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sco che rappresenta ancora oggi nell’immaginario il cimitero tipo, benché l’ideologia che lo supportava non sia più condi- visa. È, quindi, da questi cimiteri che occorre iniziare l’analisi per poter comprendere il messaggio insito nei progetti d’oggi. È in questo secolo che i cimiteri in Italia cominciano a pre- sentare l’aspetto che conserveranno fino ad oggi. Luogo di residenza dei morti, isolato e separato dalla città dei vivi, il cimitero dell’Ottocento assume caratteristiche completamen- te diverse da quelli delle epoche che lo hanno preceduto. Non più anonimo deposito di corpi in attesa della resurrezione, ma luogo di meditazione per i vivi e di consolidamento dei vincoli familiari e nazionali, meta di edificanti passeggiate e fonte di educazione morale. Viali alberati, luoghi per il racco- glimento e la riflessione, gallerie di sculture, oasi di pace, di distaccata serenità, di rimembranze. La visita ai cimiteri si inserisce nelle espressioni della mentalità romantica come un punto di riferimento insostituibile. I morti, che per secoli erano stati per lo più abbandonati agli uffici dei religiosi o delle confraternite, diventano oggetto di un nuovo culto che andrà rafforzandosi per oltre un secolo. Questa dichiarata finalità del cimitero fu ben compresa ed espressa dagli archi- tetti che realizzarono alcuni dei più famosi cimiteri monu- mentali del XIX secolo, come, ad esempio, quelli di Genova, Milano o Modena e che a ragione possono essere considerati una summa della mentalità romantica. Nel tipo di planimetria dei cimiteri ottocenteschi sono indi- viduabili, in grandi linee, alcuni elementi ricorrenti. Comune a tutti è l’alto e imponente muro perimetrale in mattoni, com- pletamente privo di modanature o aperture, interrotto da un unico varco d’accesso che immette in un viale alberato. Alla fine del viale, al centro dello spazio, sono collocate la cappel- la e l’ossario, ai cui lati si dispongono le tombe degli ecclesia- stici. Al contrario sono addossate al muro di cinta le cappelle familiari e le tombe degli uomini illustri. Nello spazio tra que- 31 P i e r p a o l o L e s c h i u t t a n u ovi argomenti 1. «Siamo votati storicamente alla storia, — afferma Foucault nella Nascita della clinica — alla paziente costruzione del discorso sul discorso, al compito d’intendere quel che è già stato detto». Interrogarsi su «quel che vuol dire» è anche ricercare quello che non è stato espressamente detto, quel che rimane nell’ombra, nello spazio tra segno e senso, tra forma e significato. Questo, nell’analisi di cimiteri realizzati o solo progettati negli ultimi decenni del secolo scorso, consiste nel- l’individuare quale tipo di immagine della morte e del rap- porto tra i vivi e i morti abbia voluto esprimere il progettista, se il suo progetto ripercorra e riproduca idee e mentalità del passato o dia corpo e materialità a forme di «rappresentazio- ni collettive della morte» affermatisi in quegli anni. Se vi sia coerenza tra l’immagine sedimentata del cimitero e i nuovi progetti, se questi siano espressione di una tendenza presen- te nella società, anche se non egemonica, o siano sperimenta- lismo ininfluente. 2. Il cimitero, inteso oltre che per la sua funzione, anche come simbolo e allegoria del rapporto dell’uomo con la morte, si inserisce in uno dei temi più affascinanti della storia della mentalità, quello della storia della morte, conferendogli una scansione temporale databile, ma l’immagine che il cimitero trasmette si protrae ben oltre il momento storico-sociale in cui esso è stato ideato e realizzato. Difatti, è il cimitero ottocente- c i m i t e r i 30 Luoghi e spazi della morte N u ove immagini di cimiteri P i e r p a olo Leschiutt a

Luoghi e Spazi Della Morte. Nuove immagini di cimiteri. di Pierpaolo Leschiutta

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In the analysis of cemeteries designed in the last decades of the last century, can be identified what kind of image of death and the relationship between the living and the dead have wanted to express the designers.If are an expression of a trend in society, even if not hegemonic, or are irrelevant experiments.

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sco che rappresenta ancora oggi nell’immaginario il cimiterotipo, benché l’ideologia che lo supportava non sia più condi-visa. È, quindi, da questi cimiteri che occorre iniziare l’analisiper poter compre n d e re il messaggio insito nei progetti d’oggi.

È in questo secolo che i cimiteri in Italia cominciano a pre-sentare l’aspetto che conserveranno fino ad oggi. Luogo diresidenza dei morti, isolato e separato dalla città dei vivi, ilcimitero dell’Ottocento assume caratteristiche completamen-te diverse da quelli delle epoche che lo hanno preceduto. Nonpiù anonimo deposito di corpi in attesa della resurrezione,ma luogo di meditazione per i vivi e di consolidamento deivincoli familiari e nazionali, meta di edificanti passeggiate efonte di educazione morale. Viali alberati, luoghi per il racco-glimento e la riflessione, gallerie di sculture, oasi di pace, didistaccata serenità, di rimembranze. La visita ai cimiteri siinserisce nelle espressioni della mentalità romantica come unpunto di riferimento insostituibile. I morti, che per secolierano stati per lo più abbandonati agli uffici dei religiosi odelle confraternite, diventano oggetto di un nuovo culto cheandrà rafforzandosi per oltre un secolo. Questa dichiaratafinalità del cimitero fu ben compresa ed espressa dagli archi-tetti che realizzarono alcuni dei più famosi cimiteri monu-mentali del XIX secolo, come, ad esempio, quelli di Genova,Milano o Modena e che a ragione possono essere consideratiuna summa della mentalità romantica.

Nel tipo di planimetria dei cimiteri ottocenteschi sono indi-viduabili, in grandi linee, alcuni elementi ricorrenti. Comunea tutti è l’alto e imponente muro perimetrale in mattoni, com-pletamente privo di modanature o aperture, interrotto da ununico varco d’accesso che immette in un viale alberato. Allafine del viale, al centro dello spazio, sono collocate la cappel-la e l’ossario, ai cui lati si dispongono le tombe degli ecclesia-stici. Al contrario sono addossate al muro di cinta le cappellefamiliari e le tombe degli uomini illustri. Nello spazio tra que-

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1. «Siamo votati storicamente alla storia, — afferma Foucaultnella Nascita della clinica — alla paziente costruzione deldiscorso sul discorso, al compito d’intendere quel che è giàstato detto». Interrogarsi su «quel che vuol dire» è anchericercare quello che non è stato espressamente detto, quel cherimane nell’ombra, nello spazio tra segno e senso, tra forma esignificato. Questo, nell’analisi di cimiteri realizzati o soloprogettati negli ultimi decenni del secolo scorso, consiste nel-l’individuare quale tipo di immagine della morte e del rap-porto tra i vivi e i morti abbia voluto esprimere il progettista,se il suo progetto ripercorra e riproduca idee e mentalità delpassato o dia corpo e materialità a forme di «rappresentazio-ni collettive della morte» affermatisi in quegli anni. Se vi siacoerenza tra l’immagine sedimentata del cimitero e i nuoviprogetti, se questi siano espressione di una tendenza presen-te nella società, anche se non egemonica, o siano sperimenta-lismo ininfluente.

2. Il cimitero, inteso oltre che per la sua funzione, anche comesimbolo e allegoria del rapporto dell’uomo con la morte, siinserisce in uno dei temi più affascinanti della storia dellamentalità, quello della storia della morte, conferendogli unascansione temporale databile, ma l’immagine che il cimiterotrasmette si protrae ben oltre il momento storico-sociale in cuiesso è stato ideato e realizzato. Difatti, è il cimitero ottocente-

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Luoghi e spazi della morteN u ove immagini di cimiteri

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Ben presto i cimiteri tendono a saturarsi. Spazi che prece-dentemente riuscivano, grazie al veloce turn-over dei corpi, as o d d i s f a re le esigenze di città demograficamente stabili,cominciano ad essere insufficienti e a richiedere ampliamentie nuove soluzioni.

Con l’espandersi delle città, le periferie lambiscono e benpresto circondano e inglobano nel tessuto urbano i cimiteriche solo cento anni prima ne erano stati allontanati. Le inu-mazioni e le tumulazioni perpetue hanno definitivamentecolmato tutti gli spazi che era possibile occupare all’internodelle mura cimiteriali. Cimiteri che, a volte per secoli, eranostati in grado di sopperire ai bisogni della città debbono esse-re raddoppiati o chiusi all’ingresso di nuove salme nel volge-re di soli venti o trenta anni.

Le soluzioni adottate sono di diverso tipo: dopo aver edifi-cato negli ultimi spazi disponibili colombari a più piani, siprogetta, se possibile, il raddoppio del cimitero esistente o sidecide per la costruzione ex novo di un secondo o terzo cimi-tero. Il raddoppio è la soluzione più semplice e facilmenteaccettata dalla collettività: la contiguità con il vecchio cimite-ro non crea problemi d’accettazione o di cambiamento d’im-magine di un luogo geografico.

Anche architettonicamente questi ampliamenti spesso nonsono che una riproduzione delle linee e dei criteri tipologicidel cimitero esistente o un proseguimento delle modificazio-ni che si sono apportate sulla struttura di base dall’Ottocentoin poi. Tra le cappelle di famiglia che, addossate alle muraperimetrali, circondano l’intero spazio cimiteriale, si apre unvarco che immette nel nuovo cimitero. L’ingresso principaleresta l’originario e questo secondo spazio resta un’appendicedel precedente. I criteri di edificazione restano in parte similiai precedenti, in parte sono modificati. Gli spazi adiacenti allanuova cintura esterna sono destinati alle cappelle familiari,ma il totale degli spazi interni viene destinato alla costruzio-

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ste ultime e il nucleo centrale si trova il terreno spoglio delletombe comuni. Il cimitero, nella sua struttura e nella rigidaseparazione delle aree, riproduce, in una immagine atempo-rale, la società dei vivi con le sue divisioni di censo.

Questi cimiteri, benché dall’inizio del secolo ricadano neldominio e nelle competenze dell’amministrazione comunale,mantengono intatta tutta la precedente connotazione di luogosacro e religioso. La sacralità, già affermata dalla centralitàdella cappella, viene esaltata dalla simbologia dei monumen-ti funebri, ove Resurrezioni e Pietà si alternano ad angelipiangenti ed a ieratiche, ma non di meno sensuali, figure fem-minili coperte di veli.

Con questi cimiteri nasce e si generalizza la proprietà indi-viduale e permanente del luogo della sepoltura. Quello cheprecedentemente era un esclusivo diritto dei nobili e un rico-noscimento per pochi uomini illustri, si estende a fasce sem-pre più ampie della popolazione. Con la proprietà del sepol-cro nasce il desiderio di abbellirlo, di progettarlo durante lavita, di renderlo un monumento perenne. I più abbienti edifi-cano cappelle familiari all’interno dell’area cimiteriale, letombe individuali vengono impreziosite da marmi pregiati estatue. Le cappelle familiari, spesso di stile neogotico, man-tengono l’aspetto di chiese in miniatura: un piccolo altare concrocifisso e vasi per fiori, uno o due inginocchiatoi, nomi edepitaffi dei defunti sulle pareti ed un pesante cancello che nechiude l’accesso. All’esterno, in lettere d’ottone, il nome dellafamiglia e l’eventuale titolo nobiliare. Con la proprietà peren-ne del luogo della sepoltura non solo si mantiene l’indivi-dualità, ma si esalta anche l’appartenenza ad una famiglia, aduna classe sociale.

3. Con il passare degli anni e l’aumento del numero delletombe di proprietà, i terreni e gli spazi destinati alle tumula-zioni non permanenti divengono sempre più limitati.

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alcuni esempi particolari, i cimiteri realizzati hanno ripercor-so in grandi linee le idee e i principi ispiratori dei cimiteri delsecolo precedente. Ritroviamo l’alto muro di cinta (loprescrivono le norme edilizie generali) privo di modanature,una entrata monumentale con pesante cancellata in ferro, ilviale alberato che conduce alla cappella e all’ossario centrale,le cappelle di famiglia disposte lungo il perimetro, ecc. Unicoelemento di novità la costruzione su più piani dei colombari.Questi, divenuti ormai per la maggior parte della popolazio-ne il solo luogo dove collocare i propri morti, comportano perloro natura e forma una standardizzazione non ancora accet-tata. La fantasia, l’affetto e la volontà di distinzione trovainfatti poche possibilità di espressione nella limitata scelta delcolore e del tipo di marmo e delle lampade perpetue. Lo spa-zio per le iscrizioni permette solo una frase di poche parole.La possibilità di arricchire con decorazioni ed altri elementispazi quadrati di sessanta centimetri di lato rende ardua, senon impossibile, la «personalizzazione» delle tombe.

Ma già cominciano a intravvedersi nuove forme di riappro-priazione degli spazi comuni all’interno degli edifici-colom-bari. Nel cimitero Flaminio di Prima Porta a Roma i colomba-ri sono stati edificati seguendo la tendenza della progettazio-ne delle «case in linea» — edilizia «democratica» per le classicui è destinata — già sperimentata, anche se con esiti noncerto entusiasmanti, per l’edilizia popolare. Colombari postiin rigida sequenza, paralleli l’uno all’altro, con una possibilitàdi sviluppo della serie che in alcuni casi è quasi di un chilo-metro. Un’immagine che, se nell’edilizia popolare era avvi-lente, qui, in un ambiente spoglio e privo di colori, divieneterrificante.

All’interno di queste costruzioni un lungo corridoio su unlato del quale si aprono ampi vani dove, disposti su sei filesovrapposte, sui due lati perpendicolari al corridoio, si trova-no i loculi. Una vetrata chiude il terzo lato del vano verso l’e-

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ne di colombari disposti in file parallele e solitamenteperpendicolari all’asse centrale che inizia dalla nuova portad’accesso. Non esiste più, o è molto limitato, il terreno desti-nato a tombe singole, l’idea del “condominio” ha preso ilsopravvento sulla proprietà individuale da quando la scarsitàha reso i terreni cimiteriali preziosi.

Ma non sempre la soluzione dell’ampliamento del cimiteroesistente è realizzabile. Il cimitero è ormai il più delle volteimmerso nel tessuto urbano. Circondato da edifici, non puòpiù espandersi e potrebbe restare come elemento architetto-nico, vincolato e protetto, di un modo di concepire la morte eil rapporto tra i vivi e i morti. Non più luogo del ricordo o delculto di defunti ormai lontani nel tempo, ma importantemomento della storia dell’arte e dell’architettura, come taleconservato e protetto almeno nelle sue espressioni più valide.

Quando non è possibile ampliare il cimitero esistente, si èc o s t retti a realizzarne di nuovi altrove. Ma il pro g re s s i v oespandersi delle città costringe a dislocarli in aree sempre piùdistanti dal centro, e questo non è accettato di buon grado. L’ a-v e re i propri morti sepolti in due luoghi distanti comportadelle scelte e spesso delle rinunce a cui non ci si adatta in pochianni. La visita ai defunti è spesso una sola nell’anno, e in quel-l’occasione si vorrebbe poterli visitare tutti. Inoltre, avere i pro-pri cari separati in cimiteri lontani mentre il nostro affetto e ilr i c o rdo li considera uniti, provoca non poco sconcerto.

Alle difficoltà di ordine emotivo e culturale bisogna poiaggiungere che la vicinanza di un cimitero alla propria abita-zione non è gradita e le zone circostanti subiscono un decre-mento nel valore commerciale. Il cimitero non è solo unluogo, è una zona; la sua immagine identifica spazi molto piùampi della sua grandezza, diviene un riferimento nelle indi-cazioni toponomastiche. Un terzo ordine di problemi riguar-da l’architettura e l’urbanistica interna del nuovo cimitero.Nella seconda metà del XX secolo in Italia, se si escludono

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dopoguerra in poi assumono, al contrario, aspetti sempre piùstandardizzati, le tombe divengono sempre più anonime, lasostituzione della tumulazione in terra con i loculi nei colom-bari, oltre che una necessità, diviene una imposizione ed unindirizzo pedagogico verso un culto più discreto e casalingo,più legato al ricordo che non al luogo della sepoltura. Lamorte e la sua simbologia vengono messi in ombra. Coeren-temente ai valori e agli ideali di una società geograficamentemobile, viene scoraggiato ciò che rimane statico e vincolato alpassato. Una società proiettata verso il futuro tende a recide-re i legami individuali con il passato.

Nella progettazione cimiteriale alcuni progetti si sonodistinti nella ricerca di soluzioni decisamente innovativerispetto alle tipologie tradizionali. Dall’analisi di quanto rea-lizzato in questo settore dell’architettura, o anche solamenteideato e presentato a concorsi, si possono trarre alcune inizia-li e sommarie indicazioni. La prima è che le soluzioni propo-ste appaiono fortemente differenziate per il carattere sia deisingoli edifici sia dell’intero complesso cimiteriale. La secon-da è quella di unitarietà e globalità di ciascun complessocimiteriale. Il cimitero trasmette una immagine globale e defi-nitiva, chiuso ad ogni possibile intervento successivo siaarchitettonico che scultoreo.

Tra i progetti realizzati, o solamente proposti, alcuniappaiono essere decisamente innovativi: sono i cimiteri diParabita (Lecce), di S. Cataldo (Modena), di Urbino e di Civi-tacastellana in Italia e di Igualada in Spagna.

5. Il cimitero di Parabita. Situato sul dorso di una collina da cuisi domina un’ampia distesa è stato realizzato sulla base delprogetto di Alessandro Anselmi e di Paola Chiatante vincito-re del concorso internazionale bandito nel 1972 dalla RegionePuglia. Nato dall’esigenza del raddoppio del preesistentecimitero, divenuto insufficiente, il nuovo progetto non si

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sterno. In parecchi di questi vani, che raccolgono circa 180loculi ognuno, forme di sottoscrizioni promosse dai parentidei «condomini» hanno portato alla realizzazione di molte-plici forme di «abbellimento»: l’ingresso è stato chiuso conporte o inferriate, sulla vetrata esterna sono state poste tendee cortine, sul pavimento una guida, al centro del vano un alta-re in marmo con vasi di fiori, candelabri, piccole copie dellaPietà di Michelangelo, ecc., si è cercato di fare di ogni vanouna sorta di cappella condominiale, in alcuni casi forse ecces-sivamente fastose. Si assiste ad una forma di recupero del-l’individualità, anche se in forme e modi diversi dai prece-denti ottocenteschi, dovuti in larga parte ai vincoli di una edi-lizia standardizzata al massimo. La fuga dall’anonimato, cuisembrerebbero essere destinati i morti collocati nei colomba-ri, si esplica dunque attraverso addobbi e abbellimenti. Nonpotendo personalizzare la tomba, si personalizza il vano, ilcondominio, si individua il luogo dove riposa il proprio caroattraverso l’indicazione delle modifiche apportate e dei segniche lo rendono diverso dagli altri.

4. Attualmente, nella cultura euro-mediterranea, convivonoimmagini del cimitero, del sepolcro e del rapporto con ildefunto differenti e spesso contrastanti.

Si è già detto dell’idea ispiratrice dei cimiteri ottocenteschi:rispondevano all’esigenza sentita e diffusa della visita aidefunti, espressione di un legame, pubblicamente espresso,tra i vivi e i morti. La morte era riconosciuta dalla società contutti i suoi rituali e simboli: dai cortei funebri ai vestiti dalutto, dal culto della memoria agli annunci di morte.

Questo rapporto con la morte è ancora oggi presente in lar-ghi strati della popolazione, anche se di età sempre più anzia-na, e si esprime attraverso la cura della tomba, nella ricerca dimateriali e di addobbi particolari, nella cura dei fiori e dellepiante ornamentali. L’architettura e l’edilizia cimiteriale dal

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del culto dei defunti come momento della riflessione sullavita e nel cimitero il luogo ove lasciare che il tempo rimarginila ferita procurata dalla morte di chi si è amato. Questa imma-gine è coerente con una società, quella salentina, che ha anco-ra un rapporto tenace con la morte, che la riconosce e le attri-buisce uno spazio nella vita quotidiana, che la pubblicizzaattraverso i cortei funebri e la proclama nelle espressioni delcordoglio e del lutto, ma diventa ambigua e contraddittoria inaltri contesti maggiormente urbanizzati.

Oggi, infatti, gran parte delle espressioni materiali e simbo-liche del lutto appaiono, nelle società metropolitane occiden-tali, in via di estinzione se non definitivamente scomparse.Manifestazioni, che pur avevano avuto per secoli una precisafunzione e collocazione all’interno di un orizzonte culturalecondiviso, sono state abbandonate o appaiono spora-dicamente come relitti di modelli culturali legati a modi eforme di produzione superati. La stessa tendenza può essereindividuata, anche se in forma attenuata, per tradizioni menoarcaiche. Si pensi ai necrologi sulle pagine dei giornali, allepartecipazioni spedite per posta in buste bordate di nero oaffisse nelle strade. Lo stesso abito da lutto o le fasce ed i bot-toni neri, usanze ancora vive negli anni cinquanta, sembranovenir meno in una società che tende a favorire la separazionenetta tra gli ambiti del privato e del pubblico della vita. Ilmessaggio che attraverso l’insieme di queste espressioniveniva trasmesso non trova più uditori.

L’abitudine al riserbo per tutto quanto concerne la sfera deldolore fa apparire irreale, se non assurda, la richiesta di soli-darietà espressa attraverso l’abbigliamento a lutto. Non èpossibile usare nei confronti del congiunto forme di compor-tamento che rispettino la particolare condizione psicologicache sta attraversando, né probabilmente la persona in lutto siaspetta altro che stereotipate espressioni di condoglianza.Sono scomparsi o stanno scomparendo i divieti e gran parte

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pone alcun intento di adattamento o di richiamo a quanto giàesistente: unico rapporto con questo è il varco di accesso,marginale rispetto al nuovo cimitero che risulta chiuso e com-pleto in sé.

L’impressione generale è di un monumento, di una scultu-ra che si staglia nitida al sommo della collina verso il cielo. Lefughe verso l’alto di ogni linea della struttura dell’ossarioriportano alla mente il complesso dell’osservatorio astrono-mico di Jaipur, e forse è proprio questa l’immagine che qui sipercepisce: il cimitero come punto di fuga tra la terra e glispazi celesti, luogo da cui partire per un viaggio di medita-zione e trascendimento. In questo cimitero-monumento icorpi che andranno a riempire i loculi e le urne diverrannoparte della struttura, della scultura.

Non è più il singolo individuo deceduto che viene qui ricor-dato e mantenuto alla memoria attraverso la sua celebrazioneed esaltazione, è la Morte e la sua consapevolezza a venir glo-rificata. Non un invito alla visita ai defunti e al pellegrinaggioalle tombe, ma una riflessione laica sulla morte. Permane inquesto cimitero una continuità con la sensibilità romantica

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re stato al centro di aspre polemiche per due decenni.Collocato sulla sommità di una collina tondeggiante, pro-

spiciente la città di Urbino ed adiacente al vecchio cimiterodivenuto insufficiente, si sviluppa completamente al di sottodel piano del terreno ed è totalmente invisibile a chi non vi siaimmediatamente vicino, discreto, come nella tradizioneiconografica umbro-marchigiana

L’insieme del cimitero, come molte delle sculture dell’auto-re, è un crepaccio che graffia il dorso curvo della materia permostrarne l’interno.

Simile alle necropoli etrusche scavate nella roccia, ma ancheal Gretto di Burri a Gibellina, il cimitero non si impone allavista, deve essere cercato. Ritorno alla Madre Terra, luogo delsilenzio, dell’oscurità, del raccoglimento, che accoglie i morticome semi posti nelle viscere della terra, catacomba aperta,cimitero sepolto,... queste ed altre letture sono state fatte delprogetto di Pomodoro, sia in termini elogiativi che aspra-mente critici. Nell’insieme del dibattito su questo progetto,che è stato straordinariamente ampio, appare significatival’assenza ad ogni accenno di analisi al rapporto con la mortee tra i vivi e i morti sotteso nell’ideazione di questo cimitero.A mio avviso, il progetto di Pomodoro segna il definitivoabbandono del modello di architettura cimiteriale romantica.Si pone come momento di demarcazione tra due cicli di edi-lizie cimiteriali e di “rappresentazioni collettive della morte”:tra quella romantica ottocentesca e quella della «mortedimenticata». Non a caso, proprio intorno a questo progettosi sono addensate lodi, critiche e dibattiti che ne hanno impe-dito la realizzazione. Vi è una forte resistenza a veder concre-tizzati definitivamente, attraverso un cimitero nascosto,atteggiamenti che, se pur praticati individualmente, non sonoancora accettati ideologicamente. Difficilmente unamministratore locale avrà il coraggio di autorizzare la rea-lizzazione di un cimitero che nasconde alla vista il ricordo di

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degli obblighi legati al lutto, la morte è pubblicamente can-cellata e nascosta, è oscena e come tale non rappresentabile.

Non è casuale che quanto è rimasto delle usanze tradizio-nali sia veicolato quasi esclusivamente da donne anziane,figure marginali nel più generale contesto economico-produt-tivo. La società di oggi tende ad espellere la morte nelle suerappresentazioni pubbliche più evidenti, la scomparsa di unindividuo non può interrompere altro che per un brevemomento la continuità della vita della comunità, la morte e isuoi segni si mimetizzano e si nascondono. La sua sconve-nienza la fa diventare oggetto di vergogna e di censura, la«pornografia» della morte prende il posto occupato dal sessonell’età vittoriana. Al culto della tomba si sostituisce il piùdiscreto culto del ricordo in casa, le lacrime e il pianto sonointerpretate come frutto di una crisi di nervi e di un caratteredebole, il lutto diviene una malattia da cui si deve guarire nelpiù breve tempo possibile e chi ne è colpito viene isolato,posto in quarantena. Nel passaggio da una società in cui ilculto dei morti era esaltato, all’attuale in cui tutto si svolgecome se nessuno morisse, sono solo i cimiteri, e negli annirecenti gli altarini posti nei luoghi di incidenti stradali, asegnalare la presenza di una morte che altrimenti è nascostaallo sguardo e alla coscienza.

Il cimitero di Parabita, suggestivo nella sua architettura,appare, una ultima espressione di una concezione esaltatricedella morte, un ultimo tentativo di ricollocarla in uno spazioche in altre parti d’Italia già non le appartiene più.

L’indubbio fascino di questo cimitero fa vibrare remotecorde emotive che la razionalità stenta a riconoscere ed accet-tare. L’ambiguità è in noi o nel cimitero?

6. Il cimitero di Urbino è un progetto di Arnaldo Pomodoro congli architetti Trevisi e Zini nel 1973. Non è stato realizzato, puressendo risultato vincitore del concorso pubblico, dopo esse-

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la cui sommità è posta alla quota dell’uliveto circostante.L’immagine richiama immediatamente, anche in questo cimi-tero, i percorsi tra le tombe della necropoli etrusca di Cerve-teri. foto 7-10

7. Il cimitero di S. Cataldo (Modena) è stato realizzato da un pro-getto di Aldo Rossi e Gianni Braghieri.

Situato lateralmente alla bellissima struttura ottocentescadisegnata da Cesare Costa, ne riproduce morfologicamente lastruttura. Vi si accede, uscendo dal chiostro del cimitero pree-sistente, attraverso una semplice apertura nel muro di cinta.Immediatamente ci si trova sotto un lungo ed altissimo porti-cato dove una sequenza di pilastri lamellari, sostiene un sem-plice edificio in linea coperto da un tetto di lamiera. Nell’in-terno, lungo le due pareti, blocchi di 24 loculi si alternano afinestre in un monotono susseguirsi di luci e di ombre.

L’ossario, elemento architettonicamente centrale del com-plesso, è un parallelepipedo in muratura, privo di coperturae di piani al suo interno. Le quattro facciate, di colore rossomattone e tutte uguali, ed ognuna traforata da 63 finestrequadre e da 9 portalini, il tutto senza infissi. L’intero nuovocomplesso cimiteriale, nell’insieme degli edifici è degli spazivuoti, appare immaginato come una città, ma in negativo.Privo di ogni enfasi monumentale, sembra riprodurre larazionalità di una città progettata ex novo, come Brasilia oChandigarh, o di un quartiere per uffici ma, a differenza diquesti, non modificato dal tempo e dalla vita. foto 11,12,13,

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chi è passato, nei due significati del termine. Tutto questo nonchiaramente espresso, ma letto in trasparenza, dato che ildibattito è stato solo ed esclusivamente imperniato sullecaratteristiche architettoniche e paesaggistiche. (foto,4,5,6)

Il progetto di Pomodoro, anche se non realizzato, appareessere l’antesignano di una serie di cimiteri sotterrati o mime-tizzati nel panorama circostante. Nei decenni successivisaranno progettati ed edificati nel Lazio il cimitero Laurenti-no di Roma e il cimitero di Ciampino. Il primo si presenta,anzi si nasconde, in cilindri interrati per oltre la metà del lorodiametro e coperti nella parte che fuoriesce dal terreno dalverde. In questa costruzione artificiale di un paesaggio natu-rale, morbide curve del terreno nascondono i colombari diquesto cimitero-parco. foto 27,

Il cimitero di Ciampino, è anche questo posto sotto il livel-lo della campagna circostante, è scavato in uno spazio com-presso tra un imponente colombario monumentale di formaarcuata, colonnato, lungo circa quattrocento metri e un dolcedeclivio che porta alla quota naturale del terreno. Al suointerno una serie di costruzioni cilindriche (l’ossario, la cap-pella, colombario, un edificio per loculi) si alternano a cilindri

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8. Il cimitero di Igualada. Ancora più inquietante nella raziona-le crudeltà di una fine senza più ricordo o memoria, nel piùcompleto distacco tra vivi e morti, è il cimitero progettato erealizzato a Igualada, nella provincia di Barcellona, da EnricMiralles e Carme Pinós. Il cimitero come deposito di corpi darottamare.

Lo si raggiunge dopo aver attraversato la zona industrialedella periferia della città, fino a giungere al margine di uncanalone naturale percorso sul fondo da un piccolo torrente.L’ingresso al cimitero, un varco in un reticolato metallico, hacome chiusura un insieme di travi in ferro corrose dalla rug-gine, saldate tra loro in modo apparentemente casuale, comese fossero appena state scaricate da un camion ribaltabile. Lapavimentazione dell’intero cimitero è in cemento e al suointerno sono state affogate delle traversine in legno usate dibinari ferroviari. Anche gli edifici dei servizi sono in cementogrezzo, non intonacato e sui loro tetti crescono volutamenteerbe spontanee. Il terreno sul quale poggia il cimitero ha unaorografia irregolare e le pareti che delimitano piani diversisono formate da gabbie metalliche sovrapposte al cui internosono racchiuse pietre. Sulle pietre la crescita di arbusti e rovine accentuano l’immagine di una discarica su di un terrenoabbandonato. I colombari, anche questi edificati in modo chenon si elevino dal piano del terreno circostante, sono in

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Mentre il cimitero di Pomodoro e quelli del Laurentino e diCiampino si sottraggono alla vista sotterrandosi, quello diAldo Rossi si mimetizza. Prospiciente lo scalo ferroviario econtornato dalle palazzine e dai capannoni industriali dellaperiferia di Modena, più che uniformarsi a ciò che lo circon-da, ne continua la logica. Nessun elemento lo differenzia allavista da quanto già costruito o da ciò che ci si aspetta diincontrare con lo sguardo in un margine di città non ancoracompletamente urbanizzato ma già non più campagna. Lalinearità e la semplicità architettonica, il colore rosso mattone,il tetto di lamiera lo rendono irriconoscibile nel paesaggio. Latotale mancanza di segni distintivi ne completa la mimetizza-zione.

I cimiteri di Pomodoro e di Rossi traducono in tipologiearchitettoniche il processo di esclusione della morte e dellesue immagini dalla vita quotidiana. Superando ed abbando-nando definitivamente visioni esaltatrici e ro m a n t i c h e ,appaiono dare forma e rendere concreto quel modello di rap-porto tra i vivi e i morti che sta lentamente generalizzandosinella società moderna.

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Il progetto iniziale prevedeva anche che sul binario fossecollocato un treno dimesso. Una espressione interessantissi-ma di scultura concettuale, ma decisamente rifiutata da chidoveva collocare al suo interno i propri cari defunti. Doposolo pochi anni dalla sua ultimazione i binari sono stati rico-perti da una gettata di cemento e un muro di tufi alto più didue metri è stato costruito sul marciapiede isolando e nascon-dendo quasi completamente le strutture sopraelevate. foto22-26

10. Nella diversità degli stili architettonici, frutto anche dellediverse realtà storiche e ambientali in cui vanno ad inserirsi,alcuni elementi sembrano indicare scelte convergenti dei pro-gettisti. Non appaiono essere casuali né la marginalizzazionedella cappella, né la totale ed assoluta mancanza di ogni

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cemento grezzo e nelle indicazioni dei progettisti tutti i locu-li dovevano essere chiusi da una lastra in ferro cor-ten, colorruggine, con inciso il solo nome del defunto.

Le cappelle familiari sono collocate nella parte terminale epiù bassa del complesso cimiteriale, lungo il perimetro di unoslargo. Nello spazio antistante, lastre di cemento parzialmen-te sollevate o divelte dalle quali ci si aspetta di veder emer-gere dalla cintola in su Farinata degli Uberti.

L’immagine del cimitero e la sensazione che i propri mortisiano corpi da abbandonare in una discarica non sono stateben accettate dalla comunità della cittadina catalana. Gli abi-tanti di Igualada hanno imposto al comune di accettare che iloculi fossero chiusi con lastre tombali in marmo, sceltesecondo gusti individuali, che fossero creati spazi per i vasidei fiori e per lampade votive.

Unica tomba che ha mantenuto intatte le indicazioni origi-narie del progetto è quella in cui è sepolto lo stesso EnricMiralles, deceduto a soli 45 anni. foto 14,-21

9. Il cimitero di Civitacastellana di Massimiliano Fuksas è pen-sato laidamente come quello di Igualada.

L’intero complesso è stato ideato per rappresentare la sta-zione dalla quale partire per “l’ultimo viaggio”. L’asse cen-trale è costituito dal marciapiede che costeggia un binario fer-roviario che va a morire in un accenno di tunnel chiuso dalmuro perimetrale del cimitero. Sulla destra della banchina, inuna posizione sopraelevata rispetto a chi cammina lungo ilbinario, una sala d’aspetto per viaggiatori privata del pavi-mento. Al suo interno si scorge una panca in legno sulla qualeè abbandonata una valigia aperta, forse dimenticata da un chiè dovuto partire troppo in fretta. Nella sala contigua labiglietteria e gli uffici della stazione, arredati con una vecchiascrivania e pochi altri mobili da ufficio. Una sedia riversa sulpavimento suggerisce una frettolosa partenza.

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so, così legato alla tradizione cimiteriale dall’Ottocento in poi,non trova più posto in una edilizia con caratteristiche pre t t a-mente urbane. Il cimitero è uno spazio pensato ed edificato inverticale, su più piani, lontanissimo come idea dagli ampispazi verdi ed alberati che lo avevano precedentemente carat-terizzato. Anche l’ultimo elemento che lo identificava e lo face-va riconoscere fin da lontano nel paesaggio scompare, cancel-lato alla vista e rimosso dalla vita quotidiana, coere n t e m e n t ealle altre manifestazioni legate all’«oscenità» della morte.

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forma od allusione a simboli religiosi. Il cimitero, spazio sacronell’immagine e nella cultura occidentale, è pensato, proget-tato e realizzato in un’ottica assolutamente laica.

I progetti hanno in comune, oltre all’abolizione di elementidecorativi e monumentali, anche l’accurata e sistematica limi-tazione delle possibilità di intervento e di iniziative indivi-duali che possano in qualche modo modificare l’idea inizialedel progettista.

Il tentativo di contrastare quella corsa alla sontuosità visto-sa che ha reso tanti cimiteri, tra monumenti e tempietti, unasorta di mostra permanente delle mode passeggere e dellediseguaglianze economiche, sembra essere riuscito piena-mente solo nel cimitero di S. Cataldo. In questo cimiteroanche le piccole croci poste sulle lapidi, unico riferimento reli-gioso presente, sono di grandezza, forma e materiale stan-dardizzato, come pure unico è il tipo di marmo utilizzato perchiudere i loculi e uguali lampade perpetue. Un unico model-lo è anche imposto per le tombe familiari. L’armonia dell’im-magine d’insieme non è turbata neppure da addobbi florealidifferenziati: una congregazione cattolica ha provveduto afornire tutte le tombe di garbati fiori di stoffa, ed anche dovesono i parenti ad occuparsi dell’addobbo, i fiori scelti sonodello stesso tipo. In questo cimitero solo le date impresse sullelapidi indicano che le inumazioni si sono susseguite neltempo, nessun altro segno tradisce la moda di un momento epermette di riconoscere una tomba occupata di recente daquella occupata in anni precedenti. Come nei cimiteri di guer-ra, dove la presenza in un solo momento di tante salme dainumare ha creato uno spazio uniforme e immobile, anche ilcimitero di San Cataldo tende ad annullare le differenze didata nella morte, fattore trascurabile in rapporto ai tempiperenni del luogo.

Un ultimo elemento comune ai progetti esaminati è la quasitotale assenza di alloggiamenti per alberi d’alto fusto. Il cipre s-

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