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Numero II – Anno II Logos Il giornalino del liceo Forteguerri-Vannucci Con allegato il numero speciale de “Il Savoiardo” sull’assemblea straordinaria del mese di Novembre! La lettera della professoressa Brillante Non molto tempo fa una insegnante del nostro liceo decise di scrivere una lettera al ministro dell'istruzione Profumo. Il passaparola ed i meccanismi della rete portarono molti studenti a leggerla. Il risultato fu un proliferare di opinioni e discussioni. In questo numero due ragazzi facenti parte della redazione hanno provato a confrontarsi, senza la pretesa di rappresentare ogni punto di vista. Il testo della lettera: Signor ministro, mi piacerebbe che questa mail arrivasse fino a Lei e non ad uno dei suoi segretari o membri del suo staff, per poterLe trasmettere, con le mie parole, tutta l'indignazione che provo per le Sue ultime dichiarazioni e per i provvedimenti che il Suo governo intende prendere riguardo alla scuola. Mi presento: mi chiamo Antonietta Brillante; sono dottore di ricerca in filosofia politica; ho ottenuto tre abilitazioni all'ultimo concorso indetto alla fine degli anni '90; sono entrata di ruolo nella scuola pubblica nel 2004 e attualmente insegno filosofia e scienze della formazione presso il Liceo Forteguerri di Pistoia. In base a quanto ho appena letto su alcuni quotidiani, Lei ha argomentato la proposta di portare a 24 ore settimanali l'attività di insegnamento dei docenti della scuola secondaria, sostenendo che "bisogna portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale". Mi chiedo e Le chiedo se Lei è mai stato in una scuola di un Paese dell'Europa occidentale, possibilmente del nord-Europa. E' un interrogativo che non mi pongo da oggi, ma che oggi, a fronte delle Sue ultime dichiarazioni, si fa più impellente ed esige una risposta precisa. Ebbene, io Le posso dire che ci sono stata. Quattro anni fa, sono stata in Danimarca, in un paesino dello Jutland, Skive, per due settimane. Ho accompagnato una classe ad uno scambio e, dal momento che insegno in un Liceo pedagogico, abbiamo visitato, full-time, per 14 giorni, scuole di ogni ordine e grado: dai Kindergarten ai Licei. Le posso anche dire che le nostre scuole, per quanto riguarda le strutture, i materiali didattici, gli spazi e i tempi della didattica, sono proprie di un Paese arretrato e sottosviluppato: e di questo, la responsabilità è di chi ha deciso, da vent'anni a questa parte che, prima, per entrare in Europa, poi, per far fronte alla crisi, bisogna tagliare la spesa pubblica, cioè la scuola, la sanità, le pensioni (sia mai le spese militari - vedi acquisto degli F 135 - o le missioni militari all'estero). Per inciso, "ricette" per le quali non è necessario un governo di "tecnici", né lo stipendio di ministro o di parlamentare: le saprei proporre pure io, che mi occupo di altro e ho ben altre competenze. A Skive mi sono resa conto che, per quanto riguarda il curriculum di studi e la didattica, con eccezione di quella che prevede l'uso di laboratori, noi non abbiamo niente da invidiare ai Paesi europei. Non solo il livello di preparazione dei colleghi danesi non era certo superiore al mio o a quello di molti colleghi italiani, ma ho anche rilevato che, per quanto riguarda lo studio analitico dei testi e delle fonti (siano essi letterari, storici o filosofici), mediante il quale gli alunni conseguono diverse competenze, molti docenti italiani potrebbero avere qualcosa da insegnare a quei colleghi. A Skive ho anche scoperto che i colleghi danesi, che lavorano 18 ore alla settimana, per un anno

Logos - Liceo Statale Niccolò Forteguerri: Home · Le mostrerò volentieri le lavagne di ardesia, dove tento di presentare mappe concettuali con gessi ... Il demagogismo non mi attira,

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Numero II – Anno IILogos Il giornalino del liceo Forteguerri-Vannucci

Con allegato il numero speciale de “Il Savoiardo” sull’assembleastraordinaria del mese di Novembre!

La lettera della professoressa Brillante

Non molto tempo fa una insegnante del nostro liceo decise di scrivere una lettera al ministrodell'istruzione Profumo. Il passaparola ed i meccanismi della rete portarono molti studenti aleggerla. Il risultato fu un proliferare di opinioni e discussioni. In questo numero due ragazzi facentiparte della redazione hanno provato a confrontarsi, senza la pretesa di rappresentare ogni punto divista.

Il testo della lettera:

Signor ministro, mi piacerebbe che questa mail arrivasse fino a Lei e non ad uno dei suoi segretari omembri del suo staff, per poterLe trasmettere, con le mie parole, tutta l'indignazione che provo perle Sue ultime dichiarazioni e per i provvedimenti che il Suo governo intende prendere riguardo allascuola.

Mi presento: mi chiamo Antonietta Brillante; sono dottore di ricerca in filosofia politica; hoottenuto tre abilitazioni all'ultimo concorso indetto alla fine degli anni '90; sono entrata di ruolonella scuola pubblica nel 2004 e attualmente insegno filosofia e scienze della formazione presso ilLiceo Forteguerri di Pistoia.In base a quanto ho appena letto su alcuni quotidiani, Lei ha argomentato la proposta di portare a 24ore settimanali l'attività di insegnamento dei docenti della scuola secondaria, sostenendo che"bisogna portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale".Mi chiedo e Le chiedo se Lei è mai stato in una scuola di un Paese dell'Europa occidentale,possibilmente del nord-Europa. E' un interrogativo che non mi pongo da oggi, ma che oggi, a frontedelle Sue ultime dichiarazioni, si fa più impellente ed esige una risposta precisa.Ebbene, io Le posso dire che ci sono stata. Quattro anni fa, sono stata in Danimarca, in un paesinodello Jutland, Skive, per due settimane. Ho accompagnato una classe ad uno scambio e, dalmomento che insegno in un Liceo pedagogico, abbiamo visitato, full-time, per 14 giorni, scuole diogni ordine e grado: dai Kindergarten ai Licei.Le posso anche dire che le nostre scuole, per quanto riguarda le strutture, i materiali didattici, glispazi e i tempi della didattica, sono proprie di un Paese arretrato e sottosviluppato: e di questo, laresponsabilità è di chi ha deciso, da vent'anni a questa parte che, prima, per entrare in Europa, poi,per far fronte alla crisi, bisogna tagliare la spesa pubblica, cioè la scuola, la sanità, le pensioni (siamai le spese militari - vedi acquisto degli F 135 - o le missioni militari all'estero). Per inciso,"ricette" per le quali non è necessario un governo di "tecnici", né lo stipendio di ministro o diparlamentare: le saprei proporre pure io, che mi occupo di altro e ho ben altre competenze.A Skive mi sono resa conto che, per quanto riguarda il curriculum di studi e la didattica, coneccezione di quella che prevede l'uso di laboratori, noi non abbiamo niente da invidiare ai Paesieuropei. Non solo il livello di preparazione dei colleghi danesi non era certo superiore al mio o aquello di molti colleghi italiani, ma ho anche rilevato che, per quanto riguarda lostudio analitico dei testi e delle fonti (siano essi letterari, storici o filosofici), mediante il quale glialunni conseguono diverse competenze, molti docenti italiani potrebbero avere qualcosa dainsegnare a quei colleghi.A Skive ho anche scoperto che i colleghi danesi, che lavorano 18 ore alla settimana, per un anno

scolastico di 200 giorni, percepiscono uno stipendio medio di 3.000 euro (parlo di 4 anni fa), afronte di uno stipendio, quale è il mio, di 1.380 euro, che tale resterà fino al 2017. Non solo: icolleghi di Skive, quando hanno compiti da correggere, inviano una copia in unufficio a Copenaghen, che calcola il tempo medio di correzione per il numero di alunni e computa,su quelle basi, un compenso aggiuntivo. I docenti di Skive non devono controllare gli alunnidurante i lunghi intervalli e neppure hanno l'obbligo di incontrarsi con i genitori, perché il rapportoprivilegiato è quello diretto: docente-discente (unica eccezione: 5 minutidi colloquio a quadrimestre, concessi ai genitori degli alunni che frequentano il primo anno).Ministro, sono questi gli standard europei!

Io sono un'ottima insegnante: non solo perché ho un livello di preparazione nelle mie disciplinepersino superiore a quello che è richiesto ad un docente di scuola superiore, ma perché ho lacapacità - lo attestano i riconoscimenti degli ex alunni e delle loro famiglie - di coinvolgere glistudenti, di sollecitare la loro attenzione, il loro interesse e la loro curiosità. Sono una professionistae come tale voglio essere considerata e trattata. Questo significa anche, signor ministro, che io nonlavoro 18 ore, perché, quando torno a casa, leggo, studio, mi auto-aggiorno; preparo nuovi percorsididattici e di approfondimento adeguati alle classi nelle quali mi trovo ad insegnare, che sonodiverse ogni anno, e per le quali è prevista, proprio dal Suo Ministero, una programmazione ad hoc.Correggo i compiti, tanti compiti e non faccio test a crocette, "a risposta chiusa", per i quali lacorrezione richiederebbe meno tempo e fatica, perché ritengo che con quei test i ragazziimparerebbero poco e la stessa valutazione non sarebbe adeguata, ma propongo quesiti a risposteaperte e saggi brevi. E quando correggo, non mi limito a fare segni rossi, ma suggerisco alternativecorrette. Ha idea di quanto tempo ci voglia?Io non sono un'eccezione tra i docenti della scuola italiana, perché, fortunatamente, le nostre scuolepossono contare su una grande maggioranza di professionisti, che credono nel loro lavoro e losvolgono con passione ed impegno: che lo praticano come Beruf.Quanto all'aumento delle ore di insegnamento: Lei sa cosa significa insegnare, cioè svolgere attivitàdidattica per lo più frontale o lezione guidata, perché non abbiamo altri strumenti a disposizione,per 24 ore alla settimana? Lo ha mai fatto? Le posso dire una cosa: ho svolto diversi lavori prima diincominciare ad insegnare e nulla è più faticoso che guidare un gruppo di alunni sulla strada dellaconoscenza, del sapere. E' una fatica fisica e mentale. E quello che affermo non ha niente a chevedere con il problema della disciplina, con il fatto di dover alzare la voce per farsi ascoltare: unproblema che non ho mai avuto, neppure quando svolgevo supplenze temporanee o insegnavo nellascuola secondaria di primo grado a ragazzini più piccoli.E a proposito di standard europei, signor Ministro, mi fa piacere informarLa che a Skive, e nellealtre scuole danesi che ho visitato, i miei colleghi non solo non hanno cattedre di formica verde, mahanno un piccolo studio dove possono fermarsi, nelle ore libere tra un impegno e l'altro, ecorreggere compiti, studiare, riposarsi. Hanno in dotazione computer; hanno sale-professoriattrezzate con cucine, salottini con tavolini e divani, distributori gratuiti di bevande calde e fredde.Vuole venire a Pistoia, signor ministro, a vedere che cosa ho a disposizione io, nella mia scuola,quando devo restare intere giornate, perché ho riunioni pomeridiane, e non posso rientrare a casa,non tanto perché la mia abitazione dista 40 km dalla scuola, ma perché il servizio di trasportiregionale è talmente disastroso sulla linea Firenze-Pistoia, che sono costretta a trascorrere interegiornate fuori casa?Venga, e le mostrerò volentieri la sala professori, i bagni per gli insegnanti e, se vorrà vederli, anchequelli per gli studenti; se viene quando il freddo sarà arrivato, si copra bene, perché lo scorso anno,a gennaio, per diversi giorni, la temperatura, nelle aule, non superava i 10°.Le mostrerò volentieri le lavagne di ardesia, dove tento di presentare mappe concettuali con gessitalmente scadenti che le cimose polverose non riescono a cancellare i segni. Le mostrerò le pocheaule che hanno carte geografiche degne di un mercato del modernariato e quelle invece ancora piùspoglie, dove, però, può darsi che penzoli un crocifisso privo di una gamba o di un braccio.

Lei afferma che i soldi risparmiati aumentando le nostre ore di lezione, cioè impiegando menopersonale docente e aggravando le difficoltà di una scuola già stremata, verranno investiti in futuroper creare scuole di standard europeo. Non le credo. Sono false promesse e pure offensive per chinella scuola pubblica lavora e per chi crede nella sua funzione e importanza.Se quella fosse stata la Sua intenzione e l'intenzione del Suo governo, avreste dovuto cominciareperlomeno a darci dei segnali nel corso di questi mesi: non solo questi segnali non ci sono stati, maquelli che abbiamo visto e vediamo vanno in direzione opposta: l'affossamento e la distruzione dellascuola pubblica (per non parlare dell'università).Il demagogismo non mi attira, né mi attraggono le pulsioni anti-casta.Eppure, signor Ministro mi sento di dirLe che Lei, come molti uomini e donne che hannoresponsabilità politiche, siete, parafrasando il titolo di un bel libro di Marco Belpoliti, "senzavergogna": ed è ora, invece, che la vergogna venga riscoperta come virtù civile, e diventi ilfondamento di un'etica pubblica, per un Paese, la cui stragrande maggioranza di cittadini edi non-cittadini non merita di essere rappresentata e guidata da una classe politica e "tecnica",ammesso che questa parola abbia un senso, weberianamente miope, non lungimirante,sostanzialmente incapace di pensare all'interesse pubblico e di agire per esso.Sarò in piazza, signor ministro, a gridare con la poca voce che ho la richiesta delle Sue dimissioni!

I commenti:

È il momento di esigere e pretendere!di Lorenzo Gandolfi

Svolta una prima lettura della lettera della professoressa Brillante mi sono ritrovato con il desideriodi rileggerla, di seguito, altre due o tre volte. Il tono tristemente ironico e gli attacchi al ministro nonerano ciò che più mi colpiva, ero rimasto impressionato da quello scorrere di immagini che le paroledi quel testo provocavano nella mia mente. Le lavagne ed i gessi di bassa qualità, le aule fredde, lecarte geografiche polverose e sciupate... tutti frammenti della mia quotidianità di studente. A questila mia mente istintivamente aggiungeva le pareti scrostate, i bagni maleodoranti, i materiali didatticiinattuali accostati con una punta di cattivo gusto a moderni computer e lavagne multimedialigiacenti inutilizzati nei laboratori. Non si stava parlando di unità orarie e didattica eppure eroconvinto che quel testo dicesse qualcosa di fondamentale sulla scuola italiana. Riusciva a dirlo cosìbene proprio grazie a queste figure che riusciva a generare nella testa del lettore. Comunicare perimmagini spesso risulta più efficace che farlo con parole. Ho poi deciso di svegliarmi, d'uscire daltorpore in cui ero giunto e d'analizzare ogni cosa al lume della ragione. Dovevo domandarmi sedesiderare più e più attuali attrezzature ed ambienti piacevoli e accoglienti fosse un vezzoinopportuno o una legittima rivendicazione. Credo, dopo aver trascorso la necessaria quantità ditempo o ponderare i miei pensieri, di essere giunto alla conclusione che sia non solo legittimo mapersino doveroso esigere di più per la scuola pubblica. Ecco, solo adesso noto cosa altro diinteressante c'è in questa lettera. La professoressa rivendica con delle pungenti frasi il suo diritto avedere rispettata la propria professionalità. C'è di sicuro chi proverà a sostenere che in “tempi dimiseria” quali i nostri lamentarsi per uno stipendio di 1.380 euro sia sbagliato ma io sono tra quantiritengono che non lo sia. La nostra classe dirigente si sciacqua ogni giorno la bocca con lameritocrazia, la parola “merito” è divenuta il liet-motiv dei talk show e degli articoli dei quotidiani.Dov'è il merito in una società che non premia con buste paga un po' più alte professionistiqualificati che, dopo anni di studio, sono approdati ad un posto di lavoro che dovrebbe essereconsiderato prestigioso per la sua sacra funzione? Già vedo i professionisti dei tagli in giacca ecravatta sventolare lo spauracchio della crisi, del debito e di quanto altro questi lugubri personaggiutilizzano come passepartout. È arrivata l'ora di uscire da questo coma sociale e culturale, di capireche è nostro diritto e dovere pretendere, esigere ciò che ci spetta, di realizzare che la diminuzioneselvaggia della spesa pubblica non è l'unica politica possibile, di dire basta alla pedagogia dei

sacrifici che è quanto di più aberrante la politica italiana abbia mai prodotto. Dobbiamo ripeterlo anoi stessi ogni giorno, riscoprire la bellezza straordinaria dei beni comuni, imparare ad amarli erispettarli, prenderseli a cuore, sentirli come propri. Solo se avremo la forza ed il coraggio di farequesto potremo affrontare la sfida della crisi a testa alta e così tutte le successive ed avere un giornoun futuro diverso in cui lettere come quella della signora Brillante non abbiano più bisogno diessere scritte.

Bisogna tener presente lo stato attuale delle cosedi Lorenzo Vannucci

Certamente la professoressa Brillante solleva delle questioni spinose riguardo al nostro sistemascolastico. Il problema è che bisogna tener presente l’attuale stato delle cose: il nostro Paese, alcontrario della Danimarca, sta attraversando un periodo di profonda crisi economica. Per questo daun anno o poco più è stata adottata una soluzione straordinaria, quale l’aver sciolto il governoordinario per dare mandato ad un esecutivo composto da soli tecnici (non eletti). Da quel momentosono stati fatti moltissimi tagli sui settori più disparati della spesa pubblica (si pensi alla sanità doveè prevista una diminuzione di settemila posti letto per il gennaio del 2014). Dunque è opportuno chetutti facciano sacrifici perché – come ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti- “Il problemadell’Italia è che è stato promesso troppo da chi ha governato in precedenza”. Se si vuole seguire laricetta tecnica, dunque, è necessario stringere i denti, tenere duro e fare del nostro meglio nella vitadi tutti i giorni, con la consapevolezza che “il peggio sta passando” (cit. Mario Passera, ministrodello Sviluppo Economico). Ma la ricetta Monti potrebbe non essere quella giusta, la crisi dipendereda fattori non controllabili, e la linea europeista del nostro governo non risultare quella vincente.Ma al di là delle contestualizzazioni il problema di questa lettera risiede, a mio avviso, neicontenuti:1) Si prende come modello di riferimento il modello scolastico danese che, con tutto il rispetto, nonè quello da seguire per arrivare ad avere un settore scuola modernizzato;2) Ci si indigna per uno stipendio pari a 1.380 euro al mese (che sarebbe graditissimo ad un operaiomedio), cosa inaccettabile in un periodo in cui la disoccupazione (giovanile e non) è in costantecrescita;3) Si sottolinea che il lavoro del docente si estende al di fuori dell’orario scolastico sottolineandocome la correzione dei compiti e la preparazione degli stessi comportino un’ulteriore fatica perl’insegnante (che si premura di non somministrare ai propri alunni test a crocette – giudicati menoformativi- e di accompagnare la correzione degli elaborati con una spiegazione sintetica). Mipermetto di dire che non è affare del ministro Profumo la forma in cui vengono somministrate ecorrette le prove. Il problema è che alcuni ottimi esempi nel campo dell’insegnamento (come quellodella Professoressa Brillante) molto spesso sono presi per un’eccezione. Essi, invece, dovrebberoessere la regola. E i professori (o le professoresse) che attuano il “modello Brillante” non devonoaspettarsi chissà quale riconoscimento, se non l’eterna gratitudine dei propri studenti, in quantotutto questo fa parte del loro lavoro.

Perché ci piace la musica?

di Domenico Valenti

Perché la musica ci piace così tanto? Cosa è in essa che affascina e coinvolge in manieratravolgente? Cosa sono quei brividi che quasi sicuramente ognuno di noi avrà percepito ascoltandole sue canzoni preferite? Queste sono domande che da millenni l'uomo si pone, e alle quali forse,ora può rispondere. Ma fermiamoci un attimo, mettiamo da parte solo per un secondo questi quesitie cerchiamo di procedere con ordine.Le origini della musica sono quasi impossibili da rintracciare. Molti scienziati, fra i quali CharlesDarwin, ipotizzarono che la sua nascita fosse antecedente o al limite coincidente con quella dellinguaggio. Si teorizza che l'uomo primitivo facesse uso della musica per comunicare coi simili, pertrasmettere ciò che coi gesti era impossibile trasmettere. Più in là comprenderà che è più facilealternare suoni diversi piuttosto che modularne il tono. Ma non abbonderà questa pratica. Bisogneràaspettare, almeno per quanto ne sappiamo fino ad ora, le popolazioni Mesopotamiche perché nascala figura del "musicista". Sono state infatti rinvenute numerose statuette che ritraevano uomininell'atto di suonare uno strumento. Si ipotizza che fra quei popoli la musica fosse utilizzata in ritipropiziatori o danze in onore delle divinità. Il "salto di qualità" si avrà quasi 2500 anni doponientepopodimeno che in Grecia, culla della filosofia, della democrazia, della scienza. Fra tutti queipensatori e crani immensi, uno in particolare si soffermò sulla musica e sulle sue proprietà:Pitagora. A lui si devono il concetto di “armonia”, la giustapposizione di più suoni che stanno beneinsieme, e le scale che tuttora sono alla base del modo occidentale di fare musica. È in questa terrache la musica diventa una vera e propria arte, anche se solo d'accompagnamento. Come bensapranno, difatti, gli studenti di I Liceo Classico, i primi poeti della Grecia furono "Lirici". Le loropoesie erano accompagnate da una parte musicale ed alcune erano persino danzate. Non è di per sé,la musica, ancora un'arte propria, ma è in una certa maniera l'arte per eccellenza. La parola"musica" deriva infatti dal greco "µουσική" (“musichè”), che si può tradurre come "Arte delleMuse", cioè l'arte di coloro che sono le divinizzazioni delle arti stesse.Di qui a diventare l'arte che tutti conosciamo "poco" ci manca. Il patrimonio culturale prodotto daPitagora e seguaci non viene perduto, e da arte accompagnatrice, diventa verso la metà delMedioevo arte a sé stante, anche se sempre unita ad una voce cantante, con la differenza che ora è lamusica che fa da padrona e non le parole. Ma il motivo per il quale tale pratica sia rimasta cosìradicata nell'uomo da essere presente in ogni parte del mondo, in ogni cultura, in ogni periodostorico, sfugge. Per il poeta Giacomo Leopardi "Le altre arti imitano ed esprimono la natura da cuisi trae il sentimento, ma la musica non imita e non esprime che lo stesso sentimento in persona,ch'ella trae da se stessa e non dalla natura, e così l'uditore, ed è per questo che di tutte le belle arti èquella che più agisce sull'anima. Le altre la dirigono verso l'una o l'altra idea, mentre questa sola sidirige alla sorgente del sentimento. La parola, come i segni e le immagini della pittura e sculturahanno una significazione determinata e finita e non hanno tanta forza da esprimere il vago el'infinito del sentimento". Secondo gli scienziati, dopo numerosi studi, si è arrivati alla conclusioneche durante l'ascolto di una musica piacevole, il cervello produce dopamina, neurotrasmettitoreendogeno che dà la sensazione di benessere, lo stesso che viene secreto dopo una ricca mangiata odurante un rapporto sessuale. La dopamina ha il fine di indicare all'individuo il compimento di ungesto utile alla sopravvivenza della specie, manifestandosi attraverso il senso di appagamento. Perchi si occupa di scienze della vita, la musica, dopo questa scoperta, diventa un vero e propriorompicapo. Se le altre attività che provocano la produzione di dopamina sono, biologicamenteparlando, giustificabili (mangiamo per sopravvivere, facciamo sesso per procreare etc.) la musicanon sembra avere alcun peso nella selezione evoluzionistica. A che cosa ci serve? Su questo siinterrogano ora biologi, scienziati e psicologi. Qual è la vera funzione e il vero significato dellamusica, che da millenni ascoltiamo e che ancora oggi non comprendiamo pienamente?

Gli albori di una lottadi Edoardo Lombardi

Nell’ultimo mese, molte parole sono state spese per raccontare gli avvenimenti che hannocoinvolto, coinvolgono e coinvolgeranno i popoli di Israele e Palestina: ondate di informatori sisono gettati a capofitto nel più grande disastro della politica internazionale dal 1946 in poi, consguardi obiettivi o meno. Premesso questo, vorrei invece spiegare qui ciò che ha preceduto non soloi fatti odierni, ma anche quelli che vennero prima dell’anno di fondazione dello stato di Israele(1948), una storia poco nota nei dettagli come nel suo complesso e che cercherò di riassumere.

La prima data significativa per comprendere la storia delconflitto, è il 1890: anno in cui venne coniato il termine Sionismo,l’anno in cui nacque de facto la questione dello stato ebraico. Lascelta del nome e il movimento che ne scaturì si devonointeramente (o quasi, il termine in sé venne creato da NathanBirnbaum, uno scrittore ebreo austriaco) a Theodor Herzl,giornalista ungherese e fondatore del movimento. Quest’ultimovenne fondato a seguito di un caso esploso a Parigi nel 1894, cherisvegliò un sopito antisemitismo europeo: il caso Dreyfus, unoscandalo militare e politico che coinvolse un ufficialedell’esercito francese ebreo (Alfred Dreyfus, appunto), accusato ditradimento. L’intero caso sconvolse la comunità internazionale edebbe ripercussioni enormi sul piano politico e sociale, inoltre,data la evidente mancanza di prove a sostegno del tradimento,seguita da un'ingiusta condanna ai lavori forzati per l’ufficiale,rappresenta un esempio lampante di come fosse vivo ilrisentimento antisemita in Europa prima dell’avvento di un secoloparticolarmente segnato dall’odio.

L’Affare Dreyfus rappresentò per Herzl la conferma dellanecessità di uno stato ebraico, in cui poter fuggire dall’antisemitismo dilagante: la scelta delterritorio su cui tale stato doveva sorgere rappresentò un ulteriore problema, dato che, ritenendo laPalestina il luogo più ovvio, essa apparteneva nel’800 all’Impero Ottomano e successivamente allaI guerra mondiale ad un mandato britannico. Ciononostante, il Movimento Sionista invitò i suoimembri a trasferirsi nella Terra promessa e dal 1897 al 1918 l’immigrazione di ebrei verso laPalestina aumentò vertiginosamente.Alla base della creazione dello stato vi era però un ultimo dettaglio, storicamente irrilevante ma cheavrebbe comportato conseguenze pesantissime: la questione prima accennata della “Terrapromessa”. Sono parole che vanno ben oltre le soglie del 1890, tanto che sconfinano al di làdell’anno 0, perché sono parole espresse dalla Genesi fino all’Esodo e che si mostrano in ogni testoreligioso che abbia come antecedente la Torah: senza dilungarmi troppo, non c’è bisogno di ungenio per capire che è inammissibile basare la scelta di un luogo su cui far sorgere uno stato i cuiconfini si estendono dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate [Genesi 18-20], conrettifiche che estenderebbero ulteriormente il territorio [Esodo 23-31].

Queste sono le fondamenta di una serie di conflitti che, per giuste ragioni o meno (lascio a voi ilgiudizio), stanno alimentando una lotta che non può concedere che un solo vincitore.

Theodore Herzl: fondatoredel movimento sionista

Savoia

Cronaca di un’assemblea straordinaria

ANNO 6 NUMERO SPECIALE - NOVEMBRE 2012

Salute a voi scuole della provincia di Pistoia!

Noi siamo il Savoiardo, il giornalino del Liceo Scientifico di Pistoia e con questa edizione speciale vorremmo raccontarvi di quella meravigliosa ispirazione che sabato 24 Novembre ha riunito ragazzi di tutte le scuole della nostra provincia nel par-

co di Monteoliveto.

Ecco le tre cose che dovete assolutamente sapere sull'assemblea straordinaria:

É stata una libera riunione di studenti, niente sigle, bandiere o colori politici.

L'obiettivo principale era quello di informarci e riflettere.

Siamo finalmente riusciti a muoverci in modo compatto come studenti pistoiesi

(e intendiamo continuare così).

In una giornata di scioperi, manifestazioni e cortei è stata intrapresa una strada diversa: quella dell'assemblea. Questa decisione è nata dalla necessità di trattare in modo più approfondito non solo i contenuti della legge Ex-Aprea, ma anche tutte quelle problematiche delle scuole della nostra provincia. Oltre a questo, sentivamo il bisogno di prendere le distan-ze da quell'immagine di “studenti pecoroni” che camminano in corteo e fanno scena muta quando qualcuno chiede loro il

perché.

Ma come è nata l'idea dell'assemblea straordinaria?

-con Damiano Nesi, Liceo Forteguerri-Vannucci

Dopo il corteo del 14 avevo notato tra i miei compagni di scuola una buona dose di disinformazione. Il progetto iniziale prevedeva un'assemblea del Forteguerri per parlare dei tagli e di eventuali azioni da intraprendere. Poi, discutendo, ci siamo resi conto che dopo le proteste contro la Riforma Gelmini non si era più avuta un'azione unitaria degli studenti. Abbiamo subito preso contatto con i rappresentanti del Pacini e nel giro di pochi giorni molti altri rappresentanti d'istituto ci hanno contattato spontaneamente. Il passo successivo è stato riunirci per organizzare le attività di questa mattina e chiedere l'autorizzazione in Questura. Oggi qui abbiamo: I.T.S. Aldo Capitini, il Liceo Scientifico Amedeo di Savoia, l'Isti-tuto Einaudi, l'Istituto Filippo Pacini, I.T.S. Fedi, il Liceo Artistico Petrocchi, l'Istituto Pacinotti e il Liceo Forteguerri-Vannucci, ovviamente. Come potete capire una partecipazione così vasta porta molti problemi logistici ma rappresenta

anche un ottimo punto di partenza.

Potresti cercare di spiegare in breve i motivi della contestazione?

-con Michelangelo Tesi, Liceo Scientifico Amedeo di Savoia Duca d'Aosta

Prima di tutto c'è la questione dei tagli ai fondi per la pubblica istruzione, che dalla Gelmini a Profumo continuano a met-tere a dura prova le nostre scuole. I soldi scarseggiano e dunque si è pensato bene di permettere alle scuole di accettare finanziamenti privati. Ma è chiaro che questo renderà assai più difficile la parità e l'uguaglianza tra istituti, aprendo una voragine di discriminazione economica destinata a compromettere il diritto allo studio di ciascun singolo individuo; ci sa-ranno scuole che riceveranno più denaro, altre che ne riceveranno meno, altre ancora che non ne riceveranno affatto. Ed è probabile che i finanziatori vorranno che le scuole prescelte preparino e convoglino i propri studenti verso il loro setto-re, trasformando lo studente da individuo da formare culturalmente, a futuro lavoratore da ottimizzare. Altra problemati-ca è la comparsa di una valutazione univoca e massificata; le cosiddette prove Invalsi ad esempio. Inoltre il Consiglio d'I-stituto sarà trasformato in Consiglio d'Autonomia, con un consistente ridimensionamento del numero di rappresentanti degli studenti, da quattro a uno, e anche delle rappresentanze dei docenti e dei genitori, ammettendo in consiglio anche i privati finanziatori, il tutto a totale discrezione dei presidi. E come se non bastasse siamo ridotti a congelare nelle aule

e a non avere di che pulirsi quando andiamo in bagno.

Ti ritieni soddisfatta della risposta degli studenti a questa iniziativa?

-con Veronica Rivetti, Liceo Forteguerri-Vannucci

Direi che rispetto ad altri contesti siamo migliorati come numero di presenze, ma tuttavia la partecipazione resta passiva, confrontandoci con gli anni passati la sensibilizzazione dei ragazzi è sempre minore. C'è stato un po' di caos, l'organizzazio-ne pensata in origine, cioè la suddivisione in quattro gruppi più piccoli e gestibili, si è ben presto trasformata in un unico

disordinato gruppo. Ma siamo comunque riusciti nel proposito di questa assemblea: formazione ed informazione!

A tutti i ragazzi che hanno partecipato è stato dato un pezzo di carta per rispondere all’annosa domanda: cos'è per te ma-nifestare? Tra i centinaia di foglietti ne abbiamo scelto uno, scritto da un anonimo studente pistoiese che esprime in ma-

niera semplice un sentimento comune:

Dopo tre ore passate a infreddolirci, e quindi di conseguenza a discutere più o meno animosamente tra di noi per scaldar-ci, ci siamo domandati se quello che avevamo fatto avesse un senso. Ebbene ci siamo risposti assolutamente si! Perché era tanto che Pistoia non vedeva così tanti giovani sconosciuti tra di loro e provenienti veramente da realtà diverse, discutere insieme su come mostrare al mondo che quello che ci sta piovendo addosso non ci sta affatto bene e che non siamo dispo-sti ad accettarlo senza reagire. E vi confessiamo che è stata un’emozione rendersi conto che, persino quelli che di solito si tengono ben lontani da qualsiasi forma di manifestazione, sabato si sono accorti di quanto fosse importante anche sempli-

cemente ESSERCI!

A coloro che sono rimasti a poltrire, giustificando quelli che ci definisco una generazione di sonnacchiosi bamboccioni, un clamoroso “buuuh” mentre un gigantesco “clapclap” va a tutti gli studenti che hanno compiuto il titanico sforzo di saluta-

re le coperte e venire ad impantanarsi in Monteoliveto per un futuro migliore!

Lo Spirito del Savoiardo

“Manifestare vuol dire avere una voce sola, provare ad essere

tutti insieme più grandi e farci valere in questa società che

non ci ascolta!”.

Facciamoci animo giovani! Che questo giorno glorioso si ripeta, ci auguriamo una partecipazione esagerata

e compatta alle prossime attività studentesche, la rinascita è iniziata!