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1 BOLLETTINO DEGLI EMIGRATI COMUNISTI IN EUROPA Volume 1, Numero 0 Marzo 2014 I N QUESTO NUMERO 1 Una voce alternativa per l’emigrazione Italiana 1 I servizi consolari ed il diritto di voto all’estero 2 Chiusura dell’Istituto Italiano di Cultura in Lussemburgo 2 L’estate delle espulsioni 3 Intervista a Silvia Guerra, europea, italiana, espulsa 4 La foo del fatto del mese Una voce alternativa per l’emigrazione italiana Di Red-Azione In occasione della 31 edizione del Festival dell’Emigrazione in Lussemburgo, inauguriamo il ritorno di una voce alternativa per l’emigrazione italiana in Europa. Un bollettino di comunicazione e collegamento per gli emigrati fatta da emigrati. Per scambiare riflessioni e punti di vista in merito alle problematiche della nuova e della meno giovane emigrazione italiana. Per discutere dei nostri problem e delle nostre esigenze, non perdendo il punto di vista su quello che avviene in Italia. Lo faremo da un punto di vista alternativo. Partigiano. Di chi non si arrende e vuole rivoluzionare e migliorare questa Europa dominata dalle banche e dalle finanza, per farne un luogo solidale dove la vita dei cittadini valga di piu’ dei vincoli di bilancio. Lo vogliamo fare in collaborazione con tutti quei cittadini emigrati e le organizzazioni progressiste che sono presenti sul territorio europeo e che si occupano di emigrazione. Per abbattere gli steccati e i piccoli interessi di bottega che fino ad oggi non hanno sicuramente aiutato gli emigrati italiani a risolvere i loro problemi in maniera efficace. I Servizi Consolari e il diritto di voto all’estero Di Federazione Europa PRC - PDCI Con l’approcciarsi delle prossime elezioni del Parlamento europeo, è ritornata alla ribalta la questione delle modalitá di voto e della rappresentanza dei nostri concittadini residenti permanentemente o temporaneamente all’estero. Esistono recenti proposte da parte del famigerato “comitato dei saggi per le modifiche costituzionali” dove si chiede la soppressione tout court del voto all’estero mentre altre proposte “concederebbero” la rappresentanza parlamentare senza possibilitá di incidere sulla fiducia ai governi. Inoltre questo tema è stato discusso in diverse sedi istituzionali degli italiani all’estero come il CQIE (il comitato per le questioni degli italiani all’estero) o all’assemblea pleanaria del CGIE. In generale, nessuna novitá è emersa, a parte la consapevolezza che il meccanismo di voto per posta rimane fortemente suscettibile a brogli di qualsiasi tipo – come accaduto nuovamente alle ultime elezioni politiche – e che la complessitá delle situazioni dei nostri residenti all’estero necessiterebbero di piú livelli di rappresentanza (parlamentari eletti all’estero, Comites, CGIE). Ritenendo importante la questione dell’espletamento del voto all’estero, vorremmo legare questa ad una che ha un impatto ancora maggiore sulla vita di noi italiani all’estero: la questione dei servizi consolari. Da decenni, ormai, le sedi consolari vanno riducendosi in maniera drastica. Non solo i servizi offerti sono spesso di pessima qualitá, ma é diventato troppo spesso impraticabile raggiungere gli uffici consolari a causa della distanza da percorrere. Il Ministero degli Affari Esteri ha avviato un percorso per la digitalizzazione di molti servizi consolari. Continua a pag. 3

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pubblicazione per gli emigrati comunisti in europa e nel mondo

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BOLLETTINO DEGLI EMIGRATI COMUNISTI IN EUROPA

Volume 1, Numero 0 Marzo 2014

IN QUESTO NUMER O

1 Una voce alternativa per l’emigrazione Italiana

1 I servizi consolari ed il diritto di voto all’estero

2 Chiusura dell’Istituto Italiano di Cultura in Lussemburgo

2 L’estate delle espulsioni

3 Intervista a Silvia Guerra, europea, italiana, espulsa

4 La foo del fatto del mese

Una voce alternativa per

l’emigrazione italiana Di Red-Azione

In occasione della 31 edizione del Festival dell’Emigrazione in

Lussemburgo, inauguriamo il ritorno di una voce alternativa per

l’emigrazione italiana in Europa. Un bollettino di

comunicazione e collegamento per gli emigrati fatta da emigrati.

Per scambiare riflessioni e punti di vista in merito alle

problematiche della nuova e della meno giovane emigrazione

italiana. Per discutere dei nostri problem e delle nostre esigenze,

non perdendo il punto di vista su quello che avviene in Italia.

Lo faremo da un punto di vista alternativo. Partigiano. Di chi

non si arrende e vuole rivoluzionare e migliorare questa Europa

dominata dalle banche e dalle finanza, per farne un luogo

solidale dove la vita dei cittadini valga di piu’ dei vincoli di

bilancio.

Lo vogliamo fare in collaborazione con tutti quei cittadini

emigrati e le organizzazioni progressiste che sono presenti sul

territorio europeo e che si occupano di emigrazione. Per

abbattere gli steccati e i piccoli interessi di bottega che fino ad

oggi non hanno sicuramente aiutato gli emigrati italiani a

risolvere i loro problemi in maniera efficace.

I Servizi Consolari e il

diritto di voto all’estero Di Federazione Europa PRC - PDCI

Con l’approcciarsi delle prossime elezioni del Parlamento europeo, è ritornata alla ribalta la questione delle modalitá di voto e della rappresentanza dei nostri concittadini residenti permanentemente o temporaneamente all’estero.

Esistono recenti proposte da parte del famigerato “comitato dei saggi per le modifiche costituzionali” dove si chiede la soppressione tout court del voto all’estero mentre altre proposte “concederebbero” la rappresentanza parlamentare senza possibilitá di incidere sulla fiducia ai governi. Inoltre questo tema è stato discusso in diverse sedi istituzionali degli italiani all’estero come il CQIE (il comitato per le questioni degli italiani all’estero) o all’assemblea pleanaria del CGIE.

In generale, nessuna novitá è emersa, a parte la consapevolezza che il meccanismo di voto per posta rimane fortemente suscettibile a brogli di qualsiasi tipo – come accaduto nuovamente alle ultime elezioni politiche – e che la complessitá delle situazioni dei nostri residenti all’estero necessiterebbero di piú livelli di rappresentanza (parlamentari eletti all’estero, Comites, CGIE).

Ritenendo importante la questione dell’espletamento del voto all’estero, vorremmo legare questa ad una che ha un impatto ancora maggiore sulla vita di noi italiani all’estero: la questione dei servizi consolari.

Da decenni, ormai, le sedi consolari vanno riducendosi in maniera drastica. Non solo i servizi offerti sono spesso di pessima qualitá, ma é diventato troppo spesso impraticabile raggiungere gli uffici consolari a causa della distanza da percorrere.

Il Ministero degli Affari Esteri ha avviato un percorso per la digitalizzazione di molti servizi consolari.

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Chiusura dell'istituto

Italiano di Cultura in

Lussemburgo di IL-P Traduzione UM

Dopo la chiusura del Consolato d'Italia a Esch-sur-Alzette nel 2008, il ministro degli affari esteri italiano ha deciso di chiudere l'istituto Italiano di Cultura del Lussemburgo, ancora per dei supposti motivi economici.

Come nel caso "Casa Italia", ci sono state subito delle reazioni. Toccato al cuore, Jean Portante, poeta lussemburghese di origini italiane, ha deciso di scrivere una lettera aperta a Enrico Letta (in quel momento ancora Presidente del Consiglio dei Ministri) al fine di far cambiare la decisione del governo.

Nella lettera sottolinea che l'Istituto di Cultura, che qualifica come"ambasciatore prezioso" dell'Italia in Lussemburgo, svolge un ruolo importante, non soltanto per la comunità italiana, ma anche per gli italo-lussemburghesi e per i lussemburghesi, per il fatto che, attraverso le sue attività, contribuisce a tessere i legami tra le due comunità.

La lettera è stata fatta pervenire ad Enrico Letta e alla Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino. Ad oggi, non meno di 300 persone hanno firmato la lettera, tra questi ci sono personalità del mondo della cultura e del mondo politico lussemburghese.

Ma di cosa dobbiamo meravigliarci? Il governo Italiano continua a perpetrare la politica di Berlusconi e dei suoi successori. Cultura ed educazione appaiono sempre tra le prime vittime dei tagli finanziari. Sono anni che gli studenti manifestano contro la riduzione drastica dei fondi per l'educazione. Mentre i dirigenti politici, che siano deputati nazionali o europei, (tra l’altro tra i piu' pagati d'Europa) continuano a non opporsi efficacemente.

Il Governo non riesce a comprendere che l’istruzione e la cultura sono una delle poche cose che potrebbero garantire uno sviluppo ed un futuro migliore ai nostri giovani. Altrimenti condannata a fare come molti altri italiani hanno dovuto fare prima...prendere la valigia e andare a cercare, non la fortuna, ma una vita migliore in giro per il mondo. Cosi, nel 2012, 78941 italiani sono stati costretti ad abbandonare il paese, dei quali il 44,8 % ha tra i 20 e i 40 anni.

Quindi ci uniamo all’appello per salvare l’Istituto Italiano di Cultura ma crediamo che l’offensiva debba essere per investire di piú e meglio in tutta la cultura italina.

Cio' che bisognerebbe domandare al Presidente del Consiglio,

in questa lettera, è che riveda tutto il suo programma prima che

l'Italia decada ulteriormente, ritrovandosi nella stessa situazione

della Grecia...o peggio

L’estate delle espulsioni

In Lussemburgo, come altrove, varie famiglie non regolari

sono state espulse durante i mesi estivi. Di Paola Cairo www.passaparola.info

Quelli che abitano nei foyer del Granducato da vari anni con i figli in età scolare, quelli che hanno chiesto asilo e che aspettano una risposta, quelli che sono arrivati qui per curarsi perchè malati e che vengono espulsi, rimpatriati.

Quelli senza documenti, quelli che non hanno diritto di restare in Europa perchè considerati “clandestini”. Anche quest’anno ce ne sono stati parecchi, in Lussemburgo, di rimpatri.

Due casi esemplari, in particolare, ci hanno coinvolto in prima persona e abbiamo voluto testimoniare con due articoli sul nostro sito www.passaparola.info. Quello della famiglia di kosovari con la bambina di due anni che è stata alloggiata da sola nel Centre de Rètention di Findel e che poi, è stata rimpatriata con la madre.

43% è la percentuale di stranieri residenti in Lussemburgo. Il 35% in più negli ultimi 10 anni

Nomi, volti, storie, persone come noi con desideri, sogni, aspettative comuni ma con una sola, grande differenza: quella di non appartenere all’Europa comunitaria, la cosiddetta “fortezza Europa”, inespugnabile e “accerchiata”. Il vecchio continente si ripiega su se stesso e tenta di salvarsi dalle “invasioni” senza considerare che la globalizzazione non la ferma nessuno.

Il Governo lussemburghese cosa fa?

Si organizza in estate, quando le scuole sono chiuse, quando l’attenzione della pubblica opinione è piu bassa per espellere, rimpatriare, rimandare indietro chi non ha diritto di restare. Forse per non creare precedenti legali e non rendere il Granducato il Paese del turismo delle visa (come ha ribadito il Ministro Schmit nella sua ultima intervista a Le Quotidien, 30 luglio 2012). In questo modo, il Ministero dell’Immigrazione demanda al giudice e il Tribunale sceglie la strada piu facile, quella dei rimpatri.

Come l’Italia di Monti che sceglie di firmare un nuovo accordo con la Libia per fermare le partenze dei migranti, chiudendo un occhio sulle gravi violazioni che migranti e rifugiati subiscono in quel Paese, come denuncia Amnesty International

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Un caso politico. Intervista a Silvia Guerra, europea,

italiana, espulsa di Wolf Bukowski www.connessioniprecarie.org

Pubblichiamo l’intervista fatta da Wolf Bukowski a Silvia Guerra, artista italiana espulsa assieme a suo figlio dal Belgio perché la sua occupazione non le permetteva di «mantenere il suo soggiorno in qualità di lavoratore salariato». Le convulsioni della cittadinanza europea che già sono state sperimentate e dimostrate a proposito dei migranti extracomunitari arrivano ora a coinvolgere una cittadina comunitaria. Secondo una modalità storicamente ricorrente, l’espulsione è stata motivata dal peso ingiustificato che Silvia avrebbe rappresentato per il welfare locale. Con molta lucidità Silvia rileva però che lei non è un caso sociale e, aggiungiamo noi, il suo non è nemmeno il caso giuridicamente interessante di diritti fondamentali occasionalmente negati. La storia di Silvia è una «questione politica», perché evidenzia il campo di tensione e di lotta che si è aperto in Europa. Da tempo i diritti e il welfare non sono espressioni del benessere europeo. Essi pretendono di collocare in maniera ordinata gli individui all’interno dell’Unione. La lotta per la libertà di movimento e di soggiorno di individui comunitari ed extracomunitari è perciò necessaria per contrastare l’imposizione di questo ordine. Sempre che non si voglia ritornare a un ordine locale e nazionale, accettando così la tendenza delle istituzioni dell’UE, la dimensione di questa lotta può essere solo europea. Essa è una lotta per la legittimità collettiva delle esistenze individuali. Risulta d’altronde evidente che per molte istituzioni europee, più che il passaporto, il problema sono i milioni di individui che non riescono a dimostrare di essere dei lavoratori salariati, cioè di essere in grado di pagare preventivamente per il loro welfare e per i loro diritti.

Questo colloquio con Silvia Guerra – la cittadina italiana espulsa, con suo figlio, dal Belgio – inizia a fine dicembre, nel take-away indiano di via Capo di Lucca a Bologna e continua via mail. Adesso Silvia è tornata a Bruxelles, dove il ricorso che ha presentato ha sospeso temporaneamente l’esecutività dell’ordine di lasciare il paese emesso dalla «Segreteria di Stato per Asilo, Migrazione e Integrazione sociale» [sic! comprese le maiuscole ed escluso il pudore per tale nome].

Wolf: Ho letto la rassegna stampa che mi hai mandato, Silvia, ma in quegli articoli la confusione è massima. Sei stata espulsa dal Belgio perché incapace di provvedere al tuo sostentamento, così si dice, ma non è chiaro se lavori, se sei disoccupata oppure lavori in nero. Qual è la tua situazione?

Silvia: Io sono musicista e attrice, e questo è il lavoro che svolgevo prima dell’espulsione. Il 19 novembre sono stata convocata dal mio comune, Saint-Gilles [Municipalità della città-regione di Bruxelles], senza sapere il perché, e mi è stato consegnato un «ordre de quitter le territoire». L’ordine – che naturalmente riguarda anche mio figlio minorenne – allude al fatto che io peserei sul welfare belga, ma neppure si preoccupa di esplicitarlo. Dice solo, te lo leggo: «ce type de travail ne lui permet pas de maintenir son séjour en qualité de travailleur salarié» e aggiunge che il tipo di contratto che ho attualmente «est une forme de aide sociale». Si tratta di un contratto ex art. 60 della legge del CPAS del 1976, in base al quale sono assunta per 18 mesi a partire dal dicembre 2012.

Questo é sicuramento meritorio – anche se un pò tardivo – ma lascia “abbandonati a se stessi” una grande fascia di immigrazione non più giovane, che spesso non ha dimistichezza o accesso alla rete. Ovviamente questa problematica é molto più rilevante nei paesi di antica emigrazione italiana.

Conosciamo direttamente molti cittadini non più giovani o con l’impossibilità economica di avere una connessione internet che negli ultimi anni hanno financo rinunciato alla nazionalitá italiana, dopo essersi scontrati con mille problemi di rinnovo dei documenti presso le autoritá consolari. Tutto questo giustificato dal mantra della mancanza di risorse – che per la veritá sembra non valere quando si parla di spese militari e di stipendi degli ambasciatori e funzionari diplomatici ….

Ci chiediamo come il governo italiano possa, da un lato spendere decine di milioni di Euro per le spese militari per “difendere” la democrazia – ovviamente per usare un eufemismo- in paesi terzi, mentre non riesca a trovare le risorse necessarie per garantire dei diritti fondamentali ai suoi cittadini cacciati all’estero dal proprio suolo poiché incapace di fornire prospettive e futuro di lavoro e di vita. la lobby militare conta più dei cittadini residenti all’estero

I circoli e le sezioni del PRC e del PdCI presenti all’estero, per rispondere in maniera adeguata alle necessitá dell’intera popolazione residente all’estero propongono due possibili soluzioni, sotto molti aspetti complementari:

- La presenza di personale del consolato in uffici pubblici del paese ospitante in maniera saltuaria. per mezzo di accordi bilaterali con lo stato ospitante, prendendo giusto a titolo di esempio quello che lo Stato di Cipro effettua durante le sue operazioni di voto.

- La predisposizione di uffici consolari itineranti che, a date fisse, si spostino all’interno del territorio di competenza. Questo, a fronte di un certo investimento iniziale – sempre comunque piu’ basso della spesa per gestire diverse sedi fisse – consentirebbe una capillare e flessibile presenza territoriale.

Se fosse approntato un servizio del genere in tempi brevi, si potrebbe utilizzare lo stesso sistema per garantire una rete di seggi itineranti per le prossime elezioni, in primis quelle europee , dove l’attuale sistema prevede il voto esclusivo nelle sedi consolari. Questa ultima condizione, in molti grandi paesi dell’Europa, comporterebbe un viaggio anche di centinaia di chilometri da parte dei potenziali elettori, violando il diritto costituzionale di elettorato attivo e scoraggiando di fatto la partecipazione democratica

Continua da pag 1

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Gli articoli riportati possono essere riprodotti citandone la fonte

e l’autore.

Suggerimenti? Critiche? Contattaci su [email protected]

Continua da pag.3 Lo Stato belga lo considera un aiuto sociale perché, attraverso il CPAS (Centro Pubblico di Azione Sociale, che firma il contratto) finanzia parte dello stipendio allo scopo di agevolare il reinserimento lavorativo del soggetto. Ma io, appunto, lavoro, e lavoro con un orario di 37 ore settimanali, ricevo una busta paga e posso iscrivermi a un sindacato. Che altro serve per essere considerato un lavoratore?

W: Insomma vediamo di capire: l’art. 60 è un contratto stipulato con una struttura pubblica – il CPAS – che ti cede, come lavoratrice, a un privato convenzionato. Ma visto che lavori 37 ore alla settimana, e quindi dai al tuo datore il 100% della tua prestazione lavorativa, dove viene indirizzato l’aiuto sociale? Quanto paga il tuo datore di lavoro del tuo stipendio? E quando ci mette il welfare belga?

S: L’apporto che il datore di lavoro deve fornire per un art. 60 varia da comune a comune e la percentuale dipende dal tasso di disoccupazione del comune in cui vivi. Dove vivo io lo Stato partecipa normalmente con il 20% perché il tasso di disoccupazione è basso rispetto ad altri comuni. Nel mio caso, il datore di lavoro ha richiesto, dimostrando di non avere i mezzi per pagare la somma pattuita, di partecipare con il 40%, invece che con l’80, barattando alcune prestazioni artistiche – di valore equivalente – in cambio di questa trasformazione della percentuale di apporto. Dove il tasso di disoccupazione è molto alto lo stato finanzia fino all’80% dello stipendio. Queste però sono informazioni che ho ricevuto in modo ufficioso, non ci sono documenti a cui io possa accedere per confermarle e trovo sia molto scorretto.

W: Insomma, se osserviamo la cosa da un punto di vista oggettivo – e i flussi di denaro e lavoro sono i soli punti di vista oggettivi – il beneficiario del welfare belga è il tuo datore di lavoro.Per quanto riguarda invece il discorso dei poteri pubblici su di te come lavoratrice, per come emerge dall’«ordine di lasciare il territorio», mi pare che sia perfettamente in linea con la riscrittura più recente del welfare europeo. Una riscrittura che rompe la distinzione tra lavoro e non lavoro, ma comunque non nel senso avanzato della garanzia, semmai in quello opposto. Ovvero: lavori a tempo pieno? Sì, ma non sei davvero un lavoratore, e questo è il tuo caso. Sei disoccupato? Beh, devi lavorare a un euro all’ora per non perdere i diritti sociali residui Però i giornali italiani hanno preferito scrivere che sei disoccupata. Ti sei fatta un’idea del perché?

S: Io credo, in primo luogo, che c’è stato un fraintendimento semantico tra me e i giornalisti. Quando, in italiano, usi parole come «inserimento lavorativo», «politica sociale», «aiuto sociale»… stai per forza parlando di un disoccupato. Pperché in Italia la politica sociale praticamente non esiste e quindi tante categorie, contratti,statuti, che altrove esistono da decenni, in Italia non hanno nemmeno un nome… E questo è uno tra i motivi per cui la gente emigra.

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come la Francia di Hollande che, nonostante le proteste della Ligue des droits de l’Homme, espelle cittadini di etnia rom verso la Romania e la Bulgaria – Paesi UE ;– attirandosi le critiche del commissario europeo per i diritti fondamentali Viviane Reding.

E l’Europa cosa fa?

Dal 2007 la Commissione europea sta studiando un regime d’asilo europeo comune, basato su “standard elevati di protezione” e “condivisione delle responsabilità e solidarietà fra gli Stati membri”, a cui ha fatto seguito, nel 2010, l’istituzione dell’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo. Per tutta l’estate appena trascorsa, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex, ndr) ha pattugliato le frontiere esterne terrestri, marittime e aeree con i mezzi di cui dispone.

Nonostante tutto cio`non si fermano gli sbarchi, ne i sogni dei migranti, ne nuovi arrivi nel Lussemburgo.

Amnesty International con il Rapporto “SOS Europa”, sostiene – da tempo, che l’Europa non sta promuovendo ne rispettando i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati. “L’ostilità nei loro confronti è diffusa e i maltrattamenti che subiscono rimangono spesso impuniti – ha dichiarato Nicolas Beger, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso le Istituzioni europee-. Fino a quando queste persone resteranno invisibili, saranno vulnerabili alle violazioni dei diritti umani».

In Lussemburgo come altrove.

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