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 · di Lucio Battisti “Un’Avventura”, ... continuiamo a viaggiare con le nostre tende, ... Djanet si trova ai piedi del Tassili

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Page 1:  · di Lucio Battisti “Un’Avventura”, ... continuiamo a viaggiare con le nostre tende, ... Djanet si trova ai piedi del Tassili

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QUARANT ’ANNI

DI AVVENTURE

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Page 2:  · di Lucio Battisti “Un’Avventura”, ... continuiamo a viaggiare con le nostre tende, ... Djanet si trova ai piedi del Tassili

Avventure nel mondo 1 | 2012 - 5

QUARANT’ANNI DI AVVENTURE

Avventure nel mondo 1 | 2012 - 5

QUARANT’ANNI DI AVVENTURE

E ra il 1971 ed il mondo era in fermento, uscivamo da un neonato Istituto Sperimentale per il Turismo dove avevamo trascorso cinque

anni di intensi e impegnativi studi sull’organizzazione del viaggio, quello tradizionale, convenzionale, costoso ed accessibile solo alle classi più agiate. Attraverso una serie di spedizioni alpinistiche in Iran, India e Pakistan e di viaggi che potemmo realizzare in quanto dipendenti della mitica Pan American Airways, ci rendemmo conto che il mondo con il suo fascino e la sua ricchezza culturale, costituiva un immenso patrimonio che poteva essere alla portata di tutti. Nacque cosi Avventure nel Mondo, sulle note della famosa canzone di Lucio Battisti “Un’Avventura”, e il primo viaggio Sahara ‘72: 21 partecipanti pronti a tutto, tre Land Rover noleggiate a Tunisi, 16 giorni per percorrere 6000 km, le tende, la cucina da campo, i viveri e un entusiasmo inesauribile che portò al successo del viaggio. Nasceva cosi lo “Spirito di Avventure” e una” formula alternativa”, innovativa di gestire il viaggio come un‘occasione unica e preziosa di arricchimento culturale, innanzitutto, ma anche di condivisione di socializzazione dell’esperienza dell’incontro con mondi remoti . Quella formula, dopo 40 anni, non ha perso le sue caratteristiche originarie, nonostante un inevitabile adeguamento alle nuove tecnologie della comunicazione, continuiamo a viaggiare con le nostre tende, la cucina da campo, i viveri e ad incontrare splendidi sconosciuti compagni di viaggio uniti dalla stessa passione. Vi proponiamo la relazione del nostro primo viaggio nel deserto e vi annunciamo che il 40°anniversario della nascita di Avventuresarà il tema del Grande Raduno Nazionale di settembre.

Appassionatamente

Vittorio Kulczycki Paolo Nugari

QUARANT’ANNI DI AVVENTURE

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DI AVVENTURE

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Sahara ‘72 24° paralleloIl primo raid nel deserto: partimmo con tre Land Rovers, un grande entusiasmo, una buona dose di incoscienza alla scoperta di piste, dune, montagne sotto immensi cieli africani per rimanere per sempre contagiati da un inguaribile “ mal d’Africa”.

A meno di una settimana dalla prevista partenza ancora non sappiamo quanti saremo.., se partiremo. Questa volta il raptus organizzativo non si è impadro‑

nito del nostro tempo. Abbiamo i posti sull’aereo e 3 Land Rovers che ci aspettano a Tunisi. Il resto che venga da solo. L’importante è formare un gruppo di 7, 14 o 21 persone per utilizzare al massimo la capienza delle nostre mac‑chine. Qualche riunione con Franco Alletto e Cencio Monti era bastata a darci un’idea delle difficoltà che avremmo incontrate lungo la pista. Le pentolacce erano quelle della spedizione Urgus ‘71 ancora sporche dei residui degli ultimi minestroni e le ultime frittate cucinate ai piedi del Menthosa. Un’ultima riunione nella sede della SUCAI e siamo 21, non

lasciando fuori nessuno e occupando appieno le Land Rov‑ers. All’aeroporto di Tunisi un po’ di confusione, carichiamo le macchine e senza indugi partiamo verso Sud. Verso il de‑serto. Abbiamo 15 giorni e quasi 6000 Km davanti a noi. Non possiamo perdere tempo a “fare i turisti!”. Ci siamo portati tutto da Roma: tende, pentole, parte dei viveri, cosi da non essere soggetti ad orari, a disponibi lità alberghiere. Passiamo la prima not te ai bordi della strada di Hammamet. Il giorno dopo siamo al con fine algerino. Nefta, i primi 30 Km di pista. Poi di nuovo l’asfalto. Dobbiamo raggiungere Tam (Tamanrasset) al massimo in 3 giorni. Le macchine sono nuove di fabbrica e ci permettono di tenere una buona media. Passiamo oasi e villaggi, piazziamo i campi tra le dune. Una luna quasi piena illumina le nostre nottate e le pentole da dove Novello, rivelatosi inaspettatamente ottimo cuciniere e vivandiere, riesce a tirar fuori squisite leccornie.A El Golea regolarizziamo la questione dell’assicurazione obbligatoria per le macchine e segnaliamo alla gerdarmeria il nostro itinerario, fino a Tam. Questa formalità è obbligato‑ria e indispensabile. Infatti la gendarmeria segnala la nostra partenza a Tam via radio e in caso di panne c’è la speranza che qualcuno ci venga a cercare. Dovremo ripetere la stessa operazione a Tam e a Djanet.

CAPODANNO SOTTO ZEROTRA I MONTI DELL’HOGGARTamanrasset è un pittoresco villaggio e importante nodo stradale per i traffici diretti al Niger. La popolazione è formata quasi esclusivamente da tuareg i famosi uomini blu del deserto. Alti, dl nobile portamento, avvolti nelle loro vesti blu acceso, con il capo coperto da imponenti turbanti, costituiscono l’elemento più caratteristico di questa remota regione. Un giorno di sosta a Tam per predisporre i riforni‑menti per la prossima tappa verso Djanet e siamo dl nuovo in viaggio L’Hoggar ci appare con le sue Imponenti guglie rocciose. La luna, oramai piena, sorge dietro all’iliman e unisce la sua luce a quella del sole al tramonto creando una atmosfera dl Irreale bellezza. Le macchine procedono lente su per i tornanti che salgono all’Hoggar e nella serata del 31 dicembre puntiamo Il campo In un pianoro tra il Taheleft Sud e il Tinra. E’ l’ultima notte dell’anno. Salutiamo il ‘72 tra canti e salutari bevute. Il freddo è intenso. Organizziamo una cerimonia con odalische velate e le consegna della forchetta d’argento a Novelle e della pinza d’oro a Daniele Fiori, oramai divenuto meccanico ufficiale della spedizione.

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Consegna dellapinza d’oro al meccanico

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L’ 1 gennaio attività alpinistica: un primo gruppo formato da Vittorio Kulczycki, Daniele e Andrea Fiori sale il Taht, la cima più alta dell’Hoggar. Roberto Fernando, Renzo Bragantini, Roberto Francaschetti e Cesare Stefanoli salgono il Tireggunin o G. Litni. Nel pomeriggio di nuovo Ferrante e Bragantini e Franceschetti Laila de Longhi salgono la bellissima guglia del Pic Blanguernon o Aouknet. Gegé Santoro insieme agli altri sale cime minori nei dintorni del campo.II 2 gennaio ci spostiamo sotto il Sawinañ al di là del passo del rifugio C.A.F. Sal‑gono in cima 4 cordate formate da Bragantini, Stefanoli. Kulczycki, Carbonelli, Ferrante, D. Fiori, Franceschetti, De Longhi. Salutiamo con un pò di amarezza queste belle montagne in particolare i 3 Tezuyegg davanti al Sawinan ed iniziano la discesa verso la pista dl Djanet. A 40 km. troviamo una guelta ricca di acqua potabile. Quindi di nuovo la pista. La percorreremo per due giorni interi senza incontrare anima viva. A Fort Gardel il primo pozzo e a Djanet a tarda notte un albergo o meglio delle simpatiche capanne. Djanet si trova ai piedi del Tassili d’Azger un altopiano arido che strapiomba nel versante di Djanet con balze roc‑ciose e profondi canions.L’altopiano è traversato dalla pista “chamelier“ per Ghat, ancora oggi percorsa dalle carovane tuareg provenienti dalla Libia e dirette al Niger. Ne vediamo pas‑sare due nei pressi di Djanet. Portano a sud il prezioso carico di sale e datteri che scambieranno con miglio, tè, cereali. In questo deserto oramai percorso da enormi camion, da gigantesche autocisterne, costellato da centinaia di pozzi petroliferi, il tuareg costituisce un elemento di contrasto, vive la sua esistenza fuori del tempo, presagisce porse la fine di questa sua meravigliosa vita erra‑bonda. Ricordo una poesia tuareg: Il saluto:

Salute a voi, a voi salute, uomini di Timia Gloria a Dio, gloria a Dio chi siete? Siamo Kel Air. Con chi viaggiate, chi vi accompagna? Non abbiamo com-pagni, siamo solo con Dio, selir nekkou d’Iella!(dal libro di Mario Fantin)

Il Tassili d’Azger divenne famoso dopo la scoperta agli inizi del secolo, di pitture e graffiti rupestri preistorìci. L’aria eccezionalmente secca di questa zona li ha conservati per secoli e secoli in grotte e cavità della roccia.Per una visita completa occorrerebbe almeno una settimana noi non abbiamo che 2 giorni. Raggiungiamo la base di una ripida vallata con le Land Rovers. Dopo proseguiamo a piedi in compagnia dei somarelli, che trasportano il nostro bagaglio, e una decina di mulattieri. Dopo 4/5 ore di cammino raggiungiamo ramrit Superiore e piazziamo le tende tra torri e pinnacoli di roccia che fanno apparire questo luogo un borgo medievale con il suo castellaccio in rovina. Visi‑tiamo le grotte di Tan Zoumaitak e di Tamrit Superiore ed ammiriamo queste el‑egantissime figure di animali, guerrieri, donne con ornamenti, immagini simboli‑che dipinte millenni or sono, quando in queste valli scorrevano fiumi, vivevano animali di ogni specie ed il deserto non aveva ancora scacciato un popolo che senza dubbio, aveva raggiunto un alto grado di sensibilità artistica.

UN’AMARA SORPRESATornati a Djanet, andiamo a tentare una nuova via su una bella montagna vicina all’oasi. Siamo in 4: Ferrante, Franceschetti, Stefanoli e Kulczycki mentre Anna Cocco e Laila De Longhi raggiungono la cima per una via più facile. Dopo 4 tirate di corda con difficoltà di 4 e 5 siamo costretti a rinunciare a causa del buio. Un’amara sorpresa ci aspetta al distributore di nafta. Le scorte sono esaurite, l’autocisterna è bloccata nei pressi di Fort Cardel con una balestra sfasciata. Bisognerà aspettare forse una settimana prima che arrivi il pezzo di ricambio partito da In Amenaa, 1000 km. circa più a nord. Ecco quanto può capitare viag‑giando nel deserto dove ogni approvvigionamento dipende dalle condizidoi delle piste e dalla buona sorte che accompagna i camion che le percorrono.E’ il 6 gennaio, abbiamo ancora più di 2000 km. davanti a noi e l’aereo che ci aspetta il pomeriggio a Tunisi. Riusciamo a parlare con il sotto prefetto che sebbene fosse impegnato in una importante riunione trova il modo di aiutarci. A tarda sera ci vengono finalmente assegnati 350 litri di nafta della riserva a disposizione delle autorità locali. Tiriamo un profondo respiro e partiamo.A Illizi, l’ex Fort Polignac della Legione Straniera, l’ultima simpatica esperienza con questa ospitale gente algerina. Entriamo in un piccolo bar, chiediamo di mangiare, siamo un bel gruppo: 21 persone... Il bravo ospite non si scoraggia e sguinzaglia uno sciame di ragazzini che vediamò tornare chi con una padella, chi con un sacco di patate, chi con una bottiglia d’olio. Abbiamo mobilitato tutto il paese e persino il sindaco viene a farci omaggio. Da lllizi una lunga corsa at‑traverso il Grand Erg, 1‑lassi Messaud, la frontiera e finalmente Tunisi dopo 48 ore di guida ininterrotta.Lasciamo le 3 Land Rovers davanti all’aeroporto, sporche di nafta, sabbia semi‑distrutte, sono state le nostre fedeli amiche in queste 2 settimane d’avventura. Le guardiamo con un po’ di nostalgia e già ci sentiamo addosso quel mal d’Africa che ci spingerà a ripercorrere quelle piste polverose, a tornare su quelle solitarie montagne del Sahara.

Vittorio Kulczycki

Hanno partecipato al raid: Vittorio Kulczycki, Roberto Franceschetti, Cesare Stefanoli, Roberto e Maria Ferrante, Renzo e Carla Bragantini, Gemma e Novello Valentino, Silvano Carbonelli, Anna Cocco, Laila De Longhi, Anna Maria Sopelsa, Daniele Fiori, Eugenio Santoro, Karin Gunnarson, Paolo Monaci, Paolo ed Elda Conforto, Maria Donnarumma, Andrea Fiori, che un componente della comitiva ha così ricordato:

Tre donne sempre allegre e senza fretta pe’ tre organizzatori d’avventura ‘na coppia un po’ passata de cottura un coco co la moje suffraggettaun generale candido e de lusso‘naggiustatore che ‘na settimana ha voluto dormì a la spartanamentre er fratello ripassava er “russo”una svedese un po’ vegetarianache se stava a lavà sempre le mano‘no spillungone mezzo capitanoco’ na dorcissima moje puritanana “donna rumba” da la voce d’oroar seguito de re fotografiadu’ sposi tutto “cara” e “mio tesoro”e poi un locale che st’a a fa la spiascoprenno tutte le magagne loroecco, co’era lì la compagnia.

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Sulla vetta del Sawinañ Hoggar

Consegna dellapinza d’oro al meccanico

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