tradizionale della produzione scritta si chiede sempre di produrre un elaborato scritto individuale). In questo modo di lavorare, viceversa, c’è la molteplicità del pensiero. Diciamo che l’aspettativa era che anche chi aveva maggiori difficoltà potesse trarre beneficio dal contagio con chi ha più competenze in merito. Il cambiamento “epocale” a cui stiamo assistendo è che la scrittura non è più un fatto solo individuale, ma diventa collettiva, collegiale. La scrittura acquisisce una funzione sociale, lo si vede bene nel blog. Noi abbiamo un blog di classe che usiamo per documentare la nostra esperienza. Per me rappresenta un’ulteriore occasione per dare stimoli di scrittura. Sia a partire dal blog che abbiamo iniziato a popolare dalla classe prima, sia attraverso questo lavoro, la scrittura, non è ancora pubblica, ma ha acquisito la connotazione di essere qualcosa che è frutto del contributo di tutti. Viene negoziata nel gruppo e quindi quando gli studenti mi presentano l’elaborato finale, questo è già il frutto di una serie di mediazioni che loro nel frattempo hanno dovuto necessariamente sperimentare e mettere in atto. Mentre prima il lavoro era molto guidato, ora mi rendo conto che gli studenti spesso mi anticipano, arrivano loro con delle idee, delle proposte su come affrontare un determinato argomento.

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Ancora non sono in grado di fare un bilancio definitivo, vorrei aspettare ancora un po’ per capire se l’impatto è misurabile e determinante. I problemi incontrati Alcuni problemi che si possono riscontrare nella cornice fin qui tratteggiata sono legati principalmente a individuare e mettere a sistema quelle procedure e quegli strumenti che siano i più efficaci e i più significativi per le attività che si vogliono svolgere. Il problema principale che ho incontrato è stato guidare gli studenti a fare un utilizzo corretto delle presentazioni in PowerPoint. Spesso gli alunni si rifugiano nelle presentazioni per surrogare le loro prestazioni. Occorre lavorare molto anche sugli stili di comunicazione e sulla produzione orale. Per gli insegnanti che lavorano come me, che condividono gli stessi interessi, inoltre, la variabile tempo ha rappresentato sempre un problema. Avere la prima ora, poi un buco e poi la terza ora credo sia impegnativo anche solo per la gestione dei dispositivi. Utilizzare il computer, il tempo di accenderlo (ora poi abbiamo i tablet, gli iPad)... è tutto più… da questo punto di vista ...mediato. Ma al momento in cui si chiede agli studenti di pensare un percorso, progettarlo e realizzarlo, la frammentazione dell’orario così com’è nella scuola italiana credo che sia un po’ il problema centrale. Le tecnologie I problemi nascono spesso dall’utilizzo degli strumenti perché c’è sempre il rischio che le tecnologie prendano il sopravvento, quando invece devono avere un ruolo funzionale e strumentale. La tecnologia richiede strategie gestionali per poter essere un supporto reale. Occorre che il dirigente preveda investimenti in termini di risorse economiche ed umane. L’utilizzo delle tecnologie nella didattica quotidiana comporta un oneroso piano di manutenzione che va programmato e gestito. In tal senso è importantissimo creare una sinergia con gli enti locali, sinergia esplicitata nel capitolo Piano di diritto allo studio redatto dall’ente, e finalizzare le risorse (soprattutto quando le nuove tecnologie rappresentano oggi un sussidio irrinunciabile). Nell’esperienza dell’IC “San Giorgio di Mantova”, degna di nota, in questi anni, si è rivelata la strategia messa in atto dall’allora dirigente Ugo Zavanella: è stata creata una proficua rete di collaborazione con aziende leader nel settore delle tecnologie per la didattica, rete che ha consentito un notevole incremento della dotazione tecnologica e ha innescato una positiva relazione di condivisione di esperienze e sperimentazioni. Il Collegio dei Docenti ha deliberato l’individuazione di una figura di riferimento all’interno dell’Istituto con il ruolo di funzione strumentale, coadiuvata da una commissione per la gestione dei dispositivi nei diversi plessi. Purtroppo, molto spesso, si deve fare i conti con carenze infrastrutturali, come ad esempio il problema legato alla connettività e alla diffusione (ancora più teorica che reale) della banda larga. Per quanto riguarda la formazione dei docenti e la condivisione di esperienze una strategia vincente si è rivelata la rete di scuole.

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b) IC “BRUNO DA OSIMO” ­ OSIMO (AN) a cura di Catia Curina Come nasce l’idea Partirò dal “punto zero”, dal momento cioè in cui ci siamo proposti di affrontare un percorso di innovazione didattica attraverso le tecnologie, senza sapere in verità che questo percorso ci avrebbe portato a caratterizzarci per la costruzione di contenuti didattici digitali. L’idea nasce nell’aprile 2011 da un seminario a Milano sull’innovazione didattica attraverso le ICT a cui hanno partecipato il dirigente e alcune docenti e si è sviluppata poi attraverso una giornata di formazione a maggio, immediatamente organizzata dal nostro Istituto in rete con altri sette del territorio; la giornata di formazione ha permesso di conoscere le esperienze già avviate nelle altre scuole, le problematiche incontrate, lo stato dell’arte nelle università, in particolare nei dipartimenti di Scienze della formazione. Ed è stato così che quattro anni fa, durante un luglio caldissimo, la dirigente con il suo staff ed io abbiamo iniziato a ragionare sull’opportunità di lavorare per competenze (come l’Europa chiedeva) e allo stesso tempo riflettuto sulla necessità di riportare la scuola a ‘portata di ragazzo’, anche allo scopo di contenere la dispersione scolastica. Immaginavamo che affrontare una didattica incentrata sulle competenze avrebbe comportato una serie di modificazioni nell’azione docente e nell’organizzazione degli spazi; significava per esempio dare più spazio a una modalità di lavoro laboratoriale in cui il docente lasciasse la cattedra per avvicinarsi agli alunni, dare spazio a una visione costruttivista dell’insegnamento/apprendimento, mettere al centro l’alunno e i suoi stili e tanto altro ancora. Ci sembrava necessario anche ritrovare un linguaggio comune, senza il quale ogni comunicazione è impossibile, facendo entrare in classe strumenti e modalità d’espressione comunemente utilizzati dai nostri ragazzi fuori dalla scuola; in breve concludemmo che introdurre le tecnologie durante la lezione avrebbe sostenuto il nostro intento; ci fu subito ben chiaro che il puro e semplice uso di un dispositivo non sarebbe stato la chiave di volta del nostro rinnovamento. Quel luglio fu un mese con tanti incontri, con tante ricerche e con tanti colloqui. Le nostre riflessioni partivano dal dibattito sulle nuove tecnologie e dal fatto che l’approccio al sapere dei nativi digitali (Ferri, 2011), e cioè dei nostri alunni, si basa sull’esperienza, è meno dogmatico del nostro e non sopporta che i contenuti siano semplicemente trasmessi dall’alto, in un rapporto uno­a­molti; in buona sostanza ci è sembrato che i nostri alunni, senza saperlo, ci stessero chiedendo una scuola nuova eppure ‘antica’, quella scuola che secondo il più grande filosofo­educatore del Novecento, Dewey, educasse alla creatività, all’arte come esperienza, alla partecipazione attiva, alla cooperazione tra individui e quindi alla democrazia. Abbiamo fatto nostro anche l’insegnamento dell’altra grande educatrice di origini marchigiane, Maria Montessori, che consigliava ai docenti nuove modalità e nuovi stili didattici affinché gli alunni avessero l’opportunità di “imparare da soli”, di essere indipendenti e individualizzare e socializzare il loro stile di apprendimento. È stato subito chiaro che

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l’introduzione dell’iPad non avrebbe significato solamente l’elettrificazione delle aule, ma sarebbe stata una sfida nell’adattare ai nuovi stili di apprendimento dei nativi digitali il setting della scuola, pertanto si è trattato di un’operazione metodologica prima che tecnologica. Bisognava trovare lo strumento più adatto alla didattica e, contemporaneamente, era necessario che ne fosse sostenibile l’acquisto. Abbiamo incontrato vari esperti e venditori di prodotti diversi; praticamente tutto quello che c’era in commercio è passato sotto le nostre mani ed è stato oggetto di varie analisi, finché abbiamo optato per l’iPad della Apple e tutto il sistema integrato che solitamente è consigliato avere: server, Apple TV, iMac. Due LIM erano già presenti in quel plesso e in ogni caso a noi, inizialmente, ne serviva una soltanto perché è con una classe che siamo partiti. Le attività in classe La classe avrebbe fatto parte del Progetto Classe Digitale: era una prima media composita, una classe che potremmo definire “complessa”; ci siamo detti che se avesse funzionato con quegli alunni avrebbe funzionato con tutti. Il primo anno non sono state coinvolte tutte le discipline, ma solo quelle insegnate da docenti realmente interessati al progetto: italiano, geostoria, musica e religione; i colleghi hanno preventivamente elaborato una sorta di piano d’azione che esplicitava l’organizzazione in classe e prevedeva una serie di attività possibili con il device, strumento che per noi è sempre stato considerato ed è tuttora ritenuto, un semplice sussidio al nostro lavoro (al pari di altri, libri di testo compresi). Abbiamo deciso che i ragazzi avrebbero lavorato a coppie di pari livello anche e non solo perché inizialmente fu acquistato un iPad ogni due alunni. Le coppie potevano lavorare insieme costituendo un gruppo secondo l’attività da svolgere; lavorare in coppia significava esercitare, apprendere e mettere in atto modalità di lavoro in senso metacognitivo che prevedevano soluzioni relative alla conoscenza del compito e degli scopi, la stima del livello di difficoltà, la condivisione delle scelte procedurali, l’approccio ai materiali ecc. Per queste ragioni la peer collaboration e i gruppi cooperativi all’inizio, collaborativi in seguito, sono stati i nostri punti di partenza. Desideravamo introdurre e utilizzare strumenti e linguaggi che veicolassero saperi e competenze attraverso dispositivi innovativi e ambienti che consentissero l’individualizzazione dei percorsi di apprendimento. Il lavoro è stato interessante sin da subito in particolare perché ha coinvolto tutti gli alunni, dando la possibilità anche a chi era disgrafico di oltrepassare l’ostacolo puramente strumentale della “brutta scrittura” per concentrarsi finalmente sul processo cognitivo; ha consentito, come accennato, una reale cooperazione fra gli alunni, una serie di operazioni cognitive che, anche a detta degli stessi ragazzi, ha richiesto maggior sforzo rispetto a quelle implicate nella lezione frontale. Il docente non era più l’unico depositario di tutto lo scibile e spesso gli alunni sono stati i veri esperti delle tecnologie: possiamo certamente dire che ne sanno molto più dei loro genitori e di noi insegnanti.

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Un percorso molto gradito agli alunni è stato quello di geostoria; imperniato sui processi di trasformazione che, partendo da attuali situazioni problematiche cui trovar soluzione, vedeva eventi storici intersecati ad aspetti geografici (attuali e del tempo) con incursioni nel mondo letterario e approfondimenti desunti dalla lettura del quotidiano. Al termine di ciascun processo di trasformazione, abbiamo chiesto – come verifica – la realizzazione di un breve trailer con immagini e didascalie esemplificative. Un altro percorso particolarmente apprezzato è stato quello relativo ai grandi movimenti culturali: i ragazzi l’hanno affrontato analizzando testi, documentari e spezzoni di film, effettuando prove d’ascolto e visite virtuali nei musei, per poi presentare il loro lavoro tramite mappe, ebook, storytelling, slideshow, graphic novel, ecc. Con il tempo le classi digitali sono aumentate: attualmente sono sette quelle di scuola secondaria di primo grado (e stiamo iniziando a introdurre le ICT anche nella primaria). Ciascuno studente di una classe terza oggi è dotato di iPad, sia per consentire percorsi individualizzati che di tutoraggio, non necessariamente tra pari. Il numero delle discipline e dei docenti coinvolti è andato crescendo di anno in anno, fino ad arrivare alla quasi totalità degli insegnanti che hanno modificato il loro modo di insegnare affiancando le nuove tecnologie al libro di testo (e non solo). Lavorare con le ICT, rinnovando in tal modo la didattica, è una specie di virus: pian piano vengono contagiati anche i docenti più resistenti! Una delle modalità attraverso le quali viene organizzato il lavoro è quella di depositare le unità di apprendimento, i wiki realizzati e i materiali di studio nel server della scuola: testi, immagini, video, file audio, sono le risorse sulle quali gli studenti sono stati chiamati a lavorare, a scuola e a casa, per realizzare un prodotto finale che può essere un testo, un questionario da proporre a un compagno, una presentazione Keynote, un video, un ebook, ecc. Talvolta, nel caso di webquest, la classe ha messo in partica la modalità del “jigsaw”: i vari percorsi di ricerca/apprendimento, conclusi, sono ricomposti in un’unità più grande (alla maniera di un puzzle); in altri casi i materiali sono caricati su programmi online grazie ai quali gli alunni possono attingere per attività in classe e/o casa (ad es. presentazioni, mappe, video realizzati o reperiti in rete dal docente). Oltre al server della scuola, di recente stiamo utilizzando anche la suite WebWare grazie alla quale è possibile costruire lezioni multimediali tramite la composizione di testi, video, mappe, ecc. reperiti nel web o autoprodotti con app opportune, accessibili con qualsiasi dispositivo dotato di connessione Internet. Introducendo la modalità “flipped”, abbiamo anche iniziato a ribaltare la metodologia di lavoro, dedicando maggior tempo ad attività da svolgere in classe e facendo sì che la lezione trasmissiva avvenisse a casa (attraverso i video). Per quanto riguarda i contenuti prodotti dagli alunni, l’attività può essere realizzata a conclusione di un’unità didattica come verifica finale o prova esperta o come modalità alternativa attraverso la quale affrontare contenuti (utilizzando quindi o lavori di gruppo o di peer collaboration o di tutoring). I

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materiali prodotti non si perdono e possono quindi essere all’occorrenza riutilizzati; in tal modo, tra l’altro, viene a crearsi una sorta di documentazione­archivio dei lavori (che altrimenti non sarebbe possibile organizzare). A tal proposito vale la pena dire che stiamo sperimentando l’allestimento di una sorta di e­portfolio: Ogni ragazzo di terza sta creando il proprio sito web nel quale inserirà una sua presentazione e i suoi lavori preferiti (ad es. musiche elaborate con l’iPad, ebook, video, presentazioni e mappe sulle unità di apprendimento studiate, ecc.). Per favorire questo tipo di attività, l’aula è organizzata per isole ma è presente anche un angolo “comune” in cui è possibile lavorare tutti insieme; c’è poi l’area dedicata alla visione dei prodotti multimediali. Dal punto di vista tecnico, oltre all’organizzazione già specificata, aggiungo che siamo stati supportati da un esperto esterno, che ha fatto per noi molto di più di quanto richiesto nel suo contratto. L’id Apple non è a disposizione di tutti, ma della sola funzione strumentale e della referente di progetto che di volta in volta procedono a scaricare le app richieste dai docenti o propongono ai docenti app di interesse, dopo averle sperimentate. Oltre alle app, però, abbiamo iniziato a servirci anche di ambienti online free. A conclusione di quanto fin qui detto mi preme sottolineare un aspetto importante: l’ingresso delle tecnologie come sussidio a diverse pratiche didattiche muta notevolmente il ruolo dell’insegnante così come lo abbiamo sempre inteso: il docente non trasferisce unicamente le sue conoscenze da uno a molti ma funge anche da organizzatore di situazioni e attivatore di esperienze predisponendo attività il più possibile vicine alla vita pratica. I percorsi di apprendimento degli alunni sono individualizzati grazie alla possibilità di approntare materiali diversificati che richiedono allo studente di agire in prima persona in base alle indicazioni e agli strumenti forniti dal docente; occorre comunque la guida e il supporto dell’insegnante: mette a disposizione le proprie competenze ma lascia ai ragazzi il compito di lavorare a vari livelli sui materiali, per poi proporli alla classe attraverso minilezioni con video, slideshow, mappe e/o discussioni aperte.

I problemi incontrati Non è stato tutto facile: i familiari degli studenti sono stati sin da subito entusiasti delle novità introdotte: avevano notato un crescente interesse e un’impensata partecipazione nei confronti delle attività svolte a scuola; i loro giovani, fra l’altro, potevano dialogare con i docenti attraverso un indirizzo email istituzionale e ciò accresceva il loro senso di appartenenza all’Istituto. Lo scambio di mail riguardavano i “lavori in corso”, eventuali proposte, suggerimenti, indicazioni, aspetti legati alla preparazione ed esecuzione di un dato progetto. Il primo anno è stato faticoso, inutile dare una visione edulcorata di una fase durissima che ha impegnato i docenti per un tempo infinito: oltre alla progettazione, alla costruzione dei materiali, alla correzione dei prodotti dei ragazzi, alla reperibilità via mail praticamente 24h/24, c’erano gli iPad da

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tenere in carica, le app da scaricare e i problemi tecnici non sempre alla portata di docenti curricolari non esperti di informatica. Inoltre, se famiglie e alunni rispondevano con entusiasmo alla novità, auspicando anzi una maggiore diffusione della nuova modalità di insegnamento/apprendimento, inaugurata con la loro classe, non tutti i docenti vivevano il cambiamento con lo stesso spirito. Si sa, i cambiamenti creano sempre divisioni, scontri, ostacoli, denigrazioni. Ora però, al quarto anno di sperimentazione, quasi tutti i docenti usano l’iPad dato loro in comodato d’uso dalla scuola, molti ne hanno acquistato uno personale, tutti chiedono la formazione ai pionieri o meglio la disseminazione di quanto sperimentato in questi anni. In questa esperienza la fase della progettazione didattica resta certamente la più delicata e la più impegnativa: ormai è chiaro che il lavoro a casa è di gran lunga più oneroso in termini di tempo e di energie che quello in classe; questo però consente al docente riappropriarsi di un ruolo culturale ben più gratificante del semplice trasmettitore di conoscenze (ormai obsoleto e superato tanto più che viviamo in una società in cui la conoscenza non è più un bene racchiuso in un volume da distribuire uniformemente a una platea di soggetti più o meno attivi). Come insegnante di lettere, mi sento anche di chiarire che, se è vero che le attività così costruite richiedono tanto tempo anche in classe – perché se l’orario è frantumato in ore singole si fa poco – è altrettanto vero che so di non aver rinunciato a niente delle mie materie se, quando parliamo di disciplina, non pensiamo solo ad una serie di contenuti e nozioni da “trasmettere”, ma allo statuto epistemologico che ogni disciplina ha e che deve essere acquisito dall’alunno e che fa riferimento più che ai contenuti al linguaggio, all’oggetto di studio di quella disciplina e alla metodologia di indagine della stessa. Poiché i contenuti si amplificano con il progresso delle conoscenze, diventa impensabile affrontarli tutti, per questo è necessario operare scelte funzionali al raggiungimento delle competenze: i contenuti, insomma, non sono il fine dell’insegnamento ma un mezzo per raggiungere obiettivi formativi. La valutazione degli studenti L’altro nodo su cui si discute è la valutazione. Nei nostri consigli di classe ci stiamo regolando attraverso vari momenti che contribuiscono poi a determinare una valutazione complessiva, con aspetti sommativi (delle conoscenze e delle abilità) e momenti formativi (delle competenze). In genere le verifiche al termine delle unità didattiche prevedono richieste che riguardano l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze; la prova esperta al temine delle unità di apprendimento, e che non riguarda una singola disciplina ma è trasversale, è relativa alla valutazione delle competenze. Se la competenza “non è ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare con ciò che sa” (Wiggins, 1993), la valutazione delle competenze prende necessariamente in considerazione l’apprendimento in un’accezione più ampia che non si limita alle sole nozioni o al saperle applicare in un esercizio, ma si concentra sul problem solving, sul pensiero critico, sulla capacità di riflettere sulle modalità di apprendimento in un’ottica metacognitiva e sugli aspetti creativi. La creatività è il sesto livello della

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tassonomia di Bloom ed è anche una delle caratteristiche più richieste in un’economia e in una società “liquide” come le attuali. La valutazione dell’esperienza L’esperienza è stata monitorata dall’Università Bocconi di Milano. In quell’occasione i ragazzi hanno risposto a un questionario e sono stati analizzati i loro apprendimenti. I risultati hanno messo in luce che i vantaggi dell’uso delle tecnologie e anche di una didattica innovativa ricadono soprattutto sugli alunni di livello medio/medio­basso. Aspetti gestionali e organizzativi Come accennato all’inizio di questo mio contributo, l’idea ha preso vita nell’aprile 2011 dopo che il nostro dirigente ed alcune docenti avevano preso parte a un seminario sull’innovazione didattica attraverso le ICT per poi svilupparsi in una giornata di formazione organizzata dal nostro Istituto in rete con altri sette del territorio. L’evento ha stimolato l’interesse di alcuni docenti che hanno spontaneamente dato vita ad un gruppo di ricerca e di lavoro. Il primo impegno è stato quello di informarsi sui dispositivi tecnologici presenti sul mercato (caratteristiche, presenza o meno del settore education, tipologia più idonea, costi e modalità di pagamento, normative sulla privacy e sulla sicurezza); in parallelo è emersa la necessità di formare i docenti, non solo sugli aspetti legati all’utilizzo delle tecnologie ma anche e soprattutto sulle metodologie che possono essere supportate dalle ICT. A settembre 2011 ha preso corpo il progetto di realizzare una classe digitale in una prima media mettendo a disposizione degli studenti un iPad ogni due ragazzi, anche per favorire la socializzazione e il cooperative learning. Come ricordato, da allora ad oggi il progetto è stato esteso a sette classi della secondaria di primo grado (e due di primaria), mantenendo per tutte le stesse modalità con cui è stato avviato. I device sono di proprietà della scuola e non possono essere portati a casa; questa decisione, che ha evitato il problema di stipulare un’apposita assicurazione contro furti e danneggiamenti (che sarebbe stata a carico delle famiglie), ha avuto anche il riscontro positivo di consentire all’Istituto di stabilire unilateralmente le regole di utilizzo dei dispositivi. Attualmente, con l’aumento delle classi e degli alunni coinvolti nel progetto (richieste stanno prevenendo anche da altre classi della primaria), si sta pensando alla modalità BYOD che necessita di regole ben precise e condivise con le famiglie. Il diffondersi del progetto ha evidenziato la necessità della banda larga per consentire accessi più numerosi, simultanei up e down; dovendo la scuola provvedere autonomamente (non sappiamo se e quando l’ente locale metterà a disposizione l’infrastruttura necessaria) è stato stipulato un contratto in cui erogazione e costi sono flessibili in relazione ai consumi e ai tempi della fornitura, con la possibilità di ridurre la spesa nei mesi estivi. Negli istituti comprensivi non è prevista la figura del tecnico di laboratorio, si è quindi reso necessario affidare l’assistenza e la manutenzione degli strumenti e delle infrastrutture a un’azienda informatica; per contenere i costi si è pensato di richiedere un più ampio ventaglio di servizi, con un contratto annuale che prevede anche attività di formazione docenti a cadenza bimensile e assistenza per eventi e situazioni particolari.

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Per la formazione e per la realizzazione di seminari di aggiornamento sono state create apposite reti tra scuole della zona; in tali occasioni sono stati offerti spazi ad aziende commerciali in cambio di contributi per la realizzazione degli eventi. Per coinvolgere un maggior numero di docenti ogni anno, a settembre, prima della ripresa delle attività didattiche, sono stati organizzati corsi di formazione interni (con formatori della scuola) che contemplano alcuni “richiami” durante l’anno. Per i finanziamenti abbiamo presentato la nostra idea a enti locali, stampa, fondazioni, emittenti televisive locali, aziende e attività commerciali del territorio, chiedendo un contributo per la sua realizzazione in cambio di piccole forme di pubblicità (ad es. il logo delle aziende pubblicato nel sito o inserito nel diario personalizzato di Istituto); altri risorse sono state ottenute attraverso la partecipazione a bandi e concorsi, con la presentazione di progetti relativi alle più svariate tematiche (integrazione, dispersione, disagi, DSA, stranieri, educazione ambientale) che sono stati accolti grazie alle proposte innovative legate all’utilizzo delle tecnologie. Non sono stati richiesti contributi alle famiglie, alle quali invece è stata ribadita e sottolineata la gratuità del progetto.

Le tecnologie Lo staff delle tecnologie è costituito da due docenti con Funzioni strumentali (una per la multimedialità l’altra per la documentazione) e dai docenti referenti di plesso che svolgono contemporaneamente attività collegate ad entrambe le aree. Tale organizzazione si è resa necessaria per la complessità degli istituti comprensivi, costituiti da più plessi (nel nostro sono 10); il gruppo si è formato spontaneamente sulla base della disponibilità e delle competenze degli insegnanti, sia per le figure referenti sia per le altre di supporto; secondo la prassi prevista dal CCNL (criteri, candidature, competenze), ascoltate le proposte del dirigente in merito alle Funzioni strumentali necessarie alla piena realizzazione dell’offerta formativa, il Collegio dei Docenti ha designato i soggetti ai quali affidare le aree; inizialmente la loro azione è stata strettamente legata agli ambiti specifici loro affidati, successivamente, con l’inserimento del Docente formatore, si è completata attraverso una modalità più ampia di collaborazione anche sulla didattica e sulle opportunità di formazione e aggiornamento. Il gruppo dei docenti di supporto si occupa in ogni plesso della supervisione dei laboratori e delle strumentazioni e hanno il compito di segnalare eventuali problemi hardware e software, malfunzionamenti, ecc.; raccolgono inoltre la documentazione delle attività e degli eventi svolti nel plesso per poi trasmetterla alle Funzioni strumentali per la pubblicazione nel sito di Istituto e nel blog di plesso.

c) IC “BACCIO DA MONTELUPO” ­ MONTELUPO FIORENTINO (FI) a cura di Patrizia Melani

L’esperienza L’esperienza di cui parliamo è stata portata avanti da tre classi della scuola primaria dell’IC “Baccio da Montelupo” durante l’anno scolastico 2013­2014. Le tre classi quinte erano inserite da un paio d’anni

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nella sperimentazione Ardesiatech, un progetto volto a verificare l’influenza delle nuove tecnologie sulla capacità di collaborare e di apprendere degli alunni. Il progetto ha posto un’attenzione particolare all’uso consapevole e critico di Internet e ad un utilizzo originale e creativo del computer e della LIM in classe. Le attività di questo progetto hanno avuto come nucleo centrale il rapporto tra il curriculum della matematica e quello dell’italiano; tuttavia le competenze disciplinari non erano il focus della ricerca: si puntava l’accento soprattutto sui temi legati a collaborazione, cooperazione, solidarietà, ovvero quelle competenze personali, interpersonali e interculturali che la scuola deve promuovere per offrire alle persone gli strumenti che consentano di partecipare alla vita civile e democratica in forma attiva e consapevole. Abbiamo individuato un tema su cui lavorare nel corso dell’anno: quello del cibo nelle diverse culture; un argomento che ci consentiva di lavorare sulle competenze di cui sopra (definite anche “trasversali”) in maniera completa ed esaustiva: il cibo inteso da un lato elemento aggregante, dall’altro in quanto forte espressione di appartenenza e identità culturale. Considerata la presenza nelle tre classi di molti bambini stranieri la scelta del tema e delle sue declinazioni sociali e culturali ci è sembrata particolarmente felice. Le attività di quest’anno (2014, ndr) prevedono la progettazione e realizzazione, da parte delle classi, di un ricettario “digitale”. L’attività offre lo spunto per lavorare in due direzioni diverse e complementari: da una parte la sperimentazione di nuove modalità comunicative (che prevedono l’utilizzo delle tecnologie per la documentazione, la condivisione di materiali, la stesura di testi e la loro pubblicazione), dall’altra un percorso interdisciplinare che, utilizzando come nucleo centrale un comune argomento, predispone una programmazione interrelata per le due aree disciplinari. Nelle diverse fasi del progetto i bambini hanno dovuto misurarsi con la capacità di ascoltare, di esprimersi, di ipotizzare, progettare e rappresentare. Il progetto si è realizzato da ottobre 2012 a maggio 2013; nella fase di programmazione delle insegnanti sono stati lasciati spazi aperti in cui sono stati messi in gioco vari elementi: la curiosità, lo spirito di iniziativa, la capacità decisionale, la capacità organizzativa e la capacità di argomentare. Il prodotto visibile sul web è il risultato quindi del lavoro degli alunni; la funzione delle insegnanti è stata quella di supporto e di coordinamento. Le tecnologie Le tre classi sono state dotate di un setting tecnologico composto da una LIM in rete con un netbook per ogni bambino e l’accesso a Internet sia sulla LIM che nei portatili degli alunni. Avere in classe la LIM ha dato la possibilità di condividere qualsiasi elaborato prodotto dal singolo bambino o da un gruppo, catturando notevolmente l’attenzione e facilitando quindi l’analisi, la riflessione, la discussione e lo scambio fra pari. Con questo strumento i bambini hanno potuto operare dinamicamente su contenuti, desunti da Internet o proposti dall’insegnante, apportando modifiche e personalizzandoli, facilitando il passaggio dall’operatività concreta all’astrazione.

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La LIM ha permesso inoltre di sperimentare con semplicità e in forma rapida diversi modi di comunicare, dal linguaggio scritto a quello musicale e iconico. Netbook personali in rete fra loro hanno contribuito, attraverso uno scambio veloce ed immediato, ad arricchire, completare ed integrare gli elaborati individuali. Operando con i propri portatili, gli alunni hanno acquisito discrete competenze informatiche, riuscendo ad utilizzare nuovi software (PowerPoint, Video Editor, Smart Notebook, ecc.). Le attività in classe Grazie al progetto i bambini si sono dovuti confrontare con problematiche nuove che hanno potuto risolvere facendo ricorso a conoscenze attinte dalle diverse discipline: si è realizzata in questo modo l’unitarietà del sapere. L’attività di progettazione del testo ha coinvolto la classe permettendo di lavorare su una serie di obiettivi formativi: leggere e confrontare informazioni provenienti da testi diversi per farsi un’idea di un argomento; ricercare informazioni in testi di diversa natura e provenienza applicando tecniche di supporto alla comprensione; raccogliere le idee, organizzarle in punti e pianificare la traccia di un’esperienza; scrivere semplici testi regolativi o progetti schematici per l’esecuzione di attività; sperimentare diverse forme di scrittura con l’utilizzo del computer adattando la struttura del testo, l’impaginazione, le soluzioni grafiche; avvicinarsi all’idea di ‘sceneggiatura’ e di ‘storyboard’ come fasi della stesura del testo e come momenti di progettazione condivisa. Nella pratica didattica gli alunni hanno lavorato a classi aperte, in piccoli gruppi eterogenei in cui ogni alunno ha avuto un ruolo specifico. Durante la prima fase la classe ha analizzato le proprie esperienze e il proprio stile di vita in relazione al cibo individuando i diversi modi per l’acquisto degli alimenti. Le insegnanti hanno distribuito agli alunni un questionario precedentemente preparato con lo scopo di dar risalto all’elemento cibo come fattore aggregante. I dati raccolti sono stati rappresentati in forma grafica alla LIM: ciò ha consentito un’analisi immediata dalla quale sono emersi tanti aspetti su cui poter riflettere. Successivamente gli alunni hanno intervistato i loro familiari con lo scopo di conoscere alcuni piatti tipici della propria terra e la relativa ricetta per prepararli. Il materiale raccolto è risultato tanto e variegato ed è quindi sorta la necessità di riordinarlo per mezzo di classificazioni: il criterio scelto dagli alunni è stato quello dell’appartenenza geografica. Siamo passati poi all’analisi di alcuni ricettari. A tutti gli alunni sono stati presentati ricettari cartacei, ricette proposte sul web e alla televisione. A questo punto i bambini hanno espresso la voglia di raccogliere le loro ricette in un “contenitore” fruibile da tutti: dal momento in cui la totalità degli alunni ha scelto di creare un prodotto multimediale è nata l’idea di costruire un sito web in alternativa al tradizionale ricettario su carta. Si è proceduto, successivamente, alla costruzione del prodotto in formato digitale. Il prodotto finale (il ricettario, appunto) si è configurato come un sito contenente le ricette raccolte e prodotte dai vari gruppi di lavoro. In particolare: 3 ricette videoriprese e 12 ricette realizzate in una serie di sequenze audiovisive.

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È stata preparata la pagina degli ingredienti: sono stati scelti in maniera autonoma i caratteri del testo e i loro colori, le immagini e la disposizione di queste nella pagina, i colori di sfondo. La preparazione viene divisa in fasi successive: le scelte sono state diverse. Alcuni gruppi hanno preferito adoperare prevalentemente immagini con piccole didascalie; altri hanno dato priorità al testo scritto, magari numerato; altri ancora hanno dato uguale spazio alle immagini e al testo. Sono state scoperte le caratteristiche del testo regolativo: dopo aver confrontato i vari testi di ricette, i bambini hanno scoperto le caratteristiche ricorrenti. Tutto il prodotto è stato preparato dai bambini con il software Smart Notebook in pagine ordinate sui loro portatili; gli alunni hanno quindi esportato ogni pagina in file jpg. Hanno poi cominciato a utilizzare il software Video Editor per montare una pagina per volta in modo da costruire un filmato che le comprendesse tutte: ogni file è stato posizionato su una timeline, è stato deciso il tempo “per pagina” e le transizioni tra un una e l’altra; successivamente ogni gruppo, dopo aver ascoltato diverse musiche da inserire come sottofondo, ha scelto quella che era piaciuta di più e l’ha adattata alla lunghezza del filmato. Il prodotto finale di ogni gruppo è stato inserito in un sito web creato appositamente. In ultim’analisi per collocare geograficamente il luogo di provenienza della loro ricetta i bambini hanno usato Google Maps. Il sito è visibile all’indirizzo www.ardesiatechincucina.it. Esempi Per agevolare il lavoro di produzione si individuano alcuni strumenti da utilizzare nelle classi. Per la raccolta e la condivisione delle risorse è stato allestito un Archivio dei Materiali, ovvero uno spazio di condivisione organizzato in una serie di cartelle principali (Testi, Fotografie, Disegni, Parlato, Musica, Video, Sceneggiature). Ognuna delle cartelle in questione conteneva 12 cartelle secondarie, ognuna dedicata ad un gruppo. Si è stabilito, inoltre, di individuare un sistema di denominazione dei file che seguisse un criterio condiviso e consentisse di identificare subito un file e di evitare il rischio di duplicazione dei loro nomi. Per la progettazione si è seguita la metodologia sotto proposta:

Ideazione. Ogni gruppo procede alla stesura di un breve testo descrittivo che prefigura il prodotto che si immagina. Il documento (in formato doc) contiene in sintesi le caratteristiche del testo che il gruppo immagina, descritte a grandi linee, ma orientate a definire il prodotto finale: il contenuto trattato, le modalità comunicative, a chi ci si rivolge, ecc.

Storyboard. Ogni gruppo prova a ‘disegnare’ le pagine della ricetta, come se le immagina, con la distribuzione di testo e immagini. I ragazzi sono lasciati abbastanza liberi nella loro progettazione. Si tratta di schizzi o poco più, realizzati a mano, su carta. Ogni gruppo è chiamato ad avviare la raccolta dei materiali che serviranno per lo sviluppo del progetto. Dopo aver definito una lista di quello che serve, procederà alla ricerca e produzione nonché all’inserimento nelle cartelle Dropbox create all’occorrenza.

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Sceneggiatura. Ogni gruppo procede alla stesura della sceneggiatura della ricetta secondo la tabella che segue:

Nei riquadri figurano i rimandi ai file creati e che contengono testi, immagini, ecc.

d) IISS “CARLO EMILIO GADDA” ­ FORNOVO DI TARO (PR) a cura di Laura Covini L’esperienza Da qualche anno alcune classi della scuola lavorano all’autoproduzione di videorecensioni dei libri letti dagli studenti. Il lavoro prodotto è il punto di arrivo di un percorso in cui sono state attivate strategie e metodologie di didattica innovativa. Gli studenti hanno lavorato singolarmente, a piccoli gruppi e a gruppi più estesi, sotto la guida di un capogruppo, secondo le modalità del cooperative learning. Hanno fatto uso di strumenti audiovisivi, mettendo a frutto le competenze acquisite anche in altre discipline (informatica) per arrivare alla realizzazione di un prodotto finale, esito del lavoro di tutti, ma in cui è evidente il contributo di ciascuno. Le attività hanno consentito lo sviluppo competenze trasversali attraverso una didattica metacognitiva, ponendo costantemente l’attenzione dei ragazzi a come migliorare il proprio lavoro, sollecitando il contributo di tutti e facendo leva sui punti di forza di ognuno. Le singole videorecensioni degli studenti sono sistemate in una sorta di antologia virtuale (realizzata dagli studenti in collaborazione) che presenta una divisione per generi narrativi.

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Come nasce l’idea L’esperienza nasce nell’arco di un anno di insegnamento nella classe II A dell’indirizzo Tecnico informatico. La classe, proveniente dall’unione di due ex classi prime, si presenta come un contesto eterogeneo con la presenza di due studenti disabili, otto DSA, tre stranieri. Durante l’anno scolastico il numero degli studenti è aumentato con l’inserimento di tre giovani provenienti da altre scuole. La classe, così composta, oltre che numerosa, si è mostrata anche molto disordinata e caotica. Si è avvertita la necessità di un lavoro a misura di singolo studente, che coinvolgesse tutti, andando incontro agli stili di apprendimento di ciascuno. Occorreva proporre un lavoro che impegnasse direttamente i ragazzi, rendendoli parte attiva del loro percorso di apprendimento, stimolandone la competenza metacognitiva. Il lavoro proposto ha avuto anche la finalità di insistere sull’unità della classe coinvolgendo tutti gli studenti nel progettare un lavoro che fosse il risultato del contributo di ciascuno. La realizzazione di un prodotto finale ha coinvolto attivamente i ragazzi facendoli sentire parte di un gruppo, sviluppando oltre che la loro creatività, anche il loro senso di responsabilità (l’impegno profuso va a beneficio del gruppo) e la loro capacità critica. Si è inoltre cercato di stimolare la motivazione: gli studenti dell’ITIS, indirizzo Informatico hanno scarsa propensione per lo studio delle materie letterarie, sono disinteressati alla lettura. Occorreva quindi stimolarli e motivarli, passando attraverso gli strumenti multimediali che loro padroneggiano molto bene. Le aspettative Il lavoro ha molteplici motivazioni. Si parte da un’insoddisfazione nei confronti delle tradizionali antologie, o perché incomplete o per la selezione dei brani in esse contenuti (alcuni dei quali, poiché frutto di scelte altrui, spesso di scarsa presa sugli studenti). Il lavoro si configura come una guida per la lettura, proponendo testi integrali in alternativa agli stralci di brani delle antologie. I testi selezionati sono frutto di una scelta effettuata spesso nell’ambito di pubblicazioni recenti. C’è inoltre la possibilità di selezionare testi a misura di studente. Il lavoro ha l’obiettivo di diffondere presso i ragazzi il gusto per la lettura, avviando un percorso conoscitivo di se stessi e dei propri gusti letterari. Il lavoro consente e necessita di un continuo sguardo alle novità e all’attualità, aspetti con i quali siamo tutti soliti confrontarci costantemente. La sistemazione delle singole recensioni nell’ambito di una biblioteca virtuale ha l’obiettivo di dare agli studenti la percezione di gruppo. Spesso diamo per scontato di trovarci di fronte una classe che funziona come gruppo, ma non sempre è così, anzi, in realtà può accadere che gli studenti abbiano bisogno di qualche attività per avere la percezione di essere una classe. Questo tipo di attività permette di agire sulla classe come gruppo e consente negli studenti lo sviluppo di capacità critiche e metacognitive. Nello specifico caso di un Istituto Tecnico a indirizzo Informatico, il lavoro si presenta come un prodotto interdisciplinare che trasmette l’idea che tutte le discipline danno un loro apporto alla formazione e alla crescita della persona. Quello che cerchiamo di ottenere sono un maggiore impegno e una collaborazione attiva tra studenti. Si cerca inoltre di stimolare la riflessione critica nell’ottica di un’autovalutazione e di una valutazione

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condivisa e consapevole. Si promuove il lavoro di gruppo, la mediazione dei confitti, il coinvolgimento attivo degli studenti (Dimmi e io dimentico, mostrami e ricordo, fammi fare e imparo). Si cerca di sviluppare nei giovani l’atteggiamento critico nei confronti di ciò che il web propone, la responsabilità nei confronti di ciò che si pubblica e di ciò che si scrive a proprio nome. Si cerca di proporre un uso alternativo e positivo dei social network che diventano uno spazio per scambiarsi libri, opinioni, recensioni, consigli per la lettura. Obiettivo principale, senz’altro: diffondere il piacere della lettura tra gli adolescenti! Le attività in classe Il lavoro nelle classi è stato organizzato come segue:

1. Lancio dell’attività. Presentazione del percorso alla classe e assegnazione dei materiali. 2. Lavoro individuale. 3. Lettura individuale di un testo. 4. Presentazione alla classe su PowerPoint o in modalità booktrailer. 5. Lavoro a gruppi estesi: lo staff tecnico e lo staff curatore dei contenuti. Lo staff curatore dei

contenuti, diviso a piccoli gruppi, si è occupato di elaborare una presentazione dei diversi generi narrativi. Ogni lavoro è stato poi revisionato dagli altri gruppi.

Il momento della presentazione dei singoli lavori alla classe è un momento molto importante di valutazione costruttiva e condivisa e di autovalutazione. I singoli lavori sono stati oggetto di autovalutazione da parte dello studente e di valutazione da parte della classe. La valutazione è stata presentata alla classe come momento di riflessione sulle criticità del proprio elaborato inteso come momento costruttivo di crescita e occasione di miglioramento. Gli studenti piano piano hanno abbracciato questa modalità di intendere la valutazione riferita alla propria prestazione. In questo modo il momento della valutazione non viene vissuto come situazione riferita alla valutazione della persona ma come occasione di riflessione e momento di crescita. Gli studenti hanno fatto tesoro dei suggerimenti dei compagni in quanto primi destinatari del loro lavoro. Anche i lavori di gruppo sono stati oggetto di valutazione costruttiva e ciò ha dato luogo ad alcune fasi di revisione del proprio lavoro. L’insegnante ha espresso in un secondo momento la propria valutazione condividendola con la classe. La classe è stata divisa in due macrogruppi, guidati da un capogruppo: lo staff tecnico, incaricato di costruire il sito e lo staff che ha curato il lavoro dal punto di vista contenutistico. Ciascun gruppo è stato poi diviso in sottogruppi. Divisi in gruppi di tre componenti, gli studenti dello staff narrativo si sono occupati della descrizione dei vari generi, il lavoro è stato preso in gestione dallo staff tecnico che lo ha caricato sul sito. Gli studenti hanno lavorato singolarmente, a piccoli gruppi e a gruppi più estesi sotto la guida del capogruppo, secondo le modalità del cooperative learning. In ogni caso i lavori presentati sono stati oggetto di valutazione da parte della classe. I lavori di gruppo sono stati autovalutati dal capogruppo per poi divenire oggetto di valutazione da parte del docente.

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Si è utilizzato il laboratorio di informatica per i lavori a piccoli gruppi. Sono stati necessari la LIM, un proiettore per le presentazioni singole e per le revisioni, oltre a pc per singoli lavori e per lavori di gruppo, la rete. Le famiglie sono state una parte attiva nel consigliare gli studenti sul modo di sviluppare le singole idee. I docenti coinvolti provengono da una formazione specifica in didattiche innovative presso l’Università Cattolica di Piacenza. I vantaggi rilevati Il lavoro ha consentito lo sviluppo di competenze trasversali attraverso una didattica metacognitiva, ponendo costantemente l’attenzione dei ragazzi a come migliorare il proprio lavoro, sollecitando il contributo di tutti e facendo leva sui punti di forza di ciascuno. Ogni studente ha fatto ricorso alle proprie abilità come caratteristiche uniche, che hanno dato valore al lavoro di gruppo. Collaborare alla realizzazione di un prodotto ha permesso di spostare l’attenzione al lavoro conclusivo, considerando l’apprendimento non come un fine ma come un mezzo indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo. Lo spostamento di attenzione fa sì che i ragazzi imparino quasi senza rendersene conto. L’interdisciplinarità del lavoro trasmette un messaggio altrettanto forte: le competenze acquisite in una disciplina possono essere messe a frutto per la realizzazione di un progetto in un’altra materia: la scuola non è costituita da tante componenti a sé stanti; in questo senso dobbiamo intendere le varie discipline: queste, indistintamente e nel loro complesso, concorrono alla costruzione delle conoscenze e competenze che vanno a formare e arricchire la persona. La classe si è così appassionata che si è ‘autoassegnata’ i compiti per le vacanze, scegliendo i libri da leggere e da recensire, nell’intento di proseguire il lavoro sul sito anche nel periodo estivo. Diversi studenti dell’Istituto, incuriositi, hanno chiesto di poter partecipare all’iniziativa e caricare i propri lavori: ciò che è nato come lavoro di classe si avvia a diventare una modalità di lavoro per l’intera scuola, gestito e curato dalla ormai III A che avrà tempo per crescere e sviluppare il progetto. I problemi incontrati La maggior difficoltà ha a che fare con la gestione e la scansione del tempo scolastico e con la frammentazione oraria. Criticità sono state a volte riscontrate negli studenti in merito alla puntualità nelle consegne, all’esser poco precisi e per scarsa capacità organizzativa; altre volte emergono difficoltà nei rapporti di tipo collaborativo e da qui la necessità di dover/saper gestire i conflitti con azioni mirate.

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4.2 Adozione di risorse didattiche digitali prodotte dai docenti e dagli studenti IC DI CADEO E PONTENURE ­ ROVELETO DI CADEO (PC) a cura di Alessandra Bruzzi e Alessandra Franchi L’esperienza L’IC di Cadeo e Pontenure ha proposto un progetto di sperimentazione didattica per la scuola secondaria di primo grado denominato “Libr@”, nato nel 2013 e volto ad una graduale integrazione di libri di testo e strumenti tecnologici (tablet iPad) nell’insegnamento/apprendimento quotidiano a partire dalle classi prime. Libr@ è il risultato di un lungo periodo di studio, progettazione e sperimentazione. All’interno del nostro Istituto erano già attive due classi 2.0 e molti insegnanti avevano già iniziato un cammino di formazione tecnologica grazie ad una serie di incontri programmati dalla scuola e aperti a tutti gli insegnanti della provincia. Nello scorso triennio è stata introdotta una sperimentazione in due classi prime nella quale sono stati utilizzati tablet (iPad) per attività di cooperative learning. Viste le grandi potenzialità dello strumento e soprattutto potendo osservare l’immediatezza dei risultati e l’efficacia di alcune app, abbiamo pensato di estendere e di portare a sistema l’utilizzo di questi device. È nata così la sperimentazione la cui progettazione è durata un anno scolastico (2012­2013) con una dozzina di incontri tra collegi dei docenti, consigli di istituto, assemblee con i genitori, audit con editori (vedi sito per maggiori chiarimenti www.istitutocomprensivocadeo.it). Queste, in sintesi, le scelte operate per Libr@:

1. Liberalizzazione delle adozioni dei libri di testo sancita dal Collegio dei Docenti, contenimento e taglio del tetto di spesa: nel Collegio dei Docenti è stato deliberato un taglio del 50% sul tetto delle adozioni sia per la prima classe che nei 3 anni complessivi del corso di studio;

2. Azioni di comodato d’uso per i device al fine di agevolare le famiglie in difficoltà economica e garantire il diritto allo studio e l’inclusione: alle famiglie è stato chiesto di comprare il tablet (iPad).

In questo contesto il ruolo dell’insegnante si rinnova e diventa quello di monitorare il processo, supportare gli studenti, organizzare risorse educative, suggerire link e materiali. In questi nuovi scenari didattici il libro tradizionale diventa insufficiente e, soprattutto per le materie più legate a laboratorialità o ad apprendimenti per scoperta (educazione artistica, geografia, educazione fisica, religione, educazione musicale), abbiamo progettato e realizzato risorse autoprodotte e in digitale (si va dall’ebook alla raccolta di link; risorse realizzate da più docenti insieme, da singoli insegnanti, dalla collaborazione fra docenti e studenti, a seconda dei casi).

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Come nasce l’idea Se ci chiedessero: perché lo fate, risponderemmo “Perché la nostra storia continua e perché, come disse Renzo Piano, ‘il futuro è l’unico posto dove possiamo andare’”. 1992: due pc senza mouse … 1995: i primi corsi di informatica … 1999: nasce l’IC di Cadeo e Pontenure con un’idea fissa, l’idea di scuola dell’inclusione e dell’accesso, in cui ogni alunno si senta accolto e possa utilizzare i migliori strumenti per imparare secondo il proprio stile di apprendimento; l’idea di un tempo scuola “a tempo prolungato” su tutte le classi anche della secondaria; di una scuola uguale per tutti, ma che possa valorizzare le diversità individuali; di classi realmente equi­eterogenee formate sulla base di espliciti criteri condivisi, momenti di lavoro a classi aperte e di attività che consentano di tenere “viva” e attiva la scuola fino alla fine di luglio. I libri digitali nascono da quest’idea di scuola che ha nel DNA la sperimentazione di nuove pratiche di didattica attiva che utilizzino in maniera differente spazi e tempi di apprendimento, attraverso un ragionato uso di strumenti tecnologici e tradizionali, di cartaceo e di digitale, di apprendimenti formali e informali. L’idea si concretizza con Libr@. Le aspettative Quello che ci aspettiamo da questo progetto è:

1. sviluppare negli studenti competenze socio­relazionali, capacità di collaborare, capacità di lavoro autonomo e responsabile, capacità di condividere regole e di lavorare cooperativamente in gruppo, positivo rapporto tra i pari e tra la classe e l’insegnante;

2. sviluppare competenze disciplinari: apprendere producendo, cercando e manipolando le fonti, producendo lezioni semplici e strutturate, producendo video, cortometraggi, libri (da parte di docenti e studenti).

Aspetti gestionali e organizzativi La nostra esperienza ha seguito un lungo iter procedurale prima di arrivare ad essere messa in pratica. Ne riportiamo le fasi:

minisperimentazione sull’utilizzo dell’iPad in due classi terze (a.s. 2011­2012); riunioni dipartimenti disciplinari (24/09/2012); consegna documenti sui nodi essenziali delle discipline (10/11/2012); Collegio dei Docenti unitario (annuncio, 19/11/2012); Consiglio di Istituto e approvazione del POF (20/12/2012); Collegio dei Docenti unitario (proposta dell’idea progettuale, 18/01/2013); assemblee famiglie dei genitori delle future classi prime della secondaria di primo grado

(01/2013); Collegio dei Docenti secondaria (nuclei fondanti delle discipline e scelte didattiche per la

sperimentazione tablet, 03/2013);

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Collegio dei Docenti secondaria (scelta dei livelli di integrazione cartaceo/digitale ­ adozioni alternative, 04/2013);

Collegio dei Docenti unitario (adozione dei libri di testo nel dettaglio, 05/2013); assemblee famiglie dei genitori delle future classi prime della secondaria di primo grado

(05/2013); Collegio dei Docenti secondaria (linee guida operative per la sperimentazione, 05/2013); Consiglio di Istituto (approvazione documento di progetto di sperimentazione didattica,

06/2013); Un anno di proposte formative molto qualificate organizzate dall’Istituto.

È stato individuato personale interno alla scuola per la gestione delle attrezzature, personale di riferimento/coordinamento per la gestione organizzativa, sono stati coinvolti in modo attivo i docenti nella progettazione per la gestione pedagogico­didattica, sono stati realizzati percorsi di formazione per i docenti e coinvolti attivamente gli studenti e anche i loro familiari. La nostra idea di scuola si basa sul coinvolgimento di più soggetti: in primo luogo le famiglie che hanno accettato di acquistare lo strumento digitale; i genitori sono stati convocati più volte, in riunioni serali, e si è cercato di instaurare un rapporto di fiducia reciproca. Poi gli enti locali, che hanno compreso la portata della sperimentazione e, oltre ai finanziamenti, si sono impegnati nell’implementazione dei collegamenti con la rete. Tra i soggetti coinvolti figurano anche le aziende del territorio le quali, nonostante l’infelice momento economico, hanno dimostrato grande sensibilità; le banche/fondazioni (soprattutto quelle erogatrici del servizio); gli editori (ci hanno agevolato nell’acquisto di opere che loro stessi desideravano fossero sperimentate). Le attività in classe L’esperienza/formazione triennale di Cl@ssi 2.0 e la minisperimentazione in due classi prime dell’utilizzo dell’iPad per attività di cooperative learning ci hanno consentito, viste le grandi potenzialità dello strumento e soprattutto potendo osservare l’immediatezza dei risultati e l’efficacia di alcune app, di essere tutti d’accordo sull’estendere e portare a sistema l’utilizzo di questi device (che offrono stabilità di sistema, vantaggio essenziale, non trascurabile). Sono state utilizzate molteplici metodologie, dal cooperative learning alla flipped classroom alla didattica laboratoriale ecc., ma senza fare scelte radicali, per conservare in primo piano le esigenze dei singoli alunni e delle classi. I libri hanno costituito la base, la traccia, il canovaccio, in sostanza una raccolta di contenuti, processi e linguaggi diversi da sviluppare/aumentare con la collaborazione degli studenti anche su piattaforme esterne minimali facilmente accessibili da tutti gli studenti anche dal pc di casa (ad es., Padlet, Lino, ecc.). In questi anni sono stati realizzati “libri aperti” di geografia, arte, musica, sempre in evoluzione e in aggiornamento, libri nei quali ogni insegnante può aggiungere, togliere, integrare con elaborati condivisi e/o prodotti dagli stessi ragazzi secondo le competenze maturate e attese nella fascia d’età di riferimento e tenendo ferme le conoscenze fondamentali (cfr. le Indicazioni nazionali).

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Gli elaborati prodotti dai ragazzi (rapidamente diffondibili tramite mail, blog, iBook, ecc.) vanno da semplici pdf a documentazioni più articolate e complesse sino ad arrivare a video di approfondimento pubblicati sul canale YouTube dell’Istituto. In questo modo si viene a creare una documentazione interessante e il processo di insegnamento/apprendimento può diventare realmente attivo: lo studente è direttamente coinvolto e l’insegnante ottiene il suo scopo. I nostri studenti sono tutti muniti di iPad, per questo motivo abbiamo deciso di creare i nostri libri utilizzando iBooks Author; con questa applicazione è semplicissimo aggiungere testo, immagini, filmati, piccole autoverifiche. I widget, infatti, danno ai libri un tocco di magia: il multi­touch. Abbiamo aggiunto gallerie di foto tutte da sfogliare, animazioni, barre di testo scorrevoli, finestre a comparsa per sorprendere i lettori, note che “suonano” davvero con ritmi stabiliti. La progettazione non è stata semplice, ci siamo incontrati diverse volte cercando di chiarirci prima di tutto le idee; abbiamo steso progetti di massima, volutamente a “maglie larghe”, perché come detto, i nostri non sono libri chiusi e finiti ma opere in continua evoluzione; sono testi che ogni insegnante potrà personalizzare anche con il contributo degli studenti.

Ecco qui di seguito due esperienze di lavoro nell’ambito della disciplina arte e immagine. Da diversi anni, l’idea chiave della disciplina arte e immagine, anche nell’ottica dell’inclusione, è quella di coinvolgere gli studenti con una didattica per progetti in ambienti di apprendimento opportunamente strutturati, costituiti da diverse componenti: uno spazio fisico, un ambito sociale, una dimensione individuale, una serie di attività da svolgere, un prodotto da sviluppare, ecc. Il manuale scolastico, in questo contesto, si configura come uno stimolo di partenza, come lo strumento indispensabile per l’acquisizione di conoscenze, un punto di riferimento costante e di confronto durante la concreta attività progettuale. I materiali di apprendimento prodotti negli specifici itinerari progettuali vanno a costituire un patrimonio di esperienze/contenuti fruibili in tempi e situazioni diverse. Per esemplificare si rimanda a due esperienze.

1. Collezionisti si diventa Sceneggiatura progetto Collezionisti si diventa, estratto libro di testo capitolo sul Romanticismo, documentazione del materiale prodotto al link http://it.padlet.com/classec2001/1y1mzs4f9d98 [le imprecisioni, gli errori (molti) sono l’autentica bellezza della diretta …] e foto allegate.

QR al link sopracitato

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2. Attenzione al territorio https://sites.google.com/site/artepetrarca/home/viva­la­terra/laboratorio­ceramica https://sites.google.com/site/artepetrarca/home/viva­la­terra/laboratorio­ceramica/andar­per­chiese

Qui sotto trovate invece un link di una minispiegazione (sulla tettonica delle placche) che l’alunno può riascoltare a casa e che è stata realizzata con Educreations un’app gratuita, e di semplice uso, per iPad: la spiegazione risulta chiara anche per i ragazzi con difficoltà di lettura.

http://www.educreations.com/lesson/view/i­movimenti­delle­placche/9276226/?ref=link

Qui di seguito due screenshot che mostrano le ‘tendine’: una volta aperte è possibile leggere alcuni approfondimenti.

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Riflessioni sull’esperienza Si effettuano riunioni bimensili con il Gruppo di Progetto costituito dai docenti di tutti i consigli di classe delle classi coinvolte. Sono messi a punto strumenti quali griglie di riflessione e valutazione nelle quali vengono evidenziati punti di forza e di debolezza (è possibile consultarne una al link sottoriportato). Molta importanza viene data alla formazione dei docenti che avviene tramite la partecipazione a convegni e seminari. Si è investito inoltre sulla formazione di un gruppo di insegnanti formatori fortemente presente sul territorio, anche con corsi di aggiornamento per singole scuole e scuole in rete (workshop residenziali).

http://www.istitutocomprensivocadeo.it/wp­content/uploads/2014/05/griglia­di­verifica­finale­[email protected] 4.3 Adozione di libri di testo autoprodotti dai docenti a) IISS “ETTORE MAJORANA” ­ BRINDISI a cura di Rosa Gala, Rossella Palmizio, Maria Rosaria Serio e Beatrice Vinjau L’esperienza L’esperienza nel campo della creazione di contenuti digitali dell’Istituto “Ettore Majorana” inizia nell’a.s. 2009­2010 come naturale evoluzione della scelta di autoproduzione di contenuti e si inserisce all’interno di un progetto molto più ampio, finalizzato all’utilizzo di nuove metodologie didattiche che sfruttino la tecnologia come mezzo di trasmissione di contenuti. Il principio ispiratore è educare i ragazzi a un utilizzo consapevole della tecnologia, ma soprattutto alla creazione di contenuti modulabili e fruibili attraverso mezzi che ne consentano una diffusione capillare, indipendente dai tempi e dagli spazi classici dell’aula e che, in questo modo, risultano amplificati. L’approccio è stato “multimodale” e ha portato il gruppo di lavoro alla formulazione sia di prodotti “liquidi”, forniti cioè in forma “granulare”, che di contenuti organizzati sotto forma di veri e propri libri, lasciando in entrambi i casi il docente libero di esplicare la propria funzione professionale nel momento dell’utilizzazione delle risorse. Per quanto riguarda i contenuti forniti in forma granulare, ogni tipologia di contenuto digitale presenta sue specificità e caratteristiche di interattività; le videolezioni o i learning object, creati su un particolare argomento e condivisi con gli alunni, sono stati utilizzati come contenuti didattici integrativi o presentati in forma di flipped learning, e comunque riorganizzati in base a uno specifico progetto di apprendimento, strutturato e calibrato su particolari esigenze della classe o del singolo studente. Nel libro digitale, invece, i contenuti sono stati organizzati in una struttura complessa che fornisce una visione unitaria della materia oltre che una copertura curricolare, in un sistema complessivo che,

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attraverso l’interattività, offre funzionalità studiate per potenziare e migliorare al massimo gli effetti didattici. In questo modo si è riusciti a minimizzare le caratteristiche di linearità e rigidità proprie del formato cartaceo e ad offrire, attraverso l’utilizzo di animazioni, video, test interattivi, mappe concettuali, una moltiplicazione di stimoli capaci di attivare la curiosità, i confronti, le associazioni. Il progredire della sperimentazione sull’utilizzo di contenuti digitali ha inoltre evidenziato e confermato un’importante ricaduta didattica quando i contenuti (sempre nell’ambito di una didattica laboratoriale che si trasferisce all’interno delle singole classi) sono stati “autoprodotti” dagli alunni in collaborazione con il docente, attraverso un’attività complessa che richiede da parte dell’alunno l’utilizzo di conoscenze e l’acquisizione delle competenze di analisi, sintesi, comunicazione e collaborazione. In definitiva l’esperienza della creazione e dell’utilizzo di contenuti digitali all’interno dell’Istituto si è evoluta negli anni permettendo, in un naturale processo di sviluppo, il contemporaneo utilizzo di numerose metodologie didattiche innovative quali lo spaced learning, la didattica concentrata, la flipped classroom, la didattica cooperativa. Il cambiamento di supporto ovviamente ha inciso anche sulla qualità del processo di diffusione; la creazione di reti e l’utilizzo di piattaforme ha aiutato ragazzi e docenti a entrare in un ordine di idee di condivisione dei contenuti prodotti, attivando un processo di confronto e di crescita e fornendo, allo stesso tempo, uno strumento di validazione dei contenuti stessi (in questo modo aiutando in particolare i docenti a svincolarsi da abitudini di autoreferenzialità). In questo percorso di crescita che ha portato alla costituzione di una vera e propria metodologia didattica a partire dalla creazione di contenuti, le problematiche incontrate sono state varie, non ultima la diffidenza di molti docenti nei riguardi della tecnologia; ma la nostra esperienza ha evidenziato comunque che condivisione e motivazione sono state la carta vincente. Aspetti organizzativi e didattici Schematizzando i punti focali che permettono di evidenziare l’evoluzione dell’intero percorso, possiamo distinguere due piani: Piano dell’organizzazione

Nomina di uno staff direttivo composto dal dirigente scolastico, dal direttore amministrativo, dal responsabile delle tecnologie, dal responsabili di rete dati, dai coordinatori di dipartimento, dalle funzioni strumentali.

Scelte in relazione alla sperimentazione: la scelta delle classi da coinvolgere nella sperimentazione è variabile in base alla tipologia di Istituto; la nostra esperienza ci ha portato a rivolgerla a tutte le classi prime che poi proseguono il loro percorso negli anni successivi.

Approvazione della sperimentazione nel Collegio dei Docenti. Patto con le famiglie: riunione con i genitori degli alunni delle prime per il coinvolgimento nella

sperimentazione e per la condivisione degli obiettivi e della metodologia utilizzata. La riunione

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si tiene nel periodo precedente l’inizio delle attività legate all’apertura del nuovo anno scolastico.

Formazione del gruppo referente per la tecnologia: coinvolgimento di personale docente aggiornato (non necessariamente con specializzazione informatica) che possa agire da tutor nelle fasi iniziali di disseminazione (uso del Registro Elettronico, del proiettore, ecc.); inizialmente coincide con il gruppo coinvolto nella produzione di contenuti.

Nomina di un responsabile per la tecnologia: individuazione di un docente esperto in tecnologia didattica, non necessariamente specializzato in informatica che coordini le attività di aggiornamento interno dei docenti e degli alunni.

Individuazione di personale interno specializzato in informatica per la gestione della rete. Individuazione di un’unità tecnica di riferimento per la manutenzione delle dotazioni

tecnologiche. Coinvolgimento di personale non docente per il controllo della tecnologia ai piani.

Piano della didattica

Scelta delle classi in cui effettuare la sperimentazione. Formazione di un gruppo di lavoro affiatato all’interno dell’Istituto, scelto tra i docenti delle

discipline più rappresentative in termini numerici e o di professionalità, che utilizzando la propria esperienza didattica individui il percorso e gli obiettivi che si vogliono perseguire attraverso la produzione dei contenuti nella propria materia. Il gruppo deve essere il più allargato possibile in modo da dividere il lavoro e al tempo stesso aumentare le risorse.

Comunicazione della linea di sviluppo del percorso scelto all’interno del proprio dipartimento (Istituto) per eventuali rimodulazioni.

Ampliamento del gruppo di lavoro della singola materia all’interno di una rete di scuole possibilmente estesa sull’intero territorio nazionale, in vista di un processo di condivisione allargata del lavoro e di autovalidazione dei contenuti.

Programmazione di incontri periodici in presenza e/o a distanza per la revisione e la produzione di nuovi contenuti.

Scelta del supporto tecnologico: la scelta del software per la costruzione del libro generalmente orienta la successiva scelta del device (per un’ottimizzazione della interattività desiderata). Il mercato si sta ampliando e i prodotti in campo educativo (in termini di software di scrittura ed applicazioni) si stanno velocemente moltiplicando. In generale i fattori di riferimento devono essere due: grande sviluppo di applicazioni in campo didattico, interfaccia intuitiva che ne permetta una facile utilizzazione superando la naturale diffidenza nei confronti della tecnologia da parte di molti insegnanti.

Condivisione: la condivisione dei contenuti non organizzati in formato di libro può avvenire in prima battuta attraverso la piattaforma offerta dal proprio Registro Elettronico e poi, a seconda delle scelte effettuate dall’Istituto e della tipologia di contenuti, attraverso vari canali e piattaforme quali, ad esempio, iTunes U (applicazione Apple su web fruibile da qualsiasi

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dispositivo, con la quale si possono organizzare anche corsi pubblici), Dropbox, GoogleDrive o piattaforme come Edmodo o Moodle per la creazione di classi virtuali. Non sono da trascurare inoltre gli sviluppi didattici di social network come Facebook o WhatsApp. Il libro digitale invece è condiviso con tutti gli istituti facenti parte della rete.

Aggiornamento: costituisce un aspetto importante nell’attuazione del progetto soprattutto se è inteso come momento di trasmissione di esperienze e in un ottica di motivazione. Inizialmente condotto da personale esterno può poi utilizzare l’esperienza dei docenti interni per allargare la partecipazione del personale. Per consentire l’autoproduzione dei contenuti, l’aggiornamento sulle modalità di utilizzo delle app riguarda ovviamente anche gli alunni; ciò può avvenire all’interno della classe da parte dei docenti più esperti o tramite corsi pomeridiani appositamente predisposti.

Produzione dei contenuti da parte degli alunni: sono prodotti in collaborazione con il docente che, in un approccio centrato in un tempo classe dedicato ad esplorare gli argomenti in maggiore profondità, guida i ragazzi nell’analisi delle fonti, favorendo l’acquisizione delle competenze necessarie per un coinvolgimento attivo nella costruzione del loro sapere. Il docente ha già preparato la sceneggiatura e individuato gli argomenti e le fonti che potrebbero esser esplorati dallo studente e adotta tutte le strategie che possano massimizzare i tempi, tenendo conto del fatto che l’attore principale deve essere sempre lo studente.

Responsabilizzazione: gli studenti devono essere resi responsabili riguardo l’uso e la gestione del materiale tecnologico messo a loro disposizione; per questa ragione, per ogni classe sono individuati e riportati nell’elenco del Registro Elettronico almeno due referenti della tecnologia incaricati di controllare l’accensione e la calibrazione della LIM e che si occupano della distribuzione e del riponimento dei vari device.

Diffusione e valutazione: promozione di concorsi interni relativi alla produzione di materiale digitale (libri monotematici, video, videolezioni, ecc.) e costruzione di corsi pubblici con lo scopo di allargare la partecipazione ma anche poter valutare e condividere il numerosissimo materiale prodotto dagli alunni in collaborazione con i loro docenti.

Le tecnologie

Corredo tecnologico: postazione con videoproiettore interattivo e lavagna, Apple TV, Registro Elettronico per ogni classe; si può anche sostituire il proiettore con un televisore spostando l’interazione sul device.

Device studenti: a seconda del tipo di sperimentazione intrapresa possono essere di proprietà dei ragazzi (le famiglie acquistano i device grazie al risparmio di spesa sui libri di testo) oppure forniti dall’Istituto come dotazione delle classi e custoditi in una postazione mobile che ne contenga una congrua quantità insieme a un certo numero di portatili per la costruzione dei contenuti.

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La postazione, che naturalmente è archiviata, a sua volta può essere assegnata alla singola classe o a più classi a seconda del numero di postazioni presenti e del numero di classi coinvolte nella sperimentazione.

Device docenti: sono forniti in comodato d’uso a tutti gli insegnanti delle classi coinvolte nella sperimentazione; per i docenti coinvolti nella produzione di libri digitali la dotazione in comodato comprende anche un pc portatile.

Presenza di una rete WiFi diffusa in tutti gli ambienti dell’Istituto. Connessione Internet a banda larga in fibra ottica su rete GARR.

b) ISI “SANDRO PERTINI” ­ LUCCA a cura di Lucia Nicolai L’esperienza La scuola ha aderito al Progetto Book in Progress sin dalla sua costituzione. Il progetto è finalizzato alla produzione di libri di testo, di spessore scientifico e comunicativo, scritti da docenti appartenenti alla rete nazionale e stampati dalle scuole, con capofila l’IISS “Ettore Majorana” di Brindisi. La partecipazione al progetto è legata al coinvolgimento dei docenti, chiamati in prima persona a prender parte alla progettazione. Per questa ragione il progetto deve essere prima di tutto presentato, condiviso e approvato dal Collegio dei Docenti. Una buona percentuale di docenti dell’ISI “Sandro Pertini” partecipa agli incontri periodici del gruppo di Book in Progress e dall’anno scolastico 2012­2013 ha adottato i testi di inglese e di informatica. Come insegnante di inglese ho preso parte a percorsi di formazione durante gli incontri annuali e quelli periodici del dipartimento. Oltre all’assemblea annuale di Book in Progress, erano programmati incontri almeno biennali dei gruppi disciplinari per la revisione dei testi ed era prevista la partecipazione alla piattaforma online che permette l’interazione e la scrittura collaborativa a distanza. Ho partecipato fattivamente al gruppo di lavoro coordinato da M. Aldi, responsabile del testo. Per il testo in questione (disponibile su carta e in formato digitale) si è optato per la stampa in proprio, garantendo in tal modo prezzi molto contenuti. Il prodotto in versione digitale è un testo con video ed esercizi interattivi, link a filmati o canzoni presenti su YouTube; viene testato nelle classi dagli insegnanti che l’hanno creato e periodicamente modificato in base alle esigenze degli studenti. Il testing e il confronto sui contenuti avviene in diversi momenti e con differenti strumenti: prima di tutto ci sono gli incontri fisici, molto importanti, molto utili; a Brindisi – dove è nata la Rete – ma anche in altre città come quest’anno a Prato, per il dipartimento disciplinare di inglese. A Prato abbiamo lavorato due giorni raccogliendo le idee e confrontando le opinioni dei diversi docenti. Gli insegnanti che non sono coinvolti direttamente nella produzione dei testi, di solito interagiscono tramite la piattaforma Book in Progress: inviano email, commenti, proposte di miglioramento, ecc.; opinioni, considerazioni e idee vengono analizzate durante gli incontri in presenza.

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Ma i contenuti del libro, proprio perché pensato come strumento flessibile e adattabile, dinamico, “in progress”, possono sempre essere “personalizzati” dai docenti: gli insegnanti sono liberi di stampare solo alcuni capitoli disponibili nella Rete o decidere se mandare in stampa anche capitoli propri, aggiuntivi, che vanno a integrarsi o a sostituire quelli già disponibili. Come nasce l’idea Perché un giorno si decide di abbandonare il libro di testo che insieme alla lavagna e al registro hanno rappresentato i tre simboli dell’insegnamento, dall’inizio del nostro ingresso nel mondo della scuola, prima da studenti e poi da insegnanti? La cosa più facile è mutuare un esempio che per decenni ha funzionato. Ma a un certo punto il libro di testo ha iniziato ad annoiarmi. Utilizzare lo stesso libro per anni era una routine poco stimolante dal punto di vista professionale. Il libro poi, spesso, viene scelto insieme ad altri colleghi, risultato di compromessi e magari poi va mantenuto a lungo se nella scuola è previsto il comodato d’uso. Così nel 2011 sono andata a Roma, con la mia dirigente, alla riunione nazionale della Rete Book in Progress per sapere di più sui libri autoprodotti dagli insegnanti. Ho incontrato la coordinatrice nazionale del gruppo e alcuni suoi collaboratori e sono rimasta conquistata dall’idea e dal loro entusiasmo. Nell’a.s. 2012­2013 ho iniziato ad adottare uno dei libri del Book in Progress in classe e a partecipare alla sua elaborazione. L’idea, partita dall’IISS “Ettore Majorana”, è stata davvero innovativa. Poter collaborare alla produzione di un libro, idearlo e costruirlo secondo le proprie esigenze, poterlo testare sui ragazzi e, se del caso, intervenire nelle parti meno efficaci (in vista dell’anno successivo) è cosa indiscutibilmente positiva. Un altro aspetto importante riguarda la stampa della versione cartacea: le copie sono fisicamente prodotte da una ditta selezionata tramite apposita gara per tutte le scuole che aderiscono alla rete: ciò assicura prezzi molto contenuti e questo, di conseguenza, si traduce in un consistente risparmio per le famiglie degli studenti. Il lavoro in classe insieme agli studenti Nelle classi, il libro autoprodotto è stato in una prima fase utilizzato in versione cartacea; la versione digitale è stata utilizzata sulla LIM, a scuola, o a casa dei ragazzi sui loro computer. Da quest’anno viene utilizzato nella classe 2.0 che è stata recentemente dotata di un’Apple TV, notebook, tablet e iPad sui quali si può fruire anche della versione interattiva. Gli studenti lavorano a gruppi quando si tratta di lavori di produzione scritta o singolarmente, risolvendo gli esercizi online. Avendo a disposizione dei computer, integriamo le lezioni con l’utilizzo delle Open Educational Resources come BBC Learning, Passportenglish.com, ESLvideo.com, ego4U.com, TED e molti altre. Per quanto riguarda i materiali autoprodotti stiamo iniziando, in questa fase, a raccogliere documenti che vorremmo, come idea, riunire in semplici dispense multimediali mediante ePubEditor. Per testare gli apprendimenti degli studenti li valutiamo per competenze, per i lavori prodotti, per il modo in cui li producono (con la possibilità di sottoporre alcuni di questi materiali al giudizio di studenti di classi superiori) e, infine, usiamo rubriche di valutazione condivise con il gruppo disciplinare.

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Il ruolo delle tecnologie è centrale: in particolare l’utilizzo della LIM e dei computer da parte del docente e degli studenti, che lavorano insieme nel laboratorio di lingue. Gli studenti lavorano a gruppi quando si tratta di lavori di produzione scritta o, singolarmente, risolvendo gli esercizi online. Nelle mie lezioni, oltre alla lingua scritta e parlata, si inizia lo studio della microlingua centrata sul linguaggio e sui temi legati al turismo. Il “Pertini” è ben inserito e conosciuto sul territorio; spesso i nostri studenti sono richiesti per accompagnare gruppi di stranieri in visita nella nostra città. Recentemente i ragazzi hanno condiviso questa esperienza con studenti di altre scuole gemellate con noi, docenti universitari, professionisti e dirigenti (compresi i delegati UNESCO che si sono riuniti a Lucca in occasione dei 500 anni dalla fondazione della sua cinta muraria). In queste occasioni i ragazzi si devono preparare a presentare in modo adeguato e in lingua i nostri principali monumenti e devono essere anche istruiti sulle “soft skills”, quelle competenze comportamentali che li aiutano a essere flessibili e a sapersi adattare alle situazioni più diverse o impreviste che possono presentarsi in queste occasioni. Tutto ciò non è contemplato in un manuale scolastico. E così ho capito che il libro di testo “pret­a­porter” non basta più. Deve diventare un vestito sartoriale, cucito su misura; è come un pezzo di stoffa che dobbiamo adattare alle nostre misure: lo tagliamo negli esuberi e lo modelliamo su di noi aggiungendo con fantasia tocchi personali, inserti di altri colori e materiali. Per soddisfare i nostri gusti: i gusti e le esigenze della classe, la nostra particolare classe. È uno strumento da modellare e integrare con l’aiuto e le idee dell’insegnante e degli studenti coinvolgendo questi ultimi nel processo di produzione di materiali educativi legati all’indirizzo di studio e al territorio che li circonda. Ho iniziato a lavorare con i miei alunni su moduli, creati da me, da affiancare al libro realizzato insieme ad altri colleghi. In termini pratici abbiamo deciso di produrre dialoghi in lingua tra i miei studenti e un docente madrelingua, simulando situazioni tipo (ad es. richieste di informazioni, acquisto di capi di vestiario o di biglietti per visite guidate, ecc.). Gli studenti devono cantare semplici canzoni ad uso didattico, preparare la presentazione di monumenti della nostra città e di ricette locali. Preparano itinerari ed escursioni da proporre ai turisti nelle zone limitrofe. Vantaggi e aspettative future La Rete Book in Progress sta puntando a una didattica collaborativa per cercare di diffondere modelli metodologici innovativi. Intende favorire la personalizzazione del percorso educativo degli studenti e coinvolgere gli studenti nell’autoproduzione dei contenuti. Il progetto consente l’integrazione del libro in formato cartaceo con l’ausilio di nuovi strumenti tecnologici (LIM e pc) e risorse multimediali (learning objects); favorisce l’interazione tra studenti e tra studenti e docente (poiché si riducono i noti effetti collaterali e indesiderati tipici della lezione frontale). I benefici per gli studenti riguardano aspetti socio­relazionali, emotivo­motivazionali, tecno­didattici. Un vantaggio evidente è di tipo motivazionale: oggi i ragazzi si annoiano molto più facilmente e

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velocemente rispetto a qualche tempo fa; non è pensabile tenerli incollati a una lezione frontale. La possibilità di lavorare con pc e tablet li rende subito più partecipi perché vivono la lezione come un qualcosa di vicino alla loro pratica quotidiana. Possono seguire i contenuti in maniera multimediale e interattiva e questo li attrae più di quanto non accada quando studiano sul classico libro. I ragazzi possono produrre contenuti e questo apre a un altro mondo, quel mondo in cui si sentono parte attiva del processo educativo e artefici della loro crescita. Se lo studente può inserire nel libro una parte da lui realizzata, la cosa non può che tradursi in uno straordinario arricchimento personale. Il libro quindi potrebbe essere ipoteticamente costituito da tre parti: la parte comune dell’insegnante, quella comune realizzata in classe e la parte individuale dell’alunno. La possibilità di utilizzare un tipo di linguaggio vicino a quello degli studenti, di uso comune fra loro (dai ragazzi per i ragazzi), credo costituisca un aspetto non secondario; per esempio le lezioni di recupero tra pari consentono a coloro che vi partecipano il poter parlare con una persona che ha avuto una stessa data difficoltà e ascoltare come lui l’ha risolta. Questo “funziona” meglio del linguaggio normalmente usato dagli insegnanti, questa è una tra le possibili strade che si potranno sperimentare nei nuovi libri. Che cosa mi aspettavo dal volume di inglese una volta deciso di adottarlo? E oggi, cosa ci aspettiamo da un libro Book in Progress autoprodotto? ci aspettiamo un testo esaustivo, che contenga un numero adeguato di letture, che fornisca una quantità esauriente di esercizi variati nella tipologia, che spieghi le strutture grammaticali in modo chiaro, che proponga momenti dedicati all’ascolto e alla visione di video, che abbia una veste grafica accattivante, vicina ai gusti dei ragazzi, che “parli” ai ragazzi. Avviata la fase che mi ha visto impegnata nel coinvolgimento dei ragazzi nella produzione di materiali, oggi sto pensando a quella successiva: renderli partecipi e interessarli maggiormente al processo educativo. Cerco di fare qualcosa di stimolante per me e per loro. Insieme ai ragazzi, guidata in un processo di apprendimento cooperativo, desidero migliorare la mia conoscenza sulle ICT e su come queste possano supportare al meglio l’attività didattica. Mi pongo come obiettivo le abilità chiave del 21° secolo, ovvero la creatività, le competenze digitali, la collaborazione, il pensiero critico, la comunicazione, la responsabilità personale e sociale. E quindi punto a insegnare agli studenti come produrre materiali che seguano diversi registri, diverse vie comunicative: mappe concettuali, note, strumenti digitali. Promuovo il team­working per programmare e raggiungere un obiettivo comune. Nel gruppo tutti sono portatori di idee e tutti possono esprimere opinioni rispettando gli altri. I miei studenti selezionano e usano gli strumenti digitali per comunicare, collaborare, imparare a risolvere problemi ma anche per divertirsi. Infine si condividono i criteri di valutazione e autovalutazione.

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Mi rendo conto che al giorno d’oggi il tempo corre ‘più veloce’ rispetto a quanto non avvenisse in passato e se questa appena descritta è stata la motivazione che tre anni fa mi ha spinto ad avvicinarmi ai libri autoprodotti, le mie esigenze adesso sono già altre. Perché sento il bisogno di cambiare di nuovo? Perché nel campo dell’istruzione stiamo assistendo a una rivoluzione copernicana, dove il sistema (universalmente accettato fino a circa un ventennio fa) sta subendo un ribaltamento radicale e bisogna cercare di rimodellarsi, di adattarsi a questa continua trasformazione. Molte certezze sono state messe in discussione:

non c’è più un programma nazionale, ma esistono le Indicazioni nazionali e ogni scuola deve adottare il proprio curriculum;

l’adozione del libro di testo non è più obbligatoria; gli studenti e i loro bisogni vengono collocati al centro del processo educativo; il docente “scende dalla cattedra” per diventare primus inter pares; Il sistema di valutazione si sta trasformando; si valuta per competenze e la valutazione è

stabilita e condivisa con gli studenti; è stato introdotto l’uso delle ICT non solo come strumenti di studio e approfondimento, ma

anche come ‘potenziatori’ del tempo e dello spazio scolastico. I ragazzi, con i loro device e tramite l’utilizzo di piattaforme, cloud o social condivisi, dilatano il tempo scuola continuando la collaborazione e lo scambio tra loro e con i docenti, al di fuori della classe e del tempo scolastico;

l’alternanza scuola­lavoro sta diventando una priorità che ci porta necessariamente a plasmare/adattare i temi presenti nei manuali alle esigenze del proprio territorio;

non si deve più puntare a formare eccellenze, ma a ragazzi che sappiano lavorare in team, collaborare, negoziare, risolvere i conflitti;

non dobbiamo preparare gli studenti a raggiungere un diploma, ma dobbiamo insegnare loro ad apprendere perché possano continuare a farlo anche usciti dal percorso scolastico, per tutta la vita (LifeLong Learning).

Tutto questo mi spinge a seguire, sempre, le strade che portano cambiamenti innovativi. c) ITE “ENRICO TOSI” ­ BUSTO ARSIZIO (VA) a cura di Ombretta Latorre L’esperienza La scuola partecipa dall’a.s. 2009­2010 alla Rete Book in Progress per l’autoproduzione di materiali didattici in forma cartacea e multicanale e coordina il dipartimento di lettere della stessa. L’esperienza coinvolge la totalità del biennio (30 classi) e riguarda diverse discipline, tra cui italiano, matematica, scienze, inglese, diritto, economia, storia. Con questa esperienza si intende:

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introdurre un uso consapevole e produttivo di nuove metodologie di insegnamento e di apprendimento, col supporto delle nuove tecnologie, e modulare la didattica su modelli innovativi, soprattutto in relazione all’utenza della scuola stessa;

rendere lo studente sempre più consapevole e partecipe del processo di apprendimento e di costruzione del sapere.

A tal fine i book, soprattutto nella versione digitale, vogliono essere una “finestra” sulla conoscenza, che può e deve essere indagata grazie all’esercizio continuo delle competenze delle differenti discipline e di quelle non cognitive. Ci si propone, non da ultimo, di instaurare una fattiva collaborazione tra famiglie e scuola che, come agenzia educativa radicata sul territorio, non può non promuovere e facilitare l’accesso all’istruzione, che in alcune realtà socio­economiche e in determinati periodi storici può risultare oneroso per i nuclei familiari. La Rete Book in Progress sta evolvendo verso la strutturazione dei propri materiali in piattaforma (siamo in fase di individuazione di quale piattaforma, senza escluderne diverse a seconda delle necessità), in modo che il prodotto sia più facilmente disarticolabile in brevi unità di apprendimento che favoriscano la partecipazione dello studente al proprio processo formativo, attraverso la personalizzazione dei materiali didattici forniti, e facilitino la distribuzione dei prodotti stessi. Aspetti organizzativi Le scuole aderiscono alla Rete Book in Progress e designano dei collaboratori all’interno dell’Istituto, che concorrono alla realizzazione dei book per almeno due discipline diverse tra quelle attive nella Rete. Ciò dà diritto ad accedere a tutti i prodotti della stessa. I coordinatori disciplinari convocano una o più riunioni annuali per definire le linee di sviluppo e organizzare i lavori di produzione dei testi. Si occupano inoltre della revisione dei materiali, della loro originalità, della loro validazione e della loro pubblicazione, sia in formato cartaceo che multimediale. Il progetto si autofinanzia. Alle famiglie viene richiesto di reinvestire in tecnologia (dotazione di iPad o altro tablet) parte di quanto risparmiato dal non acquisto dei tradizionali libri di testo. Si favorisce così il contenimento della spesa sostenuta annualmente dalle famiglie e il reinvestimento in tecnologia avanzata. È prevista una quota di adesione alla Rete da parte delle scuole. Ciò ha consentito e consente alla Rete di investire in formazione dedicata in maniera specifica ai coordinatori e due volte l’anno ai docenti collaboratori. La formazione è finalizzata non solo a far acquisire competenze nell’uso delle tecnologie applicate alla didattica, ma anche a diffondere nuove metodologie per modalità didattiche tese al coinvolgimento degli studenti nell’apprendimento e a favorire la collaborazione nel lavoro dei docenti (dalla flipped classroom al collaborative learning alla peer education). Nella scuola docenti e studenti sono dotati di iPad (o di tablet Android) e all’inizio dell’anno scolastico, tramite un codice trasmesso dalla Rete, è possibile scaricare i book. È tuttavia utile che la scuola abbia infrastrutture di rete e tecnologiche che sostengano l’utilizzo

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efficiente delle tecnologie. È auspicabile la costituzione di un ufficio tecnico o la disponibilità di tecnici e docenti che curino la manutenzione delle strumentazioni. Il Regolamento di Istituto regola il corretto utilizzo a scopo didattico delle strumentazioni personali e della scuola. Il coinvolgimento dei docenti avviene attraverso la condivisione nei gruppi disciplinari e poi nel Collegio dei Docenti. I genitori sono informati attraverso il Consiglio di Istituto e i consigli di classe. Ai genitori dei nuovi iscritti il progetto viene presentato durante gli incontri dedicati all’orientamento e in occasione di eventi come “Scuole aperte”. Nel nostro territorio il progetto ha ottenuto il patrocinio della Provincia. Non sono necessari cambiamenti nell’organizzazione degli spazi della scuola, tuttavia un’organizzazione dello spazio in modalità laboratoriale è adeguata al lavoro in team col supporto delle tecnologie e favorisce l’efficacia della didattica per competenze che sta alla base dell’idea di Book in Progress. La scuola si impegna a diffondere l’idea. I coordinatori disciplinari di Book in Progress sono impegnati in attività di diffusione e formazione rispetto all’iniziativa, per ora in maniera non sistematica, ma è prevista a breve una formazione dei formatori. L’organizzazione del lavoro collaborativo avviene su due livelli:

1. un primo livello relativo alla scuola e interno; 2. un secondo livello attraverso la Rete nazionale Book in Progress.

I docenti di Book in Progress portano la loro esperienza a scuola, che non è solo individuale ma anche disciplinare. Tuttavia gli insegnanti lavorano prima di tutto nella piattaforma interna, che serve alla condivisione nella scuola. Sono tante tessere che si intrecciano, ma che vanno in parallelo. La piattaforma interna della scuola contiene diversi elementi: ci sono i tutorial che il docente formatore prepara, le indicazioni che lui stesso trova come materiale che può essere utile affinché gli insegnanti lo consultino, lo scarichino, lo usino per la loro disciplina. Inoltre c’è la possibilità per i docenti di condividere quanto prodotto in classe e, per gli studenti, di collaborare. I book della Rete, soprattutto nella versione digitale, costituiscono un valido supporto a una didattica per competenze e facilitano alcune pratiche innovative, come quella della flipped classroom. Gli studenti, infatti, possono fruire di differenti canali di accesso alle informazioni (testi, video, audio) e, inoltre, integrare le stesse, in unico strumento, con i loro prodotti (presentazioni, video, iBooks). Riflessioni sull’esperienza Negli anni sono stati attivati processi di valutazione dell’esperienza nel corso delle periodiche riunioni dei coordinatori dei dipartimenti. È stata inoltre attuata un’analisi dei risultati delle prove INVALSI delle classi che adottano testi Book in Progress. La scuola parte già da risultati INVALSI positivi, rispetto al trend regionale e nazionale. Abbiamo cominciato a riscontrare nel primo gruppo di classi seconde che avevano fruito per il biennio di testi Book in Progress un aumento percentuale di risultati positivi in più materie, e sicuramente in italiano e

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matematica. È sorta allora la curiosità di vedere cosa era successo anche nelle altre scuole della Rete e anche in quei casi i risultati INVALSI erano migliori rispetto alle seconde precedenti. La comparazione è avvenuta in maniera longitudinale, confrontando queste seconde con le seconde della tornata precedente che non avevano avuto i testi Book in Progress. Nel corso degli anni è stato possibile verificare un progresso nelle prestazioni degli studenti. Sotto il profilo cognitivo

­ capacità di studio e approfondimento autonomo; ­ efficace processo di memorizzazione e acquisizione di informazioni disciplinari; ­ capacità di individuare collegamenti e relazioni tra le informazioni; ­ capacità creative e di produzione originale, processi di apprendimento metacognitivo/riflessivo,

capacità di problem solving. Sotto il profilo socio­relazionale

­ capacità di collaborare; ­ capacità di lavoro autonomo e responsabile; ­ capacità di condividere regole; ­ capacità di lavorare cooperativamente in gruppo; ­ positivo rapporto tra gli studenti, positivo rapporto tra la classe e l’insegnante.

Sotto il profilo comunicativo ­ capacità di utilizzare con proprietà i linguaggi delle discipline; ­ capacità di comunicare in modo efficace; ­ capacità di comunicare con le nuove tecnologie.

Sotto il profilo emotivo­motivazionale ­ motivazione verso la disciplina di studio; ­ motivazione verso le attività scolastiche in generale; ­ migliore senso di autostima ed autoefficacia; ­ atteggiamenti emozionali positivi verso l’attività scolastica.

Sotto il profilo tecno­didattico ­ abilità diffusa nell’uso delle tecnologie; ­ competenze critiche nell’uso delle tecnologie; ­ capacità di scegliere e organizzare i contenuti digitali; ­ utilizzo delle tecnologie per supportare l’acquisizione delle informazioni, per supportare

processi di costruzione della conoscenza, per supportare processi volti alla condivisione, partecipazione, collaborazione.

Sotto il profilo organizzativo­gestionale ­ positivo rapporto tra scuola e territorio; ­ positivo rapporto tra scuola e famiglie; ­ collaborazione tra docenti; ­ diffusione di competenze tecno­didattiche tra docenti; ­ cultura scolastica positiva rispetto all’uso delle tecnologie nella pratica didattica.

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I problemi incontrati Una difficoltà iniziale, al momento dell’adesione al progetto, può essere individuata nella resistenza di alcuni docenti a una sostanziale novità nella loro pratica didattica. La “contaminazione” delle idee, il confronto e la collaborazione, oltre che l’attività di formazione, hanno contribuito e tuttora contribuiscono a vincere questo tipo di problematica. La distanza geografica tra i collaboratori talora crea qualche difficoltà gestionale. d) IC “GIANNUARIO SOLARI” ­ LORETO (AN) a cura di Anna Maria Longhi e Laura Procino L’esperienza Da circa un anno il nostro Istituto è iscritto alla Rete Book in Progress, scuola capofila IISS “Ettore Majorana” di Brindisi, per l’autoproduzione e utilizzo di materiale didattico. Il Progetto Book in Progress si propone di autoprodurre materiali didattici. Tutte le scuole del circuito nazionale possono aderire. Fino a due anni fa sono stati prodotti solo materiali che riguardavano la secondaria di secondo grado; dal 2014 è iniziata la produzione anche per la secondaria di primo grado; si è partiti proprio con i testi di grammatica, storia, inglese, matematica del primo anno. L’iniziativa vuole migliorare significativamente l’apprendimento degli alunni e contemporaneamente fornire una risposta concreta ai problemi economici delle famiglie e del caro­libri. Consente di variare, sulla base delle esigenze didattiche, formative e degli apprendimenti degli studenti, i contenuti da trasmettere, con la personalizzazione degli interventi formativi; consente, inoltre, di creare una leadership di docenti motivati e capaci di gestire il cambiamento che le nuove generazioni ‘chiedono a gran voce’, valorizzando la funzione docente. In particolare, la nostra scuola si sta occupando della stesura e della produzione del book di tecnologia per la secondaria di primo grado. Da quest’anno le classi prime stanno utilizzando i book di inglese, matematica, grammatica e storia. Aspetti organizzativi L’iscrizione al Progetto Book in Progress è avvenuta nel dicembre 2013; successivamente è stata programmata la formazione di alcuni docenti con lo scopo, tra l’altro, di cercare di trasfondere l’idea all’intero Collegio, per condividere l’iniziativa e avvicinarsi all’utilizzo di questi nuovi materiali didattici; un nostro docente, su incarico della Rete, ha assunto il ruolo di coordinatore nazionale per l’autoproduzione di un book di tecnologia e a settembre 2014, per le classi prime, sono stati adottati i book di inglese, matematica, storia e grammatica. Ma il primo vero passo, quello che ha reso possibile l’avvio di questo percorso, è stato mosso dalla nostra dirigente: dopo aver sensibilizzato il Collegio in merito alle nuove metodologie di insegnamento ha organizzato una serie di incontri di formazione aventi oggetto le Indicazioni nazionali, la

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progettazione condivisa, gli assi tematici e i collegamenti interdisciplinari, le metodologie didattiche innovative. Ha individuato docenti motivati, disposti a condividere un nuovo percorso e a collaborare per la riuscita di un progetto importante; ha proposto un’organizzazione interna pensata in strutture dipartimentali. Ha poi avviato la procedura per il cablaggio della scuola, coinvolgendo gli enti locali ai quali sono sono stati chiesti fondi a integrazione di una quota del FIS. Lo spazio delle aule è stato ripensato dal momento che queste sarebbero state dotate di attrezzature multimediali (LIM, iPad, computer, Apple TV, periferiche di vario genere, ecc.). Prima di intraprendere esperienze di questo tipo è necessario creare le condizioni favorevoli. È fondamentale anche che il Collegio condivida gli intenti e mantenga saldo l’obiettivo comune: la promozione del successo formativo degli studenti. Si tratta di condividere anche con le famiglie il patto formativo. L’apertura al territorio è condizione essenziale per assicurare efficacia al processo. Fondamentale è il ruolo degli stakeholder che concorrono alla realizzazione del progetto didattico. Secondo la nostra esperienza è opportuno/essenziale far parte di una rete di scuole. L’adesione alla Rete nazionale Book in Progress ci ha permesso il confronto e la ricerca con altre realtà scolastiche italiane. Gli incontri sono stimolanti e sicuramente costituiscono motivo di ispirazione per migliorarsi e rinnovarsi sia nell’approccio didattico che nella trattazione degli argomenti della disciplina. Il coinvolgimento dei docenti è la chiave principale del successo. L’idea generalmente nasce come risposta al cambiamento delle nuove generazioni e ai loro bisogni. Un gruppo di docenti motivati e attenti, insieme al dirigente scolastico aperto all’innovazione, costituisce il punto di partenza per il coinvolgimento anche delle menti meno recettive alla trasformazione. La strada presenta non poche difficoltà e per questo il cammino è talvolta problematico; è necessario cambiare mentalità, mettersi in gioco, e certamente l’“abbandono” del tradizionale manuale scolastico è per alcuni motivo di insicurezza e incertezza (“il libro di testo è stato sempre una sorta ‘coperta di Linus’”). Sarebbe importante riuscire a coinvolgere la maggior parte degli insegnanti e quando ciò non fosse possibile è consigliabile incoraggiare e sostenere quei docenti desiderosi di sperimentare, aperti al cambiamento. La scuola è un ambiente in cui si fa cultura; sarebbe opportuno motivare sempre le ragioni per cui si è favorevoli o contrari a eventuali innovazioni. Aspetti metodologico­didattici Il lavoro dell’insegnante deve sempre tener conto dell’importanza che riveste la centralità dell’alunno in tutte le attività didattiche: il confronto continuo con situazioni reali, lo stimolo all’approfondimento individuale, il suscitare occasioni che promuovano la partecipazione attiva, hanno ricadute positive sul suo apprendimento e la sua crescita dentro e fuori la scuola.

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Gli incontri con i colleghi sono sempre dei tour de force: il tempo è poco e occorre cercare di concretizzare il più possibile; questi confronti mettono in luce un aspetto da tanti condiviso: nelle nostre scuole si produce molto ma si cataloga poco: in questo senso l’esperienza Book in Progress dovrebbe dare una ‘veste’ al nostro lavoro. Dalle sperimentazioni è emerso che i manuali di tecnologia presenti sul mercato sono densi di argomenti e che la materia è trattata usando un linguaggio specifico forse troppo difficile per ragazzi di 11 anni (spesso sono proprio loro a dirlo). All’inizio abbiamo studiato a fondo le Indicazioni nazionali e poi individuato e scelto quelli che secondo noi devono essere gli obiettivi di apprendimento da raggiungere in una classe prima della secondaria di primo grado. In un primo momento ci siamo trovati in difficoltà nella scelta degli argomenti, poiché ciascun docente proveniva da realtà scolastiche e sociali diverse, in cui i bisogni degli alunni erano i più vari e strettamente connessi al loro territorio (tecnologia è una disciplina che ben si coniuga con l’ambiente). Il confronto è stato molto stimolante e sicuramente può costituire motivo d’ispirazione per migliorarsi e per rinnovarsi sia nell’approccio didattico che nella trattazione degli argomenti della materia in oggetto. Nella pianificazione del lavoro abbiamo cercato di analizzare gli argomenti partendo dalla storia e dalla descrizione tecnico­fisica. I temi trattati saranno corredati da fotografie realizzate da noi (quindi inedite) ed è nostra intenzione effettuare prove di laboratorio in classe per testare le principali proprietà di alcuni materiali; inoltre prevediamo di inserire numerosi link a siti specifici (ma accessibili a tutti) che rimandino a filmati, test e immagini particolareggiate sui materiali presi in esame. Per il team del book di tecnologia, perché ora possiamo definirci un vero ‘team’, è importante pensare a un’opera in continuo divenire, che una volta stilata possa essere ampliata (e perché no, corretta) da colleghi che non hanno preso parte alla sua prima stesura. Le tecnologie Per la parte digitale si consiglia di utilizzare l’ambiente Mac (per una migliore fruibilità/usabilità del sistema); la parte cartacea, viceversa, non richiede scelte particolari data l’equivalenza dei sistemi operativi in uso. La gestione delle attrezzature tecnologiche e la mancanza di figure preposte alla loro manutenzione rende particolarmente complessa l’organizzazione di sistema; la scuola, pertanto e ancora una volta, deve ricorrere a finanziamenti esterni che comunque possono essere insufficienti; l’industriosità e le competenze di alcuni insegnanti attenuano il problema ma purtroppo, evidentemente, non lo risolvono. La scuola deve essere corredata di una rete WiFi calibrata in base al numero di dispositivi esistenti. Gli studenti utilizzano a scuola e a casa iPad forniti in comodato d’uso dall’Istituto; questa scelta è risultata efficace sia dal punto di vista prettamente didattico che per gli aspetti legati alla responsabilizzazione del singolo. Sia per la produzione che per la fruizione delle risorse digitali è necessaria una buona preparazione sulle nuove tecnologie. È opportuno pianificare corsi di formazione prima dell’inizio dell’anno scolastico e corsi di rinforzo in itinere.

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I vantaggi rilevati Una didattica centrata sullo studente, sui suoi interessi, sulla sua partecipazione e produzione, favorita dall’uso delle nuove tecnologie, consente di monitorare i livelli di apprendimento rispettando attitudini e intelligenze diverse. Il tentativo di valutazione per competenze e il confronto con test nazionali (INVALSI, certificazioni linguistiche, concorsi matematici, ecc.) rappresentano momenti essenziali e particolarmente utili per la verifica e il monitoraggio del lavoro svolto.

La narrazione dell’esperienza di Raffaela A. Sanapo (insegnante dell’IC “Giannuario Solari”) Mi chiamo Raffaela, insegno italiano in quattro classi (tre prime e una terza) nella scuola secondaria di primo grado dell’IC “Giannuario Solari”.

La mia esperienza ha avuto inizio nell’a.s. 2009­2010 in una classe prima ed è poi continuata sino ad oggi attraverso numerose modifiche e revisioni in itinere. Quell’anno mi era stata assegnata una classe prima molto numerosa ed eterogenea: ventisette alunni, di cui due diversamente abili, tre ragazzi certificati DSA e altri due non certificati, diversi BES (tre, con svantaggi socioculturali e linguistici) e due sedicenni bocciati. Una vera classe da panico! La criticità complessiva del quadro ha stimolato in me la ricerca di soluzioni alternative al modo consueto di insegnare. L’occasione mi è stata data dalla LIM: nella sfortuna, la prima LIM della scuola è stata installata proprio nella mia aula. Da quel momento ho introdotto alcune innovazioni nel mio metodo di insegnamento che coltivo tutt’ora e che stanno andando faticosamente a sistema.

Ho sviluppato un metodo di insegnamento che si compone di elementi tradizionali e di elementi innovativi. Innanzi tutto seleziono un argomento sul quale lavorare. Mi spiego meglio con un esempio. Insegnavo storia, prima gli arabi, poi i longobardi, usando il libro di testo (il nostro è un libro Book in Progress adottato quest’anno insieme a quello di grammatica, inglese e matematica). Quando la classe ha affrontato Carlo Magno, nei ragazzi ho visto nascere un grande entusiasmo: la figura li interessava, li coinvolgeva. Ho perciò deciso che avrei costruito su questa figura un modello di lezione alternativo. Ho selezionato un video che poi abbiamo guardato tutti insieme sulla LIM, un documentario del programma tv “Quark” che alternava spiegazioni a scene tratte dal film Carlo Magno, la corona e la spada. Il video doveva servire come primo spunto per un approfondimento, doveva creare un maggior coinvolgimento dei ragazzi e suscitare un

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dibattito. Spesso inizio questo tipo di attività con il supporto di un video (un film vero e proprio, o alcune scene particolari, o un documentario sempre dal taglio ‘divulgativo’) che possa interessare un ragazzino di scuola media. I giovani accolgono generalmente con grande entusiasmo queste iniziative: i video catturano l’attenzione e mettono in moto il meccanismo dell’interesse soprattutto in quelli che hanno maggiori difficoltà. La mia scelta di far vedere dei filmati è dettata dal fatto che, a volte, affrontare un argomento in questo modo risulta più incisivo in quanto le immagini sono immediate e più accattivanti di una pagina di antologia o di storia. Una volta lanciato lo spunto dell’attività con la visione del film, divido la classe in piccoli gruppi, massimo quattro ragazzi, cui assegno compiti distinti. Nell’esempio del lavoro su Carlo Magno avevo previsto che i gruppi si occupassero della biografia dell’imperatore, delle sue conquiste, dell’organizzazione del Sacro Romano Impero, della rinascita economica culturale e sociale durante il suo impero. A quel punto, do a ciascun gruppo il compito di cercare a casa materiali sull’argomento assegnato e di predisporre un elaborato­sintesi della composizione dei risultati della ricerca fatta a casa da ciascun ragazzo. Come punto di partenza per la ricerca suggerisco dei link o dei materiali già selezionati da me. Definiamo anche un coordinatore che avrà poi il compito di assemblare il materiale di tutti i compagni che fanno parte del gruppo (non è detto sia uno bravo). All’inizio segnavo i link all’interno di un documento Word che spedivo via mail ai ragazzi: la prima cosa che ho fatto è stata infatti quella di realizzare una mailing list. Oggi, invece della mail, uso il Registro Elettronico: sulla bacheca ho una cartella condivisa accessibile anche da casa da cui i ragazzi scaricano i miei materiali e suggerimenti. Questo è particolarmente importante per gli assenti che magari non hanno potuto assistere alla proiezione del film.

All’inizio il lavoro è stato molto oneroso: trascorrevo i pomeriggi a casa alla ricerca di risorse e siti affidabili. Anche oggi non ho un sito in particolare a cui far riferimento: il mio portale di accesso alle risorse è Google, oppure faccio mie le indicazioni suggerite da colleghe. Successivamente ho creato un archivio che uso e rinnovo di anno in anno.

I materiali selezionati, i link e le risorse, nonché i prodotti elaborati dai ragazzi, li conservo in un hard disk di mia proprietà; un tempo li conservavo a scuola, ma è accaduto che, a causa di un intervento di manutenzione del laboratorio di informatica, l’archivio è andato perduto. Da quel momento mi sono resa autosufficiente, mi son fatta un piccolo repository ma è chiaro che nelle scuole esiste una questione relativa all’archiviazione delle risorse digitali. Nella mia scuola, in particolare, siamo all’inizio e quindi la conservazione è ancora demandata al singolo docente; solo da quest’anno abbiamo il Registo Elettronico che permette un’efficace e capillare distribuzione dei materiali (ma credo non ne consenta la conservazione nel tempo).

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Dopo le consegne ai gruppi, i ragazzi, a casa, iniziano la ricerca dei materiali relativi all’argomento. A questo scopo è ovviamente prerequisito indispensabile avere una connessione Internet. Per coloro (sempre meno) che non ce l’hanno è necessario procurarsi una pen­drive dove caricare i materiali da consultare sul proprio pc. In alternativa, per chi non possiede né un computer né una connessione, generalmente risolvo assegnando la ricerca sul libro di testo o su altri testi che consegno personalmente ai ragazzi. I gruppi difficilmente lavorano insieme a casa. A volte possono fare un incontro per verificare che i risultati delle ricerche non siano gli stessi, ma, in generale, nel tempo extrascolastico, i ragazzi sono sovraccarichi di impegni e fanno fatica ad incontrarsi. Questo metodo è generalmente accolto positivamente dalle famiglie, che sono contente dei materiali che invio e che si prodigano a stampare (anche se sconsiglio sempre questa pratica: preferisco li conservino in formato digitale).

Il grosso del lavoro avviene in realtà in classe, insieme a me. Questo tende a fortificare il metodo di ricerca – molto debole nei ragazzini di prima media – e il metodo seguito per l’organizzazione dei materiali all’interno di un discorso compiuto.

Un aspetto cui tengo molto è che l’assemblaggio finale sia un prodotto dei contributi di tutti i componenti del gruppo: per sostenere efficacemente gli aspetti collaborativi e la negoziazione è stato necessario disporre quattro o cinque isole di banchi occupati da gruppi di massimo quattro alunni.

La ricerca finale è un prodotto multimediale (ppt, doc, video, ecc.). Con il prodotto finale delle ricerche facciamo lezione condivisa: grazie al contributo di tutti la lezione diventa quasi un dibattito dove tutti intervengono, ognuno per il “pezzetto” che conosce di più. Quando i ragazzi presentano il lavoro alla classe io li filmo o li fotografo e con questo materiale componiamo un minivideo dell’argomento: un piccolo ricordo a testimonianza del contributo di tutti. Invece i lavori vengono depositati nella cartella condivisa della LIM, alla quale tutti possono accedere. A volte faccio stampare e consegno il cartaceo delle ricerche ai vari gruppi che, in questo modo, vengono in possesso del lavoro degli altri. Quando i ragazzi realizzano il videotrailer lo fanno con l’iPad, generalmente con il mio: solo nelle classi 2.0 ciascun alunno è dotato di un iPad personale. Gli insegnanti, invece, dal momento dell’adozione del Registro Elettronico hanno ricevuto tutti un iPad in comodato d’uso. Fino ad allora lavoravo con il mio portatile che collegavo alla LIM o alla Apple TV della scuola.

Fra gli aspetti positivi e quelli negativi mi interessa sottolineare un particolare: con questa metodologia ho ottenuto enormi soddisfazioni soprattutto da parte dei ragazzi che non

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amano affatto studiare. Un ragazzino di prima, già ripetente, il quale aveva apertamente dichiarato “lo studio per me non esiste proprio”, si è addirittura proposto come coordinatore, ha organizzato l’incontro pomeridiano a casa, ha poi relazionato e spiegato il lavoro svolto dal gruppo e dai singoli compagni. Quindi: molto positivo con chi ha più difficoltà nello studio, con chi non si trova a suo agio col metodo tradizionale. Coi ragazzi più capaci, invece, è tutta un’altra storia. Per loro è come se le cose fossero troppo semplici, quasi scontate, quasi si annoiano; spesso lavorano per sé e per gli altri e alla fine si ritrovano a condividere la stessa valutazione e, magari in privato, emergono i malumori. Ho cercato di rimediare a questi inconvenienti pretendendo un minimo di contributo da tutti prima di arrivare all’assemblaggio del materiale, ma non sempre funziona. Il ragazzo bravo tende a soffrire del lavoro di gruppo: se la valutazione non è molto positiva soffre perché non è colpa sua; viceversa, se è molto positiva soffre ugualmente perché ritiene di meritare quel voto più degli altri.

Tornando all’esempio di Carlo Magno i ragazzi imparano storia con l’ausilio di due supporti: libro di testo e risorse digitali; i due supporti stanno insieme ma compiono lavori differenti, rimandano e si rafforzano l’un l’altro. Per il mio lavoro sono entrambi necessari. In quest’ottica, il lavoro dei ragazzi e i materiali di studio che loro predispongono, altro non sono che un approfondimento ulteriore rispetto al libro di testo. Se per esempio affrontiamo un argomento come il “castello medievale”, sul libro c’è solo un’immagine (e non potrebbe essere diversamente, sarebbe troppo dispendioso stampare un libro con moltissime immagini e notizie); invece in rete è stato possibile vedere come si costruiscono i castelli e la funzione delle diverse parti che li compongono (il mastio, il ponte levatoio, il fossato, ecc.). Oltretutto, le Marche si prestano molto a questo tipo di approfondimento vista la presenza di numerosi manieri e rocche medioevali. Siamo riusciti con facilità ad agganciare l’argomento a questioni più ampie che riguardano il territorio dove vivono i ragazzi: nelle verifiche orali loro riportano fedelmente queste informazioni perché sono particolarmente interessati. Un libro pensato per tutti gli studenti italiani e che deve rispettare precise norme riguardanti il suo peso non può arrivare certamente al livello di dettaglio che invece il web consente.

Nella mia metodologia, ritengo che il manuale o gli ebook siano comunque indispensabili, soprattutto per quelle discipline che hanno bisogno di un filo conduttore (ad es. la storia); diciamo che per me il libro di testo è la “cornice” all’interno della quale lavoro con i ragazzi per realizzare il quadro finale. L’uso delle risorse digitali mi permette di individuare e selezionare argomenti adeguati, di approfondirli dando al sapere un aspetto unitario. Ovviamente mi rimane difficile operare con un simile metodo su ambiti come la grammatica: esso si adatta maggiormente ad argomenti di storia, sociali, e, per quanto

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riguarda l’italiano, di attualità. Se prendiamo ad esempio questioni relative a problemi alimentari, alla droga, al razzismo, i brani antologici presenti nei libri di testo sono molto meno interessanti della molteplicità e “freschezza” di risorse presenti in Internet (anche fonti vere e proprie, come le testimonianze di ragazzi).

Un’ultima cosa che mi preme sottolineare è che gli esiti delle ricerche sono inaspettati e variegati e devo accoglierli per quel che sono: spesso ci portano in luoghi e ad esiti impensabili. Nel lavoro su Carlo Magno, per esempio, mettendo insieme i materiali degli alunni mi sono resa conto che si prestavano a un lavoro sul testo descrittivo e a un approfondimento di geografia sull’origine del nome “Marche”; ho condiviso quest’aspetto con la collega di italiano che ha accolto con favore lo spunto per un possibile nuovo percorso didattico. Non tutti i colleghi però accettano certi sconfinamenti, poiché li vivono come un’invasione di campo: ritengo invece che questo tipo di attività superi naturalmente i confini delle materie e delle ore.

Come dicevo prima, il lavoro è oneroso, richiede un notevole dispendio di energie. Non mancano momenti di sconforto per un risultato negativo, bilanciati, fortunatamente, da altrettanti momenti di gratificazione.

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5. Risorse Le seguenti indicazioni bibliografiche e sitografiche rappresentano una selezione di quelle presenti nella versione online delle Linee guida, per le quali è previsto un aggiornamento costante. La data riportata fra parentesi quadre si riferisce all’ultima consultazione online.

a) Sitografia

CENTRI DI RICERCA SUI LIBRI DI TESTO International Association for Research on Textbooks and Educational Media http://iartemblog.wordpress.com/ Particolarmente interessante, tra i rapporti pubblicati, il volume Caught in the Web or Lost in the Textbook http://iartemblog.files.wordpress.com/2012/03/8th_iartem_2005­conference.pdf [06/05/2015] Il volume riunisce la maggior parte dei contributi presentati durante l’8th IARTEM conferenza su “learning and educational media”, svoltasi a Caen nell’Ottobre 2005, “Caught in the Web or lost in the Textbook?”. Più di 80 partecipanti da 27 diversi paesi del mondo. Georg Eckert Institute for international Textbook Research http://www.gei.de/en/the­institute.html [06/05/2015] Un centro tedesco interamente dedicato al libro di testo. The Textbook League http://www.textbookleague.org/ttlindex.htm [06/05/2015] “The Web site of The Textbook League is a resource for middle­school and high­school educators. It provides commentaries on some 200 items, including textbooks, curriculum manuals, videos and reference books. Most of the commentaries appeared originally in the League’s bulletin, The Textbook Letter”. Glenn G., The History of Textbook http://courses.educ.ubc.ca/etec540/May08/goslina/researchtopic/Pedagogy.html [06/05/2015] Sito amatoriale sulla storia del libro di testo. MANES Research Centre http://www.uned.es/manesvirtual/portalmanes.html [06/05/2015] “MANES stands for MANuales EScolares (School Textbooks). The project was born in 1992 at the National Distance University (UNED) in Madrid, with a dual group of objectives:

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a) Instrumental objectives, on the one hand: to compile and classify Spanish schoolbooks from the 19th and 20th centuries, as well as other type of relevant documents: legislation concerning school textbooks, academic programmes. b) Research objectives, on the other hand: to examine, study and analyse school textbooks from various angles and from a historical perspective. It was inspired by the French programme EMMANUELLE, whose Director is Alain Choppin, and its creation was partly possible thanks to an agreement with the latter”. http://www.bibl.ulaval.ca/ress/manscol/ [06/05/2015] http://www.pubblicascuola.it/progetto.php [06/05/2015] Portale nato per volontà di un gruppo di insegnanti di lettere che si costruiscono in proprio il manuale di letteratura. http://www.idea­space.eu/ [06/05/2015] “This project is funded with support from the European Commission. The main purpose of licensing educational material under open licences is to allow for anyone to use, re­use or re­purpose them. However, despite a strong movement in recent years to publish such material, OER reuse is still not a common practice in Higher Education, schools and enterprises.We intend tackle these issues by enabling Open Education at an early stage: instead of sharing complete OER or Open Educational Practices (OEP), we aim to share ideas in the early design process. We believe this process will create a fundamentally different uptake of OER by creating Emotional Ownership of OER”.

b) Bibliografia RICERCA SUL LIBRO DI TESTO Hall, J. et al., Mapping of International Studies of Textbooks, SCRE/OSI 1999. Johnsen, E.B., Textbooks in the Kaleidoscope, A Critical Survey of Literature and Research on Educational Texts, Vestfold College, Tønsberg 2001. Mikk, J., Textbook Research and Writing, Peter Lang, Frankfurt/M., Berlin, Bern, Bruxelles, New York, Oxford, Wien 2000. Pingel, F., UNESCO Guidebook on Textbook Research and Text Revision, 2010. http://unesdoc.unesco.org/images/0011/001171/117188e.pdf [25/05/2015]

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