24
L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo È senz’altro difficile riuscire a cogliere quali reazioni sviluppò, in una realtà articolata e contraddittoria dal punto di vista sociale e politico come quella emiliana dei primi anni del fascismo, un pensiero, come quello di Gobetti, nato in presenza di tensioni ideali e politiche proprie di una realtà industriale. Per comprendere quali ansie e quali interessi percorressero la provincia ita- liana in quegli ultimi anni di lotta politica aperta, quale fosse la sostanza delle élites intransigenti la cui attività ferveva ovunque e il cui punto di riferi- mento era spesso « l ’intelligenza armata » del giovane torinese, è necessario rifarsi alla temperie culturale in cui si muovevano gli intellettuali di quegli anni e dare brevemente cenno su alcuni aspetti del pensiero di Gobetti im- portanti perché esprimono un retroterra nutrito di scelte culturali che si proiettarono sugli atteggiamenti politici del giovane torinese negli anni più duri della lotta alla dittatura. Cercare di definire, pur nei brevi limiti di questo articolo, quale sia stata l ’evolu- zione del pensiero di Gobetti nei confronti della cultura cattolica e il suo rap- porto con i prodotti della cultura russa negli anni della rivoluzione d’ottobre, ci è parso un momento fondamentale per comprendere lo sviluppo dei rapporti ideologico-politici che emergeranno nella presente ricerca. Già negli studi di carattere erudito sul pensiero religioso risorgimentale e sui populisti russi si prospettano, infatti, quelle brucianti intuizioni che saranno alla base della sua produzione più propriamente politica. Ad esempio il giudizio di Gobetti sul cattolicesimo non si può certo ridurre al giovanile attacco contro il Vaticano che viene considerato come potenza stra- niera che ordisce trame contro lo stato liberale ‘. Operando nel quadro dell’interesse suscitato dai saggi gentiliani sulla filosofia del risorgimento, il liberale torinese vuole mostrare come, prendendo le mosse da tensioni religiose presenti nella cultura del suo tempo, pensatori ottocenteschi, ad esempio G.M. Bertini, potessero giungere all’affermazione dello stato laico 1 2. Il giovane intellettuale vorrebbe così, a nostro parere, deli- 1 Cfr. B. Gariglio, Gobetti e i popolari, Torino, 1972, p. 3. 2 P. G obetti, Il pensiero e l’opera di Giovan Maria Bertini, studio per una ristampa

L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

L ’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo

È senz’altro difficile riuscire a cogliere quali reazioni sviluppò, in una realtà articolata e contraddittoria dal punto di vista sociale e politico come quella emiliana dei primi anni del fascismo, un pensiero, come quello di Gobetti, nato in presenza di tensioni ideali e politiche proprie di una realtà industriale. Per comprendere quali ansie e quali interessi percorressero la provincia ita­liana in quegli ultimi anni di lotta politica aperta, quale fosse la sostanza delle élites intransigenti la cui attività ferveva ovunque e il cui punto di riferi­mento era spesso « l ’intelligenza armata » del giovane torinese, è necessario rifarsi alla temperie culturale in cui si muovevano gli intellettuali di quegli anni e dare brevemente cenno su alcuni aspetti del pensiero di Gobetti im­portanti perché esprimono un retroterra nutrito di scelte culturali che si proiettarono sugli atteggiamenti politici del giovane torinese negli anni più duri della lotta alla dittatura.Cercare di definire, pur nei brevi limiti di questo articolo, quale sia stata l ’evolu­zione del pensiero di Gobetti nei confronti della cultura cattolica e il suo rap­porto con i prodotti della cultura russa negli anni della rivoluzione d’ottobre, ci è parso un momento fondamentale per comprendere lo sviluppo dei rapporti ideologico-politici che emergeranno nella presente ricerca. Già negli studi di carattere erudito sul pensiero religioso risorgimentale e sui populisti russi si prospettano, infatti, quelle brucianti intuizioni che saranno alla base della sua produzione più propriamente politica.Ad esempio il giudizio di Gobetti sul cattolicesimo non si può certo ridurre al giovanile attacco contro il Vaticano che viene considerato come potenza stra­niera che ordisce trame contro lo stato liberale ‘.Operando nel quadro dell’interesse suscitato dai saggi gentiliani sulla filosofia del risorgimento, il liberale torinese vuole mostrare come, prendendo le mosse da tensioni religiose presenti nella cultura del suo tempo, pensatori ottocenteschi, ad esempio G.M. Bertini, potessero giungere all’affermazione dello stato laico 1 2. Il giovane intellettuale vorrebbe così, a nostro parere, deli-

1 Cfr. B. Gariglio, Gobetti e i popolari, Torino, 1972, p. 3.2 P. Gobetti, I l pensiero e l ’opera di Giovan Maria Bertini, studio per una ristampa

Page 2: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

72 Federico Boccaletti

neare un processo di sviluppo del pensiero cattolico che, partendo da Luigi Ornato, da una parte sarebbe giunto ad un ideale liberale scindendo religione e politica3, dall’altra, sempre all’interno del filone neoguelfo, avrebbe avuto la funzione di permettere l ’unità statale italiana, pur nell’ambiguità fra stato laico e ideologia teocratica4. Bertini — chiarisce infatti Gobetti — sviluppa sul piano filosofico e religioso una metodologia che accetta i principi della dialettica e il ripudio di ogni rivelazione e dogma mentre, sul piano politico, crea un retroterra di intransigenza ideologica alla troppo conciliatrice politica ecclesiastica di Cavour5. L’esplicita polemica con Gentile, che considerava Bertini solamente un neoplatonico e non ne coglieva la più vasta funzione civile, ci dimostra l ’interesse di Gobetti per il pensiero di matrice cattolica nel processo di formazione di una coscienza liberale nella classe dirigente ita­liana del risorgimento. Già nella tesi di laurea sulla filosofia politica di Vit­torio Alfieri si può osservare come nell’analisi del risorgimento si inseriscano i motivi originali più fecondi del pensiero di Gobetti: il concetto di popolo che forma in una tensione dialettica la classe dirigente nazionale, la « libertà come coefficiente primo di personalità » ed infine l ’eresia come « vero momento creativo della religione »6.Quando Gobetti tratteggia le figure della sua galleria degli eretici del risorgi­mento e del prerisorgimento, quando delinea la figura del conte Radicati, studioso e politico del Piemonte settecentesco, e ne pone in luce la volontà di volgere l ’eresia religiosa ai problemi politici, in difesa delle prerogative dello stato laico contro l ’intromissione del potere ecclesiastico 7, Gobetti sem­bra scoprire anche le proprie radici culturali in un’ansia di ricerca che non si può certo ridurre a puro interesse giornalistico o erudito. Gobetti vive febbrilmente il suo tempo in un continuo rimando fra pratica e elaborazione teorica, una continua ricerca di superare se stesso. Egli cerca nella tradizione

di G. M. Bertin i, Idee per una filosofia della vita, ora in P. Gobetti, Opere complete. Scritti storici letterari e filosofici, vol. I I , Torino, 1969, pp. 201-231 (d’ora in poi l ’opera sarà indicata come: Scritti storici).3 Cfr. P. Gobetti, La filosofia di Luigi Ornato e la cultura politica dell’800, in « Rivista d’Italia », a. XXIV, fase. V I, 15 giugno 1921, pp. 194-206, ora in Scritti storici, cit., pp. 172-187.4 « I l neo-guelfismo era stato almeno il pensiero istintivo degli italiani cattolici e potè risolversi infine in un eccellente strumento di propaganda nazionale ” , P. Gobetti, La rivolu- zion liberale, saggio sulla lotta politica in Italia, Bologna, 1924, ora in P. Gobetti, Opere complete. Scritti politici, vol. I, Torino, 1969, p. 931 (d’ora in poi l ’opera sarà indicata come: Scritti politici). Vedi anche l ’analogo giudizio di M. M issiro li, La Monarchia socialista, Bologna, 1971, p. 9.5 « Ma l ’atteggiamento stesso di conciliazione di Cavour presupponeva il formarsi di una corrente di pensiero che osasse in sede filosofica dar battaglia e sconfiggere, coi mezzi della dialettica, una ideologia di cui si veniva, in sede politica, preparando la liquidazione a lunga scadenza ». P. Gobetti, I l pensiero e l ’opera di G. M. Bertini, cit., p. 225.6 Cfr. P. Gobetti, La filosofia polìtica di Vittorio Alfieri, ora in Scritti storici, cit., pp. 87-144.7 P. Gobetti, Risorgimento senza eroi, in Scritti storici, cit., pp. 4041.

Page 3: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

eretico-cristiana ed eretico-illuminista 8 le radici storiche e culturali per ritro­vare il proprio posto nel dramma che sta vivendo la società italiana.A completare la definizione del concetto di riforma, come una immanente religiosità che fa scaturire forze nuove, creando intransigenza e responsabilità autonome 9 non è però sufficiente la rivalutazione dei cristiano-laici emergenti dal travaglio della cultura cattolica; è necessario invece il suo contatto con quanto di nuovo stava nascendo nella Russia sovietica rispetto al rapporto masse-potere e alla funzione degli intellettuali nella crescita civile del paese. I l contatto con Gramsci e la conoscenza delle esperienze politiche delle avan­guardie operaie torinesi forniscono a Gobetti la dimensione mondiale di un impegno storico alimentato da lotte intransigenti. L’approccio di Gobetti al problema sovietico è però prevalentemente di tipo storico-culturale e verte sull’analisi della funzione sociale degli intellettuali russi. L’atteggiamento del- Yintelligencija che « corrisponde in fatto di astrattezza aH’illuminismo sette­centesco 10 ha le sue radici nelle caratteristiche della religiosità russa, man­cante di fermenti ascetici e protestanti, un puro meccanismo ritualistico che non diventa strumento di dinamica civile 11. I l tormentato individualismo degli intellettuali (come ad esempio Dostoievskij) sul piano politico si traduce in uno spiritualismo « anarchico e diseducativo » che scinde la produzione culturale dalle condizioni delle masse, e si rivela quindi impotente ad un com­pito di direzione politica che sarà assunto invece dal gruppo bolscevico '2. I l giudizio di Gobetti sulla rivoluzione sovietica come una negazione del mar­xismo (momento iniziale però di un rinnovamento liberatore della società, basato sullo sviluppo di nuove forze capaci di una iniziativa politica) è simile, come fa notare Vittorio Strada, al giudizio espresso da un gruppo di intel­lettuali « liberali » russi emigrati a Praga dopo la rivoluzione d’ottobre. Il gruppo di « Nuovi Orientamenti », così si chiamava la raccolta di articoli che essi pubblicarono, affermava che si poteva trasformare la rivoluzione in un processo di ricostruzione di un forte senso dello stato cui partecipassero anche i ceti medi intellettuali13. È necessario che la rivoluzione si compia, cioè, perchè l ’intellettuale russo superi quella impotenza che Gobetti aveva così ben tratteggiato ad esempio nella produzione di Leonid Andreiev la quale, in seguito al fallimento rivoluzionario del 1905, intuiva l ’inadeguatezza di ogni esperienza critica e sentiva la propria ricerca come « la frammentarietà *

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 73

* Per Gobetti interprete dell’illuminismo, cfr. F. V enturi, Nota introduttiva agli Scritti storici, cit., pp. 14-15; N. Bobbio, L ’esame di coscienza di Piero Gobetti, in Centro Studi Piero Gobetti, Quaderno n. 1, Torino, 1962, p. 1.9 Cfr. P. G obetti, I l nostro protestantesimo, in « La Rivoluzione liberale », IV , n. 20,17 maggio 1925, p. 83. (Per gli scritti di Gobetti su « La Rivoluzione liberale » si fariferimento alla rivista e non alle Opere complete.)10 P. G obetti, Criteri di metodo per la storia della rivoluzione russa, in « Rivista diMilano », 20 febbraio 1921, ora in Scritti storici, cit., pp. 409 sgg.11 P. G obetti, Paradosso dello spirito russo, in Scritti storici, cit., p. 296.12 Ibid., p. 308.15 Cfr. V. Strada, Nota introduttiva a Scritti sulla letteratura russa, in Scritti storici, cit., p. 272.

Page 4: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

74 Federico Boccaletti

del sofferente che spera invano di ritrovare il centro della sua vita scissa » 14 15. Sebbene Gobetti relativizzi in una dimensione nazionale la rivoluzione sovie­tica, tuttavia da essa provengono notevoli stimoli ad una riflessione sulla situazione italiana, e nel complesso e fluido rapporto fra socialismo e demo­crazia, la situazione italiana e quella sovietica erano, come dice lo Strada, i « campi sperimentali » dell’idea di « rivoluzione liberale »I!.L’appuntamento con il fascismo segnò per la compagine della cultura liberal- democratica, già profondamente scossa dall’interventismo e dalla guerra, il mo­mento di una netta discriminante, di una crepa verticale in cui non solo si scontrarono differenti visioni dell’uomo e della storia ma anche diverse forze morali. Estremamente sfaccettate e varie furono le reazioni degli intellettuali operanti in Emilia di fronte alla crisi post-bellica. Nella redazioni dei giornali « liberali », nell’università, molti di loro trovarono in Gobetti il lucido testi­mone del rovesciamento degli equilibri sociali e della prassi politica della classe dirigente rispetto a quelli dell’Italia umbertina e giolittiana. Gobetti è cioè il comun denominatore per uomini che compiranno, di fronte al potere fascista, scelte divergenti; questo accadrà anche per la redazione del « Resto del Carlino ». Nel 1909 il giornale, tradizionalmente democratico, passò nelle mani degli agrari emiliani e, a far parte della nuova direzione decimata dal mu­tamento d’indirizzo, entrava anche un giovane giornalista della « Gazzetta del­l ’Emilia » che l ’Onofri definisce « uomo di fiducia degli agrari emiliani »: Mario Missiroli16.Egli fu il rappresentante più significativo della tendenza giolittiana e vaga­mente filo-socialista del quotidiano negli anni immediatamente post-bellici. Missiroli era divenuto uno degli esponenti più autorevoli della cultura liberale, che firmò la prima autorevole adesione al Manifesto della Rivoluzione Libe­rale, diffuso da Gobetti come presentazione alla rivista omonima, in essa però il giornalista bolognese ne dava un’interpretazione riduttiva sostenendo che Gobetti imputava la causa della crisi italiana (come aveva già sostenuto nel saggio La monarchia socialista) essenzialmente ad una mancata soluzione del problema religioso 17.Continuando la sua collaborazione Missiroli sceglieva la « Rivoluzione Libe­rale » per pubblicare in anteprima gli estratti delle sue nuove opere o le pre­fazioni a ristampe di altri suoi lavori; sembrava così considerare la rivista tori­nese come diretta espressione delle sue teorie etico-politiche. Ben presto però lo stesso Gobetti si poneva degli interrogativi su questa investitura; infatti po­stillando un articolo di Missiroli egli individuava la conquista di una religio-

14 P. G obetti, Savva, in « L ’Arduo » I , I I serie, n. 3, 1921, p. 89. Ora in Scritti storici, tit., p. 370.15 V. Strada, op. cit., p. 275.16 N. S. O nofri, La grande guerra nella città rossa, con una lettera autocritica di Pietro Nenni. Socialismo e reazione a Bologna dal 1914 al 1918, Milano, 1966, p. 221.,r Cfr. M . M issiro li, Lettera alla «Rivoluzione Liberale», in «La Rivoluzione liberale», I , n. 1, 12 febbraio 1922, p. 3.

Page 5: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

sita laica come proveniente « da una praxis essenzialmente politica »“ e non da vaghe ed improbabili riforme religiose. Già in precedenza, a proposito del filosocialismo di Missiroli, il liberale torinese aveva detto di credere che « la sola liberazione civile debba scaturire dall’autonomia popolare e dall’inizia­tiva diretta »” e non certo dal « collaborazionismo » che il bolognese sembrava auspicare; infatti nel saggio La rivoluzione liberale, Gobetti, mentre ricono­sceva a Missiroli una visione moderna del liberalismo, giudicava la sua teoria « genericamente progressista » ed impotente ad « incarnarsi in azione poli- tica »18 * 20 21. Sul piano della lotta politica intanto, man mano che si affermava la dittatura, Gobetti diventava sempre più dubbioso sull’impegno antifascista dei suoi ex-amici liberali e « vociani » e si mostrava scettico sulla loro possibilità di non « confondersi con la palingenesi totalitaria dei cortigiani Per com­prendere la diversa interpretazione del fascismo data dai due intellettuali si legga lo stralcio del volume II colpo di stato pubblicato sulla rivista: per Mis­siroli l ’esito della presa del potere di Mussolini sarebbe stato la costituzione di un regime demo-laburista basato su un « movimento operaio controllato ed il voto alle donne »22, un completamento cioè del giolittismo sotto la tutela monarchica. Questa posizione coincideva in parte con il giudizio di Gobetti sul trasformismo mussoliniano che avrebbe potuto assumere il volto rassi­curante del paternalismo per superare la crisi del delitto Matteotti; diverse però erano le indicazioni di azione che si potevano trarre da una simile analisi e che si concluderanno di lì a un anno con la rottura definitiva, sancita dalla nota Lettera a Missiroli in cui Gobetti scriveva di non stupirsi della sua con­versione alla dittatura. Mentre infatti Missiroli affermava che il fascismo era il periodo storico più intensamente democratico dell’Italia post-unitaria, Go­betti — spostando il giudizio — rispondeva di non aver mai creduto alla se­rietà politica del giornalista bolognese23. Ma al di là dei rapporti personali fra i due scrittori, gli articoli che Gobetti poteva pubblicare sul « Resto del Car­lino » nel ’21 — il suo anno di « silenzio » come impegno politico militante — rivestono particolare importanza nella cultura giornalistica italiana. In questa collaborazione si avvertiva la mediazione di Missiroli, anche se a quel tempo egli aveva già lasciato il « Carlino » per assumere la direzione del « Corriere della Sera »: compariva ad esempio sul quotidiano, a firma del liberale tori­nese, un ritratto di Trockij in cui, all’interno di una interpretazione liberale

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 75

18 Nota non firmata (ma di Gobetti) a M. M issiro li, La monarchia socialista, in «La rivoluzione liberale », I, n. 13, 14 maggio 1922, p. 48.” [P. G obetti] , I l collaborazionismo di Missiroli. Esperienze liberali, in « La rivoluzioneliberale », I , n. 2, 19 febbraio 1922, p. 8.20 P. Gobetti, La Rivoluzione liberale, saggio sulla lotta politica in Italia, cit., p. 958.21 [P. Gobetti] , Guerra agli apolitici, in «La rivoluzione liberale», I I I , n. 10, 4 marzo1924, p. 40.22 M. M iss ir o li, I l colpo di stato, in «La rivoluzione liberale», I I I , n. 37, 7 ottobre 1924, p. 149.21 Missiroli aveva scritto per « La rivoluzione liberale » un articolo che non fu pubbli­cato; l ’originale è conservato presso l ’Archivio Gobetti, brani di esso sono stati pubblicati in Scritti politici, cit., p. 899 n. Gobetti ribadì i l suo giudizio sul fascismo nella Letteraa Missiroli, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 37, 18 ottobre 1925, p. 151, ora ripubbli­cata in Scritti politici, cit., pp. 899-900.

Page 6: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

76 Federico Boccaletti

e volontaristica della politica bolscevica, si delineava il leader rivoluzionario come figura che « vagheggia uno stato in cui la libertà sia conquistata dai cit­tadini »24. In questo modo l ’originale interpretazione degli avvenimenti sovie­tici fatta dal liberale torinese trovava autorevole riconoscimento in uno dei maggiori quotidiani del padronato agrario italiano dove veniva forse conside­rato il contributo brillante e innocuo di una giovane speranza intellettuale, il fiore all’occhiello di una borghesia che potrà permettersi ancora per poco una vernice liberale.Molto diverso è il contributo di Vinciguerra che rappresentava al « Carlino », dopo la sterzata filo-fascista degli agrari, la residua presenza liberale. I l giorna­lista partenopeo fu infatti fra coloro che firmarono un ordine del giorno del­l ’Associazione Stampa Emiliana in cui si respingevano i provvedimenti di Mus­solini contro la libertà di stampa. Egli, stimato da Gobetti come uno di coloro che facevano del giornalismo italiano uno strumento di cultura a dimensione europea, collaboré) attivamente a « La rivoluzione liberale »2S. I suoi con­tributi toccavano argomenti di politica interna, di letteratura e di critica di costume: proprio da questi ultimi, in cui vanno chiarendosi le insufficienze e le contraddizioni del regime fascista, emerge più chiaro il pensiero di Vinci­guerra. Nei suoi Dialoghi veneziani, che rispondono in tono moraleggiante e pedagogico ai commenti ironici e amari di Giovanni Ansaldo, si sottolineava come, ad esempio, il fascismo, che si proclamava a gran voce difensore del libe­rismo, associasse lo stato a un’industria in perdita, l ’Ansaldo, e conservasse l ’Istituto delle Assicurazioni uno dei più autentici simboli di intervento sta­tale 26. Venivano poi le ottuse leggi sulla pubblica moralità che, nell’illusione del regime fascista di ristabilire con esse il prestigio italiano nel mondo, « di­vengono una specie di provvedimenti a sussidio della politica estera »27 *. Non cessava con il fascismo, anzi si allargava, il parlamentarismo con la relativa pra­tica degli intrallazzi e degli appalti illeciti « che prospera anche a Parlamento chiuso e ammazzato »2!. Tutti gli aspetti deteriori della democrazia parlamen­tare erano così dal fascismo perpetuati e peggiorati. Vinciguerra era attestato nella difesa di un’austera democrazia liberale, considerata l ’unica forma accetta­bile di organizzazione politica contro i fenomeni di impoverimento dei rapporti sociali e delle istituzioni provocati dai trusts industriali e dai sindacati operai posti da lui sullo stesso piano29. La sua opposizione al fascismo si rivelava

24 P. G obetti, Trotzki, in « I l Resto del Carlino », Bologna, 5 aprile 1921, ora in Scritti politici, cit., pp. 206-210.25 Cfr. P. Gobetti, La nostra cultura politica, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 5, 8 marzo 1923, pp. 17-18, e n. 6, 15 marzo 1923, pp. 22-23, ora in Scritti politici, cit., p. 470.26 Cfr. A uditor T antum [M . V inciguerra] , Liberismo in soffitta. Dialoghi veneziani, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 8, 3 aprile 1923, n. 36.27 A uditor T antum [M . V inciguerra], I l pudore con lo stemma reale, dal taccuino di Poco Curante, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 9, 10 aprile 1923, p. 40.2S A uditor T antum [M. V inciguerra] , Parlamentarismo immortale. Dialoghi veneziani, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 13, 8 maggio 1923, p. 54.29 « Dico reazionario — afferma Vinciguerra — per antidemocratico di qualsiasi colore,cioè negatore dei principi della rivoluzione francese, che reggono la nostra vita pubblica ». A uditor T antum [M . V inciguI rra], Lo spirito girondino, in «La rivoluzione liberale», I I , n. 30, 9 ottobre 1923, p. 123.

Page 7: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

infatti come interna ad una più generale opposizione a ciò che chiamava il « giacobinismo » di coloro che per un desiderio incomposto di costruire un mondo nuovo avevano disgregato il vecchio stato liberale mandando al po­tere quel fenomeno di « primitività e di infantilismo » che era il regime fa­scista. Quella di Vinciguerra era l ’ideologia della conservazione liberale che, come affermerà Gobetti, con il culto delle tradizioni e con il rispetto della legge poteva contribuire a fondare nel paese una coesione morale svolgendo una funzione « indirettamente liberale »30. Una serie di giudizi sostanzialmente esatti compariva anche in un suo articolo sui liberali emiliani in cui si deli­neava come l ’ideologia della borghesia emiliana, prima con la separazione della borghesia cittadina da quella agraria negli anni post-unitari, poi con i blocchi clerico-moderati ed infine con il fascismo, diventava sempre più « programma di difesa economica deH’Associazione agraria » 31; e si spiegava in questo modo come gli intellettuali liberali emiliani siano stati storicamente incapaci di porsi come mediatori in funzione progressista fra il potere economico e le esigenze di trasformazione sociale delle masse, così come noterà anche Gramsci32.Fa parte dell’ambiente giornalistico (prima al « Resto del Carlino », poi corri­spondente a Parigi del « Corriere della Sera ») anche Luigi Emery, un tipico rappresentante del gruppo dei collaboratori di « Energie nove », la prima rivista di Gobetti. Membro fra i più giovani della Lega Democratica voluta da Salvemini per tradurre sul piano politico le battaglie dell’« Unità », non av­vertì, come Gobetti, l ’esigenza di un superamento del salveminismo; egli rima­neva organicamente collegato alle forze della democrazia liberale ed in partico­lare ad Amendola. Non è infatti un caso che Emery, parlando di Gobetti, lo accomuni ad Amendola nella intransigenza etica e politica, nell’antifascismo « per istituto, per dignità personale » proprio di coloro che si stringevano attorno alla rivista torinese33. I contributi di Emery su « La rivoluzione libe­rale » si limitano a brevi note di commento a fatti del giorno e a notizie gior­nalistiche. Emery, come abbiamo detto, era più vicino alle posizioni di Salve- mini sia nella politica economica antiprotezionistica (critica infatti gli accordi fra bieticoltori e zuccherieri per far aumentare il prezzo dello zucchero a danno dei consumatori34), mentre Gobetti già la considerava vana o comunque da im­postare in termini diversi3S, sia sul piano della cultura politica, in cui Salve- mini viene difeso dalle critiche rivolte da più parti al suo concretismo, critiche che in parte anche Gobetti condivideva36. Era di conseguenza diversa la valu­

L’influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 77

30 P. Gobetti, La rivoluzione liberale, in Scritti politici, cit., p. 950.31 M. V inciguerra, Lettere dall’Emilia. I l Partito Liberale, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 29, 15 luglio 1924, p. 114.32 Cfr. A. Gramsci, I l materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Roma, 1971, p. 279 nota 1.33 L. Em ery , Testimonianza su Piero Gobetti, Centro Studi P. Gobetti, Quaderno n. 7, febbraio 1974, p. 6.34 Cfr. L. Emery , L o zucchero salato, in « La rivoluzione liberale », I, n. 14, 21 maggio 1922, p. 54.35 Cfr. [P. G obetti] , Antiprotezionismo, in «La rivoluzione liberale», I, n. 2, 19 feb­braio 1922, p. 8.3‘ I l limite di Salvemini è, per Gobetti, «la mancata liberazione ascetica dei termini

Page 8: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

78 Federico Boccaletti

tazione della strategia della lotta delle opposizioni, riguardo alla quale Emery approvava la secessione del?Aventino, mentre sono note le aspre critiche di Gobetti all’inerzia delle forze democratiche. Vinciguerra rimase comunque assai legato a Gobetti tanto che quest’ultimo gli propose di divenire redattore capo del « Quotidiano », il nuovo giornale d’opposizione di Torino di cui Gobetti sarebbe stato direttore37 e sempre a lui confidava il suo programma di aprire una casa editrice in Francia e di fondare una « Rivoluzione liberale » in lingua francese che fosse « l ’arma di difesa delle concezioni puramenti liberali in Europa »3S. Sarà Emery infine che, assieme a pochi amici, assisterà Gobetti nelle ultime ore a Parigi.Profondo e fecondo sul piano del dibattito culturale fu il rapporto che legò Gobetti ad uno dei maggiori teorici del revisionismo marxista: Rodolfo Mon- dolfo, che collaboré con Gobetti fin dai primi anni di « Energie Nove ». Pro­prio questa collaborazione, chiesta e sollecitata da Gobetti per Yinchiesta sul socialismo svolta dalla sua rivista giovanile 39, ci conferma come egli considerasse alle radici della propria cultura l ’interpretazione progressiva che Mondolfo aveva dato al materialismo storico in Italia, contribuendo al superamento del positivismo e ad un umanismo più completo Su questo aspetto teorico del rapporto fra volontarismo e determinismo e sulla funzione degli intellettuali nella lotta politica si sviluppa il dibattito con Gobetti. Il fecondo contrasto è fra chi, come Mondolfo, si proponeva « un contributo alla comprensione cri­tica e storica del fascismo »41 e chi, come Gobetti pur non rinunciando ad un’opera di studio era intimamente convinto della necessità di un attacco fron­tale al fascismo e della funzione essenziale della «ghigliottina», del sacrificio personale cioè, come unico strumento che tenesse aperta la possibilità di una rigenerazione. Quando cioè Gobetti sostiene che « il solo pensatore del socia­lismo italiano contemporaneo è Rodolfo Mondolfo, il quale ha studiato a lungo il materialismo storico, ma, quando dalla speculazione scende alla critica poli­tica, non mostra alcuna fiducia nelle masse e nei suoi piani e nei suoi calcoli, si occupa soprattutto delle classi medie »a; da una parte in questo giudizio sprezzante sui ceti medi emerge tutto lo spirito soreliano di Gobetti; non ci pare tuttavia che il torinese elogi il filosofo e critichi il politico separandoli

individuali e pessimistici dei problemi [...]. I l suo problemismo illuminista [...] non dà i l senso dell’azione ». P. Gobetti, La rivoluzione liberale, in Scrìtti politici, cit., pp. 987-988.37 Cfr. L. Emery, Testimonianza su Fiero Gobetti, cit., p. 7. Emery cita una lettera del 19 aprile 1925 di Gobetti che così gli scrive: « Si esce solo quando la vita sia assicurata per due anni almeno. Un quotidiano di sinistra a Torino c’è sempre stato: i l nostro può riuscire».38 Ibid., p. 8 e 17.39 Cfr. R. M ondolfo, I l socialismo e il momento storico presente, in « Energie Nove », I I serie, 20 giugno 1919, pp. 82-89. « Questo numero è stato pensato e scritto come critica alla filosofia di Marx e del socialismo dal punto di vista liberale. Ma poiché non volevamo offrire ai nostri lettori un circolo chiuso, quasi rivelazione di verità assoluta, abbiamo ricer­cato anche scritti (come quello magistrale del Mondolfo) che riflettessero un altro punto di vista », nota non firmata ma di P. Gobetti, in « Energie Nove », 20 giugno 1917, ora in Scritti politici, cit., p. 71 nota 2.40 Cfr. E. Santarelli, La revisione del marxismo in Italia, Milano, 1964, p. 204.91 R. M ondolfo, Polemica fascista, in « La rivoluzione liberale », I, n. 22, 16 luglio 1922,p. 81.43 P. Gobetti, La nostra cultura politica, cit., p. 461.

Page 9: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

nettamente, come sembra a Bassi ” , e neppure che critichi in lui soltanto le « gravose carenze dei riformisti »w; nel rapporto Gobetti-Mondolfo invece la filosofia trovava stretti addentellati nel problema dell’impegno politico degli intellettuali militanti nell’Italia giolittiana, chiamati ad un appuntamento cru­ciale con un regime liberticida. Altri momenti importanti del confronto Go- betti-Mondolfo sono di ricercare negli articoli sulla rivoluzione sovietica, in cui la NEP è considerata come puro e semplice ritorno al capitalismo che, men­tre fa regredire la cultura e la cooperazione, promuove l ’individualismo negli operai4!. Non è forse un caso che su questi contributi non si apra sulla rivista il dibattito che Mondolfo avrebbe desiderato. I l motivo va ricercato a nostro parere nel giudizio di Gobetti che coglieva lo sforzo di costruzione della so­cietà sovietica in una dimensione certo maggiormente storica di quella di Mondolfo. I l torinese ricollegava infatti lo spirito dei bolscevichi alla crisi del misticismo slavo antizarista che si era espresso nei populisti russi43 44 45 46 e coglieva nell’atteggiamento complesso degli intellettuali russi di fronte ai moti rivolu­zionari, uno stimolo indiretto ad una mediazione sul ruolo degli intellettuali in rapporto alla crescita democratica e rivoluzionaria della società. La posizione di Mondolfo era invece legata ad un tipo di analisi strettamente economica che, pur negando anch’essa la natura correttamente marxista dello stato sovie­tico, non ne coglieva neppure le conquiste libertarie, come ad esempio nel campo della scuola47 e, soprattutto, non cogliendone il valore come mito d’a­zione per il proletariato italiano, sviluppava invece la sua ricerca per definire la lontananza dai canoni del marxismo della Seconda Internazionale (trasforma­zione sociale solo al sommo delle capacità produttive) dell’esperimento sovie­tico. La discussione marxista con Ermanno Bartellini, svoltasi fra il marzo e

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 79

43 Cfr. E. Bassi, Rodolfo Mondolfo nella vita e nel pensiero socialista, Bologna, 1968, pp. 56 sgg. L ’opera del Bassi peraltro estremamente puntuale ed esauriente nella ricostru­zione della vita e dell’attività di Mondolfo, ci pare non colga a pieno la dimensione culturale e storica del dibattito. In esso non si tratta tanto di stabilire se i rapporti tra i due si gua­starono (p. 62), quanto di vedere da che parte stavano gli strumenti culturali più adatti nella lotta antifascista.44 Cfr. L. V ernetti, Rodolfo Mondolfo e la filosofia della prassi, Napoli, 1966, p. 27.45 Cfr. R. M ondolfo, L ‘esperimento russo, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 36, 20 no­vembre 1923, p. 145 [ripubblicato poi in Sulle orme di Marx, Bologna, 1923, con il titolo: Tentativi illusori e tendenze reali del capitalismo di Stato, p. 227 sgg.]; Lotta di classe in Russia, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 37, 27 novembre 1923, p. 150 [poi in Sulle orme di Marx, cit. con il titolo Le nuove condizioni del proletariato e dei sindacati} pp. 238 sgg.].46 Cfr. P. Gobetti, Paradosso dello spirito russo, cit., pp. 302-309.47 Molto interessante, a proposito, l ’articolo di Gobetti, La scuola in Russia, in « L ’Ordine Nuovo », 9 novembre 1921, ora in Scritti politici, cit., pp. 222-225. In esso si analizza la riforma scolastica di Lunaciarski e si afferma che le critiche riguardanti la mancata libertà di insegnamento, critiche che sarebbero giustificabili in Italia, non hanno senso in Russia, dove « non può esistere la scuola neutra, la scuola russa fondata sul lavoro (unità concreta di teoria e pratica), scuola unica (che non nega, come erroneamente credono i critici occidentali, ma lascia all’autonomia dell’individuo la specializzazione), ha un centro morale che trascende ogni settarismo » (p. 225). Mondolfo invece, sulla scorta di una relazione di Lunaciarski stesso, afferma che si riscontra « un generale dilagare dell’analfabetismo e dell’impreparazione e incapacità professionale fra gli operai e della superstizione e barbarie nelle campagne, con­seguenti semplicemente alla nuova politica economica, che ha riconosciuto necessario abban­donare il principio dell’istruzione gratuita », R. M ondolfo, Sulle orme di Marx, cit., p. 231.

Page 10: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

80 Federico Boccaletti

l ’aprile 1925, si incentrava sulla teoria della maturità del capitalismo e della società di transizione. È questo probabilmente l ’ultimo dei dibattiti su que­stioni di teoria marxista fra la vecchia e la nuova generazione socialista, ma in esso si avverte qualcosa di stanco, di ormai superato dagli eventi. Bartellini criticava la teoria di Mondolfo della maturità della società borghese come conditio sine qua non per la rivoluzione proletaria e affermava che Marx, quando parlava di punto critico, se « poneva pregiudizialmente la condizione del massimo sviluppo [...] non escludeva il verificarsi di una crisi-catastrofe le cui conseguenze si presentavano calcolabili solamente dal punto di vista della inevitabile surrogazione sociale »48 e descrivendo, sulle tracce di Engels, la crisi economica del capitalismo europeo concludeva affermando che, con la guerra mondiale, la borghesia aveva quasi esaurito la totalità delle sue risorse. Per Mondolfo, invece, una crisi di esaurimento poteva portare più all’involu­zione e alla barbarie che alla rivoluzione; infatti, una rivoluzione basata sulla « insufficienza delle condizioni » sarà soltanto « una temporanea conquista del potere politico »4’. La discussione continuava e, nei mesi successivi, si allar­gava ai problemi delle società in transizione, alla maturità del momento rivolu­zionario, alla rivoluzione sovietica. Mentre però Bartellini, come giustamente fa notare Bologna, secondo la problematica già affrontata nell’ambiente trie­stino poneva il problema « dell’organizzazione pratica del processo rivoluzio­nario » 5°, Mondolfo che aveva certamente altri interessi e un rapporto diverso con l ’organizzazione di classe51 52 si collocava in una dimensione ancora troppo legata alla tematica prebellica del socialismo italiano.I l momento però più importante della loro familiarità culturale era la pubblica­zione, presso Cappelli, nella « Biblioteca di studi sociali », la collana prestigiosa curata da Mondolfo, che annoverava opere di Salvemini, Turati, Luzzatto, della più importante opera di Gobetti: La rivoluzione liberale: saggio sulla lotta politica in Italia. Possiamo ricostruire la genesi dell’opera attraverso le lettere di Mondolfo a Gobetti5Z; egli chiedeva una maggiore organicità dell’o­pera, formata in origine da una serie di articoli che andavano sviluppati secondo un più ampio disegno, un’analisi più completa della rivoluzione d’ottobre che prospettasse i suoi futuri sviluppi ed inoltre espressioni nei confronti del fa­scismo che non dessero appiglio a vendette. Dobbiamo all’intervento paziente e autorevole del Mondolfo, a mio parere, se il saggio assunse l ’aspetto di uno studio di natura storico-politica, eliminando divagazioni di carattere culturale

48 E. Bartellin i, Discussioni marxiste, in «La rivoluzione liberale», IV , n. 11, 15 marzo 1925, p. 48 (ora in E. Bar tellin i, La rivoluzione in atto e altri scritti, con un saggio intro­duttivo di Sergio Bologna, Firenze, 1967, p. 119).49 R. M ondolfo, Discussioni marxiste, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 13, 29 marzo 1925, p. 53 (ora in E. Bartellin i, op. cit., pp. 123-129.50 Cfr. S. Bologna, Saggio introduttivo a E. Bartellin i, op. cit., p. XXXIX.81 Cfr. E. Bassi, op. cit., p. 33. Bassi riferisce che Mondolfo, pur interessandosi di pro­blemi sociali e politici, non intervenne a comizi né ricoprì cariche direttive. Nel gennaio ’23 fu a capo delle liste socialiste solo per dar loro risonanza nazionale.52 Cfr. Lettere di R. Mondolfo a P. Gobetti pubblicate in Centro Studi di Piero Gobetti, Quaderno 8-9, luglio-dicembre 1964, pp. 3-7.

Page 11: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

e filosofico51 che ne avrebbero di certo appesantito l ’impianto. I l timore di rappresaglie fasciste era fondato, infatti solo poche copie dell’opera si salva­rono dal rogo e dal macero e il saggio, la sintesi più completa del pensiero di Gobetti, dovette attendere la caduta del fascismo per diventare patrimonio dei democratici italiani.Poco noto, ma ugualmente interessante, è il rapporto fra Gobetti e il gruppo che operava a Bologna attorno alla rivista « L’arduo », che si era ritagliato un preciso spazio di -intervento culturale nel campo di una rivalutazione di quella ricerca scientifica che l ’idealismo aveva mortificato negandone la natura teo­retica senza tuttavia cadere sotto gli « arbitrii del positivismo » e rimanendo nell’alveo dell’idealismo. I l proposito della rivista « di mettere in luce valori spirituali, non con la curiosità ottusa dell’erudito, ma con la penetrazione calda dello storico »53 54 doveva certamente interessare Gobetti che usciva dalla stessa matrice culturale e mostrava interesse per le più varie esperienze intellettuali; egli infatti giudicava positivamente l ’esperienza dell’« Arduo » paragonandolo alle più importanti riviste culturali italiane che univano serietà tecnica e capacità formativa55. Scrivevano sulla rivista i più autorevoli intellettuali ita­liani e anche Gobetti collaborò con alcuni saggi di cui il più impegnato è cer­tamente quello sulla crisi rivoluzionaria dell’800 in Italia. In accordo con la richiesta della redazione perchè «con criteri severamente storici, si ricostruis­sero fra l ’altro i grandi avvenimenti degli ultimi decenni »56, Gobetti esprime qui, per la prima volta in forma organica, le sue idee sul fallimento del risorgi­mento per « incapacità del popolo di esprimere dal suo seno una classe di go­verno »57; da questo derivava l ’impotenza intrinseca al liberalismo italiano « che non si può accontentare di esprimere il risultato della dialettica delle forze po­litiche » e doveva imboccare la strada del paternalismo e del protezionismo fino a Giolitti. Se in questo caso l ’influenza di Missiroli è apertamente ricono­sciuta, sono diversi i presupposti storici (Alfieri e Ornato) e diverse sono le conclusioni che esprimono la fiducia in una affermazione rivoluzionaria popo­lare. Per definire l ’atteggiamento ideologico della rivista sono importanti le Postille firmate da Nicola di Lira. In esse si chiede un avvicinamento fra in­tellettuali e popolo e si dissente da coloro che temevano, dalla crisi del dopo­guerra, una minaccia alla sacralità della scienza la crisi — si dice — è un sintomo di vitalità e non di morte. « L’arduo » rappresenta un ulteriore le­game di Gobetti con gli intellettuali che, nel campo scientifico, andavano fa-

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 81

53 Fu tolto infatti i l saggio sull’Ornato poi pubblicato in Risorgimento senza eroi, e quello sul Cattaneo, pubblicato poi in Opera critica, parte I, Torino, 1927.54 B. Biancoli, O. Specchia, S. T impanaro, Propositi, in « L ’arduo », n. s., I, n. 1, 31 gennaio 1921, p. 2.55 Cfr. I l Critico [P. Gobetti] , Note, in « La rivoluzione liberale », I, n. 6, 26 marzo 1922, p. 24.36 B. B iancoli, O. Specchia, S. T impanaro, op. cit., p. 2.37 P. G obetti, ha nostra crisi rivoluzionaria dell’800, in « L ’arduo », I, n. 5, 31 maggio 1921, p. 178. Ora in Scritti storici, cit., p. 165.!* « Sorrido all’idea di incontrare per le vie della città un corteo di persone reggimentatesotto i l vessillo che porti scritto: Lega degli intellettuali »; N. d i L ira, Postille, in « L ’Ar­duo », I, n. 5, 31 maggio 1921, p. 196.

Page 12: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

82 Federico Boccaletti

cendo i conti con una società che la guerra aveva profondamente mutato e che cercavano, anche se con grande prudenza, di essere disponibili a partecipare a questo processo di trasformazione. L’interesse di Gobetti per la rivista era anche di natura editoriale, « L’arduo » sarebbe dovuto venire a far parte, sotto la direzione di Sebastiano Timpanaro, del gruppo delle riviste gobet- tiane a sostegno e integrazione di quel programma editoriale che Gobetti an­dava svolgendo 59.Per concludere questo quadro dei rapporti del direttore della « Rivoluzione liberale » con il mondo culturale e politico pre-fascista è indispensabile par­lare anche di Nino Massimo Fovel. Egli, su posizioni socialiste fino al 1921, si avvicinò poi a Zuccarini e collaborò a « La Critica Politica », periodico che operava, su posizioni indipendenti nell’area della sinistra repubblicana, dibat­teva i temi del decentramento amministrativo e politico come strumento di rin­novamento della struttura statale nella prospettiva di un modo nuovo di ope­rare in politica (trasformazioni dei partiti e delle deleghe politiche). I rapporti della « Critica politica » con Gobetti erano assai amichevoli e a lui, « una delle figure più espressive nella laboriosa crisi di orientamento della gioventù italia­na »60 si faceva riferimento per la costituzione dei « Gruppi della Critica Politi­ca » che, in una sorta di divisione del lavoro fra avanguardie intellettuali, avreb­bero dovuto rivolgersi prevalentemente ai centri provinciali lasciando a Gobetti e ai suoi rivoluzionari liberali l ’intervento nelle zone urbane e industriali. Sulla rivista neo-repubblicana Fovel proponeva una linea politica di collaborazione fra socialisti e popolari. Persuaso dell’impossibilità di una decisa affermazione dei partiti di sinistra in Italia, per Fovel l ’unica soluzione della crisi post-bellica era il riconoscimento da parte del proletariato che « alla piccola borghesia lavo­ratrice spetta, in questa impresa ricostruttiva una funzione direttrice »61 e che un socialismo realizzatore si disponesse a un incontro con i ceti medi sulla base di idee di « collettività nazionale » e di « gerarchia di capacità ». Lo svi­luppo del fascismo pose però serie ipoteche al progetto interclassista e Fovel, persa la speranza di condurre sulle sue posizioni il movimento socialista, do­vette cercare nei gruppi radical-democratici i suoi interlocutori politici; egli, che fino al 1924 aveva coltivato la speranza di far cadere il fascismo attra­verso l ’ipotetica formazione di un gruppo democratico che unificasse le forze contadine, impiegatizie e del capitalismo avanzato, si ritroverà concorde con l ’interpretazione liberale dell’Aventino, nella difesa di una democrazia legata a quei ceti borghesi che non scorgono contrasto fra la propria esistenza e l ’uso della libertà politica. In questa direzione Fovel svolse in Emilia anche una intensa attività organizzativa, sperando che dalla fusione della « Democrazia

s’ Da carte conservate nell’Archivio Gobetti risulta che fosse intenzione di Gobetti diven­tare editore della rivista bolognese e attuarne un rilancio facendola diventare una rivista scientifica di vasta diffusione sul tipo del francese « Mercure de France », sotto la direzione di S. Timpanaro. Per i programmi editoriali di Gobetti, cfr. P. G obetti, L ’editore ideale. Frammenti autobiografici, a cura di F. Antonicelli, Milano, 1966.60 Feuerbach [G. Pierangeli], I l programma dei gruppi di «.Rivoluzione liberale», in « La critica politica », IV , fase. 7, 25 luglio 1924.61 N. M. Fovel, Piccola borghesia e revisionismo sociale, in « La critica politica », I, fase. 13-14, 16 luglio-1 agosto 1921, p. 156.

Page 13: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

Sociale » di Bonomi e dei gruppi radicali si sviluppasse un’alternativa al regime, ma i risultati si rivelarono inconsistenti62. Solo la constatazione del fallimento della politica aventiniana lo costrinse a un’amara autocritica che lo porterà più vicino alle posizioni di Gobetti con cui aveva già collaborato con articoli sui temi delle potenzialità democratiche del mondo contadino, e sull’opposi­zione degli interessi del capitalismo avanzato al fascismo 63 *. Fovel avvertiva il sorgere di una nuova prassi politica M ma non riusciva a concepire se non come esigenza di rinnovamento interno ai partiti della « democrazia avanzata », quello che il torinese aveva sentito come disperata necessità di sviluppare tutte le forze liberatrici per una civiltà nuova.Sotto l ’incalzare dell’attivismo stimolante di Gobetti che ovunque cercava collegamenti politici e di pensiero, si confrontavano e si incontravano le avan­guardie che, all’interno delle forze politiche e nei grandi movimenti culturali, inventavano nuove forme di presenza e di impegno. Questi elementi isolati e relegati in funzioni marginali o decentrati geograficamente, non riuscirono certo a svolgere una funzione che potesse mutare l ’orientamento del movi­mento democratico, ormai irreparabilmente dissestato, ma abbozzarono invece le prime ipotesi di lavoro per le classi dirigenti dell’Italia repubblicana. Alcuni protagonisti di queste avanguardie operarono in Emilia, militando fra i so­cialisti o fra i cattolici.Guido Mazzali fu segretario fino al 1921 della Camera del Lavoro di Carpi, dove durante il « biennio rosso » il movimento operaio ottenne importanti vittorie sul terreno sindacale e la maggioranza assoluta nella amministrazione locale; egli fu in primo piano nella organizzazione delle lotte6S; costretto poi a lasciare la zona dopo ripetute violenze fasciste venne chiamato alla redazione dell’« Avanti! ». Fin dall’inizio, attraverso la mediazione dell’ambiente del­l ’antifascismo milanese, egli sviluppava sulla rivista torinese un contributo teorico molto interessante. Nei suoi articoli si delineava una lucida analisi del fascismo come momento in cui il capitalismo, a livello mondiale, in seguito ad una generale diminuzione del saggio dei profitti, si vedeva impegnato a operare una stretta che, dal piano economico (protezionismo, imperialismo)

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 83

62 A l Congresso di Bologna del Partito Democratico di Bonomi, Fovel sosteneva che « tale partito non deve fondersi con l ’Unione Nazionale ma costituire un gruppo separato con la denominazione di “ Democrazia Nazionale” »; nell’aprile del ’25 lo troviamo a far parte del Comitato Bolognese delle opposizioni in rappresentanza dei gruppi democratici: ACS, Min. Int. Direz. Gen. PS., Div. AA.GG.RR., 1925, cat. K7, b. 105, fase. « Partito Radicale», dispaccio del prefetto di Bologna, 31 gennaio 1925 e ACS, Min. Int. Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 925, cat. C2, b. 74b, fase. « Movimento antifascista ».63 Cfr. N. M. Fovel, Democrazie rurali e dittatura, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 34, 16 settembre 1924, p. 140. N. M. Fovel, Democrazia rurale, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 7, 15 dicembre 1925, p. 32. N. M. Fovel, Capitalismo e libertà, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 31, 16 ottobre 1923, p. 125.44 Parlando del « personale politico » liberal-democratico dice: « Essi così come gruppi, come ceti, come persone, hanno l ’esistenza politica ben minacciata, dacché, non un nuovo regime è sorto ma un’atmosfera nuova è nata, che essi non sanno più capire ». N. M. Fovel, Ringiovanirsi, in « La critica politica », IV , fase. 6-7, giugno-luglio 1925, p. 253.65 Cfr. M. Pacor, L. Casali, Lotte sociali e guerriglia in pianura. La Resistenza a Carpi, Soliera, Novi, Campogalliano, prefazione di Carlo Levi, Roma, 1972, pp. 35-41.

Page 14: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

84 Federico Boccaletti

passasse a quello economico-politico (dittatura contro i sindacati). Ad una postilla di Gobetti, secondo il quale Mazzali non giudicava il fascismo come « fenomeno italiano di immaturità storica ed economica, un riaffiorare del medioevo » l ’ex-sindacalista ribatteva che, al di là di espedienti coreogra­fici sulla falsa riga delle bande di ventura, il fascismo rimaneva una dittatura capitalistica e si dichiarava convinto che la « successione » al fascismo sarebbe stata frutto della lotta di classe e non di alleanze politiche ibride con le forze borghesi66 67 * *. Altrettanto significativo è un’articolo del 1925 in cui esprimeva la necessità di distinguere fra darwinismo e marxismo e riconoscere la giu­stezza dell’ironia crociana contro Enrico Ferri e gli apostoli del socialismo positivista per i quali « l ’attività spirituale emana dal cervello, come il fegato secerne la bile » Per Marx invece la realtà è realtà di coscienza, il Marx filosofo è insomma per Mazzali un idealista. Questo riconoscimento può essere l ’inizio di un processo di confronto e di osmosi, anche sul piano teorico, con l ’ipotesi liberal-socialista della rivista anche da parte di quelle forze socia­liste che non parevano molto disposte a concessioni per quanto riguarda l ’or­todossia ideologica. Le circostanze bloccarono evidentemente questa matu­razione, ma lo stimolo di Gobetti rimase comunque importante per tutti coloro che si ponevano il problema della funzione del PSI nella trasforma­zione della società italiana.Altrettanto interessante è il vivace e fecondo rapporto fra Francesco Luigi Fer­rari e Gobetti che non può essere pienamente compreso se non approfondendo l ’analisi dell’influenza di Gobetti sulla cultura politica cattolica. Questa attenzione per le potenzialità liberali insite nella stessa cultura cattolica, precede rin­contro con i giovani che facevano capo a riviste del dissenso cattolico come « Parte Guelfa ». Si avverte nell’arco della produzione gobettiana come dal tra­vaglio degli intellettuali di formazione cattolica egli vedesse scaturire quegli intransigenti sforzi ideologici e morali che, anche se vinti e frustrati, dove­vano essere il punto di riferimento per ogni scelta di liberazione civile in Italia. Ci sembra anzi che il concetto di riforma in Italia sia da interpretare come la tendenza del cattolicesimo progressista a svincolarsi da posizioni integraliste per diventare laico. Poiché la riforma non è per Gobetti il le­game con un protestantesimo d’esportazione, improponibile di fronte ai forti condizionamenti cattolici (condizionamenti di razza per Gobetti) della so­cietà italiana, ma è invece l ’esigenza di tutti coloro che credono in un « mito di cittadini capaci di sacrificarsi alla vita della nazione perchè capaci di go­vernarsi senza dittature e senza teocrazie » ‘9. In tal modo si comprende come l ’incontro di Gobetti con i cattolici democratici non sia occasionale. Oltre a « neo-guelfi » e a Sturzo, Gobetti avvicinava e giudicava anche i

66 P. Gobetti, Nota a G. Mazzali. Momenti del processo capitalistico, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 25, 17 luglio 1924, p. 99.67 Cfr. G. M azzali, Come combattere il fascismo, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 32, 2 settembre 1924, p. 131.“ G. M azzali, Marx e Darwin, in « La rivoluzione liberale», IV , n. 18, 3 maggio 1925, p. 74.w P. Gobetti, I l nostro protestantesimo, cit.

Page 15: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

giovani esponenti del Partito popolare che le risultanze del pur ambiguo con­vegno di Torino e, soprattutto, i due successivi anni di battaglie contro il fascismo avevano fatto emergere, come per esempio, Francesco Luigi Ferrari.La loro conoscenza risaliva al 1924 (come testimoniano alcune lettere conservate nell’archivio Gobetti), ma una manifestazione pubblica di tale stima veniva in occasione del congresso del PPI tenuto a Roma nel 1925, quando Gobetti presentava Ferrari come un « rivoluzionario liberale popolare ».La formazione di Ferrari seguì l ’iter classico di larga parte dei politici catto­lici: i Circoli culturali con venature moderniste, le leghe bianche, la FUCI. Dopo aver combattuto come ufficiale nella prima guerra mondiale aveva aderito nel 1919 al Partito popolare a Modena, ma pur restando fino al ’21 « poco più di un gregario » a livello nazionale70 era venuto a contatto, proprio nella sua città, con la realtà illuminante di un fascismo che perdeva sempre più il carattere di movimento di « rinascita nazionale » e sfaldava il mondo cattolico facendone emergere aspetti di reazione antidemocratica. Di fronte a questa involuzione era necessario il passaggio all’opposizione per l ’avvocato modenese che fin dal ’20 si batteva per il riconoscimento della funzione sociale della proprietà e nel ’21 cercava il collegamento con le forze che nel PPI chiedevano il rifiuto di ogni collaborazione con il fascismo 71.Fin da ora si può osservare una sua oggettiva coincidenza con le concezioni di Gobetti nell’esigenza di superare i limiti che il migliolinismo poneva alla sini­stra popolare impedendole di superare la condizione di « sinistra contadina », priva di una strategia globale. Se infatti Gobetti considerava l ’ideologia di Miglioli come troppo legata « alle inquietudini di talune situazioni agrarie del dopoguerra » '2 73, Ferrari cercava, da parte sua, di dare respiro nazionale, « stile politico »11 alla sinistra popolare. In questa prospettiva di arricchimento ideo­logico e culturale si sviluppava il dibattito sulle colonne del « Domani d’Ita­lia ». I l settimanale, diretto da Ferrari, nacque in coincidenza con la « marcia su Roma » per farsi portavoce delle forze antifasciste del movimento cattolico, dentro e fuori il PPI. Fra i collaboratori troviamo nel ’23 anche Riccardo Lombardi, che affrontava i temi dei rapporti sociali nelle democrazie indu­striali con argomenti e accenti propri del dibattito culturale de « La rivolu­zione Liberale » 74. La rivista si proponeva di trovare una base ideologica per

L’influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 85

70 Queste notizie sono tratte da uno studio inedito su Ferrari e il PPI a Modena di R. L a v in i, La lotta dei cattolici in provincia di Modena, concessoci gentilmente per la con­sultazione dall’autore stesso, e da M. G. Rossi, Francesco Ferrari dalle Leghe bianche al PPI, Roma, 1965.71 R. L a v in i, op. cit., pp. 102-103; M. G. Rossi, op. cit., p. 378.72 P. Gobetti, La nostra cultura politica, cit., p. 466.73 R. L a v in i, op. cit., p. 165; cfr. anche L. P ierantozzi, Miglioli e i l Partito Popolare, in AjA. VV., Leghe bianche e leghe rosse. L ’esperienza unitaria di Guido Miglioli. A tti del convegno tenuto a Cremona il 17-10-1971, Roma, 1972, pp. 11-27.74 Lombardi, parlando dello sviluppo produttivo legato a una lotta sociale, riferendosi a « padronato e classi lavoratrici » scriveva: « È tutto un mondo che faticosamente si divincola dal passato e morde l ’avvenire per incidervi la sua vita e la sua storia ». R. L ombardi, Le conquiste sociali e la produzione, in « I l domani d’Italia », I I , n. 4, 28 gennaio 1923. Cfr. anche E. T ortoreto, La politica di Riccardo Lombardi dal 1944 al 1949, Genova, 1972, p. 8.

Page 16: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

86 Federico Boccaletti

l ’opposizione al fascismo; in questo processo di ricerca delle proprie matrici storiche, non in funzione di esigenze meramente culturali, ma di un intransi­gente antifascismo, ritroviamo gli stessi imperativi, le stesse ansie del liberale torinese. Nelle note e negli articoli del « Domani d’Italia » che saranno poi raccolti e completati nel saggio Le regime fasciste italien, pubblicato a Parigi nel 1928, Ferrari tracciava un processo al risorgimento per molti versi simile a quello contemporaneamente sviluppato da Gobetti. Vi si trovava la stessa critica alla burocrazia, al servilismo della « borghesia stracciona », al giolitti- smo che aveva dato al fascismo le strutture statali antidemocratiche. Certa­mente era costante il richiamo alle tradizioni dei « cattolici intransigenti » e ad alcuni elementi del sociologismo di Toniolo che non potevano trovare il con­senso di Gobetti; l ’antiliberalismo dei cattolici intransigenti era rivolto però, come dice il Rossi, « alle insufficienze democratiche della società liberale »75. Al di là. delle teorie è però nelle scelte quotidiane per definire la linea dell’op­posizione che si avverte sul « Domani d’Italia » l ’attenzione per le posizioni dello scrittore politico torinese. I l giudizio su Amendola, che prende le mos­se dalla recensione di Una battaglia liberale, edita dallo stesso Gobetti, esami­nava certi limiti della personalità (attendismo e incertezza) che già Gobetti aveva individuato nel dirigente salernitano76 77. Questa critica sembrava prelu­dere all’atteggiamento che la sinistra popolare avrebbe tenuto all’inizio del- l ’Aventino quando Ferrari stesso, in un editoriale, affermava che il cartello delle opposizioni « è un simbolo di fede e di riscossa nazionale » e che mentre ci si impegnava in una battaglia senza risparmio si sarebbe cercato di superare il distacco dell’Aventino dalle masse ricordando che l ’« opposizione divenne un fatto prima nel paese, poi nei partiti indi alla Camera » 11. Se poi si rimproverava a Gobetti un giudizio troppo critico sulla politica delle oppo­sizioni in un delicato momento di trattative fra i gruppi aventiniani78 : il contrasto nasceva da una diversa valutazione delle motivazioni politiche e da una diversa prospettiva storica ed etica. Infatti superando queste schermaglie, che nascono dal riconoscimento di un diverso compito da assolvere, il periodi­co bolognese riconosceva « il temperamento critico e analitico di Gobetti » e la sua passione intransingente79. Alcuni mesi dopo che era stata bruscamente spenta l ’esperienza del « Domani », Ferrari scriveva, proprio su « La rivolu­

75 Cfr. M. G. Rossi, op. cit., p. 443.76 «Conviene — dice “ I l domani d’Italia” — nel turbine prospettarsi una meta» indi­care una via « e quel che più importa cominciare a batterla ». Figure - Amendola, in « I l domani d’Italia », I I I , n. 7, 6 aprile 1924. Mentre Gobetti aveva infatti parlato di « opposi­zione tecnica » di Amendola, « I l domani d’Italia» chiede al dirigente democratico di «avan­zare oltre il riconoscimento del diritto di rimettere i l popolo italiano arbitro dei propri destini », ibid.77 Em m e , L ’opposizione e il paese, in « I l domani d’Italia », I I I , n. 13, 9 luglio 1924.78 Gobetti aveva criticato in un articolo (La situazione, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 28, 8 luglio 1924, p. 109, non firmato ma di Gobetti) la mancanza di iniziativa delle opposizioni; i l giorno seguente si risponde sul «Domani d’Ita lia» (Em m e , op. cit.) che non si può, al momento, « sprofondare l ’indagine, arrischiare pronostici » ma si deve invece negare al fascismo ogni possibilità di ripresa e, si intende, anche con alleanze non ineccepibili dal punto di vista dell’etica politica.79 Da Amadeo Bordiga a Piero Gobetti, in « I l domani d’Italia », I I I , n. 83, 10 feb­braio 1924.

Page 17: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

zione liberale », un importante articolo sulla Bassa Modenese. Interventi di ana­lisi della realtà emiliana non erano mancati neppure sul periodico cattolico, ma questo articolo, in cui si delinea una storia del fascismo nella zona di Finale Emilia, Suzzara e Gonzaga, ci pare il contributo più completo. Se il fascismo sorse, come dice Ferrari, « finanziato dai latifondisti » esso fu messo in opera soprattutto dalla piccola borghesia dei paesi padani per riconquistare quei privilegi che la crisi del dopoguerra aveva loro tolto “ . Il dominio fascista era però giudicato instabile sia per la rinnovata pressione sindacale dei brac­cianti, sia per le tradizioni democratiche della piccola borghesia. Si può co­gliere bene il peso di un rapporto fra Gobetti e Ferrari che andava al di là di scambievoli riconoscimenti fra giornalisti se consideriamo che, proprio mentre Gobetti chiedeva un programma di governo comune fra popolari, uni­tari e amendoliani80 81 * « l ’avv. Ferrari, irriducibile estremista -—- secondo un rap­porto prefettizio sul VI Congresso del PPI a Modena -—• chiedeva di non re­spingere un eventuale accordo con i socialisti unitari e con i democratici, nel­l ’intento di abbattere il fascismo e il governo »!2. Solo conoscendo questa con­cordanza di strategie, che erano forse disperate e tardive, ma non semplice ri­cerca di una soluzione di ricambio al fascismo attraverso schemi parlamentari, come sembra invece al Colapietra83, possiamo comprendere il giudizio di Go­betti secondo cui solo Ferrari aveva capito, al Congresso di Roma, che « le democrazie cristiane devono essere accanto alle democrazie socialiste » 84 85. Con il Congresso di Roma si concludeva però la vicenda popolare e, sullo sfalda­mento del partito cattolico, si andavano organizzando, anche con l ’appoggio dell’apparato statale, formazioni cattoliche parafasciste Ferrari perseguitato e percosso partì per l ’esilio nel novembre del 1926. A Bruxelles, nel 1931, riu­scì a realizzare quello che la morte aveva impedito a Gobetti, una specie di « Rivoluzione liberale » europea. La rivista « Res Publica » raccolse infatti, nei suoi tre anni di vita, le migliori firme della cultura democratica italiana ed europea: Sforza, Salvemini, Sturzo, Prélot, Steed ecc.Attraverso la produzione di Armando Cavalli sulle colonne de « La rivolu­zione liberale », possiamo comprendere quale strumento di formazione e

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 87

80 Cfr. F. L. Ferrari, La « Bassa » modenese, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 40, 28 ottobre 1924, p. 163.81 Cfr. P. Gobetti, La successione, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 28, 8 luglio1924, p. 109.“ ACS Min. Int. Direz. Gen. PS, Div. Afï. Gen. Ris., 1924, cat. K2, b. 108, fase. « Par­tito Popolare Italiano », lettera del 15 dicembre 1924.83 Cfr. R. Colapietra, Piero Gobetti polemista politico, in « I l mulino », V, n. 61, no­vembre 1956, p. 792.84 P. Gobetti, I l congresso popolare, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 27, 5 luglio1925, p. 110.85 Cfr. ACS Min. Int. Direz. Gen. PS, Div. Afï. Gen. Ris., 1925, cat. K2, b. 108, fase. « Partito Popolare Italiano », lettera del 22 dicembre 1925. Dopo aver annunciato che il 20 novembre si è costituito a Modena il « Centro Nazionale Cattolico », i l Prefetto aggiunge che: « I l movimento si estenderà sicuramente ad altri centri della provincia e, all’uopo, mi sto adoperando [...] perché si costituiscano al più presto gruppi del Centro anche nella zona montana del Frignano dove si rende particolarmente necessario [...] compiere opera di attirazione verso il fascismo di molti elementi già aderenti al PP e che si tengono attual­mente in disparte ».

Page 18: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

88 Federico Boccaletti

quale spazio di intervento rappresentasse la rivista torinese per gli intellettuali di provincia, per i giovani che non avevano contatti con i cenacoli culturali ufficiali, con gli organismi centrali dei partiti, con le redazioni dei giornali. Come per molti collaboratori della regioni del sud, sulle cui caratteristiche sarebbe interessante una ricerca analitica, così in Emilia, Cavalli era uno dei giovani lettori della rivista, che si decidevano a prendere contatto diretto con Gobetti. Le collaborazioni di Cavalli nascevano da stimoli di carattere locale e questo ci permette di dare una interpretazione sul modo in cui il messaggio di Gobetti potesse venir filtrato attraverso gli elementi culturali e politici pro­pri della situazione emiliana. Cavalli, giovane di formazione cattolica, auto­didatta, vicino alle posizioni del Partito popolare, volse la sua ricerca verso un’analisi sulla natura del fascismo. Il giudizio sulla funzione storica del gio- littismo è in Cavalli sostanzialmente concorde con quello di Gobetti “ . In Romagna, però, secondo Cavalli, il paternalismo aveva una sua origine storica nella pratica pontificia di un governo retto dal Cardinale Legato attraverso benigne elargizioni; quella romagnola era una situazione di sostanziale immo­bilismo politico in cui, mentre gli organismi di classe erano usurati e deboli, i repubblicani, espressione della piccola borghesia patriottica, facevano « argine alla lotta di classe »87. In questa situazione il fascismo non si connotava per Cavalli direttamente come fenomeno di reazione di classe, ma come uno svi­luppo malato di combattentismo, una caccia ai posti di potere; per questo egli sperava che dallo scoppiare di contraddizioni interne al fascismo potesse svi­lupparsi una vera lotta di classe88. Negli scritti presi in esame è presente un senso di goliardico scetticismo che mal nasconde una globale crisi di fiducia. Anche i concetti più direttamente mediati da Gobetti, (mali del giolittismo, ef­fetti della crisi post-bellica) perdono lucidità e acquistano il sapore di slogans mandati a memoria. Senza contatti con le avanguardie operaie, Cavalli formula proposte prive di concretezza e di originalità: chiedeva ad esempio l ’applica­zione di principi economici sorelianiB nella lotta di classe proprio mentre Gobetti aveva già compreso la necessità di una lotta operaia che non trascurasse la dimensione della politica91. In questo modo il romagnolo, e come lui tanti giovani in tutta Italia, tagliati fuori dalle esperienze politiche più significative e dalla dinamica socio-culturale delle città industriali, erano condannati alla condizione di « intellettuali da caffè », a non capire la natura di classe del fa­scismo e a ripetere, rimasticando Gobetti e Prezzolini, di sperare nella forma­zione di una nuova classe dirigente « ferocemente antiretorica ». In tal modo l ’obiettivo di lotta che Gobetti aveva indicato a tutta una generazione di ceto medio intellettualizzato, veniva diluita nelle componenti libresche, che indub-

“ Cfr. A. Ca valli, Lettere dalla Romagna. Vigilia elettorale, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 11, 13 marzo 1924, p. 42.87 A. Cavalli, Lettere dalla Romagna. Repubblicani e fascisti, in « La rivoluzione libe­rale », I I I , n. 30, 22 luglio 1924, p. 124.88 « I piccoli e i grandi ras devono assai spesso abbandonarsi a richieste che i loro amici agrari dicono chiaramente di non poter sopportare ». A. Cavalli, Vigilia elettorale, cit.89 Cfr. A. Ca v a lli, Repubblicani e fascisti, cit.50 Cfr. P. Gobetti, Sindacalismo e statali, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 18, 29 aprile 1924, p. 72.

Page 19: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

blamente essa conteneva, si traduceva, sul piano locale, al massimo in atten­zione per la politica di decentramento di Sturzo e Zuccarini che, facendo leva sul campanilismo, accendesse la miccia in un mutamento istituzionale9I. A volte il localismo dell’ottica di Cavalli portava a valutazioni affrettate e ambi­gue, come quando, recensendo un libro di Dal Pane, allora militante comuni­sta, egli accumunava fascismo e comuniSmo come « reazioni al nostro dovere di esse liberi [...] buone per la nostra vigliaccheria »92.Affermazioni come questa sono il sintomo reale della difficoltà per un intellet­tuale cattolico di inserirsi, con una funzione positiva, nella dialettica sociale emiliana, in cui lo scontro di classe frontale non trovava da una parte una intelligencija ufficiale disposta, come abbiamo visto, ad una qualsiasi mediazione, politica che non fosse la più o meno tacita adesione al fascismo, e dall’altra parte, un movimento operaio e in questo caso il PCd’I, che per il pesante condizionamento bordighiano, non rappresentava la forza che Gobetti aveva intravisto nell’« Ordine Nuovo » e non era comunque disposto a discutere le tesi di Cavalli astruse e troppo spesso esposte con una « saccenteria irritante ». Cavalli ha però, nell’evidente accavallarsi degli stimoli ideologici che lo carat­terizzano un punto fermo: la certezza cioè della positiva funzione svolta dal Partito popolare nella storia italiana. Le sue convinzioni non nascono, come per Ferrari, da una costante milizia politica, sostenuta da un’analisi storica della funzione svolta dalle masse cattoliche nella dinamica della società italiana, ma dalla convinzione che il PPI avesse attuato l ’esigenza di una riforma religiosa presente in Italia 9\ Si era sviluppato per Cavalli nel partito di Don Sturzo lo spirito della Democrazia Cristiana di Murri, lo spirito cioè di un modernismo eminentemente etico che spingesse il cattolico verso un suo autonomo partito fuori da ambigue alleanze con le forze Conservatrici dei blocchi clerico-mode- rati. Se Gobetti aveva dovuto talvolta prender le distanze da alcune afferma­zioni intemperanti del suo collaboratore9< non doveva però molto discostarsi dalla interpretazione della riforma in Italia come fatto politico che prevale sul fatto religioso9ì. In particolare il contributo più interessante offerto da Cavalli al processo di revisione del giudizio sui popolari che, dal 1923, si andava svol­gendo sulla rivista torinese sono gli articoli su Giuseppe Donati direttore de « I l Popolo » di cui viene lucidamente tratteggiata la formazione storico-poli­tica, prima sotto la guida di Mons. Lanzoni, poi di Salvemini9S. Sulla scorta de-

L’influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 89

51 Cfr. A. Ca v a lli, Vigilia elettorale, cit.92 A. Cavalli, I comunisti e lo stato, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 45, 2 dicem­bre 1924, p. 184.93 Cfr. A. Ca v a lli, La riforma in Italia, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 39 [ma n. 38], 4 dicembre 1923, p. 154.94 Come nel caso di un articolo su Nenni (A. Cavalli, Figure della politica italiana. P. Nenni, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 31, 29 luglio 1924, p. 127) in cui la politica del dirigente socialista era giudicata « l ’esasperazione della sua sentimentalità di popolano », frase che aveva costretto Gobetti a una decisa scissione di responsabilità sui pareri espressi.95 Cfr. P. G obetti, Nota e A. Ca v a lli, La riforma in Italia, cit.96 Cfr. A. Cavalli, Figure della politica italiana. Donati, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 30, 22 luglio 1924, p. 123; A. Ca v a lli, I l maestro di Donati, in «La rivoluzione liberale », IV , n. 7, 15 febbraio 1925, p. 31.

Page 20: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

90 Federico Boccaletti

gli spunti biografici forniti da Cavalli e quindi dal riconoscimento di una comune matrice salveminiana e di un impegno religioso e realistico al tempo stesso, il liberale torinese potrà riconoscere nel Donati il direttore di un gior­nale che « ha abituato le reclute dell’Azione Cattolica ad un’atmosfera di de­mocrazia moderna »97 98 99.In conclusione, con le sue letture certamente ampie ma non profonde, con le sue dichiarazioni contraddittorie, con i suoi atteggiamenti spregiudicati cui fanno riscontro professioni di lealismo verso la Chiesa, con il suo antifascismo che si manifesta forse come ribellione al conformismo generale, ma che ha alla sua base la condizione di malessere e di sradicamento di un’intera generazione, Ca­valli rappresenta bene un modo di cogliere, anche se in forma parziale e distor­ta il messaggio di Gobetti. In quella che, con un certo sforzo, si potrebbe chiamare l ’ideologia di Cavalli, la « Rivoluzione liberale » contribuì a far fermentare stimoli contrastanti che lo svolgersi convulso dei fatti e la dramma­tica conclusione dell’attività della rivista non permise di sistemare e di volgere ad azione Costruttiva.Nell’ambiente culturale e studentesco di Parma erano vivi i contatti con Go­betti: l ’atmosfera incandescente della città ed i violenti stimoli alla scelta politica che ne derivavano portavano più facilmente i rampolli della borghesia agraria e urbana non ancora inghiottita dal fascismo ad ascoltare un messaggio che li metteva a confronto con la dinamica politica di un ambiente di maggior sviluppo capitalistico. I più vicini alla rivista torinese erano a Parma: Enea Grossi, simpatizzante del popolare on. Micheli, Vittorio Enzo Alfieri e Pilo Albertelli, futuro dirigente di Giustizia e Libertà, martire delle Fosse Ardeatine. Un ruolo importante svolgeva anche Aristide Foa che svilupperà sulla rivista un’informata analisi dei dati della situazione agricola della provincia e un’ap­passionata difesa della mezzadria: ad essa si doveva, secondo l ’autore, ogni possibile sviluppo degli investimenti ed il progresso tecnico. Ad ascoltare Foa la mezzadria sarebbe stata, se non il toccasana almeno un valido rimedio oltre che ai problemi dell’agricoltura anche a quelli generati dallo sviluppo del « bol­scevismo ». Non si può dire che la sua fosse una voce isolata nella rivista; nel complesso, anzi sembra che la linea di politica agraria sviluppata dalla rivista sia quella classica del liberalismo conservatore, volta cioè ad una strenua difesa della conduzione mezzadrile 5‘. Si incontrano raramente infatti posizioni come quella del Cavalli che individuava nella mezzadria il baluardo della conserva­zione sociale e vedeva invece nell’associazionismo e nella cooperazione, sulla scorta delle battaglie fatte proprio nei faentino dalle leghe bianche, la via per l ’industrialismo moderno e per l ’affermazione del principio liberistico Se si afferma infatti, come fa Gobetti, che i « contadini sono condannati dalla storia

97 P. Gobetti, I l congresso popolare, cit.98 Cfr. A. Di Stasio, Difesa della mezzadria, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 23, 24 luglio 1923, p. 94 e B. Braschi, Per una difesa della mezzadria, in « La rivoluzione liberale », I I , n. 25, 4 settembre 1923, p. 103. A. Foa, Lettere, Notizie sull’agricoltura a Parma, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 39, 1 novembre 1925, p. 158.99 Cfr. A. Ca v a lli, Le cooperative ravennati, in « La rivoluzione liberale », I I I , n. 42, 11 novembre 1924, p. 170.

Page 21: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

ad una funzione conservatrice » 100 tanto vale accettare la mezzadria come la forma più completa per lo svolgimento di questa funzione. Se in questo sostan­ziale disinteresse e incomprensione, che è un grosso limite non solo di Gobetti, ma di tutto un settore della cultura progressista, era possibile lo spazio e l ’in­contro con chi non riusciva a superare gli schemi moderati di soluzione pater­nalistica del problema agrario. I l Foa però, oltre ad interessarsi di problemi agrari, non rinunciava aH’impegn'o politico in una chiara direzione antifascista, militando nell’Unione Goliardica per la Libertà 101. Questo movimento si estese in brevissmo tempo (dalla fine dell’estate del 1924 ai primi mesi del 1925) in quasi tutte le Università italiane 102 e non valsero a spegnerlo i ripetuti ordini di soppressione 103 *. Gli aderenti all’Unione facevano capo a tutti i partiti aven­tiniani a Firenze, ad esempio, alla testa del gruppo erano Ernesto e Paolo Rossi del cenacolo salveminiano; l ’attività politica svolta dal gruppo si incen­trava sulla diffusione clandestina di volantini e manifesti105. Gli episodi più clamorosi si verificarono a Bologna dove si tentava di coalizzare gli studenti in una protesta contro la riforma Gentile dell’Università, a Milano con un lancio di manifestini alla Scala cui partecipò anche Rodolfo Morandi e con una di­stribuzione del giornale socialista « La Libertà » nel cortile del Politecnico 106. Le motivazioni ideologiche del gruppo non sorto facili da definire: come sostie­ne Agosti esse hanno origine dalla reazione alla crisi aperta con il delitto Mat­teotti e con l ’avvertita necessità di un impegno personale. La filiazione diretta della Unione da Italia Libera non mi pare però così sicura come sembra dalle relazioni prefettizie. In comune con la formazione di Rossetti ci sono gli ideali dell’interventismo democratico, il richiamo alle tradizioni risorgimentali e ai martiri dell’irridentismo, si può perciò convenire con Agosti quando indica il prevalere di un antifascismo generico e basato sull’attivismo e sulla ripulsa morale. Ci pare però che all’interno di questo eclettismo ideologico, sia premi-

L'influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 91

100 P. Gobetti, La rivoluzione liberale, cit., p. 944.101 Cfr. ACS Min. Int. Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1924, cat. G l, b. 82b, fase.« Unione goliardica per la libertà », lettera del prefetto di Padova del 18 novembre 1924. m Dai dispacci di prefettura conservati nell’Archivio centrale dello stato risulta che l ’Unione goliardica è presente e attiva nelle università o scuole superiori delle seguenti città: Aquila, Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Novara, Padova, Pavia, Palermo, Pisa, Treviso, Verona, Venezia, Vicenza, Roma.103 Ordini di soppressione si susseguirono fra il febbraio e i l marzo 1925 ma l ’associazione rinasceva con nomi diversi. Cfr. Lettera del prefetto di Roma del 6 aprile 1925. ACS, Min. Int., Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1925, cat. G l, b. 82b, fase. « Unione goliardica per la libertà ».m A Milano, ad esempio, i l gruppo si riuniva presso la sede del PSU. Cfr. dispaccio del prefetto di Milano del 6 febbraio 1925, ibid. A Torino il gruppo faceva capo al circolo repubblicano Nazario Sauro. Cfr. dispaccio del prefetto di Torino del 18 giugno 1924. ACS Min. Int., Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1924, cat. K4, fase. « Partito Repub­blicano ».105 Così infatti avvenne a Bari, Napoli, Novara, Palermo, Pisa.106 Per queste azioni cfr. lettera del prefetto di Bologna del 5 febbraio 1925. ACS Min. Int., Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1924, cat. G l, b. 82b, fase. « Unione goliardica per la libertà »; A. A gosti, Rodolfo Morandi, i l pensiero e l ’azione politica, Bari, 1971, p. 52; dispaccio del prefetto di Milano del 6 febbraio 1925, ACS Min. Int., Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1925, cat. G l, b. 82b, fase. « Unione goliardica per la libertà ».

Page 22: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

92 Federico Boccaletti

nente l ’attenta meditazione del messaggio gobettiano. In un volantino del­l ’Unione sequestrato a Firenze si propugnava un ideale liberale inteso in senso libertario con un impegno di studio e di ricerca come strumento di azione politica analogo a quello di Gobetti. La necessità di un tormentoso travaglio e di minuziose analisi teoriche, l ’esigenza che i valori umani uscissero « dalle possibilità della lotta delle varie idee e delle varie forze politiche in contra­sto » 107, sono tutti motivi sviluppati da Gobetti. A nostro parere l ’Unione fu l ’organismo in cui, a livello di massa, il messaggio di Gobetti, insieme a quello di Zuccarini, fu il più ascoltato. Molto più che nei ristretti gruppi collegati a « La rivoluzione liberale » o alla « Critica politica » le esigenze di trasforma­zione sociale e culturale delle avanguardie potevano trovare ascolto fra i « li­beri goliardi » che, pur fra scorie retoriche e romanticheggianti, avevano com­preso la necessità di una guerra aperta al fascismo in nome di un patrimonio culturale ed etico che la riforma Gentile dell’Università stava travolgendo 108.L ’esigenza di trarre esplicitamente delle conclusioni dal lavoro svolto nasce soprattutto dalla coscienza della frammentarietà intrinseca allo studio stesso. In esso era necessario temperare le esigenze di dinamicità spazio-temporale pro­prie di un dibattito culturale e politico che investiva un’intera classe intellet­tuale con i richiami ai problemi di una realtà regionale che, come si è visto, non trovava comunque vasta eco negli scritti dei collaboratori emiliani della rivista gobettiana. Pensavamo di trovarci di fronte a una realtà ben diversa, non solo per l ’ampiezza quantitativa del fenomeno. La scarsa consistenza nume­rica e la mancanza di incidenza politica dei « Gruppi di Rivoluzione liberale » è stata riconosciuta da autorevoli commentatori109: essi esistettero solo sulla carta a Bologna e a Faenza come nel resto d’Italia. Ben più ampia era invece la diffusione e l ’influenza de « La rivoluzione liberale » letta e commentata a Modena da un gruppo di giovani universitari democratici, seguita a Reggio da un gruppo antifascista formato da comunisti e da socialisti. La collocazione ideale e politica degli intellettuali emiliani che intervengono sulla rivista si poneva spesso in contrasto con le battaglie che da Torino conduceva Gobetti. Si tratta per Io più di personaggi legati alle matrici ideologiche e filosofiche dell’Italia prebellica e giolittiana. Sono conservatori illuminati, come Vinci­guerra, liberaldemocratici come Emery, « laburisti » come Fovel. Sono per­sonaggi del mondo della cultura il cui credito era stato più o meno scosso dal­

107 Da un volantino sequestrato a Firenze nel maggio 1924. Si tratta del manifesto-pro­gramma dell’« Unione » che Paolo Rossi aveva tentato di affiggere nei locali dell’Istituto di scienze sociali. Cfr. lettera del prefetto di Firenze del 6 giugno 1924, ibid.m Posizione che anche Gobetti condivideva. Cfr. P. G o b e t t i , La rivoluzione liberale, cit., p. 1059. Ulteriore prova del rapporto che legava l ’« Unione » e il movimento suscitato da Gobetti è il fatto che, la prima volta in cui in un documento di polizia viene citata l ’« Unio­ne goliardica per la libertà » fu a proposito della costituzione, a Genova, del « Gruppo di Rivoluzione liberale ». Questo fa pensare che la denominazione fosse stata coniata per il proprio gruppo, proprio in quell’occasione, dai gobettiani. Cfr. lettera del prefetto di Genova del 21 dicembre 1924. ACS Min. Int., Direz. Gen. PS, Div. Aff. Gen. Ris., 1924, cat. G l, b. 84, fase. « Gruppi di Rivoluzione liberale ».109 Cfr. L. Basso, Nota introduttiva a Le Riviste di Piero Gobetti, a cura di Lelio Basso e Luigi Anderlini, Milano, 1961, pp. LXXII-LXXIII.

Page 23: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

l ’impatto con il fascismo, come Mondolfo e, in modo molto più grave, Missi- roli. Anche fra i socialisti, a parte la figura stimolante e moderna del Mazzali, si avverte diffuso il senso di una sconfitta ormai irrimediabilmente consumata. Fra questi possiamo ricordare Biagio Riguzzi e Romildo Porcari, dirigenti coo­perativi di Parma, autori di un ampio saggio sulla cooperazione in Italia pub­blicato da Gobettiuo. L’opera è importante perché per la prima volta, in forma organica, sono trattati i problemi del movimento cooperativo nei suoi aspetti economici, giuridici, organizzativi e politici ma in essa non vengono indicate le nuove esigenze di organizzazione della produzione avanzate dalla esperienza consiliare dell’occupazione delle fabbriche. Quest’ultima è anzi giudicata come un pericoloso esempio di pan-sindacalismo cui essi rispondono traducendo le teorizzazioni di Mondolfo sulla maturità delle forze produttive necessarie alla transizione al socialismo in preoccupate perorazioni sulla « fretta di arrivare », cioè sulla mancanza di una solida base economica e tecnica degli improvvisati cooperatori post-bellici, e su una generale tendenza demagogica nella legisla­zione cooperativa. Anche Aldo Parini, ex consigliere provinciale di Rovigo e amico personale di Matteotti, che aveva tratteggiato sulla rivista gli indimenti­cabili tratti di un Matteotti intimo e quotidianoU1, è un avvilito reduce del crollo della costruzione potente delle organizzazioni economiche dei lavoratori del periodo giolittiano. Per costoro «La rivoluzione liberale» e le Edizioni Gobetti sono spesso il luogo di una distaccata analisi storica oppure il banco di prova di teorie sociali e politiche d’importazione e astratte. Essi rappresen­tano il meglio dell’impegno politico e culturale della vecchia classe dirigente borghese e riformista; sono il retroterra di quelle esperienze ideologiche che Gobetti voleva portare ad un incontro col movimento operaio perché, a con­tatto con esso, si depurasse dalle scorie del collaborazionismo e del moderati­smo. Sotto questo punto di vista, però, l ’operazione poteva considerarsi fallita poiché essi, per lo più, non erano riusciti ad avvertire la cesura netta segnata per l ’Europa dall’esperienza della guerra. Emergono invece, sotto l ’influenza del­l ’instancabile opera organizzativa di Gobetti, forze nuove e insospettate che Gobetti sa cogliere in tutto il loro valore e stimola ad una collaborazione e a un impegno. Si tratta del gruppo che si raccoglieva intorno all’« Arduo », che conduce senza dubbio una critica seria e originale, anche se limitata al campo scientifico e culturale; sono i cattolici, gli intellettuali non direttamente impe­gnati in politica, come Cavalli, che pur con tutte le indecisioni e le ambiguità che abbiamo sottolineato è collettore ed espressione di esigenze sociali, prima che culturali ben individuabili. Sono gli esponenti politici del popolarismo pro­gressista che scriveranno, con il « Domani d’Italia », una pagina degna di stare a fianco dell’esperienza de « La rivoluzione liberale ». C’è infine il movimento di massa degli universitari antifascisti che diventa, come abbiamo visto, la cassa di risonanza di alcune istanze politiche e culturali del liberale torinese.

L’influenza di Pietro Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi del fascismo 93

110 B. R iguzzi, R. Porcari, La cooperazione operaia, Torino, 1925.111 Cfr. A. Par in i, La giovinezza di Matteotti, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 24, 16 giugno 1925, p. 98, e A. Par in i, Matteotti amministratore, in « La rivoluzione liberale », IV , n. 25, 21 giugno 1925, p. 102.

Page 24: L’influenza di Piero Gobetti in Emilia-Romagna agli inizi

94 Federico Boccaletti

Un’eredità, quella di Gobetti, feconda e ampiamente articolata che si incontra in Emilia con alcune caratteristiche politiche, come l ’equivalenza fra liberali­smo e reazione agraria, l ’isolamento degli intellettuali borghesi, le realizzazioni delle organizzazioni economiche proletarie. A causa di questa realtà, lontana da quella torinese, Gobetti trova a fianco degli abituali collaboratori, interlocutori diversi che sono espressione, anche se in forma incerta e limitata di quella feconda eresia politica che, per l ’autore di Risorgimento senza eroi è necessa­rio preludio di ogni trasformazione democratica e rivoluzionaria.

Federico Bo ccaletti