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1 Lingua tedesca III a.a. 2007-2008 Prof. Elena Di Venosa TENDENZE DEL TEDESCO CONTEMPORANEO ******************************************************************************** Indicazioni per l’esame: Il corso intende approfondire alcuni aspetti lessicali e grammaticali del tedesco contemporaneo alla luce dei dati raccolti da Bastian Sick in Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod, Folge I (KiWi 2004) e Folge II (KiWi 2005). Gli articoli da studiare sono i seguenti: Folge I Folge II Ein paar Worte vorweg, p. 9 Liebe Leserinnen und Leser, p. 13 Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod, p. 15 Wir gedenken dem Genitiv, p. 19 Krieg der Geschlechter, p. 19 Dem Wahn Sinn eine Lücke, p. 32 Die reinste Puromanie, p. 23 Einmal kurz schneiden …, p. 56 Stop making sense!, p. 47 Warum ist der Rhein männlich…, p. 87 Das Elend mit dem Binde-Strich, p. 71 Die Place, die Gare, die Tour?, p. 187 Leichensäcke aus dem Supermarkt, p. 80 Weltsprache Deutsch, p. 226 Deutsch als Amtssprache der USA, p. 131 Trügerischer Anschein des Scheinbaren, p. 139 Er designs, sie hat recycled…, p. 145 Sind rosane T-Shirts…, p. 164 Liebe Gläubiginnen und Gläubige, p. 168 Prima di presentarsi all’esame verificare di aver tutto il materiale richiesto dal programma : - gli appunti del modulo monografico (ovvero questa dispensa); - i due libri di Bastian Sick; - i capp. 8, 14 e 15 del libro di Willy Sanders Gutes Deutsch - besseres Deutsch. Praktische Stillehre der deutschen Gegenwartssprache, Darmstadt 1996 3 (a disposizione a Germanistica). All’esame sarà verificata: - la lettura e la traduzione dei capitoli letti a lezione; - la conoscenza dei contenuti della dispensa; - lo studio di tutte le schede a sfondo grigio contenute nei libri di B. Sick, anche quelle dei capitoli non letti; - la conoscenza dei capitoli di Gutes Deutsch – besseres Deutsch. ********************************************************************************

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Lingua tedesca III

a.a. 2007-2008

Prof. Elena Di Venosa

TENDENZE DEL TEDESCO CONTEMPORANEO

******************************************************************************** Indicazioni per l’esame: Il corso intende approfondire alcuni aspetti lessicali e grammaticali del tedesco contemporaneo alla luce dei dati raccolti da Bastian Sick in Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod, Folge I (KiWi 2004) e Folge II (KiWi 2005). Gli articoli da studiare sono i seguenti: Folge I Folge II Ein paar Worte vorweg, p. 9 Liebe Leserinnen und Leser, p. 13 Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod, p. 15 Wir gedenken dem Genitiv, p. 19 Krieg der Geschlechter, p. 19 Dem Wahn Sinn eine Lücke, p. 32 Die reinste Puromanie, p. 23 Einmal kurz schneiden …, p. 56 Stop making sense!, p. 47 Warum ist der Rhein männlich…, p. 87 Das Elend mit dem Binde-Strich, p. 71 Die Place, die Gare, die Tour?, p. 187 Leichensäcke aus dem Supermarkt, p. 80 Weltsprache Deutsch, p. 226 Deutsch als Amtssprache der USA, p. 131 Trügerischer Anschein des Scheinbaren, p. 139 Er designs, sie hat recycled…, p. 145 Sind rosane T-Shirts…, p. 164 Liebe Gläubiginnen und Gläubige, p. 168 Prima di presentarsi all’esame verificare di aver tutto il materiale richiesto dal programma: - gli appunti del modulo monografico (ovvero questa dispensa); - i due libri di Bastian Sick; - i capp. 8, 14 e 15 del libro di Willy Sanders Gutes Deutsch - besseres Deutsch. Praktische Stillehre der deutschen Gegenwartssprache, Darmstadt 19963 (a disposizione a Germanistica). All’esame sarà verificata: - la lettura e la traduzione dei capitoli letti a lezione; - la conoscenza dei contenuti della dispensa; - lo studio di tutte le schede a sfondo grigio contenute nei libri di B. Sick, anche quelle dei capitoli non letti; - la conoscenza dei capitoli di Gutes Deutsch – besseres Deutsch. ********************************************************************************

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L’opera La lingua tedesca contemporanea spesso infrange le regole grammaticali codificate dal Duden, soprattutto quando è influenzata dal linguaggio giornalistico e pubblicitario. Queste irregolarità sono messe in evidenza e condannate dai cultori della Sprachkritik, tra cui Bastian Sick. Del libro di Bastian Sick Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod – Ein Wegweiser durch den Irrgarten der deutschen Sprache sono usciti tre volumi, ma leggeremo solo alcuni capitoli del I e II volume, perché il III è ormai ripetitivo. Questo libro ha avuto un enorme successo editoriale: Bastian Sick è un giornalista del settimanale Der Spiegel; un po’ come Beppe Severgnini, parla della lingua tedesca contemporanea in modo ironico, sottolineando nuove tendenze della lingua parlata o anche scritta e i frequenti errori commessi dai parlanti. È diventato molto popolare e addirittura organizza tour nei Paesi di lingua tedesca tenendo lezioni. I volumi raccolgono alcuni dei suoi articoli più divertenti apparsi nella sezione del giornale online chiamata Zwiebelfisch. Come spiega Sick nella prefazione al I vol., Zwiebelfisch è il nome di un pesce, in italiano “alburno”, una specie di carpa che vive in banchi sulla superficie di acque dolci ferme. Il fatto che questo pesce ami la compagnia, sia “superficiale” e rifugga dalle correnti, ha ispirato il titolo della sua colonna, che invece ha lo scopo di andare a fondo dei singoli problemi linguistici. Il termine Zwiebelfisch appartiene anche al gergo tipografico: significa “refuso”, cioè errore di stampa, in particolare dove spicca all’interno di una parola una lettera scritta in carattere diverso. Forse questa espressione è nata pensando alla massa confusa di tutti i caratteri tipografici esistenti, che appare come un banco di pesci che nuotano disordinatamente. I termini tipografici sono spesso associati a immagini fantasiose: Sick ne cita altri due, che in italiano sono chiamati sempre “orfano”, “riga orfana”: - Hurenkind (“figlio di prostituta”, perché una volta veniva tenuto in disparte dalla società): quando l’ultima riga di un testo finisce alla pagina dopo; - Schusterjunge (“apprendista calzolaio”), quando la prima riga di un testo si trova da sola alla fine della pagina precedente. Aggiungiamo: - Gänsefüßchen (“piedini d’oca”), che sono le virgolette; - Hochzeit (“nozze”), quando una parola o una riga viene ripetuta; - Jungfrau (“vergine”), che è il foglio sciolto di una bozza di stampa. Nella sua sezione del giornale Sick inizialmente aveva il compito di raccogliere tutti i brani giornalistici contenenti parole sbagliate e i refusi in difesa di un buon stile, ma ha ricevuto sempre più spesso mail dai lettori con segnalazioni e domande sulla lingua, tanto che ormai la sezione Zwiebelfisch si alimenta proprio con gli spunti dei lettori. Come Sick afferma nella prefazione al primo volume, i dubbi sull’uso più appropriato della lingua tedesca sono sempre esistiti, ma sono diventati più frequenti negli ultimi anni per una concomitanza di fattori: 1. i tedeschi, austriaci e svizzeri parlano dialetto, e spesso ci sono differenze non solo lessicali, ma anche grammaticali, tra le diverse varietà regionali e nazionali. 2. con la Riunificazione i tedeschi dell’ovest e dell’est hanno scoperto di parlare due varietà di tedesco molto diverse tra loro. 3. con la riforma ortografica del 1998 sono aumentati i dubbi su come si debbano scrivere le parole; 4. il linguaggio giornalistico e pubblicitario, spesso contenente errori o tendenze non ancora accolte dalla grammatica, hanno reso insicuri anche i parlanti più istruiti. In effetti la lingua tedesca pone dei dubbi, per es. preposizioni usate con il genitivo o con il dativo, diverso genere grammaticale di certi termini, uso del congiuntivo o dell’indicativo, presenza o assenza dell’elemento di giunzione, ecc. Il sottotitolo del testo è molto appropriato: Wegweiser = segnale stradale, indicatore; Irrgarten = labirinto (sich irren = errare, perdersi). Quindi Sick offre

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questo manuale per dare indicazioni utili a non perdersi tra le labirintiche regole ed eccezioni grammaticali del tedesco. Di solito se si hanno dubbi sulla grammatica tedesca si consultano i volumi della Duden Redaktion, che da più di cento anni si occupa di indicare le regole del buon tedesco. È un po’ come l’Accademia della Crusca in Italia, anche se da noi si tratta più di un’accademia di eletti, che non scende al piano dei parlanti. Il Duden invece offre un’intera collana di volumi facilmente consultabili per soddisfare qualsiasi dubbio. Storia della Redazione del Duden La Redazione del Duden nasce nel XIX sec. in un periodo in cui erano sorte discussioni circa l’unitarietà delle regole ortografiche, problema sentito soprattutto dalle tipografie, che non sapevano, tra più varianti, quale fosse quella da accettare. Fino all’invenzione della stampa, nel 1445 circa, non esistevano regole ortografiche in senso moderno, ma solo usi, norme tradizionali legate alla storia del singolo centro culturale (città, monasteri). Con l’invenzione della stampa, invece, che permette una più ampia diffusione di testi su tutto il territorio di lingua tedesca, si sente l’esigenza di uniformare l’ortografia, in modo che sia comprensibile a più lettori possibile. Con la Riforma protestante, poi, e la diffusione della traduzione tedesca della Bibbia in buona parte della Germania, si sente ulteriormente la necessità di trovare un comune denominatore linguistico. A complicare le regole ortografiche però contribuiscono proprio gli stampatori del XV-XVI sec., che iniziano a “infoltire” le parole di consonanti (Konsonantenhäufung, per es. ffrau, richtter, unnd, todt) perché il loro guadagno dipendeva dalla lunghezza del testo. Nel XVI-XVII sec. si diffondono le prime opere grammaticali che contemplano anche l’ortografia, ma fino al XVIII sec. ci sono oscillazioni e varietà locali, quindi non si impone ancora alcuna linea unitaria. Tra le opere più note ricordiamo: Justus Georg Schottelius (1663), Ausführliche Arbeit von der Teutschen Haubtsprache, Johann Christian Adelung (1788), Vollständige Anweisung zur deutschen Orthographie. Il dibattito sulla ricerca di norme ortografiche unitarie si apre all’inizio del XIX sec. e vi si individuano 4 tendenze: 1) LA CORRENTE STORICA, rappresentata da Jakob Grimm (il suo Deutsches Wörterbuch viene

pubblicato a partire dal 1854) e Karl Weinhold, a favore della scelta di un’ortografia etimologica, per es. Ältern invece di Eltern, perché originariamente Eltern era il comparativo di alt, oppure Hülfe (tratto da un antico preterito plurale in -u- poi scomparso) invece di Hilfe, ecc. Sono contrari ai sostantivi maiuscoli e al segno <h> per indicare la vocale lunga, ma sono favorevoli alla grafia <ie> per indicare la vocale lunga. Preferiscono <sz> a <ß>, <t> a <th>, <i> a <y> e distinguono tra <f> nei termini tedeschi e <v> nei prestiti.

2) LA CORRENTE FONETICA-PRATICA, rappresentata da Rudolf von Raumer, a favore di un’ortografia molto vicina alla pronuncia. Le grafie che ormai si sono imposte per tradizione vengono accettate, anche laddove non vi sia accordo con la pronuncia, mentre nei casi dubbi si sceglie la variante più vicina alla resa fonetica. Per es. Silbe invece di Sylbe (dal lat. syllaba), Tot invece di Tod, ecc.

3) LA CORRENTE FONETICA-RADICALE, a favore di una perfetta aderenza tra grafema e fonema mediante l’introduzione di nuovi simboli grafici. Non ha successo.

4) LA CORRENTE TRADIZIONALE, a favore della conservazione dell’ortografia che ormai si era imposta spontaneamente, ma non ha successo, perché non offre una soluzione alla ricerca, sentita da tutte le correnti, di trovare una uniformità nelle regole ortografiche.

Alla metà del secolo si inseriscono nella disputa i governi, che emanano ordinanze accolte a livello di amministrazione locale e in alcuni casi anche in altre regioni. Le regole ortografiche meglio

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recepite sono quelle imposte dal governo del Baden-Württemberg nel 1861, accolte in tutti gli Stati tedeschi. Sono regole che seguono essenzialmente la corrente storica. Con l’unificazione dell’Impero nel 1871, la questione viene affrontata anche dal ministro della cultura prussiano. Nel 1876 viene indetta la Erste orthographische Konferenz, che dovrebbe decidere se accogliere la proposta di Rudolf von Raumer. Però giunge solo a compromessi, per es. si preferisce <k> a <c> (per es. Kaiser invece di Caiser, quindi si tende a “tedeschizzare” i prestiti), <-ieren> a <-iren>. A questa conferenza prende parte anche il filologo Konrad Duden (1829-1911) ma non attivamente. I risultati, seppure parziali, di questa conferenza vengono accolti nel 1879 dalla Baviera e dall’Austria, e nel 1880 anche dalla Prussia, anche se Bismarck rifiuta le nuove norme nel tedesco amministrativo, da adottare nei testi ufficiali. Le regole proposte da Raumer si impongono. Nel 1901 si svolge la seconda conferenza, i cui risultati vengono accolti da tutti gli Stati di lingua tedesca per la lingua amministrativa, e anche dalla Svizzera. Le nuove regole, questa volta fondate sull’opera di Konrad Duden Vollständiges Orthografisches Wörterbuch der deutschen Sprache (1880) (detto in breve “Duden”) vengono canonizzate nel 1902. L’imperatore Guglielmo II però le rifiuta fino al 1911, e si fa trascrivere tutti i testi con le vecchie norme. Nel 1902 si svolge anche il Congresso degli stampatori per eliminare le ortografie doppie, e vengono accolti i risultati ottenuti dalla seconda conferenza. Nel 1903 esce il Buchdruckerduden, dove si indicano, per certi termini tecnici o di origine straniera, sia la variante dotta che quella corrente. Per redigere in pochi mesi questo lavoro, Duden si deve avvalere dell’aiuto di un gruppo di collaboratori, così nasce la Redazione del Duden. L’opera viene rielaborata nel 1934 durante il Terzo Reich e riedita nel 1942. Alla fine della II guerra mondiale, con la nascita delle due Germanie, si formano due redazioni del Duden, per la Repubblica Federale e per la Repubblica Democratica. Nel 1955 il Ministero della Cultura della RFT stabilisce con un decreto che per le norme della lingua tedesca fanno fede solo le decisione della Redazione Duden. Nel 1990, con la caduta del Muro, le due redazioni si incontrano e danno vita alla 20a edizione del Dizionario ortografico (Orthographisches Wörterbuch); la Redazione diventa una per tutta la Germania con sede a Mannheim. Già a partire dal 1986, comunque, era ripreso il dialogo anche con studiosi di Austria e Svizzera con i convegni noti come Wiener Gespräche del 1986, 1990 e 1994, che hanno portato all’accordo del 1996, entrato in vigore nel 1998. La Sprachkritik Bastian Sick rientra in una corrente recente sorta negli anni ‘90, chiamata Sprachkritik. I seguaci della Sprachkritik si oppongono alla critica stilistica tradizionale (e quindi all’atteggiamento normativo del Duden), e in alternativa propongono una “critica linguistica”, cioè non impongono norme, ma giudicano l’uso linguistico reale, diffuso tra i parlanti. Essi si ispirano al cognitivismo (Jean Piaget), cioè credono: - nella riflessione linguistica (Nachdenken über die Sprache), - nella conoscenza della lingua (Sprachwissen) e - nella coscienza linguistica (Sprachbewusstsein) del parlante. Anche Sick fa leva su questo tipo di parlante: che sa ragionare sulla lingua, ne conosce le regole, e vuole diventare consapevole delle innovazioni del tedesco. La critica linguistica si distingue dalle grammatiche normative anche perché queste ultime si rifanno a teorie linguistiche e sono spesso indirizzate solo a esperti; mentre le grammatiche hanno come scopo la descrizione della lingua, i testi di critica linguistica si rifanno a teorie cognitive- psicologiche, hanno lo scopo di giudicare e sono accessibili a tutti. Si tratta quindi di discipline ben distinte. Le teorie congnitive si applicano oggi anche all’insegnamento delle lingue straniere: mentre fino a pochi anni fa si dava la precedenza a metodi comunicativi che lasciavano poco spazio alla

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riflessione grammaticale, oggi si recupera l’analisi, l’osservazione e appunto la critica linguistica (reflektierter Sprachgebrauch), e si fa leva sulla capacità degli studenti di ragionare e di diventare consapevoli di quello che producono e recepiscono linguisticamente, mettendo anche in discussione le regole che sono state imparate (cioè oggi si deve saper ragionare anche sulle regole, non si deve impararle passivamente secondo metodi di insegnamento tradizionali). Sick ci fa sapere, nel Vorwort alla Folge II, che nel Saarland addirittura il suo libro è diventato libro di testo ufficiale nelle scuole. Die Metasprache (metalingua) Un difetto della critica linguistica: mentre le teorie dei linguisti si evolvono, e la grammatica descrittiva/normativa si adegua alle nuove teorie (per es. oggi le lingue sono viste come “struttura”, “sistema”), la critica linguistica rimane ancorata a una visione un po’ “antiquata”, tradizionalista, della lingua. Ecco che si pone il problema della metalingua, die Metasprache: la metalingua è l’insieme di quei termini tecnici che servono a parlare della lingua stessa. Per capire ciò di cui si parla si deve avere conoscenza dei termini specialistici, per es. si deve sapere che cos’è un predicato, un aggettivo, ecc. Questi termini, quindi, come “predicato” e “aggettivo”, sono “metalinguistici” proprio perché esprimono, con la lingua, concetti che servono a spiegare la lingua stessa. Allora noi con quali mezzi linguistici possiamo esprimerci a proposito della lingua? Le grammatiche descrittive/normative di oggi, soprattutto quelle destinate agli esperti, tendono a usare espressioni tratte dalla linguistica generativa, ma questi termini sono per lo più sconosciuti alla gente comune. Gli studiosi appartenenti alla corrente della Sprachkritik invece preferiscono continuare a usare i termini che si usano tradizionalmente a scuola, anche se non sempre oggi sono accettati dai linguisti più moderni. Questa critica linguistica di stampo popolare si esprime sia con i libri di Bastian Sick, sia con numeriosi manuali (Ratgeber) diffusi in libreria, che offrono domande e risposte sulla lingua e sullo stile, come il Deutsch für Profis e il Deutsch für Kenner di Wolf Schneider. Sono libri che offrono a lettori interessati alla lingua tedesca curiosità e consigli sull’uso linguistico, e tendono a criticare, anche ironicamente, tutto ciò che è innovazione, perché prendono come punto di riferimento le norme tradizionali. Si tratta quindi di manuali che hanno un atteggiamento conservatore: si attengono alle norme della lingua standard scritta e sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato nella grammatica e nello stile, e vedono ancora la lingua come un organismo che minaccia di decadere. Anche Bastian Sick usa la metalingua tradizionale: nel titolo Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod troviamo termini quali dativo e genitivo, che sono tratti dalla grammatica latina. La frase del titolo però è sgrammaticata perché usa un dativo al posto del genitivo secondo la tendenza moderna di sostituire appunto il genitivo con il dativo; il titolo parla di “morte del genitivo”, ma allude più in generale alla decadenza della lingua.

lettura delle due prefazioni, Ein paar Worte vorweg, p. 9/I Liebe Leserinnen und Leser, p. 13/II.

Sick parla in entrambi i casi di “Sprachkultur”: si tratta di un concetto che si sta diffondendo molto ultimamente, in quanto viviamo in un’epoca di “medialità”, cioè in cui l’informazione, le idee sono “mediate” dalla tecnologia ma anche dalla lingua. Quindi una consapevolezza critica della lingua ci può essere utile per interpretarla meglio. L’Institut für Deutsche Sprache di Mannheim ci dà una definizione di “Sprachkultur”:

Sprachkultur ist die Kunst, andere zu verstehen und sich anderen verständlich zu machen. Ein wenig beherrscht sie jeder, mancher ist in ihr gewandter, keinem ist sie angeboren. Als Teil der Kultur eines Volkes drückt Sprachkultur die Fähigkeit ebenso wie die Bereitschaft der Bürger aus, sich miteinander über die individuellen und gemeinsamen Interessen zu verständigen.

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I fenomeni che vedremo qui appartengono alla lingua parlata (mündliche Sprache) e alla lingua scritta (geschriebene Sprache). Differenze tra la lingua parlata e la lingua scritta: - la lingua parlata è specifica dell’essere umano, si apprende in modo naturale dalla nascita e dipende dal contesto socio-culturale in cui ogni parlante la sviluppa. Inoltre ci sono lingue che non hanno espressione scritta, quindi la lingua parlata è la forma primaria di comunicazione. - la lingua scritta non si impara in modo naturale come la lingua parlata: ha bisogno di un addestramento specifico. Quindi se la lingua parlata è la forma primaria di comunicazione, la lingua scritta è un fenomeno secondario, cioè è trasposizione della parola parlata in segni grafici. La scrittura inoltre è legata alla storia della scienza e della tecnica (dallo scalpello alla penna, dalla stampa al computer): è grazie alla scrittura che si può evolvere la cultura e la scienza, perché le conoscenze si fissano e si diffondono anche fuori dell’ambiente in cui sono nate. - nel parlato possiamo usare l’intonazione / enfasi (Betonung / Nachdruck) la mimica (Mimik) e la gestualità (Gestik), possiamo porre delle controdomande (Rückfragen) e fare delle integrazioni (Ergänzungen) ai nostri discorsi, inoltre il parlato è caratterizzato da pause, ritmo, tono della voce; - nello scritto invece è importante esprimersi in modo inequivocabole (unmissverständlich), chiaro, e in modo articolato (gegliedert) per esprimere linguisticamente le proprie intenzioni (Absichten) comunicative, perché in forma scritta disponiamo di limitate possibilità per esprimere le nostre intenzioni: segni d’interpunzione, sottolineature, grassetto, trattini, spazi, ecc. - la lingua parlata è caratterizzata di solito dalla spontaneità, quindi spesso un testo orale si discosta dalla grammatica e dalla sintassi, che presuppongono un ragionamento che richiede tempo. Inoltre il messaggio di un testo orale, anche se lacunoso nel lessico o nella grammatica, spesso è deducibile dal contesto, dall’intonazione e dalla gestualità del parlante. - la lingua scritta invece è caratterizzata da una maggiore adesione alle norme grammaticali, proprio perché scrivente e lettore non condividono la situazione comunicativa, non c’è un feed-back immediato da parte del ricevente (manca un contatto diretto con il ricevente, Empfänger), e mancano la mimica e la gestualità come supporto della comunicazione. Mentre un testo orale è volatile, unico e irrevocabile, un testo scritto dura nel tempo e permette rilettura e correzione. Però lingua parlata e lingua scritta non appartengono a due sistemi linguistici diversi, anche se seguono norme diverse (infatti si può parlare anche di grammatica della lingua parlata, perché quelle che sembrano infrazioni alla regola sono regole tipiche del parlato): si tratta di un unico sistema che viene usato diversamente a seconda della situazione. - mentre la lingua scritta si basa su convenzioni e si modifica lentamente (a volte è necessario addirittura un atto formale come la riforma ortografica), la lingua parlata è più dinamica e muta continuamente. Le differenze stilistiche che emergono dal mezzo orale o scritto scelto per la comunicazione si chiamano “diamesiche” (la disciplina si chiama diamesica, Diamesik). In alcune realtà si può arrivare addirittura alla diglossia quando ci sono differenze enormi tra la lingua scritta e quella parlata, per es. in Svizzera: il tedesco scritto segue le norme della lingua standard tedesca, il tedesco parlato è il dialetto, usato solo per l’oralità. Non si deve confondere la differenza tra lingua parlata e lingua scritta con l’altra “coppia oppositiva”, cioè lingua colloquiale (Gesprächssprache) e lingua standard (Standardssprache).

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Può essere definita colloquiale la lingua che viene utilizzata in tutti i contesti informali, in circostanze amichevoli e ufficiose (in ambito familiare o con gli amici). La lingua standard è invece la lingua che viene assunta come modello da tutti i parlanti e gli scriventi e che viene prescritta come esemplare nell’insegnamento. Presenta caratteristiche ben precise: è dotata di stabilità, cioè è garantita da istituzioni di livello nazionale che la insegnano e la tramandano (grammatiche e dizionari); è dotata di prestigio, garantito nel suo uso negli ambiti letterari, ufficiali, formali, oltre che dalla formalizzazione grammaticale; ha una funzione unificatrice fra i parlanti di varietà diverse; funge da simbolo dell’unità di una nazione (tranne che in nazioni dove sono state decretate più lingue ufficiali, appunto come in Svizzera o anche in Lussemburgo); ha una consolidata tradizione scritta ed è utilizzabile nella produzione di testi formali. Non è corretto quindi parlare di lingua standard come di “varietà” linguistica, perché è un’entità superiore a qualsiasi varietà. I fenomeni analizzati da Sick riguardano la lingua scritta e la lingua parlata, e di come vengono influenzate: la lingua scritta è influenzata prevalentemente dal linguaggio giornalistico, e la lingua parlata è influenzata soprattutto dal linguaggio pubblicitario, e non solo. Quindi vedremo fenomeni sull’uno e sull’altro versante, anche se non sempre sono distinguibili, dato che a volte un fenomeno della lingua parlata arriva a ripercuotersi anche sullo scritto.

lettura dei due capitoli sul genitivo: Der Dativ ist dem Genitiv sein Tod, p. 15/I Wir gedenken dem Genitiv, p. 19/II. Nel primo capitolo sia del primo che del secondo volume Sick parla del genitivo – forse lo mette come primo capitolo perché è l’argomento del titolo – e lo chiama “secondo caso”. Quando noi studiamo la lingua tedesca di solito impariamo i casi in questo ordine: nominativo, accusativo, dativo, genitivo, perché sono in ordine crescente di difficoltà per noi. I tedeschi invece pongono di solito come secondo caso il genitivo, poi il dativo e infine l’accusativo (come in latino). Nei due capitoli Sick parla rispettivamente della tendenza a sostituire il genitivo con il dativo come reggenza delle preposizioni, e dei verbi che reggono il genitivo. Nel primo articolo sull’argomento Sick parla dell’influsso delle canzoni sulla lingua parlata. Una cantante bavarese usa la preposizione wegen + dat. La canzone è del 1986: in quegli anni questo uso del dativo era ancora limitato al dialetto. Nello stesso anno un altro cantante, anch’egli di area bavarese, usa un’analoga espressione corretta, l’avverbio deinetwegen. Per tradurre “a causa tua, sua” dovremmo infatti usare in tedesco questo avverbio composto con il pronome possessivo: meinetwegen (traduce anche il nostro “per me è uguale, mi è indifferente!”)

deinetwegen seinetwegen / ihretwegen unseretwegen (o unsertwegen) euretwegen (o euertwegen) ihretwegen

Negli anni ’90 invece diventa sempre più frequente l’espressione wegen dir anche fuori dal territorio bavarese, finché questa possibilità non viene accolta anche dalla grammatica del Duden. Secondo il Duden oggi wegen: - si usa con il genitivo, - se lo si usa davanti a un sostantivo singolare che segue la declinazione forte può essere usato anche in forma non flessa, es. wegen Umbau (invece di Umbaus). Se invece il sostantivo si usa con l’articolo, allora si deve anche flettere il nome (wegen des Umbaus). - si può usare al dativo con i plurali.

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Quindi il Duden ancora non accetta che wegen sia usato con il dativo anche davanti a singolare, anche se oggi è abbastanza comune sentir dire wegen dem invece di wegen des. Lo stesso vale per la preposizione laut “secondo”. In origine si usava solo con il genitivo, es. laut unseres Schreibens, ora invece si accetta anche l’uso con il dativo, es. laut unserem Schreiben. Qui il passaggio al dativo è avvenuto evidentemente da più tempo, perché è già stato accolto dal Duden. Il Duden afferma infatti che sono possibili entrambi gli usi, ma si preferisce il dativo quando il sostantivo al genitivo plurale e non è riconoscibile come tale, o quando il sostantivo è al singolare e non è accompagnato dall’articolo (“bekleidet”). Però appunto il Duden accetta la forma laut unserem Schreiben, e Sick fa un esempio simile, laut einem Bericht, dove il sostantivo è al singolare ed è “bekleidet”. Un caso particolare è rappresentato da trotz, che storicamente reggeva il dativo, come dimostrano l’avverbio trotzdem e la locuzione trotz allem, e che oggi regge il genitivo, es. trotz aller Bemühungen, anche se la grammatica registra oscillazioni tra genitivo e dativo. A proposito invece dei verbi che reggono il genitivo, anche qui la grammatica non è più seguita regolarmente. In particolare Sick (nel cap. del II vol.) parla del verbo gedenken (gedachte - gedacht) “commemorare”, che si dovrebbe usare con il genitivo. In questo caso è il linguaggio della stampa quello che più contribuisce all’uso errato di questi verbi. Sick riporta esempi di errori da giornali, per es. con la locuzione - Herr werden + gen. “venire a capo di, risolvere” es. dal Duden: sie wurden des Feuers nicht Herr - sich einer Sache annehmen “porre riparo a, interessarsi a una cosa”, es. wir nehmen uns des Problems an. - vergessen + gen. “dimenticare”, un uso ormai arcaico, es. vergiss nicht deiner Pflichten! Sick ormai lo considera superato, e ricorda solo un relitto di genitivo nel fiore das Vergissmeinnicht “non ti scordar di me”. Notare che Sick in questi articoli fa ampio uso proprio di espressioni con il genitivo: einer Sache mächtig sein “impadronirsi di”, “padroneggiare” des Todschlags angeklagt mittels eines Reinigungseides ersten Ranges in Abwandlung einer Werbekampagne mächtig sein des, ecc. A proposito di besinnen (nella scheda a p. 22): nel Duden non c’è un’espressione fissa sich eines Besseren besinnen, però ci sono due accezioni di besinnen: “ricordarsi” e “ragionare su” / “rendersi conto di”. Qui forse significa “farsi venire un’idea migliore”. Sullo Zanichelli bilingue c’è: sich anders, eines anderen (eines Besseren) besinnen “cambiare idea”. Sul Wahrig: sich anders oder eines Besseren besinnen = “sich etwas anders oder besser überlegen”.

lettura di Trügerischer Anschein des Scheinbaren, p. 139/I. Nel Vorwort del primo volume (inizio di p. 12) Sick aveva accennato alla confusione tra scheinbar e anscheinend, di cui parla ampiamente nel cap. Trügerischer Anschein des Scheinbaren. Differenza tra i due aggettivi/avverbi:

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scheinbar: nella lingua STANDARD: = “apparente”, “apparentemente”. Duden: “aufgrund einer Täuschung wirklich, als Tatsache erscheinend, aber in Wahrheit nicht wirklich gegeben”, es. das ist nur ein scheinbarer Widerspruch; er ist nur scheinbar unabhängig; scheinbares Alter des Täters: 20 Jahre. nella lingua COLLOQUIALE: = “evidentemente” = anscheinend (solo avverbio), offenbar (agg. e avverbio). Duden: sie hat es scheinbar vergessen; er sucht scheinbar Streit. anscheinend non ha un’accezione diversa nella lingua colloquiale. C’è solo l’uso corretto come avverbio: = “evidentemente”. Duden: er ist anscheinend begabt; anscheinend wusste er noch nicht, was ihm bevorstand. Deriva dal verbo anscheinen, che oggi significa “rischiarare” (bescheinen), ma che etimologicamente significava “mostrarsi”, quindi anscheinend deriva dal significato originario. Anche il sost. der Anschein “apparenza” deriva dal verbo con questa accezione. Anche uno dei significati di Schein è “apparenza”. offenbar = “evidente”, “evidentemente”. Duden: eine offenbare Lüge, ein offenbarer Irrtum, dieser Brief macht offenbar, dass er gelogen hat; sie ist offenbar sehr begabt, der Zug hat offenbar Verspätung. Il principio di economia linguistica: Le tendenze del tedesco contemporaneo seguono il principio di economia linguistica? Osservando le nuove regole ortografiche e alcune tendenze, sembra il contrario. Il principio di economia linguistica è tipico dei linguaggi verbali. È stato elaborato dallo strutturalista André Martinet (1908-1999), che ne ha studiato soprattutto le applicazioni in ambito fonologico. Secondo il principio di economia e minimo sforzo, le lingue tendono a equilibrare due forze contrapposte: l’inerzia, che tende a lasciare tutto immutato, e le esigenze di comunicazione, che invece spingono verso l’innovazione della lingua quando qualche elemento esistente non offre più un’informazione sufficiente. I bisogni comunicativi infatti cambiano continuamente: ci sono nuove esigenze semantiche, influssi di altre lingue, la cultura cambia, e cambiano i sistemi di propagazione del linguaggio. Tutto ciò più disturbare la comprensione linguistica. Di solito questo discorso si applica alla fonetica: quando due suoni tendono a confondersi, le parole che li contengono non si distinguono più, così che si rende necessaria una nuova differenziazione, con mutamenti a livello fonetico (infatti Martinet fa soprattutto un discorso storico). Sempre a proposito di fonetica, Martinet ha notato che i fonemi più frequenti sono quelli più semplici da articolare, mentre quelli più complessi tendono a ridurre la frequenza. Quindi il parlante cerca di semplificare il suo linguaggio. Si creano così processi assimilatori, riconducibili a una tendenza al miglioramento dell’articolazione, e anche processi dissimilatori, che si verificano per facilitare la percezione. - esempi di assimilazione: aat. blicz > Blitz (da velare + dentale > dentale + dentale), oppure Hochfahrt > Hoffart “alterigia” (la velare [x] <ch> diventa [f]). - esempi di dissimilazione: aat. samenen > samelen > sammeln (da nasale + nasale > nasale + liquida, sincope), oppure organum > Orgel (da nasale a liquida). Questo principio di economia linguistica si può applicare anche ad altri aspetti della grammatica (morfo-sintassi, lessico, ortografia). Inoltre non si identifica necessariamente con la scelta di forme più brevi. Lo vediamo per es. nella frequente sostituzione del congiuntivo con la perifrasi würde + infinito oppure nell’uso dell’espressione tun + inf. invece che del verbo coniugato: queste strutture

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analitiche sono più lunghe delle equivalenti sintetiche, ma sono più semplici per il parlante, che non deve fare lo sforzo di ragionare sulla coniugazione. A proposito del principio di “massima espressione con il minimo sforzo”, abbiamo visto che storicamente abbiamo la tendenza alla riduzione delle sillabe atone, con casi per es. di sincope o contrazione, come in: - die Hochheit > Hoheit (contrazione, cade la spirante velare /x/ e cade il suo grafema <ch>) - der Edelaar (aat. adelar) > der Adler (sincope) - aat. einlif > eilf > elf (sincope e semplificazione della vocale) Nella ortografia oggi sembra che si vada in direzione contraria. Se inizialmente si poteva parlare di minimo sforzo “vocale” o “ortografico”, nel senso che si prediligevano strutture sintetiche dal punto di vista sintattico e più brevi dal punto di vista fonico e ortografico, oggi si va nella direzione del “minimo sforzo mentale”. Per es. siamo passati da Schiffahrt a Schifffahrt. Quindi anche chi ha curato le nuove regole ortografiche si fa interprete di questa tendenza contraria al principio di economia (quantitativa), ma sicuramente a favore del principio di semplificazione del ragionamento (semplice somma di due lessemi, senza pensare alla “fusione” tra determinante e determinato). In effetti in Sick e nelle pubblicazioni sulla riforma ortografica del Duden si trovano spesso espressioni come entlasten “alleggerire”, Vereinfachung, Erleichterung, größere Freiheit, ecc. Il Duden ammette che certe regole sono state introdotte per semplificare la memorizzazione dell’ortografia, per es. generalizzando la consonante doppia (quindi “allungando” la forma scritta) davanti a vocale breve anche in quelle parole che finora avevano una consonante semplice per motivi storici, es.: - das As > Ass (-e) (dal franc. as, lat. ās “asse”, unità di misura, “il tutto, “l’intero”), oggi è l’asso, la carta con il numero uno, che in origine aveva la vocale lunga, ma che nel frattempo si è abbreviata per influsso della forma flessa al genitivo, des Asses, che già prima della riforma raddoppiava la s e aveva vocale breve. La consonante semplice oggi non avrebbe più aiutato a indicare la vocale breve precedente, così si è aggiunta una s, anche se storicamente non si giustifica. - der Tip > Tipp (-s) (dall’ingl. to tip “indicare”, “toccare”), che aveva già portato al verbo tippen “scommettere”. Qui si aggiunge una p solo per analogia al verbo e per indicare la quantità vocalica. - der Stop > Stopp (-s): questo caso è un po’ diverso, perché era la variante con una p quella “sbagliata”. Infatti di solito pensiamo che Stopp derivi dall’inglese to stop, invece sia il tedesco che l’inglese derivano dal lat. stuppare “stoppare”, “mettere la stoppa”, e quindi “chiudere, bloccare”. In particolare il tedesco deriva dalla variante basso tedesca di stoppen (senza seconda rotazione). È solo in seguito che per influsso dell’inglese si è persa una p, quindi oggi è stata ripristinata la p etimologica che è anche più adatta a indicare la vocale precedente breve. Anche per i composti in cui l’ultima lettera del determinante è uguale alla prima lettera del determinato le nuove regole sono da una parte una semplificazione, perché in questo modo ogni elemento mantiene la sua ortografia ma dall’altra parte si complica la lettura, perché è più difficile distinguere gli elementi stessi. Con le vecchie regole ortografiche si potevano incontrare tre consonanti uguali quando l’iniziale del determinato era seguita da consonante, es. Schifffracht, oggi invece la regola si è generalizzata ed è diventata corretta l’ortografia di Schifffahrt, Kennnummer, Rollladen, Fresssack, helllicht, helllila, stilllegen, wettturnen. Quando nel composto vengono a contatto tre vocali uguali, di solito gli elementi vengono divisi da un trattino, ma non è obbligatorio, es. Teeei, Kaffeeersatz, Seeelefant. In questi casi la lettura è resa più difficoltosa, quindi oggi si tende appunto a inserire un trattino, soprattutto tra vocali, ma è possibile (e consigliata) anche tra consonanti.

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Sick dedica molto spazio ai composti e ai trattini. lettura di Das Elend mit dem Binde-Strich, p. 71/I

Dem Wahn Sinn eine Lücke, p. 32/II. Qui Sick parla di tendenze opposte: nel primo volume descrive l’abuso del trattino; nel secondo descrive la tendenza a scrivere tutto separato, quando invece sarebbe meglio mettere il trattino o lasciare il composto unito (notare il verbo koppeln “unire con il trattino”). Nella scheda di p. 75 Sick distingue prima di tutto tra Bindestrich, che è breve (-) (= das Divis, nel gergo tipografico, in ital. “trattino”) e Gedankenstrich (“tratto di linea”), che è più lungo (−) e si usa di solito per delimitare un inciso, come le parentesi tonde. Sick spiega la regola generale secondo cui un trattino serve a separare e così evidenziare parole sconosciute o particolari. Questo vale soprattutto per i composti con prestiti poco diffusi. Dipende poi dalle conoscenze del parlante usare il trattino o il composto, es. i composti con Computer (come Computerbranche o Computeranlage) possono essere scritti uniti perché Computer è un termine ormai molto diffuso e noto. Nella scheda Sick si limita a questa regola, ma ce ne sono altre codificate dal Duden, e lui stesso nell’articolo ne spiega altre: 1. il trattino interviene quando il composto è tanto lungo da essere letto con difficoltà; 2. una volta si accettavano composti fino a quattro elementi, ora sono ammesse separazioni già dopo tre o due elementi. Secondo il Duden, l’uso del trattino è molto flessibile e serve a rendere più trasparente il composto formato da più elementi. Il trattino che separa composti brevi invece fa fare confusione. Usi obbligatori del trattino: CON I NUMERI: - es. 4-monatig (con il numero in cifra), però viermonatig (che dura 4 mesi, che ha l’età di 4 mesi). - però, se il numero è seguito da un suffisso, non c’è trattino, es. die 60er Jahre, che si unisce con trattino a un altro termine che non sia Jahr, es. die 68er-Generation. - con Jahr e il numero in lettere si può scegliere, es. die Neunzigerjahre oppure die neunziger Jahre. CON I NOMI GEOGRAFICI: - con gli aggettivi derivati da nomi geografici composti, es. Basel Stadt > basel-städtisch, Sankt Gallen > sankt-gallisch. Però questo è facoltativo con i nomi degli abitanti tratti da questi nomi, es. der Basel-Städtler / der Basel Städter, der Sankt-Galler / der Sankt Galler. Usi facoltativi del trattino: - per mettere un elemento in evidenza, es. die Ichsucht / die Ich-Sucht (nel secondo caso deve essere maiuscolo anche il determinato), der dass-Satz (oppure der Dasssatz). - per rendere più chiaro il composto, es. die schwarz-rot-goldene Fahne (è lessicalizzato così nel Duden), Ultra-Schall-Messgeräte (ma il Duden segna Ultraschall in vari composti senza trattino). - quando c’è il dubbio su dove si debba separare il composto, cfr. Maisturm, ma ci sono altri esempi: Musikerleben = Musik-Erleben / Musiker-Leben, oppure re-integrieren per non sbagliare e leggere reintergrieren come rein-tegrieren. - quando ci sono tre lettere uguali, come abbiamo visto prima. Con le parole di origine inglese: C’è libertà di scelta, mentre prima c’era solo una o l’altra possibilità, es. . der/das Blackout / Black-out (detto anche Stromausfall) (prima della riforma era solo attaccato, oggi il Duden accetta entrambe le forme, il lemma base è attaccato); . das Playback / Play-back (prima della riforma era solo attaccato, oggi il Duden accetta entrambe le forme, il lemma base è con il trattino); . das Motocross / Moto-cross (prima della riforma era solo con il trattino, oggi il Duden accetta entrambe le forme, il lemma base è attaccato).

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La regola generale è che in caso di dubbio sia meglio scrivere i composti separati, almeno quelli più recenti: i composti lessicalizzati e ormai stabili da tempo devono essere scritti uniti. In un articolo sulla reggenza di laut (p. 221/II) Sick cita l’espressione laut Sprecher (p. 223) “secondo il portavoce”, che ovviamente non deve essere confuso con il sostantivo Lautsprecher “altoparlante”. Quindi la composizione aiuta anche a impedire incomprensioni, anche se qui ci sono diverse maiuscole. La composizione è problematica anche con i verbi. Con le nuove regole ortografiche, per es., sono state eliminate alcune contraddizioni, come Auto fahren vs. radfahren: oggi si deve scrivere separato anche Rad fahren. Questo è più comodo perché se auto- e rad- fossero stati prefissi separabili, si sarebbe posto il problema di metterli maiuscoli quando si separano, es. ich fahre Rad. Invece in questo modo si semplifica e si generalizza la regola. Questo vale anche per alcune espressioni (Wortgruppen) che una volta erano verbi composti e ora sono diventati verbi funzione (Funktionsverben). Di solito studiamo i verbi funzione con Nachverb preposizionale, per es. in Kraft treten, in Erwägung ziehen, ecc., ma ci sono anche verbi funzione con nome semplice. Appunto alcuni di questi prima si scrivevano uniti, come se fossero verbi composti, ora si scrivono separati e il nome è tornato maiuscolo, es. - Acht geben (< achtgeben) “prestare attenzione a”, es. er gibt auf seine Gesundheit nicht Acht. - Eis laufen (< eislaufen) “pattinare sul ghiaccio”, es. er geht oft Eis laufen. - Kopf stehen (< kopfstehen) “essere confuso, sorpreso”, es. als sie die Nachricht bekamen, standen sie Kopf. - Maschine schreiben (< *maschineschreiben; il dizionario, sia quello precedente la riforma, sia quello nuovo, riporta solo il participio passato maschine(n)geschrieben) “scrivere a macchina”, es. ich habe den ganzen Nachmittag Maschine geschrieben (ma: ich habe den Aufsatz mit der Maschine geschrieben). - Pleite gehen (< pleite gehen, con le vecchie regole era già staccato ma minuscolo) “fallire”, es. die Firma ist Pleite gegangen. (però ich bin pleite, “sono al verde”, minuscolo perché avverbio, esistente solo in questa costruzione, mentre die Pleite, -n, “la bancarotta”). Così ora sono state eliminate molte oscillazioni. Oltre all’esempio di Auto fahren ci sono altre espressioni formate da verbo + nome scritti separati già da prima della riforma: - Schlange stehen “stare in coda”, “fare la fila” - Schluss machen (mit) “farla finita”, “smettere”. Tutte queste espressioni sono caratterizzate dall’uso del sostantivo senza l’articolo, si confronti per es. liest du schon wieder Zeitung? con ich lese gerade die Frankfurter Allgemeine Zeitung. Nella frase a destra si tratta di un giornale specifico, nella frase a sinistra si intende l’azione, in generale, della lettura del giornale: Zeitung lesen è quindi un verbo funzione. Lo stesso vale quando il verbo funzione si compone di verbo + aggettivo: alcune espressioni sono rimaste unite come una volta e si trovano nel dizionario alla lettera con cui inizia il prefisso; altre espressioni si sono separate e si trovano sotto il verbo o sotto il primo elemento. In generale, si separano quando il significato è letterale, e si uniscono quando il significato è traslato, ma non è sempre così, e non sempre il significato si capisce dal contesto. Es. - feststellen: qui le regole non cambiano: abbiamo il prefisso separabile sia per il significato letterale di “fissare” (ich stelle die Sessellehne in der richtigen Höhe fest), sia per il significato traslato di “constatare” (ich stelle seine Mitschuld fest), e all’infinito è considerato un verbo unito, il dizionario riporta il lemma “feststellen”.

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- wahrnehmen “scorgere, percepire”: anche qui le regole non cambiano; nel dizionario il lemma appare unito. Il significato è solo traslato (ich nehme ein Geräusch wahr). In italiano abbiamo l’espressione “prendere per vero”, che però dovremmo tradurre con etwas für wahr halten. - schwarzsehen: con le nuove regole sono stati distinti i due significati principali di questa espressione. Prima il lemma era solo “schwarzsehen” sia con il valore di “vedere nero, in modo pessimista”, sia con il significato di “guardare la televisione senza canone”. Oggi il significato letterale è espresso da “schwarz sehen” (sotto il lemma “schwarz”), es. immer muss er alles schwarz sehen (una volta: schwarzsehen), e il secondo significato da “schwarzsehen” (unito, sotto il lemma “schwarzsehen” come prima della riforma): er bezahlt die Gebühr, weil er nicht schwarzsehen will. - voll laufen: prima c’era il lemma “vollaufen”, con due l. Oggi si scrive con tre l ma separato, e l’espressione è sotto il lemma “voll”. Significa “riempirsi fino all’orlo”, es. lass die Wanne voll laufen!, ma con il riflessivo sich voll laufen lassen significa “ubriacarsi”. Entrambi i significati una volta erano sotto “vollaufen”, oggi sono sotto “voll”. - totmachen: si trova sotto il lemma “totmachen”, è separabile ma all’infinito si scrive unito, sia con il significato concreto di “uccidere”, es. warum willst du die Spinne totmachen?, sia con il significato metaforico di “distruggere la concorrenza”, es. wir wollen die Konkurrenz totmachen. C’è anche l’espressione riflessiva sich totmachen (non c’era nel Wahrig vecchio), es. er hat sich für sie totgemacht “si è rovinato la salute, i nervi, per lei”.

lettura di Einmal kurz schneiden, aber bitte nicht zu kurz schneiden!, p. 56/II. Qui Sick ironizza sulla riforma e dà esempi in cui la frase può portare a equivoci. Sceglie verbi funzione verbo + agg. che si scrivevano attaccati e che erano lemmatizzati in questa forma, mentre oggi non lo sono più, si scrivono separati e si devono cercare al lemma dell’aggettivo determinante. Si veda anche la tabella a p. 60. Es. tra le espressioni usate da Sick: - kurz schneiden: significato letterale: “abbreviare” / “fare un taglio corto”. L’espressione non era/è lemmatizzata. - kurz halten: ora si scrive solo staccato; “tenere per poco tempo” / “tenere a stecchetto”. - schlecht machen: prima si scriveva attaccato e aveva sia il significato letterale di “fare qc. male”, sia quello traslato di “denigrare”. - gutmachen: si scrive ancora attaccato, significa “ricambiare” / “fare qc. bene”. Anche etwas wieder gutmachen “porre riparo a qc.”, “appianare”, “bilanciare”. - leicht fallen: prima si scriveva attaccato con il significato traslato di “riuscire facile”. In senso letterale invece significa appunto “cadere facilmente”. - leicht verletzen: la differenza si capisce al participio passato: er ist leicht verletzt “si fa male facilmente”, “è delicato”; er ist leichtverletzt “è un ferito lieve” (in un incidente). Nel secondo caso però il dizionario lo dà solo come participio sostantivato, der / die Leichtverletzte. Oggi si scrive sempre staccato, così non si capisce più la differenza tra chi è di salute cagionevole e chi è vittima di un incidente. - groß schreiben: prima l’espressione con valore traslato di “dare importanza a” era scritta attaccata. - hoch qualifiziert: ha lo stesso significato di hochqualifiziert, “altamente specializzato”. - hochschwanger (ma qui è aggettivo, non verbo!) “in stato di gravidanza avanzata” si scrive ancora attaccato perché non si può essere in stato più o meno avanzato, non si ammette la comparazione. - wohl bekannt: prima era wohlbekannt “ben noto, molto noto”; staccato potrebbe significare “veramente noto”. - durchdenken: “esaminare a fondo”. - voll schmieren: una volta vollschmieren “imbrattare”.

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L’uso dell’articolo e l’attribuzione del genere grammaticale con particolari categorie nominali: lettura di Krieg der Geschlechter, pag. 19/I,

Die Place, die Gare, die Tour?, p. 187/II. Warum ist der Rhein männlich und die Elbe weiblich?, p. 87/II.

In questi articoli si pongono diversi problemi di attribuzione del genere grammaticale: qual è il genere grammaticale dei nomi di marche? qual è il genere grammaticale delle parole straniere? e perché gli idronimi tedeschi sono di genere grammaticale diverso? Vediamo prima alcune regole particolari sull’uso dell’articolo e sull’attribuzione del genere: Uso dell’articolo determinativo in casi particolari, come: 1) con i marchi di fabbrica e i nomi dei giornali, es. Der BMW ist ein toller Wagen. / Die Süddeutsche Zeitung ist ein liberales Blatt. 2) quando l’articolo determinativo ha funzione distributiva e si può alternare a pro, es. Die Kartoffeln kosten 1 Euro das Pfund / Der Wagen fährt 180 Km. die Stunde (pro Stunde). In questi casi si deve distinguere tra complemento di quantità (al nominativo) e complemento di tempo (all’accusativo). Es. Der Stoff kostet 20 Euro der/das Meter / Er verdient 30 Euro den Tag (pro Tag). Uso dell’articolo indeterminativo in casi particolari, es. 1) con verbi come bekommen, sich wünschen, suchen in, sehen in, finden in, es. Sie haben eine Tochter bekommen / Sie wünscht sich eine Reise nach Bali. / Die junge Generation sieht in ihm einen Freund. 2) per indicare la discendenza di una famiglia, es. Sie ist eine Merkel. 3) con l’indicazione numerica di misure, es. Das Meer hat hier eine Tiefe von 10.000 m. / Der Wagen fährt eine Geschwindigkeit von 230 Km / h. 4) con i nomi propri di artisti che indicano tutta una categoria, es. Das ist ein Van Gogh. Con i verbi funzione dipende da come si è fissata la locuzione. Ci sono esempi con preposizione articolata e altri senza articolo. Es. zur Verfügung stellen “mettere a disposizione” zum Reden / zur Sprache bringen “discutere di” zur Aufführung kommen “essere messo in scena” auf die Straße setzen “gettare sul lastrico” sich zur Wehr setzen “opporre resistenza” zur Diskussion bringen “aprire un dibattito su” ans Licht bringen “far emergere”

Hoffnung schöpfen “riacquistare la speranza” Atem holen “prendere fiato” Rache nehmen “vendicarsi” jdm. Hilfe leisten “aiutare” nach Hause kommen “tornare a casa” zu Bett gehen “andare a letto” (ma: ins Bett gehen)

Uso del Nullartikel (qui ci sono differenze con l’italiano): 1) nel plurale partitivo (in italiano “dei”), es. Kinder gehen in die Schule, Auf der anderen Straßenseite steht ein Baum stehen Bäume (cioè quando al singolare c’è l’articolo indeterminativo, l’oggetto non è specificato). 2) con als + sost. l’articolo è facoltativo, es. Er fühlt sich als (der) Sieger / Ich rate dir das als (ein) Freund (con aggettivi: er fühlt sich wohl, schwach, ecc.) 3) nelle costruzioni haben + sostantivo, es. Hunger haben, Geld haben, Mut haben.

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4) nell’indicazione dei giorni della settimana, dei mesi, delle stagioni + sein, werden, es. Heute ist Montag / Bald ist Sommer / Jetzt ist Mai / Es wird Abend. 5) nelle formule binarie, es. Er arbeitet Sonn- und Feiertage / Bei Ebbe und Flut baden wir / Sie hat Haus und Hof verlassen “ha abbandonato tutto”. 6) con il genitivo anteposto, es. Das ist Inges Schwester / Wir leben in meines Vaters Haus. 7) con i nomi di parentela, es. Er hat schon mit Vater geredet / Er hat Oma vom Bahnhof abgeholt (ma sul Duden c’è anche l’esempio Wir fahren zur Oma). 8) con l’indicazione di professioni, attività, es. Alfred Müller, Vorsitzender der CDU-Partei / Hans Müller, Zahnarzt von Beruf. 9) con i titoli usati come apposizione, es. Den Vortrag hält Professor Schmidt / Morgen diskutieren wir mit Doktor Müller darüber. 10) con i titoli di opere musicali o letterarie, es. Heute gibt es Faust / Wir spielen morgen Fidelio. Questo non vale con i titoli delle opere d’arte, es. Das ist “Der Denker” von Rodin. 11) con la maggior parte dei nomi di città e nazioni, es. München ist die heimliche Hauptstadt Deutschlands / Italien mag ich am meisten / Australien ist mein großer Traum / Bayern ist die schönste Region in Deutschland. Questo non vale quando questi nomi hanno un attributo, es. Das alte Rom (il nome diventa neutro). Alcuni nomi geografici invece hanno l’articolo, es. die Vereinigten Staaten, die Arktis / Antarktis, die Normandie, oppure quando sono specificati, es. die Vatikanstadt, die Republik Österreich, das Königreich Belgien. Tra i nomi di nazione, sono pochi quelli che richiedono l’articolo, e sono tutti femminili: die Mongolei, die Slowakei, die Schweiz, die Türkei e die Ukraine. Per alcuni Stati di genere maschile l’articolo è facoltativo: der Irak, der Iran, der Jemen, der Kongo, der Libanon, der Niger, der Senegal, der Sudan, der Tschad. A proposito di nomi di nazioni con articolo o senza, cfr. scheda di p. 66/I su im / in Irak. 12) in certe espressioni con le festività, es. Zu Ostern gibt es Eier / Weihnachten hat es geschneit. Il genere grammaticale: nella maggior parte dei casi l’attribuzione di un genere grammaticale è arbitrario e convenzionale: è l’uso della parola che stabilisce il genere (tranne in presenza di regole morfologiche). Tendenze: Nomi che indicano persone: - persone di sesso femminile (femm.): die Witwe, die Tochter, die Hexe (anche die Waise, anche se indica sia l’orfano che la orfana). - persone di sesso maschile (masch.): der König, der Sohn, der Bruder - bambini, peggiorativi (neutro): das Kind, der/das Balg (“ragazzino/discolo”) (c’è anche das Blag/ die Blage “monello/monella”. Nomi che indicano animali: - animali di esso femminile (das Weibchen) (femm.): die Ziege “capra”, ecc. - animali di sesso maschile (das Männchen) (masch.): der Bock “montone”, ecc. - cuccioli (neutro): das Fohlen “puledro”, ecc. Nomi di oggetti: - marche di sigarette (femm.) - minerali, punti cardinali, precipitazioni atmosferiche, venti, stagioni (masch.): der Saphir, der Norden, der Regen, der Schnee, der Winter, ecc. - metalli, leghe, elementi chimici (neutro): das Silber, das Kupfer (però der Stahl, die Bronze) Altri nomi: - bevande alcoliche (masch.): der Schnaps, der Wein, der Likör, ecc. - diminutivi, unità fisiche, detersivi (neutro), der/das Meter, der/das Liter - nomi di automobili, di treni (masch.) - nomi di hotel, caffè, cinema (neutro)

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Lo studioso Anthony Rowley, in due articoli sulla scelta arbitraria del genere grammaticale (Die Mark – der Euro, in: “Der Sprachdienst” 2 (2002), pp. 51-54; Eine Bier, die Herz und das Wurm. Scheinbare Genusabweichungen in gesprochener Alltagssprache, in: “Muttersprache” 109 (1999), p. 331-337) ha esaminato certe tendenze della lingua tedesca attuale. Per esempio si è chiesto come mai la moneta tedesca fosse di genere femminile (die Mark) e la nuova sia maschile (der Euro). Non c’è un motivo preciso: storicamente Mark era attestato con tutti e tre i generi, come varianti regionali, mentre la scelta del maschile per Euro potrebbe essere stata dettata dal fatto che il dollaro è maschile, e quindi la nuova moneta deve essere equivalente al dollaro anche sotto l’aspetto linguistico. Se si pensa a Europa, l’Euro dovrebbe essere neutro, come i nomi geografici; oppure femminile, se si pensa a Euro come troncamento di Europawährung. Infatti molti troncamenti e abbreviazioni prendono l’articolo della parola intera. Es. der Schupo (der Schutzpolizist) o die Schupo (die Schutzpolizei), der Tacho(meter), die Disko(thek), die Kripo (die Kriminalpolizei), die Limo(nade), das Abo(nnement), das Auto(mobil). Un altro motivo che può aver portato alla scelta di Euro maschile è il fatto che prima che nascesse la moneta unica europea erano già diffusi gli Eurocheque (der Eurocheque). Negli anni ’80 infatti si poteva già sentire dire “Nehmen sie einen Euro?” dove Euro stava per -cheque. Quindi sono tanti i motivi che, almeno per le parole di recente introduzione, possono portare a imporre un genere piuttosto di un altro. Il problema resta in effetti soprattutto con i prestiti, anche se tendenzialmente prendono il genere del corrispondente tedesco, es. der Single (= der Junggeselle, ma si usa il maschile anche per indicare la donna single, die Junggesellin), das Bike (s) (= das Fahrrad), der Shop (= der Laden, ma: das Geschäft), der Computer (= der Rechner), der Monitor (= der Bildschirm), der Cargo (= die Fracht), die E-Mail (= die E-Post), der Bodyguard (= der Leibwächter). Un altro problema analizzato da Rowley è che nella lingua parlata ci sono generi apparentemente diversi da quelli regolari. Per es. ci sono oscillazioni regionali o stilistiche: der/das Liter e Meter, der/das Radio (in Austria e Svizzera è maschile, come der Rundfunk); anche Bach “ruscello” dovrebbe essere maschile, ma nella zona sud-occidentale è femminile, e Butter, che dovrebbe essere femminile, nella zona sud-orientale è maschile. Spesso il genere cambia perché si sottintende qualcos’altro. Così, mentre la grammatica dice che i nomi delle marche sono maschili, es der BMW, riferito a der Wagen, il nome, riferito a una moto, è femminile, die BMW, perché il parlante tende a considerarla una Maschine, che è femminile. Lo stesso se un operaio dice Ich gehe in die BMW arbeiten, sottintendendo die Fabrik. Quindi anche il cinema Zauberberg sarà das Zauberberg, anche se il nome Berg di per sé è maschile, e così il treno Frankenland sarà der Frankenland, anche se Land è neutro. Questi falsi-errori si trovano spesso negli slogan pubblicitari e nella lingua colloquiale. Es. das König der Biere (invece di der König) perché Bier è neutro. E, a proposito di birra, Rowley ha notato che nei chioschi, alle stazioni, ecc. la gente dice “Eine Bier, bitte”, perché sottintende eine Dose. Si tratta di frasi ellittiche dovute alla tendenza dei parlanti verso l’economia linguistica e, per quanto riguarda il linguaggio pubblicitario, dipende dalla tendenza alla incisività. Infine Rowley nota che c’è un rapporto tra genere e sesso per quelle parole che riguardano persone. Es. Säugling dovrebbe essere maschile, ma a volte diventa neutro, perché riferito a das Kind. Anche Mädchen e Fräulein a volte si usano al femminile. E quando si dice di un neonato: “Ach das süße kleine Wurm!”, Wurm è neutro, invece che maschile, perché riferito a Kind. In questo caso il Duden registra l’oscillazione di genere nelle due accezioni, ma Rowley ha sentito anche das süße kleine Maus, sempre riferito a Kind, invece che femminile. Il Denglisch

lettura di Stop making sense!, p. 47/I Er designs, sie hat recycled, und alle sind chatting, p. 145/I.

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In questi articoli si affronta la tedenza del tedesco a usare molti anglicismi. Si parla in questo caso di Denglisch: è un fenomeno molto esteso oggi e riguarda la forte diffusione di termini di origine inglese nella lingua tedesca. Il termine è una contaminazione tra Deutsch e Englisch. Esiste anche Engleutsch e Germish (quest’ultimo in inglese). Rientra nella categoria più ampia delle Entlehnungen (prestiti), ma il Denglisch si differenzia dai normali anglicismi (un termine neutrale) per l’esagerata presenza di prestiti anglosassoni: non solo sostantivi (che sono i prestiti più comuni), ma anche aggettivi (flessi e inseriti nella sintassi tedesca) e strutture sintattiche diverse da quelle normali tedesche (es. Liebe machen < to make love, ormai è ben integrato). Denglisch è un termine peggiorativo usato proprio dalla Sprachkritik perché l’inglese è molto più presente che in casi di normali prestiti. Esempi: das ist eine stylishe Hose: si potrebbe dire das ist eine modische, schöne Hose, non si giustifica l’uso dell’inglese. auf der Party waren unheimlich coole Leute: si potrebbe dire nette Leute (comunque cool ormai è molto diffuso). Questi anglicismi “alla moda” tendono sempre più a essere pronunciati con corretta pronuncia inglese. Es. Lady in tedesco si pronunciava con [e:], ma oggi si tende a pronunciare con il dittongo [ei] come in inglese. Lo studioso Hermann Zabel, nel libro Denglisch, nein danke (2001) è convinto che presto anche i dittonghi inglesi entreranno a far parte del sistema fonetico tedesco proprio per influsso del Denglisch. Spesso il Denglisch porta anche a composti ibridi che confondono le idee soprattutto a chi conosce l’inglese, per es. Backshop: si pensa a un “negozio sul retro”, ma Back- è la radice del verbo tedesco backen, e indica un negozio di panetteria. Quindi il problema si pone soprattutto con quelle parole inglesi che assomigliano al tedesco, i falsche Freunde, che però hanno un significato diverso. Un altro esempio di questo tipo è Datenkorruption < ingl. data corruption. In ted. Korruption = Bestechung “corruzione”, non “alterazione (di dati)”. Certi termini inglesi o simili all’inglese non esistono affatto in inglese, quindi sarebbe meglio non usarli con gli anglofoni, che potrebbero non capire. Per es. in italiano pullman: in ingl. è il nome dell’inventore del vagone letto del treno, non ha niente a che vedere con il bus. In ted. das Handy = das Mobiltelefon, mentre in ingl. si dice mobile phone. Si tratta di prestiti apparenti. A proposito lettura di Leichensäcke aus dem Supermarkt, p. 80/I, dove il termine body bag (“sacca per cadaveri”) è usato ormai oggi per indicare qualsiasi tipo di borsa o zaino. Il Denglisch fa fare confusione anche perché si tratta spesso di costruzioni recenti e occasionali, non ci sono regole certe per l’attribuzione del genere grammaticale e spesso non si sa come fletterli. Per es. il verbo downloaden: il part. pass. può essere gedownloadet oppure downgeloadet. Il Denglisch si trova oggi soprattutto nel gergo economico, informatico, musicale, giovanile e nelle pubblicità. Questo ampio utilizzo di americanismi è influenzato in parte da internet: Schlobinski nel 2001 ha riportato un calcolo del NEC Research Institute di Princeton secondo cui l’89% dei documenti nel web è redatto in inglese. Quindi è inevitabile che i termini inglesi si diffondano velocemente. Anche il linguaggio economico abbonda di anglicismi, e la globalizzazione dell’economia ha contribuito alla diffusione di termini come das Mobbing o das Facility-management = Liegenschaftsverwaltung “gestione di immobili”: qui l’anglicismo è un termine tecnico non sostituibile da Liegenschaftsverwaltung, che è più generico. Storicamente i prestiti dall’inglese si legano ad altri ambiti semantici: gli anglicismi più noti e ormai stabili nel lessico tedesco derivano dall’inglese britannico (quelli introdotti fino alla fine della I guerra mondiale), mentre il Denglisch deriva da una certa moda per tutto ciò che è americano (quindi potremmo parlare anche di Amerikanismen invece che di Anglizismen). Gli americanismi in

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particolare si diffondono dopo la II guerra mondiale, a causa della storia della RFT (il piano Mashall (1948), l’uso dell’inglese come lingua franca all’Onu), e anche della moda dell’American way of life (das T-Shirt, der Hamburger, das Jogging, der Rock (‘n roll), das Shampoo, der Job, der Teenager, der Manager, ecc.). L’introduzione degli anglicismi dipende anche dall’ambito semantico: i termini legati ai mezzi di trasporto spesso derivano dall’inglese. I prestiti più antichi a proposito sono quelli legati alla navigazione e sono mediati dal basso tedesco, es. der Lotse (basso ted. Lootsmann < loadsman, ingl. load = Weg), das Dock (dock, bacino di carenaggio). Più tardi, con la diffusione delle ferrovie, vengono introdotti in tedesco termini come die Lokomotive (< ingl. locomotive) e il calco die Dampfmaschine (> steam engine). I prestiti più antichi si riconoscono anche per l’adeguamento alla ortografia tedesca, es. Keks < cakes, ma ci sono anche casi contrari: negli anni ’80, con la diffusione dei computer, il termine veniva scritto Komputer, Kompjuter, ma queste grafie non si sono imposte. Alcuni studiosi giudicano positivamente il Denglisch, perché molti anglicismi sono più brevi e pregnanti degli equivalenti tedeschi. Ma questo è vero solo in parte, per es. der Cargo = die Fracht: oggi Cargo indica il carico solo di navi e aerei, non traduce più solo “carico” in generale, che è ancora indicato da Fracht; der Newcomer = der Neuling (principiante che ha successo, non è la stessa cosa di Neuling, “novellino” in diversi ambiti); der Service point (in un negozio di telefonia) = die Information, die Auskunft (info telefonica); ma questi altri sono da considerare sinonimi e l’equivalente tedesco non è meno chiaro di quello inglese: der Computer = der Rechner. der Monitor = der Bildschirm der Flyer = das Faltblatt (die Broschüre), die Flugschrift die E-Mail = die e-Post (per indicare il servizio di posta elettronica) der Bodyguard = der Leibwächter Chi è contrario, invece, ne sottolinea i problemi di comprensione. I più puristi chiamano questa una sorta di malattia, di BSE (Bad Silly English opp. Bad Simple English), che in tedesco si chiama das Kauderwelsch, cioè una lingua non comprensibile (viene da kaudern “borbottare, parlare in modo indistinto” + romanisch). Questa tendenza ad abusare di termini che ricordano l’America è giudicata negativamente anche perché questo può rispecchiare addirittura un odio per qualsiasi altra cultura che non sia americana. Infatti i tedeschi in questo non si dimostrano affatto multikulti (das Multikulti = die Multikulturalität), ma al massimo bi-kulti. Quello che preoccupa di più del Kauderwelsch è l’imbastardimento della lingua tedesca, la fusione di un termine tedesco con uno straniero. Un esempio tipico è l’aggettivo light, che assomiglia al ted. leicht, quindi tende a essere usato al posto di quello tedesco soprattutto con prodotti da mangiare (es. lightes Joghurt, ma il Duden riporta anche Bier light, secondo il Duden gli aggettivi stranieri andrebbero usati posposti e non flessi). Quindi una particolarità del Denglisch è spesso la natura di questi prestiti: spesso si tratta di parole miste o di calchi, soprattutto nei casi in cui le parole inglesi assomiglino a parole tedesche, o che possono essere declinate come parole tedesche. L’influsso della lingua inglese si fa notare inoltre anche sulla sintassi tedesca, per es. ich halte dich für einen… > ich finde dich einen… (< ingl. I find you a…) im Jahr 2008 / 2008 > in 2008 ich erinnere mich daran > ich erinnere das (< ingl. I remember that) auf Deutsch > in Deutsch (< ingl. in German)

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Il tedesco nel mondo: lettura di Deutsch als Amstssprache der USA, p. 131/I

Weltsprache Deutsch, 226/II. Come ci sono gli anglicismi in tedesco, ci sono tedeschismi in inglese e in altre lingue del mondo. Inoltre il tedesco non viene parlato solo in Germania. Austria: In Austria fino all’epoca di Metternich il tedesco era lingua minoritaria legata a Vienna, mentre più diffuse erano l’italiano e le lingue slave. Il tedesco diventa più importante appunto con Metternich, che ha stretti rapporti politici con la Prussia, e dopo la I guerra mondiale, quando perde l’Ungheria. Oggi le lingue minoritarie ufficiali in Austria sono lo sloveno (in Carinzia), l’ungherese, il romeno, lo slovacco e il ceco nelle zone di confine. Qui oggi la lingua nazionale è il tedesco standard ma con coloriture bavaresi. Svizzera: In Svizzera ci sono quattro lingue ufficiali: il tedesco standard, il francese, l’italiano e il romancio. Anche se la Confederazione Elvetica ha più di una lingua ufficiale, la popolazione è monolingue, tranne nelle città di confine Bienne/Biel e Fribourg/Freiburg, di lingua francese e tedesca. Nella zona tedesca vige la diglossia, cioè l’uso separato di due sistemi linguistici con funzioni diverse: lo Schriftdeutsch o tedesco standard, per la lingua scritta, e il dialetto (Schwyzertütsch) quale lingua parlata. La situazione linguistica della Svizzera è immutata dal 1499, anno dell’indipendenza della Confederazione dall’Impero. Lussemburgo: Qui ci sono tre lingue ufficiali (o meglio: nessuna, perché la costituzione lussemburghese non ammette lingue ufficiali): francese, tedesco e lussemburghese (Letzebuergesch). Questo porta alla triglossia: il francese è la lingua amministrativa e della scuola secondaria; il tedesco standard è la lingua dell’educazione primaria e della stampa; il lussemburghese si affianca a entrambe ed è la variante più comune nella lingua colloquiale. Il Granducato del Lussemburgo è l’unico Stato che abbia dato ufficialità a un dialetto. Il francese è minoritario dal 1839, quando il Lussemburgo cede al Belgio la parte di territorio di lingua francese, valorizzando così la lingua tedesca. Fino agli anni del nazismo erano in uso sia il francese che il tedesco, poi per il rifiuto del nazismo si mette da parte il tedesco standard a favore del dialetto. Altri Stati con il tedesco come lingua minoritaria: Belgio: ha due lingue ufficiali: il francese e il nederlandese. Nella provincia di Arlon (la più meridionale, al confine con il Lussemburgo), si parla lussemburghese. Francia: ha solo una lingua nazionale, il francese, ma vi sono riconosciute molte lingue minoritarie e regionali: a sud: provenzale, occitano, corso, catalano e basco; a nord il bretone, a est il fiammingo e l’alsaziano. Mentre il fiammingo è una varietà dialettale di nederlandese (quindi deriva dal basso tedesco), l’alsaziano è una varietà di basso alemanno. Questo dialetto è parlato in Alsazia sia per motivi di vicinanza geografica con la Germania, sia perché è la lingua madre delle generazioni più anziane. Infatti l’Alsazia (e la Lorena, che però perde il dialetto tedesco) sono annesse all’Impero germanico dal 1871 al 1918, e tornano brevemente sotto la Germania tra 1940 e 1944. Paesi Bassi: hanno come lingua ufficiale il nederlandese, ma a livello dialettale sono presenti anche il frisone e il basso sassone. A cavallo tra Paesi Bassi, Belgio e Germania, si parla anche il Limburgisch, cioè una varietà di tedesco tipica della provincia olandese di Limburg e vicina al francone.

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Italia: in seguito alla I guerra mondiale, in Alto Adige, dove si parla il bavarese meridionale. Oggi il tedesco standard (con sfumature bavaresi) è lingua ufficiale nella regione a statuto speciale del Trentino. Nell’Europa dell’Est: Sin dal basso medioevo ci sono tendenze delle popolazioni di lingua tedesca a spostarsi verso est, per questioni economiche o politiche. Nascono lingue miste anche solo per i contatti alle zone di confine. Per es. c’è una popolazione chiamata Donauschwaben (gli Svevi del Danubio, o Svevia del Danubio) formata da quei tedeschi emigrati nell’Europa orientale nel XVIII sec. e in particolare nelle zone del Danubio in Ungheria, Romania e ex-Iugoslavia. In Polonia si parla anche lo slesiano (Schlesisch), nella zona della Slesia, che si estende lungo il fiume Oder in gran parte in territorio polacco e a sud in parte nella Repubblica Ceca. Il tedesco di questa zona si chiama anche Sudetendeutsch, perché si parla nella zona a nord dei monti Sudeti. Città principale di questa zona è Breslavia (Breslau). La zona apparteneva alla Boemia, poi è passata agli Asburgo, poi alla Prussia, quindi la lingua originariamente era proprio il tedesco, poi arricchita di influssi slavi dopo la II guerra mondiale quando è passata alla Polonia. In Slovacchia e Ucraina si parla anche il Karpatendeutsch, soprattutto nella zona di Pressburg, Bratislava. Qui i parlanti tedesco sono arrivati già nel tardo medioevo. Nel mondo: Ci sono anche dei pidgin, delle Mischsprachen, con base tedesca, soprattutto nelle zone di confine o dove si sono stanziate colonie di emigrati tedeschi. La più importante è lo Jiddisch (contrazione di Jüdisch-Deutsch), che si sviluppa nel XIII-XIV sec. a causa di particolari avvenimenti storici: in seguito alle Crociate, e nel XIV sec. alla peste, gli Ebrei vengono perseguitati e cacciati, e molti ebrei tedeschi si rifugiano a Est, soprattutto verso l’attuale Polonia. In queste nuove aree gli ebrei tedeschi continuano a parlare il tedesco, che però si arricchisce di elementi slavi. Si è calcolato che negli anni ’30 ci fossero tra Germania e Polonia circa otto milioni di parlanti Jiddisch. Poi un milione si è spostato negli Stati Uniti. Oggi esistono nel mondo circa tre milioni di parlanti Jiddisch, soprattutto negli Stati Uniti, nelle ex-repubbliche sovietiche dell’Europa dell’Est e in Israele. L’Jiddisch è una lingua molto vicina al tedesco dal punto di vista morfosintattico, anche se la scrittura è con caratteri ebraici e da destra a sinistra. Il lessico è formato per il 70-75% da parole tedesche, il resto da parole romanze, slave ed ebraiche. Oggi ci sono molte parole di origine jiddisch in tedesco, es. dufte! (toll!), zocken “tentare la fortuna al gioco”, guten Rutsch! (< rosch “inizio”), schmusen < schmußen (“farsi le coccole”, “chiacchierare”). In molte nazioni ci sono lingue miste che hanno nomi particolari, es. (da Wikipedia): - Belgranodeutsch in Argentina (mentre gli ispanici in Germania parlano l’Alemañol), dal nome del quartiere Belgrano di Buenos Aires. - Riograndenser Hunsrückisch (hunsriqueano riograndense) una variante dialettale del Hunsrück, che si trova nella Renania Palatinato. L’emigrazione in Brasile è iniziata duecento anni fa. - Küchendeutsch è una lingua di contatto con base tedesca diffusa in Namibia all’epoca del protettorato tedesco dal 1884 al 1915. Si è diffuso anche grazie alla somiglianza con l’Afrikaans. - Pennsylvania Deutsch e altre varianti parlate da Amish e Mennoniti negli USA e in Canada. Ormai è una Mischsprache con l’inglese. Influsso del linguaggio pubblicitario sull’uso degli aggettivi:

lettura di Die reinste Puromanie, p. 23/I Sind rosane T-Shirts und lilane Leggins erlaubt?, p. 164/I.

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Nel primo dei due articoli Sick parla della moda di posporre l’aggettivo attributivo in forma adesinenziale. Nel secondo articolo invece parla della tendenza a flettere gli aggettivi che indicano certi colori. Secondo la grammatica, gli aggettivi possono avere funzione attributiva o predicativa. Funzione attributiva flessi: - davanti al nome, es. ein guter Einfall. - anche se il nome è sottinteso, es. Anna nimmt die rote Tasche, Inge die gelbe - dopo il nome quando ha funzione di apposizione, es. Studenten, vor allem ausländische, sollten keine Schwierigkeiten haben, ein Zimmer zu finden. Funzione attributiva, ma non flessi: - locuzioni cristallizzate in cui l’aggettivo mantiene la posizione regolare, es. auf gut Glück, ein gut Teil, (nur) ruhig Blut!, (mit jdm.) gut Freund sein, sich bei jdm. lieb Kind machen “ingraziarsi qcuno” (bei jdm. lieb Kind sein), das ist eine prima Idee! - in alcuni proverbi, es. Abendrot, gut Wetter droht, gut Ding will Weile haben, ein gut Gewissen ist ein sanftes Ruhekissen. - solch, manch e welch, spt. se legati all’art. indet., es. mit einem solch großen Aufwand, Wer macht denn hier solch ein Theater? Welch kluger Gedanke! Welch ein Wunder! Ich habe schon manch einen guten Freund gehabt Manch einer hält sich für klüger, als er ist. - davanti a nomi propri, es. Klein Michael, in ganz England, von halb Deutschland - nello stile poetico, soprattutto nel XIX sec., es. ein politisch Lied! (Goethe), Kein schöner Land (comparativo, è il titolo di un Volkslied). - in nomi propri composti, es. Alt-Wien, Groß-Berlin, Kölnischwasser / kölnisch Wasser. Questo lo si nota a proposito del “postnominales Adjektiv”, molto comune negli slogan pubblicitari, quando l’aggettivo viene usato posposto e non flesso, più o meno come con la funzione predicativa, con la differenza che qui non c’è il verbo, come si legge in Die reinste Puromanie, es. Henkell trocken, Whisky pur Questa costruzione è diventata di moda in questi ultimi anni soprattutto nella stampa anche in frasi complete, non solo negli slogan, es. Das war Leben pur (Hörzu), Abfallbörse international (Spiegel). L’influsso del linguaggio della stampa e della pubblicità è tanto forte che il Duden registra anche casi di uso colloquiale della costruzione, es. mein Mann selig, tausend Euro bar. Un problema simile si pone con gli aggettivi dei colori: alcuni aggettivi, soprattutto quelli derivati da sostantivi, non si declinano, es. ein orange Kleidungsstück, ein lila Rock. Però nella lingua parlata si tende a declinarlo, soprattutto quando si tratta di colori molto noti. Un altro caso in cui si tende a declinare i colori è nelle costruzioni ellittiche, che non ammettono un aggettivo non flesso. Es. zwei gelbe Stäbchen sind so lang wie ein oranges. Però è una costruzione ammessa solo nella lingua colloquiale. La lingua standard prevede l’uso di aggettivi composti con . -farbig/-farben (ein rosafarbiges Kleid, eine cremefarbene Tasche), . nomi (eine rosarote Krawatte, ein olivgrüner Rock) . frasi preposizionali (ein Kleid in Rosa, eine Überschrift in Orange).

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I nomi dei colori sono adesinenziali, es. die Energie und Wirkung des Gelb. Nella lingua colloquiale si accetta la -s al plurale, es. die Blaus und Violetts. Gli aggettivi sostantivati invece si comportano come gli aggettivi, es. ein Blick ins Grüne, die Pflege des Grünen. Nell’articolo Sind rosane T-Shirts und lilane Leggins erlaubt? Sick elenca alcune locuzioni in cui i colori vengono flessi normalmente: ein rotes Tuch: “fumo negli occhi” ein blaues Band: onoreficenza per le navi ein gelber Fleck: “macula” (parte dell’occhio) ein grüner Punkt: “bollino verde” (indica ciò che è riciclabile) Problema del genere grammaticale di parole che indicano persone:

lettura di Liebe Gläubiginnen und Gläubige p. 168/I. In italiano certi nomi che designano una carica ufficiale possono essere maschili anche se attribuiti a una donna. Es. il ministro, il sindaco. Però in italiano manca una normativa certa sull’uso del femminile di certi nomi che tradizionalmente (a causa di una cultura maschile e maschilista) sono solo maschili: capita di trovare, riferito a donne, per es., il sindaco, la sindaca o la sindachessa. Invece in Germania ci sono addirittura pubblicazioni ufficiali su discussioni parlamentari dedicate al problema. In Germania si è dovuti giungere a queste discussioni perché soprattutto nel linguaggio burocratico c’erano due tendenze: 1) la tendenza di usare il maschile generico (che include anche il pubblico femminile), rifiutata dalle femministe. In italiano questa possibilità invece è abbastanza accettata, anche se in politica si sente più spesso dire “elettrici e elettori” ecc. Nel 1986-87 la questione viene dibattuta anche al Parlamento tedesco, che cerca di fissare norme per l’uso del maschile e del femminile. In effetti è una questione anche di chiarezza: non sempre usare il maschile singolare come termine generico è chiaro: per es. Student significa “lo studente” (che include anche il femminile); ma una rivista per giovani che si intitola Studentenmagazin viene interpretata come una rivista rivolta solo a studenti maschi, diversa da Studentinnenmagazin. E le femministe non trovano giusto dover usare il maschile per indicare una pluralità di persone di cui solo una è un maschio. 2) la difficoltà di leggere frasi dove, per questioni di “pari opportunità”, si usavano molte barre “/” per indicare sia il maschile che il femminile. Es: Eigenhändige Unterschrift des/der Antragsteller(s)/in oder sein(es)/er bzw. ihr(es)/er gesetzlichen Vertreter(s)/in (= Firma autografa del / della richiedente o del suo / della sua rappresentante legale) Nella interrogazione parlamentare si giunge a dare direttive sull’uso del maschile o femminile: soprattutto per evitare di dover sempre citare entrambe le forme, il problema viene risolto consigliando di evitare i sostantivi maschili, sostituendoli con participi e aggettivi nella loro forma plurale indifferenziata (es. die Berechtigten, die Antragstellenden); e di prediligere l’uso di Person e perifrasi al passivo (wer… wegnimmt… wird bestraft, ecc.). Altre possibilità sono: 1) di usare composti con -kraft, quindi, per es., die Lehrerin oder der Lehrer die Lehrkraft; Fachmann oder Fachfrau die Fachkraft. 2) prediligere sostantivi in -ung, per es. die Leiterin oder der Leiter die Leitung; die Präsidentin bzw. der Präsident das Präsidium.

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3) prediligere sostantivi con altre derivazioni, per es. die Beamtinnen und Beamten die Beamtschaft; die Dezernentin oder der Dezernent das Dezernat; Ratsherr und Ratsfrau > Ratsmitglied. A parte il problema dello stile burocratico, le femministe hanno proposto alcune modifiche della lingua, come la sostituzione del pronome indefinito man con frau. Questo si nota soprattutto quando il discorso verte su temi prettamenti femminili, come la maternità. Per es. in un opuscolo sulla gravidanza si legge: “Wie kann man seine Schwangerschaft frühzeitig selbst feststellen?” Il pronome man richiede il possessivo maschile sein, e questo viene percepito come una incongruenza. Allora si è proposto “Wie kann frau ihre Schwangerschaft frühzeitig selbst feststellen?”. Però questo uso non si è imposto, perché a questo punto si preferisce sostituire il pronome con il sostantivo, quindi “Wie kann eine Frau ihre…”. Altri tentativi simili sono la sostituzione di man con mensch, jederman con jedefrau, ecc., ma non si impongono. Più successo hanno avuto i sostantivi composti con -frau, es. Kaufmann / Kauffrau (plur. Kaufleute); Obmann / Obfrau (plur. Obleute); anche Fachfrau e Kamerafrau. Un’altra soluzione per non dover ripetere sempre il maschile e il femminile è di abbreviare le parole, es. Studis (quindi anche nei composti, come Studibewegung, Studizahlen) e Prof(s). Oppure si usa il relativo participio presente, es. die Studierenden. Oggi si è giunti a una soluzione: inserire la I maiuscola nelle parole che possono essere femminili e maschili, es. SprecherIn e SchreiberIn. Questo uso è stato imposto da linguiste femministe, infatti tende a prevalere solo nelle parole connotate positivamente, e non in parole come VerbrecherIn (come sottolinea anche Sick). Questo uso si rivela utile nella lingua scritta, dove la I separa il maschile dal suffisso femminile e porta a una unità grafico-semantica. In certi contesti però è una questione di stile: è meglio indirizzare un discorso a Kolleginnen und Kollegen piuttosto che a KollegInnen. A questa soluzione si è giunti casualmente. Si trova per la prima volta nel 1983 in un numero della Wochenzeitung di Zurigo in una inserzione relativa a una radio privata, in cui si trova scritto das HörerInnenradio. Da allora si è notato che è più comodo scrivere, invece di Hörer und Hörerinnen, e anche meglio di Hörer/innen, semplicemente HörerInnen. E addirittura invece di Abonnent/inn/en > AbonnentInnEn. In Germania lo spunto è stato colto per primo dalla TAZ (Tageszeitung di Berlino), e poi fatto proprio dalla stampa di sinistra. Oggi invece è diventato di uso comune. Anzi si tende ad abusarne, anche in composti con -schaft, che già indicano collettità, come in DozentInnenschaft. Al plurale questo uso è molto comodo, tanto più che esiste solo un articolo per il plurale, quindi die BriefträgerInnen. Al singolare, però, rimane da mettere l’alternativa dei due articoli, es. der/die BriefträgerIn, e la cosa si complica se il nome segue la declinazione forte e al genitivo maschile richiede la -s. Es. des/der Leser(s)In. In questi casi è consigliabile ricorrere alle forme complete. Il problema si pone anche nella lingua orale: questo espediente infatti non è solo grafico, ma può essere usato anche parlando, con l’aiuto della intonazione che pone l’accento proprio sulla I.