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ARCUMEGGIA 2012 LUDENS

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ARCUMEGGIA 2012

LUDENS

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PROARCUMEGGIA

MOSTRA D’ARTE

BOTTEGADEL

PITTORE

ENRICO BAJI L G I O C O D E L L ' A R T E

Catalogo a cura diFlavio Moneta - Roberta Cerini Baj - Luigi Sangalli

Comune diCasalzuigno

COMUNITÀ MONTANAVALLI DEL VERBANO

ACCORDO PER LA GESTIONE E VALORIZZAZIONEDEL PAESE DIPINTO DI ARCUMEGGIA

Con il contributo di:

Con il patrocinio di:

Cultura

Università degli stUdi dell’insUbria

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Sapevamo che Enrico Baj viveva nella tranquilla Vergiate, avendo scelto di diventare di fatto un “provinciale”, pur essendo nato a Milano. Lo consideravamo una “stella” del nostro ter-ritorio, senza stupirci eccessivamente della sua fama, come di quella di altri illustri artisti e uomini di cultura domiciliati nelle terre varesine.Ogni mostra che ne riproponga le opere, come la presente ad Arcumeggia, è occasione per ricordare la grandezza di Baj e la sua cruciale importanza. Nessuno come lui è stato così in-ternazionale e così incisivo nella storia dell’arte contemporanea. Dagli anni del Movimento Nucleare, di cui fu fondatore, alla partecipazione a movimenti artistici come il Surrealismo, il Nouveau Realisme e la Patafisica. I suoi contatti erano con gli intellettuali di tutta Europa, da Ernst e Duchamp a Lucio Fontana, Yves Klein e Asger Jorn. Le ideologie dei movimenti artistici del Novecento nascevano da questi contatti, dai confronti, dai manifesti ai quali Baj dava un fondamentale apporto.Le sue opere avevano e hanno la freschezza dell’avanguardia degli anni giusti - ben diversa dalle tante imitazioni a venire -, avevano ed hanno la forza originale della sperimentazione e la profondità di una poetica coerente. L’aspetto ironico e ludico delle varie serie - “specchi”, “mobili”, “dame” e “generali” -, create con i materiali più vari, si combinava con un profondo e determinato impegno sociale, al quale non era estranea la scelta di abitare in provincia.Contrario alle forme più volgari di potere, sensibile alle grandi tragedie del mondo contem-poraneo, critico contro la tecnologia esasperata, la disumanizzazione e il consumismo, Enrico Baj ricercava nel primitivismo la forma più consona a rappresentare il valore dell’arte, con-temporaneamente sacra e dissacrante, come vediamo nelle “maschere tribali” e nei “totem”. I vasti interessi culturali di Baj lo portarono anche all’illustrazione di molti libri di poeti e scrittori classici e moderni e persino alla realizzazione di straordinarie marionette mos-se dal più esaltante dei burattinai, Massimo Schuster, per le rappresentazioni di Ubu Roi, dell’Iliade o della battaglia di Roncisvalle.Una commistione tra le arti particolarmente congeniale ad Enrico Baj che, come tanti gran-di uomini, si appassionava al gioco come all’unica cosa veramente seria e se ne serviva per dire la sua indignazione e il suo impegno.

Luciana RuffinelliAssessore Sport e Giovani - Regione Lombardia

Decorato al valore dell'arte, 1961

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Un gradito ritorno. Il primo incontro tra Enrico Baj e Arcumeggia risale al 1977 e oggi, dopo più di trent’anni, l’artista torna a impreziosire questo meraviglioso borgo con le sue opere. Ed è anche attraverso la sua importante produzione artistica che passa la riscoperta e il rilancio di Arcumeggia, un pugno di case incastonate in un contesto ambientale in-contaminato e ancor oggi brillante esempio di galleria d’arte permanente all’aperto.Provincia di Varese non può che salutare con entusiasmo iniziative come questa, carat-terizzata da una raffinata competenza, da una sensibilità artistica capace di esaltare l’o-pera e il suo creatore e che ha il pregio di catturare l’attenzione di chi si lascia affascinare dall’arte e attraverso la sua fruizione la completa e la esalta, innervandola, di volta in volta, di rinnovata linfa vitale. Riportare ad Arcumeggia Enrico Baj e lo spirito creativo che sca-turisce da ogni sua opera, significa consolidare il lungo e complesso percorso di rilancio del borgo, significa dare forza alla progettazione che l’amministrazione provinciale ha messo in campo per la conservazione e il recupero delle opere. Significa, infine, accendere la curiosità nei visitatori e donare l’incanto di visitare una mostra nella mostra, poiché chi sale i tornanti che portano al borgo non si lascerà sfuggire l’occasione di una passeggiata tra vie e cortili alla ricerca e alla riscoperta dei muri affrescati, dei segni d’arte lasciati qui per sempre. Vorrei chiudere con un sincero ringraziamento agli artefici di questo appun-tamento, ovvero Flavio Moneta, Roberta Cerini Baj e Luigi Sangalli, per l’idea e la sapiente passione con cui l’hanno realizzata, ricavando anche una spazio per i bambini, nel solco di quanto ci ha lasciato Enrico Baj con le sue opere.

Francesca BrianzaAssessorato alla Cultura

Provincia di Varese

Museo della Ceramica di Cerro di Laveno, aprile 1993

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Ad ogni evento che si realizza ad Arcumeggia si rinnova l'entusiasmo e si torna a percepire la forza creativa che muove l'artista e dà corpo ad ogni sua espressione: nel caso di Enri-co Baj e delle opere presenti in questa mostra ciò è particolarmente vero, per il carattere dell'artista e per la sua immediata, giocosa e al tempo stesso critica visione del mondo e dell'uomo.Attraverso manifestazioni di questo livello si manifesta l'impegno delle istituzioni e delle realtà associative locali nel promuovere arte e cultura nel nostro territorio, valorizzandone le peculiarità, offrendo a chi lo abita e a chi lo visita significative occasioni di arricchi-mento e riflessione. Arcumeggia rappresenta uno dei luoghi dove tradizione e confronto creativo si fondono e ci parlano con intensità, dove l'Arte è di casa, testimoniata dalle opere che incontriamo sui suoi muri, ma anche una delle realtà di un più ampio Circui-to Culturale che abbraccia e permea il più vasto territorio delle comunità e delle valli: il nostro impegno è rivolto oggi a far emergere la ricchezza e la bellezza di tante eccellenze, riconoscendone il valore e diffondendone la cultura, stimolando il dialogo e ponendo in risalto le peculiarità di ciascuna. Salutiamo con gioia questa nuova iniziativa della stagione artistica 2012 ad Arcumeggia, con l'auspicio che essa saprà suscitare l'interesse di un vasto pubblico e nella consapevo-lezza che rappresenti un momento importante dell'offerta culturale di un territorio in cui natura, tradizioni e cultura sono valori fondamentali.

Marco MagriniPresidente Comunità Montana Valli del Verbano

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La mostra di Enrico Baj costituisce, non solo per l’anno in corso, ma nell’ambito delle varie mostre organizzate durante gli anni ad Arcumeggia, uno degli eventi artistici più impor-tanti di sempre.Si può ritenere inoltre che tale mostra rappresenti, non solo per Arcumeggia ma per l’in-tero territorio varesino, uno degli appuntamenti di carattere culturale di maggiore impor-tanza del 2012.Ad Arcumeggia le mostre hanno quasi sempre avuto come protagonista un artista legato al territorio della provincia di Varese e, anche questa volta, con Baj, viene rispettato il connubio arte e territorio. Tuttavia, in questa occasione, l’importanza dell’autore, maestro indiscusso dal punto di vista storico dell’arte contemporanea, permette di superare ampia-mente i confini del nostro territorio fornendo alla manifestazione un respiro di carattere nazionale.Da questa mostra emerge, infine, un messaggio molto importante ovvero che, anche in un periodo storico complicato sotto vari aspetti, economici e sociali, l’impegno di tutti, amministrazioni pubbliche, associazioni private e volontari, permette, comunque, di rea-lizzare manifestazioni di notevole rilievo culturale e artistico.A tutti coloro che hanno partecipato e permesso l’organizzazione della mostra va il ringra-ziamento di tutta l’Amministrazione Comunale e mio personale.

Vincenzo GiovineAssessore alla Cultura del Comune di Casalzuigno

Enrico Bajcon Innocente Salvini, giugno 1975

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“Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare”: lo scrisse Novalis (1772-1801) in uno dei suoi Frammenti, e credo che Enrico Baj ce ne ab-bia lasciato un esempio attraverso le sue opere, che abbia davvero creato una “Fantastica”. Quadri come giochi, collages, assemblaggi che hanno tutta la freschezza di un'espressione bambina, quasi un sogno, fantasioso ed improbabile in forme e colori, divertito e ironico, capace di trasformare la realtà e di mostrarcene aspetti insospettabili e diversi, di aiutarci a scomporla e interpretarla in modo inconsueto e non convenzionale. La mostra delle sue opere ad Arcumeggia costituisce un evento di straordinaria importan-za per il Paese degli Affreschi, che rinnova ad ogni stagione le proprie proposte all'insegna della bellezza creativa dell'Arte: ne siamo grati a tutti coloro che lo hanno reso possibile, con competenza e con passione, regalandoci ancora una volta nuove emozioni. Un grazie particolare a Roberta Cerini Baj per aver reso possibile l'esposizione, a Dino Azzalin e Flavio Moneta per aver operato fattivamente alla sua realizzazione, agli Enti territoriali per averla sostenuta, a Luigi Sangalli per la collaborazione preziosa e per l'o-spitalità nella sua “Sangalleria”, ancora una volta accanto alla Bottega del Pittore e solidale con tutto il territorio.

Angela ViolaPresidente Pro Loco di Arcumeggia

Arcumeggia - Agosto 1977Enrico Baj inaugura il corso di pittura per i giovani

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L E M A S C H E R E

Baj: [...] Incontrai anche lui. [Claude Lévi-Strauss, NdR] e venni sempre più attratto nell'orbita di un discorso sull'uomo, a partire dai tempi primitivi fino a oggi.

Caprile: È questa ricerca che ti ha condotto negli ultimi anni alle "maschere tribali"?

Si concentra qui tutta un'atmosfera che in parte c'era già e che rappresentava un congiungimentò con le visioni africane del Doganiere Rousseau e con le Impressions d'Afrique di Raymond Roussel. [ ... ]

[Le maschere] talvolta nel ghigno e nell'atteggiamento ricordano i tuoi "generali".

C'è quella con il martello al posto del naso e ce n'è una con una sega che sembra tagliar la testa in due. Anche le maschere hanno talvolta quadranti d'orologio a fungere da occhi.

Per certi versi hanno, un altro significato. Mentre i "generali" rappresentavano l'arroganza del potere, queste talvolta sono giocose e altre volte tramandano rabbia, dolore anche fisico, proprio attraverso quella allegoria a cui tu hai fatto cenno.

Quella maschera che ha in testa una vera Campbell's Soup alla Warhol ne ha piene le scatole di Warhol e dello star-system americano.

Portano dentro di sé il superamento di una serie di travestimenti.

In un certo senso la maschera è l'ultima via di evasione per mezzo della copertura e della simulazione del volto.

Luciano Caprile, Conversazioni con Enrico Baj, Eleuthera, Milano 1997, pp. 108, 113.Etanakis, 1993

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Benalulua , 1995Endukugga, 1995

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Tina Toma, 1994Memme-Tum, 1994

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Benin mask, 1993Assurbanipal, 1995

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C O L L A G E D I L E G O

IL LEGO

[…] Nell’estate del ‘63 partecipavo alla mostra «Visione Colore» organizzata a Venezia a Palazzo Grassi e vi esponevo un considerevole numero di opere, dopo che Paolo Marinotti aveva insistito per una mia presenza significante. Per la mia partecipazione pensai di realizzare delle opere con delle materie o meglio con dei manufatti differenti e più chiaramente riferibili a un mio ludismo di invenzione e al gioco. Così comprai in grande quantità dei pezzi di Lego e delle scatole di meccano. Con quei tasselli di plastica che sono il Lego feci numerosi quadri, sempre tenendo come sottofondo dei tessuti decorativi, mentre coi meccani eseguivo parecchie sculture aventi in se stesse un carattere di figurazione meccanica. […]

Tratto da Enrico Baj da Automitobiografia, Rizzoli, Milano 1983, pag. 114

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Lego 14, 1963Lego 12, 1963

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REALTÀ DELLA PITTURA

[…] Il quadro tende oggi a non essere più quello di prima. Non più la composizione di tanti bei colorini limitati dal disegno, ma è piuttosto l'assieme bruciante, talvolta satirico, persino umoristico, degli oggetti, delle cose, delle merci e del colore dell'uomo: delle sue città, della sua spazzatura e dei suoi fiori.Il pittore tende quindi oggi a incorporare nel quadro l'impronta, il disegno, il gesto dell'uomo, come fece Pollock circa quindici anni fa; il pittore va ancora più in là e tende a incorporare la realtà stessa, le cose, gli oggetti reali, un muro scrostato, il ferro. […]

Tratto da Enciclopedia Universale Seda della Pittura Moderna, Vol. I, 1968, pag. 171

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I bambini sono felici, 1963

5x4=201963

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M E C C A N I

[…] in me c’era anche un altro elemento di cambiamento: l’elemento critico e polemico, che può riguardare il fatto stesso di dipingere, ma che può inoltre rifarsela con la vita, con la società, sia nei suoi aspetti politici e militari che tecnologici. È questa la ragione per cui c’è, nel mio lavoro, quel comune denominatore che potremmo chiamare «mostruosità»: mostri i generali, mostri gli uomini-specchio, gli uomini-meccano, gli assemblaggi, mostri i mobili sgangherati, mostri le dame. […]

da Baj, con prefazione di Jean Baudrillard, Filipacchi, Parigi 1980

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Gendarme, 1985Personnage mécanique, 1985

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Guardia di Ubu, 1985Décervelage, 1985

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DA ME Quand’ero piccolo vedevo le sfilate, le parate militari, la fanfara, le piume dei bersaglieri, le bandiere al vento ed ero felice. La guerra manco sapevo cos’era. Ora so che ci sono i generali a Mosca come a Washington, Parigi, Saigon, Roma e Pechino: e gli faccio il ritratto perché mi piacciono così come sono, gloriosi, forti, coperti d’insegne, nastri e medaglie, fieri, potenti e invincibili. Loro sono gli immortali, quanto meno la loro genia è immortale, inestinguibile. Così passo la giornata tra ricordi d’infanzia, con la donna quando ce l’ho e i reumatismi quando c’è umido: alle vecchie case delle nonne ho rubato un po’ di frange e merletti, cordoni e fiori ingialliti e polvere, polvere, polvere. Polvere e carta bollata rubata nello studio di un vecchio zio avvocato. La tecnica moderna mi procura il vinavil, portentosa colla che attacca tutto, che lega e sorregge ogni cosa, anche i ricordi, anche la polvere, anche gli onori e i disonori. Ti impiastro tutto nel quadro: amori, dolori, mali di pancia, medaglie, trine, targhe e specchi, specchi scomposti entro i quali la mia immagine si rompe e così mi piace di più. Mi piace il mio lavoro perché credo che offra la maggior libertà possibile: vado e vengo dove voglio, abito dove voglio, creo quello che voglio. Lavorando mi trovo in bilico tra passato e futuro, mentre il presente mi serve da continua, ironica contestazione. Il mio lavoro confina col gioco, a tal punto che spesso uso, quale materiale pittorico, veri e propri giocattoli. Giocando riaffiora in noi la nostra infanzia e oggigiorno v’è proprio il gran problema di come restituire all’uomo affranto dalle nevrosi la sua felicità, la sua grazia e serenità infantile. Il problema dell’uomo ludico, o giocante, è il problema di tutti noi e i governi anziché imporre colle leggi il servizio militare obbligatorio, meglio farebbero a imporre il gioco militare obbligatorio.

Parigi, maggio 1966 Tratto da Enrico Baj in Autodamé. Collages e scritture,Cappelli, Bologna 1980

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Storie di Ubu: l'annunciatore, 1985

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[…] Quando avevo sei anni, ci siamo spostati in via Teullié, in una casa che aveva costruito mio padre. Mi mandarono a scuola lì vicino, alla scuola Jacopo Barozzi in via Vignola, al Parco Ravizza. Col grembiule nero, ero tristissimo mentre mia madre mi accompagnava per mano. La scuola era grande, maestosa e io ne fui subito intimorito: mi consolavo solo pensando alle matite colorate compratemi per l’occasione. Ines, la nonna materna che era spesso con noi, dopo aver visti crescere felicemente quattro figli, si avviava a una vecchiaia serena. Componeva poesie e dipingeva a olio paesaggi incantati e naïf: fu lei che mi avviò alla pittura verso i dodici anni. Quando non avevo voglia di andare a scuola accampavo qualche malessere e me ne stavo a letto a disegnare.

Tratto da Enrico Baj, da Automitobiografia, Rizzoli 1983

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Prima ancora che un sodalizio tra due artisti il mio rapporto con Enrico Baj è stata la condivisione di un pensiero filosofico, poetico e politico, confluito in una sincera e lunga amicizia. Io non credo che ci sia altra forma di condivisione che questa, cioè l'identifi-cazione di una comunità di intenti che accomuna, il corpo della carne, con quello del pensiero creativo. Qui, in questo limine, sul limitar del “bosco”, ho incontrato Enrico, e mi sono messo al servizio di un progetto esistenziale, dove il linguaggio civile e sociale attraversava l'espressione dell'arte, e ne rappresentava anche la centralità. Ho amato l'o-pera di Baj sin dai “Funerali dell'anarchico Pinelli” (1972) vero manifesto culturale di alcune generazioni, dove la denuncia di un deterioramento sociale, iniziato con le bombe di piazza Fontana, (1969) ha coinciso con un periodo storico mai (purtroppo), finito. La funzione e l'impulso che diede Enrico Baj all'Arte contemporanea Internazionale, sia coi sui “Generali” e con la Patafisica (la scienza delle soluzioni immaginarie, di Alfred Jarry), fu, davvero innovativa e provocatoria, e rappresentò per me una nuova riflessione su come l'Arte poteva e può ricoprire un ruolo essenziale nella società. Mi piaceva di lui quanto fosse profetico il suo pensiero, quando si trattava di difendere territorio da un saccheggio dell'ambiente, dalla speculazione edilizia, e dalla violenza selvaggia del potere, che avrebbe prodotto danni incalcolabili, che sono oggi sotto gli occhi di tutti. Ecologista ante litte-ram, anticonformista e geniale, rimase sempre distante dal potere politico e istituzionale, anzi ne fu un appassionato critico a volte polemico ma costruttivo e determinante. E fu

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soprattutto molto vicino ai poeti. Le sue interazioni-contaminazioni artistiche, con gli scrittori André Breton, Raymond Queneau, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco e altri an-cora, hanno sempre offerto la cifra di un artista a tutto tondo, capace di pungenti e a volte scomode provocazioni, attraverso manifesti, riviste, libri, e di lavorare anche con artisti di fama come, Guttuso, Jorn, la cui collaborazione  è stata intensissima negli anni Cinquanta, e Corneille, che è l'ultimo con cui ha lavorato a quattro mani nel 2000 e che conosceva, come Jorn, dai tempi di Albisola. Illustrò tutti i miei libri pubblicati e di altri scrittori che hanno veicolato e determinato una visibilità mondiale della sua arte. Al di là delle nostre numerose frequentazioni, da Parigi a Locarno, da Milano a Vergiate, mi commosse molto il suo contributo ai festeggiamenti che la municipalità di Varese volle dedicare, nel 2002, agli ottant'anni del grande poeta Andrea Zanzotto, mio amico e maestro. Infatti Baj gli dedicò una bellissima incisione e Zanzotto una poesia inedita, l'atmosfera fu rara e pre-ziosa, e il Salone degli Estensi, gremito per l'occasione di un “parterre”unico, si riempì di un pathos davvero speciale. E poi ne ricordo le ultime settimane, a Vergiate nella sua casa-atelier con Roberta e Romano Oldrini con le nostre rispettive mogli Daniela e Alessandra a parlare di poesia e della sua mostra “Pictura Ut Poesis”, al Castello di Masnago, l'ultima, ahimè. Ma la sua opera è qui, in questa nuova idea “Baj ludens”, tra le fate silvestri di Ar-cumeggia, ancora indicarci che l'uomo c'è, con la sua naturale tendenza al gioco, al riso, al divertimento, alla magia, così come era Enrico.

Dino Azzalin

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BAJ LUDENS“Ecco dunque una prima caratteristica del gioco: esso è libero, è libertà” Così scrive Johan Huizinga nel suo celebre Homo ludens.

“La pittura è una via – una via che ho scelto – verso la libertà. È una pratica di libertà.” Così Enrico Baj inizia un testo di autopresentazione.

Queste due affermazioni si compenetrano perfettamente se si osserva l’opera complessiva di Baj. L’uso del collage è di per sé un gioco combinatorio che offre infinite possibilità di liberi accostamenti compositivi.

Qui abbiamo scelto di presentare una serie di opere realizzate con veri e propri giochi, quali il Lego e il Meccano, costruzioni in legno e altro. L’uso di questi materiali si ripropo-ne, a partire dai primi anni Sessanta, in diversi momenti e con varie modalità: dai collage di Lego alle grandi sculture in Meccano, dalla creazione di personaggi teatrali alla realiz-zazione di libri d’artista, fino alle maschere tribali e ai totem degli anni Novanta.

Usando il Meccano, il gioco principe della sua infanzia, Baj ha eseguito la sua ultima opera, il progetto per il “Muro di Pontedera”, terminato pochi giorni prima della morte.Portato a compimento nel 2006 è un mosaico di cento metri di lunghezza per oltre due di altezza, posto sul muro che costeggia la ferrovia a Pontedera. È la sola opera di Baj studiata per uno spazio aperto e per essere inserita in un contesto cittadino, un vero monumento alla libertà, alla fantasia, al colore, alla gioia della creatività, in una parola alla vita nel suo perpetuo rinnovarsi.

Enrico Baj è stato, fino alla fine, anche homo ludens.

Roberta Cerini Baj

Salon de Mai - Parigi, 1966Roberta Cerini con Enrico Baj in compagnia di Cesare Peverelli, Gianni Dova e altri artisti

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TUTTO FA QUADRIUno specchio si frantuma e si ricompone in mille lame di luce. Un fiore si muta in una bocca o anche in un naso, un mobile si appiattisce, gli sportelli e i cassetti non si aprono più, le sue zampe cominciano a camminare e ti vengono incontro. Il Generale urla sempre più forte per spaventare, e il suo cagnolino si adegua e mostra i denti. Medaglie a volontà sul letto, sulle porte e sul suo ampio torace pronto a tutte le parate: sulla Piazza Rossa, a Time Square, all’Etoile e sull’Altare della Patria. I «meccani» si mutano in esseri cibernetici pieni di bocche, mentre i sacchi di politene e le placche fluorescenti di metacrilato invadono lo studio. Catalogati nei cassetti e nei contenitori o ammucchiati alla rinfusa, spaghi e nastri, nappe e cordoni, coccarde, bandiere, medaglie, gradi, intarsi, bottoni, ricami, cristalli, passamanerie e cotoni, colori al liquitex, cartoni, etichette, pennelli, rotoli, rotoli e rotoli, tutto dilaga e si mescola alle curvilinee e alla riga, alle foto, agli archivi e agli appunti biografici, al mucchio quotidiano di cataloghi che ti arrivano sul tavolo e da questo se tu non ci sei riprodotto, subito nella spazzatura. […]Tutto è buono per fare dei quadri, […]È il caleidoscopio dell’arte, della tua, della mia, Ti piace? A me sì, e mi sembra valga la pena lavorarci.

Tratto da Baj, a cura di Alain Jouffroy, Parigi, 1972 indi in Autodamé Collages e scritture, Cappelli, Bologna 1980

Museo della Ceramica di Cerro di Laveno

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CENNI BIOGRAFICIEnrico Baj nasce a Milano il 31 ottobre del 1924, frequenta l’Accademia di Brera e contempo-raneamente consegue la laurea in legge.Nel 1951 fonda il Movimento Nucleare e partecipa ai movimenti d’avanguardia italiani e in-ternazionali con mostre, pubblicazioni e manifesti, collaborando con Lucio Fontana, Piero Manzoni, Arman, Yves Klein, il gruppo Phases, Asger Jorn e gli artisti del gruppo CoBrA. A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena internazionale e in particolare espone regolarmente a Parigi. Vi è una costante che dà significato e coerenza alla vita e al lavoro di questo artista: in oltre cinquant’anni di attività Baj non ha mai cessato di sperimentare e di rinnovarsi, sia nella scelta delle tematiche, sia delle tecniche pittoriche e incisorie. Tra queste preferito è il collage che, associato o no al colore, gli ha permesso di utilizzare ogni sorta di materiale in un continuo gioco combinatorio. Oltre alle stoffe e alle passamanerie, ai bottoni, ai pizzi, alle medaglie, entrano nelle sue opere vetri colorati, frammenti di specchio, impiallacciature e intarsi, parti di Meccano e di Lego, plastiche e celluloidi, pezzi di legno e oggetti di uso quotidiano. Oltre a questo aspetto ludico, costante è l’impegno di Baj contro la violenza e l’aggressività del potere. A partire dai quadri nucleari che rappresentano le paure dell’uomo dopo Hiroshima, attra-verso le immagini dei “generali” e delle parate militari che denunciano l’arroganza del potere, Baj approda negli anni Settanta a tre grandi composizioni in cui maggiormente si concretizza il suo impegno: I funerali dell’anarchico Pinelli (1972); Nixon Parade o Watergate, (1974); Apo-calisse (1978-2001), work in progress che mette in scena il degrado della contemporaneità e i mostri generati dal sonno della ragione. Per quanto feroce, la sua critica è sempre temperata dall’ironia che conferisce alle sue opere una certa leggerezza: Baj non dimentica mai la lezione di Rabelais e soprattutto di Jarry, creatore di Re Ubu, emblema della tronfia vacuità del potere. Enrico Baj è stato anche scrittore e critico: autore di libri, ha ideato e curato numerosi manifesti e collaborato a molti giornali e riviste. Ha esposto nei maggiori musei e gallerie del mondo. Enrico Baj si spegne a Vergiate in provincia di Varese il 16 giugno 2003.

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Questo evento artistico, che travalica per importanza i confini locali, è il risultato di un notevole sforzo organizzativo che coniuga il prezioso contributo di alcune istitu-zioni, tra le quali figura come ente capofila la Provincia di Varese e la volontà della Sangalleria di contribuire, seppur in modo modesto, al rilancio artistico-culturale del borgo affrescato di Arcumeggia. Siamo lieti di compartecipare a questa iniziativa e condividerla con il pubblico.Gli affreschi, che testimoniano mute presenze pittoriche. echeggiano ancora oggi dei fasti di un passato recente, conservati come in uno scrigno su bacheche di pietra ama-bilmente custodite. Enrico Baj fece visita ad Arcumeggia come testimonia la foto che lo ritrae sul palco collocato per l’occasione in Piazza Minoia durante la presentazione di un evento arti-stico che si tenne nel 1977.Ora Enrico Baj ritorna ad Arcumeggia per mezzo delle sue opere, una raffinata col-lezione che racchiude in sé un gioioso e ludico approccio al mondo dell’arte e rappre-senta un richiamo artistico più che mai attuale.Le opere esposte sono state scelte con estrema accuratezza e sensibilità dalla curatrice dell’Archivio Baj, signora Roberta Cerini Baj, che ringraziamo per il prezioso contri-buto e la fattiva disponibilità dimostrata.“L’arte può essere gioco?” Per l'artista lo era.L’opera d’arte parla al pubblico, attraverso oggetti quotidiani che si trasformano, sotto

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Enrico Baj e il pittore Albino Reggiori

le abili mani dell’artista, in artefatti di differenti e colorate dimensioni o in preziose icone e dissacranti metafore.L’operato di Baj traccia così con potenza inusuale un solco indelebile nella variegata galassia del mondo dell’arte. Baj non fu mai gregario bensì lungimirante precursore di tendenze artistiche nel pa-norama pittorico di quegli anni; riuscendo a collocare l’opera d’arte ben oltre l’im-maginario collettivo e la mera critica accademica, l’artista possedeva il dono di saper interpretare appieno le tendenze provenienti dal vulcanico mondo artistico di quel periodo, ben conscio che questo suo modus operandi avrebbe provocato un netto cam-biamento di stilemi e tendenze nella realtà artistica. L’attività produttiva di Baj pertanto si realizza attraverso l’opera d’arte, intesa come manufatto ludico e artistico carico d’ironica dissacrazione, feticcio di una realtà per lui forse angusta che, elaborandosi per mezzo del messaggio iconografico, si materia-lizza per giungere a un pubblico sempre più distratto e trovare finalmente una verità “altra” intrisa di estetica e ragione, di passione e impegno sociale: ambizioso traguardo per un artista, forse utopico, certo degno di una grande personalità.Ma l’opera d’arte è tale solo di fronte allo stupore, lo stupore che solo gli occhi di un bambino possiedono come Baj lo possedeva.Ora sta a voi, gentili ospiti, osservare e comprendere la forza espressiva e i ludici ri-chiami di queste opere; solo e soltanto se troverete nel vostro intimo lo stupore dello sguardo di quell’eterno bambino che è ancora in voi, giocherete con l’arte.

Flavio Moneta e Luigi Sangalli

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Collezione Ceramica Ibis, Cunardo

Fotografie a cura di: Luigi Sangalli

Grafica e impaginazione: Roberto Cristoferoni

Stampa:Tipo-Offset Marwan di Mesenzana (Va)Finito di stampare nel mese di giugno 2012

Un particolare ringraziamento alla famiglia Baj e agli Enti istituzionali che hanno reso possibile e supportato l’evento: Provincia di Varese, Comunità Montana Valli del Verbano, Comune di Casalzuigno, Fondazione Cariplo, Pro Loco di

Arcumeggia, Università degli studi dell’Insubria e un grazie all’indispensabile e fattivo contributo dell’amico e poeta Dino Azzalin.

Per informazioni

Sangalleriaemail: [email protected]

cell. 339 52 97 073 - 338 66 60 262

Pro Loco Arcumeggiacell. 328 76 500 64

www.proarcumeggia.it

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