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L'uccello blu - un incanto in dodici quadri

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È la notte della vigilia di Natale e il piccolo Tyltyl riceve la visita inaspettata della fata Beriluna. «Mi serve l’uccello blu, è per la mia bimba malata che vorrebbe essere felice» gli dice la donna. Ha così inizio il meraviglioso viaggio del nostro eroe alla ricerca della felicità, tra colpi di scena, paesi incantati e personaggi fantastici.

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Maurice Maeterlinck

L’uccello blu un incanto in sei atti e dodici quadri

Analisi a cura di Marcella Anderini

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Titolo originale dell’opera: L'oiseau bleu: féerie en six actes et douze tableaux Testo © 1908 Maurice Maeterlinck Traduzione dal francese: Chagall

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Questa traduzione fa riferimento agli eBook pubblicati gratui-tamente dal sito The Project Gutenberg e corrispondenti ai se-guenti dati: Titolo: L'oiseau bleu: féerie en six actes et douze tableaux Autore: Maurice Maeterlinck Data di pubblicazione: 12 febbraio 2012 eBook #38849 Lingua: francese Titolo: The blue bird: a fairy play in six acts Autore: Maurice Maeterlinck Data di pubblicazione: Agosto 2005 eBook #8606 Lingua: inglese

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Maurice Maeterlinck

L’uccello blu un incanto in sei atti e dodici quadri

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Rappresentato per la prima volta al Teatro Artistico di Mosca il 30 settembre 1908 e a Parigi sulla scena del Théâtre Réjane il 2 marzo 1911.

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Nota del traduttore inglese

Un nuovo atto appare per la prima volta in questa edizione ed è inserito come Atto Quarto con il titolo Il giardino delle felicità.

Fu scritto espressamente per la ripresa natalizia de L’uccello blu presso il Haymarket Theatre di Londra, dove sostituì la scena La foresta dell’Atto Terzo.

Nella versione stampata, tuttavia, la scena La foresta venne mantenuta e in questa e in tutte le successive edizioni la com-media si compone di sei atti invece che cinque. Alexander Teixeira De Mattos, Chelsea, 14 November, 1910

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Nota del traduttore

L’eBook in lingua inglese presenta alcune differenze che vanno al di là di un’ordinaria traduzione.

Le prime due scene del quarto atto sono spostate all’inizio del quinto.

Sono inoltre presenti stralci di dialogo diversi che ho riporta-to nelle note conclusive.

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Indice

Atto Primo Scena prima: La capanna del boscaiolo Atto Secondo Scena prima: A casa della fata Scena seconda: Il paese dei ricordi Atto Terzo Scena prima: Il palazzo della notte Scena seconda: La foresta Atto Quarto Scena prima: Davanti al sipario Scena seconda: Il cimitero Scena terza: Davanti al sipario Scena quarta: Il giardino delle felicità Atto Quinto Scena prima: Il reame dell’avvenire Atto Sesto Scena prima: L’addio Scena seconda: Il risveglio

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Indice della traduzione inglese

Atto Primo Scena prima: La capanna del boscaiolo Atto Secondo Scena prima: A casa della fata Scena seconda: Il paese dei ricordi Atto Terzo Scene prima: Il palazzo della notte Scena seconda: La foresta Atto Quarto Scena prima: Davanti al sipario Scena seconda: Il palazzo delle felicità Atto Quinto Scena prima: Davanti al sipario Scena seconda: Il cimitero Scena terza: Il reame dell’avvenire Atto Sesto Scena Prima: L’addio Scena seconda: Il risveglio

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Personaggi principali

TYLTYL Il nostro piccolo eroe. MYTYL La spalla di Tyltyl. FATA BERILUNA Una fata impertinente. LUCE La guida nelle tenebre. CANE Il migliore amico dell’Uomo. GATTA Una cattiva con i baffi. PANE L’eterno indeciso. FUOCO Un carattere fumantino. ACQUA Una gran piagnucolona. NONNO TYL Il nonno di Tyltyl e Mytyl. NONNA TYL La nonna di Tyltyl e Mytyl. NOTTE La misteriosa regina delle tenebre. TEMPO Un vecchio preciso e brontolone. MAMMA TYL La mamma di Tyltyl e Mytyl. PAPÀ TYL Il papà di Tyltyl e Mytyl VICINA Una mamma preoccupata. BAMBINA Una piccola alla ricerca di un po’ di felicità.

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Costumi

TYLTYL costume di Pollicino nelle fiabe di Perrault: pantalon-cini rossi vermigli, corta giacchetta blu tenue, calze bianche, scarpe o stivali di cuoio fulvo. MYTYL costume di Gretel nella fiaba Hänsel e Gretel o di Cap-puccetto Rosso. LUCE abito “color della luna” della fiaba Pelle d’asino1. Oro chiaro con riflessi d’argento, veli scintillanti che formano raggi, etc. Stile neogreco o anglo-greco alla Walter Crane2, o, più o meno in stile Impero – vita alta, braccia nude, etc. Pettinatura: sorta di diadema o corona leggera. FATA BERILUNA, VICINA BERLINGOT costume classico delle povere nelle fiabe. È possibile sopprimere al primo atto la trasformazione della Fata in principessa. PAPÀ TYL, MAMMA TYL, NONNO TYL, NONNA TYL co-stumi tradizionali dei boscaioli e dei contadini tedeschi nelle fiabe dei fratelli Grimm. FRATELLI E SORELLE DI TYLTYL varianti del costume di Pollicino. TEMPO costume classico del Tempo: ampio mantello nero o blu scuro, barba bianca fluttuante, falce, clessidra.

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AMORE MATERNO costume simile a quello di Luce, ovvero, veli leggeri e quasi trasparenti come quelli delle statue greche, bianchi quanto possibile. Perle e pietre preziose a piacimento, purché non infrangano l’armonia pura e candida dell’insieme. GRANDI GIOIE come scritto nel testo, abiti luminosi dalle sot-tili e soavi sfumature: risveglio di rose, sorriso d’acqua, rosa d’ambra, azzurro aurora, etc. FELICITÀ DELLA CASA abiti di diversi colori, o volendo, co-stumi di contadini, pastori, boscaioli, etc., ma idealizzati e inter-pretati in chiave fatata. GROSSE FELICITÀ prima della trasformazione: ampi e pesanti mantelli di broccato rosso e giallo, gioielli enormi e grossi, etc. Dopo la trasformazione: maglie caffè o cioccolata, che diano l’impressione di marionette. NOTTE ampi vestiti neri misteriosamente costellati, a riflessi bronzei. Veli, papaveri scuri, etc. FIGLIA DELLA VICINA capigliatura bionda e luminosa, lunga veste bianca. CANE tonaca rossa, calzoni bianchi, stivali verniciati, cappello cerato; costume che ricorda più o meno quello di John Bull.3 GATTA maglia di seta nera a paillettes.4 N.B. È opportuno che le teste di questi due personaggi siano di-scretamente animalesche.

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PANE sontuoso costume da pascià. Ampio abito di seta o di vel-luto cremisi, ricamato d’oro. Grande turbante, scimitarra. Ven-tre enorme, faccia rossa ed estremamente paffuta. ZUCCHERO abito di seta, simile a quello degli eunuchi, metà bianco e metà blu per ricordare la carta d’imballaggio del pan di zucchero. Acconciatura dei guardiani dei serragli degli harem a-rabi. FUOCO maglia rossa, mantello vermiglio con riflessi cangianti, foderato d’oro. Aigrette di fiamme multicolori. ACQUA abito “colore del tempo” della fiaba Pelle d’asino. Blua-stro o glauco, dai riflessi trasparenti, effetti di garza grondante, egualmente in stile neogreco o anglo-greco, ma più ampio, più fluttuante. Pettinatura di fiori e alghe o di canne acquatiche. ANIMALI costumi popolari o campagnoli. ALBERI abiti nelle varie sfumature del verde o della tinta dei tronchi degli alberi. Accessori: foglie o rami che li facciano rico-noscere.

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Atto Primo

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Scena Prima La capanna del boscaiolo

Il teatro rappresenta l’interno della capanna di un boscaiolo, semplice, rustica, ma affatto miserabile – caminetto a mattoni dove si assopisce un fuoco di ceppi. Utensili da cucina, armadio, madia, orologio a pen-dolo, arcolaio, pompa dell’acqua, etc. – su una tavola, una lampada accesa. Ai piedi dell’armadio, a ciascun lato dello stesso, addormentati, raggomitolati, il naso sulla coda, un cane e una gatta – fra di loro, un gran pan di zucchero bianco e blu. Appesa al muro, una gabbia circola-re che trattiene una tortorella. In fondo, due finestre le cui imposte in-terne sono chiuse – sotto una delle finestre uno sgabello. A sinistra, la porta di entrata della casa, munita di un grosso lucchetto. A destra, un’altra porta – scala conducente al granaio. Sempre a destra, due pic-coli letti da bambini, al capezzale dei quali, su due sedie, dei vestiti so-no meticolosamente piegati.

All’alzata del sipario, Tyltyl e Mytyl sono profondamente addormen-tati nei loro lettini. Mamma Tyl li rimbocca un’ultima volta, si piega su di loro, contempla un momento il loro sonno e chiama con la mano Pa-pà Tyl, che sbircia dalla porta. Mamma Tyl porta un dito alle labbra per comandargli silenzio, poi esce a destra in punta di piedi, dopo aver spento la lampada. La scena resta oscura un istante, poi una luce la cui intensità aumenta poco a poco filtra attraverso le fessure delle imposte. La lampada sul tavolo si riaccende da sola. I due bambini sembrano svegliarsi e si mettono seduti.

TYLTYL Mytyl? MYTYL Tyltyl? TYLTYL Dormi?

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MYTYL E tu? TYLTYL Ma no, non dormo, dato che ti parlo. MYTYL Dici sia Natale? TYLTYL Non ancora, domani. Ma il Bambino Gesù non ci por-terà nulla quest’anno. MYTYL Perché? TYLTYL Ho sentito mamma dire che non è potuta andare in città per avvertirlo… Ma verrà il prossimo anno. MYTYL È lungo, l’anno prossimo? TYLTYL Non è troppo corto. Ma viene quest’anno a casa dei bambini ricchi. MYTYL Ah? TYLTYL Toh! Mamma ha dimenticato la lampada! Ho un’idea. MYTYL ? TYLTYL Alziamoci. MYTYL È vietato. TYLTYL Dato che non c’è nessuno Vedi le imposte? MYTYL Oh! Come brillano! TYLTYL Sono le luci della festa. MYTYL Quale festa? TYLTYL Qui di fronte, a casa dei piccoli ricchi. È l’albero di Natale. Andiamo ad aprirle. MYTYL Possiamo? TYLTYL Certo, dato che siamo soli. Senti la musica? Alziamoci. (I due bambini si alzano, corrono a una delle finestre, montano sullo sgabello e spingono le imposte. Una luce intensa penetra nella stanza. I bambini guardano avidamente all’esterno.) TYLTYL Oh, guarda! MYTYL (Che trova solo uno spazio instabile sullo sgabello.) Io non ci vedo. TYLTYL Nevica! Ecco due carrozze a sei cavalli! MYTYL Ne escono dodici ragazzini!

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TYLTYL Stupida! Sono ragazzine. MYTYL Hanno i pantaloni. TYLTYL Che ne sai tu? Non mi spingere così! MYTYL Non ti ho toccato. TYLTYL (Che occupa da solo tutto lo sgabello.) Prendi tutto il po-sto. MYTYL Ma non ho proprio posto! TYLTYL E taci! Vediamo l’albero. MYTYL Quale albero? TYLTYL Ma l’albero di Natale! Tu guardi il muro! MYTYL Guardo il muro perché non ho posto. TYLTYL (Cedendole uno piccolo spazio sullo sgabello.) Là! Ne hai abbastanza? Stai meglio di me! Quante luci ci sono! Quante luci ci sono! MYTYL Cosa combinano quelli che fanno tanto rumore? TYLTYL Suonano. MYTYL Sono arrabbiati? TYLTYL No, ma è faticoso. MYTYL Ancora una carrozza trainata da cavalli bianchi! TYLTYL Guarda e taci! MYTYL Cosa pende là, in oro, dai rami? TYLTYL Ma i giocattoli, perbacco! Sciabole, fucili, soldatini, cannoni. MYTYL E di bambole, di’, ne hanno messe? TYLTYL Bambole? È troppo stupido, non li diverte. MYTYL E attorno alla tavola, cos’è tutta quella roba? TYLTYL Sono torte, frutti, pasticcini alla crema. MYTYL Ne ho mangiati una volta, quando ero piccola. TYLTYL Anch’io; sono meglio del pane, ma ne ebbi troppo po-chi. MYTYL Loro non ne hanno troppo pochi. La loro tavola è pie-na! Li mangeranno?

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TYLTYL Naturalmente, che dovrebbero farsene? MYTYL Perché non li mangiano subito? TYLTYL Perché non hanno fame. MYTYL (Stupefatta.) Non hanno fame? Perché? TYLTYL Mangiano quando vogliono. MYTYL (Incredula.) Tutti i giorni? TYLTYL Così si dice. MYTYL Mangiano tutto? Ne darebbero agli altri? TYLTYL A chi? MYTYL A noi. TYLTYL Non ci conoscono. MYTYL Ma se glielo chiedessimo? TYLTYL Non si fa. MYTYL Perché? TYLTYL È vietato. MYTYL (Battendo le mani.) Oh! Come sono graziosi! TYLTYL (Pieno di entusiasmo.) E ridono, e ridono! MYTYL E i piccoli che ballano! TYLTYL Sì, sì, balliamo anche noi! (Fremono di gioia sullo sgabello.) MYTYL Oh! Com’è divertente! TYLTYL Servono i dolci! Possono toccarli! Mangiano! Mangia-no! Mangiano! MYTYL Anche ai più piccoli! Ne prendono uno, due, tre, quat-tro! TYLTYL (Ebbro di gioia.) Oh, che buono! Com’è buono, com’è buono! MYTYL (Contando i dolci immaginari.) Io ne ho ricevuti dodici. TYLTYL E io quattro volte dodici! Ma te ne darò. (Bussano alla porta della capanna. Improvvisamente calmo e spaventato.) Cos’è? MYTYL (Spaventata.) È papà. (Come si attardano ad aprire, si vede il grande chiavistello alzarsi da

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solo, cigolando. La porta si schiude permettendo il passaggio a una pic-cola vecchia vestita di verde con un cappuccio rosso sul capo. È gobba, zoppa, guercia; con il naso e la bocca che si toccano, cammina curva su un bastone. È senza dubbi una fata.) FATA Avete qui l’Erba che Canta o l’Uccello che è Blu? TYLTYL Abbiamo l’erba, ma non canta. MYTYL Tyltyl ha un uccello. TYLTYL Ma non posso regalarlo. FATA Perché? TYLTYL Perché è mio. FATA È una ragione, certo. Dov’è, questo uccello? TYLTYL (Mostrando la gabbia.) Nella gabbia. FATA (Mettendo il pince nez per esaminare l’uccello.) Non lo voglio, non è blu a sufficienza. Bisognerà andiate a cercare quello di cui ho bisogno. TYLTYL Ma non so dov’è. FATA Nemmeno io. Per questo bisogna cercarlo. Posso, mal che vada, fare a meno dell’Erba che Canta; ma mi serve assoluta-mente l’Uccello Blu. È per la mia bambina, che è molto malata. TYLTYL Cos’ha? FATA Non si sa esattamente, vorrebbe essere felice. TYLTYL Ah? FATA Sapete chi sono? TYLTYL Assomigliate un po’ alla nostra vicina, la signora Ber-lingot. FATA (Arrabbiandosi repentinamente.) In alcun modo! Non c’è al-cun rapporto! È abominevole! Io sono la Fata Beriluna! TYLTYL Ah! Benissimo. FATA Bisognerà che partiate immediatamente. TYLTYL Verrete con noi? FATA È assolutamente impossibile a causa della zuppa che ho messo sul fuoco questa mattina e che si affretta a traboccare ogni

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volta che mi assento per più di un’ora. (Mostrando in successione il soffitto, il camino e la finestra.) Volete uscire da qui, là o là? TYLTYL (Indicando timidamente la porta.) Preferirei uscire di là. FATA (Arrabbiandosi ancora repentinamente.) È assolutamente im-possibile! Ed è un’abitudine rivoltante! (Indicando la finestra.) U-sciremo di là… Ebbene! Cosa aspettate? Vestitevi immediata-mente! (I bambini obbediscono e si vestono rapidamente.) Aiuterò Mytyl. TYLTYL Noi non abbiamo le scarpe. FATA Non ha importanza. Vi darò un cappellino meraviglioso. Dove sono i vostri genitori? TYLTYL (Mostrando la porta sulla destra.) Sono là, dormono. FATA E il vostro nonno e la vostra nonna? TYLTYL Sono morti. FATA E i vostri fratellini e le vostre sorelline? Ne avete? TYLTYL Sì, sì; tre fratellini. MYTYL E quattro sorelle. FATA Dove sono? TYLTYL Sono morti anche loro. LA FATA Vorreste rivederli? TYLTYL Oh, sì! Subito! Mostrali! FATA Non li ho in tasca! Ma cade a meraviglia. Li rivedrete pas-sando per il Paese dei Ricordi. È sulla strada per l’Uccello Blu. Subito a sinistra, dopo il terzo incrocio. Cosa facevate quando ho bussato? TYLTYL Giocavamo a mangiare dolci. FATA Avete dei dolci? Dove sono? TYLTYL Nel palazzo dei bambini ricchi. Venite a vedere, è così bello. (Trascina la Fata alla finestra.) FATA (Alla finestra.) Ma sono gli altri che li mangiano! TYLTYL Sì, ma dato che si vede tutto. FATA E non sei arrabbiato con loro?

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TYLTYL Perché? FATA Perché mangiano tutto. Trovo abbiano un gran torto a non dartene. TYLTYL Ma no, dato che sono ricchi! Dite? Non è bella casa lo-ro? FATA Non è più bella di casa tua. TYLTYL Ohè! Casa nostra è più scura, più piccola, senza dolci. FATA È assolutamente la stessa cosa, è che tu non vedi. TYLTYL Ma sì, io vedo benissimo e ho occhi buonissimi. Leggo l’ora sull’orologio della chiesa che papà non vede. FATA (Arrabbiandosi repentinamente.) Ti dico che non vedi! Co-me ti sembro allora? Come sono fatta? (Silenzio imbarazzato di Tyltyl.) Ebbene, rispondi? Cosa ne so se tu vedi? Sono bella o brutta? (Silenzio sempre più imbarazzato.) Non vuoi rispondere? Sono giovane o vecchia? Sono rosa o gialla? Potrei avere una gobba? TYLTYL (Conciliante.) No, no, non è grande. FATA Ma sì, dalla tua aria, si crederebbe enorme. Ho il naso adunco e l’occhio sinistro bucato? TYLTYL No, no, non dico… Cosa l’ha bucato? FATA (Sempre più irritata.) Ma non è bucato! Insolente! Misera-bile! È più bello dell’altro; più grande, più chiaro, ed è blu come il cielo. E i miei capelli, vedi? Sono biondi come il grano. Oro puro, si direbbe! E ne ho così tanti che la testa mi pesa. Scappa-no dappertutto. Li vedi nelle mie mani? (Mostra due magri ciuffi di capelli grigi.) TYLTYL Sì, ne vedo qualcuno. FATA (Indignata.) Qualcuno! Covoni! Bracciate! Ciuffi! Onde d’oro! So bene che della gente dice di non vederne affatto, ma tu non sei uno di quei ciechi malvagi, suppongo? TYLTYL No, no. Vedo benissimo tutti quelli che non si na-scondono.

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FATA Ma bisogna vedere gli altri con la stessa audacia. Sono ben curiosi, gli uomini! Dalla morte delle fate, non vedono più nulla e non dubitano mai. Fortunatamente, ho sempre con me tutto ciò che serve per riaccendere gli occhi spenti. Cosa estrarrò dal mio sacco? TYLTYL Oh! Che grazioso cappellino verde! Cosa brilla così sul-la coccarda? FATA È il grosso Diamante che fa vedere. TYLTYL Ah? FATA Sì; quando si ha il cappello sulla testa, si ruota un po’ il Diamante: da destra a sinistra, per esempio… Ecco, in questo modo, vedi? Preme allora su un bernoccolo della testa che nes-suno conosce, e che apre gli occhi. TYLTYL Non fa male? FATA Al contrario, è fatato. Si vede all’istante anche ciò che si trova nelle cose: l’anima del pane, del vino, del pepe; per esem-pio. MYTYL Si vede anche l’anima dello zucchero? FATA (Repentinamente arrabbiata.) Va da sé! Non amo le do-mande inutili! L’anima dello zucchero non è più interessante di quella del pepe. Ecco, vi regalo ciò che possiedo per aiutarvi nel-la ricerca dell’Uccello Blu. So bene che l’anello che rende invisi-bili e il tappeto volante vi sarebbero più utili, ma ho perduto la chiave dell’armadio in cui li ho chiusi. Ah! Dimenticavo. (Mo-strando il Diamante.) Quando lo tieni così, vedi? Un piccolo giro in più, e si rivede il passato. Ancora un piccolo giro, e si vede il Futuro. È curioso, pratico e non fa rumore. TYLTYL Papà me lo prenderà. FATA Non lo vedrà; nessuno può vederlo, finché è su di una te-sta. Vuoi provarlo? (Mette il cappellino verde a Tyltyl.) Ora, ruota il Diamante. Un giro e poi… (Tyltyl non fa tempo a ruotare il Diamante, che un cambiamento subi-

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taneo e prodigioso si opera in tutte le cose. La vecchia Fata è di colpo una principessa meravigliosa. Le pietre con cui sono fabbricati i muri della capanna s’illuminano, inazzurriscono come zaffiri, cristallizzano, scintillano, abbagliano come le gemme più preziose. La povera mobilia si anima e risplende; la tavola di legno chiaro si fa così grave e nobile da sembrare di marmo. Il quadrante dell’orologio strizza l’occhio e sorride con amenità, mentre la porta dietro cui dondola il pendolo si schiude lasciando scappare le Ore, che, tenendosi per mano e scoppiando a ride-re, si mettono a danzare al suono di una musica deliziosa.) TYLTYL (Sbigottito, mostrando le Ore.) Perché ci sono tutte queste belle dame? FATA Non avere paura, sono le ore della tua vita, felici di essere libere e visibili un istante. TYLTYL E perché i muri sono così luminosi? Sono fatti di zuc-chero o di pietre preziose? FATA Tutte le pietre sono eguali, tutte le pietre sono preziose: ma l’uomo non ne vede che qualcuna. (Mentre parlano, l’incanto continua e si completa. Le anime dei filon-cini di pane5, sotto forma di uomini in maglia color crosta di pane, stor-diti e spolverati di farina, si disperdono dalla madia e folleggiano attor-no al tavolo. Qui, sono raggiunti dal Fuoco, che, uscito dal focolare in maglia color zolfo e vermiglio, li insegue ridendo a più non posso.) TYLTYL Chi sono quegli uomini brutti? FATA Nulla di grave; sono le anime dei filoncini di pane che approfittano del regno della verità per uscire dalla madia, dove si trovavano stretti. TYLTYL E il grande diavolo rosso puzzolente? LA FATA Schhh! Non parlare troppo forte, è il Fuoco. Ha un brutto carattere. (Questo dialogo non ha interrotto l’incanto. Il Cane e la Gatta, raggo-mitolati ai piedi dell’armadio, gettano contemporaneamente un grande strillo, scomparendo in una botola. Al loro posto, sorgono due personaggi

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dei quali uno porta una maschera da bulldog e l’altro una testa da gat-ta. Immediatamente, l’ometto in maschera da bulldog – d’ora in avanti, Cane –, si precipita su Tyltyl, che bacia violentemente, travolgendolo di grida e impetuose carezze. Nello stesso istante, la donnina in maschera da gatta – che chiameremo più semplicemente Gatta –, si dà una pet-tinata, si lava le mani e si liscia i baffi, prima di avvicinarsi a Mytyl.) CANE (Urlando, saltando, inciampando su ogni cosa, in modo fasti-dioso.) Mio piccolo Dio! Buongiorno! Buongiorno, mio piccolo Dio! Finalmente, finalmente, possiamo parlare! Ho tante di quelle cose da dirti. Posso abbaiare e scodinzolare quanto voglio! Tu non capisci! Ma ora… Buongiorno! Buongiorno! Ti amo! Ti amo! Ti amo! Vuoi che faccia uno dei miei giochi? Vuoi che cammini sulle mani o che salti la corda? TYLTYL (A Fata.) Chi è questo signore dalla testa di cane? FATA Ma non vedi? È l’anima di Tylò che tu hai liberato. GATTA (Avvicinandosi a Mytyl e tendendole la mano, cerimoniosa, con circospezione.) Buongiorno, signorina. Come siete graziosa og-gi! MYTYL Buongiorno, signora. (A Fata.) Chi è? FATA È facile a vedersi. È l’anima di Tylette che ti tende la ma-no. Baciala. CANE (Spingendo Gatta.) Anch’io! Bacio il piccolo Dio! Bacio la bambina! Bacio tutti! Ci divertiremo! Farò paura a Tylette! Bau, bau, bau. GATTA Signore, non vi conosco. FATA (Minacciando Cane con la sua bacchetta.) Vedi di stare tran-quillo, tu; o ritornerai al Silenzio, fino alla fine dei tempi. (Nel mentre, l’incanto ha compiuto il suo corso. L’arcolaio si è messo a girare furiosamente in un angolo, filando splendidi raggi di luce. La pompa dell’acqua, nell’altro angolo, inizia a cantare con voce stridula e, trasformatasi in fontana luminosa, inonda il lavello di nappe di perle e

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smeraldi, attraverso i quali si libra l’anima dell’Acqua. Questa, nei panni di una ragazza grondante e spettinata, inizia immediatamente a lottare con il Fuoco.) TYLTYL E la dama bagnata? FATA Non siate spaventati, è l’Acqua che esce dal rubinetto. (La Brocca del Latte si capovolge, cade dalla tavola, s’infrange al suolo e dal latte versato si alza una grande forma bianca e pudibonda che sembra avere paura di tutto.) TYLTYL E la dama in camicia da notte che ha paura? FATA È il Latte che ha rotto la sua brocca. (Il Pan di Zucchero posato ai piedi della credenza cresce, si allarga e spacca la sua busta di carta, da cui esce un essere mellifluo e ipocrita, vestito con una blusa metà bianca e metà blu, che, sorridendo beata-mente, avanza verso Mytyl.) MYTYL (Con inquietudine.) Cosa vuole? FATA Ma è l’anima dello Zucchero! MYTYL (Rassicurata.) Ci sono bastoncini di zucchero6? FATA Non ha altro nelle tasche e ciascuna delle sue dita ne è uno. (La lampada cade dalla tavola e, una volta a terra, la sua fiamma si drizza e si trasforma in una vergine luminosa d’incomparabile bellezza. È vestita di lunghi veli trasparenti e abbaglianti, e rimane immobile in una sorta di estasi.) TYLTYL È la regina! MYTYL È la Santa Vergine. FATA No, bambini miei, è la Luce. (Intanto, i tegami sulle mensole girano come trottole, l’armadio sbatte le sue ante e comincia un magnifico srotolarsi di stoffe color della luna e del sole, alle quali si mescolano, non meno splendidi, stracci e cenci che discendono le scale del granaio. Ma ecco che tre colpi assai rudi vengono battuti alla porta di destra.) TYLTYL (Spaventato.) È papa! Ci ha sentito!

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FATA Ruota il Diamante! Da sinistra a destra. (Tyltyl ruota velo-cemente il Diamante.) Non così veloce! Mio Dio! È troppo tardi. L’hai girato troppo bruscamente. Non avranno il tempo di ri-prendere il loro posto e avremo un bel po’ di noie. (La Fata ridi-viene una vecchia, i muri della capanna perdono il loro splendore, le ore ritornano nell’orologio, l’arcolaio si arresta, etc. Ma nella fretta e il di-sordine generale, mentre Fuoco corre furiosamente intorno alla stanza, alla ricerca del caminetto, uno dei Panini da Quattro Libbre, che non ha potuto ritrovare posto nella madia, scoppia in singhiozzi lanciando strilli di spavento.) Cos’hai? PANE (In lacrime.) Non c’è più posto nella madia. FATA (Chinandosi sulla madia.) Ma sì, ma sì. (Spingendo gli altri panini che hanno ripreso il loro posto.) Andiamo, presto, sistemati. (Battono ancora alla porta.) PANE (Smarrito, sforzandosi vanamente di entrare nella madia.) Non c’è modo! Mi mangerà per primo! CANE (Sgambettando attorno a Tyltyl.) Mio piccolo Dio! Sono an-cora qui! Posso ancora parlare! Posso ancora baciarti! Ancora! Ancora! Ancora! FATA Come, anche tu? Sei ancora qui? CANE Che fortuna! Non sono potuto rientrare nel Silenzio; il passaggio si è chiuso troppo velocemente. GATTA Anche per me. Cosa accadrà? È pericoloso? FATA Mio Dio! Devo dirvi la verità: tutti coloro che accompa-gneranno i due bambini, moriranno alla fine del viaggio. GATTA E quelli non li accompagneranno? FATA Sopravivranno per qualche minuto. GATTA (A Cane.) Vieni, ritorniamo al Silenzio. CANE No, no! Io non voglio! Io voglio accompagnare il piccolo Dio! Voglio parlargli tutto il tempo! GATTA Imbecille! (Battono ancora alla porta.)

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PANE (Piangendo calde lacrime.) Non voglio morire alla fine del viaggio! Voglio tornare immediatamente nella mia madia! FUOCO (Che non ha cessato di percorrere la stanza lanciando fischi d’angoscia.) Non trovo più il mio caminetto! ACQUA (Che tenta vanamente di rientrare nel rubinetto.) Non pos-so più rientrare nel rubinetto! ZUCCHERO (Che si agita intorno alla sua busta di carta.) Ho rot-to la mia carta d’imballaggio! LATTE (Debole e pudibondo.) Hanno rotto la mia brocca! FATA Mio Dio, che sciocchi! Sciocchi e codardi! Preferireste dunque continuare a vivere nelle vostre brutte scatole, nelle vo-stre trappole e nei vostri rubinetti, che accompagnare i bambini che vanno a cercare l’Uccello? TUTTI (A eccezione di Cane e Luce.) Sì! Sì! Immediatamente! Il mio rubinetto! La mia madia! Il mio caminetto! La mia trappola! FATA (A Luce, che guarda sognante i cocci della sua lampada.) E tu, Luce, cosa ne dici? LUCE Io accompagnerò i bambini. CANE (Urlando di gioia.) Anch’io! Anch’io! FATA Ecco i due migliori. Del resto, è troppo tardi per tirarsi indietro; non avete più scelta, uscirete tutti con noi. Ma tu, Fuo-co, non avvicinarti a nessuno. Tu, Cane, non punzecchiare Gat-ta. E tu, Acqua, tieniti dritta e cerca di non colare dappertutto. (Dei colpi violenti ancora alla porta di destra.) TYLTYL (Ascoltando.) È ancora papà! Questa volta si alza. Lo sento camminare. FATA Usciamo dalla finestra. Verrete tutti a casa mia, dove ve-stirò convenientemente gli animali e i fenomeni. (A Pane.) Tu, Pane, prendi la gabbia nella quale metteremo l’Uccello Blu. Ne avrai la custodia. Svelti, svelti, non perdiamo tempo. (La finestra si allunga bruscamente, come una porta. Escono tutti, do-podiché la finestra riprende la sua forma originaria e si richiude come

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nulla fosse. La camera è ridiventata oscura e i due lettini sono immersi nell’ombra. La porta a destra si schiude leggermente e nello spiraglio appaiono le teste di Papà e Mamma Tyl.) PAPÀ Non era nulla. Sono i grilli che cantano. MAMMA Li vedi? PAPÀ Certamente, dormono tranquillamente. MAMMA Li sento respirare. (La porta si richiude,) Sipario.

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Atto Secondo

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Scena Prima A casa della Fata

Un magnifico vestibolo nel palazzo della Fata Beriluna. Colonne di marmo chiaro a capitelli d’oro e d’argento, scale, portici, balaustre, etc.

Da destra, sontuosamente vestiti, entrano dal fondo Gatta, Zucchero e Fuoco. Escono da un appartamento da cui provengono raggi di luce; è il guardaroba della Fata. Gatta porta un velo leggero su una maglia di seta nera, Zucchero ha indossato un abito di seta, metà bianco e metà azzurro, e Fuoco, pettinato con aigrette multicolore, un lungo mantello cremisi foderato d’oro. Attraversano tutta la sala e discendono al primo piano, a destra, dove Gatta li riunisce sotto un portico.

GATTA Per di qui. Conosco tutti gli andirivieni di questo pa-lazzo. La Fata Beriluna l’ha ereditato da Barbablu. Mentre i bambini e Luce rendono visita alla bambina della Fata, approfit-tiamo del nostro ultimo minuto di libertà. Vi ho fatti venire qui, per di parlarvi della situazione in cui ci troviamo. Siamo tutti presenti? ZUCCHERO Ecco Cane che esce dal guardaroba della Fata. FUOCO Come diavolo si è vestito? GATTA Ha preso la livrea di uno dei lacchè della carrozza di Cenerentola. E proprio quel che gli ci voleva! Ha un’anima da valletto. Ma nascondiamoci dietro la balaustra. Non me ne fido affatto. Sarà meglio che non senta quello che ho da dirvi. ZUCCHERO È inutile. Ci ha scoperti. Toh, ecco Acqua che e-sce contemporaneamente dal guardaroba. Cielo! Com’è bella! (Cane e Acqua raggiungono il primo gruppo.) CANE (Saltellando.) Ecco! Ecco! Come siamo belli! Guardate

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questi merletti, e poi questi ricami! È oro, ed è vero! GATTA (Ad Acqua.) È l’abito “colore del tempo” di Pelle d’Asino? Mi sembra di conoscerlo. ACQUA Sì, è quello che mi andava meglio. FUOCO (Tra i denti.) Ma non ha il suo ombrello. ACQUA Dite? FUOCO Nulla, nulla. ACQUA Credevo parlaste di un grosso naso rosso che ho visto l’altro giorno. GATTA Suvvia, non litighiamo, abbiamo di meglio da fare. Non manca che Pane: dov’è? CANE Non la finiva più dall’imbarazzo di scegliere il suo co-stume. FUOCO Ne vale la pena, quando si ha l’aria da idioti e la pan-cia grossa. CANE Alla fine, ha deciso per un abito turco, ornato di pietre preziose, una scimitarra e un turbante. GATTA Eccolo! Si è messo l’abito più bello di Barbablu. (Entra Pane, nel costume appena descritto. L’abito di seta è penosa-mente stretto sul suo ventre enorme. Tiene con una mano la guardia della scimitarra infilata nella cintura e con l’altra la gabbia destinata all’Uccello Blu.) PANE (Ciondolando vanitosamente.) Allora? Come mi trovate? CANE (Saltellando attorno a Pane.) Com’è bello! Com’è scemo! Com’è bello! Com’è bello! GATTA (A Pane.) I bambini sono vestiti? PANE Sì, il signor Tyltyl ha preso la veste rossa, le calze bianche e i pantaloncini blu di Pollicino; quanto alla signorina Myltyl, ha l’abito di Gretel e le scarpine di Cenerentola. Ma la grande im-presa è stata vestire Luce. GATTA Perché? PANE La Fata la trovava così bella che non voleva vestirla affat-

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to! Allora, ho protestato a nome della nostra dignità di elementi essenziali ed eminentemente rispettabili; e ho finito col dichiara-re che, nelle sue condizioni, mi rifiutavo di uscire con lei. FUOCO Bisognerà comprargli una lampada! GATTA E la Fata, cosa ti ha risposto? PANE Mi ha dato qualche colpo di bastone sulla testa e sul ven-tre. GATTA E allora? PANE Fui prontamente convinto, ma all’ultimo momento, Luce si è decisa per l’abito “color della luna” che si trovava sul fondo del baule dei tesori di Pelle d’Asino. GATTA Andiamo, abbiamo chiacchierato abbastanza, il tempo stringe. Si tratta del nostro avvenire. Lo avete sentito, la Fata lo ha appena detto, la fine di questo viaggio segnerà allo stesso tempo la fine delle nostre vite. Si tratta dunque di prolungarlo quanto possibile e con tutti i mezzi disponibili. Ma c’è ancora un’altra cosa; bisogna che pensiamo alla sorte della nostra razza e al destino dei nostri bambini. PANE Brava! Brava! Gatta ha ragione! GATTA Ascoltatemi. Tutti noi qui presenti, animali, cose ed e-lementi, possediamo un’anima che l’Uomo ancora non conosce. Per questo conserviamo un residuo d’indipendenza! Ma se tro-veranno l’Uccello Blu, sapranno tutto, vedranno tutto, e noi sa-remo completamente alla loro mercé. È quello che ho appena saputo dalla mia vecchia amica Notte, che è, allo stesso tempo, la guardiana dei misteri della Vita. È dunque nostro interesse impedire a qualsiasi prezzo che si trovi questo uccello, si dovesse arrivare a mettere in pericolo la vita stessa dei bambini. CANE (Indignato.) Cosa dice, quella là? Ripeti un po’ che senta bene di cosa si tratta. PANE Silenzio! Non vi è stata data la parola! Io presiedo l’assemblea.

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FUOCO Chi vi ha nominato presidente? ACQUA (A Fuoco.) Silenzio! Di cosa v’immischiate? FUOCO Mi immischio di quel che mi pare! Non accetto osser-vazioni da voi. ZUCCHERO (Conciliante.) Permettete? Non litighiamo. L’ora è grave. Si tratta prima di tutto d’intenderci sulle misure da pren-dere. PANE Condivido interamente l’opinione di Zucchero e Gatta. CANE Idioti! C’è l’Uomo, ecco tutto! Bisogna obbedirgli e fare tutto quello che vuole. Non c’è che questo di vero. Non conosco che lui! Viva l’Uomo! In vita, in morte, tutti per l’Uomo! L’Uomo è Dio! PANE Condivido interamente l’opinione di Cane. GATTA (A Cane.) Ma spiega le tue ragioni. CANE Non ci sono ragioni! Amo l’Uomo, questo basta! Se fare-te qualcosa contro di lui, prima vi strangolerò e poi andrò a rive-largli tutto. ZUCCHERO (Intervenendo con dolcezza.) Permettete. Calmiamo i toni. Da un certo punto di vista, avete ragione entrambi. Vi so-no i pro e i contro. PANE Condivido interamente l’opinione di Zucchero. GATTA Ditemi, non siamo tutti qui, Acqua, Fuoco, e voi stessi, Pane e Cane, vittime di una tirannia senza nome? Ricordate i tempi in cui, prima dell’arrivo del despota, erravamo liberamen-te sulla faccia della Terra? Acqua e Fuoco erano i soli padroni del mondo; e guardate cosa sono diventati! Quanto a noi, gracili discendenti delle grandi fiere… Attenzione! Fate finta di nulla. Vedo avvicinarsi la Fata e Luce. Luce ha preso le parti dell’Uomo; è la nostra peggiore nemica. Eccole. (Entrano da destra la Fata e Luce, seguite da Tyltyl e Mytyl.) FATA Ebbene? Cosa c’è? Cosa fate in questo angolo? Avete un’aria cospiratoria. È tempo di mettersi in strada. Ho appena

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deciso che Luce sarà il vostro capo. Le obbedirete tutti come a me e le consegno la mia bacchetta. I bambini visiteranno questa sera i loro nonni, che sono morti. Voi non li accompagnerete, per discrezione. Passeranno la sera nel grembo della loro fami-glia defunta. Nel frattempo, preparerete tutto il necessario per la tappa di domani, che sarà lunga. Andiamo, in piedi, in marcia e ciascuno al suo posto! GATTA (Ipocritamente.) È giusto quello che dicevo loro, signora Fata. Li esortavo ad adempiere coscienziosamente e coraggiosa-mente tutti i loro doveri. Sfortunatamente, Cane non cessava di interrompermi. CANE Cosa dice? Aspettate un po’! (Fa per saltare su Gatta, ma Tyltyl, prevedendo la sua mossa, lo arresta con un gesto minaccioso.) TYLTYL Giù, Tylô! Bada; se ti pesco ancora una sola volta… CANE Mio piccolo Dio, tu non sai, è lei che… TYLTYL (Minacciandolo.) Taci. FATA Andiamo, finitela! Che Pane, stasera, riconsegni la gabbia a Tyltyl. È possibile che l’Uccello Blu si nascondi nel Passato, a casa dei nonni. In ogni caso, è un’eventualità che conviene non trascurare. Ebbene, Pane, questa gabbia? PANE (Solenne.) Un istante, per favore, signora Fata. (Come un oratore che prende la parola.) Voi tutti, siete testimoni che questa gabbia d’argento, che mi fu affidata da… LA FATA (Interrompendolo.) Basta così! Niente prediche. Noi u-sciremo di là, mentre i bambini usciranno di qui. TYLTYL (Con inquietudine.) Usciremo tutti soli? MYTYL Io ho fame. TYLTYL Anch’io. LA FATA (A Pane.) Apri il tuo abito turco e da’ loro una fetta del tuo ventre. (Pane apre il suo abito, estrae la sua scimitarra e taglia dal suo grosso ventre due fette, che offre ai bambini.)

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ZUCCHERO (Avvicinandosi ai bambini.) Permettetemi di offrirvi anche qualche bastoncino di zucchero. (Rompe una ad una le dita della sua mano destra e le presenta loro.) MYTYL Cosa fa? Si rompe tutte le dita! ZUCCHERO (Seducente.) Gustatele, sono eccellenti! È vero zuc-chero d’orzo. MYTYL (Succhiando una delle dita.) Oh, com’è buona! Ne hai tante? ZUCCHERO (Modesto.) Ma sì, quante ne vuoi. MYTYL Ti fa male quando le rompi così? ZUCCHERO Per niente. Al contrario, è assai vantaggioso. Ri-crescono immediatamente, e in questo modo, ho sempre dita nuove e pulite. FATA Andiamo, bambini miei, non mangiate troppo zucchero. Non dimenticate che cenerete fra poco a casa dei vostri nonni. TYLTYL Sono qui? FATA Li vedrete all’istante. TYLTYL Come li vedremo, dato che sono morti? FATA Come possono essere morti se vivono nei vostri ricordi? Gli uomini non conoscono questo segreto perché sanno ben poche cose. Ma tu, grazie al Diamante, vedrai che i morti dei quali ci si ricorda, sono felici come se fossero se vivi. TYLTYL Luce viene con noi? LUCE No, è più conveniente che quest’incontro rimanga in famiglia. Aspetterò qui, per non apparire indiscreta. Non mi hanno invitata. TYLTYL Per dove bisogna andare? FATA Per di là. Siete alla soglia del Paese dei Ricordi. Non ap-pena avrai ruotato il Diamante, vedrai un grande albero munito di un cartello, dal quale capirai di essere arrivato. Ma non di-menticate che dovrete rientrare entrambi per le ventuno meno un quarto. È estremamente importante! Soprattutto, siate pun-

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tuali, poiché tutto sarebbe perduto se ritardaste. Addio. (Chia-mando Gatta, Cane, Luce etc.) Per di qui. E i piccoli per di là. (La Fata esce a destra con Luce, gli animali, etc., mentre i bambini e-scono a sinistra.) Sipario.

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Scena Seconda Il Paese dei Ricordi

Una spessa nebbia da cui emerge, a destra, in primo piano, il tronco di una grossa quercia munita di un cartello. Luce lattea, diffusa, impene-trabile.

(Tyltyl e Mytyl si trovano ai piedi della quercia.) TYLTYL Ecco l’albero. MYTYL C’è il cartello! TYLTYL Non riesco a leggere. Aspetta, monterò su quella radi-ce. Ecco, c’è scritto: “Paese dei Ricordi”. MYTYL È qui che comincia? TYLTYL Sì, c’è una freccia. MYTYL Allora, dove sono, nonno e nonna? TYLTYL Dietro la nebbia. Andiamo a vedere. MYTYL Io non vedo proprio niente! Non mi vedo più i piedi e le mani. (Piagnucolando.) Ho freddo! Non voglio più viaggiare. Voglio tornare a casa. TYLTYL Andiamo, non piangere sempre, come Acqua. Non ti vergogni? Una bambina grande come te! Guarda, la nebbia già si alza. Andiamo a vedere cosa c’è dentro. (In effetti, la bruma si è messa in movimento; si assottiglia, s’illumina, si disperde, evapora. Ben presto, in una luce sempre più trasparente, si scopre, sotto una volta di verzura, una ridente casetta contadina, coper-ta da piante rampicanti. Le finestre e la porta sono aperte. Notiamo alveari di api sotto una tettoia, vasi di fiori ai davanzali delle finestre, una gabbia dove dorme un merlo, etc. Vicino alla porta una panca, sul-la quale sono seduti, profondamente addormentati, un vecchio contadi-

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no e sua moglie, ovvero il nonno e la nonna di Tyltyl.) TYLTYL (Riconoscendoli all’istante.) Sono il nonno e la nonna! MYTYL (Battendo le mani.) Sì! Sì! Sono loro! Sono loro! TYLTYL (Ancora un po’ diffidente.) Attenzione! Non sappiamo ancora se si muovono. Restiamo dietro l’albero. (Nonna Tyl apre gli occhi, alza la testa, si stiracchia, tira un sospiro, guarda Nonno Tyl, che a sua volta esce lentamente dal proprio sonno.) NONNA TYL Ho idea che i nostri bambini ancora in vita oggi verranno a vederci. NONNO TYL Naturalmente, pensano a noi; mi sento tutto sot-tosopra e ho il formicolio alle gambe. NONNA TYL Credo siano vicinissimi, perché ho le lacrime agli occhi dalla gioia. NONNO TYL No, no, sono molto lontani. Mi sento ancora co-sì debole. NONNA TYL Ti dico che sono qui; ho già tutta la mia forza! TYLTYL e MYTYL (Precipitandosi da dietro quercia.) Eccoci! Ecco-ci! Nonno, nonna! Siamo noi! Siamo noi! NONNO TYL Là! Vedi? Cosa ti dicevo? Ero sicuro che sarebbe-ro venuti oggi. NONNA TYL Tyltyl! Mytyl! Sei tu! È lei! (Sforzandosi di correre loro incontro.) Non ce la faccio a correre! Ho sempre i miei reu-matismi. NONNO TYL (Accorrendo a sua volta zoppicando.) Nemmeno io. Questa mia gamba di legno! Rimpiazza sempre quella che mi ruppi cadendo dalla grande quercia. (I nonni e i bambini si baciano con entusiasmo.) NONNA TYL Come ti sei fatto grande e forte, mio Tyltyl! NONNO TYL (Accarezzando i capelli di Mytyl.) E Mytyl? Guarda! Che bei capelli, che begl’occhi! E poi, come profuma! NONNA TYL Baciamoci ancora! Venite sulle mie ginocchia. NONNO TYL E io, non avrò niente?

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NONNA TYL No, no. Prima io. Come stanno mamma e papà, Tyltyl? TYLTYL Benissimo, nonna. Dormivano, quando siamo usciti. NONNA TYL (Contemplandolo e sopraffacendolo di carezze.) Mio Dio, come sono belli e puliti. È mamma che ti ha lavato? E non hai le calze bucate! Ero io a rammendarle un tempo. Perché non venite a trovarci più spesso? Ci fa tanto piacere! Sono mesi e me-si che ci dimenticate e non vediamo nessuno. TYLTYL Non potevamo, nonna. È grazie alla Fata che oggi… NONNA TYL Siamo sempre qui, ad aspettare una visita di colo-ro che vivono. Vengono così raramente! L’ultima volta che siete venuti, vediamo, quand’è stata? Fu a Ognissanti, quando la campana della chiesa ha rintoccato. TYLTYL A Ognissanti? Non siamo usciti quel giorno, perché e-ravamo molto raffreddati. NONNA TYL Ma avete pensato a noi. TYLTYL Sì. NONNA TYL Ebbene, ogni volta che ci pensate, noi ci risve-gliamo e vi rivediamo. TYLTYL Come? Basta che… NONNA TYL Ma andiamo, lo sai bene. TYLTYL Ma no, non lo so. NONNA TYL (A Nonno Tyl.) È sorprendente, lassù! Non lo sanno ancora. Non imparano proprio niente? NONNO TYL È come ai nostri tempi. I Viventi sono così stu-pidi, quando parlano degli Altri. TYLTYL Dormite tutto il tempo? NONNO TYL Sì, non si dorme male, in attesa che un pensiero dei Viventi ci risvegli. Ah! È bello dormire, quando la vita è fini-ta. Ma è gradevole anche destarsi, di tanto in tanto. TYLTYL Allora non siete morti per davvero? NONNO TYL (Sussultando.) Cosa dici? Cosa dice? Ecco che usa

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delle parole che noi non comprendiamo. È una parola nuova, una nuova invenzione? TYLTYL La parola “morti”? NONNO TYL Sì, quella parola. Cosa vuol dire? TYLTYL Ma vuol dire che non si è più vivi. NONNO TYL Sono stupidi, lassù? TYLTYL Si sta bene qui? NONNO TYL Ma sì, non c’è male, non c’è male; e anche se si prega ancora.7 TYLTYL Papà dice che non bisogna più pregare. NONNO TYL Ma sì, ma sì, pregare è ricordare. NONNA TYL Sì, sì, tutto andrebbe bene, se soltanto voi veniste a vederci più spesso. Ti ricordi, Tyltyl? L’ultima volta, avevo fatto una bella torta di mele. Ne hai mangiata così tanta che sei stato male. TYLTYL Ma non mangio torta di mele dall’anno scorso. Non ci sono mele quest’anno. NONNA TYL Non dire stupidaggini. Qui ce ne sono sempre. TYLTYL Non è la stessa cosa. NONNA TYL Come? Non è la stessa cosa? Ma tutto è la stessa cosa finché ci si può baciare. TYLTYL (Guardando a turno il nonno e la nonna.) Non sei cambia-to, nonno, per niente, per niente. E anche nonna non è cambia-ta per niente. Ma siete più belli. NONNO TYL Eh! Non va male. Non invecchiamo più. Ma voi, crescete! Ah! Sì, crescete a vista d’occhio. Andiamo, là, sulla por-ta, si vede ancora il segno dell’ultima volta. È stato a Ognissanti. Vediamo, stai bello dritto. (Tyltyl si drizza contro la porta.) Quattro dita! Sorprendente! (Mytyl si drizza egualmente contro la porta.) E Mytyl, quattro e mezzo! Ah, ah! L’erba cattiva. Come cresce! Come cresce! TYLTYL (Guardandosi attorno incantato.) È tutto uguale, è tutto al

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suo posto! Ma è tutto più bello. Ecco l’orologio con la grossa lancetta di cui ho rotto la punta. NONNO TYL Ed ecco la zuppiera che hai scheggiato. TYLTYL Ed ecco il buco che ho fatto sulla porta il giorno in cui ho trovato il succhiello. NONNO TYL Ah sì, ne hai fatti di danni! Ed ecco il pruno su cui ti piaceva tanto arrampicarti quando io non c’ero. Ha sem-pre le sue belle prugne rosse. TYLTYL Ma sono molto più belle! MYTYL Ed ecco il mio vecchio merlo! Canta ancora? (Il merlo si risveglia e si mette a cantare a squarciagola.) NONNA TYL Lo vedi bene. Non appena si pensa a lui. TYLTYL (Notando stupefatto che il merlo è perfettamente blu.) Ma è blu! Ma è lui, l’Uccello Blu che devo portare alla Fata! E voi non dicevate che l’avete qui! Oh, com’è blu, blu, blu, come una bi-glia di vetro. (Supplicando.) Nonno, nonna, me lo regalate? NONNO TYL Beh, sì, forse. Tu cosa ne pensi, mamma Tyl? NONNA TYL Naturalmente, naturalmente. A cosa serve qui? Non fa che dormire. Non lo si sente mai. TYLYL Lo metterò nella mia gabbia. Toh, dov’è la mia gabbia? Ah! È vero, l’ho dimenticata dietro il grande albero. (Corre all’albero, ricupera la gabbia e rinchiude il merlo.) Allora, me lo rega-late per davvero? Come sarà contenta la Fata! Per non parlare di Luce! NONNO TYL Bada, non rispondo dell’uccello. Temo non pos-sa più abituarsi alla vita agitata di lassù, e ritorni qui alla prima occasione. Infine, si vedrà. Lascialo, per ora, e vieni a vedere la mucca. TYLTYL (Notando le arnie.) E le api, di’, come vanno? NONNO TYL Mah, non c’è male. Non sono più vive, come dite lassù, ma continuano a lavorare. TYLTYL (Avvicinandosi alle arnie.) Oh sì! Si sente il profumo del

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miele. Le arnie devono essere piene. Tutti i fiori sono così belli! E le mie sorelline che sono morte, sono qui anche loro? MYTYL E i miei tre fratellini che abbiamo sotterrato, dove so-no? (A queste parole, sette bambini di diverse altezze, allineati come i tubi di un flauto di Pan, escono uno a uno dalla casa.) NONNA TYL Eccoli! Eccoli! Non appena si pensa a loro, non appena si parla di loro, arrivano, i bricconcelli. (Tyltyl e Mytil corrono incontro ai bambini. Si spingono, si baciano, danzano, girano, lanciano grida di gioia.) TYLTYL Toh, Pierrot! (Si prendono per i capelli.) Ah, ci battiamo ancora come un tempo. E Robert! Buongiorno, Jean! Non hai più la tua trottola? Madeleine e Pierette, Pauline e poi Riquette! MYTYL Oh, Riquette, Riquette! Cammina ancora a quattro zampe! NONNA TYL Sì, non cresce più. TYLTYL (Notando il cagnolino che guaisce attorno a loro.) Ecco Kiki, a cui ho tagliato la coda con le forbici di Pauline. Non è cambia-to nemmeno lui. NONNO TYL (Sentenzioso.) No, nulla cambia qui. TYLTYL E Pauline ha sempre il suo brufolo sul naso! NONNA TYL Sì, non se ne va; non c’è nulla da fare. TYLTYL Oh! Come stanno bene, come sono paffuti e luminosi! Che belle guance hanno! E che aria ben nutrita. NONNA TYL Stanno molto meglio da quando non vivono più. Non c’è più nulla da temere, non si è mai malati, non si hanno più inquietudini. (In casa, l’orologio suona le venti.) NONNA TYL (Stupefatta.) Cos’è? NONNO TYL Beh, io non lo so. Deve essere l’orologio. NONNA TYL Non è possibile. Non suona mai. NONNO TYL Perché noi non pensiamo più all’ora. Qualcuno

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ha pensato all’ora? TYLTYL Sì, io. Che ora è? NONNO TYL Beh, io non lo so. Ho perso l’abitudine. Ha suo-nato otto colpi, dovrebbero essere quelle che lassù, si chiamano le venti. TYLTYL Luce mi attende alle ventuno meno un quarto. È a causa della Fata! È estremamente importante. Scappo. NONNA TYL Non lasciateci così all’ora di cena! Presto, presto, prepariamo la tavola davanti alla porta. Ho giusto un’eccellente zuppa di cavoli e una bella torta alle prugne. (Portano fuori la tavola, la preparano davanti alla porta, portano i piatti, i piatti fondi etc. Tutti aiutano.) TYLTYL Beh, visto che ho l’Uccello Blu. E poi la zuppa di cavo-li, è da così tanto! Da quando ho iniziato a viaggiare! Non si tro-vano certe prelibatezze in giro. NONNA TYL Ecco! Già fatto. A tavola, bambini. Se siete di fretta, non perdiamo tempo. (Accendono la lampada e servono la zuppa. I nonni e i bambini si sie-dono attorno al pasto serale, tra confusione, spintoni, grida e risate di gioia.) TYLTYL (Mangiando con ingordigia.) Com’è buona! Oh, com’è buona! Ne voglio ancora! Ancora! (Brandisce il suo cucchiaio di le-gno e lo batte rumorosamente sul suo piatto.) NONNO TYL Andiamo, andiamo, un po’ di calma. Sei sempre così maleducato; romperai il piatto. TYLTYL (Alzandosi a metà sullo sgabello.) Ne voglio ancora, anco-ra. (Afferra e attira a sé la zuppiera che si rovescia e svuota sulla tavo-la, e sulle ginocchia dei convitati. Grida e urla.) NONNA TYL Visto? Te l’avevo detto. NONNO TYL (Dando a Tyltyl un sonoro schiaffo.) Questo è per te! TYLTYL (Un istante smarrito, portando la mano alla guancia, con gioia.) Oh! Sì, erano così, gli schiaffi che davi quando eri vivo.

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Nonno, com’è bello e come fanno bene! Bisogna che ti baci! NONNO TYL Buono, buono; ce ne sono ancora se ti fanno piacere. (L’orologio suona le venti e trenta.) TYLTYL (Sussultando.) Le venti e trenta! (Getta il cucchiaio.) Mytyl, siamo appena in tempo! NONNA TYL Andiamo! Ancora qualche minuto! Non avete la casa in fiamme! Ci vediamo così raramente. TYLTYL No, non è possibile. Luce è così buona! E gliel’ho promesso. Andiamo, Mytyl, andiamo! NONNO TYL Cielo! I Viventi sono una tale noia con tutti i lo-ro affari e la loro agitazione! TYLTYL (Prendendo la gabbia e baciando tutti di fretta e a turno.) Addio, nonno. Addio nonna. Addio, fratelli, sorelle, Pierrot, Robert, Pauline, Madeleine, Riquette, e anche a te, Kiki! Sento che non possiamo più restare qui. Non piangere, nonna, ritor-neremo spesso. NONNA TYL Ritornate ogni giorno! TYLTYL Sì, sì! Torneremo più spesso possibile. NONNA TYL È la nostra sola gioia, ed è una tal festa quando i vostri pensieri ci visitano! NONNO TYL Non abbiamo altre distrazioni. TYLTYL Presto, Presto! La mia gabbia! Il mio uccello! NONNO TYL (Passandogli la gabbia.) Eccoli! Sappi, non garanti-sco nulla; se non è della tinta giusta. TYLTYL Addio! Addio! I FRATELLINI E LE SORELLINE Addio, Tyltyl! Addio, Mytyl! Pensate ai bastoncini di zucchero! Addio! Ritornate! Ritornate! (Tutti agitano i fazzoletti mentre Tyltyl e Mytyl si allontanano lenta-mente. Ma già, durante le ultime battute, la nebbia dell’inizio si è gra-dualmente riformata, e il suono delle voci si è affievolito, in maniera che alla fine della scena, tutto sia scomparso nella bruma e al momento del-

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la calata del sipario, Tyltyl e Mytyl siano i soli visibili nella grande sce-na.) TYLTYL È per di qui, Mytyl. MYTYL Dov’è Luce? TYLTYL Non lo so. (Guardando l’uccello nella sua gabbia.) Toh! L’uccello non è più blu. È diventato nero. MYTYL Dammi la mano, fratellino. Ho tanta paura e tanto freddo. Sipario.

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Atto Terzo

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Scena Prima Il palazzo della Notte

Una vasta e prodigiosa stanza di una magnificenza austera, rigida, me-tallica e spettacolare, che dà l’impressione di un tempio greco o egiziano, dalle colonne, gli architravi, i pannelli, gli ornamenti di marmo nero, d’oro e d’ebano. La sala è a forma di trapezio. Scaloni di basalto, occu-panti quasi l’intera ampiezza, la dividono in tre piani successivi che si elevano gradualmente verso il fondo. A destra e a sinistra, fra le colon-ne, delle porte di bronzo scuro. Sul fondo, monumentale porta d’ottone. Una luce diffusa che sembra provenire dal marmo e dall’ebano stessi.

All’alzata del sipario, Notte, nella figura di una bellissima donna, coperta di lunghi indumenti neri, siede sui gradini del secondo piano in mezzo a due bambini, dei quali uno, quasi nudo come Cupido, sorride immerso in un profondo sonno, mentre l’altro si erge, immobile e velato dalla testa ai piedi. (Entra da destra, in primo piano, Gatta.) NOTTE Chi va là? GATTA (Abbandonandosi sconsolata sui gradini di marmo.) Sono io, madre Notte. Non ne posso più. NOTTE Cos’hai dunque, bambina mia? Sei pallida, magra e in-fangata fino ai baffi. Ti sei ancora battuta tra le grondaie, sotto la neve e la pioggia? GATTA Altro che grondaie! Si tratta del nostro segreto! È l’inizio della fine! Sono riuscita a scappare un istante per avvi-sarvi; ma temo davvero non ci sia niente da fare. NOTTE Cosa? Che accade, dunque? GATTA Vi ho già parlato del piccolo Tyltyl, il figlio del boscaio-

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lo, e del Diamante meraviglioso. Ebbene, sta venendo qui per chiedervi l’Uccello Blu. NOTTE Non è ancora riuscito a prenderlo. GATTA Ma ci riuscirà presto, se non faremo qualche miracolo. Ecco cosa succede: Luce, che lo guida e ci tradisce tutti, poiché ha preso interamente le parti dell’Uomo, ha saputo che l’Uccello Blu, il vero, il solo che possa vivere alla luce del giorno, si nasconde qui, tra gli uccelli blu dei sogni, che si nutrono dei raggi di luna e muoiono non appena vedono il sole. Lei sa che le è interdetto superare la soglia del vostro palazzo; ma ha mandato i bambini. E dal momento che non potete impedire all’Uomo di aprire le porte dei vostri segreti, non so davvero come andrà a finire. In ogni caso, se per disgrazia riuscissero a mettere le mani sul vero Uccello Blu, non ci resterà che sparire. NOTTE Signore, signore! In che tempi viviamo! Non ho più un minuto di riposo. Non comprendo più l’Uomo, da qualche an-no. Dove vuole arrivare? Deve conoscere davvero ogni cosa? Ha già carpito un terzo dei miei Misteri, tutti i miei Terrori hanno paura e non osano più uscire, i miei Fantasmi sono in fuga, la maggior parate delle mie Malattie non sta bene. GATTA Lo so, madre Notte, lo so, sono tempi duri, e siamo quasi soli a lottare contro l’Uomo. Ma li sento avvicinarsi. Non vedo che un modo: trattandosi di bambini, bisognerà fare loro una tale paura che non oseranno insistere né aprire la grande porta sul fondo, dietro cui si trovano gli uccelli della luna. I se-greti delle altre caverne basteranno a deviare la loro attenzione o a spaventarli. NOTTE (Prestando ascolto a un rumore dall’esterno.) Cosa sento? Sono in molti? GATTA Non è nulla; sono i nostri amici: Pane e Zucchero, Ac-qua è indisposta e Fuoco non è potuto venire, perché è parente della luce. C’è solo Cane che non parteggia per noi; ma non c’è

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mai modo di allontanarlo. (Entrano timidamente, da destra, in primo piano, Tyltyl, Mytyl, Pane, Zucchero e Cane.) GATTA (Precipitandosi incontro a Tyltyl.) Per di qui, per di qui, padroncino. Ho avvisato la Notte che è incantata di ricevervi. Bisogna scusarla, è un po’ indisposta; per questo non è potuta venirvi incontro. TYLTYL Buongiorno, signora Notte. NOTTE (Offesa.) Buongiorno? Non ho idea di cosa sia. Potresti dirmi: buonanotte, o, almeno, buonasera. TYLTYL (Mortificato.) Perdonate, signora. Non sapevo. (Mo-strando con il dito i due bambini.) Sono due bambini? Sono davve-ro graziosi. NOTTE Sì, ecco il Sonno. TYLTYL Perché è così grosso? NOTTE Perché dorme bene. TYLTYL E l’altro che si nasconde? Perché si vela? È malato? Come si chiama? NOTTE È la sorella di Sonno. È meglio non nominarla. TYLTYL Perché? NOTTE Perché è un nome che non si ascolta volentieri. Ma par-liamo di altre cose. Gatta mi ha detto che venite qui alla ricerca dell’Uccello Blu. TYLTYL Sì, signora, se lo permettete. Vorreste dirmi dov’è? NOTTE Non so niente, mio piccolo amico. Tutto quello che posso affermare, è che non si trova qui. Io non l’ho mai visto. TYLTYL Sì, sì. Luce mi ha detto che lui è qui; e Luce sa quel che dice. Vorreste consegnarmi le vostre chiavi? NOTTE Ma, mio piccolo amico, capirai bene che non posso da-re le mie chiavi al primo venuto. Ho la custodia di tutti i segreti della natura, ne sono responsabile e mi è assolutamente proibito consegnarli a chicchessia, soprattutto a un bambino.

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TYLTYL Non avete il diritto di rifiutarle all’Uomo che le do-manda, lo so. NOTTE Chi te l’ha detto? TYLTYL Luce. NOTTE Ancora Luce! Sempre Luce! Di cosa s’immischia? CANE Vuoi che gliele prenda con la forza, mio piccolo Dio? TYLTYL Taci tu, stai tranquillo e cerca di essere educato. (A Notte.) Andiamo, signora, datemi le vostre chiavi, per favore. NOTTE Hai il segno, almeno? Dov’è? TYLTYL (Toccandosi il cappello.) Vede il Diamante? NOTTE (Rassegnandosi all’inevitabile.) Infine, ecco quella che a-pre tutte le porte della sala. Tanto peggio per te se ti capiterà una disgrazia. Non rispondo di nulla. PANE (Molto inquieto.) È pericoloso? NOTTE Pericoloso? Io stessa non so come potrò farla franca, quando alcune di queste porte di bronzo verranno aperte sull’abisso. Ci sono là, tutt’attorno alla sala, in ciascuna di que-ste caverne di basalto, tutti i mali, tutti i flagelli, tutte le malattie, tutti gli spaventi, tutte le catastrofi, tutti i misteri che affliggono la vita sin dall’inizio del mondo. È stato già abbastanza faticoso rinchiuderli là con l’aiuto del Destino; e non è senza pena, vi as-sicuro, che mantengo un po’ d’ordine tra questi personaggi indi-sciplinati. Sappiamo cosa succede quando uno di loro scappa e si mostra sulla Terra. PANE La mia età avanzata, la mia esperienza e la mia dedizione fanno di me il protettore naturale di questi due bambini; per-tanto, signora Notte, permettetemi di porvi una domanda. NOTTE Prego. PANE In caso di pericolo, per dove bisogna fuggire? NOTTE Non c’è modo di fuggire. TYLTYL (Prendendo la chiave e salendo i primi gradini.) Comincia-mo da qui. Cosa c’è dietro questa porta di bronzo?

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NOTTE Credo ci siano i Fantasmi. È da molto che non l’ho a-perta e non escono. TYLTYL (Mettendo la chiave nella serratura.) Ora vedo. (A Pane.) Avete la gabbia dell’Uccello Blu? PANE (Battendo i denti.) Non che io abbia paura, ma non credete sarebbe preferibile non aprire e guardare per il buco della serra-tura? TYLTYL Non ho chiesto il vostro parere. MYTYL (Mettendosi a piangere di colpo.) Ho paura! Dov’è Zucche-ro? Voglio tornare a casa! ZUCCHERO (Premuroso, ossequioso.) Qui, signorina, sono qui. Non piangete, taglierò una delle mie dita per offrirvi un baston-cino di zucchero. TYLTYL Finitela! (Tyltyl gira la chiave e socchiude prudentemente la porta. Immediata-mente, scappano cinque o sei spettri dalle forme diverse e strane che si disperdono da tutte le parti. Pane, spaventato, getta la gabbia e va a nascondersi in fondo alla sala, mentre Notte, cacciando gli spettri, grida a Tyltyl.) NOTTE Presto! Presto! Chiudi la porta! Scapperebbero tutti e noi non potremmo più riacciuffarli. Si annoiano là dentro, da quando l’Uomo non li prende più seriamente. (Caccia gli spettri sforzandosi, con l’aiuto di una frusta formata da serpenti, di ricondurli alla porta della loro prigione.) Aiutatemi! Per di qui! Per di qui! TYLTYL (A Cane.) Aiutala, Tylô, vai! CANE (Saltando e abbaiando.) Sì, sì, sì! TYLTYL E Pane, dov’è? PANE (Dal fondo della sala.) Qui. Io sto vicino alla porta per im-pedire loro di uscire. (Come uno degli spettri avanza dalla sua parte, fugge a gambe levate, lanciando urla di spavento.) NOTTE (A tre spettri che ha preso per il colletto.) Per di qui, voi al-

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tri! (A Tyltyl.) Riapri un po’ la porta. (Spinge gli spettri nella caver-na.) Là, così va bene. (Cane ne riporta altri due.) E ancora questi. Andiamo, presto, dentro! Sapete bene che ormai uscite solo a Ognissanti. (Richiude la porta.) TYLTYL (Andando a un’altra porta.) Cosa c’è dietro questa? NOTTE A che pro? Te l’ho già detto, l’Uccello Blu non è mai venuto da queste parti. Beh, come vuoi. Aprila se ti fa piacere. Sono le Malattie. TYLTYL (La chiave nella serratura.) Bisogna stare in guardia, a-prendo? NOTTE No, non ne vale la pena. Sono così tranquille, le povere piccole. Non sono felici. L’Uomo, da qualche tempo, fa loro una tale guerra! Soprattutto dalla scoperta dei microbi. Aprila allora, vedrai. (Tyltyl spalanca la porta, nulla sembra accadere.) TYLTYL Non escono? NOTTE Ti avevo avvisato, sono quasi tutte sofferenti e così sco-raggiate. I medici non sono gentili con loro. Entra un istante, vedrai. (Tyltyl entra nella caverna e ne esce subito dopo.) TYLTYL L’Uccello Blu non c’è. Hanno un’aria molto malata, le vostre Malattie. Non hanno nemmeno alzato la testa. (Una picco-la malattia in pantofole, vestaglia e berretto di cotone, scappa dalla ca-verna e si mette a folleggiare per la sala.) Toh! Una piccola è evasa. Cos’è? NOTTE Non è nulla, è la più piccola, è il Raffreddore da Fieno. È una delle meno perseguite e se la passa meglio. (Chiamando il raffreddore.) Vieni qui, piccola mia. È troppo presto; bisogna at-tendere la primavera. (Il Raffreddore da Fieno, starnutendo, tossendo e soffiandosi il naso, rientra nella caverna, di cui Tyltyl richiude la porta.)

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TYLTYL (Andando alla porta vicina.) Vediamo questa, cosa c’è qui? NOTTE Stai in guardia. Ci sono le Guerre. Sono più terribili e potenti che mai. Dio sa cosa accadrebbe se una di loro scappas-se! Fortunatamente, sono obese e mancano di agilità. Ma tenia-moci pronti a spingere la porta tutti insieme, mentre tu getterai una rapida occhiata nella caverna. (Tyltyl, con mille precauzioni, socchiude la porta in modo da poter sbir-ciare. Immediatamente, si getta sulla porta gridando.) TYLTYL Presto! Presto! Spingete! Mi hanno visto! Vengono tut-te! Apriranno la porta! NOTTE Tutti insieme! Spingete forte! Andiamo, Pane, cosa fa-te? Spingete tutti! Hanno una forza! Ah, ecco! Cedono. Era ora! Hai visto? TYLTYL Sì, sì! Sono enormi, spaventose! Non credo abbiano l’Uccello Blu. NOTTE Certo che non l’hanno. Lo mangerebbero immediata-mente. Allora, ne hai abbastanza? Vedi bene che non c’è niente da fare. TYLTYL Bisogna che veda tutto. L’ha detto Luce. NOTTE L’ha detto Luce! È facile parlare quando si ha paura e si resta a casa propria. TYLTYL Andiamo alla seguente. Cosa c’è? NOTTE Qui ho rinchiuso le Tenebre e i Terrori. TYLTYL Si può aprire? NOTTE Perfettamente. Sono assai tranquilli; come le Malattie. TYLTYL (Socchiudendo la porta con una certa diffidenza e arrischian-do uno sguardo nella caverna.) Non ci sono. NOTTE (Guardando a sua volta nella caverna.) Ebbene, Tenebre, che fate? Uscite un istante, vi farà bene, potrete sgranchirvi. E anche i Terrori. Non c’è nulla da temere. (Qualche Tenebra e qualche Terrore, sotto forma di donne coperte, le prime di veli neri, le

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seconde di veli verdastri, rischiano qualche passo penoso fuori dalla ca-verna e, a un vago gesto di Tyltyl, rientrano precipitosamente.) Andia-mo, non scappate. È un bambino, non vi farà del male. (A Tyltyl.) Sono divenute estremamente timide; eccetto le grandi, quelle che vedi in fondo. TYLTYL (Guardando verso il fondo della caverna.) Oh! Come sono spaventose! NOTTE Loro sono incatenate. Sono le sole che non abbiano paura dell’Uomo. Ma richiudi la porta, cerchiamo di non farle arrabbiare. TYLTYL (Andando alla porta successiva.) Toh! Questa è più scura. Cosa c’è? NOTTE Ci sono molteplici Misteri, dietro questa. Se ci tieni as-solutamente, puoi aprirla. Ma non entrare. Sii molto prudente, e poi prepariamoci a spingere la porta, come abbiamo fatto per le Guerre. TYLTYL (Schiudendo la porta con grande precauzione e infilando ti-morosamente la testa nell’apertura.) Oh! Che freddo! Mi bruciano gli occhi! Chiudete, presto! Spingete! Fanno resistenza! (Notte, Cane, Gatta e Zucchero respingono la porta.) Oh! Ho visto! NOTTE Cosa? TYLTYL (Scosso.) Non lo so, era spaventoso! Erano tutti seduti come dei mostri senz’occhi. Chi era il gigante che voleva pren-dermi? NOTTE Era probabilmente il Silenzio; è a guardia di questa porta. Sembrava spaventoso? Sei ancora tutto pallido e tremante. TYLTYL Sì, non l’avrei creduto… Non avevo mai visto… E ho le mani gelate. NOTTE Sarà molto peggio se continui. TYLTYL (Andando alla porta seguente.) E questa? È altrettanto ter-ribile? NOTTE No, c’è un po’ di tutto. Ci ho messo le Stelle disoccu-

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pate, i miei Profumi personali, qualche Chiarore che mi appar-tiene, come i Fuochi Fatui e le Lucciole; ci tengo anche la Ru-giada, il Canto degli Usignoli, e altro. TYLTYL Giusto, le Stelle, il Canto degli Usignoli… Deve essere questa. NOTTE Apri allora se vuoi; non c’è nulla di davvero malvagio. (Tyltyl spalanca la porta. Immediatamente le Stelle, sotto forma di belle ragazze velate di chiarori multicolori, scappano dalla loro prigione, si disperdono nella sala e formano, sui gradini e attorno alle colonne, dei graziosi cerchi immersi in una sorta di luminosa penombra. I Profumi della Notte, quasi invisibili, i Fuochi Fatui, le Lucciole e la Rugiada trasparente si uniscono a loro, mentre il Canto degli Usignoli, uscendo a ondate dalla caverna, inonda il palazzo notturno.) MYTYL (Lieta, battendo le mani.) Oh! Che signore graziose! TYLTYL E come ballano bene! MYTYL E che buon profumo hanno! TYLTYL E come cantano bene! MYTYL Perché, quelle, quasi non si vedono? NOTTE Sono i Profumi della mia ombra. TYLTYL E le altre, là in basso, fatte di fibra di vetro? NOTTE Sono la rugiada delle foreste e delle pianure. Ma basta così! Non finirebbero mai. È un inferno farle rientrare una volta che si mettono a danzare. (Battendo le mani.) Andiamo, presto, Stelle! Non è il momento di danzare. Il cielo è coperto, ci sono delle grosse nubi. Andiamo, presto, rientrate tutte, o andrò a cercare un raggio di sole. (Fuga spaventata delle Stelle, Profumi, etc., che si precipitano nella ca-verna, che viene richiusa su di loro. Allo stesso tempo si spegne il Canto degli Usignoli.) TYLTYL (Recandosi alla porta sul fondo.) Ecco la grande porta di mezzo. NOTTE (Grave.) Non aprire quella.

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TYLTYL Perché? NOTTE Perché è proibito. TYLTYL È là allora che si nasconde l’Uccello Blu; Luce me l’ha detto. NOTTE (Materna.) Ascoltami, bambino mio. Sono stata buona e compiacente. Ho fatto per te quello che fino a oggi non avevo fatto per nessuno. Ti ho consegnato tutti i miei segreti. Ti voglio bene, ho pietà della tua giovinezza e della tua innocenza e ti par-lo come una madre. Ascoltami e credimi, bambino mio, rinun-cia, non andare oltre, non tentare il Destino, non aprire quella porta. TYLTYL (Tremando.) Ma perché? NOTTE Perché non voglio che tu ti perda. Perché nessuno di coloro – mi senti? – nessuno di coloro che l’hanno schiusa, fosse pure d’un soffio, è tornato vivo alla luce del giorno. Perché tutto ciò si può immaginare di spaventoso, perché tutti i terrori, tutti gli orrori, dei quali si parla sulla Terra, sono niente, comparati al più innocente tra quelli che assaliscono un uomo dal momento in cui il suo occhio sfiora le prime minacce dell’abisso al quale nessuno osa dare un nome. Al punto che io stessa, se ti ostini, malgrado tutto, a toccare quella porta, ti do-manderò di aspettare che sia al riparo nella mia torre senza fine-stre. Ora, tocca a te sapere, a te riflettere. (Mytyl, in lacrime, lancia grida inarticolate di terrore, e cerca di tratte-nere Tyltyl.) PANE (Battendo i denti.) Non lo fate, padroncino! (Gettandosi in ginocchio.) Abbiate pietà di noi! Ve lo domando in ginocchio. Vedete che Notte ha ragione. GATTA È la vita di tutti che sacrificate. TYLTYL Devo aprirla. MYTYL (Fremendo tra i singhiozzi.) Io non voglio! Io non voglio! TYLTYL Che Zucchero e Pane prendano Mytyl per mano e si

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salvino con lei. L’apro. NOTTE Si salvi chi può! Venite, presto! È il momento! (Fugge.) PANE (Fuggendo spaventato.) Aspettate almeno che noi si arrivi in fondo alla sala! GATTA (Fuggendo egualmente.) Aspettate! Aspettate! (Si nascondono dietro le colonne all’altro capo della sala. Tyltyl resta solo con Cane, vicino alla porta monumentale.) CANE (Ansimando e singhiozzando di spavento contenuto.) Io resto, io resto, io resto. Io non ho paura, io resto! Io resto vicino al mio piccolo Dio. Io resto! Io resto! TYLTYL (Carezzando Cane.) Va bene, Tylô, va bene! Baciami! Siamo noi due. Ora, in guardia! (Mette la chiave nella serratura. Un grido di spavento parte all’altro capo della sala dove si sono rifugiati i fuggitivi. La chiave non fa tempo a toccare la porta, che i suoi alti battenti si aprono nel mezzo, scivolano lateralmente e scompaiono, a destra e sinistra, nello spessore dei muri scoprendo di colpo, irreale, infi-nito e ineffabile, il più inatteso dei giardini di sogni e luce notturna. Qui, tra le stelle e i pianeti, che illuminano tutto ciò che toccano, vola-no senza sosta di pietra preziosa in pietra preziosa, di raggio di luna in raggio di luna, degli uccelli blu fatati, in evoluzioni perpetue e armonio-se, sino ai confini dell’orizzonte, innumerevoli al punto di sembrare il respiro, l’atmosfera azzurra, la sostanza stessa del giardino meraviglioso. Tyltyl, abbagliato, travolto, in piedi nella luce del giardino.) Oh! Il cie-lo. (Voltandosi verso coloro che sono fuggiti.) Venite, presto! Sono là! Sono loro! Sono loro! Sono loro! Sono nostri, infine! Migliaia di Uccelli Blu! Milioni! Miliardi! Ce ne sono troppi! Vieni, Mytyl! Vieni, Tylô! Venite tutti! Aiutatemi! (Lanciandosi tra gli uccelli.) Si prendono a piene mani! Non sono selvatici! Non hanno paura di noi! Per di qui! Per di qui! (Mytyl e gli altri accorrono. Entrano nel giardino abbagliante, salvo Notte e Gatta.) Vedete! Sono troppi! Mi vengono nelle mani! Guardate, mangiano i raggi di luna! Mytyl, dove sei? Ci sono tante di quelle ali blu, tante di quelle

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piume che cadono, che non si vede più niente! Tylô! Non mor-derli. Non fare loro del male. Prendili dolcemente! MYTYL (Avvolta da uccelli blu.) Ne ho già presi sette! Oh! Come battono le ali! Non riesco a tenerli! TYLTYL Nemmeno io! Ne ho troppi! Scappano! Ritornano! Anche Tylô ne ha tanti! Ci trascinano! Ci portano nel cielo! Ve-nite, usciamo di qui! Luce ci attende! Sarà contenta! Per di qui, per di qui! (Lasciano il giardino, le mani colme di uccelli che si dibattono e, attra-versando l’intera sala tra l’affollamento di ali azzurre, escono a destra, da dove erano entrati, seguiti da Pane e Zucchero, che non hanno preso uccelli. Rimaste sole, Notte e Gatta risalgono verso il fondo e guardano ansiosamente il giardino.) NOTTE Non ce l’hanno? GATTA No. Lo vedo là, sul quel raggio di luna. Non hanno po-tuto raggiungerlo, si tiene troppo in alto. (Cala il sipario. Immediatamente dopo, davanti, entrano contempora-neamente da sinistra Luce, e da destra Tyltyl, Mytyl e Cane, accorrendo completamente coperti degli uccelli catturati. Ma già questi ultimi ap-paiono inanimati e, la testa pendula e le ali spezzate, non sono nelle loro mani che salme inerti.) LUCE Allora, lo avete preso? TYLTYL Sì, sì ! Quanti ne volevamo! Ce ne sono migliaia! Ecco-li! Vedi? (Guardando gli uccelli che tende verso Luce e accorgendosi che sono morti.) Toh! Non sono più vivi. Cosa gli abbiamo fatto? An-che i tuoi, Mytyl? Quelli di Tylô, pure. (Gettando con collera i ca-daveri degli uccelli.) Ah! No, è troppo brutto! Chi li ha uccisi? So-no troppo infelice! (Nasconde la testa sotto le braccia, scosso dai sin-ghiozzi.) LUCE (Stringendolo materna fra le braccia.) Non piangere, bambi-no mio. Non hai preso quello che può vivere in pieno giorno. È andato altrove. Lo ritroveremo.

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CANE (Guardando gli uccelli morti.) Si può mangiarli? (Escono a sinistra.) Sipario.

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Scena Seconda La foresta

Una foresta. È notte. Chiaro di luna. Vecchi alberi di diverse specie, tra i quali: una quercia, un faggio, un olmo, un pioppo, un abete, un ci-presso, un tiglio, un castagno, ecc.

(Entra Gatta.) GATTA (Salutando gli alberi a turno.) Salve a tutti gli alberi! MORMORIO DEL FOGLIAME Salve! GATTA È un gran giorno, oggi! Il nostro nemico viene a libe-rarvi e a consegnare se stesso. È Tyltyl, il figlio del boscaiolo che vi ha fatto tanto male. Cerca l’Uccello Blu che voi nascondete all’Uomo da quando ebbe inizio il mondo, e che solo conosce il nostro segreto. (Mormorio tra le foglie.) Dite? Ah! È il Pioppo che parla. Sì, egli possiede un Diamante che ha la virtù di liberare un istante i nostri spiriti; può obbligarci a consegnare l’Uccello Blu, e noi saremo da allora definitivamente alla mercé dell’Uomo. (Mormorio tra le foglie.) Chi parla? Toh! È la Quercia. Come state? (Mormorio tra le foglie di Quercia.) Sempre raffredda-ta? La Liquirizia non bada più a voi? Sempre i reumatismi? Cre-detemi, è a causa del muschio; ne mettete troppo sui piedi. L’Uccello Blu è sempre da voi? (Mormorio tra le foglie di Quercia.) Dite? Sì, non c’è da esitare, bisogna approfittarne, deve sparire. (Mormorio tra le foglie.) Prego? Sì, è insieme alla sua sorellina; de-ve morire anche lei. (Mormorio tra le foglie.) Sì, Cane li accompa-gna; non c’è modo di allontanarlo. (Mormorio tra le foglie.) Dite? Corromperlo? Impossibile. Ho provato di tutto. (Mormorio tra le

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foglie.) Ah! Sei tu, Abete? Sì, prepara quattro assi. Sì, ci sono an-cora Fuoco, Zucchero, Acqua e Pane. Sono tutti con noi, eccetto Pane che è assai incerto. Solo Luce è favorevole all’Uomo, ma lei non verrà. Ho fatto credere ai piccoli che dovessero scappare alla chetichella mentre lei dormiva. L’occasione è unica. (Mormorio tra le foglie.) Toh! È la voce del Faggio. Sì, avete ragione; bisogna avvisare gli Animali. Il Coniglio ha il suo tamburo? È da voi? Bene, che batta l’adunata, immediatamente. Eccoli! (Si sentono allontanarsi il rullii del tamburo del Coniglio. Entrano Tyltyl, Mytyl e Cane.) TYLTYL È qui? GATTA (Ossequiosa, melliflua, precipitandosi incontro ai bambini.) Ah! Ecco il mio padroncino! Come state bene e come siete gra-zioso stasera! Vi ho preceduti per annunciare il vostro arrivo. Tutto va bene. Questa volta abbiamo l’Uccello Blu in pugno, ne sono sicura. Ho appena inviato il Coniglio a battere l’adunata per convocare i principali Animali dei paesi. Li si sente già tra il fogliame. Ascoltate! Sono un po’ timidi e non osano avvicinarsi. (Rumori di diversi animali, quali mucche, maiali, cavalli, asini etc. Sot-tovoce a Tyltyl, prendendolo da parte.) Ma perché avete portato Ca-ne? Ve l’ho già detto, è in cattivi rapporti con chiunque, anche con gli alberi. Temo che la sua odiosa presenza mandi tutto all’aria. TYLTYL Non sono riuscito a sbarazzarmene. (A Cane, minac-ciandolo.) Vedi di andartene, brutta bestia! CANE Chi? Io? Perché? Cos’ho fatto? TYLTYL Ti dico di andartene! Non sappiamo che farcene di te, è semplice! Ci infastidisci! CANE Non dirò nulla. Seguirò da lontano. Non mi si vedrà. Vuoi che faccia uno dei miei giochi? GATTA (Sottovoce, a Tyltyl.) Tollerate una tale disobbedienza? Dategli qualche colpo di bastone sul naso, è veramente insop-

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portabile. TYLTYL (Battendo Cane.) Così imparerai a obbedire più in fret-ta. CANE (Urlando.) Ahi! Ahi! Ahi! TYLTYL Cosa ne dici? CANE Bisogna che ti baci dato che mi hai picchiato! (Bacia e ac-carezza Tyltyl impetuosamente.) TYLTYL Andiamo. Va bene. Basta così. Vattene! MYTYL No, no; voglio che resti. Ho paura di tutto quando lui non c’è. CANE (Saltando e quasi capovolgendo Mytyl, che travolge di carezze precipitose ed entusiaste.) Oh! Che bambina buona! Com’è bella! Com’è buona! Com’è bella! Com’è dolce! Bisogna che la baci! Ancora! Ancora! Ancora! GATTA Che idiota! Beh, staremo a vedere. Non perdiamo tem-po. Ruotate il Diamante. TYLTYL Dove devo mettermi? GATTA In questo raggio di luna; vedrete più chiaramente. Là! Ruotate dolcemente. (Tyltyl ruota il Diamante; immediatamente, un lungo fremito agita i rami e le foglie. I tronchi più anziani e imponenti si schiudono per la-sciare passaggio all’anima che ciascuno di loro racchiude. L’aspetto di queste anime differisce seguendo le sembianze e il carattere dell’albero che rappresentano. Quella dell’Olmo, per esempio, è una sorta di gnomo bolso, panciuto, burbero; quella del Tiglio è placida, familiare, gioviale; quella del Faggio, elegante e agile; quella della Betulla, bianca, riserva-ta e inquieta; quella del Salice, rachitica, spettinata, lamentosa; quella dell’Abete, lunga, allampanata, taciturna; quella del Cipresso, tragica; quella del Castagno, pretenziosa e un po’ snob; quella del Pioppo, alle-gra, ingombrante, chiacchierona. Alcuni escono lentamente dal loro tronco, intorpiditi, stiracchiandosi, come dopo una cattività o un sonno secolare, altri emergono con un balzo, allerta, solleciti, tutti circondano i

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due bambini, tenendosi quanto possibile in prossimità dell’albero da cui sono nati.) PIOPPO (Accorrendo per primo e gridando a gran voce.) Degli Uo-mini! Dei piccoli Uomini! Potremo parlare loro! Il Silenzio è fi-nito! Finito! Da dove proverranno? Chi sono? (A Tiglio che avan-za fumando tranquillamente la sua pipa.) Li conosci, padre Tiglio? TIGLIO Non ricordo di averli visti. PIOPPO Ma sì, andiamo, ma sì! Tu conosci gli Uomini, stai sempre ad aggirarti intorno alle loro case. TIGLIO (Esaminando i bambini.) Ma no, vi assicuro. Non so chi sano. Sono ancora troppo giovani. Non conosco che gli innamo-rati che vengono a vedermi al chiaro di luna; o i bevitori di birra che trincano sotto i miei rami. CASTAGNO (Pretenzioso, aggiustandosi il monocolo.) E questi chi sono? Poveri campagnoli? PIOPPO Oh! Voi, signor Castagno, da quando non frequentate più che i viali delle grandi città… SALICE (Avanzando lamentoso in zoccoli.) Mio Dio, mio Dio! Vengono ancora a tagliarmi la testa e le braccia per farne fascine! PIOPPO Silenzio! Ecco Quercia che esce dal suo palazzo! Ha l’aria davvero sofferente questa sera! Non trovate stia invec-chiando? Che età potrà avere? Abete dice quattromila anni; ma son certo che esageri. Attenzione, sta per parlare. (Quercia avanza lentamente. È incredibilmente vecchio, coronato di vi-schio e vestito di un lungo abito verde bordato di muschio e di licheni. È cieco, la sua barba bianca fluttua nel vento. Si appoggia con una mano su un bastone nodoso e con l’altra su una giovane Quercia che gli fa da guida. L’Uccello Blu è appollaiato sulla sua spalla. Al suo arrivo, gesti di rispetto tra gli alberi che si mettono in ordine e s’inclinano.) TYLTYL Ha l’Uccello Blu! Presto! Presto! Qui! Datemelo! GLI ALBERI Silenzio! GATTA (A Tyltyl.) Scoprite il capo, è la Quercia!

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QUERCIA (A Tyltyl) Chi sei tu? TYLTYL Tyltyl, signore. Quando potrò prendere l’Uccello Blu? QUERCIA Tyltyl, il figlio del boscaiolo? TYLTYL Sì, signore. QUERCIA Tuo padre ci ha fatto molto male. Nella mia sola famiglia ha messo a morte seicento dei miei figli, quattrocento-settantacinque zii e zie, milleduecento cugini e cugine, trecentot-tanta nuore e dodicimila pronipoti! TYLTYL Non so, signore. Non l’ha fatto apposta. QUERCIA Cosa vieni a fare qui, e perché hai fatto uscire le no-stre anime dalle loro dimore? TYLTYL Signore, vi domando perdono di avervi disturbato. È Gatta che mi ha detto che ci direte dove si trova l’Uccello Blu. QUERCIA Sì, io lo so, tu cerchi l’Uccello Blu, vale a dire il grande segreto delle cose e della felicità, perché gli Uomini ren-dano ancora più dura la nostra schiavitù. TYLTYL Ma no, signore; è per la bambina della Fata Beriluna che è molto malata. QUERCIA (Imponendogli silenzio.) Basta così! Non sento gli ani-mali. Dove sono? Tutto questo interessa loro quanto noi. Non bisogna che noi, alberi, ci si assuma da soli la responsabilità del-le misure gravi che s’impongono. Il giorno in cui gli Uomini sa-pranno quello che abbiamo fatto, quello che stiamo per fare, ci saranno orribili rappresaglie. Conviene dunque che il nostro ac-cordo sia unanime, perché il nostro silenzio lo sia egualmente. ABETE (Guardando dall’alto gli altri alberi.) Arrivano gli animali. Seguono il Coniglio. Ecco l’anima del Cavallo, del Toro, del Bue, della Mucca, del Lupo, del Montone, del Maiale, del Gallo, della Capra, dell’Asino e dell’Orso. (Entrata delle anime degli Animali che, nell’ordine indicato da Abete, avanzano e vanno a sedersi tra gli alberi, fatta eccezione per l’anima della Capra che vagabonda qua e là, e quella del Maiale che fruga tra

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le radici.) QUERCIA Sono tutti presenti? CONIGLIO La Gallina non poteva abbandonare le sue uova, la Lepre faceva le sue corse, il Cervo ha male alle corna, la Volpe è malata – ecco il certificato del medico –, l’Oca non ha compreso e il Tacchino è andato in collera. QUERCIA Queste astensioni sono estremamente deplorevoli. Nondimeno, siamo in numero sufficiente. Sapete, fratelli miei, qual è la questione. Il bambino che vi sta dinnanzi, grazie a un talismano rubato alle forze della Terra, può impossessarsi del nostro Uccello Blu; e strapparci così il segreto che noi custodia-mo dall’origine della vita. Ora, noi conosciamo abbastanza l’Uomo per non avere alcun dubbio sulla sorte che ci riservereb-be allorché si trovasse in possesso di questo segreto. Per questo, mi pare che ogni esitazione sarebbe ugualmente stupida e crimi-nale. L’ora è grave; bisogna che il bambino sparisca prima che sia troppo tardi. TYLTYL Cosa dice? CANE (Gironzolando attorno a Quercia e mostrando le zanne.) Hai visto i miei denti, vecchio storpio? FAGGIO (Indignato.) Insulta Quercia! QUERCIA È Cane? Che venga espulso! Non dobbiamo tollera-re un traditore tra di noi! GATTA (Sottovoce a Tyltyl.) Allontanate Cane. È un malinteso. Lasciatemi fare, arrangerò ogni cosa. Ma allontanatelo al più presto. TYLTYL (A Cane.) Vuoi andartene! CANE Lascia che strappi le pantofole di muschio a questo vec-chio gottoso. Ci sarà da ridere! TYLTYL Insomma, stai zitto! E vattene! Brutta bestia! CANE Va bene, va bene, me ne andrò. Ritornerò quando avrai bisogno di me.

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GATTA (Sottovoce a Tyltyl.) Sarebbe più prudente incatenarlo, o farà qualche sciocchezza; gli Alberi si arrabbieranno, e tutto fini-rà male. TYLTYL Come fare? Ho smarrito il suo guinzaglio. GATTA Ecco a proposito Edera che arriva con delle solide lia-ne. CANE (Ringhiando.) Ritornerò! Ritornerò! Gobbo! Bolso! Sacco di sterpi, sacco di vecchie radici! È Gatta che tira i fili! (A Gatta.) Faremo i conti anche con te! Cos’hai da bisbigliare così, Giuda, tigre, Bazaine!8 Ah, ah, ah! GATTA Vedete? Insulta tutti. TYLTYL È vero, è insopportabile e non ci sentiamo più. Signor Edera, vorreste incatenarlo? EDERA (Avvicinandosi timorosamente a Cane.) Non che mi mor-derà? CANE (Ringhiando.) Al contrario! Al contrario! Ora ti bacio! A-spetta e vedrai! Avvicinati! Avvicinati dunque, mucchio di vecchi spaghi! TYLTYL (Minacciandolo con un bastone.) Tylô! CANE (Strisciando ai piedi di Tyltyl agitando la coda.) Cosa devo fare, mio piccolo Dio? TYLTYL Stenderti a pancia in giù! Obbedisci a Edera. Lasciati legare, altrimenti… CANE (Ringhiando tra i denti mentre Edera lo lega.) Spago! Penda-glio da forca! Lazo da vitelli! Catena da maiali! Mio piccolo Dio, guarda, mi torce le zampe. Mi strangola! TYLTYL Tanto peggio! Te la sei voluta! Taci, stai a tranquillo, sei insopportabile! CANE Comunque, hai torto! Hanno delle brutte intenzioni. Mio piccolo Dio, stai in guardia! Mi chiude la bocca! Non posso più parlare! EDERA (Che lega Cane come un pacco.) Dove dobbiamo portarlo?

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L’ho imbavagliato per bene. Non proferisce più una parola. QUERCIA Che sia legato solidamente là sotto, dietro il mio tronco, alla mia grossa radice. Vedremo in seguito cosa conviene farne. (Edera aiutata da Pioppo porta Cane dietro il tronco di Quer-cia.) Fatto? Bene, e ora che ci siamo sbarazzati di quel testimone scomodo, di quel rinnegato, deliberiamo secondo la nostra giu-stizia e la nostra verità. La mia emozione, non ve lo nascondo, è profonda e di pena. È la prima volta che ci è dato giudicare l’Uomo e di fargli sentire la nostra potenza. Non credo che dopo il male che ci ha fatto, dopo le mostruose ingiustizie che abbia-mo subito, resti il minimo dubbio sulla sentenza che lo attende. TUTTI GLI ALEBRI E TUTTI GLI ANIMALI No! No! No! Niente dubbi! L’impiccagione! La morte! Ci sono troppe ingiu-stizie! Ha troppo abusato! È da troppo tempo! Che lo si schiacci! Che lo si mangi! Immediatamente! Immediatamente! TYLTYL (A Gatta.) Cos’hanno ancora? Non sono contenti. GATTA Non vi inquietate. Sono un po’ arrabbiati perché la primavera è in ritardo. Lasciate fare a me, arrangerò tutto. QUERCIA Questa unanimità era inevitabile. Si tratta ora di sa-pere, per evitare le rappresaglie, quale genere di supplizio sarà più pratico, il più comodo, il più sbrigativo e il più sicuro; quello che lascerà meno tracce accusatrici quando gli Uomini ritrove-ranno i piccoli corpi nella foresta. TYLTYL Cosa c’è? Dove vuole arrivare? Comincio ad averne ab-bastanza. Dato che ha l’Uccello Blu, che ce lo dia. TORO (Avanzando.) Il modo più pratico e sicuro, è un bel colpo di corna alla bocca dello stomaco. Volete che me ne occupi? QUERCIA Chi parla così? GATTA È il Toro. MUCCA Sarebbe meglio stare tranquilli. Io non me ne immi-schio. Ho da brucare tutta l’erba della prateria che si vede laggiù, nel blu della luna. Ho troppo da fare.

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BUE Anch’io. Inoltre, approvo tutto in anticipo. FAGGIO Io offro il mio ramo più alto per impiccarli. EDERA E io un nodo scorsoio. ABETE E io le quattro assi per la piccola cassa. CIPRESSO E io perpetuo riposo. SALICE La cosa più semplice sarebbe annegarli in uno dei miei fossi. Me ne incarico io. TIGLIO (Conciliante.) Andiamo, andiamo. È davvero necessario arrivare a questi estremi? Sono ancora così giovani. Si potrebbe semplicemente impedire loro di nuocere tenendoli prigionieri in un recinto che m’incarico di costruire piantandomi tutto attor-no. QUERCIA Chi parla così? Riconosco la voce mielosa di Tiglio. ABETE In effetti. QUERCIA C’è dunque un rinnegato tra noi, come tra gli Ani-mali? Sino a ora, non abbiamo da deplorare che la defezione de-gli Alberi da Frutto; ma quelli non sono veri Alberi. MAIALE (Ruotando i piccoli occhi ingordi.) Io penso bisognerebbe mangiare prima la bambina. Deve essere così tenera. TYLTYL Cosa dice, quello là? Aspetta un po’, specie di… GATTA Non so cos’hanno; ma le cose prendono una brutta piega. QUERCIA Silenzio! Si tratta di sapere chi di noi avrà l’onore di sferrare il primo colpo; chi allontanerà dalle nostre cime il più grande pericolo che abbiamo corso dalla nascita dell’Uomo. ABETE È a voi, nostro re e nostro patriarca, che spetta questo onore. QUERCIA È Abete che parla? Ahimè! Io sono troppo vecchio. Sono cieco, infermo e le mie braccia intorpidite non mi obbedi-scono più. No, è a voi, fratelli miei, sempre verdi, sempre ritti, è a voi, che vedeste nascere la maggior parte di questi Alberi, che tocca, a mio discapito, la gloria del nobile gesto della nostra libe-

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razione. ABETE Vi ringrazio, mio venerabile padre. Ma visto che avrò già l’onore di seppellire le due vittime, temo di risvegliare la giusta gelosia dei miei colleghi; e credo che prima di noi, il più anziano e il più degno, colui che possiede la miglior mazza, sia Faggio. FAGGIO Sapete che sono tarlato e che la mia mazza non è affat-to sicura. Ma l’Olmo e il Cipresso hanno armi potenti. OLMO Non domanderei di meglio; ma riesco appena a tenermi in piedi. Una talpa, questa notte, mi ha storto l’alluce. CIPRESSO Quanto a me, sono pronto. Ma, come mio fratello Abete, avrò già, se non il privilegio di seppellirli, almeno il van-taggio di piangere sulle loro tombe. Sarebbe un conflitto d’interessi. Chiedete al Pioppo. PIOPPO A me? Ci avete pensato? Ma il mio legno è più tenero che la carne di un bambino. E poi, non so cosa mi prenda. Tre-mo di febbre. Guardate le mie foglie. Devo aver preso freddo questa mattina all’alba. QUERCIA (Scoppiando d’indignazione.) Avete paura dell’Uomo! Perfino questi bambini isolati e senza armi vi ispirano il miste-rioso terrore che fece di noi gli schiavi che siamo! Ebbene, no! Ne ho abbastanza! Dato che è così, dato che il momento è uni-co, andrò solo, vecchio, storpio, tremante, cieco, contro il nemi-co ereditario! Dov’è? (Brancolando sul suo bastone, avanza incontro a Tyltyl.) TYLTYL (Estraendo il suo coltello dalla tasca.) Ce l’ha con me, quel vecchio, con il grosso bastone? (Tutti gli Alberi, lanciando grida di spavento alla vista del coltello, l’arma misteriosa e irresistibile dell’Uomo, s’interpongono e trattengono Quercia.) ALBERI Il coltello! State in guardia! Il coltello! QUERCIA (Dibattendosi.) Lasciatemi! Cosa m’importa? Il coltel-lo o l’ascia! Chi mi trattiene? Cosa! Siete tutti qui? Siete tutti

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d’accordo? (Gettando il suo bastone.) Ebbene, sia! Onta a noi! Che gli animali ci liberino! TORO Questo è quanto! Me ne incarico io! E con un solo colpo di corna! BUE e MUCCA (Trattenendolo per la coda.) Di cosa t’immischi? Non fare sciocchezze! È un brutto affare! Finirà male! Siamo noi che pagheremo le conseguenze. Lascia stare. È una faccenda da animali selvaggi. TORO No, no! È affar mio! Aspettate! Ma trattenetemi o faccio uno sproposito. TYLTYL (A Mytyl che lancia grida acute.) Non avere paura! Mettiti dietro di me. Ho il mio coltello. GALLO Che coraggio, il piccolo! TYLTYL Allora, è deciso, è me che volete? ASINO Ma naturalmente, piccolo mio, ce ne hai messo di tem-po ad accorgertene! MAIALE Puoi dire una preghiera, va’, è la tua ultima ora. Ma non nascondere la bambina. Voglio rifarmi gli occhi. È lei che mangerò per prima. TYLTYL Che cosa vi ho fatto? MONTONE Niente, piccolo mio. Mangiato il mio fratellino, le mie due sorelle, i miei tre zii, mia zia, nonno, nonna. Aspetta, aspetta, quando sarai a terra, vedrai che ho i denti anch’io. ASINO E io gli zoccoli! CAVALLO (Scalpitando fieramente.) Vedrete cosa vi aspetta! Pre-ferite che lo strappi a morsi o che ve lo abbatta a calci? (Avanza magnifico su Tyltyl che gli tiene testa alzando il suo coltello. Di colpo Cavallo, preso dal panico, fa dietrofront e fugge a gambe levate.) Ah! Ma no! Non è giusto! Non sta al gioco! Si difende! GALLO (Non potendo nascondere la sua ammirazione.) Però, il pic-colo non ha certo paura! MAIALE (A Orso e a Lupo.) Corriamo tutti insieme! Io vi soster-

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rò da dietro. Li rovesceremo e ci divideremo la bambina quando sarà a terra. LUPO Distraeteli per di là. Li aggirerò! (Gira attorno a Tyltyl che attacca da dietro e semi rovescia.) TYLTYL Giuda! (Si raddrizza su un ginocchio, brandendo il suo col-tello e coprendo come meglio può la sorellina, che lancia urli di dispera-zione. Vedendolo semi riverso, tutti gli Animali e gli Alberi si avvicina-no e cercano di sferrargli dei colpi. Improvvisamente cade l’oscurità. Di-speratamente, Tyltyl chiama aiuto.) A me! A me! Tylô! Tylô! Dov’è Gatta? Tylô! Tylette! Venite! Venite! GATTA (Ipocritamente, tenendosi da parte.) Non posso! Mi sono appena slogata la zampa. TYLTYL (Parando i colpi e difendendosi come meglio può.) A me! Tylô! Tylô! Non ne posso più! Sono troppi! L’Orso! Il Maiale! Il Lupo! L’Asino! L’Abete! Il Faggio! Tylô! Tylô! Tylô! (Trascinando le liane spezzate, Cane balza da dietro il tronco di Quer-cia e, spintonando Alberi e Animali, si getta davanti a Tyltyl, che di-fende con rabbia.) CANE (Sferrando enormi morsi.) Ecco! Ecco! Mio piccolo Dio! Non avere paura! Diamogli contro! So dare certi morsi! Prendi, per te, Orso, là, sul tuo grosso sedere! Vediamo, chi ne vuole an-cora? Ecco, per il Maiale, e questo per il Cavallo e la coda del Toro! Ecco! Ho strappato i mutandoni del Faggio e la sottana della Quercia! L’Abete abbandona il campo! TYLTYL (Affranto.) Non ne posso più! Cipresso mi ha dato un grande colpo sulla testa. CANE Ohi! Un colpo del Salice! Mi ha rotto la zampa! TYLTYL Ritornano alla carica! Tutti insieme! Questa volta è il Lupo! CANE Aspetta, lo cresimo! LUPO Imbecille! Nostro fratello… I suoi genitori hanno annega-to i suoi piccoli!

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CANE Hanno fatto bene! Tanto meglio! È che ti assomigliava-no. TUTTI GLI ALBERI e TUTTI GLI ANIMALI Rinnegato! Idio-ta! Traditore! Fellone! Fesso! Giuda! Lascialo! È già morto! Uni-sciti a noi CANE (Ebbro di ardore e devozione.) No ! No! Solo contro tutti! No, no! Fedele a Dio ! Ai migliori! Ai più grandi! (A Tyltyl.) Stai in guardia, ecco l’Orso! Diffida dal Toro. Gli salterò alla gola. Ohi! Un calcio. L’Asino mi ha rotto due denti. TYLTYL Non ne posso più, Tylô! Ohi! Un colpo di Olmo. Guarda, mi sanguina la mano. È stato il Lupo o il Maiale. CANE Aspetta, mio piccolo Dio. Lascia che ti baci. Là, una bel-la leccata. Ti farà bene. Resta dietro di me. Non oseranno più avvicinarsi. Sì! Ecco che ritornano! Ah! Questo è un colpo serio! Teniamo duro! TYLTYL (Lasciandosi cadere al suolo.) No, non è più possibile. CANE Arrivano! Li sento, li fiuto! TYLTYL Dove? Chi? CANE Là! Là! È Luce! Ci ha ritrovati! Salvi, mio piccolo re! Ba-ciami! Salvi! Guarda! Non si fidano! Si allontanano! Hanno pa-ura! TYLTYL Luce! Luce! Vieni! Sbrigati! Si sono rivoltati! Sono tutti contro di noi! (Entra Luce: di pari passo al suo avanzare, l’aurora si leva sulla foresta che s’illumina.) LUCE Cosa accade, dunque? Cos’hanno? Ma, piccolo! Non sa-pevi? Ruota il Diamante! Rientreranno nel Silenzio e nell’oscurità, e tu non vedrai più i loro sentimenti. (Tyltyl ruota il Diamante. Immediatamente le anime di tutti gli Alberi si precipitano nei tronchi che si richiudono. Le anime degli Animali scompaiono egualmente e vediamo, lontano, brucare pacificamente una

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Mucca e un Montone, etc. La foresta ridiviene innocente. Sbalordito, Tyltyl si guarda attorno.) TYLTYL Dove sono? Cos’avevano? Erano pazzi? LUCE Ma no, sono sempre così; ma non lo si sa perché non li si vede. Eppure te l’avevo detto: è pericoloso svegliarli quando non ci sono. TYLTYL (Asciugando il coltello.) Beh, senza Cane e se non avessi avuto il mio coltello… Non avrei mai creduto fossero così malva-gi. LUCE Vedi bene che l’Uomo è solo contro tutti, in questo mondo. CANE Non hai troppo male, mio piccolo Dio? TYLTYL Nulla di grave. Quanto a Mytyl, non l’hanno toccata. Ma tuo, mio buon Tylô? Ti sanguina la bocca, e hai la zampa rotta. CANE Non vale la pena parlarne. Domani, non si noterà nem-meno. Ma la ferita è fresca! GATTA (Uscendo zoppicando da un boschetto.) Lo credo bene! Bue mi ma dato una cornata nel ventre. Non si vede il segno, ma mi fa un male. E Quercia mi ha spezzato la zampa. CANE Vorrei proprio sapere quale. MYTYL (Accarezzando Gatta.) Mia povera Tylette, è vero? Dove ti trovavi? Non ti ho scorta. GATTA (Ipocritamente.) Piccola madre, sono stata ferita subito, attaccando il Maiale che voleva mangiarti. È allora che la Quer-cia mi ha dato il gran colpo che mi ha stordita. CANE (A Gatta, tra i denti.) Tu, ho due paroline da dirti. GATTA (Lamentosamente a Mytyl.) Piccola madre, m’insulta. Vuole farmi male. MYTYL (A Cane.) Vuoi lasciarla tranquilla, brutta bestia. (Escono tutti.) Sipario.

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Atto Quarto

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Scena Prima Davanti al sipario

(Entrano Tyltyl, Mytyl, Luce,Cane, Gatta, Pane, Fuoco, Zucchero, Ac-qua e Latte.) LUCE Ho ricevuto un messaggio dalla Fata Beriluna che m’informa che l’Uccello Blu si trova probabilmente qui. TYLTYL Dove? LUCE Qui, nel cimitero che sta dietro questo muro. Pare che uno dei morti lo nasconda nella tomba. Resta da sapere quale. Bisognerà passarli in rassegna. TYLTYL In rassegna? Come faremo? LUCE È molto semplice: a mezzanotte, per non disturbarli troppo, ruoterai il Diamante. Usciranno dalla terra; o scorgerai sul fondo delle loro tombe quelli che non verranno fuori. TYLTYL Non si arrabbieranno? LUCE Affatto, non se ne accorgeranno nemmeno. Non amano che li si disturbi; ma dato che comunque hanno l’abitudine di uscire a mezzanotte, non li infastidirà. TYLTYL Perché Pane, Zucchero e Latte sono così pallidi e per-ché non dicono niente? LATTE (Vacillando.) Sento che sto per svenire. LUCE (Sottovoce a Tyltyl,) Non badarci, hanno paura dei morti. FUOCO (Saltellando.) Io non ho paura! Ho l’abitudine di bru-ciarli. Un tempo, li bruciavo tutti; era molto più divertente che oggigiorno. TYLTYL E perché Tylô trema? Ha paura anche lui? CANE (Battendo i denti.) Io? Io non tremo! Io non ho mai paura; ma se tu andassi, verrei anche io.

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TYLTYL E Gatta, non dice nulla? GATTA (Misteriosa.) Io so che... TYLTYL (A Luce.) Verrai con noi? LUCE No, è preferibile che resti alla porta del cimitero con le Cose e gli Animali. L’ora non è giunta. La luce non può ancora penetrare nella casa dei morti. Ti lascerò solo con Mytyl.9 TYLTYL E Tylô non può rimanere con noi? CANE Sì, sì, io resto, io resto qui. Io voglio restare vicino al mio piccolo Dio! LUCE È impossibile. L’ordine della Fata è formale; del resto non c’è nulla da temere. CANE Bene, bene, tanto peggio. Se sono malvagi, mio piccolo Dio, non hai che da fare così: (fischia,) e io accorrerò. Sarà come nella foresta: ah, ah, ha! LUCE Andiamo, addio, miei piccoli cari. Non sarò lontana. (Bacia i bambini.) Coloro che mi appartengono e che io amo mi ritrovano sempre. (Alle Cose e agli Animali.) Voialtri, per di qui. (Esce insieme alle Cose e agli Animali. I bambini restano soli nel mezzo della scena. Il sipario si apre per scoprire il settimo quadro.)

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Seconda Scena Il cimitero

(Notte. Chiaro di luna. Un cimitero di campagna. Numerose tombe, cumuli di erba, croci di legno, lapidi funerarie, etc.)

(Tyltyl e Mytyl in piedi vicino a un cippo.) MYTYL Ho paura. TYLTYL (Inquieto.) Io non ho mai paura. MYTYL Saranno cattivi i morti? TYLTYL Ma no, dato che non vivono. MYTYL Ne hai già visto uno? TYLTYL Sì, una volta, tempo fa, quando ero piccolissimo. MYTYL Com’è fatto? TYLTYL È tutto bianco, molto tranquillo e freddissimo, e non parla. MYTYL Dici che li vedremo? TYLTYL Naturalmente, Luce l’ha promesso. MYTYL Dove sono, i morti? TYLTYL Qui, sotto l’erba e sotto queste grosse pietre. MYTYL Sono là tutto l’anno? TYLTYL Sì. MYTYL (Mostrando le lapidi.) Sono le porte delle loro case? TYLTYL Sì. MYTYL Escono quando è bel tempo? TYLTYL No, escono solo di notte. MYTYL Perché? TYLTYL Perché sono in vestaglia.

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MYTYL Escono anche quando piove? TYLTYL Quando piove, restano a casa. MYTYL È bella la loro casa? TYLTYL Si dice sia molto stretta. MYTYL Hanno dei bambini? TYLTYL Naturalmente; hanno tutti quelli che muoiono. MYTYL E di cosa vivono? TYLTYL Mangiano radici. MYTYL Le vedremo? TYLTYL Naturalmente, dato che vediamo tutto quando il Dia-mante è girato. MYTYL E cosa diranno? TYLTYL Non diranno nulla, dato che non parlano. MYTYL Perché non parlano? TYLTYL Perché non hanno niente da dire. MYTYL Perché non hanno niente da dire? TYLTYL Mi instupidisci. (Una pausa.) MYTYL Quando ruoterai il Diamante? TYLTYL Sai bene che Luce ha detto di attendere mezzanotte, perché allora li si disturba meno. MYTYL Perché li si disturba meno? TYLTYL Perché è l’ora in cui escono a prendere aria. MYTYL Non è mezzanotte? TYLTYL Lo vedi l’orologio della chiesa? MYTYL Sì, vedo anche la lancetta piccola. TYLTYL Allora! Ancora un minuto! Là! In punto. Senti? (Si sentono suonare i dodici rintocchi della mezzanotte.) MYTYL Io voglio andarmene! TYLTYL Non è il momento. Ruoto il Diamante. MYTYL No, no! Non lo fare! Voglio andarmene! Ho paura, fra-tellino! Ho una paura terribile!

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TYLTYL Ma non c’è pericolo. MYTYL Non voglio vedere i morti! Non voglio vederli! TYLTYL Va bene, non li vedrai, chiuderai gli occhi. MYTYL (Aggrappandosi ai vestiti di Tyltyl.) Tyltyl io non voglio! No, non è possibile! Usciranno da terra! TYLTYL Non tremare così. Non usciranno che un momento. MYTYL Ma se tremi anche tu! Saranno spaventosi! TYLTYL È il momento, l’ora è arrivata. (Tyltyl ruota il Diamante. Un terrificante minuto di silenzio e d’immobilità dopo il quale, lentamente, le croci traballano, i tumuli si schiudono, le lapidi si sollevano.) MYTYL (Rannicchiandosi contro Tyltyl.) Escono! Sono là! (A questo punto, da tutte le tombe spalancate sale gradualmente una fioritura, dapprima esile e timida come un vapore d’acqua, poi bianca e virginale, e sempre più fitta, sempre più alta, abbondante e meraviglio-sa. Questa, poco a poco, inesorabilmente, invade ogni cosa, trasforman-do il cimitero in una sorta di giardino fatato e nuziale, sul quale non tardano a levarsi i primi raggi dell’alba. La rugiada scintilla, i fiori sbocciano, il vento mormora tra le foglie, le api ronzano, gli uccelli si destano e inondano lo spazio con i loro inni al sole e alla vita. Stupefat-ti, abbagliati, Tyltyl e Mytyl, tenendosi per mano, fanno qualche passo tra i fiori cercando traccia delle tombe.) MYTYL (Cercando l’erba.) Dove sono i morti? TYLTYL (Cercando allo stesso modo.) Non ci sono dei morti… Sipario.

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Scena Terza Davanti al sipario

Davanti al sipario che rappresenta delle belle nuvole.

(Entrano: Tyltyl, Mytyl, Luce, Cane, Gatta, Pane, Fuoco, Zucchero, Acqua e Latte.) LUCE Credo che stavolta abbiamo l’Uccello Blu in pugno. A-vrei dovuto pensarci dal primo momento. È stato solo stamatti-na, riprendendo forza nell’aurora, che l’idea mi è venuta come un raggio dal cielo. Siamo all’entrata dei giardini incantati dove si trovano riunite sotto la custodia di Destino, tutte le Gioie e tutte le Felicità degli Uomini. TYLTYL Ce ne sono molte? Ne avremo qualcuna? Sono piccole? LUCE Ve ne sono di piccole e di grandi, di grosse e di delicate, di bellissime e altre meno piacevoli. Ma le più brutte furono e-spulse qualche tempo fa dai giardini e hanno cercato rifugio a casa delle Disgrazie. Poiché bisogna notare che le Disgrazie abi-tano in un antro vicino, che comunica con il giardino delle Feli-cità e ne è separato soltanto da una sorta di vapore o di sipario sottile, che il vento che soffia dalle alture della Giustizia o dal fondo dell’Eternità solleva a ogni istante. Ora, si tratta di orga-nizzarsi e di prendere certe precauzioni. In generale, le Felicità sono molto buone, anche se più alcune sono più pericolose e perfide delle più grandi Disgrazie. PANE Ho un’idea! Se sono pericolose e perfide, non sarebbe preferibile che noi attendessimo tutti alla porta, per di poter da-re man forte ai bambini se fossero obbligati a fuggire?

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CANE Per niente! Per niente! Io voglio andare dappertutto con i miei piccoli dèi! Tutti quelli che hanno paura rimangano alla porta! Non abbiamo bisogno (guardando Pane,) dei codardi, (guardando la Gatta,) né dei traditori. FUOCO Io vado! Pare divertente! Si balla tutto il tempo. PANE Si mangia, anche? ACQUA (Gemendo.) Non ho mai conosciuto la più piccola Feli-cità! Voglio vederne, infine! LUCE Tacete! Nessuno ha chiesto il vostro parere. Ecco cosa ho deciso: Cane, Pane e Zucchero accompagneranno i bambini. Acqua non entrerà perché è troppo fredda, né Fuoco che è troppo turbolento. Esorto vivamente Latte a restare alla porta, perché è troppo impressionabile; quanto a Gatta, farà come vor-rà. CANE Lei ha paura! GATTA Saluterò di passaggio qualche Disgrazia vecchia amica che abita a fianco delle Felicità. TYLTYL E tu Luce, non vieni? LUCE Non posso entrare così nella casa delle Felicità; la mag-gior parte non mi sopporta. Ma ho qui il velo spesso con cui mi copro quando visito la gente felice. (Spiega un lungo velo nel quale si avvolge con cura.) Non bisogna che un raggio della mia anima le spaventi, poiché ci sono molte Felicità che hanno paura e non sono felici. Ecco, in questo modo, non avranno niente da teme-re, sia le meno graziose che le più grosse. (Il sipario si apre scoprendo il nono quadro.)

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Nota inerente le Grandi Felicità

Nella scena seguente Tyltyl, il piccolo eroe della commedia, in-contra la personificazione di diversi tipi di felicità.

L’autore distingue tra Grosse Felicità e Piccole Felicità. Le prime sono appariscenti e volgari, le seconde semplici e sincere.

Vuole il caso che bonheurs, ovvero felicità, in lingua francese sia un sostantivo maschile. Pertanto, ho dovuto cambiare al femminile ogni riferimento di genere.

Il traduttore inglese ha in parte aggirato il problema chia-mando “Lussi” le Grosse Felicità.

Una scelta che non condivido. L’autore, chiamando Felicità entrambi i tipi (le Grosse e le

Piccole) ci ricorda quanto sia labile il confine fra bene e male. Inoltre, solo alle Grandi Gioie, una minoranza a sé stante, è

concessa una personificazione femminile, riservata ai personaggi più lirici.

Una traduzione ha sempre un margine d’imperfezione – spe-cialmente se eseguita da un assoluto principiante.

Non sono riuscito a trovare un sinonimo maschile di “felici-tà” che mi convincesse. Ho pertanto deciso per il femminile, con la speranza di non tradire troppo lo spirito dell’opera.

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Scena Quarta Il giardino delle Felicità

Quando si apre il sipario si scopre, situata sul primo piano dei giardini, una sorta di sala formata da alte colonne di marmo tra le quali, ma-scherando tutto il fondo, sono tesi pesanti drappeggi di porpora che so-stengono dei cordami dorati. Architettura che ricorda i momenti più sensuali e sontuosi del Rinascimento (veneziano o fiammingo, Veronese e Rubens). Ghirlande, cornucopie, tortiglioni, vasi, statue, dorature da tutte le parti. Al centro, massiccia e fatata tavola di diaspro e vermiglio, ingombra di fiaccole, cristalli, vasellame d’oro e d’argento, sovraccarica di cibo, pietanze favolose. Attorno alla tavola, mangiano, bevono, urla-no, cantano, si agitano, si abbandonano o si addormentano tra le carni di cervo, i frutti miracolosi, le brocche e le anfore riverse, le più grosse Felicità della Terra. Sono enormi, inverosimilmente obese e rubiconde, coperte di velluti e di broccati, coronate d’oro, di perle e di pietre prezio-se. Delle belle schiave portano senza sosta dei piatti ornati e bevande spumeggianti. Musica volgare, ilare e brutale, dominata dagli ottoni. Una luce pesante e rossa bagna la scena.

(Tyltyl, Mytyl, Cane, Pane e Zucchero, dapprima assai intimiditi, si raccolgono a destra, in primo piano, attorno a Luce. Gatta, senza dire niente, si dirige verso il fondo, sempre a destra, solleva un sipario scuro e scompare.) TYLTYL Chi sono quei grossi signori che si divertono e man-giano tante cose buone? LUCE Sono le più grosse Felicità della Terra, quelle che si può vedere a occhio nudo. È possibile, benché assai poco probabile, che l’Uccello Blu si sia smarrito un istante tra loro. Per questo

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non ruotare ancora il Diamante. Andiamo, per sicurezza, a e-splorare prima di tutto questa parte della sala. TYLTYL Possiamo avvicinarci? LUCE Certamente. Non sono malvagie, seppur volgari e, di so-lito, assai viziate. MYTYL Che belle torte hanno! CANE E cacciagione! E salsicce! E cosciotti di agnello e fegato di vitello! (Solenne.) Niente al mondo è migliore, niente è più bello e niente vale il fegato di vitello! PANE Eccetto i filoncini di pane impastati con fior di farina di frumento! Ne hanno di ammirevoli! Come sono belli! Sono più grandi di me! ZUCCHERO Perdono, perdono, mille volte perdono. Permet-tete, permettete. Non vorrei urtare nessuno; ma non dimentica-te i dolciumi, che sono la gloria di quella tavola e lo splendore e la magnificenza dei quali, sorpassa, oso dire, tutto ciò che si tro-va in questa sala e in qualsiasi altro luogo. TYLTYL Che aria contenta e felice hanno! E gridano! E ridono! E cantano! Credo ci abbiano visti. (In effetti, una dozzina delle più Grosse Felicità si sono alzate da tavola e avanzano penosamente, sostenendosi il ventre, verso il gruppo dei bambini.) LUCE Non temere niente, sono molto accoglienti. Probabil-mente ti inviteranno a cena. Non accettare, non accettare nien-te, per timore di dimenticare la tua missione. TYLTYL Cosa? Nemmeno un dolcetto? Hanno un’aria così buona, così fresca, così ben glassata di zucchero, ornata di frutta candita e traboccante di crema! LUCE Sono pericolosi e spezzerebbero la tua volontà. Bisogna sapere sacrificare qualcosa al dovere di cui ci facciamo carico. Ri-fiuta educatamente ma con fermezza. Eccoli…

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GROSSE FELICITÀ (Tendendo la mano a Tyltyl.) Buongiorno, Tyltyl! TYLTYL (Sorpreso.) Mi conoscete? Voi chi siete? GROSSE FELICITÀ Io sono la Felicità più grossa, la Felicità di Essere Ricchi, e vengo, a nome delle mie sorelle, a pregare voi e la vostra famiglia di onorare della vostra presenza il nostro pasto senza fine. Vi troverete nel mezzo delle migliori, vere e grosse Fe-licità di questa Terra. Premettete che vi presenti le principali tra loro. Ecco mia nuora, la Felicità di Essere Proprietari, che ha la pancia a pera. Ecco la Felicità della Vanità Soddisfatta, il cui viso è così graziosamente paffuto. (La Felicità della Vanità Soddisfatta saluta con aria condiscendente.) Ecco la Felicità di Bere Quando Non Si Ha Più Sete e la Felicità di Mangiare Quando Non Si Ha Più Fame, che sono gemelle e hanno le gambe di maccheroni. (Le interessate salutano titubanti.) Ecco la Felicità di Non Sapere Niente, che è sorda come una campana, e la Felicità di Non Comprendere Niente, che è cieca come una talpa. Ecco la Felici-tà di Non Fare Nulla e la Felicità di Dormire Più di Quanto Ne-cessario, che hanno le mani di mollica di pane e gli occhi di ge-latina di pesca. Ecco infine la Risata Grassa, con la bocca fino alle orecchie e alla quale niente può resistere. (Risata Grassa salu-ta sbellicandosi.) TYLTYL (Mostrando con il dito una Grossa Felicità che si tiene un po’ in disparte.) E quella, che non osa avvicinarsi e ci volta le spalle? FELICITÀ DI ESSERE RICCHI Non insistete, è un po’ imba-razzante e non è presentabile a dei bambini. (Stringendo le mani a Tyltyl.) Ma venite, dunque! Ricominciamo il festino! È la dodice-sima volta dall’aurora. Aspettavamo solo voi. Udite i convitati che vi reclamano a gran voce? Non posso presentarveli tutti, so-no estremamente numerosi. (Offrendo le braccia ai due bambini.) Permettete che vi conduca ai due posti d’onore.

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TYLTYL Vi ringrazio davvero, signora Grossa Felicità. Mi di-spiace moltissimo. Non posso, per il momento. Siamo di fretta, cerchiamo l’Uccello Blu. Non sapreste, per caso, dove si na-sconda? FELICITÀ DI ESSERE RICCHI L’Uccello Blu? Aspettate. Sì, sì, mi ricordo. Me ne parlarono tanto tempo fa. È, credo, un uc-cello non commestibile. In ogni caso, non è mai apparso sulla nostra tavola. Non gode della nostra stima! Ma non datevi pena, abbiamo tante di quelle cose assai migliori. Unitevi alla nostra vita, vedrete tutto quello che facciamo. TYLTYL Cosa fate? FELICITÀ DI ESSERE RICCHI Ma ci occupiamo incessante-mente di non fare nulla! Non abbiamo un minuto di riposo. Bi-sogna mangiare, bisogna bere, bisogna dormire. È estremamente impegnativo. TYLTYL È divertente? FELICITÀ DI ESSERE RICCHI Ma sì. Deve ben esserlo, non c’è altro su questa Terra. LUCE Credete? FELICITÀ DI ESSERE RICCHI (Indicando con un dito Luce, sot-tovoce a Tyltyl.) Chi è questa giovinetta scortese? (Durante tutta la conversazione precedente, una folla di Grosse Felicità di second’ordine si è occupata di Cane, Zucchero e Pane, trascinandoli verso l’orgia. Tyltyl li nota improvvisamente, seduti fraternamente con i loro ospiti, intenti a mangiare, bere e dimenarsi selvaggiamente.) TYLTYL Vedi, Luce! Sono a tavola! LUCE Richiamali! O finirà male! TYLTYL Tylô! Tylô! Qui! Vieni qui una buona volta? Immedia-tamente, mi senti? E voi, laggiù, Zucchero e Pane, chi vi ha dato il permesso di lasciarmi? Cosa fate là, senza autorizzazione? PANE (La bocca piena.) Non potresti parlarci in modo più educa-to?

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TYLTYL Cosa? È Pane che si permette di darmi del tu? Ma cosa vi prende? E tu Tylô! È così che mi obbedisci? Andiamo, vieni qui, in ginocchio, in ginocchio! E più velocemente di così! CANE (A mezza voce in fondo alla tavola.) Io quando mangio non ci sono per nessuno e non sento niente. ZUCCHERO (Mieloso.) Ascoltateci, non sapremmo andarcene così, senza offendere i nostri amabili ospiti. GROSSE FELICITÀ Vedete? Vi danno l’esempio. Venite, vi a-spettiamo. Noi non accettiamo rifiuti. Vi faremo una dolce vio-lenza. Andiamo, Grosse Felicità, aiutatemi! Spingiamoli di forza verso la tavola, che siano felici malgrado loro stessi. (Tutte le Grosse Felicità, con grida di gioia e sgambettando al loro me-glio, trascinano i bambini che si dibattono, mentre Risata Grassa affer-ra vigorosamente Luce per la vita.) LUCE Ruota il Diamante! È il momento! (Tyltyl fa quanto ordinato da Luce. Immediatamente la scena s’illumina di una chiarezza ineffabilmente pura, divinamente rosata, armoniosa e leggera. I pesanti ornamenti in primo piano, gli spessi ten-daggi rossi si staccano e spariscono, svelando un fiabesco e dolce giardi-no di leggera pace e serenità. Una sorta di palazzo di verzura dalle pro-spettive armoniose, dove la magnificenza del fogliame, possente e lumi-noso, esuberante e nondimeno disciplinato, e l’ebbrezza virginale dei fio-ri e la fresca allegria dell’acqua che cola, gronda e zampilla da tutte le parti, sembra trascinare fino ai confini dell’orizzonte l’idea della Felici-tà.10 La tavola dell’orgia crolla senza lasciare traccia. I velluti, i broccati, le corone delle Grosse Felicità, al soffio luminoso che invade la scena, si sollevano, si stracciano e cadono, insieme alle maschere ilari, ai piedi dei commensali esterrefatti. Talune si sgonfiano a vista d’occhio, come vesciche forate; si guardano a vicenda, lampeggiano sotto i raggi scono-sciuti che le feriscono, e, vendendosi infine come sono in realtà – orride, flaccide e lamentose – iniziano a lanciare urli di onta e spavento, tra i

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quali si distinguono nettamente quelli della Risata Grassa che domina-no tutti gli altri. Solo la Felicità di Non Comprendere Nulla rimane perfettamente calma, mentre le sue colleghe si agitano disperatamente, cercando di fuggire e nascondendosi negli angoli che sperano più scuri. Ma non c’è più ombra nel giardino abbagliate. Così la maggior parte, in preda alla disperazione, si decide a superare il minaccioso sipario che, sulla destra in un angolo, preclude la vista della caverna delle Disgrazie. Ogni volta che una di loro, in preda al panico, solleva un lembo del si-pario, si sente sollevarsi dalla cavità dell’antro una tempesta d’ingiurie, imprecazioni e maledizioni. Quanto a Cane, Pane e Zucchero, a orec-chie basse, si ricongiungono al gruppo dei bambini e, molto imbarazzati, si nascondono dietro di loro.) TYLTYL (Guardando fuggire le Grosse Felicità.) Cielo, come sono brutte! Dove vanno? LUCE Credo abbiano perso la testa. Vanno a rifugiarsi dalle Di-sgrazie, dove temo davvero verranno trattenute definitivamente. TYLTYL (Guardandosi attorno meravigliato.) Oh! Che bel giardi-no, che bel giardino! Dove siamo? LUCE Non abbiamo cambiato luogo; sono i tuoi occhi ad aver cambiato prospettiva. Vediamo ora la verità delle cose e perce-piamo le anime delle Felicità che sopportano il chiarore del Diamante. TYLTYL Com’è bello! Che bel tempo! Si direbbe piena estate! Toh! Sembra che qualcuno si avvicini per rivolgersi a noi. (In effetti, i giardini cominciano a popolarsi di forme angeliche che sem-brano uscire da un lungo sonno e scivolano armoniosamente tra gli albe-ri. Sono vestite con abiti luminosi, dalle sottili e soavi sfumature: risve-glio di rosa, sorriso d’acqua, azzurro d’aurora, rosa d’ambra, etc.) LUCE Ecco che si avvicina qualche Felicità amabile e curiosa che ci informerà. TYLTYL Le conosci?

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LUCE Sì, le conosco tutte; vengo spesso da loro, senza che sap-piano chi sia. TYLTYL Quante sono! Escono da tutti gli angoli! LUCE Ce n’erano assai di più, un tempo. Le Grandi Felicità hanno fatto loro molti torti. TYLTYL È uguale, non se la passano male. LUCE Ne vedrai molte altre, man mano che l’influenza del Diamante si diffonderà tra i giardini. Si trovano sulla Terra mol-te più Felicità di quanto si creda, ma la maggior parte degli Uo-mini non le scopre affatto. TYLTYL Ed ecco delle piccole che avanzano, corriamo loro in-contro. LUCE È inutile; quelle che ci interessano passeranno per di qui. Non abbiamo il tempo di fare la conoscenza di tutte le altre. (Una banda di Piccole Felicità, saltellanti e sorridenti, accorrono dal fondo delle verzure e ballano un giro tondo intorno ai bambini.) TYLTYL Come sono graziose! Da dove vengono, chi sono? LUCE Sono le Felicità dei Bambini. TYLTYL Possiamo parlare loro? LUCE È inutile. Ballano, danzano, ridono, ma non parlano an-cora. TYLTYL (Fremente.) Buongiorno! Buongiorno! Oh! La grassottel-la, là, che ride! Che belle guance hanno, che bei vestiti! Sono tutte ricche qui? LUCE Ma no, qui come dappertutto, ci sono le più povere e le più ricche. TYLTYL Dove sono le povere? LUCE Non possiamo distinguerle. Le Felicità dei Bambini sono sempre rivestite di quanto più bello c’è sulla Terra e nel cielo. TYLTYL (Non riuscendo più a stare fermo.) Vorrei ballare con loro. LUCE È assolutamente impossibile, non abbiamo il tempo. Ve-do che non hanno l’Uccello Blu. Del resto, sono di fretta, vedi?

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Sono già passate. Anche loro non hanno tempo da perdere, per-ché l’infanzia è brevissima. (Un’altra banda di Felicità, un po’ più grandi delle precedenti, si preci-pita nel giardino, cantando a squarciagola: “Ecco qua! Ecco qua! Ci vede! Ci vede!” Danzano attorno ai bambini una gioiosa farandola, al-la fine della quale colei che pare essere il capitano della piccola truppa avanza verso Tyltyl tendendogli la mano.) FELICITÀ Buongiorno, Tyltyl!... TYLTYL Eccone un’altra che mi conosce! (A Luce.) Cominciano a conoscermi un po’ dappertutto. Chi è? FELICITÀ Non mi riconosci? Scommetto che non riconosci nessuna di quelle che sono qui. TYLTYL (Molto imbarazzato.) Ma no. Non so. Non mi ricordo di avervi viste. FELICITÀ Avete sentito? Ne ero certa! Non ci ha mai viste! (Tutte le altre Felicità della banda scoppiano a ridere.) Ma, mio pic-colo Tyltyl, non conosci che noi! Ti stiamo sempre attorno! Mangiamo, beviamo, ci svegliamo, respiriamo, viviamo con te! TYLTYL Sì. sì, assolutamente, lo so, ricordo. Ma vorrei sapere come vi chiamate. FELICITÀ Vedo bene che non sai nulla. Io sono il capo delle Felicità della Casa, e queste sono tutte le altre Felicità che la abi-tano. TYLTYL Ci sono delle felicità a casa? (Tutte le Felicità scoppiano a ridere.) FELICITÀ Lo avete sentito? Se ci sono Felicità a casa! Ma, scioc-chino, la casa ne è piena da far scoppiare le porte e le finestre! Ridiamo, cantiamo, creiamo così tanta gioia da abbattere i muri e sollevare i tetti; ma abbiamo un bel daffare, tu non vedi nulla, tu non senti nulla. Spero che in futuro sarai un po’ più ragione-vole. Nel frattempo, vai a stringere la mano alle più illustri. Una volta rientrato a casa, le riconoscerai più facilmente. E poi, alla

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fine di un bel giorno, le saprai incoraggiare con un sorriso, rin-graziare con una buona parola, perché fanno davvero tutto ciò che possono per renderti la vita leggera e deliziosa. Io per prima, serva tua, la Felicità di Comportarsi Bene. Non sono la più gra-ziosa, ma la più seria. Mi riconosci? Ecco la Felicità dell’Aria Pu-ra, che è quasi trasparente. Ecco la Felicità di Amare i Propri Genitori, che è vestita di grigio e sempre un po’ triste, perché non la si guarda mai. Ecco la Felicità del Cielo Blu, che natu-ralmente è vestita di blu; e la Felicità della Foresta che, altrettan-to ovviamente, è vestita di verde, e che rivedrai ogni volta che ti metterai alla finestra. Ecco ancora la Felicità delle Ore di Sole, che è color diamante, e quella della Primavera, color smeraldo. TYLTYL E siete così belle tutti i giorni? FELICITÀ Ma sì, è tutti i giorni domenica, in tutte le case, quando si aprono gli occhi. E poi, quando viene sera, ecco la Fe-licità del Tramonto, che è più bella di tutte le regine del mondo; ed è seguita dalla Felicità di Vedere Alzarsi le Stelle, dorata come una dèa d’alti tempi. Poi, quand’è brutto tempo, ecco la Felicità della Pioggia che è coperta di perle, e la Felicità del Fuoco in In-verno che apre alle mani gelide il suo bel manto purpureo. Per non parlare della più grande di tutte, perché è quasi sorella delle Grandi Gioie limpide che vedrete presto, ed è la Felicità dei Pensieri Innocenti, la più chiara tra noi. E poi, ecco ancora… Ma davvero, sono troppe! Non finiremmo mai, e prima devo avvisa-re le Grandi Gioie che sono lassù, in fondo, prima delle porte del cielo, e non sanno ancora che siete arrivati. Invierò loro la Felicità di Correre a Piedi Nudi Sulla Rugiada, che è la più agile. (Alla Felicità appena nominata, che avanza facendo capriole.) Va’! (In questo momento, una sorta di diavoletto in maglia nera, spingendo tutti e lanciando grida inarticolate, si avvicina a Tyltyl, e saltando sel-vaggiamente, lo travolge di colpi sul naso, pedate e calci.)11

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TYLTYL (Sbigottito e profondamente indignato.) Chi è questo sel-vaggio? FELICITÀ Beh! È il Piacere di Essere Insopportabili che è scap-pato dalla caverna delle Disgrazie. Non sappiamo dove rinchiu-derlo. Evade da ogni luogo, e le stesse Disgrazie non vogliono più sorvegliarlo. (Il diavoletto continua a stuzzicare Tyltyl che tenta vanamente di di-fendersi. Poi, improvvisamente, scoppiando a ridere, scompare senza ra-gione, come è venuto.) TYLTYL Cos’ha? È un po’ matto? LUCE Non so. Fai così anche tu quando non sei saggio. Ma a-spettando, sarà meglio informarsi sull’Uccello Blu. È possibile che il capo delle Felicità della Casa non ignori dove si trovi. TYLTYL Dov’è? FELICITÀ Sentito? Lui non sa dove si trova l’Uccello Blu! (Tutte le Felicità della Casa scoppiano a ridere.) TYLTYL (Imbarazzato.) No, non lo so. Non c’è nulla da ridere. (Nuovi scoppi di risa.) FELICITÀ Andiamo, non arrabbiarti! E poi, siamo seri. Non lo sa, che volete farci? Non è più ridicolo della maggior parte degli Uomini. Ma ecco che la piccola Felicità di Correre a Piedi Nudi Sulla Rugiada ha avvisato le Grandi Gioie, che avanzano verso di noi. (In effetti, le alte e belle figure angeliche, vestite di abiti luminosi, si av-vicinano lentamente.) TYLTYL Come sono belle! Perché non sorridono? Non sono fe-lici? LUCE Non è che quando si ride, si sia i più felici. TYLTYL Chi sono? FELICITÀ Sono le Grandi Gioie. TYLTYL Sai i loro nomi?

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FELICITÀ Naturalmente, giochiamo spesso con loro. Ecco per prima, davanti alle altre, la Grande Gioia di Essere Giusti, che sorride ogni volta che un’ingiustizia è riparata. Sono ancora troppo giovane, non l’ho ancora vista sorridere. Dietro di lei, la Gioia di Essere Buoni, che è la più felice, ma anche la più triste; e che dobbiamo faticare molto, per impedire vada dalle Disgra-zie, che vorrebbero consolarla.12 A destra, la Gioia del Lavoro Compiuto a fianco della Gioia di Pensare. Di seguito, la Gioia di Comprendere, che cerca sempre sua sorella, la Felicità di Non Comprendere Nulla. TYLTYL Ma io l’ho vista, sua sorella! È andata dalle Disgrazie insieme alle Grosse Felicità. FELICITÀ Ne ero sicura! È venuta su male, cattive frequenta-zioni l’hanno interamente pervertita. Ma non parliamone a sua sorella. Vorrebbe andarla a cercare e perderemmo una delle più belle Gioie. Ecco ancora, per me la più grande, la Gioia di Vede-re Ciò che È Bello, che aggiunge ogni giorno qualche raggio alla luce che regna qui. TYLTYL E là, lontano, lontano, nelle nuvole d’oro, quella che fatico a vedere mettendomi in punta di piedi? FELICITÀ È la grande Gioia di Amare. Ma avrai un bel daffare, sei ancora troppo piccolo per vederla tutta intera. TYLTYL E laggiù, proprio in fondo, quelle velate che non si av-vicinano? FELICITÀ Sono quelle che gli Uomini ancora non conoscono. TYLTYL Cosa vogliono le altre da noi? Perché si scostano? FELICITÀ Sono davanti a una nuova Gioia che avanza, forse la più pura che abbiamo qui. TYLTYL Chi è? FELICITÀ Ancora non la riconosci? Ma guardala un po’ meglio, apri i tuoi occhi fino al cuore della tua anima! Ti ha visto! Ti ha

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visto! Accorre tendendoti le braccia! È la Gioia di tua madre, è la Gioia Senza Pari dell’Amore Materno. (Dopo averla acclamata le altre Gioie, accorse da tutte le parti, si strin-gono in silenzio davanti alla Gioia dell’Amore Materno.) AMORE MATERNO Tyltyl! E poi Mytyl! Com’è che vi ritrovo qui? Non me l’aspettavo! Ero così sola a casa, ed ecco che tutti e due salite fino al cielo dove tutte le anime delle madri risplen-dono nella Gioia! Ma prima, baci, baci il più possibile! Tutti e due fra le mie braccia, non c’è nulla al mondo che doni più gio-ia. Tyltyl, non ridi? Nemmeno tu, Mytyl? Non riconoscete l’amore di vostra madre? Ma guardatemi, non sono questi i miei occhi, le mie labbra e le mie braccia? TYLTYL Ma sì, ti riconosco, ma non sapevo. Assomigli a mam-ma, ma sei molto più bella. AMORE MATERNO Evidentemente, io non invecchio. E ogni giorno che passa mi porta forza, giovinezza e felicità. Ciascuno dei tuoi sorrisi mi allevia di un anno. A casa, non si vede, ma qui si vede tutto, ed è la verità. TYLTYL (Meravigliato, contemplandola e baciandola di volta in vol-ta.) E questo bel vestito, di cosa è fatto? È seta, argento o sono perle? AMORE MATERNO No, sono baci, sguardi, carezze. Ogni ba-cio che si dà vi aggiunge un raggio di luna o di sole. TYLTYL È buffo, non avrei mai creduto fossi così ricca. Dove lo nascondi l’abito? Nell’armadio di cui papà ha la chiave? AMORE MATERNO Ma no, lo indosso sempre, ma non si ve-de, perché non si vede nulla quando gli occhi sono chiusi. Tutte le madri sono ricche quando amano i loro bambini. Non ce ne sono di povere, non ce ne sono di brutte, non ce ne sono di vec-chie. Il loro amore è sempre la Gioia più bella. E quando sem-brano tristi, è sufficiente un bacio che ricevono o danno perché tutte le loro lacrime diventino stelle nel fondo dei loro occhi.

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TYLTYL (Guardandola con stupore.) Ma sì, è vero, i tuoi occhi so-no pieni di stelle. E sono proprio i tuoi occhi, ma sono molto più belli. Ed è la tua mano, ha la sua piccola fede, ha anche la bruciatura che ti sei fatta una sera accendendo la lampada. Ma è molto più bianca e che pelle fine! Sembra del colore della luce. Non lavora, come quando sei a casa? AMORE MATERNO Ma sì, è proprio la stessa; non ti sei accor-to che diventa bianca e si riempie di luce nel momento in cui ti accarezza? TYLTYL È stupefacente, mamma, ed è sempre la tua voce; ma parli molto meglio che a casa nostra. AMORE MATERNO A casa abbiamo troppe cose da fare e non c’è tempo. Ma quello che non si dice, lo sentiamo comunque. Ora che mi hai vista mi riconoscerai, con il mio abito strappato, quando domani rientrerai a casa? TYLTYL Non voglio tornare. Dato che si qui, voglio restarci anch’io, finché ci sarai. AMORE MATERNO Ma è la stessa cosa, io sono laggiù, noi siamo laggiù. Sei venuto qui per renderti conto e per imparare infine come guardarmi quando mi vedi laggiù. Capisci, mio Tyltyl? Credi di essere in cielo; ma il cielo è ovunque ci baciamo. Non ci sono due madri, e tu non ne hai altre. Ciascun bambino non ne ha che una ed è sempre la stessa e sempre la più bella; ma bisogna conoscerla e sapere guardare. Ma come hai fatto per arrivare qui e trovare la strada che gli Uomini hanno cercato da quando abitano sulla Terra? TYLTYL (Mostrando Luce che, per discrezione, si è un po’ scostata.) È lei che mi ha condotto. AMORE MATERNO Chi è? TYLTYL Luce.

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AMORE MATERNO Non l’ho mai vista. Mi è stato detto che vi ama molto ed è molto buona. Ma perché si nasconde? Non mo-stra mai il suo viso? TYLTYL Ma sì, ma teme che le Felicità avrebbero paura, se ve-dessero troppo chiaro. AMORE MATERNO Ma non sa dunque che aspettiamo solo lei? (Chiamando le altre Grandi Gioie.) Venite, venite, sorelle mie! Venite, accorrete tutte, è Luce che viene finalmente a visitarci! (Fremito tra le Grandi Gioie che si avvicinano. Grida: “Luce è qui! Lu-ce! Luce!”) GIOIA DI COMPRENDERE (Superando tutte le altre per andare a baciare Luce.) Voi siete Luce e noi non lo sapevamo! Sono anni, anni e anni che vi aspettavamo! Mi riconoscete? Sono la Gioia di Comprendere che vi ha tanto cercata. Siamo molto felici, ma non vediamo al di là di noi stesse. GIOIA DI ESSERE GIUSTI (Baciando Luce a sua volta.) Mi ri-conoscete? Sono la Gioia di Essere Giusti che vi ha tanto prega-ta. Siamo molto felici, ma non vediamo al di là delle nostre om-bre. GIOIA DI VEDERE CIÒ CHE È BELLO (Abbracciandola e-gualmente.) Mi riconoscete? Sono la Gioia delle Bellezze che vi ha tanto amata. Siamo molto felici, ma non vediamo al di là dei nostri sogni. GIOIA DI COMPRENDERE Vedete, vedete, sorella mia, non ci fate più attendere. Siamo molto forti, siamo molto pure. Sco-state quei veli che ci nascondono ancora le ultime verità e le ul-time felicità. Vedete, tutte le mie sorelle s’inginocchiano ai vostri piedi. Voi siete la nostra regina e la nostra ricompensa. LUCE (Stringendosi i veli.) Sorelle mie, mie belle sorelle, obbedi-sco al mio Maestro. L’ora non è giunta, suonerà forse e vi rive-drò senza timori e senza ombre. Addio, rialzatevi, baciamoci an-

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cora come sorelle ritrovate, aspettando il giorno che presto ver-rà. AMORE MATERNO (Baciando Luce.) Siete stata buona con i miei poveri piccoli. LUCE Sarò sempre buona con coloro che si amano. GIOIA DI COMPRENDERE (Avvicinandosi a Luce.) Che l’ultimo bacio sia posato sulla mia fronte. (Si baciano a lungo, e, quando si separano e sollevano la testa, si vedo-no lacrime nei loro occhi.) TYLTYL (Sorpreso.) Perché piangete? (Guardando le altre Gioie.) Toh! Piangete anche voi! Ma perché tutti hanno gli occhi pieni di lacrime? LUCE Silenzio, bambino mio. Sipario.

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Atto Quinto

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Prima Scena Il Reame dell’Avvenire

Le sale immense del Palazzo Azzurro, dove aspettano i bambini che na-sceranno. Infinite prospettive di colonne di zaffiri che sostengono volte di turchesi. Tutto qui, dalla luce e le lastre di lapislazzuli, al pulviscolo del fondo dove si perdono le ultime arcate, passando per più piccoli oggetti, è di un blu irreale, inteso, fatato. Solo i capitelli e le basi delle colonne, le chiavi di volta, qualche poltrona e qualche panca circolare, sono di marmo bianco o di alabastro. A destra, tra le colonne, delle grandi porte opaline. Queste porte, delle quali Tempo aprirà i battenti verso la fine della scena, si aprono sulla Vita e sulla banchina dell’Aurora. Ovun-que, popola armoniosamente la sala una folla di bambini vestiti di lun-ghi abiti azzurri. Alcuni giocano, altri passeggiano, altri ancora chiac-chierano o riflettono; molti sono addormentati, altrettanti lavorano tra le colonne alle invenzioni future. I loro attrezzi, i loro strumenti, gli ap-parecchi che costruiscono, le piante, i fiori e i frutti che coltivano o che colgono sono del medesimo blu sovrannaturale e luminoso dell’atmosfera generale del palazzo. Tra i bambini, vestiti di un azzurro più pallido e più diafano, vanno e vengono alcune figure alte, di una bellezza supre-ma e silenziosa, che sembrano essere angeli.

(Entrano da sinistra, di soppiatto, scivolando tra le colonne del primo piano Tyltyl, Mytyl e Luce. Il loro arrivo provoca un certo movimento tra i Bambini Blu, che immediatamente accorrono da ogni parte e si raggruppano attorno agli insoliti visitatori che contemplano con curiosi-tà.) MYTYL Dove sono Zucchero, Gatta e Pane?

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LUCE Loro non possono entrare qui; conoscendo il futuro non obbedirebbero più. TYLTYL E Cane? LUCE Altrettanto, non è bene sappia cosa lo attende nel susse-guirsi dei secoli. Li ho imprigionati nei sotterranei della chiesa. TYLTYL Dove siamo? LUCE Siamo nel Reame dell’Avvenire, in mezzo ai bambini che non sono ancora nati. Poiché il Diamante ci permette di vedere chiaramente in questa regione che gli Uomini non percepisco-no, vi troveremo molto probabilmente l’Uccello Blu. TYLTYL Naturalmente l’Uccello sarà Blu, dato che tutto qui è blu. (Guardandosi attorno.) Com’è bello! LUCE Guarda i bambini che accorrono. TYLTYL Sono arrabbiati? LUCE Per niente. Guarda, sorridono, ma sono sorpresi. BAMBINI BLU (Accorrendo sempre più numerosi.) Dei piccoli Vi-venti. Venite a vedere i piccoli Viventi! TYLTYL Perché ci chiamano “i piccoli Viventi”? LUCE Perché loro non vivono ancora. TYLTYL Cosa fanno, allora? LUCE Attendono l’ora della loro nascita. TYLTYL L’ora della loro nascita? LUCE Sì; è da qui che vengono tutti i bambini che nascono sul-la nostra Terra. Ciascuno attende il proprio giorno. Quando i Padri e le Madri desiderano dei bambini, vengono aperte le grandi porte che vedi là, a destra; e i piccoli scendono. TYLTYL Quanti sono! Quanti sono! LUCE Ve ne sono molti di più. Non li si vede tutti.13 Pensa, ce n’è di che popolare il mondo fino alla fine dei tempi. Nessuno saprebbe contarli. TYLTYL E quelle persone alte e blu, chi sono?

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LUCE Non si sa con esattezza. Si crede siano guardiani. Si dice che verranno sulla Terra dopo gli Uomini. Ma non è permesso interrogarli. TYLTYL Perché? LUCE Perché è il segreto della Terra. TYLTYL E gli altri, i piccoli, si può parlare con loro? LUCE Naturalmente, bisogna fare conoscenza. Guarda, eccone uno più curioso degli altri. Avvicinalo, parlagli. TYLTYL Cosa devo dirgli? LUCE Quello che vuoi, come a un piccolo compagno. TYLTYL Posso stringergli la mano? LUCE Certamente, non ti farà del male. Ma andiamo, non ave-re un’aria così impacciata. Vi lascio soli, sarete più a vostro agio fra di voi. Devo andare a parlare con la Grandi Persone Blu. TYLTYL (Avvicinandosi al Bambino Blu e tendendogli la mano.) Buongiorno! (Toccando con il dito l’abito blu del bambino.) Di cosa è fatto? BAMBINO#1 (Toccando con espressione grave il cappello di Tyltyl.) E questo? TYLTYL Questo? È il mio cappello. Non hai cappelli? BAMBINO#1 No, a cosa servono? TYLTYL Per dire buongiorno. E poi per quando fa freddo. BAMBINO#1 Cosa significa “fa freddo”? TYLTYL Quando si trema così: brrr! brrr! Si soffia sulle proprie mani e si agitano le braccia in questo modo. (Si sbraccia vigorosa-mente.) BAMBINO#1 Fa freddo, sulla Terra? TYLTYL Sì, delle volte, in inverno, quando non si ha il fuoco. BAMBINO#1 Perché non si ha? TYLTYL Perché costa caro e ci vogliono i soldi per comprare la legna. BAMBINO#1 Cosa sono “i soldi”?

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TYLTYL È quello con cui si paga. BAMBINO#1 Ah! TYLTYL C’è chi ne ha, altri neanche un po’. BAMBINO#1 Perché? TYLTYL È che non sono ricchi. Tu sei ricco? Quanti anni hai? BAMBINO#1 Nascerò preso. Nascerò fra dodici anni. È bello, nascere? TYLTYL Oh, sì! È divertente! BAMBINO#1 Come hai fatto? TYLTYL Non me lo ricordo più. È passato tanto di quel tempo! BAMBINO#1 Dicono sia così bella, la Terra dei Viventi. TYLTYL Ma sì, non è male. Ci sono gli uccelli, i dolci, i giocat-toli. Alcuni li hanno tutti; ma quelli che non ne hanno, possono guardare gli altri. BAMBINO#1 Ci è stato detto che le madri aspettano alla porta. Sono buone, vero? TYLTYL Oh sì! Sono il meglio di tutto quello che c’è! Anche le nonne; ma muoiono troppo in fretta. BAMBINO#1 Muoiono? Di cosa si tratta? TYLTYL Se ne vanno una sera, e non tornano più. BAMBINO#1 Perché? TYLTYL Chi lo sa? Forse sono tristi. BAMBINO#1 È partita, la tua? TYLTYL La mia nonna? BAMBINO#1 Tua mamma o la tua nonna, cosa ne so io? TYLTYL Ah! Ma non è la stessa cosa! Le nonne se ne vanno prima; è già abbastanza triste. La mia era buonissima. BAMBINO#1 Cos’hanno i tuoi occhi? Fanno delle perle? TYLTYL Ma no, non sono perle. BAMBINO#1 Cos’hanno, allora? TYLTYL Non è nulla, è tutto questo blu che mi abbaglia un po’. BAMBINO#1 Come si chiama?

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TYLTYL Cosa? BAMBINO#1 Là, quello che cade. TYLTYL Non è nulla, è un po’ di acqua. BAMBINO#1 Esce dagli occhi? TYLTYL Sì, delle volte, quando si piange. BAMBINO#1 Cos’è “piangere”? TYLTYL Io non ho pianto; è per colpa di questo blu. Ma se a-vessi pianto, sarebbe la stessa cosa. BAMBINO#1 Si piange spesso? TYLTYL I bambini no, ma le bambine… non si piange qui? BAMBINO#1 Ma no, non lo so. TYLTYL Beh, imparerai. Con cosa giochi? Quelle grandi ali blu? BAMBINO#1 Queste? Sono per l’invenzione che farò sulla Ter-ra. TYLTYL Quale invenzione? Ha inventato qualcosa? BAMBINO#1 Ma sì, non lo sai? Quando sarò sulla Terra, biso-gnerà che inventi la Cosa che Rende Felici. TYLTYL È buona da mangiare? Fa rumore? BAMBINO#1 Ma no, non si sente nulla. TYLTYL Che peccato. BAMBINO#1 Ci lavoro tutti i giorni. È quasi completa. Vuoi vederla? TYLTYL Naturalmente, dov’è? BAMBINO#1 Là, la si vede da qui, fra quelle due colonne. BAMBINO#2 (Avvicinandosi a Tyltyl e tirandolo per la manica.) Vuoi vedere la mia? TYLTYL Sì, cos’è? BAMBINO#2 I trentatré rimedi per prolungare la vita. Là, in quei flaconi blu. BAMBINO#3 (Uscendo dalla folla.) Io porterò una luce che nes-suno conosce! (S’illumina completamente di una fiamma straordina-ria.) È piuttosto curioso, non trovi?

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BAMBINO#4 (Tirando Tyltyl per il braccio.) Vieni a vedere la mia macchina che vola nell’aria come un uccello senza ali. BAMBINO#5 No, no; prima la mia che trova i tesori che si na-scondono nella luna! (I Bambini Blu si accalcano attorno a Tyltyl gridando tutti insieme: “No, no, vieni a vedere la mia! No, la mia è più bella! La mia è stupe-facente! La mia è tutta di zucchero! La sua non è curiosa! Mi ha ruba-to l’idea!” Tra queste esclamazioni disordinate, i piccoli Viventi vengo-no trascinati a lato delle Officine Blu; e là, ciascuno degli inventori mette in funzione la sua macchina. È tutto un girare ceruleo di ruote, dischi, volanti, ingranaggi, pulegge, cinghie, oggetti strani ancora senza nome che racchiudono i vapori blu dell’irreale. Una schiera di apparec-chi bizzarri e misteriosi s’innalza e plana sotto le volute, o striscia ai piedi delle colonne, mentre i bambini srotolano delle carte e dei piani, aprono libri, scoprono statue azzurre, portano enormi fiori e frutti gigan-teschi, che sembrano formati da zaffiri e turchesi.) BAMBINO#6 (Curvo sotto il peso di colossali pratoline azzurre.) Guarda i miei fiori! TYLTYL Cosa sono? Non li conosco. BAMABINO#6 Sono pratoline! TYLTYL Non è possibile! Sono grandi come ruote. BAMBINO#6 E come profumano! TYLTYL (Annusandole.) Prodigiose! BAMBINO#6 Saranno così quando sarò sulla Terra. TYLTYL Quando? BAMBINO#6 Tra cinquantatrè anni, quattro mesi e nove gior-ni. (Arrivano dei Bambini Blu che portano, come un lampadario appeso a una pertica, un incredibile grappolo d’uva i cui chicchi sono più grandi di pere.) BAMBINO#7 (Che porta il grappolo.) Cosa dici dei miei frutti? TYLTYL Un grappolo di pere!

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BAMBINO#7 Ma no, è uva! Sarà tutta così, quando avrò trent’anni. Ho trovato il mezzo. BAMBINO#8 (Schiacciato sotto un cesto di mele blu grosse come me-loni.) E io! Guarda le mie mele! TYLTYL Ma sono dei meloni! BAMBINO#8 Ma no, sono mele, e le meno belle! Saranno tutte così quando sarò Vivente. Ho trovato il sistema! BAMBINO#9 (Portando su una carriola blu dei meloni blu più grossi di zucche.) E i miei piccoli meloni? TYLTYL Ma sono zucche! BAMBINO#9 Quando verrò sulla Terra, i meloni saranno fieri! Sarò il giardiniere del Re dei Nove Pianeti.14 TYLTYL Il Re dei Nove pianeti? Dov’è? RE DEI NOVE PIANETI (Avanzando fieramente. Sembra avere quattro anni e tenersi a malapena in piedi sulle gambette.) Eccomi! TYLTYL Beh! Non sei grande. RE DEI NOVE PIANETI (Grave e sentenzioso.) Quel che farò sa-rà grande. TYLTYL Cosa farai? RE DEI NOVE PIANETI Fonderò la Confederazione Generale dei Pianeti Solari. TYLTYL (Interdetto.) Ah, davvero? RE DEI NOVE PIANETI Ne faranno parte tutti, eccetto Satur-no, Uranio e Nettuno che sono a distanze esagerate e incom-mensurabili. (Si ritira con dignità.) TYLTYL È interessante. BAMBINO#10 E vedi quello? TYLTYL Quale? BAMBINO#10 Là, il piccolo ai piedi della colonna. TYLTYL Sì? BAMBINO#10 Porterà la gioia pura sul globo. TYLTYL Come?

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BAMBINO#10 Per mezzo di idee che nessuno ha ancora avuto. TYLTYL E l’altro, il grassottello con le dita nel naso, cosa farà lui? BAMBINO#10 Deve trovare il fuoco per riscaldare la terra quando il sole sarà pallido. TYLTYL E i due che si tengono per mano e si baciano tutto il tempo, sono fratello e sorella? BAMBINO#10 Ma no. Che buffi, sono gli Innamorati. TYLTYL Cosa significa? BAMBINO#10 Non lo so. È Tempo che li chiama così per can-zonarli. Si guardano sempre negli occhi, si baciano e si dicono addio. TYLTYL Perché? BAMBINO#10 Pare non potranno partire insieme. TYLTYL E il piccolo roseo, che sembra così serio e si succhia il pollice, chi è? BAMBINO#10 Pare debba cancellare l’ingiustizia dalla Terra. TYLTYL Ah? BAMBINO#10 Dicono sia un lavoro spaventoso. TYLTYL E il piccolo rosso che cammina come non ci vedesse. È cieco? BAMBINO#10 Non ancora; ma lo diventerà. Guardalo bene, pare sconfiggerà la morte. TYLTYL Cosa vuol dire? BAMBINO#10 Non so esattamente; ma si dice sia una grande impresa. TYLTYL (Mostrando una folla di bambini addormentati ai piedi delle colonne, sui gradini, le panche, etc.) E tutti quelli che dormono – quanti sono! – non fanno niente? BAMBINO#10 Pensano a qualcosa. TYLTYL A cosa?

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BAMBINO#10 Non lo sanno ancora; ma devono portare qual-cosa sulla Terra, è vietato uscire a mani vuote. TYLTYL Chi lo vieta? BAMBINO Tempo, che sta alla porta. Vedrai quando aprirà. È davvero fastidioso. BAMBINO#11 (Accorrendo dal fondo della sala, fendendo la folla.) Buongiorno, Tyltyl! TYLTYL Toh! Come fa a sapere il mio nome? BAMBINO#11 (Baciando Tyltyl e Mytyl con effusione.) Buongior-no! Va tutto bene? Andiamo, baciami, e anche tu, Mytyl. Non c’è da sorprendersi che sappia il tuo nome, perché sarò tuo fra-tello. Mi hanno appena detto che eri qui. Ero in fondo alla sala, stavo imballando le mie idee. Di’ a mamma che sono pronto. TYLTYL Come? Conti di venire a casa nostra? BAMBINO#11 Naturalmente, l’anno prossimo, la domenica delle Palme. Non tormentarmi troppo quando sarò piccolo. So-no contento di avervi baciato prima. Di’ a papà di riparare la culla. Si sta bene a casa nostra? TYLTYL Non c’è male. E mamma è così buona! BAMBINO#11 E il cibo? TYLTYL Dipende. Ci sono giorni in cui ci sono anche dei dolci, non è vero, Mytyl? MYTYL A Capodanno e al Quattordici di Luglio. Li fa mamma. TYLTYL Cos’hai là, in quel sacco? Ci porterai qualcosa? BAMBINO#11 (Fierissimo.) Porterò tre malattie: la scarlattina, la pertosse e il morbillo. TYLTYL Beh, se è tutto qui! E poi, cosa farai? BAMBINO#11 Dopo me ne andrò. TYLTYL Sarà proprio valsa la pena di venire! BAMBINO#11 Abbiamo scelta?

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(A questo punto, si sente innalzarsi e diffondersi una sorta di vibrazione prolungata, possente e cristallina che sembra provenire dalle colonne e dalle porte d’opale, che irradiano una luminosità più viva.) TYLTYL Cos’è? BAMBINO#12 È Tempo! Apre le porte! (Immediatamente, un’ondata d’irrequietezza si propaga tra la folla dei Bambini Blu. La maggior parte lascia le proprie macchine e il proprio lavoro, molti tra quelli addormentati si svegliano, e gli uni come gli altri rivolgono gli occhi verso e porte di opale e vi si avvicinano.) LUCE (Raggiungendo Tyltyl.) Cerchiamo di nasconderci dietro le colonne. Non bisogna che Tempo ci scopra. TYLTYL Da dove viene questo rumore? BAMBINO#12 È l’Aurora che si sveglia. È l’ora in cui i bambini che nasceranno oggi scendono sulla Terra. TYLTYL Come scenderanno? Ci sono delle scale? BAMBINO#12 Vedrai. Tempo tira il catenaccio. TYLTYL Chi è Tempo? BAMBINO#12 È un vecchio che viene a chiamare quelli che partono. TYLTYL È cattivo? BAMBINO#12 No, ma non ascolta nulla. Puoi supplicarlo quanto vuoi, quando non è il proprio turno, respinge chiunque voglia andarsene. TYLTYL Sono felici di partire? BAMBINO#12 Non siamo contenti quando restiamo; ma siamo tristi quando andiamo. Là! Là! Ecco che apre! (Le grandi porte opaline rullano lentamente sui loro cardini. Si odono, simili a una musica lontana, i rumori della Terra. Un chiarore rosso e verde penetra nella sala e Tempo, alto vegliardo dalla barba fluttuante, armato della sua falce e della sua clessidra, appare sulla soglia, mentre si notano le estremità delle vele bianche e dorate di una galea, ormeggia-ta a una sorta di banchina che forma i vapori rosati dell’Aurora.)

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TEMPO (Sulla soglia.) Quelli per cui è suonata l’ora, sono pron-ti? BAMBINI BLU (Spintonando tra la folla e accorrendo da tutte le parti.) Eccoci! Eccoci! Eccoci! TEMPO (Con voce burbera, ai bambini che sfilano davanti a lui per uscire.) Uno a uno! Hanno risposto più di quanti abbia chiama-to! È sempre lo stesso! A me non la si fa! (Respingendo un bambi-no.) Non è il tuo turno! Torna indietro, sarà per domani! Nem-meno tu, torna indietro e ritorna tra dieci anni. Un tredicesimo pastore? Ne servono solo dodici, non se ne ha più bisogno, non siamo più ai tempi di Teocrito o di Virgilio. Ancora dei medici? Ce ne sono già troppi; si lamentano di loro sulla Terra. E gli in-generi, dove sono? Serve un onest’uomo, uno soltanto, come un fenomeno. Dov’è allora questo onest’uomo? Sei tu? (Un bambino annuisce.) Mi sembri assai gracilino, non vivrai a lungo! Ohilà, voi altri, là, non così in fretta. E tu, cosa porti? Niente? A mani vuote? Allora non si passa. Prepara qualcosa, un grande crimine, se vuoi, o una malattia, per me è uguale, ma serve qualcosa. (No-tando un piccolo che gli altri spingono in avanti e che resiste con tutte le sue forze.) Ebbene, tu, cos’hai? Sai bene che è l’ora. Serve un eroe che combatta l’ingiustizia; sei tu, bisogna partire. BAMBINI BLU Non vuole, signore. TEMPO Come? Non vuole? Dove crede di essere, questo nane-rottolo? Niente reclami, non ne abbiamo il tempo. BAMBINO#13 (Che viene spinto.) No, no! Non voglio! Preferisco non nascere! Preferisco restare qui! TEMPO Non si tratta di questo. Quando è l’ora, è l’ora! An-diamo, svelto, avanti! BAMBINO#14 (Facendosi avanti.) Oh! Lasciatemi passare! Pren-derò il suo posto! Si dice che i miei genitori siano vecchi e mi aspettino da così tanto.

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TEMPO Non è questo! L’ora è l’ora e il tempo è il tempo. Non si finirebbe mai, ad ascoltarvi. Uno vuole, l’altro rifiuta, è trop-po presto, è troppo tardi. (Scartando dei bambini che hanno invaso la soglia.) Non così in fretta, piccoli. Indietro i curiosi! Coloro che non partono non hanno nulla da vedere. Ora avete fretta; poi, quando sarà il vostro turno, avrete paura e indietreggerete. Toh, eccone quattro che tremano come foglie. (A un bambino che, sul punto di varcare la soglia, si ritira bruscamente.) Ebbene? Cos’hai? BAMBINO#15 Ho dimenticato la cassetta contenente i due crimini che dovrò commettere. BAMBINO#16 E io il pentolino che racchiude l’idea per illu-minare le masse. BAMBINO#17 Ho dimenticato l’innesto della mia pera più bel-la. TEMPO Correte in fretta a cercarli! Non ci restano che seicen-tododici secondi. La galea dell’Aurora batte già le vele per segna-lare che sta aspettando. Arrivate troppo tardi e non nascerete più. Andiamo, svelti, imbarcatevi! (Acciuffando un bambino che vuole passargli fra le gambe per guadagnare il molo.) Ah! Tu, no, per esempio. È la terza volta che provi a nascere prima del tuo tur-no. Che non ti prenda più, altrimenti sarà l’attesa eterna presso mia sorella Eternità; e sai che là non è divertente. Allora, siamo pronti? Tutti al proprio posto? (Passando con lo sguardo i bambini riuniti sul molo o già seduti sulla galea.) Ne manca ancora uno. Può nascondersi quanto vuole, lo vedo nella folla. A me non la si fa. Andiamo, tu, il piccolo chiamato l’Innamorato, di’ addio alla tua bella. (I due piccoli chiamati Innamorati, teneramente abbracciati con il viso livido di disperazione, avanzano verso Tempo e s’inginocchiano ai suoi piedi.) INNAMORATA Signor Tempo, lasciatemi partire con lui!

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INNAMORATO Signor Tempo, lasciatemi restare con lei! TEMPO Impossibile! Non ci restano che trecentonovantaquat-tro secondi. INNAMORATO Preferisco non nascere! TEMPO Non si ha scelta. INNAMORATA (Supplicante.) Signor Tempo, arriverò troppo tardi! INNAMORATO Non ci sarò più, quando lei scenderà! INNAMORATA Non lo rivedrò più! INNAMORATO Saremo soli al mondo! TEMPO Tutto questo non mi riguarda. Reclamate presso la Vi-ta. Io unisco, separo, secondo quanto mi viene detto. (Acciuffan-do uno dei due bambini.) Vieni! INNAMORATO (Dibattendosi.) No, no, no! Anche lei! INNAMORATA (Aggrappandosi al vestito dell’altro.) Lasciatelo! Lasciatelo! TEMPO Ma andiamo, non è per morire, è per vivere! (Trasci-nandolo.) Vieni! INNAMORATA (Tendendo perdutamente le braccia verso il bambino che viene portato via.) Un segno! Un solo segno! Dimmi come ri-trovarti! INNAMORATO Sarò il più triste! Per questo, mi riconoscerai! (Lei cade e rimane stesa al suolo.) TEMPO Fareste meglio a sperare. E ora, è tutto! (Consultando la sua clessidra.) Non ci restano che sessantatrè secondi. (Ultimi e violenti movimenti agitati tra i bambini che partono e che ri-mangono. Scambi di addii precipitosi: “Addio, Pierre! Addio, Jean! – Hai tutto quello che serve? Annuncia il mio pensiero. – Hai scordato nulla? – Cerca di riconoscermi! – Ti ritroverò. – Non perdere le tue ide-e. – Non sporgerti troppo sullo Spazio. – Fammi avere tue notizie! –

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Dicono non sia possibile. – Sì, sì, tenta comunque! – Prova a farmi sa-pere se è bello. – Ti verrò incontro. – Nascerò su un trono.” etc.) TEMPO (Agitando le sue chiavi e la sua falce.) Basta così! Basta co-sì! Levate l’ancora! (Le vele della galea passano e spariscono. Si sentono allontanarsi le gri-da dei bambini sull’imbarcazione: “Terra! Terra! La vedo! Com’è bella! Com’è chiara! Com’è grande!” Poi, come uscendo dal fondo di un abis-so, un canto estremamente lontano di allegria e di attesa.) TYLTYL (A Luce.) Cos’è? Non sono loro che cantano. Si direb-bero altre voci. LUCE Sì, è il canto delle madri che vengono loro incontro. (Contemporaneamente, Tempo richiude le porte opaline. Ritorna per lanciare un ultimo sguardo alla sala, e improvvisamente nota Tyltyl, Mytyl e Luce.) TEMPO (Stupefatto e furioso.) Cos’è? Cosa fate voi qui? Chi siete? Perché non siete blu? Da dove siete entrati? (Avanza minacciando-li con la falce.) LUCE (A Tyltyl.) Non rispondere! Ho l’Uccello Blu. È nascosto sotto il mio manto. Salviamoci! Ruota il Diamante, perderà le nostre tracce. (Fuggono a sinistra, tra le colonne in primo piano.) Sipario.

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Atto Sesto

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Scena Prima L’addio

La scena rappresenta un muro con una piccola porta. È l’alba.

(Entrano: Tyltyl, Mytyl, Luce, Pane, Zucchero, Fuoco e Latte.) LUCE Non indovinerai mai dove siamo. TYLTYL Certo che no, Luce, dal momento che non lo so. LUCE Non riconosci questo muro e questa porticina? TYLTYL È un muro rosso con una piccola porta verde. LUCE E non ti ricorda niente? TYLTYL Mi ricorda che Tempo ci ha messi alla porta. LUCE Come si è bizzarri quando si sogna. TYLTYL Chi sogna? Io? LUCE Potrei essere io. Chi lo sa? Comunque, questo muro cir-conda una casa che hai visto più di una volta da quando sei na-to. TYLTYL Una casa che ho visto più di una volta? LUCE Ma sì, piccolo addormentato! È la casa che abbiamo la-sciato una sera, per l’esattezza, giorno dopo giorno, un anno fa. TYLTYL Un anno fa? Ma allora… LUCE Non aprire gli occhi come grotte di zaffiri. È lei, è la casa dei tuoi genitori. TYLTYL (Avvicinandosi alla porta.) Ma credo… In effetti… Mi sembra… Questa piccola porta. Riconosco il chiavistello. Sono là? Siamo vicini a mamma? Voglio entrare immediatamente. Vo-glio baciarla immediatamente!

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LUCE Un istante. Dormono profondamente; non bisogna sve-gliarli di soprassalto. Del resto, la porta non si aprirà che quan-do suonerà l’ora. TYLTYL Quale ora? C’è molto da aspettare? LUCE Ohimè, no! Pochi minuti. TYLTYL Non sei felice di ritornare? Cos’hai, Luce? Sei pallida, sembri malata. LUCE Non è nulla, bambino mio. Mi sento un po’ triste, per-ché vi sto per lasciare. TYLTYL Lasciarci? LUCE È necessario. Non ho più nulla da fare qui; l’anno è fini-to, la Fata ritornerà e ti chiederà dell’Uccello Blu. TYLTYL Ma io non ho l’Uccello Blu! Quello dei Ricordi è di-ventato tutto nero, quello dell’Avvenire è diventato tutto rosso, quelli della Notte sono morti e non ho potuto prendere quello della Foresta; è colpa mia se cambiano colore, se muoiono o se scappano? Sarà arrabbiata la Fata, cosa dirà? LUCE Abbiamo fatto ciò che potevamo. Verrebbe da credere che non esista, l’Uccello Blu; o che cambi colore quando lo si metta in gabbia. TYLTYL Dov’è, la gabbia? PANE Qui, padrone. Fu affidata alle mie diligenti cure durante questo lungo e periglioso viaggio; oggi che la mia missione si conclude ve la restituisco, intatta e ben chiusa, tale e quale a come la ricevetti. (Come un oratore che prende la parola.) Adesso, a nome di tutti, mi sia permesso di aggiungere qualche parola… FUOCO Non gli è stata data la parola! ACQUA Silenzio! PANE Le malevole interruzioni di un nemico miserabile, di un rivale invidioso (Alzando la voce,) non mi impediranno di compi-re il mio dovere fino in fondo. È dunque a nome di tutti…15 FUOCO Non il mio. La lingua ce l’ho!

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PANE È dunque a nome di tutti, e con emozione contenuta, ma sincera e profonda, che prendo congedo dai due bambini prede-stinati, la cui nobile missione termina oggi. Dicendo loro addio con tutta l’afflizione e tutta la tenerezza di una stima reciproca. TYLTYL Come? Addio? Ci lascerete anche voi? PANE Ohimè! È necessario. Vi lascio, è vero; ma la separazione non sarà che apparente, non mi sentirete più parlare. FUOCO Non sarà male! ACQUA Silenzio! PANE (Dignitoso.) Questo non mi riguarda. Dicevo, dunque: non mi sentirete più, non mi vedrete più nella mia forma ani-mata. I vostri occhi si chiuderanno alla vita invisibile delle cose; ma sarò sempre là, nella madia, sullo scaffale, sulla tavola, a fianco della zuppa, io che sono, oso dire, il più fedele commen-sale e il più vecchio amico dell’Uomo… FUOCO E io? LUCE Andiamo, i minuti passano, l’ora che ci farà tornare al Silenzio sta per suonare. Sbrigatevi a baciare i bambini. FUOCO (Precipitandosi.) Io per primo, prima io! (Abbraccia vio-lentemente i bambini.) Addio, Tyltyl e Mytyl! Addio, miei piccoli cari. Ricordatevi di me se doveste incendiare qualche parte. MYTYL Ahi! Ahi! Mi brucia! TYLTYL Ahi! Ahi! Mi scotta il naso! LUCE Andiamo, Fuoco, moderate un po’ il vostro trasporto. Non sono il vostro camino. ACQUA Che idiota! PANE E maleducato. ACQUA (Avvicinandosi ai bambini.) Vi bacerò senza farvi del ma-le, teneramente, bambini miei. FUOCO State in guardia, bagna! ACQUA Sono amorevole e dolce; sono buona per gli umani… FUOCO E gli annegati?

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ACQUA Amate le fontane, ascoltate i ruscelli. Sarò sempre là… FUOCO A inondare tutto! ACQUA Quando la sera siederete ai bordi delle sorgenti – ce n’è più di qualcuna, qui nella foresta – provate a comprendere quello che tentano di dire. Non ce la faccio più. Le lacrime mi soffocano e m’impediscono di parlare… FUOCO Non si direbbe! ACQUA Ricordatevi di me quando vedrete la caraffa. Mi trove-rete anche nella brocca, nell’annaffiatoio, nella cisterna e nei rubinetti. ZUCCHERO (Naturalmente ipocrita e mellifluo.) Se resta un po’ di spazio, nei vostri saluti, ricordate che talvolta la mia presenza vi fu dolce. Non posso dirvi di più. Le lacrime sono contrarie al mio temperamento, e mi fanno male quando mi cadono sui piedi. PANE Gesuita! FUOCO (Guaendo.) Bastoncino di zucchero! Caramella! TYLTYL Ma dove sono finiti Tylette e Tylô? Cosa fanno? (Nello stesso momento, si sentono strilli acuti lanciati da Gatta.) MYTYL (Allarmata.) È Tylette che piange! Le stanno facendo del male! (Entra correndo Gatta, arruffata, spettinata, gli abiti strappati, e te-nendosi un fazzoletto sulla guancia, come avesse male ai denti. Lancia gemiti rabbiosi, inseguita da vicino da Cane, che la travolge di testate, pugni e calci.) CANE (Picchiando Gatta.) Là! Ti basta? Ne vuoi ancora? Là! là! là! LUCE, TYLTYL E MYTYL (Precipitandosi a separarli.) Tylô! Sei pazzo? Giù! Vuoi finirla? Non ti ho mai visto così! Aspetta! A-spetta! (Li separano energicamente.) LUCE Cosa c’è? Cos’è successo?

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GATTA (Piagnucolando e asciugandosi gli occhi.) È lui, signora Lu-ce. Mi ha insultata, mi ha messo i chiodi nella minestra, mi ha tirato la coda, mi ha picchiata, e non avevo fatto niente, niente di niente, niente di niente! CANE (Imitandola.) Niente di niente, niente di niente! (Sottovo-ce, facendole sberleffi.) È uguale, ne hai avute, ne hai avute, e stai certa, ne avrai ancora! MYTYL (Stringendo Gatta fra le braccia.) La mia povera Tylette, dimmi dove hai male. Piangerò anch’io. LUCE (A Cane, severamente.) La vostra condotta è ancor più ri-provevole, dato che scegliete, per donarci questo triste spettaco-lo, il momento già abbastanza penoso in cui stiamo per separarci da questi poveri bambini. CANE (Improvvisamente calmo.) Separarci da questi poveri bam-bini? LUCE Sì, l’ora che sapete sta per suonare. Ritorneremo al Silen-zio. Non potremo più parlare loro. CANE (Lanciando di colpo delle sincere urla di disperazione e gettan-dosi sui bambini che travolge di carezze impetuose e tumultuose.) No, no! Io non voglio! Io non voglio! Io parlerò sempre! Mi com-prendi ora, non è così, mio piccolo Dio? Sì, sì, sì! E ci diremo tutto, tutto, tutto! E sarò molto saggio. E imparerò a leggere, a scrivere e a giocare a domino! E sarò sempre molto pulito. E non vorrò più niente dalla cucina. Vuoi che faccia uno dei miei giochi? Vuoi che baci Gatta? MYTYL (A Gatta.) E tu, Tylette? Non hai nulla da dirci? GATTA (Enigmatica.) Vi amo entrambi, nella misura in cui lo meritate. LUCE Adesso che è il mio turno, bambini miei, vi dono l’ultimo bacio.

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TYLTYL e MYTYL (Aggrappandosi all’abito di Luce.) No, no, no, Luce! Resta qui, con noi! Papà non dirà niente. Diremo a mamma che sei stata buona. LUCE Ohimè! Non posso. Questa porta ci è chiusa e io vi devo lasciare. TYLTYL Dove andrai tutta sola? LUCE Non sarò lontana, bambini miei; laggiù; nel paese del Si-lenzio delle cose. TYLTYL No, no; io non voglio. Verremo con te. Dirò a mam-ma… LUCE Non piangete, miei cari piccini. Non ho una voce come Acqua; non ho che la mia chiarezza che l’Uomo non sente. Ma veglierò su di lui fino alla fine dei giorni. Ricordate che sono io a parlarvi in ogni raggio di luna che si spande, in ogni stella che sorride, in ogni aurora che sorge, in ogni lampada che si accen-de, in ogni pensiero buono e chiaro della vostra anima. (Suonano le venti dietro il muro.) Ascoltate! Suona l’ora. Addio! La porta si apre! Entrate, entrate, entrate! (Spinge i bambini nell’apertura della piccola porta che si schiude e si richiude su di loro. Pane asciuga una lacrima furtiva. Zucchero, Acqua etc., tutti in lacrime, fuggono precipi-tosamente e spariscono a destra e a sinistra dietro le quinte. Urla di Cane fuori scena. Il palco resta vuoto un istante, poi lo sfondo raffigu-rante il muro della piccola porta si apre a metà, per scoprire l’ultimo quadro.)

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Seconda Scena Il risveglio

Lo stesso interno della prima scena, ma tutto, i muri, l’atmosfera, appa-re incomparabilmente, magicamente, più fresco, più sorridente, più feli-ce. La luce del giorno filtra gaiamente attraverso tutte le fessure delle imposte chiuse.

(A destra, in fondo alla stanza, nei loro lettini, Tyltyl e Mytyl sono pro-fondamente addormentati. La gatta, il cane, e gli oggetti sono al posto che occupavano nel primo quadro, prima dell’arrivo della Fata. Entra Mamma Tyl.) MAMMA TYL (Con tono di allegro rimprovero.) In piedi, andiamo, in piedi! Pigroni! Non vi vergognate? Sono suonate le otto, il so-le è già più alto della foresta! Cielo! Come dormono, come dormono! (Si piega e bacia i bambini.) Sono tutti rosa. Tyltyl sa di lavanda e Mytyl di mughetto. (Baciandoli ancora.) Come sono bel-li i bambini! Ma non possono dormire fino a mezzogiorno. Non se ne può fare dei pigri. E poi, ho sentito dire che non fa troppo bene alla salute. (Scuotendo dolcemente Tyltyl.) Andiamo, andiamo, Tyltyl. TYLTYL (Svegliandosi.) Cosa? Luce? Dov’è? No, no, non andar-tene. MAMMA TYL Luce? Ma certo che c’è. E già da un bel po’. È chiaro come a mezzogiorno, benché le imposte siano chiuse. A-spetta un po’ che le apro. (Spinge le imposte, l’accecante chiarore del giorno invade la stanza.) Là, ecco! Cos’hai? Hai l’aria di essere ac-cecato. TYLTYL (Stropicciandosi gli occhi.) Mamma, mamma! Sei tu!

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MAMMA TYL Ma certo che sono io. Chi vorresti che fossi? TYLTYL Sei tu. Ma sì, sei tu! MAMMA TYL Ma sì, sono io. Non ho cambiato viso questa notte. Cos’hai da guardarmi come una meraviglia? Ho il naso al rovescio, per caso? TYLTYL Oh! Com’è bello rivederti! È da così tanto tempo, così tanto tempo! Bisogna che ti baci subito. Ancora, ancora, ancora! E poi, è proprio il mio letto! Sono a casa! MAMMA TYL Cos’hai? Non ti sei svegliato? Non sarai malato? Vediamo, mostrami la lingua. Andiamo, alzati e poi vestiti. TYLTYL Toh! Sono in camicia! MAMMA TYL Naturalmente. Metti i pantaloni e la giacca. So-no là, sulla sedia. TYLTYL Ho fatto così tutto il viaggio? MAMMA TYL Quale viaggio? TYLTYL Ma sì, l’anno scorso. MAMMA TYL L’anno scorso? TYLTYL Ma sì! A Natale, quando sono partito. MAMMA TYL Quando sei partito? Non hai lasciato la stanza. Ti ho messo a letto ieri sera e ti ho ritrovato questa mattina. Hai forse sognato? TYLTYL Ma tu non capisci! È stato l’anno scorso, quando sono partito con Mytyl, la Fata e Luce. È buona, Luce! Pane, Zucche-ro, Acqua e Fuoco, bisticciavano tutto il tempo. Non ti sei ar-rabbiata? Non sei stata troppo triste? E papà, cos’ha detto? Non potevo rifiutare. Ho lasciato un biglietto per spiegare. MAMMA TYL Cosa vai cianciando? Certo che sei malato, o dormi ancora? (Gli dà uno spintone amichevole.) Andiamo, sveglia-ti! Allora, va meglio? TYLTYL Ma mamma, te l’assicuro. Sei tu a dormire ancora. MAMMA TYL Come! Io dormo ancora? Sono in piedi dalle sei. Ho fatto tutte le faccende e riacceso il fuoco.

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TYLTYL Ma domanda a Mytyl se non è vero. Ah! Abbiamo avu-to di quelle avventure! MAMMA TYL Come, Mytyl? Allora? TYLTYL Era con me. Abbiamo rivisto il nonno e la nonna. MAMMA TYL (Sempre più sbigottita.) Nonno e nonna? TYLTYL Sì, nel Paese dei Ricordi. Era sulla nostra strada. Sono morti, ma stanno bene. La nonna ci ha fatto una bella torta alle prugne. E poi i fratellini, Robert, Jean, la sua trottola, Madeleine e Pierrette, Pauline e poi Riquette. MYTYL Riquette cammina a quattro zampe! TYLTYL E Pauline ha sempre il suo brufolo sul naso.16 MYTYL Abbiamo visto anche te ieri sera. MAMMA TYL Ieri sera? Non è sorprendente, visto che ti ho messa a letto. TYLTYL No, no, al Giardino delle Felicità, eri molto più bella, ma ti assomigliavi. MAMMA TYL Il Giardino delle Felicità? Non lo conosco. TYLTYL (Contemplandola, poi baciandola.) Sì, eri più bella, ma ti preferisco così. MYTYL (Abbracciandola egualmente.) Anch’io, anch’io. MAMMA TYL (Intenerita, ma assai inquieta.) Mio Dio! Cos’hanno? Li perderò come ho perso gli altri! (Improvvisamente sconvolta, chiama.) Papà Tyl, Papà Tyl! Vieni! I piccoli sono mala-ti! (Entra papà Tyl, calmo con un’ascia in mano.) PAPÀ TYL Cos’hai? TYLTYL e MYTYL (Accorrendo gioiosamente per baciare loro padre.) Guarda, è papà! È papà! Buongiorno, papà! Hai lavorato bene quest’anno? PAPÀ TYL Allora? Cosa c’è? Non hanno l’aria malata; hanno un bell’aspetto.

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MAMMA TYL (In lacrime.) Non fidarti. Sarà come per gli altri. Avevano un bell’aspetto anche loro, fino alla fine; e poi il buon Dio li ha presi. Non so cos’abbiano. Sembravano tranquilli quando ieri sera li ho messi a letto; e stamattina, quando si sono svegliati, ecco che tutto è andato male. Non sanno più quello che dicono; parlano di un viaggio. Hanno visto la luce, il nonno, la nonna, che sono morti ma stanno bene. TYLTYL Ma nonno ha sempre la sua gamba di legno. MYTYL E nonna i suoi reumatismi. MAMMA TYL Senti? Corri a cercare il medico! PAPÀ TYL Ma no, ma no. Non sono ancora morti. Andiamo, vediamo un po’. (Bussano alla porta di casa.) Entrate! (Entra la Vicina, piccola vecchia che assomiglia alla Fata del primo at-to, e che cammina appoggiandosi a un bastone.) VICINA Buongiorno e buona festa a tutti! TYLTYL È la Fata Beriluna! VICINA Vengo a cercare un po’ di fuoco per la mia zuppa della festa. È molto freddo stamattina. Buongiorno bambini, va tutto bene? TYLTYL Signora Fata Beriluna, non ho potuto trovare l’Uccello Blu. VICINA Cosa dice? MAMMA TYL Non parlatemene, signora Berlingot. Non sa più quello che dice. Sono così da quando si sono svegliati. Devono avere mangiato qualcosa di andato a male. VICINA Ebbene, Tyltyl, non riconosci mamma Berlingot, la tua vicina Berlingot? TYLTYL Ma sì, signora. Voi siete la Fata Beriluna. Non siete ar-rabbiata? VICINA Beri… cosa? TYLTYL Berliluna. VICINA Berlingot, vuoi dire Berlingot.

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TYLTYL Beriluna, Berlingot, come volete, signora. Ma Mytyl, che sa bene… MAMMA TYL Ecco il peggio, anche Mytyl! PAPÀ TYL Bah, bah! Passerà; gli darò qualche schiaffo. VICINA Lasciate, non ne vale la pena. So di cosa si tratta; non sono altro che un po’ di sogni. Avranno dormito in un raggio di luna. La mia bambina che è molto malata è spesso così. MAMMA TYL A proposito, come va, la vostra bambina? VICINA Così così. Non può alzarsi. Il dottore dice che sono i nervi. Però so cosa la guarirebbe. Me l’ha chiesto di nuovo que-sta mattina, come dono di Natale; è un’idea fissa. MAMMA TYL Sì, lo so, è sempre l’uccello di Tyltyl. Allora, Tyltyl, non lo regalerai una buona volta a quella povera piccola? TYLTYL Cosa, mamma? MAMMA TYL Il tuo uccello. Per quello che te ne fai. Non lo guardi più, ormai. Lei muore d’invidia da tanto di quel tempo. TYLTYL Toh, è vero, il mio uccello. Dov’è? Ah! Ecco la gabbia. Mytyl, vedi la gabbia? È quella che portava Pane. Sì, sì, è proprio la stessa; ma non è rimasto che un uccello. Avrà mangiato l’altro? Guarda! Ma è blu! Ma è la mia tortorella! Ma è molto più blu di quando sono partito. Ma è l’Uccello Blu che abbiamo cercato! Siamo andati così lontani e lui era qui! Ah! È meravi-glioso. Mytyl, vedi l’uccello? Cosa direbbe Luce? Ora sgancio la gabbia. (Monta su una sedia e sgancia la gabbia che porta alla Vici-na.) Eccola, signora Berlingot. Non è ancora completamente blu; lo diventerà, vedrete. Ma portatelo in fretta alla vostra bambina. VICINA No? Davvero? Me lo regali, così, subito e per niente? Cielo! Come sarà contenta! (Baciando Tyltyl.) Bisogna che ti baci! Vado! Vado! TYLTYL Sì, sì, andate, presto. Ce ne sono che cambiano colore. VICINA Tornerò a dirvi cosa dice. (Esce.)

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TYLTYL (Dopo essersi guardato attorno a lungo.) Papà, mamma; cos’avete fatto alla casa? È la stessa, ma è molto bella. PAPÀ TYL Come è più bella? TYLTYL Ma sì, tutto è ridipinto, tutto è rimesso a nuovo, tutto riluce, tutto è pulito. Non era così, l’anno scorso. PAPÀ TYL L’anno scorso? TYLTYL (Andando alla finestra.) E la foresta! Com’è grande, com’è bella! Si crederebbe sia nuova! Come siamo felici qui! (Andando ad aprire la madia.) Dov’è il pane? Toh! Sono tranquilli. E poi, ecco Tylô! Buongiorno, Tylô, Tylô! Ah! Come ti sei battu-to! Ti ricordi nella foresta? MYTYL E Tylette? Mi riconosce, ma non parla più. TYLTYL Signor Pane… (Toccandosi la fronte.) Ecco, non ho più il Diamante! Chi mi ha preso il cappellino verde? Tanto peggio! Non ne ho più bisogno. Ah! Fuoco! Com’è bello! Scintilla ri-dendo per fare infuriare Acqua. (Correndo alla pompa.) E Acqua? Buongiorno, Acqua! Cosa dice? Parla ancora, ma non la capisco più altrettanto bene. MYTYL Non vedo lo zucchero. TYLTYL Cielo, come sono felice, felice, felice! MYTYL Anch’io, anch’io! MAMMA Cos’hanno da girare così? PAPÀ TYL Lascia, non t’inquietare. Giocano a essere felici. TYLTYL A me piace sopratutto la luce. Dov’è la sua lampada? Possiamo accenderla? (Guardandosi ancora attorno.) Cielo! Com’è tutto bello e come sono contento! (Bussano alla porta di casa.) PAPÀ TYL Entrate. (Entra la vicina, tenendo per mano una bambina bionda e meravigliosa che trattiene fra le braccia la tortorella di Tyltyl.) VICINA Vedete il miracolo! MAMMA TYL Non è possibile! Cammina?

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VICINA Cammina! È come dire che corre, danza, vola! Quando ha visto l’uccello, ha saltato… Così! Un salto verso la finestra, per vedere alla luce se era davvero la tortorella di Tyltyl. E poi, pufff! In strada, come un angelo. Sono riuscita appena a starle dietro. TYLTYL (Avvicinandosi meravigliato.) Oh! Assomiglia a Luce! MYTYL Ma è molto più piccola. TYLTYL Sicuro! Ma crescerà. VICINA Cosa dicono? Stanno ancora male? MAMMA TYL Va meglio, passerà. Quando avranno pranzato, scorderanno tutto. VICINA (Spingendo la bambina fra le braccia di Tyltyl.) Andiamo, va’ piccola mia, va’ a ringraziare Tyltyl. (Tyltyl, immediatamente intimidito, arretra di un passo.) MAMMA TYL Allora, Tyltyl, cos’hai? Hai paura di una bambi-na? Andiamo, baciala. Su, un grosso bacio. Meglio di così. Sei sfacciato di solito! Ancora uno! Ma cos’hai? Si direbbe tu ti stia per mettere a piangere. (Tyltyl, dopo avere goffamente baciato la bambina, resta un momento in piedi davanti a lei, e i due si guardano senza parlare. Poi, Tyltyl ca-rezza la testa dell’uccello.) TYLTYL È blu abbastanza? BAMBINA Ma sì, sono contenta. TYLTYL Ne ho visiti di più blu. Ma quelli davvero blu, sai, non c’è nulla da fare, non si riesce a catturarli. BAMBINA Non importa, è molto grazioso. TYLTYL Ha mangiato? BAMBINA Non ancora. Cosa mangia? TYLTYL Di tutto, del grano, del pane, del mais, le cicale. BAMBINA Come fa a mangiare? TYLTYL Con il becco, guarda, ti mostro.

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(Fa per prendere l’uccello dalle mani della bambina; questa resiste istin-tivamente, e, approfittando dell’esitazione del loro gesto, la tortorella scappa e vola via.) BAMBINA (Lanciando grida di disperazione.) Mamma! È partito! (Scoppia in singhiozzi.) TYLTYL Non è niente. Non piangere. Lo riprenderò. (Avanzan-do sul davanti della scena e rivolgendosi al pubblico.) Se qualcuno lo ritrova, vorrebbe restituircelo? Ne abbiamo bisogno per essere felici più tardi… Sipario.

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Note

1 Con riferimento agli abiti “color del tempo”, “color della luna” e “color del sole” della fiaba Pelle d’asino di Charles Perrault. N.d.R. [Torna] 2 Walter Crane: noto illustratore di fiabe del tardo Diciannove-simo secolo. N.d.R. [Torna] 3 John Bull: famosa stampa settecentesca creata originariamente da John Arbuthnot, raffigurante il Regno Unito nella forma di un uomo panciuto. N.d.R. [Torna] 4 Nell’edizione inglese: il costume de il gatto con gli stivali: par-rucca incipriata, cappello tricorno, mantello violetto o azzurro cielo. [Torna] 5 In francese “Pains de quatre livres”, panini da quattro libbre. [Torna]

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6 In francese “sucres d'orge”. Più volte citato nel testo, si evince es-sere inteso come lecca lecca o bastoncini di zucchero. [Torna] 7 Questa e le successive battute inerenti la preghiera, nell’edizione inglese sono diverse.

NONNO TYL Ma sì, non c’è male, non c’è male; e se solo si potesse fumare un po’. TYLTYL Non ti è permesso fumare? NONNO TYL Sì, è permesso; ma ho rotto la mia pipa. NONNA TYL Sì, sì, tutto andrebbe bene… etc.

[Torna] 8 Con riferimento a François Achille Bazaine, generale francese, anche noto come “le traître de Metz”. È considerato uno dei prin-cipali responsabili della disfatta francese nella guerra franco-prussiana del 1870. N.d.R. [Torna] 9 Battuta dell’edizione inglese:

LUCE No, è preferibile io resti alla porta del cimitero con le Cose e gli Animali. Alcuni di loro si spaventerebbero troppo e temo gli altri si comporterebbero male. Fuoco, in particola-re, vorrebbe bruciare i morti, come ai tempi andati; e non è più ammesso. Ti lascerò solo con Mytlyl.

[Torna]

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10 Nell’edizione inglese:

I pesanti ornamenti in primo piano, gli spessi tendaggi rossi si distaccano e spariscono, svelando un immenso e magnifico atrio. Una sorta di cattedrale di gratitudine e serenità; alta, innocente e quasi trasparente, le cui infinite tende giacciono su colonne lunghe snelle, limpide e lisce, che suggeriscono l’architettura delle chiese palladiane o alcuni disegni del Car-paccio, il noto La presentazione delle vergini esposto alla Gal-leria degli Uffizi.

[Torna] 11 Nell’edizione inglese l’intervento del diavoletto è assente. La commedia prosegue con la successiva battuta di Luce. [Torna] 12 Battuta aggiuntiva dell’edizione inglese, riferita alla Gioia di Essere Buoni:

Perché se ci lasciasse, saremmo quasi disgraziate, quanto le Disgrazie stesse.

[Torna] 13 Battuta aggiuntiva dell’edizione inglese:

Ve ne sono molti di più. Non li si vede tutti. Ci sono trenta-mila stanze come questa, tutte piene etc.

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[Torna] 14 Nell’edizione inglese il Re dei Nove Pianeti si chiama Re dei Tre Pianeti e non interviene direttamente nella commedia. In seguito, Tyltyl prosegue il dialogo con Bambino#1, che sostitui-sce Bambino#10.

BAMBINO#9 Quando verrò sulla Terra, i meloni saranno fieri! Sarò il giardiniere del Re dei Tre Pianeti TYLTYL Il Re dei Tre Pianeti? BAMBINO#9 Il grande re che per trentacinque anni porterà felicità alla Terra, Marte e la Luna. Puoi vederlo da qui. TYLTYL Dov’è? BAMBINO#9 Là, il bambino piccolo che dorme ai piedi di quella colonna. TYLTYL A sinistra? BAMBINO#9 No, a destra. Quello sulla sinistra è il bambino che porterà pura gioia al globo. TYLTYL Come? BAMBINO#1 Per mezzo di idee che nessuno ha ancora avu-to. TYLTYL E l’altro, il grassottello con le dita nel naso, cosa fa-rà lui? etc.

[Torna] 15 Nell’edizione inglese, nei saluti finali delle cose e degli ele-menti sono presenti alcune battute aggiuntive. Inoltre, intervie-ne anche Latte, soppresso nell’ebook in lingua francese.

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PANE Le malevole interruzioni di un nemico miserabile, di un rivale invidioso… FUOCO Un rivale invidioso! Cosa saresti senza di me? Un grumo di pasta informe e indigesta. ACQUA Ordine! FUOCO Non mi faro mettere sotto da te! (Si minacciano a vicenda, quasi al punto di fare a pugni.) LUCE (Alzando la propria bacchetta.) Ne ho abbastanza! PANE Gli insulti e le pretese ridicole di un elemento la cui notoria cattiva condotta e i cui scandalosi eccessi trascinano il mondo alla disperazione… FUOCO Tu, grassa faccia di pasta! PANE (Alzando la voce.) Non mi impediranno di compiere il mio dovere fino in fondo. Desidero, pertanto, a nome di tut-ti… FUOCO Non mio. La lingua ce l’ho! PANE A nome di tutti e con emozione contenuta ma sincera e profonda, prendo congedo dai due bambini predestinati, la cui nobile missione termina oggi. Dicendo loro addio con tutta l’afflizione e tutta la tenerezza di una stima reciproca. TYLTYL Come? Ci dite addio? Ci lasciate anche voi? PANE Ohimè! È necessario, dal momento che l’ora in cui gli occhi degli Uomini verranno aperti non è ancora arrivata. Vi lascio, è vero; ma la separazione non sarà che apparente, non mi sentirete più parlare. FUOCO Non sarà male! ACQUA Silenzio! FUOCO Rimarrò in silenzio quando tu smetterai di balbet-tare nei bollitori, nei pozzi, nei ruscelli, nelle cascate e nei ru-binetti. LUCE (Minacciandoli con la sua bacchetta.) Basta così, mi avete sentito? Siete tutti molto litigiosi, è la prossima separazione

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che vi dà così ai nervi. PANE (Dignitoso.) Questo non mi riguarda. Dicevo, dunque: non mi sentirete più, non mi vedrete più nella mia forma a-nimata. I vostri occhi si chiuderanno alla vita invisibile delle cose; ma sarò sempre là, nella madia, sullo scaffale, sulla tavo-la, a fianco della zuppa, io che sono, oso dire, il più fedele commensale e il più vecchio amico dell’Uomo… FUOCO E io? LUCE Andiamo, i minuti passano, l’ora sta che ci farà torna-re al Silenzio sta per suonare. Sbrigatevi a baciare i bambini. FUOCO (Precipitandosi.) Io per primo, prima io! (Abbraccia violentemente i bambini.) Addio, Tyltyl e Mytyl! Addio, miei piccoli cari. Ricordatevi di me se mai aveste bisogno di qual-cuno per mettere a fuoco qualche luogo. MYTYL Ahi! Ahi! Mi brucia! TYLTYL Ahi! Ahi! Mi scotta il naso! LUCE Andiamo, Fuoco, moderate un po’ il vostro trasporto. Non avete a che fare con il vostro camino. ACQUA Che idiota! PANE E maleducato. FUOCO Là, guardate; metterò le mani nelle mie tasche. Ma non dimenticatemi. Io sono un amico dell’Uomo. Sarò sem-pre là, nella terra e nel forno; e verrò qualche volta ed estrar-rò la mia lingua per voi quando avrete freddo o sarete tristi. Sarò caldo d’inverno e arrostirò le castagne per voi. ACQUA (Avvicinandosi ai bambini.) Vi bacerò senza farvi del male, teneramente, bambini miei. FUOCO State in guardia, bagna! ACQUA Sono amorevole e dolce; sono buona per gli uma-ni… FUOCO E gli annegati?

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ACQUA Amate le fontane, ascoltate i ruscelli. Sarò sempre là… FUOCO A inondare tutto! ACQUA Quando la sera siederete ai bordi delle sorgenti – ve n’è più di qualcuna, qui nella foresta – provate a comprende-re quello che tentano di dire… FUOCO Ne ho abbastanza! Ne ho abbastanza! Non so nuo-tare! ACQUA Non sarò più in grado di dirvi che vi amo chiara-mente come oggi; ma non dimenticate che è ciò che dico quando sentite la mia voce. Ohimè! Non ce la faccio più. Le lacrime mi soffocano e m’impediscono di parlare… FUOCO Non si direbbe! ACQUA Ricordatevi di me quando vedrete la caraffa. Ohi-mè! Dovrò essere silenziosa là, ma i miei pensieri saranno sempre con voi. Mi troverete egualmente nella brocca, nell’annaffiatoio, nella cisterna e nei rubinetti. LATTE (Avvicinandosi timidamente.) E io nella brocca del latte. TYLTYL Cosa, anche tu, mio caro Latte, così timido e buo-no? Se ne vanno tutti? ZUCCHERO (Naturalmente ipocrita e sdolcinato.) Se resta un po’ di spazio, nei vostri saluti, ricordate che talvolta la mia presenza vi fu dolce. Non posso dirvi di più. Le lacrime sono contrarie al mio temperamento, e mi fanno male quando mi cadono sui piedi. etc.

[Torna] 16 Nell’ebook inglese, le battute successive dell’edizione francese, sono sostituite dalle seguenti, fino all’entrata in scena di Papà Tyl.

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TYLTYL E Pauline ha sempre il suo brufolo sul naso. MAMMA TYL Avete trovato la chiave della credenza dove papà nasconde la bottiglia di brandy? TYLTYL Papà nasconde una bottiglia di brandy? MAMMA TYL Certamente. Si deve nascondere ogni cosa quando si hanno piccoli ficcanaso buoni a nulla come voi. Ma andiamo, fatela finita, confessa che l’hai presa. Preferirei fosse questo. Non lo dirò a papà. Non ti picchierò. TYLTYL Ma, mamma, non so dove sia. MAMMA TYL Vieni qui davanti a me, così ch’io veda se vai dritto. (Tyltyl obbedisce.) No, non è questo. Mio Dio! Cos’hanno? Li perderò come ho perso gli altri! (Improvvisa-mente sconvolta, chiama.) Papà Tyl, Papà Tyl! Vieni! I piccoli sono malati! (Entra papà Tyl, calmo con un’ascia in mano.) etc.

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Analisi dell’opera L’Uccello Blu a cura di Marcella Andreini

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Perché mai la morte sarebbe altra cosa,

e più morta, che la vita?

Maurice Maeterlinck

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Siamo alla vigilia di Natale, dalla finestra due fratellini Tyltyl e Myltyl ammirano i giocattoli e i dolci che imbandiscono le tavo-le delle case altrui; immediato il collegamento alla scena de La piccola fiammiferaia di Hans Christian Andersen, dove la piccola, con i suoi pochi fiammiferi, illumina le stanze ricche di addobbi e cibo, che lei non aveva. Qui c’è anche la musica che inebria, che crea una sorta di magia e i bambini, seguendo questa magia, trasportati in una danza euforica partono per un viaggio imma-ginario, cominciando a gustare quei dolci come fossero veri. È questo viaggio della fantasia la premessa al viaggio centrale dell’opera, il viaggio iniziatico che durerà, apparentemente, una notte intera. È la vigilia di Natale, periodo di nascite solstiziali, ed ecco l’eterna lotta tra la Notte e la Luce. “Siamo tutti più buo-ni” si usa dire in questo periodo, in fondo, questa semplice af-fermazione cela la trasformazione legata a questo momento: non siamo gli stessi di sempre, siamo più buoni, quindi diversi, tra-sformati. Trasformazioni legate al solstizio d’inverno che si veri-fica, nell’emisfero nord della Terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre. Il buio della notte raggiunge la massima esten-sione e la luce del giorno la minima, si verificano cioè la notte più lunga e il dì più corto dell’anno. È durante questa lunga notte che i due bambini viaggeranno, guidati da Luce, alla ricer-ca dell’Uccello Blu che porterà felicità nelle loro vite, non con grandi cambiamenti fisici ma donando loro la capacità di vedere la vita di sempre attraverso una nuova Luce. Saranno capaci di guardare con nuovi occhi le vecchie cose di sempre.

Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma appare più visibile il terzo o quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce

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e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. Questa interpretazione “astro-nomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data cele-brativa presente in culture e paesi così distanti tra loro; pensia-mo, per esempio, come nelle fiabe che rispondono ad archetipi comuni, il giorno di Natale appaia spesso come tempo che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti, per i quali, di solito, è pre-vista una rinascita, un miglioramento. Effettivamente, anche il viaggio di Tyltyl e Myltyl è un viaggio solstiziale: sembra spro-fondare nelle tenebre, passando per i luoghi della morte, dove i bambini incontreranno i nonni da tempo defunti, per poi entra-re nel Reame dell’Avvenire, dove incontreranno i bambini non ancora nati, tra questi il loro futuro fratellino.

I bambini si trovano nella loro casa, è una casa povera, in cui si respira miseria, bisogni e desiderio ma, in realtà, ossia per me-glio dire, dal punto di vista simbolico c’è tutta la vita: luce, fuo-co, pane, latte, acqua e zucchero, un cane e una gatta (che presto subiranno un processo di personificazione); manca il male, ovve-ro la notte. C’è la gatta che è compagna della notte a far presen-te che il confine tra bene e male è sottile. Sarà Gatta, infatti che, pur di salvarsi la vita, chiederà aiuto a Notte anche a costo della vita dei due bambini. È il gatto legato alla notte ma anche al diavolo e alle streghe. Dalla finestra Myltyl e Tyltyl vedono arri-vare due carrozze da cui escono 12 bambini o, forse, sono delle bambine, sembra all’autore non interessi precisare se si tratti di maschi o di femmine. Sono forse anche questi dei simboli? Il 12 è un numero che torna più volte all’interno dell’opera: per l’esattezza 12 volte. L’opera stessa è divisa in 6 atti e 12 quadri; i 12 bambini escono da due carrozze a 6 cavalli (quindi in totale anche i cavalli sono 12). Che cosa rappresenta il numero 12? Subito pensiamo ai 12 mesi e ai segni dello Zodiaco, quindi termini relativi al tempo, coerentemente con l’importanza del

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collocare la vicenda in una notte di solstizio e al termine dell’anno. Il dodici, esotericamente, è associato alle prove fisiche e mistiche che deve compire l’iniziato; il superamento di tali prove porta ad un miglioramento. In molte culture i riti iniziati-ci si compiono all’età di dodici anni, dopo di che, il giovane vie-ne riconosciuto appartenente all’età adulta.

Il carro, legato alla carrozza che porta i dodici bambini, nella sua interpretazione mitologica è l’elemento che unisce il cielo e la Terra. Nelle pitture è rappresentato infuocato o alato e porta in cielo il dio Sole o altre divinità, sia della religione Cristiana che pagana. In molte religioni, l’apparizione delle divinità sul carro, significava la comparsa del bene e del male sulla Terra. Esplicito il mito legato a Proserpina che, intenta a cogliere dei fiori, nel momento in cui sta per afferrare un bel narciso, incon-tra Plutone, sbucato sulla sua carrozza da una voragine della ter-ra. Plutone afferra Proserpina, portandola nelle viscere del suo-lo. Ne farà la sua sposa ma anche la sua compagna di morte.

Luce che conduce Tyltyl e Myltyl ha una sua forma e intensi-ficazione nel Diamante che viene donato a Tyltyl, collocato so-pra un berretto che il bambino deve portare sempre addosso. Il Diamante con le sue sfaccettature dà visioni e prospettive diver-se, oltre ad avere caratteristiche come durezza, tenacia e lucen-tezza. Simbolo di potenza spirituale, può rappresentare la ten-denza all’illuminazione interiore. Secondo Plinio è un talismano contro tutti i veleni e tutte le malattie capace di allontanare gli spiriti malvagi e i brutti sogni. Con il Diamante sulla testa, i due bambini, che nel finale saranno definiti “predestinati”, ne acqui-siscono tutte le caratteristiche.

È quindi un viaggio iniziatico? Sembrerebbe di sì anche dalla risposta della Fata al dubbio di Tyltyl che non sa dove si trovi l’Uccello Blu e, quindi, dove cercarlo:

Tyltyl: Ma non so dov’è.

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Fata: Nemmeno io. Per questo bisogna cercarlo. Una sorta di ricerca dell’ideale, che c’è, ma non sappiamo

quale forma abbia e dove in realtà si trovi; il compito è cercarlo. Come già spiegato, Alla alla fine dell’opera i due bambini saran-no definiti “predestinati”. È da considerarsi un viaggio iniziatico soprattutto perché i viaggiatori sanno che alla fine del percorso dovranno morire; in realtà non moriranno: torneranno alla loro vita ma avranno una nuova visione della loro vecchia esistenza; la casa dei bambini non apparirà più povera ma sarà una casa ricca di amore; vedranno la loro mamma in modo diverso, dopo che, durante il viaggio avranno conosciuto Amore Materno (la Gioia Senza Pari dell’Amore Materno). È la loro vecchia vita che è morta, non la loro vita fisica. La ricerca dell’Uccello Blu rappre-senta questa ricerca, la ricerca della Felicità, ossia di una visione che getta luce sulle cose.

Il contatto più esplicito con la morte si verificherà quando i bambini incontreranno i loro nonni defunti. Saranno loro a re-galare ai nipoti un uccello blu che però, all’esterno dalla dimen-sione morte, si rivelerà essere nero. Ma, se l’Uccello Blu è simbo-lo di felicità, ricordiamo come risponde la nonna, riguardo alla condizione di morto: “Non c’è più nulla da temere, non si è mai ma-lati, non si hanno più inquietudini”. Possibile sia una sorta di Felici-tà?

In questo mondo di opposti (Luce-Notte, Acqua-Fuoco) se e-siste il Regno della Morte non può certo mancare il Reame dell’Avvenire, dove Myltyl e Tyltyl incontreranno il loro fratelli-no che nascerà e dal quale sapranno che porterà sulla terra tre cose: la scarlattina, la pertosse e il morbillo, per poi morire. Qui Luce trova e cattura l’Uccello Blu. Ma arrivati a casa, Tyltyl avrà una certezza: “Quello dei Ricordi è diventato tutto nero, quello dell’Avvenire è diventato tutto rosso, quelli della Notte sono morti e non ho potuto prendere quello della Foresta; è colpa mia se cambiano colore,

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se muoiono o se scappano?” risponde Luce: “Abbiamo fatto ciò che potevamo. Verrebbe da credere che non esista, l’Uccello Blu; o che cam-bi colore quando lo si metta in gabbia.”

L’Uccello Blu diventa nero al contatto con la luce. La luce della Verità è il limite alla felicità; la luce della ragione che svela segreti agli uomini, in realtà, li allontana dalla felicità stessa. “Notte: Signore, signore! In che tempi viviamo! [...] Non comprendo più l’Uomo, da qualche anno. Dove vuole arrivare? Deve conoscere davvero ogni cosa? Ha già carpito un terzo dei miei Misteri.” Luce, infatti, non può entrare nel Giardino delle Felicità, a meno che non riesca a velarsi: “Non posso entrare così nella casa delle Felicità; la maggior parte non mi sopporta. Ma ho qui il velo spesso con cui mi co-pro quando visito la gente felice”. Dilemma che, da qualche secolo, attanaglia la mente dell’Uomo, ossia, se Felicità è impossibile da raggiungere, usando la luce della ragione, della razionalità.

Ma la luce da cui sono guidati Tyltyl e Mytyl è forse quella di una ragione più alta; Luce conduce Luce conduce Tyltyl fino al giardino delle Grandi Felicità, benché lui si sarebbe fermato vo-lentieri da quelle Grosse e volgari, perché non ancora consape-vole. Luce lo esorta a proseguire. Le Grandi Felicità vanno in-contro a Luce, la baciano e la chiamano “sorella”. Le chiedono di svelarsi. Luce nega questa richiesta, ma solo perché “non è ancora arriva-to il momento”.

Quando sarà il momento? Chissà, forse in quel giardino fiori-to in cui si trasforma il cimitero della scena precedente e in cui le tombe sono vuote. Nella ricompensa eterna del paradiso, quando tutto diventa nitido e la luce infine svelerà le Grandi Gioie, nella rivelazione della Luce sapienziale.

Sarà nella foresta che la Quercia dirà a Mytyl: “Tu cerchi l’Uccello Blu, vale a dire il grande segreto delle cose e della felicità, per-ché gli Uomini rendano ancora più dura la nostra schiavitù.” Ma il se-

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greto di tutte le cose e della felicità è da sempre degli animali e delle piante non dell’Uomo. Le piante della foresta e gli animali si ribellano ai due bambini ritenendoli, come rappresentanti del-la razza umana, i distruttori del loro regno.

Luce: “Vedi bene che l’Uomo è solo contro tutti, in questo mondo.” Solo perché si è allontanato dall’anima della Natura,

quell’anima simile all’anima degli altri animali e delle piante, e destinato alla ricerca continua dell’Uccello Blu della Felicità.

Per concludere questa breve analisi, osserviamo come, non solo la Luce, ma anche il Blu abbia un legame con la Sapienza.

Secondo gli gnostici, infatti, il blu è il colore della sophia = sa-pienza divina. Quella sapienza divina che illumina la mente di Tyltyl e Myltyl, portandoli a raggiungere la felicità della consape-volezza illuminata.

Come afferma lo storico francese Michel Pastoureau nel suo libro Blu. Storia di un colore il blu comincia a presentarsi sulla scena culturale e religiosa nel 1100, così in pittura, il mantello della Vergine, che fino ad allora era stato quasi sempre dipinto di scuro, violetto o bianco in segno di lutto ed afflizione, diven-tò blu chiaro e luminoso, trasformandosi in un simbolo di purezza e misericordia. Il Romanticismo adottò il blu come luogo dove risiedevano i grandi ispiratori della poesia: la luna, le stelle, il sogno e soprattutto, l’assoluto.

Sapienza divina, purezza, misericordia e assoluto sono quindi le caratteristiche del Blu; la Luce, tuttavia, ne condivide alcune caratteristiche o aiuta a raggiungerle.

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La compagnia dell’Uccello Blu

I personaggi, nei loro costumi di scena, riportano in vita prota-gonisti delle fiabe classiche, come per creare una nuova opera dominata da archetipi collettivi che di secolo in secolo conti-nuano a vivere, proponendosi in nuove forme.

TYLTYL: indossa il costume di Pollicino (Perrault). È il bam-bino che, nelle fiabe, si allontana da casa o viene abbandonato in un bosco e, dopo molte difficoltà, ritorna al punto di parten-za (la casa) in una situazione trasformata in positivo.

MYTYL: costume di Gretel nella fiaba Hänsel e Gretel o di Cappuccetto Rosso. È la bambina-sorella che segue con fiducia e, senza opporsi, il fratello; è la parte femminile necessaria per-ché il maschile (in questo caso Tyltyl) possa continuare il suo vi-aggio.

LUCE: abito “color della luna” della fiaba Pelle d’asino. È la Luce che guida, ma anche, la luce che vede, in quanto è lei che illumina gli oggetti; per estensione è la luce spirituale che illu-mina ciò che in noi è nascosto. La luce scaccia il buio e fa passa-re la paura; la luce permette di vedere e quindi di agire; la luce del sole è vitale. Il suo significato religioso: nelle diverse religioni ha sempre rappresentato il mondo della vita, gli dei buoni. Nel Nuovo Testamento la simbologia della luce è applicata a Gesù, è la luce che illumina la via della salvezza, ma in particolare in rife-rimento alla resurrezione: la luce che le tenebre non hanno sof-focato. È un po’ il viaggio di Tyltyl e Myltyl.

FATA BERILUNA, VICINA BERLINGOT: costume classi-co delle povere nelle fiabe. È colei che dà il via alla vicenda con la sua richiesta, dà un compito ai bambini “predestinati”: trovare l’Uccello Blu della Felicità. Un ruolo solo apparentemente di se-

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condo piano, è l’“intruso” che pone il problema che i personaggi devono risolvere.

CANE: indossa una tonaca rossa, calzoni bianchi, stivali ver-niciati, cappello cerato; costume che ricorda più o meno quello di John Bull. “Ha un’anima da valletto” sentenzierà Gatta per iro-nizzare, probabilmente, sulla nota fedeltà del cane nei confronti dell’uomo; il Cane protagonista vede Tyltyl come il suo piccolo Dio e, con questo riconoscimento, gli dichiara fedeltà e venera-zione.

GATTA: nella scena, indossa una maglia di seta nera a pail-lettes. Nera come la notte, paillettes brillanti come le stelle; il gatto vive di notte e, nel passato, era associato al demonio e compagno delle streghe.

PANE: indossa un sontuoso costume da pascià. Ha la ten-denza opposta a quella di Gatta, in quanto tende ad essere con-ciliante con tutti e a sedare le risse tra gli stessi viaggiatori. È il primo e il più diffuso nutrimento dopo il latte materno. I greci onoravano la dea del pane, Demetra, ritenuta l’intermediaria con il regno dei morti: in molte tradizioni il pane viene offerto ai defunti per il loro viaggio nell’aldilà; o anche, nel giorno dei morti, esiste ancora la tradizione di lasciare la tavola apparec-chiata affinché i defunti che ci fanno visita, possano ristorarsi. Sarà proprio Pane che, durante il viaggio, donerà una fetta di se stesso a Tyltyl e Myltyl. Nell’Antico Testamento, il pane era con-siderato un dono di Dio, al popolo che cammina nel deserto, manda la manna come segno della sua attenzione e premura per l’uomo.

ZUCCHERO: è vestito con un abito di seta, simile a quello degli eunuchi, metà bianco e metà blu per ricordare la carta d’imballaggio del pan di zucchero. Acconciatura dei guardiani dei serragli degli harem arabi. Anche lui nutrirà i bambini, do-

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nando le sue dita di zucchero che si riformano una volta spezza-te.

FUOCO: ha una maglia rossa, mantello vermiglio con riflessi cangianti, foderato d’oro. Il fuoco riscalda, protegge, illumina, raffina e quindi trasforma, ma allo stesso tempo divora, distrug-ge. Il fuoco è da sempre stato usato per consumare le offerte agli dèi, è quindi diventato segno della presenza di Dio, anche per la carica archetipica che esso ha: Dio è una presenza che riscalda, illumina e protegge, è una presenza irresistibile, che ti raffina e ti trasforma.

ACQUA: ha l’abito “colore del tempo” della fiaba Pelle d’asino.

Pane e acqua, sono essenziali per la vita umana. L’acqua dis-seta, nutre, ma può anche distruggere e creare caos con alluvio-ni. Questo concetto lo ritroviamo nella Bibbia dove l’acqua as-sume il significato della creazione (“in principio”), fonte della vita, ma c’è anche l’acqua del diluvio.