42
Liuti, Violoni, Lyre, & simili Mostra di documenti sulla liuteria bresciana tra XV e XVII secolo a cura di Ugo Ravasio Archivio di Stato di Brescia

Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Mostra di documenti sulla liuteria brescianatra XV e XVII secolo

Citation preview

Page 1: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

Liuti, Violoni, Lyre, & simili

Mostra di documenti sulla liuteria brescianatra XV e XVII secolo

a cura di Ugo Ravasio

Archivio di Stato di Brescia

Page 2: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

Archivio di Stato di Brescia

Liuti, Violoni, Lyre, & similiMostra di documenti sulla liuteria brescianaa cura di Ugo RavasioApertura 23 aprile 2012, ore 16

In collaborazione con:

Conservatorio «Luca Marenzio» di Brescia

Si ringrazia sentitamente:

Associazione ACuTo - [email protected] - tel. 340 2307925

Associazione Bresciastory - [email protected] - tel. 340 5084747

Comune di Salòm.° Filippo Fasser, liutaio

Fotografie e grafica: Ugo RavasioIn copertina: Testa della cetera di Girolamo Virchi, costruita per l’Arciduca Ferdinando del Tirolo nel 1574Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Organizzazione:

Archivio di Stato di Brescia

Sigle adottate:ASB, Archivio di Stato di BresciaASC, Archivio Storico Comunale di Brescia, in Archivio di StatoAP Salò, Archivio Parrocchiale di Salò, Registri dei Battesimi

Page 3: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

3

Presentazione

In occasione della XIV Settimana della Cultura siamo lieti di presentare alla cit-tadinanza una mostra di documenti originali e immagini sulla liuteria bresciana Liuti, Violoni, Lyre, & simili attraverso la quale sarà possibile ritrovare le tracce storiche di questa nobile arte ben radicata nel territorio bresciano.

La circostanza che ci ha condotto a tale iniziativa nacque da una proposta fatta all’Archivio di Stato dalla associazione Acuto, di organizzare un evento che si col-legasse alle manifestazioni legate al percorso “Il violino tra Brescia e Cremona”.

Da questa idea iniziale venne poi l’intesa tra l’Archivio di Stato per i documenti originali, il Comune di Salò per le immagini e le descrizioni degli strumenti, il Conservatorio Luca Marenzio di Brescia per il commento storico musicale, ed il maestro Ugo Ravasio esperto conoscitore delle tecniche e della documentazione storica inerenti la liuteria, per organizzare la mostra che è oggi possibile ammi-rare.

Grazie alla generosità del Comune di Salò, sollecitato dal prof. Flavio Dassenno che ha seguito per conto del Conservatorio i lavori, grazie anche al contributo di Filippo Fasser, liutaio, si è potuto costruire un percorso espositivo, curato dal già ricordato liutaio Ugo Ravasio, che permette al visitatore sia di vedere e leggere i documenti storici della liuteria bresciana, sia di ammirare le splendide riproduzioni di alcuni preziosi strumenti, capolavori assoluti degli antichi mae-stri bresciani di tale arte.

L’Archivio di Stato

Page 4: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

4

Page 5: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

5

Sulla natura ed origine dei documenti esposti

La documentazione archivistica nasce con finalità ed intenti nei quali dominano motivazioni contingenti legate a quelle particolari attività prevalenti nel momento in cui essa è stata posta in essere.

La sedimentazione storica fa si che in epoche successive tali attività passino in secondo piano, ma si accentui l’interesse dello studioso verso gli aspetti sociali, economici o biografici connessi a quella documentazione.

I documenti del percorso espositivo di questa mostra sulla liuteria bresciana, sono essenzialmente riconducibili a tre tipologie documentarie: gli estimi, le custodie notturne, gli atti notarili.

Vediamo nel dettaglio in cosa consistono e che genere di informazioni storiche da essi possiamo trarre.

Gli estimi altro non sono che le ripartizioni dei carichi fiscali così come venivano effettuati sino alla costituzione dei moderni catasti. Le modalità di gestione della fiscalità in epoca di antico regime sono da inquadrare in un contesto normativo e statuale molto differente dall’oggi.

Semplificando si può dire che la fiscalità antica si basava sulla esazione di una quantità di denaro predeterminata dall’autorità politica in base alle necessità amministrative o militari del momento. Una delle conseguenze di questo fatto era che l’autorità centrale non si ingeriva nella riscossione diretta delle somme, ma questa veniva demandata ai poteri locali. Per ripartire e raccogliere le somme, localmente si procedeva alla compilazione degli estimi, cioè a determinare le capacita contributive dei singoli per poi effettuare la riscossione del dovuto e successivamente provvedere all’invio alla Dominante, cioè all’autorità centrale che a Brescia sino al 1797 fu la Repubblica di Venezia.

Per far ciò i capifamiglia della città e del territorio erano tenuti a compilare periodicamente, ed ogni qualvolta veniva loro richiesto, le cosiddette polizze d’estimo. Possiamo immaginare questi documenti come gli antenati delle moderne dichiarazioni dei redditi. In esse troviamo indicati i componenti dei nuclei familiari con le loro età, le professioni, le proprietà, i debiti ed i crediti. Possiamo facilmente immaginare quante preziose informazioni storiche oggi ne ricaviamo.

Raccolte le polizze d’estimo, la magistratura preposta redigeva i registri d’estimo. In essi venivano iscritti i contribuenti, suddivisi secondo i quartieri della città, all’epoca chiamate quadre, o i comuni di residenza, e per ognuno di essi veniva indicata l’imputazione d’estimo, cioè il valore del carico fiscale ad essi attribuito.

Attualmente nell’archivio storico del comune di Brescia, depositato presso l’Archivio di Stato, si conservano le polizze d’estimo dal 1517 al 1733, ed i registri d’estimo dal 1388, il cosiddetto estimo visconteo, sino al 1788 (ASC434-479).

Con il termine «partitari delle custodie notturne» si indica una serie di registri nei quali sono riportati i nomi dei cittadini bresciani originari tenuti al pagamento

Page 6: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

6

della tassa delle custodie notturne. Tale balzello ebbe origine in epoca comunale quando i cittadini erano obbligati a prestare di persona il servizio di vigilanza notturna per la sicurezza della città. L’obbligo si trasformò poi una tassa dovuta

però solo dai cittadini di Brescia e non dai semplici residenti in essa. I partitari delle custodie notturne si conservano dagli anni 1438 al 1700 (ASC880-913).

Gli atti notarili fanno parte dell’archivio notarile conservato in Archivio di Stato. L’attività dei notai è sempre stata sottoposta ad un attento controllo pubblico, in virtù della sua rilevanza nell’ambito della vita sociale delle comunità.

Oggi come ieri le attestazioni degli atti notarili costituiscono il fondamento della certezza giuridica relativa al possesso ed alla sua trasmissione, regolano i rapporti economici e sociali dei componenti della comunità. Negli atti notarili ritroviamo gli stessi personaggi che fanno parte della società e vi agiscono sia come attori principali che come testimoni degli stessi.

Nell’Archivio di Stato di Brescia gli atti dei singoli notai sono conservati dal 1328, suddivisi per territorio e per nome del notaio

stesso. I più antichi, sino al XVIII secolo, sono raccolti in filze. È questo un particolare sistema di conservazione per cui i singoli atti venivano letteralmente infilzati con un chiodo legato ad una cordicella e raccolti gli uni su gli altri. La corda veniva poi fatta passare attorno alle carte per stringerle ed evitare che si muovessero. Oggi non si usa più infilzare le carte e per una corretta conservazione le filze antiche sono sempre private di ogni parte metallica e di corde che potrebbero danneggiare i preziosi documenti. Tuttavia è rimasto l’uso di chiamare ancora filze le unità archivistiche che compongono tale fondo.

Ancora oggi gli archivi dei notai devono essere versati periodicamente in Archivio di Stato dal competente Archivio Notarile Distrettuale. Attualmente si conservano atti sino ai primi anni del XX secolo.

La moderna analisi storica si basa su prove e testimonianze documentarie. Solo attraverso lo spoglio di queste antiche testimonianze possiamo giungere a conclusioni scientificamente fondate.

Scorrendo le carte esposte si potranno vedere diverse esempi di documenti appartenenti alle tipologie che sono state illustrate. Sarà facile comprendere come l’uso che ne facciamo oggi sia molto lontano dalle ragioni per le quali essi vennero prodotti, ma attraverso essi la ricerca dello storico trova una solida e sicura base per gli sviluppi futuri.

Per l’Archivio di Stato Leonardo Leo

Registri delle Custodie Notturne 1559-60Pellegrino Micheli maestro di violiniDomenico Gambarino sonatoreBattista Doneda [liutaio]

Page 7: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

7

Appunti sulla Mostra

La mostra è dedicata a Giovanni Livi (Prato 1855 - Firenze 1930) che fu Direttore dell’archivio di Stato di Brescia. Il Livi ha all’attivo numerose pubblicazioni su vari argomenti, ma le sue ricerche su Gasparo da Salò e sui liutai bresciani sono di grande rilievo storico (1891 - 1896). Spetta a lui la prima ricerca scientificamente rispettabile, su un argomento fino ad allora trattato malamente sotto il profilo scientifico, come la liuteria.

La scelta dei documenti messi in mostra è stata da un lato inevitabile e dall’altro assai sofferta. Tra le centinaia di documenti riguardanti la liuteria bresciana, conservati nell’Archivio di Stato di Brescia, si è dovuto scegliere quelli che maggiormente puntualizzano i passaggi storici del complesso evento della scuola liutaria bresciana, per il periodo considerato che va cronologicamente dal 1498 al 1688.

In verità il primo accenno limpidamente attestante la presenza di liutai a Brescia è del 1495. Si tratta del carteggio tra Marco Nigro, prefetto per le munizioni della Repubblica di Venezia a Brescia e la marchesa Isabella d’Este Gonzaga, conservato nel fondo Gonzaga dell’Archivio di Stato di Mantova. La marchesa Isabella, personaggio di spiccata cultura e preparazione musicale, dapprima ordina al un liutaio bresciano, rimasto anonimo, tre viole e successivamente un’altro strumento per completare il gruppo. Si ritiene che l’anonimo liutaio del 1495 sia uno dei tre liutai definiti «de la violetta», registrati nell’estimo del 1498.

Altra testimonianza importante che attesta l’attività di liutai e organari a Brescia è la pubblicazione del 1533 di Giovan Maria Lanfranco Scintille di Musica, libro che si può trovare in originale nella Biblioteca Queriniana. In mostra c’è la riproduzione anastatica della parte che ci interessa ed una vetrina che si rifà al periodo e testimonia che il Lanfranco ha fissato un momento di una situazione esistente già da tempo.

Altri documenti sono dedicati a Giovan Giacomo della Corna, Zanetto Micheli «da Montechiaro» e a Battista Doneda efficace collaboratore della bottega Micheli. Il Doneda collaborò prima con Zanetto e poi con il figlio Pellegrino che continuò l’attività dopo il 1560/61, periodo della morte del padre. Oltre alla polizza d’estimo del della Corna è esposto un raro contratto di strumenti di liuteria stipulato tra Zanetto Micheli e Tommaso di Urceis detto «Ronchadello».

Nel percorso della mostra si accostano Pellegrino Micheli a Gasparo da Salò, che operarono nello stesso periodo, cioè la seconda metà del Cinquecento.

La successione degli eventi che si vuol descrivere permette di identificare documenti che affermano la costruzione di strumenti ante «violino» accostati a quelli in cui i liutai affermano di essere costruttori di violino. Il sintomatico passaggio avviene nei primi anni della metà del 500. Lo spazio limitato ha costretto ad una lettura storica complessiva sacrificando l’esposizione dei primissimi

Page 8: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

8

documenti dove si verifica il cambiamento, pertanto è doveroso citarli in questa presentazione. Si tratta dei documenti di Guglielmo Frigiadi che il 7 novembre 1558 si dichiara «magistro a violinis civis et habitatoribus Brixie», quello di poco successivo dell’11 dicembre 1558 di Francesco Inverardi «magistro a violinis» e quello di Pellegrino Micheli dove nelle custodie notturne del 1559-60 si dichiara: «Pelegrinus filii Joannetti magistri a violinis». Nello stesso registro si trova una doppia registrazione di Palancino Palancini: «Balanzinus a violinis» e «Palanzinus de Palancijs magister instrumentorum».

Altri documenti esposti riguardano il noto Girolamo Virchi, autore della splendida cetera del Kunsthistorisches Museum di Vienna (da cui abbiamo tratto l’immagine che rappresenta questa mostra) e Giovita Rodiani.

Seguono i documenti sul liutaio più noto di Brescia, Gasparo da Salò, che testimoniano sia la sua venuta a Brescia da Salò sia, molto parzialmente, l’andamento della sua bottega. Nella bottega di Gasparo si formarono più allievi, il figlio Francesco, il francese Alessandro di Marsiglia, Giacomo Lafranchini e l’altro celebre liutaio della scuola bresciana, Giovan Paolo Maggini. Nella vetrina dedicata al Maggini vi sono, inevitabilmente, due polizze d’estimo che lo riguardano.

Come è noto il Maggini, assieme agli organari Giovan Francesco Antegnati e Tommaso Meiarini, fu vittima della peste del 1630-31, resa celebre dal Manzoni.

La morte del Maggini spezza la catena virtuosa della scuola bresciana che idealmente segue il percorso bottega Micheli – Gasparo da Salò – Giovan Paolo Maggini.

Nella vetrina del dopo peste è esposta una polizza d’estimo di Matteo Benti, l’ultimo epigono, ancora vivente nel 1661.

La massiccia riduzione di abitanti determinata dalla peste, diede vita ad un rilevante fenomeno di immigrazione nei luoghi più colpiti dalla peste da parte di «todeschi», cioè originari del nord delle Alpi. A Brescia, nell’ambito liutario, registriamo la presenza di liutai «di terra tedesca», cultori della liuteria a pizzico, che nella vetrina vengono rappresentati dai fratelli Lassigner (o Lassignani) e Matteo Railich (o Relich) di cui sopravvive un interessante liuto basso di proprietà dei Civici Musei di Brescia.

La chiusura viene affidata all’«anagrafe» del 1688 dove è registrato Giovan Battista Rogeri (Rogerius, anche Rugiero o Ruggeri) liutaio di origine bolognese, allievo di Nicola Amati a Cremona, trasferitosi a Brescia prima del 1664, anno in cui si sposa con una bresciana.

Con il raro documento sul Rogeri si chiude il periodo considerato nella mostra.

Il curatore

Page 9: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

9

La scuola bresciana di musica strumentale

È un fenomeno culturale assolutamente originale e autonomo, di portata ancora inimmaginabile nella sua interezza e in tutti i suoi risvolti, tra i quali l’elaborazione di contrabbassi, viole e violini che rimangono insuperati per prontezza e volume di suono e la prima musica pensata fondamentalmente per essi. Un ambiente artistico completo, estremamente diversificato, si è basato per quasi due secoli su un’economia floridissima, centrata sulla produzione principalmente di leghe speciali, di ferro e acciaio, adatte alle terribili armi da fuoco che costituivano il maggior contributo dato da Brescia al potente arsenale di Venezia. Ad esse si affiancavano le armature più richieste per la loro resistenza e leggerezza, corredate da armi da taglio di eguale livello. Inoltre pezzi grezzi, semilavorati o rifiniti, di tutti i tipi, detti ferrarezze e usati in ogni campo del sapere e dell’uso quotidiano, come meccanismi di macchine, attrezzi agricoli o d’uso domestico, suscitavano l’ammirazione degli scienziati, delle corti più esigenti. Leonardo da Vinci si interessò, alla fine del 1400, alle nostre miniere e fucine. In una lettera, l’esigentissimo cortigiano e polemista Pietro Aretino, abituato a Roma alla qualità di un Benvenuto Cellini, per ringraziarci del dono di una forbice istoriata «piena di trofei rilevati e grandi» testimonia (nel 1537) che «in fine Brescia fa parer goffi i lavori di agimia e le opere rabesche» di altre produzioni. Galileo Galilei, a fine secolo, sottolinea la vitalità e l’attualità del vulcanico ambiente sperimentale bresciano come «cosa moderna». Tale qualità riveste in toto anche l’ambiente musicale e liutario.

Le musiche e i virtuosi

Sviluppatosi pienamente a partire dalla fine del Quattrocento, il solido tronco artistico nel quale confluiscono la pittura di Foppa, Savoldo, Romanino e Moretto per citare i più famosi, l’opera matematica di Nicolò Tartaglia e Benedetto Castelli e tralasciando i campioni delle numerose altre discipline, si sviluppa da radici assai più antiche. Limitandoci necessariamente al campo musicale dobbiamo rilevare che per comprendere meglio Brescia, dovranno essere più puntualmente analizzati quei circa 15.000 brani vocali o strumentali sparsi nelle 456 edizioni e nelle 277 miscellanee che costituiscono la bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740, e la cui parte più cospicua è proprio di epoca rinascimentale e protobarocca. La pubblicazione che per prima può dare un’idea dell’importanza dei nostri testi è il Breviloquium musicale del francescano fra Bonaventura da Brescia, edito in città nel 1497, che gode di ben venti ristampe fino al 1550 anche a Venezia e Milano. Il primato delle composizioni spetta a Luca Marenzio, che diffonde in tutta Europa le centoventidue edizioni monografiche e innumerevoli miscellanee, seguito a distanza dalle ventotto edizioni di Pietro Lappi e dalle ventisei di Giovanni Ghizzolo. Un discorso

Page 10: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

10

privilegiato merita Biagio Marini, le cui ventidue edizioni conosciute sono basilari per il contributo dato alla nascita del virtuosismo violinistico solista. Anche opere singole risultano fondamentali. Il Libro primo de canzoni da sonare di Fiorenzo Maschera, stampato a Brescia nel 1584 (contenente però brani di dieci anni prima) viene considerato dalla musicologia internazionale il testimone della nascita dell’esecuzione strumentale autonoma, svincolata dalle forme vocali; godrà di ben sette ristampe.

La musica del periodo è segnata dall’ascesa di un nuovo strumento, il violino, che letteralmente rapisce gli uditori per la novità, la potenza del suono e l’estrema versatilità espressiva. In una prescrizione sulla quiete pubblica contenuta negli Statuti cittadini del 1355, è presente una delle più antiche citazioni del termine viola, e quindi della sua pratica, in una gustosa istantanea di un’attività musicale già rilevante: «Nullus vadat post tercium sonum campanae usque ad campanam diei, cum lumine ut sine lumine, cum aliqua viola ut lauto ut alio instrumento ad sonandum». Da sera tardi fino all’alba era vietato arrecare disturbi con serenate o suonatine di ogni genere fatte con viole, liuti o altri strumenti. La moda musicale però non si arresta, anzi. Suonatori delle più varie tipologie crebbero a tal punto che nel 1508, i Magnifici Rettori del Comune si videro inoltrare, dai più periti musici della città, una supplica, nella quale, «vista l’usanza già longo tempo introdotta da alcuni infimi, vili et inesperti nela arte del sonare, gli quali con gli soi rozi et inordinati instrumenti se esercitano nel far matinate non solo a spose, ma a ogni principe et signore che venga in questa magnifica città…», chiedono che «aciò se sapia (si riconoscano e differenzino) quelli che con sudore et fatica hanno speso lo suo tempo ad imparare tal arte… si vogliano degnare de elezere doi o trei homeni pratici et esperti nela scientia de la musica, li quali habiano a veder et examinare tutti quelli che in tal cosa fanno professione et de tutto quello numero elezere quelli che serano più perfetti et de essi fare uno consortio et compagnia, i quali soli habiano a far solamente matinate a spose, a gentilhuomini et forestieri, et che altri che non serano de tal numero non si possano in tal cosa impazare». Il Consiglio prende tempo; intanto il numero dei sonatores cresce ancora. Attorno al 1520 e negli anni successivi aumentano anche i violenti contrasti, «gli inconvenientia multa e le invidia et inimicitias inter se», mutuati dal buon esempio dei cosiddetti nobili. Il Consiglio finalmente decide di soddisfare le richieste di «ponere aliquo bonos ordines intra se, per facere societatem aut una scolam, et elegisse Massarios et Sindicos et Consiliaros», come per le altre potentissime associazioni di arti e mestieri.

È la prima testimonianza in assoluto in Europa di una patente professionale musicale; a Venezia, all’avanguardia in questo senso, ciò avverrà solamente nel 1590. Il termine violino appare per la prima volta nel 1530, in occasione dell’inaugurazione della nuova basilica delle Grazie: il 17 aprile «fò sonato li violini per certi forastieri». Nel 1546 viene raccomandata una compagnia bresciana di virtuosi polistrumentisti i quali tutti sanno suonare cinque strumenti a fiato: «trombette, tromboni, piffari, corneti, flauti, pifari alla alemana et (novità assoluta dell’epoca) concerto de viole de brazo sej». Per una manifestazione a Bagolino,

Polizza d’estimo di Domenico Zini da Bagnolo, sonatore di violino, abitante a Brescia nella quadra quarta di S. Giovanni. La polizza è datata 23 gennaio 1562

Page 11: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

11

nel 1551, viene ingaggiata una compagnia di «sonatori di violinij» provenienti da una non meglio identificata riviera, quasi sicuramente Salò, vista la presenza proprio in quegli anni e in quella località di numerosi suonatori itineranti attivi fino a Venezia. Nel 1562 l’ensemble di cinque o sei archi si stabilizza e a Brescia chiede di ottenere pari dignità di servizio civico. Il 18 dicembre un’istanza dei civici trombetti chiede che entro le mura non possano suonare se non «gli prefati trombetti provvisionati, gli pifferi della comunità et quelle copie di violini che pareranno a Vostra Magnificenza più eccellenti».

I gruppi di violini prima e i solisti bresciani anche di violone poi, diventano la novità musicale più richiesta, prima nell’Italia del Nord e poi in Europa durante il secolo a cavallo tra Cinque e Seicento. La fama si diffonde: i virtuosi di Pietro Rizzetti, ex trombetto civico, nel 1543 si recano dal duca di Parma; i fratelli Tola nel 1549 si sganciano dal servizio cittadino e si spostano a Trento e a Dresda. La potentissima Venezia, disposta a spendere cifre enormi per feste quali l’insediamento del doge, la fine di guerre, le visite di sovrani e imperatori, recepisce la novità e decide di cambiare l’organico delle compagnie musicali di quasi tutte le Scuole Grandi, per il servizio nelle chiese e durante le principesche processioni. Da arpe, viole e liuti, si passa nel 1530-40 a «sonatori novi da lironi ovver violoni» e poi di «violini» provenienti in special modo da Salò e Brescia; per i primi due decenni quasi nessun suonatore dei nuovi strumenti è della laguna. Il repertorio elaborava motetti e laudi, ma per variare e alleggerire la fatica delle lunghe processioni, venivano usati con improvvisazioni di tipo jazzistico, temi profani delle canzoni, quando non addirittura «cosse amorose et altre musiche lascive». L’ascesa dei «sonadori bressani» diventa impressionante: nel 1541 e nel 1542 due compagnie si piazzano nei posti migliori, la prima di Bernardo e Tommaso lironi da Bressa alla Scuola della Carità, la seconda di lironj de Sallò addirittura a quella di S. Marco. Dieci anni dopo esatti alla Carità è assunto tal Battista de Evangelista Bressan dal violin; è finora la prima apparizione del termine violino in quella città. In quegli anni le compagnie bresciane spesso si licenziano perché non soddisfatte dei pur principeschi ingaggi. Il caso più sconvolgente, per coincidenze di cognome, è quello dei fratelli Girolamo e Apollonio Fiameni, entrambi violinisti, capi di una compagnia che tra il 1557 e il 1588 domina la scena. Per la Scuola Grande di S. Teodoro le condizioni sono fuori dell’ordinario: un contratto annuale invece che per prestazione, un salario doppio più le divise e altri beni, rispetto a quello elargito dalle altre scuole, l’iscrizione gratuita e senza periodo di prova nella confraternita. I musicisti non possono esser licenziati e «ne meno lor prendere licenza senza qualche legitima causa». Orbene, in quasi tutti i documenti la «compagnia dei bressani» sono sorprendentemente soprannominati «i Paganini». Bernardino Bertolotti, cugino di Gasparo da Salò, dopo aver prestato servizio alle corti d’Este e Gonzaga tra il 1578 e il 1609 diviene musico di Sua Santità nel Castello di Sant’Angelo. Da capi compagnia alla figura di virtuosi solisti, per i bresciani il passo è breve. La musica si svincola dall’intreccio tipico della polifonia vocale e monodie, accompagnate o meno, prendono il posto dei madrigali a più voci in concorrenza con una nuova vocalità, ricreando rinnovati tormenti d’amore o riflessioni tipiche della nuova e dirompente melanconia, velata di protoromanticismo. Violino e voce, ma anche gli strumenti bassi, fanno a gara in espressività e virtuosismo tecnico. Le prime figure della storia della musica per violino che si distinguono sono, per logica evoluzione, ancora bresciane. Sul finire del Cinquecento vengono inventate nuove forme rapsodiche che prefigurano l’impianto della Sonata per violino o talvolta per basso solo.

I campioni nati all’ombra del Castello sono tre. Giovan Battista Giacomelli, (o Giacometti, 1550c. – post 1603), da giovanissimo è provetto contrappuntista,

Page 12: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

12

liutista e arpista, ma soprattutto violinista. Nel 1571 rifiuta un ingaggio a Mantova per andare a Roma, dove G. Maria Nanino nel 1587 lo cita come il miglior violinista della capitale. Nello stesso anno, ingolosito dalle offerte di Vincenzo Gonzaga, risale a Mantova, ma si sposta a Firenze, deluso per la mancata elezione a maestro di cappella. Nel 1591 è al servizio del Papa. Nel 1601 viene definito «eccellente in ogni disciplina musicale ma ha cambiato il suo nome in Violino», essendo un meraviglioso esecutore di quello strumento. Nel 1603 passa alla corte dei Medici. Esperto conoscitore, progettista e forse costruttore di arpe, gli viene commissionata nel 1581 l’arpa estense, strumento che costituì a lungo una delle meraviglie (come l’accordatura speciale che l’accompagnava) del Concerto delle Dame di Ferrara. Giovan Battista Fontana (1570c. –1630) è conosciuto quasi esclusivamente dalla prefazione di una pubblicazione postuma, in suo onore, di alcune sue composizioni: Sonate a 1. 2. 3. per il violino, o cornetto, fagotto, chitarrone, violoncino o simile altro strumento. Col violino è attivo a Roma, Venezia, dove stupisce quella «Città ancor lei Serenissima, & vaga molto di tal’arte, rendendosi ivi famoso, & chiaro come Orfeo in Tebe, e a Padova». Nella prefazione alle sue opere, si afferma che «il Signor Giovan Batista Fontana da Brescia è stato uno dei più singolari Virtuosi, ch’abbia avuto l’età sua nel toccare di Violino». Il più famoso di tutti è Biagio Marini (1587 – 1665), educato all’arte dallo zio Giacinto Bondioli da Quinzano d’Oglio, priore del convento di S. Domenico a Venezia, musicista e predicatore, e forse dallo stesso Fontana. A ventuno anni è assunto alla basilica di S. Marco, collaborando addirittura con Claudio Monteverdi e due anni dopo pubblica gli Affetti musicali. Dopo un periodo dal duca di Parma va in Germania, come maestro dei concerti del conte di Neuburg, recandosi spesso a Dusseldorf e Bruxelles. Viaggia spesso tra Brescia e Venezia ed è anche organista a Milano e basso a Venezia. Per due anni è maestro all’Accademia della Morte di Ferrara. Nel 1653 è di nuovo a Brescia, dove ha parecchie proprietà. Si sposta quindi a Padova e Vicenza. Leonardo Cozzando nella sua libraria Bresciana del 1694 dice: «Biagio Marini sonò eccellentemente bene di vari stromenti, ma in quello del Violino, che fu quasi sua professione, riuscì molto raro, e singolare: Sonava con tanta eccellenza, che accoppiando alla dolcezza dell’armonia la quasi espressa naturalezza delle parole, rendeva poco meno che estatici gli uditori. Soave era anche nel canto solo senza alcun strumento, ma riusciva alquanto maliconico».

Il filo rosso del virtuosismo violinistico bresciano termina con il genio di Antonio Vivaldi. Ancora pochissime persone sanno che suo padre Giambattista nacque nella nostra città e qui forse apprese i primi rudimenti del violino, strumento che poi praticò ad altissimo livello professionale a Venezia, trasmettendone i segreti al figlio.

per il Conservatorio «Luca Marenzio» di Brescia Flavio Dassenno

Page 13: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

13

Giovanni LiviLa ricerca documentaria sulla liuteria

Già nel Cinquecento la qualità degli strumenti musicali italiani era ampiamente apprezzata, Gasparo Bertolotti da Salò nella sua polizza d’estimo del 1588 con-ferma l’esportazione di suoi strumenti in Francia. Nel Settecento i viaggi «musi-cali» di inglesi e tedeschi in Italia, si pensi a Mozart, fanno parte di una raffinata moda di allora ed oggi è letteratura seguita e consolidata. In alcuni casi è docu-mentato un massiccio acquisto di strumenti italiani, poi messi in fortunate aste a Londra. Nell’Ottocento le note vicende storiche che rivoluzionarono le società europee influirono non poco sulla musica e in particolare sul tipo di sonorità richiesta agli strumenti. I salotti nobiliari si erano trasformati in teatri, aree ben più spaziose, con caratteristiche acustiche diverse.

Nel Settecento in Francia, prima della diffusione del fortepiano, era stata speri-mentata con successo la trasformazione ed ammodernamento di clavicembali generalmente di origine fiamminga, strumenti che erano stati poi riven-duti a prezzi altissimi per il loro va-lore di strumento antico ma adeguato alle necessità esecutive del momento. Sulla base di questa positiva esper-ienza i francesi ripresero nell’Ottocento questa operazione su violini italiani acquistati a blocchi, grazie a commer-cianti italiani che ne avevano fatto in-cetta. Gli strumenti più ambìti erano sicuramente quelli di Antonio Stradi-vari, ma tutti i liutai bresciani e cre-monesi ne beneficiarono. Il prezzo di uno strumento italiano di autore noto era salito a cifre impensabili in con-dizioni normali e la tentazione di falsi-ficare etichette e strumenti si era fatta forte, se non fortissima, da qui nacque la necessità di ottenere maggiori in-formazioni sui liutai italiani antichi.

La conoscenza di questi liutai era fondamentalmente determinata da quanto stava scritto sull’etichetta e le cronologie che si potevano ottenere erano assai labili, spesso inventate o appositamente alterate.

Citazione del Maggini in: Leonardo Cozzando, Vago, et curioso ristretto profano, e sagro dell’ Historia bresciana,

Brescia 1694

Page 14: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

14

Le prime ricerche in ambito documentario risalgono alla metà dell’Ottocento, si sa che furono effettuate dal liutaio francese Jean-Baptiste Vuillaume nei registri parrocchiali di Cremona, alla ricerca di informazioni su Stradivari. Altre ricerche sugli stessi registri furono pubblicate dal marchese Giovanni de Piccollellis nel 1885.

Si deve però a Giovanni Livi, allora direttore dell’Archivio di Stato di Brescia, l’inaugurazione di una ricerca documentaria siste-matica e a tutto campo, cioè, sia in archivi religiosi sia in archivi civili.

L’interesse sul ruolo dei liutai bresciani era stato focalizzato a Cremona dove don Angelo Berenzi era canonico della Cattedrale. Per uno storico come il Berenzi la vicenda non poteva passare inosservata, infatti il 12 gennaio del 1890 dalla sede dell’Ateneo di Brescia additava alla cultura bresciana l’importanza del recupero culturale di questi eventi e il valore anche patriottico di quell’operato bresciano riconosciuto in tutto il mondo. Il Livi, personaggio di vasta cultura, fu facilmente coinvolto dal Berenzi, aderì di buon grado all’iniziativa pubblicando un primo articolo su «Nuova antologia di scienze, lettere ed arti (1891)» dal titolo: Gasparo da Salò e l’ invenzione del violino: da docu-menti inediti. Il lavoro era proseguito ampliandolo agli altri liutai bresciani, sintetizzato in un’altra pubblica-zione del 1896 per i tipi di G. Ricordi & C. intitolata: I liutai bresciani: nuove ricerche.

Le pubblicazioni del Livi fecero scalpore nell’ambiente musicale e tra i cultori della liuteria, i risultati della ricerca avevano lasciato il segno. I meriti sotto il profilo scientifico e il metodo da lui adottato passarono in secondo piano travolti dal «teorema» dell’invenzione del violino da parte di Gasparo da Salò. Bisogna considerare il clima d’allora, si era a pochi anni dalla formazione dello stato italiano, la ricerca di eventi e valori italiani con i quali in-orgoglirsi era stata praticata in molti settori culturali. Comunque lo stesso Livi nella seconda pubblicazione usa un titolo diverso e toni più cauti, forse consape-vole di aver usato facili entusiasmi nella pubblicazione precedente.

Chiaramente più progrediscono le conoscenze e più è difficile fare affermazioni perentorie, a differenza di chi nel buio quasi completo vede una piccola luce.

Oggi il tema dell’«invenzione del violino» è questione assai sfumata, vista da alcuni ricercatori anche con qualche fastidio. Da un punto di vista storico va considerato che «l’invenzione del violino» non fu mai indicata né affermata né sol-levata dal Cinquecento alla fine dell’Ottocento e per avvalorare qualsiasi ipotesi negli ultimi anni dell’Ottocento sarebbe servita una prova più che convincente.

Comunque le pubblicazioni del Livi, con il messaggio annesso, furono lettera-tura indiscussa fino agli anni Trenta del Novecento, quando Oreste Foffa, uno storico nativo di Montichiari, partendo da un’altra lettura delle ricerche dello stesso Livi confutò a Gasparo da Salò quella che lui chiamava il «la palma del pri-mato» per attribuirla a Pellegrino Micheli, da lui rinominato Pellegrino da Mon-tichiari1. Dizione impropria perché Pellegrino probabilmente è nato a Brescia. In effetti sotto il profilo cronologico (anche se non basta) il Foffa aveva qualche ra-gione, infatti la bottega Micheli era ben più datata di quella del salodiano, inoltre

1 Oreste Foffa, Pellegrino da Montichiari: inventore del violino, Apollonio, Brescia, 1937.

Page 15: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

15

sia Zanetto (il padre) sia Pellegrino (il figlio) erano registrati nei documenti come «magistro a violinis» prima della venuta di Gasparo Bertolotti a Brescia.

La diatriba si allargò a Cremona dove Carlo Bonetti con un importante studio sugli Amati, effettuato anche sulla documentazione civile dell’Archivio di Stato di Cremona, ricerca che veniva dopo mezzo secolo da quella del Livi, avanzò l’ipotesi dell’invenzione del violino a Cremona. Non mancò uno studioso bolognese, Giuseppe Strocchi, a rivendicare pretese per la pur antica liuteria bolognese.

Fu un periodo dove i contendenti si lasciarono andare a forzature intellettuali e pretestuose affermazioni, pur non mancando qualche motivo scientificamente valido. Dal lato bresciano vi fu la pubblicazione di Anton Maria Mucchi del 1940 per il 400° della nascita di Gasparo da Salò, una pubblicazione che si basa essenzialmente sulla documentazione del Livi, con qualche importante innovazione documentata.

Oggi si tende a mettere sotto oblio la questione per il ragionevole proposito di non continuare in una sterile diatriba priva di soluzione scientificamente valida. Però appare accertato nei documenti finora disponibili di tutta la liuteria del Nord Italia, che il violino dovrebbe essere apparso tra il 1550 e il 1560, proba-bilmente in area geograficamente più lombarda che veneta, presumibilmente tra Brescia e Cremona.

Le odierne conclusioni, a parte qualche elemento storicamente più equilibrato, non si differenziano molto dalle ricerche di Giovanni Livi e Angelo Berenzi. Anche in ambito cremonese pare accettato che la scuola bresciana di liuteria ha radici più antiche, così come viene accettata da tutti l’importanza dell’operato cremo-nese nella definizione della struttura del violino. I liutai cremonesi giungono sul violino senza l’ingombrante peso del bagaglio antico dei bresciani, per questo operano con maggiore libertà per arrivare a felici intuizioni sia sul perfezion-amento del violino sia relativamente alla tecnica costruttiva. Ai bresciani si ri-conoscono da sempre frazionamenti delle voci del quartetto più coerenti perché più prossime ai frazionamenti dell’organo (l’introduzione nel settore dei bassi del contrabbasso abbinato al violoncello) e caratteristiche costruttive tese a una sonorità più ampia, qualità che poi sarà la caratteristica più significativa di An-tonio Stradivari.

Poiché le pubblicazioni del Livi non sono facilmente reperibili, nel 2009, anno del 400° della morte di Gasparo da Salò, sono state ripubblicate2.

La documentazione in esposizione è solo una minima parte di quella reperita in oltre un secolo di ricerche, si tratta dei documenti più significativi per raccontare la storia della liuteria bresciana. Al Livi si deve la scoperta di buona parte di questi documenti, con gratitudine, idealmente, gli dedichiamo questa mostra.

Ugo Ravasio

2 Gasparo da Salò e la liuteria a Brescia, a cura di Ugo Ravasio, Cremonabooks, Cremona 2009.

Page 16: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

16

Page 17: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

17

Gasparo da SalòL’ambiente di Salò e il trasferimento a Brescia

Lo spostamento da Polpenazze a Salò della famiglia Bertolotti apre scenari im-pensabili. La professione di Santino, quella di pecoraio, probabilmente era molto stretta ai due figli Agostino e Francesco. Evidentemente ai pascoli delle belle col-line di Polpenazze che circondano il lago, preferivano l’ambiente artistico, e alla solitudine del pascolo la compagnia di persone che discutevano d’arte. L’interesse per la pittura di Francesco, padre di Gasparo, è testimoniata nell’atto di bat-tesimo del secondogenito, Giovanni Paolo, in cui viene definito «pictore in Salò». I contatti con l’ambiente della pittura si intravedono anche nell’atto di battesimo di Gasparo dove il padre è definito «violino», ma la madrina è Luciana, la figlia di quel Zenone pittore, di cui si può ammirare nel Duomo di Salò una natività con angeli musicanti (1518). Il quadro contiene una viola da braccio che già illustra le potenzialità di Salò nella cultura e nell’esecuzione musicale. Evidentemente la scelta dell’attività musicale dei fratelli Bertolotti passò anche attraverso la ne-cessità di ricavi monetari, poiché le numerose famiglie di entrambi e la presunta limitata disponibilità economica famigliare, in qualche modo obbligavano ad una scelta meditata. Forse è prevalsa un’antica attitudine famigliare, se vale quanto scrive Bongianni Grattarolo3, un cronista salodiano dell’epoca, sulle capacità musicali dei pastori: «Costoro pascendo le loro greggi, si avvezzano talmente al sonar le pive, che riescono perfettissimi sonatori di Piffaro».

I fratelli Bertolotti intrapresero perciò l’attività musicale e nei registri di Salò tra il 1540 (il battesimo di Gasparo) e il 1583 sono sempre registrati come «i vio-lini». Francesco, padre di Gasparo, era morto prematuramente nei primi mesi del 1562, ma il fratello Agostino aveva continuato nell’attività ed era stato, dopo una lunga collaborazione non regolarizzata con il Duomo di Salò, nominato Maestro di Cappella. Questo incarico non era esistito prima di quel momento, e in qual-che misura rende omag-gio alle capacità musicali dei Bertolotti. La nomina di Agostino apre anche a un’attività musicale nel Duomo di un certo in-teresse, soprattutto per i musicisti di spicco che si avvicendarono a Salò.

Bernardino, figlio di Agostino, ebbe un incarico musicale a Ferrara e quando questo cessò, anzi-

3 Bongianni Grattarolo, Historia della Riviera di Salò, Per Vincenzo Sabbio, Brescia 1599.

AP Salò, 20 maggio 1540, Battesimo di Gasparo Bertolotti

Page 18: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

18

ché tornare a Salò4, preferì recarsi a Mantova. Successivamente ebbe un in-carico come trombonista e violinista nell’orchestra papale di Castel Sant’Angelo a Roma. Ha all’attivo anche alcune composizioni.

Dopo la morte di Francesco e l’immediato trasferimento di Gasparo a Brescia, la magra eredità viene divisa tra i fratelli nel 1565. In quell’occasione Gasparo porta con sé a Brescia la sorella Lodovica e la casa dove vivevano la madre e i fratelli risulterà intestata a Giovanni Paolo, il quale continua l’attività musicale del padre; infatti già nel 1567 paga l’estimo per la casa e l’orto, registrato come «Zan Paulo Bertolotto violino». Nell’anagrafe del 1578 risulta ancora «sonador». Nella stessa registrazione del 1578 si ritrova un altro fratello musicista, «Santin sonador», e naturalmente lo zio «Agostino violino». Santino risulta sposato, con famiglia, abitante nella stessa casa.

Il presupposto di una vivace attività musicale nell’ambito della Magnifica Patria di Riviera5 trova oggi conferma documentaria sia in ambiti vicini a Salò sia nella capitale Venezia. Nel 15516, il 24 aprile, Bagolino vede la presenza documentata di «sonadori de li violinj de Riviera». Non si può escludere che idealmente tra loro vi potessero essere anche i fratelli Bertolotti. Ricerche ormai consolidate di Rodolfo Baroncini7 nell’ambito delle confraternite devozionali di Venezia, seg-nalano che la presenza di gruppi bresciani è stabile e rappresenta un notevole contributo alla diffusione del violino nell’ambito anche nella musica strumentale e devozionale di Venezia. Tra i bresciani dei gruppi musicali veneziani risultano anche Bortolomeo da Salò ed il figlio Antonietto, entrambi «sonadori de lironj» che nel 1542 facevano parte della Scuola di S. Marco; Battista della riviera di Salò, compagno di Piero di Nicolò della riviera di Salò, sono in forza nello stesso anno alla Scuola di S. Rocco a Venezia, anche loro sonatori di lira. Un altro sonatore di lira ascrivibile alla riviera di Salò è Piero Vignota da Idro, che faceva parte della Scuola di S. Marco a Venezia nel 1557.

Dopo anni di trattative la comunità di Salò decise di far costruire da uno dei più prestigiosi organari, Giovan Giacomo Antegnati, l’organo del Duomo. Cer-tamente i Bertolotti in questa vicenda ebbero ruoli partecipativi, considerando che uno di coloro che teneva i rapporti con gli Antegnati, Ventura de Porcellis, era il padrino di tutti figli di Francesco Bertolotti. Il Porcellis era figura di primo piano nella comunità salodiana. Abitava «nel borgo» vicino ai Bertolotti e anno-vera numerosi incarichi dal comune e dalla parrocchia, incarichi anche delicati che spaziano all’interno della vita culturale di Salò.

La comunità di Salò si era ampiamente assicurata che l’organo, costruito nel 1546, fosse all’avanguardia e che non si dovesse essere secondi a nessuno. Anche dopo l’avvenuta costruzione e la constatazione che l’organo disponeva di un reg-

4 La Messa a 5 voci, pubblicata nel 1593 a Venezia da Ricciardo Amadino, dedicata ai Consiglieri di Salò, fu molto apprezzata dal consiglio generale di Salò che riconobbe a Bernardino l’«affetto che porta alla patria sua» e i servizi a Salò del padre Agostino. Questo accompagnato da una som-ma di denaro «per favorir la virtù sua» e l’impegno «che se gli piacerà di venir a repatriar, et servir nella nostra chiesa facendosi musica che sarà riconosciuto per quello che merita».5 Si tratta di un vasto territorio che va dalle montagne alla pianura, aveva come capoluogo Salò. All’epoca di Gasparo questo territorio faceva parte della Repubblica di Venezia, godeva di una sua larga indipendenza amministrativa, ma politicamente era sottoposto a Brescia ed ovviamen-te a Venezia. Oggi è inglobato nella provincia di Brescia.6 Elia Santoro, Violinari e violini, Sanlorenzo, Cremona 1989, che pubblica in fac-simile il docu-mento segnalato da Bernardo Falconi.7 Tra le numerose pubblicazioni di Baroncini si può citare: Origini del violino e prassi strumen-tale in Padania: «sonadori di violini» bresciani attivi a Venezia in ambito devozionale (1540-1600), in «Liuteria e Musica Strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento», atti del convegno di Salò del 1990, Brescia 1992.

Page 19: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

19

istro in più di quello del Duomo di Brescia, gli incaricati alla fabbrica dell’organo prolungarono una polemica con l’organaro bresciano. Nel 1548 l’Antegnati, es-asperato, mandò una lettera nella quale difendeva il suo operato e la qualità del suo organo, dichiarando che non sarebbe tornato a Salò se non fosse stato pa-gato o in alternativa invitava gli insoddisfatti incaricati a farlo «gettare nel lago», ma non a continuare nella loro insoddisfazione.

Certamente la polemica fu ampiamente commentata in casa Bertolotti, di si-curo fu un segno indelebile lasciato nella formazione del bambino Gasparo. Quello che è certo è che quando Gasparo si trasferisce a Brescia mette bottega di fronte al Palazzo Vecchio del Podestà, a 50 metri dalla bottega Antegnati. Inoltre quando si trasportò l’organo, nel 1581, era Maestro di Cappella Agostino Bertolotti e l’incarico fu af-fidato a Graziadio Antegnati.

Che nell’attività di Francesco Bertolotti ci sia stato an-che un interesse per gli strumenti musicali risulta da un atto notarile del 1559 dove «maestro Francesco so-nadore» stima il valore di un arpicordo in L. 30. In altra registrazione salodiana, Francesco Bertolotti riceve un compenso per aver fatto manutenzione, cioè «spolveri-zato» l’organo. Evidentemente Francesco aveva qualche attitudine manuale e si interessava di strumenti musicali. Certamente Gasparo fece le prime esperienze costruttive a Salò, probabilmente nella casa paterna. Dalle teste dei suoi strumenti originali sopravvissuti si potrebbe escludere che vi sia stata una formazione da un intagliatore, attività che pure es-isteva a Salò, poiché l’intaglio è sì di grande personalità e fascino, ma assolutamente libero e spontaneo.

Il trasferimento a Brescia avviene subito dopo la morte del pa-dre. Per la legge Gasparo era ancora minorenne8. Evidentemente la madre accettò di buon grado che il figlio si rendesse indipendente e si trasferisse a Brescia. Comunque a Salò, nei registri denominati «Descrittione delle anime del spetabil comun di Salò fatta del 1565», Gasparo risulta ancora vivente a Salò nella famiglia Bertolotti. Tuttavia in quel momento Gasparo realmente si trovava a Brescia, si era già sposato (presumibilmente agli inizi del 1564) con Isabetta Casetti, e pochi giorni prima della registrazione salodiana, nel marzo 1565 era nato a Brescia il figlio Francesco, il cui padrino era stato Girolamo Virchi.

La registrazione nelle Custodie Notturne9 del 1563-64 presuppone la formal-izzazione presso le autorità bresciane della sua presenza e l’inserimento negli elenchi che portavano agli obblighi di una cittadinanza. Questo depone a favore della ferma decisione di Gasparo per la sua permanenza a Brescia. Inoltre è necessario ritenere che la scelta si basi sul presupposto che la sua formazione liutaria, seppur acerba, fosse, almeno per lui, già completata.

A Salò Gasparo aveva avuto anche una discreta formazione scolastica, la po-lizza d’estimo del 1588 viene ritenuta autografa10, non si tratta di una scrittura disinvolta come quella di un notaio ma è sufficientemente scorrevole per pen-sare ad una buona qualità formativa. Formazione forse dovuta ai Padri Gesuiti

8 La maggiore età scattava ai 25 anni.9 Si trattava di una tassazione per attivare la sicurezza notturna della città.10 Ne è convinto non senza fondamento Giovanni Livi, che nel suo I liutai bresciani, G. Ricordi & C., Milano 1896, confronta la grafia della polizza con firme autografe di Gasparo presenti in atti notarili.

Testa viola Gasparo da Salò

Page 20: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

20

che avevano un convento nel Borgo Belfior, lo stesso dell’abitazione salodiana di Gasparo11, che «ammaestravano i fanciulli nelle buone lettere». Anche il con-tatto continuo con religiosi che si ritrova nella vita di Gasparo fa pensare a una formazione giovanile in un ambito vicino a religiosi.

Un altro indizio che depone per una formazione professionale a Salò è l’uso di un particolare legno. Alcuni strumenti come la viola da gamba dell’Ashmolean Museum di Oxford, la viola da gamba proprietà Vettori, un violoncello (collezione privata, Londra)12, ed altri, sono stati costruiti utilizzando per la tavola armonica un legno della famiglia delle pinacee, individuato come una delle varietà di cedro del Libano, specie che raggiunge agilmente i 40 metri. Bongianni Grattarolo13, il già citato cronista di Salò, riporta che tra Salò e Gargnano vi erano molti «ce-dri del monte Libano» il cui legno era usato «per li edificij, e per le tavole [leggere ‘i tavoli’]». Evidentemente l’abbondanza di quel legno, la possibilità di ottenere tavole armoniche con venatura regolare e di buona qualità, la probabile buona sonorità, hanno indotto Gasparo a farne uso. Continuando probabilmente una scelta accettata o comunque proveniente da Salò. Anche Girolamo Virchi, per la cetera di Vienna, usa questo legno, forse cedutogli da Gasparo. Successivamente, come dichiarato nella polizza d’estimo del 1588, Gasparo acquisterà i legni da-gli eredi di Valerio Bonfadino a Venezia, segno di un’evoluzione nella direzione delle esigenze del mercato internazionale. Infatti nella stessa polizza dichiara di acquistare le corde a Roma ed esportare gli strumenti in Francia. Non può man-care il commento che la produzione liutaria da sempre ha dovuto confrontarsi col mercato globale, anticipando quanto è attuale oggi di almeno 4 secoli.

Il ricco ambiente musicale bresciano, è terreno fertile per Gasparo. A poca dis-tanza dalla sua bottega abita Florenzio Mascara, che a solo 16 anni viene nomi-nato organista delle Cattedrali di Brescia. Florenzio era anche un abile suona-tore di viola, le sue composizioni sono pregevoli e ritenute tra le prime partiture che prevedano parti specifiche per violino e viola. Quando Gasparo si trasferisce a Brescia Florenzio non ha più di 22 anni, un coetaneo. É difficile stabilire se vi siano state influenze, se reciproche e in quale direzione. Costanzo Antegnati, il celebre organaro e organista che succederà al Mascara nello stesso prestigioso incarico cittadino, ha solo 14 anni, 9 meno di Gasparo.

L’ambiente liutario bresciano si basava sulla bottega professionale dei Micheli. Zanetto era morto da un paio d’anni, il figlio Pellegrino aveva appena superato i 40 anni e l’impegno lavorativo era ancora forte. Battista Doneda, cognato di Pel-legrino, supportava la bottega Micheli che era ben conosciuta ed apprezzata. Le forniture di gruppi di strumenti alla nobiltà bresciana erano un vanto di quella antica bottega. Lo stile liutario anche degli strumenti della famiglia del violino risentiva abbondantemente dello stile derivato dalla consolidata produzione di strumenti di diverse famiglie arcaiche, lire e viole da gamba, che in ambito bres-ciano-veneto erano definiti «violoni».

Gasparo si trova pertanto a dover entrare in concorrenza con una bottega an-tica e consolidata inoltre doveva tener conto anche della sostenuta concorrenza di alcuni liutai che costruivano violini e strumenti ad arco da una posizione che

11 La casa dei Bertolotti era posta nella contrada di S. Bernardino (o nei vicoli adiacenti), come risulta da tutte le registrazioni specifiche dei Bertolotti a Salò. Tale contrada era posta in quello che veniva definito «borgo di Salò» od anche «borgo Belfior», per distinguerlo dal centro di Salò. Le ricerche in tal senso di Mattia Butturini (1901) e Antonio M. Mucchi (1933) si aggrovigliano sulle varie dizioni antiche per tentare di identificare la «contrada violinorum» citata in atti notarili. 12 Pubblicato in F. Dassenno - U. Ravasio, Gasparo da Salò e la liuteria bresciana tra Rinascimen-to e Barocco, Edizioni Turris, Brescia-Cremona 1990, pag. 57.13 Bongianni Grattarolo, Historia ..., op. cit. p. 30.

Page 21: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

21

forse era quella del musicista - liutaio o del liutaio che svolgeva questa attività temporaneamente.

Analizzando alcuni strumenti di Pellegrino Micheli, tenendo conto degli in-terventi successivi che talvolta sono stati abbastanza pesanti, e confrontandoli con quelli di Gasparo (scegliendoli tra quelli sicuramente originali), si nota una straordinaria somiglianza nelle linee esecutive. Fermo restando che l’esecuzione di Gasparo è più «moderna» e alcuni passaggi sono molto caratterizzati. Nel caso delle F l’intaglio di Gasparo, sempre preciso e caratteristico, dispone sempre delle palette più ampie. Negli strumenti Micheli le palette sono invece molto sot-tili anche quando la forma della F si avvicina a quella di Gasparo.

La forma della testa dei Micheli ha subìto un’evoluzione, vi sono teste (pre-sumibilmente originali) che hanno la forma definibile da viola da gamba (uno stile che si ritrova anche e soprattutto in ambito veneziano)14, ed altre che pur mantenendo caratteri arcaici, come l’unico scavo sul dorso (anziché il doppio scavo standardizzato), sono del tutto identiche per disegno a quelle di Gasparo. Mancan-do la datazione sulle etichette bresciane, è difficile dire se lo stile gaspariano preesisteva nei Micheli alla venuta di Gasparo a Brescia, o se viceversa si tratta di un’innovazione stilistica introdotta da Gasparo, che abbia poi influenzato Pellegrino.

Se nella polizza d’estimo15 del 1568 di Gasparo si intravede ancora il periodo di assestamento, la successiva polizza del 1588 fa nettamente capire l’ormai avvenuta stabilità economica e professio-nale.

Il 5 luglio 1578, quando Gasparo stipula il contratto dotale per la sorella Lodovica, era già avvenuto il trasferimento e perciò l’acquisto della casa e bot-tega di contrada delle Cossere. Uno spostamento di solo un centinaio di metri dalla vecchia botte-ga, una posizione un po’ meno visibile, ma che rimaneva in una zona nota per la presenza dei costruttori di strumenti musicali, comunque vicino agli Antegnati.

Nella documentazione archivistica di Gaspa-ro, finora rintracciata, si intravedono sia i con-tatti dell’ambiente musicale sia quelli sociali. Il regalo del conte Alfonso Caprioli per la dote della sorella ha certamente origine da un’amicizia che passa attraverso gli strumenti musicali. Nella no-biltà d’allora, quando non fossero stati loro stessi musicisti per diletto, era un vanto disporre di stru-menti musicali propri per i musici che ingaggiavano in occasioni mondane.

Nella stessa direzione va intesa la dichiarazione della polizza del 1588 nella quale Gasparo segnala un credito per strumenti musicali, non più riscuotibile, nei confronti del conte Nestore Martinengo da Azzanello, un nobile bresciano. L’impossibilità della riscossione era dovuta al fatto che il Martinengo, capitano della Repubblica di Venezia, si trovava al comando della fortezza di Corfu. 14 L’esempio potrebbe essere riferito agli strumenti di «Joan Maria da Bressa», operante a Vene-zia. Suoi strumenti sono nell’Ashmolean Museum di Oxford.15 La dichiarazione dei redditi.

Ashmolean Museum, Oxford Viola Gasparo da Salò

Page 22: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

22

La documentazione ci permette di conoscere alcuni clienti di Gasparo: Sim-one dal liuto di Vicenza che dà una caparra per degli strumenti, poi muore, e il genero Antonio Franzosi, recupera il credito; Cesare Bertolotti di Pavia, detto Clavacino, che era in debito con lui per aver acquistato «tantae quantitatis instru-mentorum musicorum»; Carlo Contini di Chiari, nipote ed erede del celebre com-positore Giovanni Contini, che acquista abitualmente strumenti per rivenderli. Ha contatti anche con un maestro di ballo veronese, Bonifazio Galeazzi, oltre ovviamente alla clientela francese.

Nel gennaio 1597 Costanzo Antegnati aveva trasportato assieme all’organo des-tinato alla Cattedrale di S. Maria Maggiore di Bergamo un «violone» acquistato a Brescia, probabilmente di Gasparo. Nel ferragosto del 1604 Gasparo risulta nell’organico musicale delle celebrazioni indette dalla chiesa bergamasca, suon-ando forse su quel suo strumento. Va osservata la vasta area della clientela di Gasparo.

Oltre al figlio Francesco che proseguì la bottega dopo la morte del padre, tra gli allievi noti c’è Alessandro di Marsiglia «gallico eius garzono», che presenzia come testimone con Gasparo ad un atto notarile nel 1578. Certamente si può ipotiz-zare un legame tra questo allievo francese e la fornitura di strumenti in Francia. Questo perché sarà necessario passino vent’anni, cioè si giunga alla fine del secolo, prima che compaiano altri allievi. Sulla soglia dei sessant’anni Gaspa-ro è evidentemente indotto a farsi supportare nei lavori più pesanti da allievi. L’apprendistato di Gio. Paolo Maggini, il continuatore della sua liuteria, è certo a partire dal 1598 e si protrae almeno fino al 1604, anno in cui sia il Maggini che Giacomo Lafranchini affiancano ancora Gasparo.

Nel 1604 si registra un contatto tra Gasparo e Bernardino Doneda, intagliatore, che per l’occasione viene identificato come «artifici instrumentorum musicorum». Bernardino è figlio di Battista Doneda cognato di Pellegrino Micheli. L’incontro potrebbe essere una conseguenza della morte di Pellegrino avvenuta in quel peri-odo; Bernardino bisognoso di lavoro si era rivolto alla concorrenza.

É possibile pensare che Bernardino lavorasse testa e manico delle cetere che nella forma bresciana portano sempre una testa scolpita, un lavoro più vicino ad un intagliatore che ad un liutaio. Una cetera di Gasparo da Salò è conservata all’Ashmolean Museum di Oxford.

La cetera, strumento di origine antichissima, si trasformò da strumento della famiglia delle arpe a corde libere, a strumento a pizzico a corde tastate nel Me-dioevo. Nel Cinquecento ebbe un rilancio in Italia, in Francia e in Inghilterra. A Brescia il rilancio è legato ai Virchi, Girolamo per la costruzione e Paolo per l’aspetto musicale. Anche a Cremona i Cironi, liutai certamente meno noti degli Amati, costruivano cetere. Giovan Maria Cironi dichiara che negli ultimi anni del Cinquecento esercitava a Cremona «l’arte sua in fabbricar istromenti, cioè viole et citare et legni da citre».

Nessuno dei liutai bresciani disdegnò la costruzione di questo strumento, evi-dentemente la richiesta era notevole.

Page 23: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

23

I numerosi documenti notarili relativi a Gasparo, illustrano la sua vita, o quan-tomeno l’aspetto economico, ma permettono anche di tracciare un quadro della sua evoluzione professionale. Se inizialmente viene citato con la sola qualifica di «maestro di violini», segno che l’interesse sul neonato violino era forte, nel perio-do successivo dell’attività di Gasparo, cioè a partire dal trasferimento nella sec-onda bottega, prevale una dizione più complessiva, cioè «artefice di strumenti di musica» come a dichiarare che nella bottega si producevano tutti gli strumenti, dal violino al contrabbasso.

Nel XIX secolo, quando il nome di Gasparo risalì alla ribalta nell’ambiente liutario, gran parte degli strumenti che non potevano essere assegnati alla scuo-la cremonese, furono assegnati a lui o più genericamente alla scuola bresci-ana. Se pochi strumenti di pregio, non suoi, possono aver dato l’illusione di maggior prestigio a Gasparo, la maggior parte, di scarsa qualità, ha degradato l’immagine della sua liuteria. Che certamente è diversa da quella cremonese ma di prim’ordine. Ancor oggi si fanno dei torti gravissimi al liutaio di Salò. Per non vedere strumenti non suoi attribuiti a lui bisognerà attendere ancora.

Nei registri dell’archivio della parrocchia di S. Agata a Brescia si legge:

Adi 14 Aprille 1609messer Gasparo de Bertolotti maestro di violini è morto et sepolto in santo Joseffo.

Un tributo alla sua professione che a Brescia troviamo solo per lui e per l’organaro Costanzo Antegnati, il riconoscimento di una vita all’insegna del vio-lino e della musica.

Ugo Ravasio

Pubblicato su:

«A tutto arco», n.° 3, anno II, Cremona 2009.

Page 24: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

24

Page 25: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

25

Documenti in mostra

Vetrina 1: Fine Quattrocento

Nello splendido registro dell’estimo del 1498 sono identificati con la dizione «de la violetta» Bas-sanus e i fratelli Andrea e Nicola Mussi che appartenevano al paratico dei pateri assimilabili ai marzeri veneziani, che secondo la legislazione in uso all’epoca, nella Repubblica di Venezia, erano preposti alla compravendita di oggetti usati e alla costruzione e vendita di strumenti mu-sicali. Solo successivamente le botteghe liutarie andarono verso la specializzazione e in ambito bresciano questa tendenza si ritrova già nella bottega Micheli.Nel 1495 Isabella d’Este Gonzaga aveva ordinato ad un liutaio di Brescia tre viole tramite l’in-termediazione di Marco Nigro, prefetto delle munizioni della Repubblica di Venezia. Nella corri-spondenza intercorsa tra la marchesa e il Nigro viene genericamente identificato come «maestro» o «maistro de le viole». Si può verosimilmente ipotizzare che si tratti di uno dei tre riportati in questo registro. La documentazione comunque comprova l’esistenza a Brescia di una tradizione importante nella costruzione di strumenti musicali. La violetta era una tipologia di strumenti ad arco, ricordata anche in trattati cinquecenteschi come un’antenata del violino. Infatti alcune caratteristiche costruttive collimano con il violino, come l’accordatura per quinte e l’assenza di tastatura al manico, per cui ha condiviso in parte la tecnica esecutiva. La violetta aveva tre corde e la cassa esisteva in più forme, anche differenti dall’attuale violino. Nell’iconografia del Quattro-cento la violetta compare frequentemente nella rappresentazione di angeli musicanti, idealmente visti in ambito religioso come il popolo orante.

Documento 1: 1498

«Quarta Faustini [Settore quarto della quadra di S. Faustino]Bassanus de la violetta»

Documento 2: 1498

«Prima Joannis [Settore primo della quadra di S. Giovanni, zona dell’attuale piazza Vittoria]Andreas et |Nicolaus | de la violetta de mussis fratres».

[ASC, Registri dell’estimo, b. 446, c. 120v e c. 139r]

Violetta, liuto e arpa, fine ‘400

Page 26: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

26

Vetrina 2: Giovan Giacomo della Corna e Zanetto Micheli

Citati nel 1533 nella pubblicazione di Giovan Maria Lanfranco, Scintille di Musica, assieme agli organari Antegnati. Nella documentazione esposta si conferma che erano attivi precedentemente alla citazione del Lanfranco. Per il Della Corna testimonia un atto notarile del 1524 e per Zanetto (o Joannetto) Micheli una registrazione del Registro delle Custodie Notturne che porta la data del 26 agosto 1527. Le Custodie Notturne erano un retaggio medievale che da impegno personale a svolgere ruoli di guardia notturna si era trasformato in una tassa con la quale pagare gli addetti a questo servizio di sicurezza. La registrazione comprova che Zanetto Micheli, originario di Montichiari, si era già trasferito a Brescia ed era già attivo come liutaio.

Documento 3: 8 aprile 1524

Regesto:Maestro Gio. Giacomo de la Corna, «magistro a leuttis» nella città di Brescia, creditore di Gio-vanni Battista, figlio del fu Stefano di Brunelli, di lire 70 planette, avuti in prestito in più luoghi, a Mantova e a Brescia, riceve a saldo un credito di lire 30 da un debitore del Brunelli, per le restanti lire 40, della terra.[L’atto è rogato nella camera da letto del notaio Marco Pontolio in contrada del canton bombasa-ro, che era l’incrocio tra l’attuale via Capriolo e via delle Battaglie]

[Notarile di Brescia, f. 1809, not. Pontolio Marco, alla data]

Documento 4: 26 agosto 1527

Quadra II di S. Giovanni [Settore secondo della quadra di S. Giovanni]«Ioannettus de li violettis; 26 augusti 1527».

[ASC, Registri Custodie Notturne, b. 896, c. 103r]

Vetrina 3: Giovan Giacomo della Corna, Zanetto Micheli e Battista Doneda

Altra documentazione sul Della Corna e Zanetto Micheli, a cui si aggiunge Battista Doneda che è attivo nella bottega Micheli. La polizza d’estimo, cioè l’odierna dichiarazione dei redditi e delle possessioni, di Gio. Giacomo della Corna del 1534 è documento utilissimo per conoscere sia le sue relazioni parentali sia il suo stato patrimoniale, e, assai importante, la professione. Di estremo interesse un rarissimo contratto di vendita di strumenti ad arco, come quello sti-pulato da Zanetto Micheli con il musicista Tommaso di Urceis, detto «Ronchadello» nel 1537. Molto interessante la composizione: tre tenori, un soprano e un basso, una formula in uso negli ensemble del primo Cinquecento dove la sonorità più evidenziata era quella centrale del tenore.

Giovan Maria Lanfranco, Scintille di Musica, Brescia 1533

Page 27: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

27

Il documento stilato in duplice copia pone l’accento sulla tipologia di strumenti in uso all’epoca. Sebbene a causa di una macchia d’inchiostro (originale) in una copia si possa leggere il termine «violinis», nell’altra copia si legge perfettamente ciò che appare corretto leggere cioè «magister a violonis et violis». All’epoca il violino non era ancora presente sebbene il termine «i violini» era già apparso in ambito bresciano per identificare un gruppo di «sonatori». I violoni ad arco, ben descritti dal Lanfranco, avevano lo stesso ruolo del liuto cinquecentesco a sei cori, con la stessa accordatura. Il termine era diffuso in area lombardo - veneta ed è simile al francese «violon» che però attualmente significa violino. Il violone può essere accostato alla «viola da gamba» seicente-sca, pur mantenendo caratteristiche tecniche proprie e precedenti all’introduzione del meccani-smo dell’anima, artificio tecnico che caratterizza il violino.I successivi documenti hanno lo scopo di marcare il salto tra l’epoca ante violino e il periodo in cui il violino compare. Nell’atto notarile del 1560 compaiono come testimoni Zanetto Micheli e Battista Doneda identificati come «magistri a violinis». Il termine «magistro» o «maestro» all’epoca identificava un artigiano, fatta esclusione dell’identificazione musicale «maestro di cappella» che comunque aveva un significato parallelo, cioè il titolare aveva raggiunto la maestria nell’arte ed operava con la qualità necessaria. Gli altri musicisti erano identificati come «sonador» o «musico» nel caso di una identificazione più generica, mentre in casi più specificati si poteva arrivare a «sonador de violino» o «musico a violinis».Nella polizza del 1562 Paolo Doneda dichiara la professione del figlio Battista: «qual fa di violini». Si tratta dell’ulteriore conferma della presenza a Brescia del violino.

Documento 5: 1534

«Quarta Faustini Poliza di Zovan Iacomo de la Corna, che fa lauti, habitta in Bresa ne la Contrada del Cantone Bombasar.Mi Zovan Iacomo de la Corna di anni 50Barbera che stà com mecho, di vesterla, calzarla et marittarla di anni 13

Beni stabiliPrima una casa in la Contrada del Canton Bombasar in Bressa, corenzie de domà et mezodì mis-sier Albert di Mazà, a monte strada, et ditto el mio abittar ne afitto per liri vinti al’anno val L. 400

CredittiReiinaldo de Fì in Gardò deve dar liri ottanta, el qual sonno cativo pagador et ditti denari son in litte et dubiosi L. 80Item deve dar Bertolamio di Venturi bombarder in noboii L. 70Item deve dar Faustino de Bontempo in Bienno L. 33Item deve dar Zovà Andrea di Lazer a Montichiar L. 52Item me pagha de livello hogni anno misier Battista Scheli liri cinque, soldi doii, dinar seii, afra-carse a suo bene placito L. 102 y. 10Item me pagha de livello Zovà Batista di Bruneii liri cinque, soldi doii, dinar seii all’anno afran-carse ut sopra L. 102 y. 10Item me pagha el ditto di livello liri doii, afrancarse fra tre anni L. 40Item me paga di livello hogni anno Mafezì de Zovan Dobì in Mont più liri doii, soldi diese L. 50Bertolame Delchi in Gardò deve dar a mi Zovà Iacomo L. 37 y. 10Agustì de Bargnià dit Vespì deve dar liri quarantanove de li quali son anni des che son creditor, et mai non ho trovatto recompensa di averli, perché son fuzitto da Bressa za molti anni, 8, et non so sel sia morto ho vivo L. 49

Debitti di Zovan Iacomo de la Corna, che fa lautiMaestro Albert Diamigho armarol deve aver da mi L. 50Messer Anibal de Sonzi deve aver L. 38Messer Benedet di Bornato deve aver L. 200Zovan Francesco quondam de ser Lodovicho Pattina deve aver hogni anno liri quattro di planette, pagho per la descrita casa de livello, afrancarme fra otto anni L. 100Messer Piero de Lolmo patter deve aver L. 31Item pagho de livello per la ditta scritta casa a li Monighi de Santo Gosmo liri dua, soldi quindes all’anno L. 35Item deve aver più et diversi personi de des ducatti in zoso L. 70».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 45, CORN 1534, c. 197]

Page 28: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

28

Documento 6: 5 maggio 1537

Regesto:«Pro s. Thoma de Urceis sonatorePromissio magistri Zanetti de monte claro[...] In studio domorum habitationis mei Aurelij notarij jn burgo sancti Nazarij brixia[...]Ibi magister Zanettus quondam Jo: michaelis de mon-teclaro magister a violonis et violis civis et habitator brixia promisit dare et tradere cum effectu s. Thome quondam magistri Jacobi de urceis dicte ronchadello sonatori [...] unam copiam violonorum pro pulsando n.° quinque videlicet tres tenores unum sopranum et unum bassus, bonos et laudabiles completos et jnver-nigatos cum suis fulcimentis necessarij» pronti per es-sere suonati e che siano di quella magnificenza pari a quelli costruiti per Costantino Fenaroli, del magnifico signor Urbano e quelli dei Calini, da consegnarsi alla festa di Pasqua di Resurrezione di nostro Signore, prossima ventura.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 730, not. Lodetti Aurelio, alla data]

Documento 7: 26 aprile 1560

Regesto:Maestro Zanetto de Micheli «magistro a violinis» e Battista, figlio di Paolo d’Oneda, «magistri am-bobus», presenziano in qualità di testimoni, ad un versamento dotale a favore di Calidonia e del marito Battista Rossi di Breno, effettuato dal fratello Gio. Domenico Gabiani e sua madre, del va-lore di 600 lire planette. L’atto è rogato a Brescia, in Contrada di S. Antonio [l’attuale via Cairoli].

[ASB, Notarile di Brescia, f. 598, not. Paratico Fiorino, alla data]

Documento 8: 12 gennaio 1562

«Die Xii Ianuarii 1562Quarta IoannisPoliza di Paulo, quondam di Hieronimo de Oneda, abitante Bressa.

TesteDitto Paulo di età de anni 63, qual è sordoIo. Baptista suo filiolo di anni 33, qual fa di violiniAnna molie di detto Io. Baptista di anni 37Isabetta sua filiola di anni 11Bernardì suo filiolo di anni 6Hieronimo suo filiolo di anni 4Isabella sua filiola di anni 2

BeniUna casa in la città di Bressa, in la contrada di Santo Antonio per suo uso.Un dominio diretto fondato sopra una peza di terra ala Mandoloza, qual è di lire 300 la proprietà seu cavedale, et scode di livello lire quindese di planette al anno da Venturino revendarolo di biava, appresso al granarolo, cioè L. 300Del qual ne va detratto la sorte di soldi sei e dinari trei che se paga ogni anno al Reverendo mes-ser Augusto Zenide, canonico di Domo, qual è livello perpetuo.Un altro dominio diretto qual è sopra una casa in Bressa, in la Contrada di S. Antonio, cum re-foss de scoder di livello ogni anno lire 14 planette, qual livello paga messer Fraschino di Federici la sorte è L. 250Un altro dominio diretto di lire 184, quale sono depositate perché sono investite, et non ha tro-vato di investirle, perché il livellaro, qual è lo herede di Francesco Costa, ovver il suo tutor, se

Page 29: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

29

voleva affranchar et perché non se trovato di investirli, et non li conte livello alcuno al presente et li vol levar per sostentarse.

DebitiA maestro Zanetto seu ali soi heredi per refosa fatta al ditto Io. Baptista, suo filiolo, como appar per uno scritto fatto per messer Io. Iacomo Barocetto L. 100A più persone et ancora per talie L. 50».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 48A, DON 1565, c. 46]

Vetrina 4: Pellegrino Micheli e Gasparo Bertolotti da Salò

La novità nell’ambito liutario bresciano della seconda metà Cinquecento è il trasferimento del giovane Gasparo Bertolotti da Salò a Brescia. Con grande determinazione entra in concorrenza con la bottega di Pellegrino Micheli, figlio di Zanetto, che era deceduto nel periodo 1560/61. Sebbene in tempi moderni il nome di Gasparo da Salò sia salito ben oltre il ricordo di Pellegrino Micheli va considerato che la bottega Micheli era stata con Zanetto la più importante di Brescia ed aveva traghettato la liuteria del primo Cinquecento nella liuteria moderna che corrisponde con la definita e consolidata presenza degli strumenti della famiglia del violino.Il documento delle Custodie Notturne del 1563/64 testimonia il trasferimento di Gasparo a Bre-scia. Infatti le Custodie Notturne erano a carico dei cittadini definiti impropriamente «origina-rij», cioè coloro che avevano acquisito ufficialmente la cittadinanza. La lettera al conte Lucrezio Gambara firmata da «Peregrino maestro de violì [violini in dialetto]» testimonia l’importanza della bottega e la nomea che i Micheli avevano acquisito nell’ambito nobiliare bresciano. Nella lettera gli strumenti sono identificati sia come «violoni» che «violini» segno che nell’insieme di strumenti vi era ancora una promiscuità tra le diverse tipologie di strumenti.

Documento 9: 1563/64

Quadra II di S. Giovanni«Gaspar de Bertonibus de Salodio, vel de Bertolettis, solvis per annis 1563 et 1564».

[ASC, Registri Custodie Notturne, b. 916, c. 93r]

Documento 10: 21 ottobre 1564

«Illustrissimo signor mio osservandissimoPrego vostra signoria illustrissima aperdonarmi se io li do noia con questa mia perciò che il Bi-sogno che me preme mi sforza a schriverliGià molti giorni mesi et anni sonno pasati che io a instantia di messer Baptista romano musicho a nome di vostra signoria Jllustrissima Ho fatto la copia de li violoni n.° seij et me deti alla prima ducati n.° 8 et altri 8 quando furno forniti et promise di darme lo avanzo qual e de resto et de acordo Ducati n.° 9 - et mandare a tore essi violi[ni] et pero prego vostra signoria jllustrissima a farme aver il restante per che io sono povero Homo et ho grandissimo bisogno et mandar a tore essi violi[ni] et a vostra signoria Jllustrissima li baso la mano et umilmente me gli ricomando da bressa alli 21 ottober 1564De vostra signoria Illustrissima servitor Peregrino maestro de violì».

[ASB, Archivio Gambara, b. 287, cartella 1564, c. 301]

Etichetta a stampa di Gasparo da SalòI bresciani non datavano gli strumenti

Page 30: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

30

Vetrina 5: Girolamo Virchi, Gasparo da Salò, Giovita Rodiani

Nell’ambito della liuteria bresciana ad arco si inserisce la costruzione della cetera strumento a pizzico di origine popolare che attraverso l’operato di Girolamo Virchi e del figlio Paolo viene riproposta anche in ambito nobiliare. La cetera andò in disuso definitivamente nel XVIII secolo, tuttavia nel 500/600 ebbe una notevole popolarità e a Brescia una vasta produzione. Anche Vin-cenzo Galilei (padre del più celebre Galileo) nel 1581 lo ricorda: «Fu la cetera usata prima tra gli Inglesi che da altre nationi, nella quale isola si lavoravano già in eccellenza; quantunque hoggi le più reputate da loro, sono quelle che si lavorano in Brescia». La polizza del Virchi del 1568 è esplicativa della sua attività. Il Virchi ebbe stretti rapporti di amicizia con Gasparo Bertolotti.Le due polizze di Gasparo da Salò del 1568 e 1588, rintracciate da Giovanni Livi, contengono se-gnali dell’evoluzione della bottega del salodiano. Si ripercorrono alcune sue vendite di strumenti e le forniture per la sua attività. La polizza di Giovita Rodiani non contiene indicazioni sull’attivi-tà di questo liutaio contemporaneo di Gasparo, citato in pubblicazioni ottocentesche antecedenti alle ricerche del Livi, dove la sua identificazione fu ottenuta dalle etichette degli strumenti.

Documento 11: 1568

«Prima Alexandri [zona dell’attuale corso Cavour]Poliza de mi Hieronimo di Virchi quondam Bernardino, citeraroMi Hieronimo anni 45Magdalena consorte 39Paulo 17Angelica nubile FiglioliPiero 14Aurelia 12Camilla 6Fior 2maestro Zovà, maestro de intalii, de salario di L. 200maestro Battista, similmente maestro, de salario di L. 90quali stanno in casa mia a mie spese.

DebitiPago de livello a Malgaritta di Garlini L. 16 y 13 L. 333A Maria di [Garlini] L. 40

BeniIn nel causia de l’arte mia L. 90Una casa nel borgo di Santo Alexandrocon doi botteghe per mio uso,quale botteghe se fittariano L. 12 L. 240».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 140, VIR 1568, c. 201]

Documento 12: 1568

«Seconda IoannisPoliza de mi Gasparo del quondam Francesco di Bertholotti, da Salò, maestro di violini.Prima io Gasparo de ettà de anni 26Isabetta mia molie de ettà de anni 22Francesco mio filiolo de ettà de anni 3Marco Antonio similmente mio filiolo de età de mesi 3Ludoviga mia sorella de ettà de anni 12

DebitiPrima pago de fitto al anno di una casa et botega, in contrada del Palazzo Vecchio, a li heredi di maestro Pietro Maria Perpontino liri cinquanta videlizet L. 50Item son debitor alla signora Laura molie del signor Piero Nassino de lire vinti videlizet L. 20Item so debitor di don Alonisio frate in Santo Pietro di Bressa di liri vinti videlizet L. 20Item so’ debitor di messer Zo. Maria Columbino, pattero, di liri otto videlizet L. 8Item son debitor in diversi luoghi di lire quattro videlizet L. 4

CreditiItem io scodo di livello al anno da Faustino di Inselvi da Bornato per conto de dotta di mia molie liri sedici et soldi tredici videlizet L. 16 S. 13

Marchio di Girolamo Virchi scolpito su una cetera: Hieronimus Brixiensis

Page 31: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

31

Item io ho instrumenti da sonar da vendere quali pretendo debano valer ducatti cinquanta L. 150».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 18A, BERO 1568, c. 294]

Documento 13: 1588

«2.nda JovannisPoliza de mi Gaspar di Bertolotti quondam Francischo Artefice di Instrumenti di MusichaMi Gaspar de età di anni 45Isabetta mia moglie di anni 40Francescho mio fiolo di anni 23Fior molie del ditto Francesco di anni 20Livia mia fiola di anni 15Verginia mia fiola di anni 10Marco Antonio mio fiolo di anni 4Julia mia fiola di anni 2Agnola masara di anni 18Batista famiglio di anni 30

DebitiIo sono debitor di messere Antonio di Franzosi da Vi-cenza di L. 102 s. 10 per una capara che mi dette il quondam messer Simone suo suocero per fargli cop-pia di violini ma sopravvenuta la morte di ditto messer Simone la caparra è rimasta a me senza dar li Istru-menti sicché il ditto messer Antonio domanda la detta caparra qual’è di L. 102 s 10Item son debitor al Reverendo padre Don Gabriel frate in santo Piero di L. 60 per tanti a me imprestati per non andar l’arte mia nella Franza secondo il solito L. 60Item son debitor agli eredi del fu messer Valerio Bon-fadino habita in Venetia di lire cinquanta per avermi mandato tanti legni per far l’arte mia L. 50Item son debitor al Reverendo padre Don Marco An-tonio frate dell’ordine di santo Pietro in Oliveto di L. 42 per causa di tante corde mandatime da Roma per fornir violini L. 42Item son debitor con diverse persone da L. 30 in giù circha a L. 100Item pago di salario alla suddetta Agnola masara ogni anno L. 12Item pago di salario al suddetto Batista famiglio ogni anno L. 60

Beni stabiliHo una casa con botega in Brescia per mio uso in contrada delle Cossere coerente a mattina la strada a sera il signor Ventura Mazuchello a mezzogiorno messer Lodevicho Gizolo della qual casa ne affito una parte a messer Zo Piero Sandrinello per esser mio compare non gli posso dar commiato benché già da due anni la detta casa mi fa bisogno per la gran famiglia che ho della qual ne cavo L. 30 alano ma per l’avvenir mi fa bisogno tutta per mio uso L. 600Item un roncho in Val Sorda di piò sei in tutto sommato parte olivato et vidato con una casa per il massaro coerente a monte gli eredi del signor Paolo Durante a mezzogiorno strada vale L. 40 il piò monta L. 240

RaccoltoFormento some una quarte trei fava vino bono zerli sette olio pesi doiItem ho un credito col signor Conte Ernestor Martinengo da Zanello di L. 52 per causa di tanti in-strumenti da sonar ma credo che non avrò mai niente per esser molto tempo che le debbo aver L. 52Item ho mercantia di violini finiti et da finire circha ha L. 500Item ho alcune pretensioni con gli eredi di messer Rocho de Casetti per esser stato suo actore per pendente lite et per non esser fatti tutti li conti non so se sarò debitor o creditor».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 18A, BERO 1588, c. 280]

Viola Gasparo da Salò, decorazione del fondo

Page 32: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

32

Documento 14: 1588

«7.a faustini [contrada di S. Rocco, un vicolo oggi chiuso in via Elia Capriolo] 13poliza de Iovitta filiolo del quondam domine Iovan Francescho di Rodiani, in quadra settima faustinaJovitta predetto de anni 43

beni stabiliprimo una casa per suo uso in Bressia in contrada de S. Rocho corencie de sera parte messer Ri-zardo di Bagnatti et da monte messer Quintiliano Gavatter de la qual casa ne afitta per lire trenta sei et la qual casa vale liri mille et cinque cento tutto L. 1500Item uno roncho arador et vidatto et arborino de arbori fruttiferi et la mittà boschivo su le chiu-sure di Bressia in contrada Costalonga di piò quattro in circha corencie da mezo di li erede del quondam magnifico ser Lodovicho Bergognini et da monte il magnifico ser cavaliero Fenarolo vale in tutto L. 800Del quale roncho si cava comunemente per la parte dominicale grosso quarti 5vino gerle 3frutti L. 12sopra li quali si paga alla Magnifica Comunitta di Bressa L. 2 y 12 di livello capitali L. 52 24 Martij».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 235, RON 1588, c. 13]

Vetrina 6: Gio. Paolo Maggini nella bottega di Gasparo

Oltre a Gasparo da Salò, l’artefice bresciano a cui universalmente si riconosce un ruolo essen-ziale nell’evoluzione del violino è Giovanni Paolo Maggini. Nato a Botticino si trasferisce con la fa-miglia a Brescia dove avviene l’incontro con la bottega di Gasparo Bertolotti. La documentazione esposta serve a testimoniare da una parte la presenza del Maggini nella bottega e dall’altra alcuni interessanti contatti di Gasparo. Altra testimonianza importante è la presenza del «garzone» Gia-como Lafranchini che troveremo collaboratore del Maggini dopo la morte di Gasparo. Pellegrino Bertacino, qui definito «musico seu tubeta» era stato organista del Duomo di Salò. Paolo Virchi è il figlio di Girolamo, musicista celebrato era all’epoca organista titolare dell’organo Graziadio Antegnati di S. Barbara, la cappella dei Gonzaga, a Mantova. I Morari detti «Soresina» erano una famiglia di intarsiatori e intagliatori.

Documento 15: 6 marzo 1598

Regesto:Testamento della Magnifica e Nobile Lelia Gabiani Alberghini. Tra i testimoni figurano «D. Gaspa-re quondam d. Francisci de Bertolottis artifice instrumentorum musicorum, d. Peregrino quon-dam d. Antonij de Bertacinis veronese musico seu tubeta in contrata sancti Georgij, et Jo: Paulo filius quondam Joannis de Maginis de Botecino à sero, garzono supradicti d. Gasparis omnibus habitatoribus Brixia». Si precisa che Gasparo conosce la testatrice.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 3249, Prot. 4°, Sandrinelli Gio. Pietro, cc. 251v-252r]

Documento 16: 16 marzo 1599

Regesto:«Adì 16 Marzo 1599 in BresciaSi dichiara per la presente Scrittura, come sono stati saldati li conti tra domino Eustachio Mer-canda cittadino et habitante in Brescia da una parte, et Piero Breda suo massaro al loco delle Colombere [...]». Presenzia come testimone con firma in calce:«Io Gio. Paulo Magino fui presente ut supra».

[ASB, Notarile di Brescia, f. 3247, Sandrinelli Gio. Pietro, alla data]

Etichetta del Maggini

Page 33: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

33

Documento 17: 10 ottobre 1602

Regesto:Atto di procura di Paolo Virchi nei confronti di Gio. Antonio Morari: «Jo. Paulo filius quondam Jo-annis de Maginis de Botecino [...] garzono ser Gasparis de Bertolottis» è testimone ad un atto di procura effettuato da «d. Jo. Paulus filus quondam d. Hieronimi de Virchis musicus civis Brixiae, nunc habitator Mantuae» in favore di Faustino figlio del fu Gio. Antonio Morari detto «Soresina», per la vendita di una casa sita in Brescia, in Contrada S. Alessandro, confinante con un’altra casa di proprietà dello stesso Virchi.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 3247, Sandrinelli Gio. Pietro, alla data]

Documento 18: 15 maggio 1604

Regesto:«ser Jo. Paulo quondam Joannis de Maginis de Botecino a Sero et ser Jacobo filio ser Baptista de Lafranchinis de Civedate Vallis Camonicae ambobus garzonis d. Gasparis de Bertolottis» sono testimoni ad un atto di procura effettuato da Dolcino del Men di Crema, converso del Monastero di S. Pietro in Oliveto, a favore di Giuseppe Zangrandi, converso del Monastero di S. Giorgio «in Braida» di Verona.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 3247, Sandrinelli Gio. Pietro, alla data]

Vetrina 7: Gio. Paolo Maggini

Con l’avvento del Seicento portatore del Barocco, anche la pratica musicale subisce significativi cambiamenti. Nell’ambito degli strumenti ad arco si evidenzia il ruolo del soprano, cioè il violino, a svantaggio dei «tenori» che predominarono la scena cinquecentesca. L’atto del 1610 è un se-gnale che dopo la morte di Gasparo il Maggini era già attivo come liutaio. Dall’atto dotale si ricava che Giacomo Lafranchini aveva seguito il Maggini. Nella polizza d’estimo del 1617 il Maggini di-chiara crediti nei confronti di Fiore Pasini la moglie di Francesco Bertolotti, figlio di Gasparo, e da questo si deduce che era morto e di conseguenza la bottega Bertolotti era idealmen-te passata nelle sue mani. L’attività professionale trapela nettamente nelle due polizze dove il Maggini dichiara di possedere legname e corde per violini. Negli anni venti del Seicento il Maggini aveva traslocato dalla casa di Palazzo Vecchio del Podestà per trasferire la numerosa famiglia in una casa sita in «contrada delle Bombaserie», come si ri-scontra nelle polizza del 1626 [L’attuale piazza Vittoria].

Documento 19: 12 luglio 1610

Regesto:«Jo Paulo filius quondam ser Joannis de Maginis magistro a violinis» acquista un censo annuo da Antonio Maria figlio del fu Domenico Galluzzi di Salò abitante a «Castrezoni», di lire 75 planette riscuotibili ogni semestre, censo sopra una pezza di terra in territorio di «Castrezoni» in contra-da «Cazalis», al prezzo di lire 1000 planette.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 5781, Baletti Gio. Maria, c. 76]

Documento 20: 28 gennaio 1615

Regesto:Carta dotale di Anna moglie di Gio. Paolo Maggini. Fausto Foresto, padre di Anna promette al genero, Gio Paolo, una dote di 3250 lire planette, di cui 2950 in «pecunij» e 300 lire planette in buoni mobili. La dote verrà pagata con 900 lire planette ed i mobili al momento, il resto con versa-

Violino Gio: Paolo Maggini

Page 34: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

34

menti annuali fino ad estinzione. L’atto è rogato nella cucina al piano superiore dell’abitazione di Gio Paolo sita in contrada «Pallatij veterij Pretorij», la stessa casa «in contrada del Palazzo Vecchio del Podestà» da lui acquistata nel 1606 [L’attuale via Dante]. Testimone all’atto è Giacomo figlio del fu Battista Lafranchini «magister a violinis» abitante nella casa di Gio. Paolo.

[ASB, Notarile di Brescia, f. 4583, Podestini Scipione, alla data]

Documento 21: 1617

«2.da Joannisgravezze

Pollizza del Estimo di Messer Gio. Paulo Maggini maestro da violini in contrada del Palazzo Vec-chio del PodestàMesser Gio: Paulo Maggini d’anni trentasei n.° 36Anna mia moglie d’anni n.° 22Gio. Pietro mio figlio d’anni n.° 1Debiti del sudetto Maggini, prima uno lavorente della mia Bottega con salario, et spesi liri ducen-to, et ottanta planetti L. 280Item una serva con salario, et spesi liri cento L. 100Item pago di livello ogni anno alla Prepositura di Santa Agata liri sette sopra una casa di capitale L. 140Item mi ritrovo debito al mio lavorente di scudi quaranta L. 164Item mi ritrovo debito liri treimillia al signor Lorenzo Medasi sopra una pezza di terra Boschiva di piò undecii ovvero quella che si ritrova col suo carico di cinque per cento L. 3000Crediti del sudetto Maggini, primo una casa in contrada del Palazzo Vecchio del Podestà con Bot-tega per mio uso, choerentie a’ mezzo dì la strada a’ mattina Madonna Teodora Gizzola, a sera gli Heredi di messer Paulo Balteo, ha monte un ingresso con bottega si potria fittar liri sedici L. 320Item mi ritrovo un Roncho in contrada di Santo Fiorano, di piò tredesi overo quella che si ritrova con una casa per uso del patrone et un altra per uso del Massaro in esso roncho del valore di liri sei millia planetti dico L. 6000Choerentie a mezzo di gli Frati di Santa Afra a sera Domino Fausto Foresti Pilizzaro, a monte la strada di Santo Gottardo, a mattina gli Heredi del quondam Camillo Sartori in Brescia. Item mi ritrovo un boschetto di piò quatro et mezzo overo quello si ritrova sul teretorio di Boticino da Sera in contrada della Paijna, Chorente a mattina il Comun da Botisino a mezzo dì Andrea Paijna a monte gli Maggini, a’ sera l’ingresso del valore di liri sessanta in tutto dico L. 60Item mi ritrovo da scodere per dotta de mia mollie da Domino Fausto Foresti pilizzaro in Bressia liri doi milia et cinquanta planetti con il suo carico di livello al cinque per cento L. 2050Item mi ritrovo da scodere dalla signora Fiore di Pasini scudi desesette L. 69Item mi ritrovo in mercantia di violini lignami et cordi di essi violini liri cento planetti L. 100».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 208B, MAB 1614-19, non numerata]

Documento 22: 19 ottobre 1626

«Prima JovanisGravezze

Pollizza del estimo, di me Gio: Paolo Maggini che fa violini, in contrada delle Bombaserie a Santa Agatha jo: Gio: Paulo Maggini, de Anni 46Anna mia moglie, de Anni 32Cecilia mia figliola d’Anni 8Veronicha, d’Anni Doi 2Carlo de Mesi sei 6Debiti di me Gio: Paulo, Prima uno lavorentie nella mia Bottega, con salario, et spese de planette, lire trecento L. 300Una serva, con salario, et spese L. 150Mi rittrovo debiti, sopra la casa, alli heredi di messer Francesco Fracasso, di planetti con aggra-vio, del cinque per cento L. 1270

Page 35: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

35

Crediti, Prima una Casa c’ bottega parte per mio uso, et parte da affittar qual se potria affittare L. 130Hora se affita hora non se affita in la suddetta contrada cohe-rentie a’ mattina, et parte monte il tresandello, a’ mezzo dì parte, messer Cesar della posta et parte messer Vincenzo Butturino, a’ sera strada, pol valer L. 2600Item Uno Roncho, de pio’ X.ci [10] in circa con casa per uso del Patrone, di una per uso del massaro in contrada di santo Fio-ran, coherentie a’ mattina il signor Calimerio Cigola et messer Giovanni Casteso et a’ monte la strada di santo Gottardo, a’ sera messer Fausto Foresto parte et parte il Reverendo don Ventura, et parte della strada a’ mezzodì li Reverendi Padri di Santa Affra, parte et parte il signor Bernardino Vinacese di valore Lire doi millia planette L. 2000Item un’altra pezza di terra aradora in spianada, confina con li Ronchi in contrada di Santo Fiorano, de pio’ trei, et tavole novanta in circa coherente a’ mattina parte, messer Thomaso Pilotto et parte di mezzo dì, a’ sera, et a’ parte di monte messer Fausto Foresto, qual potria valere, lire mille planette L. 1000Item un’altra pezza di terra boschiva in contrada della Payna territorio de Botticino de Sera, de pio’ quattro in circa coherentie a’ mattina, et mezzo dì il comune de Bottesino Mattina, a’ sera li Heredi di Andrea di detta Payna a’ monte strada et parte li Here-di di Bartholomeo di Maggini, di valore di L. 50Un livello con la signora Chiara, moglie del signor Lelio Ca-stello, di Lire Cinquecento planette di capitale, a’ raggion del cinque per cento L. 500Un altro livello, con Madonna Candida di Pigozzi, de lire mille, et settanta planetti sopra una casa a’ cinque per cento di capitale L. 1070Per il mio arte, in Legname, et Corde, per il mio Arte, di capitale lire cento et cinquanta di planet-ti L. 150 19. 8.bris. 1626».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 307, c. 29]

Vetrina 8: Dopo la peste del 1630

Con la peste del 1630 (quella resa famosa da Alessandro Manzoni) i costruttori bresciani di stru-menti musicali subiscono una débâcle. Oltre al Maggini muoiono gli organari Giovan Francesco Antegnati e Tommaso Meiarini. Anche la famiglia Amati a Cremona aveva registrato un pesante lutto con la morte di Girolamo, ma fortunatamente sopravvisse il figlio Nicola dal quale partirà rinnovata la scuola cremonese. A Brescia si installarono alcuni liutai di origine tedesca specializzati in strumenti a pizzico. La tradizione bresciana della liuteria ad arco fu continuata da Matteo Benti, l’ultimo epigono. Dopo la morte del Benti un liutaio di origine bolognese, Giovan Battista Rogeri, che aveva imparato l’arte nella bottega di Nicola Amati, si trasferì a Brescia chiudendo da un lato la produzione di stile prettamente bresciano, ma dando comunque nuova linfa e vigore alla produzione bresciana. I documenti testimoniano l’attività dei fratelli Lassigner nel 1641 «fabricatori di liuti», Matteo Railich [o Relich] nel 1655 e di Matteo Benti attivo dal 1637 al 1661. La presenza del Rogeri è certificata dal 1664 anno in cui si sposa a Brescia. L’anagrafe del 1688 lo ritrae nel pieno della sua attività con i figli.

Documento 23: 31 luglio 1641

«Civitacula Nova 116Polizza de beni, Crediti, debiti, et Agravij di noi Gio: et Carlo fratelli Lassignari figli quondam An-drea da tera todescha et hora habitanti in Brescia fabricatori di liuti à Porta BrusataJo Gio sodetto d’ani 26Carlo mio fratello d’ani 29Malgarita mia moglie d’ani 23

Decorazione di un violino Maggini

Page 36: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

36

Mercantia in BresciaHabiamo in Botega, Liuti chitare et altri instrumenti il valor da quali e di scudi trenta fano de planetta L. 123 y -

CreditiDevo havere da ms Gio: Tavello formagiaro et tentore in Ruva Soiera scudi cento e cinquanta so-pra quali non affancandoci pasati tre ani, et sei meli doverà pagarmi il livello di cinque per cento sono de planette Lire 615 y - d - quali sono di ragion di dote della sudetta mia moglieItem scodo de livello da Antonio da Magello nella terra di Colio scudi cinque all’anno di ragion della sudetta mia moglie di capitale di planetta L. 410 y - d -

PretentioniPretendo dalli sudetti Tavelli sopra li beni di ms. Belto in Tavello da Colio quello che l’aspetta a detta mia moglie che a suo conto potrebbe essere circa scudi trecento, et siamo restati in apon-tamento di remeterli à uno Eccellentissimo Dotore non sò che sarà dico scudi 300

DebitiPago fitto di casa a ms. Francesco Barbiero affittuale della Magnifica Cità de planette L. 14 y 9Pago fitto di Botega a Porta Brusata a mr Preosto di santo Giorgio de planette L. 45 y 2Devo dar a diverse persone da planetti dieci in giu de planette L. 100

1641 31 July».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 343B, c. 116]

Documento 24: 9 agosto 1655

«7.ma S. FaustiniPoliza di me Mattio Relich q. Andrea cittadino et habitante in Brescia con l’essercitio di far liuti e chitare in contrada della paladaPrima io Mattio sudetto d’anni 41Lucia mia moglie d’anni 28Anna Maria d’anni 7 miei figlioli et della dettaAurelia di mesi 8 mia moglie Lucia.

MercantiaMi ritrovo havere in mercantia della mia arte lire di p.ta 200

Aggravi et debitiPago affitto di casa et Bottegha a messer Marcho Spinone al anno scudi [...]Devo dare a messer Pietro mio fratello Liutaio in Venetia lire piccole 250 picoleDevo dare a D. Tomia Ziegmilar per Corde della detta mercantia lire picole 230 picole

1655. 9. Augusti».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 113B, c. 129]

Documento 25: 16 aprile 1661

«4.a JoanisPolizza della famiglia Beni di me Matteo Benti quondam Gio’ Giacomo Cittadino et habitante in Brescia con essercitio di far Citere e Violini Aggiustata nel stato Primo Gennaio 1661Io Matteo suddetto di anni 83Chiaradea mia moglie di anni 70Beni stabeli quali possedevo anche l’anno 1641

In BresciaPossedo la medesima casa a me descritta in Catastico 4.a Joannis al n.° 182

In CamignonePossedo la medesima pezza di terra a me descritta in Catastico di detta terra al n.° 4

In ValenzanoPossedo la medesima pezza de terra a me descritta in Catastico di detta terra al n.° 7 1661. 16 Aprile».

[ASC, Polizze d’estimo, b. 16, BEN 1661, c. 100]

Page 37: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

37

Documento 26: 1688

«Corte de Polini [L’attuale corso Mameli][...]Ms Gio: Battista Rugiero Violinaro con moglie, et doi fi-glioli fanno la medesima arte, et figliole n.° 3. dice non haver stabile alcuno paga per affitto di casa scudi n.° 4 al sig.r Aloisio Crotta».

[ASC, Anagrafe 1688, b. 1411, S. Giovanni, c. 20r]

Conclusione

Il documento dell’Anagrafe del 1688 evidentemente non conclude la storia della liuteria bresciana che ha notevoli spunti anche nel Settecento e Ottocento, però conclude un’era, quella di un apporto importantissimo e dallo stile ampiamente caratterizzato alla costruzione degli strumenti musicali, che è vanto dell’Italia. Il violino italiano è ancor oggi simbolo dell’Italia e della genialità italiana e Brescia rimane il suo più robusto punto di partenza.L’auspicio di questa mostra è che la riproposta della documentazione liutaria bresciana sia elemento cul-turale in sé, ma anche stimolo alla liuteria e ai liutai che perseverano in questa importante tradizione.

Testa di violino di Giovan Battista Rogeri

Il violoncello nella pittura moderna

Page 38: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

38

Page 39: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

39

Bibliografia di riferimento per la mostra

Giovan Maria Lanfranco, Scintille di Musica, Brescia, Britannico 1533.anGeLo Berenzi, I liutai bresciani, in «Commentari dell’Ateneo di Brescia», 1890.anGeLo Berenzi, Di Gio. Paolo Maggini, celebre liutaio bresciano, Brescia, 1891.Giovanni Livi, Gasparo da Salò e l’invenzione del violino, in «Nuova Antologia», Roma, 1891.anGeLo Berenzi, La Patria di Gio. Paolo Maggini, Cremona, 1891.Giovanni Livi, I liutai bresciani, G. Ricordi & C., Milano, 1896.anGeLo Berenzi, Di alcuni strumenti fabbricati da Gasparo da Salò, Brescia, 1906.anton Maria Mucchi, L’anno di nascita di Gasparo da Salò, in «Memorie dell’Ateneo di Salò», 1934.anton Maria Mucchi, Un documento della famiglia Bertolotti, in «Memorie dell’Ateneo di Salò, 1934.oreste foffa, Pellegrino da Montichiari: inventore del violino, Apollonio, Brescia, 1937. anton Maria Mucchi, Gasparo da Salò, Hoepli, Milano, 1940, ristampa dell’Ateneo di Salò.roBert e. andrews, Gasparo Bertolotti da Salò, Berkeley, California, 1953.caMiLLo BoseLLi, Regesto artistico dei notai roganti in Brescia dal 1500 al 1560, Ateneo di Brescia, Brescia, 1976.fLavio dassenno - uGo ravasio, Gasparo da Salò e la liuteria bresciana tra Rinascimento e Barocco, Brescia, Editrice Turris, 1990.uGo ravasio, Vecchio e nuovo nella ricerca documentaria su Gasparo da Salò e la liuteria brescia-na, in «Liuteria e musica strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento», vol. I, Salò 1990 / Brescia 1992.uGo ravasio, Il fenomeno cetera in area bresciana, in «Liuteria e musica strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento», vol. I, Salò 1990 / Brescia 1992.uGo ravasio, Bernardino Virchi organaro, in «Civiltà Bresciana», a. IV (1995) n.° 2, Brescia, FCB, p. 33, [Notizie sulla famiglia Virchi]uGo ravasio, Dalla violetta al violino: il ruolo di Brescia, in «Un corpo alla ricerca dell’anima», ca-talogo della mostra a cura di Renato Meucci, Ente Triennale Internazionale degli Strumenti ad Arco, Cremona 2005.uGo ravasio, The Century of Maggini, in «1520 - 1724 Liutai in Brescia», Catalogo della mostra «Gio. Paolo Maggini, secoli di dettagli» Brescia 2007, Cremona, Eric Blot Edizioni, 2008.uGo ravasio (a cura di), Gasparo da Salò e la liuteria a Brescia, Cremona, Cremonabooks, 2009.uGo ravasio, 400 anni dalla morte di Gasparo Bertolotti da Salò. L’ambiente di Salò e il trasferi-mento a Brescia, in «A tutto arco», n.° 3, anno II, Cremona 2009.Giovanni BiGnaMi, Storia della Musica a Brescia, vol. 1, Capitolo «I liutai», edito a cura di Ugo Ra-vasio, Brescia 2011. (Tratto dal manoscritto inedito del Bignami, stampato in due copie, con-sultabile presso la Biblioteca Queriniana di Brescia e la Biblioteca del Conservatorio di Brescia).

Page 40: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

40

Page 41: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

41

Sommario

Presentazione 3

Sulla natura ed origine dei documenti esposti 5

Appunti sulla Mostra 7

La scuola bresciana di musica strumentale 9

Giovanni Livi La ricerca documentaria sulla liuteria 13

Gasparo da Salò L’ambiente di Salò e il trasferimento a Brescia 17

Documenti in mostra 25

Bibliografia di riferimento per la mostra 39

Page 42: Liuti Violoni Lyre Et Simili 2012

42

Liuti, Violoni, Lyre, et similiMostra di documenti sulla liuteria bresciana

tra XV e XVII secoloa cura di Ugo Ravasio

Archivio di Stato di Brescia23 Aprile 2012