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Pagina 1 Ottobre 2012 - N° 12 Parrocchia S. Maria del Carmine - via Emilia, 72 - 40060 Toscanella BO - tel 0542 672306 - www.parrocchiatoscanella.it S i è aperto l’11 ottobre 2012 l'Anno della fede, un anno di me- ditazione indetto dal Papa, che si concluderà ufficialmente il 24 novembre 2013, dedicato ad in- tensificare «la riflessione sulla fe- de, per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un mo- mento di profondo cambiamento come quello che l'umanità sta vi- vendo». Un altro Anno della fede era stato indetto nel 1967 da pa- pa Paolo VI, nel XIX centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo. Desideriamo anche noi seguire il Papa in questa iniziativa, che non può che aiutarci a essere più con- sapevoli di ciò in cui crediamo e rendere la nostra adesione non scontata ma ragio- nevole. Come dice- va il Papa a Mila- no: “comunicate ai vostri figli le ragio- ni della fede”, ma per comunicarle ai figli o a chiunque altro, le ragioni dobbiamo definir- le prima di tutto a noi stessi. Essere giovani non è semplice- mente avere una vita davanti, ma è sapersi continuamente rinnova- re, come diceva bene San Paolo: “non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformate- vi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio...”.Ecco allora alcune parti si- gnificative tratte dalla lettera Mo- tu propriu di Benedetto XVI per cominciare la riflessione sulla fe- de. Carla Guerrini In questo numero: Anno della Fede, Parrocchia, Attività estive, Testimonianze, Musica e tanto altro! Buona lettura!

Lo Specchio n.12 - Ottobre 2012

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Riflettendo la parrocchia di Toscanella

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Ottobre 2012 - N° 12

Parrocchia S. Maria del Carmine - via Emilia, 72 - 40060 Toscanella BO - tel 0542 672306 - www.parrocchiatoscanella.it

S i è aperto l’11 ottobre 2012 l'Anno della fede, un anno di me-ditazione indetto dal Papa, che si concluderà ufficialmente il 24 novembre 2013, dedicato ad in-tensificare «la riflessione sulla fe-de, per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un mo-mento di profondo cambiamento come quello che l'umanità sta vi-vendo». Un altro Anno della fede era stato indetto nel 1967 da pa-pa Paolo VI, nel XIX centenario del martirio dei santi Pietro e Paolo. Desideriamo anche noi seguire il Papa in questa iniziativa, che non può che aiutarci a essere più con-

sapevoli di ciò in cui crediamo e rendere la nostra adesione non scontata ma ragio-nevole. Come dice-va il Papa a Mila-no: “comunicate ai vostri figli le ragio-ni della fede”, ma per comunicarle ai figli o a chiunque altro, le ragioni dobbiamo definir-le prima di tutto a noi stessi. Essere giovani non è semplice-mente avere una vita davanti, ma è sapersi continuamente rinnova-re, come diceva bene San Paolo: “non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformate-

vi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio...”.Ecco allora alcune parti si-gnificative tratte dalla lettera Mo-tu propriu di Benedetto XVI per cominciare la riflessione sulla fe-de.

Carla Guerrini

In questo numero: Anno della Fede, Parrocchia, Attività estive, Testimonianze, Musica e tanto altro! Buona lettura!

Pagina 2 Anno della Fede

Dalla lettera apostolica di Benedetto XVI

Con la quale indice l’Anno della Fede

La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attra-versare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6, 4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il no-me di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signo-re Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22). *…+ Professare la fede nella Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8).*…+ il Padre, che nella pienezza del tempo ha inviato suo Fi-glio per la nostra salvezza; Gesù Cristo, che nel mistero della sua morte e risurrezione ha redento il mondo; lo Spirito Santo, che conduce la Chiesa attraverso i secoli nell’attesa del ritorno glorioso del Signore. *…+ Mentre Cristo, «santo, innocente, senza macchia» (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr 2Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avan-

za continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr 1Cor 11,26) [...] Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fe-de implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per vi-vere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla com-prensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede.

E i giovani? I giovani vivranno l’Anno del-

la Fede? Insomma, quest’anno special-

mente dedicato alla riscoperta dei fonda-

menti essenziali alla base della nostra

Fede, cosa sarà per i giovani cattolici?

Benedetto XVI aveva da tempo l’idea ben

chiara, quando tornato da Sydney aveva

proposto ai giovani di tutto il mondo il

tema su cui lavorare verso la GMG di

Madrid: “Radicati e fondati in Cristo, Sal-

di nella Fede”. Già. Saldi nella Fede. E il

bello è che non è affatto un’idea campa-

ta per aria, è vita di tutti i giorni. Lo pos-

siamo riscontrare nelle nostre parole,

quando all’incontro giovani ci confrontia-

mo non solo sulla Parola di Dio, ma an-

che su quello che la Fede ci fa vivere sulla

nostra pelle. Così quest’Anno della Fede,

è un cammino che faremo, sia personale

che comunitario. Anzi siamo già in cam-

mino, verso la prossima GMG (Rio de

Janeiro, Luglio 2013), vivendo giorno

dopo giorno le parole del Vangelo di

Matteo che saranno il tema principale

della GMG Brasiliana: “Andate e fate

discepoli tutti i popoli”. Dopo una bella

settimana di convivenza a settembre,

trascorreremo i primi giorni del 2013 a

Roma, qualcuno di noi invece sarà in Ter-

ra Santa con l’Azione Cattolica, qualcun

altro andrà in Brasile presso la missione

di Sao Bernardo per preparare la prossi-

ma esperienza di Rio de Janeiro. Parteci-

peremo anche alle iniziative diocesane

proposte per quest’anno (La Messa di

apertura il 24 ottobre, le tre catechesi di

preparazione del 16 novembre, 1 febbra-

io e 19 aprile). Inoltre sabato 23 marzo

2013 pregheremo durante la Veglia dei

Giovani per la GMG, e celebreremo la

Messa dei giovani il 9 maggio. Per poi

arrivare a vivere la settimana di GMG

(che sarà organizzata anche in diocesi,

per i ragazzi che non avranno la possibili-

tà concreta di andare in Brasile). Tutti

questi appuntamenti saranno piccole

tappe di un lungo cammino, dove il mo-

mento d’incontro sarà un modo per ve-

dere concretamente come i giovani vivo-

no e condividono la Fede. Vedere per

credere. Credere per Vedere.

Camminiamo anche noi

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Parrocchia

Lunedì 3 settembre, nell’ambito delle feste patronali della parroc-chia di Toscanella (Bologna), inti-tolate “Maria, regina della fami-glia, donna del lavoro e della fe-sta”, è stato possibile per la co-munità ascoltare la testimonianza di uno sportivo, Giulio Orizio, di Brescia, che ha comunicato con efficacia la bellezza di vivere l’esperienza dello sport da cristia-no. Giulio ha ripercorso la sua sto-ria, sottolineando più volte il fatto che le scelte fondamentali della sua vita siano state determinate dall’incontro con volti precisi che lo hanno fatto appassionare prima allo sport del rugby, nel quale ha militato come giocatore anche ad alti livelli, poi al ruolo di educatore in una comunità per tossicodipen-denti, ed ancora nell’ambito del rugby come allenatore. Ha messo in evidenza come l’amore di Cristo per l’uomo passi in modo privilegiato nel rapporto tra allenatore e giocatore, tra edu-

catore e ragazzi ed ha sottolineato come la presenza di Cristo nella sua quotidianità renda più gustosa ogni azione e dia senso anche a quegli avvenimenti imprevisti che sconvolgono il progetto di una vita. Così è accaduto quando Giulio, in seguito ad un infortunio, è stato costretto a smettere di giocare, proprio nel momento in cui la sua carriera stava decollando; da quel-la delusione si sono aperte diverse strade, non previste, che lo hanno chiamato ad accompagnare nella crescita moltissimi ragazzi ed ad essere testimone. La presenza di Giulio in mezzo a noi ci ha reso evidente che se l’uomo vive il reale con il cuore spalancato a ciò che accade, no-stro Signore ci manda tanti segni; il bello è che essi non giungono mai da soli, ma sono accompagna-ti da volti umani che ci sostengono nel cammino.

Elisa Zotti

Gentilissimo Direttore, mi congratulo in primo luogo per la nuova veste da Lei con-ferita al nostro giornale (Nuovo Diario). Le comunico inoltre che venerdì 7 settembre 2012 ho partecipato al pranzo per impren-ditori e dirigenti che Don Andrea Querzè ha inserito negli appuntamenti della festa pa-tronale S.Maria del Carmine a Toscanella. Circa 25 persone tra imprenditori, dirigenti e lavoratori si sono sedute attorno al Ve-scovo Mons. Tommaso Ghirelli per fare convivio e conversare sulla attuale situazio-ne sociale e finanziaria. Alla fine il Prof. Giuseppe Torluccio ha pre-sentato alcune ipotesi di sviluppo dell’economia e del mercato. E’ stato un incontro gradevole, un vero colpo da biliar-do che “Maria regina della famiglia, donna del lavoro e della festa” ha suggerito a don Andrea: un’occasione per constatare che la vita di fede di una comunità parrocchiale può estendersi e toccare le realtà imprendi-toriali e produttive di quel territorio parti-colare.

Un colpo da biliardo

Da Nuovo Diario, 22.09.2012 Padre Riccardo Pola. Delegato diocesano

per la pastorale sociale e del lavoro

A cura di Claudio Conti

Da giocatore di rugby

a educatore Cristo nella quotidianità rende più gustosa ogni azione

Dopo la grande esperienza vissuta con lo spettacolo “Solo l’amore crea”, dedicato alla straordinaria vita di San Mas-similiano Kolbe, stiamo pensando di proporre qualcosa di nuovo, che possa essere ancora più vicino ai giovani. La figura che abbiamo pensato è quella di Chiara Luce Bada-no, una giovane ragazza morta a 18 anni per un tumore osseo, proclamata beata il 25 settembre 2010. In questo cammino intendiamo scoprire la vita di Chiara fin da quando era piccola, e avvicinarci alla sua grandissima fe-de. Non vogliamo realizzare uno spettacolo per mostrare le nostre capacità, ma vogliamo realizzare qualcosa che ci tocchi davvero nel profondo, che ci emozioni e che ci fac-cia riflettere. Ovviamente è un pensiero ancora da realiz-zare e per fare questo abbiamo bisogno di menti giovani, di idee fresche e nuove. Quindi chiediamo disponibilità, collaborazione e se qualcuno è interessato anche solo a dare una piccolissima mano, può contattarci.

Da un tema di Chiara Luce Badano, a 7 anni e mezzo: “Un giorno sei nato. Nessu-no ti ha chiesto se volevi vivere. Ma ora vivi. Talvolta è bello. Talvolta invece sei triste. Molte cose ancora non le comprendi. Vivi ma perché? Con le tue mani devi aiutare a riordinare il mondo. Col tuo intelletto devi cercare di distinguere il bene dal male. Col tuo cuo-re devi amare gli uomini e aiutarli quando puoi. Sono tanti i compiti che ti attendo-no. Che attendono le tue mani, il tuo intelletto, e il tuo cuore.”

Nuove proposte!

Franco, Riccardo, Stefano

Pagina 4 Attività Estive

“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai con una compagnia assai assortita…” Il padre della lingua italiana (Dante, per gli incolti!) saprebbe ben descrive-re, anche in endecasillabi (cioè in rima, sempre per gli incolti di cui sopra!), emozioni e sentimenti che si provano ad un campo estivo parrocchiale. Per me è stata la prima volta, e solo in un’altra occasione mi era capitato di essere a contatto con persone che non mi ero scelto io (il prossimo?); ma allo-ra si trattava di un campo “annuale” a spese dello Stato e che non avevi pos-sibilità di scegliere, salvo disertare. Spiegare cosa si prova, cosa rimane di una settimana di campo non è facile, perché, al di la delle epidermiche sen-sazioni, bisogna scavare dentro se stes-si e mettersi davanti a quello specchio costituito dagli “altri” e nel quale tu ti

vedi, magari non come vorresti. I bam-bini, si sa, sono semplici e la loro sem-plicità smonta tutte le difese che noi adulti spesso ci costruiamo per render-ci più facile la vita. Nello stare forzatamente una settima-na con persone per lo più sconosciute e delle quali, in qualche modo, senti di avere la responsabilità, ho imparato la fragilità dei giudizi affrettati che spesso tendiamo a dare ed ho scoperto la bel-lezza di conoscere gli altri e offrirsi loro senza altro fine che quello di stare tutti in armonia. E’ stato come socchiudere una finestra che si apriva su un panora-ma meraviglioso. Ripensando all’esperienza vissuta, mi sono sembrate più vicine tutte quelle persone che nel mondo dedicano la loro vita al prossimo; è un passo diffici-le da compiere, ma forse abbandonarsi alla provvidenza ci può davvero porta-

re in una dimensione nuova, diversa, dove i valori che per noi hanno impor-tanza vengono ribaltati (gli ultimi sa-ranno i primi!). Anche l’aspetto religioso con la messa celebrata tutti i giorni, che di primo acchito può sembrare “pesante” da digerire, diventa giorno per giorno un motivo di riscontro personale sul vive-re da cristiano la quotidianità, un ap-puntamento atteso con aspettativa per avere più certezze sul cammino che stiamo compiendo. In buona sintesi ritengo l’esperienza del campo utile e senza dubbio consi-gliabile, non solo a chi frequenta già le attività parrocchiali, quale momento di propria verifica, ma, a maggior ragio-ne, a tutti quelli che vogliono appro-fondire la visione della vita che scaturi-sce dal Vangelo.

Campo estivo 2012 – “A good experience” Abbandonarsi alla provvidenza può davvero portare in una nuova dimensione

Quest’estate, tra giugno e luglio, ho partecipato ad una bella

iniziativa. Molti di voi avranno sentito parlare dell’OCA, Ora-

torio Cittadino Adolescenti, una proposta per i ragazzi delle

scuole superiori. Ho animato la parte lavorativa dell’attività.

Infatti ai ragazzi sono state proposte attività di gioco, di di-

vertimento, di formazione su tematiche attuali e anche di

lavoro manuale come la manutenzione di infissi, portoncini,

piccole riparazioni di mobili, tutte attività manuali che ri-

chiedono l’uso delle mani per essere fatte. La parrocchia

dell’Osservanza ha ospitato l’oratorio, che è stato frequen-

tato da un buon numero di persone, circa una trentina di

ragazzi, sei educatori, e tre artigiani disponibili. I giovani

hanno imparato a cartare, a usare il pennello per le diverse

fasi della verniciatura, e alcune tecniche decorative grazie

alla collaborazione di due persone che hanno fatto della

creatività un lavoro, realizzando di tutto con materiale di

riciclo. Oltre la buona esperienza avuta mi sono accorto an-

che di altri aspetti mai visti prima. Uno di questi è che ci so-

no famiglie con figli aventi problemi lievi di autismo che

l’estate non hanno l’opportunità di vivere in un contesto

protetto insieme ad altri loro coetanei. Un altro è che ai ra-

gazzi piace fare cose con le mani, provare la soddisfazione

per un lavoro ben eseguito. Questo mi fa capire che non è

vero che i ragazzi di oggi non hanno voglia di fare niente,

piuttosto sentono il bisogno di essere motivati.

FALEGNAMI all’Oratorio Cittadino Adolescenti!!!

Franco Caradossi

Franco Mingarelli

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Attività estive

Anche quest’anno la nostra parrocchia ha messo a dispo-sizione il servizio dell’Estate Ragazzi. Le iscrizioni dei bambini e dei ragazzi sono arrivate fino a 150 circa. La storia che ci ha accompagnati è il romanzo di Luis Sepul-veda “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, introducendo così il tema della famiglia, come realtà educativa che apre alla vita, cioè a volare. Altri temi affrontati sono quelli dell’accoglienza, della diversi-tà che unisce, della fatica nel creare qualcosa di bello e del coraggio nel vivere nuove avventure. E’ stato un bel percorso che man mano ha incuriosito i bambini, anche attraverso le scenette che realizzavamo per dar vita a questa storia. Inoltre non sono mancati giochi, attività, compiti e merende! Fondamentale è stato l’aiuto, la par-tecipazione e la collaborazione del gruppo educatori e animatori. E’ stata un’esperienza particolarmente soddi-sfacente, che ci ha anche permesso di crescere, di cono-scere i bambini e di venire a contatto con le tante realtà delle famiglie del nostro territorio. Le giornate sono state impegnative, le difficoltà non sono mancate, ma la gioia

nel vedere un progetto ben riuscito grazie ad un grande gruppo di persone, ci ha aiutati molto ad andare avanti! Uno dei momenti più significativi è stato lo spettacolo finale (26 luglio), realizzato dai bambini e dai ragazzi stessi: ognuno ha tirato fuori qualcosa di sé, singolar-mente o in gruppi, e il risultato finale è stato uno splen-dido spettacolo che si è concluso con l’inno che ha ac-compagnato la nostra esperienza: “Io voglio volare!”. Ci teniamo a ringraziare tutti i bambini, i ragazzi, i genitori e le famiglie che hanno reso possibile l’Estate Ragazzi, la Caritas che ci ha aiutati portandoci pane e frutta, i tecnici che ci hanno aiutato nella realizzazione dello spettacolo, gli animatori e gli educatori che ogni giorno partecipava-no e aiutavano, Eleonora che con la sua precisione ha tenuto al meglio la segreteria e don Andrea che ci ha da-to l’occasione di vivere tutto questo! Ma il ringraziamen-to più grande va al Signore, che ci ha accompagnati du-rante questo cammino e continuerà a farlo.

Gli educatori dell’ER 2012

Pagina 6 Testimonianze

Credo che tutte le famiglie si formino in maniera quasi del tutto naturale con una conoscenza delle due persone che l’andranno a comporre, magari una lunga conoscenza oppure con un clas-sico colpo di fulmine. Ma se due perso-ne abitano a 1.500 km di distanza, la cosa diventa molto difficile, in un peri-odo dove internet non esisteva. Ma io e lei ci dovevamo incontrare, per forza. Forse ad occhi critici, tutto può appari-re come casuale, insomma una di quel-le cose che avvengono, una coinciden-za. Io voglio credere invece che un di-segno era pronto per noi. Ma partiamo dall’ inizio. Io vivevo nel comune di Castel San Pietro Terme dove nacqui nel ’68, da genitori siciliani, dopo aver girato mezza Italia, la mia famiglia ri-tornò nella zona dove si erano incon-trati, sposati ed avevano messo al mondo due figli io e mia sorella. La mia vita scorreva senza tanti sussulti, in maniera insignificante. Nell’ anno in cui mio padre andò in pensione la pro-posta di andare a vivere in Sicilia, dove mia sorella si era fatta una famiglia, si fece ancora più insistente del solito visto che i miei genitori scoprirono anche la mia situazione, diciamo, senti-mentale; io a 17 anni frequentavo una ragazza- madre di 27 anni con un figlio di 7, ma non capivo effettivamente che quella situazione era dettata da tutto altro che amore. Comunque, si andò a vivere in Sicilia esattamente ad Alca-mo, paese natale di entrambi i miei genitori, dove iniziai a lavorare nella stessa ditta dove lavorava mio cogna-to, marito di mia sorella, che mi prese sotto la sua ala protettiva cercando di insegnarmi il mestiere, ma subito capii che una cosa era andare in ferie in quei posti meravigliosi ed un conto era vi-verci. Passò un anno circa, ma la mia situazione rimaneva la stessa. Non mi trovavo bene insomma, allora decisi di tornare da dove ero partito, in qualche modo volevo andare via da un discorso lavorativo assolutamente a me non consono e da amicizie che mi manca-vano tantissimo. Ero deciso. Preparai le valige con grandissimo dispiacere dei miei genitori, tutto era pronto, pie-no di carburante alla vettura… ma i

telegiornali davano notizie catastrofi-che. Neve, ghiaccio e chi più ne ha più ne metta sulle strade ed autostrade italiane, con conseguente blocco del traffico, visto la situazione la par-tenza la rinviai alla settimana dopo. Ma non era il momento di partire. “Perché non vieni con me stasera?” mi chiese un mio coetaneo vicino di casa. Accettai , dovevo solo attendere u-na settimana, tanto valeva distrarsi. Ci incamminammo e, dopo poco entram-mo in un salone stracolmo di ragazzi e ragazze miei coetanei o poco più picco-li, che si divertivano con dei giochi tal-mente elementari da sembrare quasi stupidi. Era stranissimo mi divertivo come non mai. Intanto la mia acco-glienza fu esageratamente trionfale, come una star, la cosa mi imbarazzò ma mi piacque molto. In quella circo-stanza mi fu presentata anche Enzuc-cia, la ragazza che poi divenne ed è mia moglie. La nostra amicizia era molto blanda, uno ciao era anche troppo ma la capivo avevo ed ho un aria poco rac-comandabile per cui non potevo pre-tendere tanto. Ma intanto la mia par-tenza? Niente, non volevo più partire! La mia solitudine, vero motore che mi spingeva a tornare, non la sentivo più, era scomparsa. Iniziai a frequentare con assiduità quel gruppo di ragazzi che appartenevano ad una parrocchia, Sacro Cuore di Gesù, vedendo che i ragazzi pregavano con molta intensità e devozione, strabiliante per me che poco avevo frequentato la realtà cri-stiana, snobbandola come una qualsia-si associazione, ma quei ragazzi si alza-vano la mattina presto per andare in parrocchia a recitare le lodi, la sera prima di uscire andavano a recitare i vespri ed io mi chiedevo chi li spinges-se a fare delle cose cosi strane ai miei occhi. Sapevo solo che mi piaceva stare in loro compagnia. Con non poche dif-fidenze da parte sua, quella che poi è mia moglie in una festa di carnevale si avvicinò a me ed io le chiesi di ballare, appena iniziammo a ballare partì un lento e con non poco imbarazzo ci u-nimmo per ballare quella musica. Ini-ziammo a parlare e ci scoprimmo. Era bello parlare con lei. Poco dopo tempo

la nostra amicizia si strinse, mi piaceva stare con lei. Ma la leva militare mi portò per un anno a Verona e sentivo che lei mi mancava sempre più. Finita la mia permanenza nell’esercito tornai ad Alcamo dove l’attività parrocchiale continuava a tenere insieme quei gio-vani e dove tornai molto volentieri. Ma volevo dirle cosa provavo, senza trova-re il coraggio di farlo. La musica in que-sti casi aiuta ed una musicassetta infi-lata nel giaccone di lei le fece capire che intenzioni avessi io. “Scordatelo!!” fu la sua salomonica risposta. Gli amici sorridevano sapendo che lei aveva in-tenzione di prendere i voti. Ma io sen-tivo che la sua risposta era dettata da una paura inspiegabile. La conferma la ebbi ad un ritrovo di tutti gli amici in una pineta dove si decise di passare una giornata di fine agosto tutti insie-me. Io avevo problemi ad essere in quel luogo la mattina e come me una ragazza della comitiva. Ha un grosso difetto questa ragazza : è bellissima. Gli occhi di Enza erano li a dimostrarlo appena ci vide arrivare insieme. Que-sta ragazza aveva dei problemi e con me riusciva a parlare in maniera molto disinvolta, ed in maniera naturale ci allontanammo dal gruppo. “ Ecco ades-so avrete sete, dopo tutto questo par-lare!!!!” sbuffò Enza sbattendo una bottiglia d’acqua su un tavolo che si trovano in pineta dove io e questa ra-gazza ci eravamo seduti. Lì ebbi la con-ferma del sentimento che Enza prova-va per me. La prova schiacciante la ebbi dopo qualche giorno il 4 settem-bre del ‘89 con la morte di mio cogna-to, in un incidente sul lavoro perse la vita spirando tra le mie braccia. La cosa ovviamente mi sconvolse, rendendomi insofferente alla vita stessa. Poco tem-po dopo il tragico evento, Enza si pre-sentò a casa mia, appena aprii la porta mi sentii dire con voce minacciosa “Vieni fuori!” . Quella sera mi disse che aveva capito cosa provava per me. Ec-co come iniziò la nostra storia, in una fresca e piovosa sera di ottobre del 1989.

Vincenzo Bambina

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Territori Musicali

La musica salva la vita

La domanda del cuore per la felicità piena

A sette anni un bel giorno mentre ero a tavola con la mia famiglia parlando del più e del meno venni a scoprire che io ero il frutto di un errore. Rimasi con la forchetta sospesa nell’aria e chiesi: “in che senso papà?” Lui prontamente rispose: “io e tua mamma avevamo deciso che avremmo avuto due figli e il terzo non era proprio previsto e poi... un maschio e una femmina. Perfetto no!?”. “E allora quando sono nata cosa è accaduto?” “E’ accaduto che volevamo proporre agli zii d’America, che non potevano avere figli, di darti a loro!” e “perché poi non l’avete fatto?” “non so! Maria, perché non l’abbiamo fatto?” “Ninì vuoi l’insalata o le patate?” La mia forchetta era ancora sospesa nell’aria. “e poi un’altra femmina!”. Così sono stata allevata, anziché desiderata, amata, educata perché ero un dono. No! Ero un imprevisto! Così riposi la mia forchetta sul piatto in maniera perfettamente obliqua, come insegnava mio pa-dre, per far capire agli altri commensali che avevo terminato il mio pranzo… al sapore di mandorla amara... come fiele. A tavola le regole erano fer-ree! Posso alzarmi dalla tavola? Corsi subito nella mia stanza ed accessi subito la radio. Volevo ascol-tare qualcosa di rumoroso, di invadente che riem-pisse la mia mente, il mio cuore, per digerire non quello che avevo mangiato ma quello che avevo appena appreso di me. Radio Malta! Si sentiva benissimo perché allora abitavo ad un’ora da Malta. Musica, musica! Riempi la mia testa, non voglio pensare... Non è vero! Musica, musica! Fai rumore, non voglio sentire il silenzio assordante del dopo pranzo! Musica, musica! E’ una mia fantasia, i miei genitori mi amano! Musica, musica! Non sono sola anche se non posso dire a nessuno quello che attraversa il mio cuore. Musica, musica! Anch’ io sarò felice un giorno! Così è iniziato tutto, la mia sete, il mio bisogno di musica. La musica inconsapevolmente mi dava la possibilità di aprire la valvola del mio cuore e di mantenere viva la mia speranza di felicità. Mi seguiva, mi stava vicina, mi aiutava a leggere nel mio cuore traducendone tutti i “sommovimenti”. Gli anni passavano e a questa mia pena originale si aggiun-gevano altri “imprevisti”: i miei genitori andavano sempre meno d’accordo e la nostra vita quotidiana era segnata dal-le loro liti e poi dalla fuga da casa di mia sorella e di seguito anche di mio fratello. Mio fratello che a quel tempo era un po’ il mio faro! E fu proprio lui che, per consolarmi, mi fece un dono stupendo: un magnifico stereo con quattro casse di legno che avrei potuto appendere nel salotto di casa mia in modo da farmi letteralmente circondare dalla musica. E così, mentre la vita scorreva fra litigi, incomprensioni e un padre assente perché troppo impegnato a lavorare e a gua-dagnare, la musica divenne la mia “famiglia”, il luogo dove dialogare con me stessa e cercare di rispondere alla mia

domanda impellente di felicità. Nel paese dove ho vissuto i miei primi vent’anni, la musica è sempre stata, e in effetti fortunatamente ancora è, una attività scolastica molto importante. Non ho mai potuto dimenticare e non dimenticherò mai il mio maestro di can-to delle elementari. La mia insegnante di musica delle me-die! Mi hanno fatto scoprire il valore della musica e la sua capacità di lenire il dolore del quotidiano provocato dalla tensione che vivevo nella mia famiglia. E così tutti i giorni cercavo di trovare un po’ di soldi per poter acquistare dei nuovi dischi. Ricordo il primo dei miei acquisti: Chopin. Cho-pin, che ascoltavo e riascoltavo, dava voce alla mia malinco-nia e tristezza. Era una medicina per la mia anima “scombussolata”. Più ascoltavo musica e più scoprivo che con essa potevo affrontare la vita perché il mio cuore e la

mia mente si riempivano di bellezza e speranza di felicità. Poi ho scoperto il canto: Maria Callas. La sua voce unica, ineguagliabile. I vetri a casa tremavano e mio padre si inca...va: “Rita, abbassaaaaaaaa!” E poi lui. Mozart! Colui che più di tutti ha saputo tradurre il cuore. La domanda del cuore. Colui che ha accorciato la distanza tra me e Dio. Due perso-ne hanno segnato la mia fede: mia nonna paterna e Mozart. Il Requiem di Mozart da una possibilità all’uomo, ti dice dove devi volgere lo sguardo, ti

indica dove è il tuo compimento, ti svela il Dio Misericordio-so. La musica dava voce ed era la voce delle emozioni più profonde del mio cuore. La musica era diventata per me lo strumento per eccellenza della mia anima. La musica era la forma per comprendere la mia parte più nascosta, di farmi rivivere quello che avevo sepolto nella mia memoria o cer-cavo di nascondere a me stessa. Da allora sono stata come travolta dalla potenza di questo strumento passando da Eric Clapton alla Callas, da James Brown a Mozart, dai Chick Corea alla Premiata Forneria Marconi, da Georges Benson a Bob Dylan, dai Deep Purple a Tony Esposito. Ognuno di questi passaggi ha lasciato un segno, ha rappresen-tato una esperienza particolare nella mia vita e… oggi che ho già cinquant’anni posso quindi solo confermare che la musica mi ha salvato la vita.

Rita Savarino

Pagina 8 Varie

Un gruppo di giovani amici, un gior-no cominciò a discutere su cosa fos-se la felicità. Per qualcuno era po-tersi realizzare nel lavoro, per qual-cun altro era possedere molti soldi, per qualcun altro ancora era poter vivere da soli, lontano dai genitori. Non mettendosi d’accordo, decisero di fare visita ad un loro vecchio pro-fessore, che era sempre stato un punto di riferimento per loro. Du-rante la visita, si lamentarono dello stress che dominava la loro vita e del fatto che erano ancora tutti alla ricerca della felicità. Volendo offrire ai suoi ospiti una cioccolata calda, il professore andò in cucina a ritornò con una grande brocca e un assorti-mento di tazze. Alcune di porcella-na, altre di vetro, altre di cristallo, alcune semplici, altre costose, altre di squisita fattura. Il professore li

invitò a servirsi da soli la cioccolata. Quando tutti ebbero in mano la taz-za con la cioccolata calda il profes-sore espose le sue considerazioni: “ Noto che son state prese tutte le tazze più belle e costose, mentre son state lasciate sul tavolino quelle di poco valore. La causa dei vostri pro-blemi e dello stress è che per voi è normale volere sempre il meglio. La tazza da cui state bevendo non ag-giunge nulla alla qualità della cioc-colata calda. In alcuni casi la tazza è molto bella, mentre alcune altre nascondono anche quello che beve-te. Quello che ognuno di voi voleva in realtà era la cioccolata calda. Voi non volevate la tazza… Ma voi con-sapevolmente avete scelto le tazze migliori. E subito, avete cominciato a guardare la tazza degli altri. Ora amici vi prego di ascoltarmi:

La vita è la cioccolata calda… I vostri problemi, la vostra posizione nella società, sono le tazze. Le tazze sono solo contenitori per accogliere e contenere la vita. La tazza che a-vete non determina la vita, non cambia la qualità della vita che sta-te vivendo. Qualche volta, concen-trandovi solo sulla tazza, non riusci-te ad apprezzare la cioccolata calda che Dio vi ha dato. Ricordatevi sem-pre questo: Dio prepara la cioccola-ta calda, Egli non sceglie la tazza. La gente più felice non ha il meglio di ogni cosa, ma apprezza il meglio di ogni cosa che ha: vivere semplice-mente; amare generosamente; par-lare gentilmente. Lasciate il resto a Dio. E ricordatevi: Le persone più felici non sono coloro che hanno di più, ma coloro che sanno trarre dal poco tutto ciò di cui hanno bisogno.

La cioccolata calda

Al consiglio dell’unità pastorale è uscita un’emergenza. Luciano Mongardi come respon-sabile Caritas, ci ha comunicato che la crisi eco-nomica si fa sentire anche nella parrocchia di Toscanella. Infatti il banco alimentare è sempre meno fornito, mentre le richieste sono in au-mento. Pur consapevoli della situazione preca-ria, ci viene richiesto di aiutare i più poveri, in diversi modi. Se qualcuno può porti qualcosa. Ci viene anche ricordato che sarebbe opportuno coinvolgerci a nell’aiuto a chi ha malati o anziani in casa, per non lasciare soli i famigliari coinvolti. Per informazioni è opportuno parlare con Lucia-no o Don Andrea.

PREGHIERA Cristo non ha più le mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha più piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Cristo non ha più voce ha soltanto la nostra voce per raccontare di sé agli uomini di oggi. Cristo non ha più forze ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora; siamo l’unico messaggio di Dio scritto in opere e parole.

La redazione

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