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78 Lo gnomone e il calendario solare Nel punto P’ è stato probabilmente posizionato lo gnomone la cui presenza è rimasta, con la funzione di calendario, anche dopo la fondazione della città. Questo aspetto è confermato da due aspetti: a) aspetto scientifico Uno gnomone, dell’altezza di m. 10, posto nella posizione P’, dà nei vari mesi dell’anno la lunghezza dell’ombra (calcolata sull’altezza del sole desunta dal programma Stellarium con β=90°-α agli equinozi (con α = latitudine di Perugia pari a 43°6’) con β=70°24’ al solstizio d’estate (β=90°-43°6’+23°30’) con β=23°24’ al solstizio d’inverno (β=90°-43°6’-23°30’) Data dell’anno Altezza del sole dal programma Stellarium Lunghezza dell’ombra di uno gnomone h=10 m. L=h/tg β 21/12 23°24’ 23,1 21/11 27°1’ 19,63 21/10 36°24’ 13,56 21/09 46°54’ 9,36 21/08 58°28’ 6,14 21/07 66°51’ 4,275 21/06 70°24’ 3,56 21/05 66°51’ 4,275 21/04 58°28’ 6,14 21/03 46°54’ 9,36 21/02 36°24’ 13,56 21/01 27°1’ 19,63 Nella fig. 59 è riportato in scala 1:5000 la pianta della città e la posizione delle ombre nei vari mesi dell’anno tratti dalla presente tabella, ipotizzando uno gnomone posto nel punto P’, di altezza tale da estendere la sua ombra più lunga (al 21/12) nel punto P.

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Lo gnomone e il calendario solare Nel punto P’ è stato probabilmente posizionato lo gnomone la cui presenza è rimasta, con la funzione di calendario, anche dopo la fondazione della città. Questo aspetto è confermato da due aspetti: a) aspetto scientifico

Uno gnomone, dell’altezza di m. 10, posto nella posizione P’, dà nei vari mesi dell’anno la lunghezza dell’ombra (calcolata sull’altezza del sole desunta dal programma Stellarium con β=90°-α agli equinozi (con α = latitudine di Perugia pari a 43°6’) con β=70°24’ al solstizio d’estate (β=90°-43°6’+23°30’) con β=23°24’ al solstizio d’inverno (β=90°-43°6’-23°30’)

Data dell’anno Altezza del sole dal

programma Stellarium Lunghezza dell’ombra di uno gnomone h=10 m. L=h/tg β

21/12 23°24’ 23,1 21/11 27°1’ 19,63 21/10 36°24’ 13,56 21/09 46°54’ 9,36 21/08 58°28’ 6,14 21/07 66°51’ 4,275 21/06 70°24’ 3,56 21/05 66°51’ 4,275 21/04 58°28’ 6,14 21/03 46°54’ 9,36 21/02 36°24’ 13,56 21/01 27°1’ 19,63

Nella fig. 59 è riportato in scala 1:5000 la pianta della città e la posizione delle ombre nei vari mesi dell’anno tratti dalla presente tabella, ipotizzando uno gnomone posto nel punto P’, di altezza tale da estendere la sua ombra più lunga (al 21/12) nel punto P.

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Questa ipotetica costruzione (che presupporrebbe uno gnomone dell’altezza di m. 198 e pertanto irrealizzabile) potrebbe essere stata realizzata in scala, ad esempio con uno gnomone

di m. 19,8; è interessante rilevare che essa fa sì che l’ombra al 21/6 corrisponda esattamente con il decumano massimo della parte àntica, e che l’ombra al 21/2 corrisponde al punto P°, il

O’

P’

21/8 21/4

21/9 21/3

21/10 21/2

21/11 21/1

21/12

21/7 21/5

Fig. 59 Pianta della città con il posizionamento di un immaginario gnomone posto all’estremo sud del tempio solare, la cui ombra (dell’altezza di m. 197 circa) al 21/6 si trova in corrispondenza del decumano massimo della parte àntica, al 21/12 in corrispondenza del decumano massimo della parte pòstica, che in scala macroscopica simula l’eventuale gnomone etrusco che segnava i mesi dell’anno (calendario astronomico).

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secondo punto di fondazione. Se questa costruzione fosse stata eseguita dagli Etruschi essa ci indicherebbe che la fondazione della città sia stata effettuata il 21/2, e questo coinciderebbe con la data che emerge dal paragrafo seguente, che affronta il tema della data di nascita della città di Perugia.

b) L’altro aspetto che confermerebbe la presenza dello gnomone etrusco è che il Sangallo, che ha

realizzato il rilievo rappresentato nella fig. 61 per la realizzazione della Rocca Paolina, proprio nello stesso punto P1 dove si trovava il presunto gnomone etrusco, al limite a sud del “tempio solare”, ha realizzato una struttura sorprendente, una guglia con un’antenna tale da superare

ampiamente l’altezza di Porta Sole, il punto più alto della città. Questo si vede dal rilievo del 1603 che ci fornisce l’Eusebi nella rappresentazione a volo d’uccello della città di Perugia (fig. 64 e fig. 65) e ci fa comprendere che il Sangallo, per riproporre lo gnomone in prossimità di quello dove dovrebbero averlo posizionato gli Etruschi, ha certamente trovato qualche traccia nel terreno.

La guglia del Sangallo, eseguendo un rapporto con gli edifici rappresentati in fig. 64 aveva un’altezza pari a circa 30÷40 metri e potrebbe essere stata utilizzata come calendario solare in quanto proiettava la sua ombra nella Piazza Grande (fig. 65), l’attuale Piazza della Repubblica. E’ impossibile che gli Etruschi abbiano realizzato uno gnomone nel punto P dell’altezza di m. 197, ma è verosimile che nel punto P1 abbiano realizzato uno gnomone che realizzasse un calendario astronomico, contrapposto al punto O nel quale si trovava l’orologio ad acqua e che nel cardo della città fosse possibile conoscere l’ora e il mese; il Sangallo, da bravo architetto, ha riprodotto (non nel punto preciso ma a distanza di 12 metri) lo gnomone del calendario

Fig. 64 e 65. Particolari della pianta dell’Eusebi (1603) che mostrano la guglia posizionata poco distante dallo gnomone della città etrusca.

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etrusco, riproponendolo sul piano architettonico ma non risulta da alcun documento che esso sia stato utilizzato come calendario solare. Forse è un elemento architettonico che l’architetto Sangallo ha voluto riproporre, probabilmente condizionato da quello che ha rilevato in situ. Nel portale del palazzo della Provincia, costruito al posto della Rocca Paolina, si è mantenuto lungo il cardo della città un simbolo della città, un grifone vicino a dove si trovava la guglia del Sangallo ma non nello stesso punto, e senza alcuna pretesa di rappresentare nè un riferimento cosmico nè un calendario solare.

Lo gnomone della rocca paolina Nella fig. ... è stato riportato l’asse A’’’ - B’’’ corrispondente alla posizione della grande antenna posizionata dal Sangallo nel suo progetto della rocca paolina rappresentato in prospetto nella fig. 64 e in pianta nella fig. 65, evidenziata da una freccia rossa. Ciò dimostra che il grande architetto ha individuato e rispettato il cardo etrusco della città anche se ha posizionato lo gnomone di pochi metri più a sud della posizione etrusca nell’atto di fondazione della città. Lo stesso asse è stato rispettato nella costruzione del palazzo ottocentesco della Provincia, nel quale al posto dello gnomone è posizionato il monumento equestre. Si noti come il Sangallo, ad indicare l’incidenza del potere papale sulla città, pur eseguendo la costruzione papale nel colle più basso (Colle Landone), rispetto alla posizione della costruzione precedente situata nel colle più alto (Colle del Sole), ha voluto che il monumento svettasse più in alto rispetto a tutte le altre parti della città. E’ da escludersi che l’antenna del Sangallo fungesse da orologio o calendario, in quanto ne sarebbe conoscenza, ma lo stesso non si può dire per lo gnomone etrusco. Il rito di fondazione e gli strumenti utilizzati Del rito di fondazione etrusco ci parlano molti studiosi romani; riportiamo la narrazione che fa Plutarco della fondazione di Roma nel racconto della vita di Romolo: “avendo fatto chiamare dall’Etruria uomini che con certi sacri riti e caratteri gli dichiaravano e gli insegnavano ogni cosa, come in una sacra cerimonia… Fu scavata una fossa circolare intorno a quel luogo che oggi si chiama Comizio, e riposte vi furono le primizie di tutte quelle cose le quali per legge erano usate come buone, e per natura necessarie; e alla fine portando ognuno una piccola quantità di terra del paese da dove era venuto, ve la gettarono dentro, e mescolarono insieme ogni cosa (chiamano questa fossa col nome stesso col quale chiamano anche l’Olimpo, cioè Mondo). Indi al dintorno di questo centro disegnarono la città: già da tutti convenuta si ricorda che questa fondazione sia stata il 27 aprile”. Abbiamo scoperto che il rito di fondazione era eseguito con tre particolari strumenti, e cioè il fegato aruspicino, che forniva la posizione delle costellazioni in ogni momento del giorno, lo gnomone che forniva l’orientamento principale, quello N-S, e il lituo, lo strumento a forma di bastone che la tradizione attribuisce a Romolo nella fondazione di Roma; del resto Varrone ci informa che le città romane erano costruite “etrusco ritu”. E’ un rito che prevede l’orientamento dell’officiante diretto verso nord, fatto che non contrasta con quanto ci tramandano gli antichi storici, infatti: - Igino Gromatico, Frontino e Vitruvio asseriscono che il rito era effettuato con l’officiante

rivolto verso ovest;

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- Dionigi di Alicarnasso, Plutarco, Servio, Isidoro Ispalense invece asseriscono che l’officiante era rivolto verso est;

- Varrone, Festo, Plinio e Tito Livio riferiscono che l’officiante era rivolto verso sud; - Omero, invece, nella risposta di Ettore a Polidomante, fa comprendere che l’augure che

interpreta il volo degli uccelli è rivolto a nord, avendo la parte favorevole (destra) ad est e quella avversa (sinistra) ad ovest, presentandoci un orientamento simile a quello etrusco; La concezione di Omero è anche espressa da Platone e da Aristofane, i quali addirittura fanno riferimento ad una città circolare, un templum con un’urbanistica molto simile a quella che abbiamo visto nella nostra analisi della città etrusca.

Le città degli Etruschi erano dunque fondate con l’officiante rivolto verso nord e noto il decumanus maximus è possibile ritrovare il punto di fondazione; il rito, iniziato con il posizionamento dello gnomone per individuare la corretta direzione del nord e quindi la posizione del cardo, proseguiva con la collimazione del polo con il lituo e la definizione del decumanus maximus. Gli allineamenti e le posizioni che grossolanamente l’aruspice indicava, venivano poi verificati e definiti analiticamente dai gromatici anche sulla base delle indicazioni che l’aruspice impartiva utilizzando il secondo strumento, il fegato aruspicino, per fornire i dettagli sull’andamento delle mura e la posizione delle emergenze architettoniche. Tutto questo era un impegno notevole che richiedeva giorni e mesi di attività tecnica (come vedremo almeno un anno), anche perché la forma che avrebbe assunto la città doveva richiamare quella di organismi ben definiti, tratti anche dal regno animale. E’ chiaro dunque che la fondazione di una città presupponeva un apparato tecnico, uno studio preliminare e un’organizzazione enorme, compresi mesi di osservazione dei siti, degli astri, delle specie biologiche esistenti e dei punti di nascita e di tramonto del sole nei vari periodi dell’anno: è ben diversa da come ce la racconta Tito Livio riguardo alla fondazione di Roma. E’ probabile che Romolo abbia svolto la parte finale (come il taglio del nastro nelle cerimonie attuali) e che l’attività preparatoria degli aruspici lo abbia di gran lunga preceduto.Entrando nel dettaglio, la

progettazione della città di Perugia parte dunque dal punto P nel quale è stato posizionato lo gnomone per definire il cardo della città (l’allineamento P-N). Sul punto P si trova l’aruspice: poiché siamo nel momento prossimo alla consacrazione, col sopraggiungere allo zenit di Cassiopea, la CATHA etrusca. Il punto P sarà evidenziato dal fondatore nella forma della città come punto di intersezione tra il cardo e il decumano massimo

Fig. 66. Foto del pozzo etrusco che si trova in posizione esattamente mediana tra il centro O’ e l’estremità B’ del decumanus maximus.

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della parte àntica in quanto in quel punto passa ogni 24 ore la Via Lattea, il decumano del cielo. Dal punto P, in direzione nord, l’aruspice con il lituo traguarda il polo celeste e con lo stesso strumento posiziona i punti A’, O’ e B’; poiché l’altezza del polo celeste è la latitudine del luogo, che per Perugia è 43°9’, l’angolo OPO’ di fig. II3m-1 è uguale all’angolo O’PB e all’angolo O’PA’ e pari a 43°9’. E’ da notare che A’ e B’ non sono traguardabili dal punto P, quindi è molto probabile che l’aruspice, una volta scelto il punto O’ sull’allineamento PN, abbia diviso in due la distanza PO’ determinando il punto P0 (vedi costruzione nella fig. II3m-4). Da esso ha effettuato di nuovo la collimazione con il lituo, fissando i punti B0 e A0; successivamente sull’allineamento O’B0 e O’A0 ha raddoppiato la distanza determinando i punti A’ e B’. Che la determinazione del decumano possa essere stata effettuata con la modalità sopracitata, è confermata dal fatto che in B0, a metà del braccio del decumano O’B’, si trova il pozzo etrusco di Perugia (o pozzo Sorbello), un’opera di fondamentale rilevanza nella Perugia etrusca (v. fig. II3m-5). Resta da comprendere come sia stato determinato il terzo decumano, quello dividente. Per trovare la soluzione torniamo nel momento iniziale, quello in cui l’aruspice ha posizionato lo gnomone nel punto P. Lo gnomone determina lungo l’asse PO’ un’ombra che è minima al 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, nel quale il sole nella città di Perugia è ad altezza di 70°21’, è massima al solstizio d’inverno

nel quale il sole è ad altezza di 23°27’ e si riduce agli equinozi quando il sole è ad altezza di 46°54’. Se dalla proiezione del polo O’ misuriamo l’angolo di 23°27’ pari all’angolo nel quale il sole a mezzogiorno ha la minima inclinazione dell’anno, avremmo in P uno gnomone ipotetico dell’altezza di circa 175 metri (lato PX nella fig. II3m-4), tenuto conto che l’intera lunghezza PO’ è pari a metri 375 circa; l’ombra di questo gnomone virtuale al solstizio d’estate è pari a PO’’’, in quanto l’angolo PÔ’’’X è pari a circa 70° mentre agli equinozi l’ombra è PO° in quanto l’angolo PÔ°X è pari a circa 47°. Dunque uno gnomone fittizio alto 175 metri raggiungerebbe con l’ombra la proiezione del polo celeste O’, al solstizio d’inverno, agli equinozi raggiunge il punto O° in prossimità della dividente e al solstizio d’estate raggiunge il punto O’’’ dove, come abbiamo visto, si trovava la chiesa di S. Isidoro costruita sul tempio romano di Iside (rif. par. I3e). Ecco dunque una spiegazione logica di come possa essere stato individuato il decumano dividente tra la pars pòstica e la àntica, ed è anche la spiegazione della presenza di un altro tempio antico situato lungo il cardo etrusco. Cerchiamo di comprendere come possa aver operato l’aruspice etrusco per raggiungere questi risultati: dal punto P, scelto per progettare la città, con uno gnomone ha determinato l’asse nord-sud, e dall’osservazione orografica del terreno ha scelto il punto più consono per posizionare la dividente fra la pars àntica e la pars pòstica (punto O°); osservando i movimenti del sole durante tutto l’arco dell’anno ha determinato con lo gnomone nel punto P la lunghezza dell’ombra corrispondente all’equinozio, quella più corta

Fig. 67. Schema di utilizzo del lituo per la determinazione del decumano massimo e del decumano dividente. Si noti come l’angolo α2 pari a circa 34° corrisponde all’angolo BPO° della fig. II3m-4, lasciando supporre che con la stessa collimazione possano essere state determinate dal punto P di fondazione le larghezze dei due decumani.

P

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corrispondente al solstizio d’estate ed infine quella più lunga corrispondente al solstizio d’inverno; ha poi moltiplicato le tre misure rilevate per un coefficiente moltiplicatore (ad esempio 10, se lo gnomone iniziale era alto 17 metri circa) in modo da raggiungere con la misura corrispondente agli equinozi il punto O° dove era conveniente far passare la dividente. Ha così posizionato i punti O°, O’ e O’’’ in corrispondenza dei quali il sole, proiettando i suoi raggi su uno gnomone virtuale alto 175 metri, segna l’ombra nei quattro momenti critici dell’anno, dei due equinozi e dei due solstizi: può sembrare incredibile, ma i dati ci fanno ritenere che la fondazione possa essere stata effettuata con queste modalità. L’aspetto simbolico di tale rito è la consacrazione degli spazi al sole, l’organismo celeste che nutre la terra e i suoi esseri viventi. Il fatto che al decumano dividente corrisponda la posizione del sole agli equinozi può significare che alla pars àntica dell’anno (dal 21 marzo al 21 settembre) corrispondeva la pars àntica della città (con l’ombra situata tra O’’’ e O°), mentre alla pars pòstica dell’anno (dal 21 settembre al 21 marzo) corrispondeva la pars pòstica della città (cioè l’ombra che si allungava da O° verso O’). Naturalmente stentiamo a credere che sia stato realizzato uno gnomone così alto, per cui probabilmente si tratta di un’opera virtuale di fisica astronomica che l’aruspice ha ideato basandosi su un modello più modesto. Altro aspetto importante da rilevare è che l’ombra dello gnomone, virtuale o reale che fosse, non superava mai il punto O’, ovvero l’ombra del sole non superava mai, pur raggiungendolo, il punto più sacro della città, corrispondente alla proiezione del polo celeste, che restava un limite invalicabile e inviolabile. E’ probabile che nelle fondazioni della chiesa di S. Silvestro, oggi occupata da Palazzo Donini, si possa, con uno scavo mirato, tentare una ricerca della fondazione dello gnomone della città, una torre che qualunque fosse la sua altezza, confermerebbe il rito di fondazione della città così come lo abbiamo ricostruito. Determinati i punti O’, O° e O’’’ con lo gnomone, l’aruspice ha cambiato strumento e ha utilizzato il lituo, così come abbiamo in precedenza detto, collimando il polo celeste e determinando così il decumano massimo A’B’. Possiamo ritenere, in conclusione, che il rito di fondazione della città di Perugia sia stato effettuato con le modalità che abbiamo sopra descritto, e quindi con l’aruspice rivolto sempre verso nord e mai spostandosi dal punto iniziale P. Se osserviamo le altre città etrusche rappresentate graficamente nei par. II4a notiamo che la progettazione è stata effettuata in modo diverso da quella di Perugia, e anzi che è anche diversa fra di loro; il dato più saliente che ci appare è che a Perugia il cielo di riferimento è un particolare cielo dell’anno prossimo al momento della divinazione e che gli assi della città corrispondono a quelli celesti e con un unico cardo: nelle altre città non si rileva questo aspetto così evidente, che potremmo definire “canonico” o “accademico” e confermando la convinzione di alcuni studiosi che Perugia sia stata effettivamente sede di una importante scuola aruspicina (rif. Felice Chiatti, Memorie Annali et istoriche delle cose di Perugia, Vol. I, anno 1638, pag. 51) o che, quanto meno, abbia avuto una progettazione “da manuale”, anche perché, più giovane di altre, ha usufruito della passata esperienza. Questo conferma che in questa parte a nord dell’Etruria l’aruspicina fosse particolarmente praticata, come dimostra il fatto che il fegato aruspicino, così come testimoniano le lettere incise su di esso, fosse stato fabbricato nella zona di Perugia-Chiusi-Cortona.

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La data di nascita della città di Perugia Se gli Etruschi progettavano le loro città usando come modello il cielo, poiché il cielo è in continuo divenire, è possibile risalire dalla forma della città alla data della sua fondazione? Ovvero, se gli spostamenti del cielo, nel suo movimento ciclico che dura circa 26.000 anni, portano dei cambiamenti apprezzabili nell’arco di 100 anni, è possibile, con l’approsimazione di 100 anni, risalire alla data di fondazione della città? Teoricamente ciò è possibile, ma tutto dipende dalla precisione dei progettisti, ovvero dalla correttezza con la quale hanno rappresentato il microcosmo città corrispondente al cosmo celeste. Il margine della città, ovvero le sue mura, difficilmente possono fornirci indicazioni precise poiché non sappiamo con certezza quali costellazioni i progettisti volevano che rimanessero dentro al recinto della città, e quali invece dovessero rimanere fuori; sappiamo con certezza che volevano che rimanessero dentro alla città le costellazioni dello zodiaco di NW, di NE e di S-SW, mentre le altre restavano fuori, ma bisognerebbe avere riferimenti più precisi, cioè parlare di stelle piuttosto che di costellazioni, e questo non ci è al momento possibile perché non sappiamo quali stelle nello specifico i progettisti hanno scelto. Ma una costellazione in particolare può servire al nostro scopo: l’Orsa Minore, una costellazione circumpolare, cioè sempre visibile di notte, che i progettisti etruschi hanno utilizzato per posizionare il loro tempio all’interno del santuario della città. Sappiamo con certezza che il pozzo sacro del santuario etrusco di Perugia rappresenta il polo celeste, in quanto è l’intersezione del cardo (asse NS) col decumanus maximus (asse EW nella pars pòstica), il punto di riferimento dal quale è partita la progettazione della città; la posizione del tempio, del tutto sghemba rispetto agli assi terrestri, manifesta la volontà di orientarlo facendo riferimento a qualcosa nel cielo, prossima al polo, posta in quell’orientamento, e questo riferimento può essere costituito solo dal carro dell’Orsa Minore, ma non ne siamo certi, così come non siamo certi che il tempio corrisponda al cuore nella forma antropomorfa della città.

Fig. 68. Particolare del santuario etrusco con l’asse nord-sud della città che passa per la fontana sacra. F: Fontana sacra; T: Tempio Il santuario e il tempio sono inspiegabilmente sghembi rispetto agli assi terrestri e l’unica spiegazione è che il tempio sia posizionato rispetto alla fontana così come il carro dell’Orsa minore rispetto al polo celeste. In blu il tempio e la fontana sacra (F).

T

F W E

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Se provassimo a verificare nel cielo di oggi (fig. IV3d-2) la posizione del polo celeste e quella del carro dell’Orsa Minore, ci accorgeremmo che sono molto distanti, per cui sarebbe del tutto impensabile che esista questa corrispondenza; ma se andiamo indietro nel tempo possiamo verificare se esista una data nella quale il carro dell’Orsa Minore era posizionato rispetto al polo come il tempio del santuario è posizionato rispetto alla fontana. In fig. IV3d-1 è riportata la posizione del tempio di Culsan Alpan (T) e quello del pozzo sacro e della fontana (F) e la loro posizione rispetto agli assi. Nelle figure successive abbiamo riportato i cieli di Perugia a ritroso nel tempo fino all’anno 1200 a.C. per verificare se esiste un periodo in cui la posizione del carro dell’Orsa Minore rispetto al polo corrisponde a quella del tempio rispetto a quella del tempio rispetto alla fontana F di fig. IV3d-1. Il giorno 21 febbraio è stato scelto perché l’orientamento del tempio (a sud-ovest) corrisponde all’orientamento del carro a mezzogiorno del 21 febbraio: che la città sia stata fondata alle ore 12 è una ipotesi basata sul fatto che a mezzogiorno inizia il giorno per gli Etruschi, per cui è ipotizzabile che inizi anche la vita di una città. Se invece si volesse considerare privilegiata la posizione di Cassiopea allo zenit, così come avviene in un atto divinatorio (e l’atto di fondazione potrebbe considerarsi un atto divinatorio) allora la data cambierebbe, perché dovrebbe ricercarsi la posizione del carro dell’Orsa Minore corrispondente a quella di Cassiopea allo zenit; ma non esiste nessun cielo in cui Cassiopea sia allo zenit e il carro dell’Orsa Minore sia posizionato, rispetto al polo, così come il tempio del santuario di Perugia è posizionato rispetto alla fontana sacra. Ne segue dunque che vada privilegiata la data del 21 febbraio, sia perché il sole è all’apice, a mezzogiorno, ed anche perché Cassiopea si sta approssimando al vertice del cielo, che raggiungerà fra pochi minuti, e quindi la fondazione della città precede, di poco, il momento divinatorio. A ritroso del tempo: i cieli di Perugia del 2012, dell’anno 0, del 500 a.C., del 1000 a.C. e del 1200 a.C. ci indicano l’anno di fondazione della città.

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Fig. 69. Cielo di Perugia del 21 febbraio 2012 alle ore 12:00. È chiaro che la posizione del carro rispetto al polo è completamente diversa rispetto alla posizione del tempio di Fig.

Fig. 70. Cielo di Perugia del 21 febbraio dema la posizione è completamente diversa rispetto a quella del tempio di Fig.

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. Cielo di Perugia del 21 febbraio 2012 alle ore 12:00. È chiaro che la posizione del carro rispetto al polo è completamente diversa rispetto alla posizione del tempio di Fig. 68.

. Cielo di Perugia del 21 febbraio dell’anno 0 alle ore 12:00. Il carro si sta avvicinando al polo celeste ma la posizione è completamente diversa rispetto a quella del tempio di Fig. 68.

. Cielo di Perugia del 21 febbraio 2012 alle ore 12:00. È chiaro che la posizione del carro rispetto al polo è

ll’anno 0 alle ore 12:00. Il carro si sta avvicinando al polo celeste

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Fig. 71. Cielo di Perugia del 21 febbraio 500 a.C. alle ore 12:00. Il carro si avvicina ancora di ptempio Fig. 68 ma le distanze sono ancora sensibilmente diverse. Si noti come Cassiopea si avvicini allo zenith ed il sole alla posizione di mezzogiorno

Fig. 72. Cielo di Perugia del 21 febbraio 1000 a.C. alle ore 12:00. La posiziosimile a quella del tempio di Fig. 68 con lievi divergenze di misure che ci consigliano di ricercare la corrispondenza ancora più indietro nel tempo.

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. Cielo di Perugia del 21 febbraio 500 a.C. alle ore 12:00. Il carro si avvicina ancora di pma le distanze sono ancora sensibilmente diverse. Si noti come Cassiopea si avvicini allo zenith ed il

. Cielo di Perugia del 21 febbraio 1000 a.C. alle ore 12:00. La posizione del carro rispetto al polo è molto con lievi divergenze di misure che ci consigliano di ricercare la corrispondenza

. Cielo di Perugia del 21 febbraio 500 a.C. alle ore 12:00. Il carro si avvicina ancora di più alla posizione del

ma le distanze sono ancora sensibilmente diverse. Si noti come Cassiopea si avvicini allo zenith ed il

ne del carro rispetto al polo è molto

con lievi divergenze di misure che ci consigliano di ricercare la corrispondenza

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Fig. 73. Cielo di Perugia del 21 febbraio 1100 a.C. alle ore Minore è a distanza dal polo così come il tempio è posizionato rispetto alla fontana sacra. Cassiopea si sta avvicinando allo zenith per cui siamo al momento prossimo alla divinazione ed il sole ègiorno: è questo dal punto di vista astronomico il momento più propizio per la fondazione della città di Perugia. Si noti anche come Capella-Vega, il decumano del cielo, è ortogonale al cardo celeste.

Fig. 74. Cielo di Perugia del 21 febbraio 1200 a.C. alle ore 12:00. Si vede come il carro si sta riallontanando dal polo, per cui non c’è più corrispondenza con la posizione del tempio di Fig.

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. Cielo di Perugia del 21 febbraio 1100 a.C. alle ore 12:00. È questa la posizione nella quale il carro dell’Orsa Minore è a distanza dal polo così come il tempio è posizionato rispetto alla fontana sacra. Cassiopea si sta avvicinando allo zenith per cui siamo al momento prossimo alla divinazione ed il sole è a mezzogiorno a significare la nascita del giorno: è questo dal punto di vista astronomico il momento più propizio per la fondazione della città di Perugia. Si noti

Vega, il decumano del cielo, è ortogonale al cardo celeste.

Cielo di Perugia del 21 febbraio 1200 a.C. alle ore 12:00. Si vede come il carro si sta riallontanando dal polo, per cui non c’è più corrispondenza con la posizione del tempio di Fig. 68.

12:00. È questa la posizione nella quale il carro dell’Orsa

Minore è a distanza dal polo così come il tempio è posizionato rispetto alla fontana sacra. Cassiopea si sta avvicinando a mezzogiorno a significare la nascita del

giorno: è questo dal punto di vista astronomico il momento più propizio per la fondazione della città di Perugia. Si noti

Cielo di Perugia del 21 febbraio 1200 a.C. alle ore 12:00. Si vede come il carro si sta riallontanando dal polo,

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Dall’indagine dei cieli di Perugia dei secoli passati rileviamo che andando indietro nel tempo il carro dell’Orsa Minore si avvicina al polo mettendosi in posizione simile a quella del tempio rispetto alla fontana sacra, coincidenza che avviene intorno al 1100 a.C. nell’ora di mezzogiorno (che per gli etruschi coincide \con la nascita del giorno) del 21 febbraio e nel momento sacro prossimo alla divinazione (Cassiopea sta per raggiungere lo zenith dell’Etruria); è questo il giorno e il mese astronomicamente più probabili in cui la città è stata fondata, in un anno molto prossimo al 1100 a.C. La similitudine tra la porzione di cielo presa in considerazione è impressionante, tanto da indurci a ritenere che effettivamente la città sia stata progettata copiando il cielo in quella data che abbiamo accertato: sembra incredibile. Ora ci poniamo la domanda di come sia possibile che gli Etruschi abbiano fondato la loro città intorno al 1100 a.C., quando le mura risalgono al IV sec. a.C., e se possa il pozzo sacro risalire al 1100 a.C. E’ difficile poterlo credere, ma una cosa è certa: le mura delle città certamente sono state rifatte più volte, certamente inizialmente erano in legno (rif. Fig. I3a-8) e poi sono state fortificate, ma gli Etruschi non ne hanno mai cambiato la posizione, perché racchiudevano un recinto sacro; lo stesso può essere accaduto per il santuario, per il tempio sacro, per la fontana sacra. Questa corrispondenza ci spiega finalmente il motivo della posizione sghemba del santuario e del tempio di Perugia rispetto agli assi celesti (fig. I2a-14), che pure erano stati tenuti in debito conto nella progettazione delle mura della città, rilevato nel par. I3c e nella fig. I3c-1; il tempio doveva essere corrispondente al carro dell’Orsa Minore e il santuario era il recinto che doveva comprendere il tempio e la fontana sacra, cioè nel cielo il carro dell’Orsa Minore e il polo.

Fig. 75. 1) Dettaglio della figura IV3d-1, 2) Dettaglio della figura IV3d-6. Stampando i dettagli in dimensioni equivalenti si ottengono le seguenti misure dimensionali: FIG. 1 (Misure reali del tempio del santuario di Perugia): a=13m a’=11m; b’=19,7m; b=16,5m FIG. 2 (Particolare cielo del 1100 a.C.): a=12,6m; a’=10,1m; b’=22,7m; b=16,5m a/a’= 1,18; b/a=1,26; b’/b=1,19 Il rapporto b/a è quindi nel primo caso 1,27 e nel secondo caso 1,3

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Comprendo i dubbi che possa sollevare la tesi appena esposta, ma non dimentichiamo che essa si basa su un dato ineccepibile: il principio di corrispondenza del popolo etrusco. Al momento, e fino a prova contraria, dobbiamo credere all’ipotesi che la città di Perugia sia stata fondata dagli Etruschi approssimativamente nel 1100 a.C., e che la posizione del tempio nel suo santuario sia stata determinata copiando quella del carro dell’Orsa Minore rispetto al polo, nel giorno del 21 febbraio. Ci auguriamo che analisi storiche e archeologiche possono confermare questa suggestiva, incredibile, ma scientifica ipotesi.

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B6. Dal 1100 a.C. al 1050 a.C.; dall’uscita di Ruchbach dall’Etruria all’arrivo della quarta di Cassiopea al decumano dividente. Probabilmente in questo periodo avviene l’ulteriore espansione ad est dell’Etruria, da intendersi come una inevitabile gravitazione del territorio dell’Arna nell’economia della città etrusca di Perugia, che consente agli abitanti del territorio dell’Arna di trarre vantaggi economici nel rifornire di alimenti la città che si era espansa. Perugia all’interno del territorio etrusco aveva iniziato a far parte di un organismo economico importante nel quale le città si scambiavano i loro prodotti. Con l’inizio dell’estrazione mineraria l’asse economico si è spostato verso le miniere e verso il mare, che serve per il grande commercio; le città marine dedite al commercio portano maggiore benessere e lo trasmettono a quelle interne dell’Etruria, come Perugia, che, più dedite all’agricoltura e agli allevamenti degli animali, aprono i loro mercati verso il mar Tirreno. In questo periodo le città interne a cui si chiedevano sempre quantità maggiori di prodotti della terra, hanno creato proprie colonie, zone amiche dalle quali acquistare, per poi commercializzare i prodotti richiesti. E’ questo il caso del territorio dell’Arna che costituisce un incremento del bacino agricolo della città corrispondente all’incremento della stessa con la sua rifondazione etrusca; l’espansione economica ha incrementato il rapporto politico e culturale per cui, nel territorio dell’Arna esistono insediamenti come Civitella d’Arna nei quali si rilevano le caratteristiche della civiltà etrusca.

Fig. 76. Cielo del 1050 a.C. al 42°43’ lat. Nord. La quarta stella di Cassiopea si trova in corrispondenza del decumano massimo della parte àntica.

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B7. Dal 1050 a.C. al 900 a.C.; dall’arrivo della quarta stella di Cassiopea al decumano dividente al suo arrivo all’estremo nord. In questo periodo si intensifica l’attività dell’industria del bronzo che inizia a rifornire di offerte votive le zone dell’Etruria. Il miglioramento delle condizioni economiche incrementa la popolazione, ma nasce la differenziazione dei ceti che si evidenzia nella diversa qualità delle sepolture. Nel 952 a.C. muore in Toscana Tosco e gli succede Annio (rif. Plutarco). Ad Annio viene rapita la figlia e si getta nel fiume Perusio, che da allora fu chiamato Aniene; nel 942 a.C. ad Annio succede Felsino, da cui fu fondata la città di Bologna (Felsinea); a Felsino successe Bono.

Fig. 77. Cielo del 900 a.C. a 43°45’ latitudine nord, la quarta stella di Cassiopea esce dall’Etruria.

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B8. Dal 900 a.C. al 700 a.C.; dall’uscita della quarta stella di Cassiopea a nord all’arrivo della quinta stella a sud (Shedar) con la quale, a sud, Cassiopea esce dal territorio dell’Etruria iniziando il declino della civiltà. Dal 900 a.C. al 700 a.C. mentre i teorici della cultura etrusca già intravedevano l’inizio della presagivano la fine della civiltà, nascono e si intensificano le attività estrattive e metallurgiche, che a loro volta alimentano altri settori di attività, dalla navigazione alle costruzioni di imbarcazioni, dalla pastorizia all’agricoltura. Le industrie estrattive basano la loro attività sulla grande abbondanza di metalli esistente in Etruria, seconda solo a quella della Sardegna, dove la grande cultura aveva già avviato da tempo la sua esperienza di civiltà. I giacimenti dei Monti Metalliferi, posti più a sud, sono i primi ad essere sfruttati, seguendo lo schema canonico che la civiltà, così come Cassiopea, sale da sud verso nord; poi è la volta dei monti della Tolfa, e quindi si arriva a nord, dove l’isola d’Elba si rivela un grande contenitore di rame e di ferro tanto che Virgilio la definisce nell’Eneide l’isola “in cui ferrigna vena abbonda”. Gli Etruschi hanno lasciato tracce significative della loro maestria nell’arte dell’estrazione dei minerali che attendono soltanto di essere visitate come opere d’arte archeologiche, segno profondo dell’ingegno umano. L’industria e le facili ricchezze esaltano la differenziazione fra ricchi e poveri che da luogo inevitabilmente a rivalità e guerre anche tra popoli fratelli della stessa Etruria, che finiscono per indebolire la coesione della lega etrusca che inizia a sgretolarsi appena le stelle di Cassiopea si spostano verso nord, lasciando scoperte le parti più a sud del territorio. I rapporti con la civiltà greca Con la salita a nord della costellazione di Cassiopea la grande cultura abbandona parti dell’Italia a se stesse, ma quelle parti non avevano saputo approfittare del periodo d’oro per organizzare una propria identità di stato; ed è così che colonie greche si spostano verso il sud dell’Italia, così come accade in Sardegna con le colonie fenicie; prima fra tutte la colonia di Cachide Eubea che nel 777 a.C. si trasferisce ad Ischia, chiamata dai Greci Pithecusa; è poi la volta di Cuma verso il 750 a.C e delle altre colonie greche che, ben controllate dalla flotta etrusca, non riuscirono mai a salire più a nord di Cuma. Ma l’infiltrazione greca avveniva anche in modo diffuso con i fitti scambi commerciali che inevitabilmente determinarono rapporti stretti fra le due civiltà, profondamente diverse; potrebbe essere definita più àntica quella greca che onorava divinità dall’aspetto umano, e più pòstica quella etrusca che vedeva le proprie divinità brillare nel cielo e con le quali aveva instaurato un dialogo basato sul principio di corrispondenza. La cultura greca più volta a soddisfare i bisogni umani primari del benessere fisico e psichico del singolo individuo, aveva sviluppato maggiormente le arti e la scrittura; quella etrusca più rivolta alla ricerca del benessere dell’individuo attraverso l’armonia con il resto della natura e con gli altri individui, aveva maggiormente sviluppato le tecniche dell’ingegneria, dell’idraulica, per consentire uno sviluppo armonico dell’agricoltura e della pastorizia, e per costruire città funzionanti come organi: potremmo dire, in sintesi, che il sistema greco fosse più individualista e quello etrusco più collettivo. Il contatto fra le due civiltà introdusse in Etruria il seme dell’individualismo, che trovando linfa vitale nelle ricchezze che si trovavano all’interno delle miniere non era facile da gestire nè da contenere. Alla fine dell’VIII sec. a.C. e agli inizi del VII sec. a.C. gli Etruschi assimilano l’alfabeto come si evidenzia dalle iscrizioni rinvenute;

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i Greci lo avevano assimilato dai Fenici verso l’800 a.C. La tradizione vuole che sia stato il greco Demarato ad introdurlo in Etruria, che intorno al 750 a.C. si stanzia a Tarquinia e sposa una donna locale: il figlio, Lucumone, sarà il futuro re di Roma Lucio Tarquinio Prisco; con lui, col successore Servio Tullio legato alla città di Vulci e con Tarquinio il Superbo il potere di Roma è etrusco. Mentre nel IX sec. non si rilevano differenziazioni di ceti sociali, nell’VIII sec. soprattutto dai materiali etruschi rinvenuti nei santuari greci si iniziano a notare variazioni che testimoniano la presenza di ceti emergenti, dovuti alle attività imprenditoriali di tipo industriali e commerciali, che determinano la nascita dei due ceti, quello dei patrizi e quello dei plebei. Nella seconda metà del VII sec. l’Etruria è anche grande esportatrice di vino e di olio. All’inizio di questo periodo siamo nel passaggio dall’età del bronzo finale a quella del ferro. In Italia si evidenziano le culture regionali che si differenziano per riti funebri, per le tipologie tombali ed i prodotti artigianali, il che evidenzia che la “nuova cultura” non ha influenzato questi aspetti, ma quello fondamentale di spingere gli uomini a riunirsi in entità regionali, cioè in popoli, accomunati da un legame “cosmico” con il cielo più o meno evidenziato. Le tombe presentano corredi che dal IX sec. a.C. in poi diventano sempre più ricchi. Alla fine di questo periodo Cassiopea inizia a non essere più presente all’estremo sud dell’Etruria e gli abitanti di quei luoghi perdono il riferimento più importante; in questi luoghi non è più possibile fare la divinazione, per la quale è necessario affidarsi agli aruspici del nord. Nel 753 a.C. gli aruspici etruschi si recano al sud di Veio, dall’altra parte del Tevere, negli ultimi momenti in cui Cassiopea con la stella di Shedar è ancora presente allo zenit, per fondare un’altra città, che si chiamerà Roma. E’ naturale chiedersi perchè questo possa essere accaduto, e cioè se sia stato un rito di consacrazione per ingraziarsi l’ultima stella di Cassiopea, o un rito di congedo.

Fig. 78. Cielo del 10 marzo del 753 a.c. a Roma alle ore 12,00, l’ultima stella di Cassiopea, Shedar, è allo zenit. Roma viene fondata quando Cassiopea sta uscendo dal suo cielo.

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E’l’auspicio per l’inizio di un nuovo ciclo oppure un tentativo estremo di ingraziarsi la divinitù per evitare la fine ormai imminente? E’ molto probabile che non sia una coincidenza che Shedar si trovi allo zenit di Roma nel momento della sua nascita ed è molto probabile che questo aspetto cosmico faccia parte del progetto di fondazione della città. Questa ipotesi, facile da sostenersi, consente anche di comprendere quale fosse il giorno della fondazione e dove fosse situato il primo tempio. Abbiamo riportato la pianta di Roma e nel punto O si trova l’Umbilicus Urbis Romae, cioè l’ombelico della città di Roma, situato nel foro romano di Cesare; è il luogo dove il cielo si ricongiungeva alla terra e Roma all’universo; è il punto corrispondente al pozzo rinvenuto a Perugia, dove passa il cardo della città e il suo decumano; se seguiamo l’esempio di Perugia, trovato il decumano massimo fino al Tevere, otteniamo i due probabili punti A’ e B’ di incontro con il perimetro esterno, per cui è possibile andare a cercare il punto di fondazione P, cioè il punto sul cardo dove l’angolo A’PO e B’PO è pari a 41°53’, cioè la latitudine di Roma. Il punto di fondazione si trova quindi sull’Aventino, dove la leggenda narra che avvenne la disputa fra Romolo e Remo. Il punto di fondazione si trova in corrispondenza della chiesa di S. Prisca: il principio di corrispondenza etrusco ci ha permesso di ritrovare il punto dove Romolo, puntando il lituo verso il polo, ha determinato la posizione e la larghezza del decumano massimo della città ed il punto corrispondente al polo celeste. Ma c’è di più, siamo in grado di determinare la posizione del tempio. Il cielo in cui Shedar è allo zenit di Roma nel 753 a.C. a mezzogiorno (ora della nascita del giorno) è soltanto uno, ed è quello del 10 marzo (rif. fig. 78): in questo cielo la posizione del carro dell’Orsa

A A’ O B’

P

B

Fig. 79. La posizione del tempio corrispondente alla posizione del carro dell’Orsa Minore nel cielo del 10 marzo 753 a.C. (fig. 78)

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Minore è a sud-est del polo; riportando in scala il tempio nella fig. 79 della pianta della cittànotiamo che il primo tempio della città, all’atto della fondazione, si trovava a sud-est del mundus: è la zona del lapis niger, nel foro di Cesare, dove si suole dire che si trovasse la tomba di Romolo. Siamo scettici su questo fatto perchè mai e poi mai l’augure Romolo si sarebbe fatto seppellire all’interno della città, perchè sarebbe andato contro le regole etrusche che voglino le sepolture al di fuori delle città, nelle necropoli a loro riservate. Il rito di fondazione di Roma narrato da Varrone ci ricorda che la data da tutti convenuta è il 21 aprile. Se fosse avvenuta il 21 aprile la fondazione non si sarebbe verificata alle ore 12 ma alle ore 10,13. Volumnio, scrittore romano contemporaneo di Varrone, scrive che la lingua parlata a Roma nel periodo della sua fondazione era etrusca; il re della Toscana era, in quel periodo, Galarito, secondo la ricostruzione del Ciatti, il quale organizzò probabilmente la nuova città. A Romolo successe nel 711 a.C. Numa che tenne presso di se (rif. Plutarco e Lucio Filosofo) Pitagora; Pitagora era nato in Italia, e ciò è affermato non solo da Lucio Filosofo ma anche da Sulla, da Aristossero, da Auristone e Teopompo; Pitagora, che secondo Plutarco aveva molto in venerazione il grifo, pare che abbia avviato la sua filosofia in Cortona (e non a Crotone). Clemente Alessandrino (Lib. I) scrive che “Thuscum fuisse Pitagoram ostensum est”. Al tempo di Numa era re dei Toscani Lucchio. Dunque, se Roma è stata fondata dagli aruspici etruschi, e se la data del 753 a.C. è una data attendibile, la fondazione è avvenuta il giorno 10 marzo e non il 21 aprile. Ancora una volta Cassiopea ci invita a riscrivere alcune pagine di storia, deformata dal fatto che i Romani, del tutto ignari del principio di corrispondenza etrusca e dell’attenzione che i fondatori etruschi prestavano al cielo, hanno cambiato la data adattandola a nuovi eventi storici, come probabilmente la data di nascita di personaggi importanti della loro storia o mitologia. La corrispondenza della posizione allo zenit dell’ultima stella di Cassiopea con il sole a

Fig. 80. Cielo del 21 aprile del 753 a.c. a Roma alle ore 10,13. Shedar, la quinta di Cassiopea è allo zenit ma non a mezzogiorno bensì alle ore 10,15; quindi il 2 aprile non è la data di nascita della città; il carro dell’Orsa ;ompre è rivolto a sud come ij fig. 79.

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mezzogiorno, e la posizione del carro dell’Orsa Minore perfettamente a sud in un giorno dell’anno particolare che secondo alcuni storici corrispondeva con il periodo di inizio dell’anno etrusco, hanno determinato un evento nel cielo talmente eccezionale da essere immortalato con la fondazione della nuova città, i destini della quale non dovevano essere legati al mondo del passato, cioè all’era di Cassiopea, ma dovevano essere liberi da condizionamenti dei cicli astronomici, quei condizionamenti che avevano decretato la fine della civiltà etrusca. Roma evidentemente doveva essere slegata, libera di costruirsi un suo destino: questo era il probabile intento dei suoi fondatori, che sapevano che da quel giorno Shedar avrebbe iniziato ad uscire lentamente da quel cielo, portando con se la fine della civiltà etrusca. E’ possibile, con saggi nel terreno tentare di ricercare le tracce della fondazione del primo tempio di Roma, sopra al quale fu poi costruito il foro romano di Cesare; è anche possibile, seguendo le indicazioni del cielo del 10 marzo 753 a.C., cercare di ritrovare il santuario etrusco della città di Roma e il suo primo solco perimetrale tracciato da Romolo (rif. fig. 79). L’arrivo dei Greci a Pithecusa (775 a.C.) e a Cuma (750 a.C.) e la stessa fondazione di Roma dimostrano la perdita di interesse degli Etruschi per il sud che corrisponde con lo spostamento di Cassiopea a nord. L’avvicendamento dei re etruschi, da come ci riferisce il Ciatti, è il seguente: - nell’859 a.C. a Bono succede Atrio (fondatore di Adria) e nell’841 a.C. ad Atrio succede

Marsia (rif. Plutarco e Diodoro Siculo); a Marsia succede Etalo (817 a.C.) e ad Etalo succede Celio (798 a.C.).

- Nel Lazio nel 778 a.C. muore Proca Silvio e lascia i figli Numitore e Amelia; Rhea figlia di Numitore mette alla luce i due gemelli Romolo e Remo.

- Nel 753 a.C. Romolo fonda Roma, quando re dei Toscani è ancora Celio.

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C. Fase finale della civiltà etrusca C1. Dal 700 a.C. al 550 a.C.; dall’arrivo della quinta stella di Cassiopea a sud, al suo arrivo nel decumano dividente dell’Etruria.

Dal VII sec. a.C. in poi la coesione etrusca inizia a sfaldarsi. Iniziano le guerre intestine immortalate dai dipinti della tomba François di Vulci, databile nella seconda metà del IV sec. a.C. ma che si riferisce ad eventi bellici del VI sec. a.C., nei quali i Veienti sono vincitori sui Tarquinensi. Per gli Etruschi inizia la fase discendente della civiltà intesa come l’inizio di una fine che era stata segnata. Per gli archeologi invece inizia la fase più importante, quella che ha fornito e potrà fornire ancora all’umanità i segni più preziosi dell’arte del popolo etrusco. Il fatto che la fase più ricca di testimonianze etrusche corrisponda a quella del declino della civiltà di questo popolo è difficile da comprendere, tanto che si preferisce ignorare la parte più antica della loro storia: infatti mentre gli storici del XV e XVI sec. basandosi su scritti precedenti ci hanno raccontato una civiltà etrusca che parte dal II millennio a.C., quelli attuali basandosi soprattutto sulle testimonianze archeologiche ne limitano la storia all’ultimo millennio, ignorandone addirittura i primi due secoli. Tutto ciò perchè la maggior parte dell’energia degli archeologi è stata finora utilizzata nella ricerca delle sepolture, e del ricco corredo che esse hanno iniziato a contenere dall’VIII sec. a.C. in poi; del resto che senso aveva ricercare le tracce delle mura delle città, delle fondazioni dei templi e delle costruzioni civili se non era possibile interpretarle e tantomeno datarle? Come era possibile datare una fondazione a secco, se gli scarsi indizi archeologici rinvenibili al contorno non consentono di fare riferimento a tipologie costruttive specifiche di un determinato periodo? La mancanza di comprensione della data di edificazione di una costruzione priva di materiale archeologico

Fig. 81. Cielo del 700 a.C. a 41°43’ latitudine nord, Shedar, l’ultima stella di Cassiopea, entra in Etruria e inizia così la fase finale della civiltà etrusca.

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identificabile, non consente di far luce sulla sua storia e pertanto colloca quella costruzione nel periodo preistorico. Ma ora sappiamo con certezza che, poichè le costruzioni etrusche seguivano orientamenti precisi e importanti riferimenti astronomici, è possibile poterle datare, analizzandone la forma e gli orientamenti di una costruzione. Sappiamo inoltre che gli elementi vivi della natura dotati di vene e arterie, venivano copiati nell’edificazione delle città, e che dalle modalità con i quali essi venivano eseguiti, si può risalire, per comparazione, a datare il periodo della loro costruzione. Sappiamo che i loro manufatti in argilla cotta e in bronzo ci possono far giungere, se opportunamente analizzati, catalogati, classificati e gestiti con i mezzi dell’informatica, a rinvenire la zona di estrazione delle materie prime, e comprendere la tecnica di cottura e di fusione, consentendo di identificare le zone e i periodi di lavorazione. Questo è il lavoro scientifico che attende gli studiosi attraverso un’attività interdisciplinare nella quale ogni aspetto dovrà seguire protocolli oggettivi; i risultati debbono conferire in una banca dati comune controllata da una commissione di esperti che debba acclarare il processo seguito e i singoli risultati. Questo è quanto necessario per giungere alla conoscenza della storia della civiltà etrusca, che certamente era stata scritta e tramandata e ripresa da personaggi romani che hanno attinto alle fonti etrusche. Uno di questi personaggi è l’imperatore Claudio, la cui educazione si svolse in ambiente etrusco, avendo avuto come precettore il pretore etrusco M. Plauzio Silvano; Claudio, potendo accedere agli archivi delle grandi famiglie etrusche di Tarquinia, Volterra e Chiusi, scrisse infatti la storia degli Etruschi, un’opera di venti libri, denominata Tirrhenikà. La cronologia di questo periodo storico, come ce la ricostruisce il Ciatti, è la seguente: nel 671 a.C. Tullo Ostilio succede a Numa Pompilio che muove guerra alla città di Alba (Ovidio, Lib. III), distruggendola. Gli abitanti, dice il Ciatti, sarebbero stati deportati al di là del mare Adriatico, in un territorio che si chiamerà Albania. Nel 670 a.C. muore Lucchio e gli succede in Toscana Cibitio; in questo periodo la città di Perugia si sarebbe ampliata (rif. Eusebio, vescovo di Cesarea, citato dal Ciatti); nel 636 a.C. Anco Marzio succede a Tullo Ostilio; dalla Grecia arriva Demarato Corinto con tutte le sue ricchezze e a Tarquinia si sposa e chiama Lucumone il figlio. Con Demarato vengono in Italia Cleofante, esperto di pittura, Euchiro ed Euframo, esperti nella terracotta. Lucumone si trasferisce a Roma con la moglie Tanaquilla e viene chiamato Lucio Tarquinio, divenendo uomo di stato e di fiducia di Anco Marzio, alla cui morte viene acclamato successore. Quattro anni prima, in Toscana, è morto Cibizio e gli è successo Lucumone Chiugino (Tito Liv., L.5). In questo periodo diminuisce la potenza dei Toscani ed aumenta quella di Roma. Comandati da Belloveso, giungono da nord i Celti. Essi conquistano tutta l’Insubria e si stabiliscono a Milano come capitale. Lucumone organizza le città rimaste in mano ai Toscani in 12 repubbliche ad imitazione dell’organizzazione toscana (Isidoro, L.5; Plutarco, in vita Caesaris; Tito Livio, L.5, Dionisio, L.3). Mentre i Toscani sono impegnati contro i Galli, Tarquinio Prisco organizza Roma, amplia le mura, edifica il Campidoglio (Plinio, L. 28). Nella guerra contro i Sabini, Tarquinio Prisco si allea con i Toscani, in particolare con aretini, chiugini, volterrani, rosellani e vetuloniensi. Utilizza i littori con le stesse modalità etrusche (rif. Dionisio, Lib. 3; Tito Livio L. 1; Seneca, Ep.45). Nel 579 a.C. muore Tarquinio Prisco e gli succede Servio Tullio, che aveva sposato una figlia di Tarquinio. Egli accresce Roma con il Viminale, il Quirinale e l’Esquilino e guerreggia sempre contro i Toscani (Tito Livio, L.1; Dionisio, L.4). In Toscana viene ucciso il re Reto e gli succede Hiello. Servio Tullio è ucciso dal genero Tarquinio il Superbo, che nel 547 a.C. gli succede nel regno. Egli inizia la pace con i Toscani.

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C2. Dal 550 a.C. al 320 a.C.; dall’arrivo della quinta stella stella di Cassiopea nel decumano dividente alla sua uscita a nord. La successione ai vertici dell’Etruria, raccontata dal Ciatti, è la seguente: nel 516 a.C. muore Hiello e diviene re dei Toscani Porsenna di Chiugi; a Roma nel 508 a.C. è scacciato Tarquinio il Superbo che chiede aiuto a Porsenna, che, molto più potente, porta i Romani alla resa (in questa guerra si rileva il sacrificio di Orazio Coclite e di Muzio Scevola). Porsenna non restaura il potere dei Tarquini a Roma ma impone ai Romani di “non lavorare mai il ferro se non per l’uso dei sacrifici.” Arunte, figlio di Porsenna, muore nella battaglia di Cuma, presso Ariccia,

per riassoggettare la città. Porsenna costruisce la sua magistrale opera, il labirinto, nel suo sepolcro e muore nel 477 a.C.; gli succede Equo Tosco. Roma, sovrappopolata, inizia a scalpitare per annettere i territori, iniziano le scaramucce contro Veio (472 a.C.). I Toscani, radunatisi nel tempio di Vertunno si dividono tra quelli che aiutano Veio e gli altri che si riunivano con gli Equi (Equi Falisci) che da Equatus presero il nome (Plinio, L.3). Le battaglie durarono per 40 anni con vicende alterne. Nel 477 a.C. avviene l’eccidio dei 366 patrizi romani della famiglia Fabia da parte dei Veienti. Nel 431 a.C. muore Equo Tosco e gli succede Livio Fidenate (Dionisio, L.10; Livio, L.3; Macrobio, L.1) che fu così chiamato perchè difese Fidene dagli assalti di Roma. Nel 421 a.C. muore Livio. I Toscani abbandonano la monarchia e seguitano ad incontrarsi nel tempio di Vertunno: pur mantenendo la loro libertà, prendono decisioni comuni. Ma Veio, che era

Fig. 75. Cielo del 320 a.C. a 43°45’ latitudine nord. Shedar, l’ultima di Cassiopea, esce dall’Etruria, ed è la fine.

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sempre in guerra con Roma, non passa alla repubblica, nominando re Tolunnio (secondo Livio, Dionigi e Cicerone), o Voltunnio secondo Diodoro, cosa che avrebbe indotto le altre città ad abbandonare Veio al suo destino. Nel 417 a.C. i Sanniti prendono ai Toscani la città di Volturno (Capua). Nel 415 a.C. i Toscani sono sconfitti a Cuma, aiutata da Ierone, re di Sicilia (rif. Dionigi di Alicarnasso e Diodoro). I Toscani sono in questo periodo assaliti dai Galli (i Senoni tolgono Bologna ai Toscani e fondano Senigallia), dai Boi, dai Sanniti e dai Romani; mantengono però il dominio del mare. I Siracusani conquistano l’isola d’Elba (Etalia) con il loro comandante Faila, ma i Toscani la ricomprano direttamente da Faila, lo uccidono e con una nuova flotta di sessanta navi conquistano la Corsica (detta allora Cirna). I Toscani allora si alleano con gli Ateniesi e assediano Siracusa, che però rimane vittoriosa. Nel 413 a.C. a Tolumnio succede come re Elbio Tosco, soprannominato da Plutarco, Toluce Nel 403 a.C. Roma sconfigge Veio (seppure soccorsa da Tarquini e Capenati). I Galli entrano in Toscana fondando Siena e togliendo la parte dell’Umbria detta Sapiniana (restano ai Toscani: Città di Castello, Assisi, Spello, Spoleto, Bevagna). Nel 401 a.C. prodigi e pestilenze, iniziati da Cortona, affliggono la Toscana e rappresentano il presagio della fine. Nel 387 a.C. Bolsena è assediata e vinta dai Romani. Nello stesso anno, Arunte da Chiusi, per vendicarsi del lucumone della città che gli aveva insidiato la moglie, va a trovare Brenno, re dei Galli, e lo invita a conquistare la Toscana. Nel 384 a.C. Brenno assedia Chiusi che chiede aiuto a Roma (rif. Plutarco in Camillo). Brenno, senza toccare le altre città etrusche, si dirige verso Roma che trova incustodita e la saccheggia. Roma viene liberata e i Galli si rifugiano in Siena e nei luoghi che avevano precedentemente conquistato. Il fatto che i Galli si siano diretti verso Roma non toccando le città etrusche lascia intendere che tra essi e gli Etruschi esistessero accordi di non belligeranza, vedendo in Roma ormai il comune nemico. I Toscani approfittano delle debolezze di Roma per tentare una riscossa; si riuniscono al tempio di Volturno e prendono Sutri, città sulla Cassia che era già entrata nella giurisdizione romana, situata in posizione strategica per raggiungere l’Etruria del nord. Nel 364 a.C. i Tarquinesi riprendono a Roma i territori conquistati, fanno 307 prigionieri che vengono giustiziati. Nel 352 a.C. avviene uno scontro significativo: i Toscani tentano di difendersi dall’impatto romano mandando avanti i sacerdoti, con falci e serpi, che intimidiscono e spaventano l’esercito avversario, che, ripresa la calma, torna all’attacco e li annienta. E’ la consapevolezza per i guerrieri romani che la forza militare prevale su ogni altra energia e per gli Etruschi che il cielo li ha ormai definitivamente abbandonati. Da questo momento gli Etruschi combattono soltanto per difendersi se stessi e le proprie famiglie, avendo perso ogni speranza di ripristinare il proprio stato. Va segnalato l’apporto fornito dai Greci ai Romani, espresso nel grave fatto del 346 a.C., quando i Siracusani, comandati dal tiranno Dionisio per procurarsi oro per sostenere la guerra contro i Cartaginesi, sbarcano in Toscana e spogliano il tempio del dio Vertumno vicino ad Agilla,

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prendendo tutto il tesoro. Del resto i Greci (rif. Strabone, L.5) quando nella guerra contro i “corsari” catturavano prigionieri toscani, li inviavano a Roma. Nel 347 a.C. ad Elbio Tusco succede Turreno e poi Tito. Arezzo si dissocia dai Toscani nella guerra contro Roma, e non partecipa alla guerra contro Sutri, l’avamposto di Roma contro Tarquinia ed i centri dell’Etruria interna. Nel 309 a.C. con la vittoria di Sutri i Romani oltrepassano la “Selva Cimina” cioè il monte che li separa dall’Etruria interna e sconfiggono la resistenza toscana dei Perugini, Cortonesi e Aretini, concedendo una pace di anni trenta (T. Livio, L.9, Diodoro L.20); altre forze toscane sono sconfitte vicino al lago Vadimone, dove lo stesso re toscano Volturreno viene ucciso. Queste vicende ci mostrano un popolo toscano disunito e allo sbando. Nella pace Roma impone in tutta la Toscana la lingua latina. Nel 308 a.C. i Perugini rompono la tregua e assalgono i Romani di Fabio Massimo ma vengono sconfitti e Perugia consegna le insegne, sottomettendosi a Roma. Inutili i successivi tentativi, compreso quello di riorganizzare un esercito etrusco con i mercenari galli che, rivelatisi troppo esosi, vengono licenziati (301 a.C.). Aneddoti tristi, come quello di Clusia stuprata dal console romano Valerio della battaglia di Sentino dove a nulla valgono l’aiuto dei mercenari Galli Senoni, o della rivolta di Perugia, dove morirono 4500 perugini, ci fanno comprendere come la fine del popolo etrusco era segnata; con la vittoria, vicino a Perugia, contro i Galli del 269 a.C. nella quale i Toscani ed Etruschi sono ormai a fianco, e la successiva occupazione di Siena, i Romani sono ormai padroni della Toscana e i sottomessi etruschi ottengono la pace. Riportano gli storici, dimostrando come sempre di protendere dalla parte del vincitore: “PAX VICTIS ET LIBERTAS DATA EST”, cioè ai vinti etruschi sarebbe stata data finalmente la pace e la libertà. Ma la storia ci insegna che nè l’una nè l’altra sono state, perchè Perugia ha faticato sotto il potere di Roma, ultimo atto del quale è stato l’assedio, le distruzioni e l’incendio del 40 a.C. ad opera di Ottaviano, il futuro imperatore di Roma: dell’incendio Roma non ha voluto assumersi la colpa, addossandone la responsabilità a un notabile perugino.

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Esercizi Gli esercizi presentano difficoltà dall’1 al 5 e la loro risoluzione comporta un giudizio da 1 a 5 stelle 1: sufficiente 2: discreto 3: bravo 4: ottimo 5: eccezionale Esercizio 4* Ipotizzare secondo il principio di corrispondenza quando possa essere stata la festa della città di Veio: ......... di notte ......... di giorno Esercizio 5* Tenendo presente che l’Etruria fa parte della penisola italica e che la stessa secondo molti storici possa essere stata tutta una confederazione di stati; quando potrebbe essere stata festeggiata la festa dell’Etruria? Esercizio 1) Esercitazione di gruppo

Riconoscimento degli antichi tempi nel pomerium Si percorre l’intera città lungo le mura e muniti di una stampa del fegato aruspicino e della bussola ci si ferma davanti alle chiede del pomerium rappresentate nelle foto. Chiesa Orientamento

attuale Nome dell’antico tempio etrusco corrispondente

Considerazioni sull’esposizione e sulla distanza dalle mura

Foto della chiesa attuale

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Esercizio Le porte sulle mura etrusca Nome della porta Larghezza Posizione della porta rispetto alla posizione

delle mura Al livello delle

fondazioni Più in alto rispetto al livello delle fondazioni

Si percorre l’intero perimetro della città etrusca alla ricerca delle porte, muniti della pianta della città. Si misurano le porte, si guarda intorno per verificare la quota delle fondazioni e si completa la scheda.