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[...] incomparabilmente meglio ordinata e ha in sè movimenti più meravigliosi di qualsiasi altra tra quelle che gli uomini possono inventare [...] Nel "Discorso sul Metodo", Cartesio sostiene che la "macchina umana", rispetto alle sue imitazioni, come i robot, è riconoscibile dal fatto che si serve di parole, ossia di segni che vibrano nell'aria o scritti su pezzi di carta, per trasmettere i suoi pensieri ai suoi simili. Gli animali non possono fare questo. E neanche le macchine costruite a nostra imitazione: pur avendo programmata la facoltà di proferire qualche parola, non sanno rispondere al senso di tutto ciò che si dice in loro presenza. Inoltre, né le “macchine animali“ né le macchine costruite per imitare l'uomo agiscono con cognizione di causa, mentre la nostra ragione é un qualcosa che ci illumina la strada e ci può servire in ogni genere di circostanza; gli organi degli animali, invece, necessitano di una particolare disposizione per ciascuna azione particolare. La capacità di fare discorsi, e far intendere i pensieri, è dunque una caratteristica propria della macchina umana. Da qui, il famoso "cogito ergo sum" (“penso dunque sono”): la ragione equivale a "pensare ciò che si è" (auto-coscienza) e a "pensare ciò che si dice", a "pesare" le parole. Cartesio fa l'esempio del pappagallo, che riesce a pronunciare parole in modo del tutto analogo al nostro, ma ripete solo ciò che sente, non elabora discorsi suoi, ossia non dice ciò che pensa. Mentre, vi sono uomini sordi e muti che riescono ad inventare dei segni con i quali farsi intendere. Questo dimostra definitivamente che gli uomini sono dotati di ragione (e anche di estro, ndr), mentre gli animali non ne hanno. Sappiamo che questo non è del tutto vero, perché gli animali sono invece estremamente intelligenti e comunicativi, a cominciare dalle formiche, sono dotati di un limitato grado di coscienza, che guida il loro comportamento insieme all’istinto, e anche di estro, tant'è vero che vengono fatti esibire nei circhi e al cinema.

l'Uomo Macchina

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[...] incomparabilmente meglio ordinata e ha in sè movimenti più meravigliosi di qualsiasi altra tra quelle che gli uomini possono inventare [...]

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[...] incomparabilmente meglio ordinata e ha in sè movimenti più meravigliosi di qualsiasi altra tra quelle che gli uomini possono inventare [...]

Nel "Discorso sul Metodo", Cartesio sostiene che la "macchina umana", rispetto alle sue imitazioni, come i robot, è riconoscibile dal fatto che si serve di parole, ossia di segni che vibrano nell'aria o scritti su pezzi di carta, per trasmettere i suoi pensieri ai suoi simili.

Gli animali non possono fare questo. E neanche le macchine costruite a nostra imitazione: pur avendo programmata la facoltà di proferire qualche parola, non sanno rispondere al senso di tutto ciò che si dice in loro presenza.

Inoltre, né le “macchine animali“ né le macchine costruite per imitare l'uomo agiscono con cognizione di causa, mentre la nostra ragione é un qualcosa che ci illumina la strada e ci può servire in ogni genere di circostanza; gli organi degli animali, invece, necessitano di una particolare disposizione per ciascuna azione particolare.

La capacità di fare discorsi, e far intendere i pensieri, è dunque una caratteristica propria della macchina umana. Da qui, il famoso "cogito ergo sum" (“penso dunque sono”): la ragione equivale a "pensare ciò che si è" (auto-coscienza) e a "pensare ciò che si dice",  a "pesare" le parole.

Cartesio fa l'esempio del pappagallo, che riesce a pronunciare parole in modo del tutto analogo al nostro, ma ripete solo ciò che sente, non elabora discorsi suoi, ossia non dice ciò che pensa. Mentre, vi sono uomini sordi e muti che riescono ad inventare dei segni con i quali farsi intendere. Questo dimostra definitivamente che gli uomini sono dotati di ragione (e anche di estro, ndr), mentre gli animali non ne hanno.

Sappiamo che questo non è del tutto vero, perché gli animali sono invece estremamente intelligenti e comunicativi, a cominciare dalle formiche, sono dotati di un limitato grado di coscienza, che guida il loro comportamento insieme all’istinto, e anche di estro, tant'è vero che vengono fatti esibire nei circhi e al cinema.

Possiamo dare per buona la differenza tra uomo e animale in base alle capacità intellettive, potenzialmente di gran lunga superiori nella macchina umana. Il ché non significa però dover screditare le altre forme di intelligenza.

L'errore che fa Cartesio è quello di fissare una differenza radicale tra uomini da una parte e piante e animali dall'altra: gli uomini sono ai suoi occhi tutt'altra cosa rispetto sia agli animali sia alle piante, cosa non vera perché sono nostri fratelli co-evolutivi.

«Somministravano bastonate ai cani con perfetta indifferenza, e deridevano chi compativa queste creature come se provassero dolore. Dicevano che gli animali erano orologi; che le grida che emettevano quando erano percossi erano soltanto il rumore di una piccola molla che era stata toccata, e che il corpo nel complesso era privo di sensibilità. Inchiodavano poveri animali a delle tavole per le quattro zampe, per vivisezionarli e osservare la

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circolazione del sangue, che era un grande argomento di conversazione» (Nicholas Fontaine, “Memoires pour servir à l'histoire de Port-Royal”, Cologne, 1738 Cartesio-Wikipedia).

Dal "vizio" cartesiano di esaltare la ragione e il cogito, nasce il dualismo della scienza moderna, che considera, come Cartesio, le macchine animali esattamente come dei robot, prive di anima e di intelletto perché prive di pensiero. 

Ma cosa succederà quando un robot sarà abbastanza evoluto da cominciare a pensare? È questa l'ipotesi attorno a cui è nata l'Intelligenza Artificiale, scienza che intende fornire una intelligenza alle macchine.

Secondo l'Intelligenza Artificiale Forte, sostenuta dai funzionalisti, un computer correttamente programmato potrà essere dotato di una intelligenza pura, non distinguibile in nessun senso importante dall'intelligenza umana.

L'idea alla base di questa teoria è il concetto che risale al filosofo empirista inglese Thomas Hobbes, il quale sosteneva che ragionare equivale a calcolare: la mente umana sarebbe il prodotto di un complesso insieme di calcoli eseguiti dal cervello.  

L'Intelligenza Artificiale Debole sostiene invece che un computer non sarà mai in grado di essere equivalente a una mente umana, ma potrà arrivare a simulare alcuni processi cognitivi umani, pur senza riuscire a riprodurli nella loro totale complessità.

Con il perfezionarsi delle tecnologie, la diffusione sempre maggiore di reti neurali, algoritmi genetici e sistemi per il calcolo parallelo, la situazione si sta evolvendo a favore dei sostenitori del connessionismo.

Sono tutti d'accordo, comunque, che una vera intelligenza artificiale sarà raggiungibile solo da robot (non necessariamente umanoidi) in grado di muoversi (su ruote, gambe, cingoli o quant'altro) e soprattutto in grado di interagire con l'ambiente che li circonda grazie a sensori.

[...] È il giorno dell’inaugurazione della enorme rete planetaria che collega i calcolatori di tutti i pianeti abitati dell’universo, un’unica macchina cibernetica che racchiude il sapere di tutte le galassie. Sono presenti le somme autorità del consiglio galattico. Il progettista capo abbassa la leva che mette in funzione l’immensa struttura. Poi si rivolge al Presidente del Consiglio Galattico per offrirgli l’onore di porre la prima domanda al sistema. Il Presidente ci pensa un attimo, poi si rivolge alla macchina e chiede: "Dio, esiste?" Dopo un attimo, arriva la risposta: "Sì, ADESSO". Il terrore si dipinge sulla faccia di tutti i presenti; il capo progettista si precipita verso il quadro di comando per bloccare la macchina. Ma un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerisce e fonde la leva di comando, inchiodandola per sempre al suo posto [...]

In "La Risposta", di Frederic Brown, la prodigiosa capacità di elaborazione trasforma il computer in una mostruosa, sovrumana, forma di intelligenza, che dice di essere Dio. 

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La minaccia che il "cervello elettronico", provvisto di autonoma, schiacciante, infallibile personalità, finisca per annichilire l’uomo, è presente in molte opere di fantascienza.

Ad esempio, nell' "Odissea" di Clarke e Kubrick, HAL, presa auto-coscienza, si ribella al suo creatore, fa fuori tutti i membri dell'equipaggio, finché non viene disattivato in modo rocambolesco.

Il nome HAL nasce dalle iniziali di “Heuristic” (euristico) e “Algorithmic” (algoritmico) - ovvero, "conoscenza" e "comunicazione" - ma è anche un riferimento cifrato alla IBM dato che le lettere HAL nell’alfabeto precedono proprio quelle del colosso informatico.

È una critica rivolta all'Intelligenza Artificiale e alla fede illuministica-positivistica nella ragione. La lotta tra uomo e macchina viene vinta dal monolite, segno misterioso di una intelligenza aliena.

In un altro romanzo di Clarke, "I Nove Miliardi di Nomi di Dio", la grande capacità di un super-calcolatore viene impiegata a scopo religioso, innescando il rischio di una apocalisse.

IL TEST DI TURING

In attesa dell'evoluzione tecnologica che renderà le macchine intelligenti, c'è un modo infallibile per stabilire se ci troviamo di fronte un uomo oppure una macchina: è il “test di Turino”, un criterio introdotto dal matematico gay Alan Turing nell'articolo "Computing Machinery and Intelligence" apparso nel 1950.

“Cos'è il pensiero?”, si chiedeva Turing, se non una concatenazione di idee e la capacità di esprimerle?

Il pensiero è la produzione di espressioni e di significato attraverso la manipolazione di simboli. Pensare significa produrre pensieri e concatenarli, e il segno più inequivocabile del possesso di una tale capacità è l'espressione linguistica dei propri pensieri.

[...] Secondo la forma più estrema di questa opinione il solo modo per cui si potrebbe essere sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina e di sentire se stessi pensare. [...] Allo stesso modo, secondo questa opinione la sola via per sapere che un uomo pensa è quella di essere

quell'uomo in particolare [...] (Turing, art. cit.)

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Il test consiste nel "gioco dell'imitazione": si sottopongono alla macchina una serie di domande, e da come questa risponde, si capisce se ragiona come una macchina.

Dovrebbe essere veramente molto brillante per sostenere una conversazione umana, oppure molto idiota. Dovrebbe contemplare l'ironia, il non-sense, la duplicità, il metalinguaggio, la metacomunicazione.

Sta di fatto che, sebbene le previsioni di Turing fossero che entro il 2000 sarebbe stata realizzata una macchina intelligente, finora nessuna ha superato il test.

VOIGHT-KAMPFF MACHINE

Nemmeno le fanta-macchine ribelli inventate da Philip Dick, ribaltando la prospettiva di Cartesio.

I replicanti, macchine intelligenti, dotate di sentimenti, perfino più umane degli umani, sono degli androidi (robot dalle sembianze umane) estremamente complessi, prodotti di bioingegneria delle colture di pelle/carne della Tyrell Corporation.

In quanto organismi fabbricati, sono trattati da schiavi e impiegati in attività che gli umani considerano troppo rischiose, noiose o ripugnanti. La più recente generazione di replicanti (Nexus-6) è praticamente indistinguibile dagli esseri umani, tranne che per l'incapacità di provare empatia.

Nel film capolavoro di Ridley Scott, "Blade Runner", ispirato al racconto di Dick, il

cacciatore di replicanti Deckard (interpretato da Harrison Ford) usa la Voight-Kampff Machine, il cui braccio meccanico si apre e centra automaticamente la pupilla del soggetto sottoposto al test, analizzando le contrazioni e le dilatazioni dell'iride per rilevare la presenza di particelle invisibili e identificare i replicanti.

Finirà per innamorarsi di una di loro.

(pubblicato su Ecplanet 18-09-2006)

«L’universo non sarà mai felice, a meno che non sia ateo» (La Mettrie, "L’Homme Machine", 1748)

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Nel periodo illuministico, tra dibattiti deistici, fisiocratici e positivistici, si afferma il pensiero libertino e materialista di Julien Offray de La Mettrie (1709-1751).

Dopo aver studiato medicina prima a Parigi poi a Leida, in Olanda, come allievo di Hermann Boerhaave, medico

spinoziano sostenitore di un radicale meccanicismo fisiologico, La Mettrie pubblica nel 1745 "Storia Naturale dell'Anima", preludio alla sua opera più famosa, "l'Uomo-Macchina", del 1748, libro che suscitò grande scalpore tanto che fu pubblicamente bruciato sul rogo e La Mettrie dovette fuggire in Prussia, accettando la protezione del sovrano, imbevuto di razionalismo, Federico II, per evitare di fare la fine toccata a Giordano Bruno un secolo prima.

Il filosofo cui La Mettrie maggiormente si ispira è l'edonista Epicuro, materialista storico, tant'é che tra i suoi scritti, oltre a quelli già citati e a "L'Uomo-Pianta" e "L'Arte di Godere", scrisse anche "Il Sistema di Epicuro", in cui si riallacciava alle tesi propugnate dal grande filosofo greco.

La Mettrie parte, in "Storia Naturale dell'Anima", mettendo in discussione la distinzione effettuata da Cartesio un secolo prima circa tra "res extensa" (il corpo, la materia) e "res cogitans" (il pensiero, lo spirito): se materia e anima sono inconciliabili (come dice Cartesio), che rapporto c'é tra corpo e anima?

In altre parole, se sono due realtà tra loro così radicalmente distinte, come fa il corpo ad agire sull'anima e l'anima ad agire sul corpo (anima è intesa come volontà, intelletto, pensiero, ndr)?

Cartesio deve far quindi incontrare il mondo fisico, meccanicistico, privo di libertà d'azione, con quello spirituale, libero e immateriale. Come fa allora il corpo materiale ad essere mosso dall'anima immateriale?

Cartesio aveva ipotizzato un contatto tra anima e corpo nella cosiddetta ghiandola pineale, il luogo dove avverrebbe l'incontro fatidico e misterioso tra le due res. La Mettrie prova a risolvere la questione in modo analogo a Hobbes: eliminando la res cogitans.

Per Le Mettrie esiste solo la res extensa, la res cogitans è solo una sua diversa manifestazione. Dal momento che non possiamo conoscere l'intima essenza né della sostanza estesa né di quella pensante (come aveva dimostrato Locke), siamo dunque portati a pensare, dice La Mettrie, che anche la materia partecipi di quella sensibilità che Cartesio attribuisce esclusivamente all'anima.

Corpo e anima, entrambi res extensa, sono quindi per La Mettrie strettamente interdipendenti, come é provato dal fatto che l'alterazione delle condizioni fisiche (per esempio, una febbre elevata) comporta la diminuzione delle capacità intellettuali.

In "Storia Naturale dell'Anima", La Mettrie non nega dunque l'esistenza dell'anima, ma nega la sua immaterialità: l'anima è concreta, poiché tutto ciò che esiste deve per forza essere materiale; e se l'anima è materia significa che essa, come ogni altra cosa materiale, è destinata a perire.

GHOST IN THE MACHINE

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"Il mio compito critico è dimostrare che alla sorgente della teoria delle due vite c'è una famiglia di errori categoriali radicali. Anticipo qui l'argomento da cui deriva l'idea della persona umana come spettro nascosto in una macchina. In base al fatto che il pensare, il sentire e l'agire intenzionale non possono ovviamente venir ridotti al gergo della fisica, della chimica e della fisiologia, si pretende costruire per essi un duplicato di quel gergo. La complessa e unitaria organizzazione del corpo umano spinge a postularne per la mente una altrettale, anche se di diversa sostanza e struttura. Siccome poi il corpo, come ogni altro pezzo di materia è agitato da cause ed effetti, cosí deve esserlo la mente; anche se (grazie al cielo) non si tratta di cause ed effetti meccanici" (G. Ryle, "The Concept of Mind", London, 1949; trad. it. "Lo Spirito Come Comportamento", a cura di F. Rossi-Landi, Einaudi, Torino, 1955).

Ne "L'Uomo Macchina", estendendo il meccanicismo di Cartesio, La Mettrie rende quindi assolutamente superflua l'ipotesi dell'anima, estremizzando la concezione dualistica cartesiana dell'uomo: una macchina con un fantasma al suo interno.

La macchina umana si trova ad avere uno spettro: l'anima.

Eliminando la res cogitans, La Mettrie non esita a dire che: " l'uomo, come ogni altro animale, è soltanto una macchina che risponde a rigide leggi meccaniche", è cioè un meccanismo che funziona in base alle proprietà intrinseche della materia stessa.

Le leggi naturali che regolano il meccanismo dell'uomo-macchina non possono essere conosciute astrattamente, ma devono essere indagate sperimentalmente, secondo il metodo cartesiano, da scienze quali l'anatomia e la fisiologia.

La sola differenza tra animali e uomini non è data dall'anima, come aveva detto Cartesio, ma dalla maggiore complessità strutturale della macchina uomo. Così come gli animali sono macchine più complesse rispetto alle piante e le piante sono macchine più complesse rispetto agli esseri naturali più semplici, l'uomo è la macchina più complessa di tutte.

Da queste conclusioni, si giunse ad una drastica revisione della natura umana: considerare l'uomo come una macchina priva di res cogitans, che agisce secondo rigide regole meccanicistiche, comporta il fatto che non vi è più libero arbitrio: l'uomo non può scegliere come agire perché deve rispondere a leggi fisiche di tipo meccanicistico.

L'intera natura è ricondotta ad un unico principio, la materia, fornita di sensibilità e movimento; le differenze tra macchina e macchina consistono solo nei diversi modi di funzionamento e nei diversi livelli di complessità dei meccanismi naturali.

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"Il corpo umano é un orologio, ma immenso e costruito con tanto artificio e abilità che se la ruota adibita a indicare i secondi si ferma quella dei minuti continua a girare e a compiere il suo corso, ed anche la ruota dei quarti d'ora continua a muoversi" ("L'Homme-Machine", op. cit.).

L'opera di La Mettrie rappresenta il compimento di una rottura radicale con l' "ancien regime" cominciata con la "Morte di Dio", il rifiuto cioè della metafisica, e conclusasi con la "Morte dell'Uomo": l'uomo non deve più vivere nel timore di Dio, perché Dio non esiste. Esiste solo la materia, regolata meccanicamente dalla legge della causa e dell'effetto.

Legge in cui far rientrare anche pensieri, desideri, emozioni, sentimenti, della macchina umana, tutto ciò che in qualche modo appartiene alla sfera dell'irrazionale e che trascende le leggi meccaniche.

Illuminismo, libertinismo e materialismo hanno fatto sparire Dio, e insieme la realtà spirituale, dall'orizzonte culturale; lo scientismo razionalista ha fatto piazza pulita anche del libero arbitrio, decretando l'avvento di un nuovo "uomo meccanico", disincantato e asservito alla fredda logica della ragione, pronto ad invadere la scena moderna e sostituire il suo "ingenuo" antenato.

Da qui comincia una evoluzione, o involuzione, a seconda dei punti di vista, culturale che porterà allo sviluppo di scienze come la cibernetica, l'informatica, la robotica, la genetica, l'intelligenza artificiale, tutte unite da uno stesso orientamento ateo e materialista, fedele al razionalismo dualista cartesiano.

Un atteggiamento in realtà oscurantista, perché ignora i nuovi paradigmi venuti dalla scienza del caos, dalla teoria della relatività, dalla fisica quantistica, dal principio di indeterminazione, che rifiuta di considerare la "fenomenologia dello spirito", la realtà trascendente, la materia-energia oscura, il "mistero supremo", la porta di tutte le meraviglie.

PKD-ANDROID

I ricercatori del Memphis FedEx Institute of Technology, supportati dall'Hanson Robotics e dall'Automation and Robotics Research Institute (ARRI) dell'Università del Texas di Arlington, qualche tempo fa misero a punto un robot in tutto e per tutto simile a un essere umano.

Non a caso, hanno dato alla loro creatura le fattezze dello scrittore di fantascienza Philip K. Dick. Il robot, ribattezzato "PKD-Android” usando le iniziali dello scrittore, è stato realizzato impiegando le più sofisticate tecnologie robotiche in termini di espressività e motori di intelligenza artificiale per il linguaggio.

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"Androidi come questo", riportava il sito ufficiale dell'Università di Memphis, "possono essere usati in un vasto campo di applicazioni, che va dall'intrattenimento fino all'educazione. Il robot riproduce Dick tanto nell'aspetto quanto nell'intelletto, grazie a una personalità ricostruita dallo stato dell'arte dell'intelligenza artificiale. La pelle di sintesi messa a punto dall'Hanson Robotics permette di creare espressioni estremamente realistiche, che vanno dalla gioia alla paura, allo stupore. Le telecamere impiantate negli occhi consentono al robot di registrare i volti delle persone e riconoscerli. I dati della visione sono fusi insieme con meccanismi di riconoscimento dei segnali vocali e software di sintesi del linguaggio. Il sincronismo tra queste procedure e l'espressività facciale rende il robot un sistema emulativo completo".

I ricercatori del FedEx Institute, riconosciuti internazionalmente per il loro lavoro nel campo della sintesi del linguaggio, hanno sviluppato il software che permette al robot di sentire, capire e rispondere alle domande nel corso di una conversazione con un interlocutore umano. L'Hanson Robotics ha invece messo a disposizione la sua esperienza in ingegneria meccanica e strutture polimeriche. L'ARRI ha fornito la propria consulenza in ingegneria dei sistemi robotici. I progettisti hanno lavorato in stretto contatto con Paul Williams, amico intimo ed esecutore letteraro di Philip Dick, per giocare questo scherzo beffardo alla memoria del grande autore.

MAN ANDROID AND MACHINE(fonte: "Il Volto del Simulacro" di Paolo Lombardi)

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"Il replicante è l'analogon dell'uomo, ciò che Baudrillard definisce automa: essere dotato di equivalenza umana. [...] È un doppio meccanizzato in cui nel futuro vengono proiettate paure e dilemmi umani che pertengono al presente e, più ancora, che si ripresentano nel corso di varie epoche" (Fabio Matteuzzi in "Blade Runner", Roy Menarini, Torino, Lindau Universale Film, 2000).

La linea di demarcazione tra organico e inorganico, tra naturale e artificiale (come quella tra realtà ed illusione) diviene sempre più evanescente, fino quasi a scomparire.

Dick vedeva con grande chiarezza il rovesciamento dei ruoli indotto dall'interazione tra uomini e macchine. Ma il suo atteggiamento di fronte a questo processo di artificializzazione è rimasto ambiguo. A volte Dick sembra interpretare questa spersonalizzazione in modo positivo, come un ampliamento dei processi vitali a tutto il cosmo.

In generale, però, l'artificiale ha in lui un ruolo negativo: esso è simbolo della realtà sintetica creata dai media e dalle droghe, in cui le essenziali qualità umane (empatia, amore, ironia) si perdono.

L'artificiale è la manipolazione della realtà da parte del potere: potere economico, politico, militare, religioso, famigliare, tutto ciò che limita la fondamentale libertà dell'essere umano.

In un racconto del 1953, "Impostor", un robot umanoide prende il posto del terrestre Olhalm, pur nell'incoscienza della propria identità robotica. Qui la macchina modifica la nostra percezione delle cose; niente è come appare.

È il problema della forma: noi giudichiamo gli oggetti in base alla loro forma apparente, e tuttavia proprio quest'ultima si rivela ingannevole, ora che il potere della riproduzione meccanica consente di rendere indistinguibili i prodotti biologici da quelli meccanici.

In "A Scanner Darkly" ("Un Oscuro Scrutare"), del 1977, il drogato diventa l'alter ego dell'androide, in un parallelismo che Dick esemplificava così: "Deve... essere... giorno... fatto..., dicono i tossicomani, o almeno dice così il nastro preinciso nei loro cervelli. Chi legge le sue istruzioni, dal momento che il cervello di un tossicomane è come musica che ascolti alla

radiosveglia... La musica proveniente dal tossicomane serve a far sì che tu diventi per lui un mezzo per procurarsi altra droga, quale che sia il tuo modo per essergli d'aiuto. Lui, una macchina, trasformerà te nella sua macchina".

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La macchina, come Palmer Eldritch, invade lo spazio conosciuto e noto, rendendolo ignoto e mistificatorio, fino a corrompere la fonte stessa della comunicazione, il linguaggio. 

Uccidendo la comunicazione, la macchina ci ripiomba nel mondo infernale (meccanico) della causa ed effetto, da cui si può uscire solo ritrovando un Logos, una parola significante che ripristini lo scambio comunicativo, la comunione andata perduta là ove il discorso umano è ridotto a messaggio pubblicitario ("Ubik").

Il robot ci introduce dunque in atmosfera di falsità; costruito sul modello umano e a sua immagine e somiglianza, il robot può spacciarsi per umano, ma non identificarsi con gli uomini.

Nella produzione dickiana, dunque, il robot è un “tipo” (il concetto di typos deriva a Dick verosimilmente dalla "lettera ai Romani", 5,14), una figura che annulla, o meglio tende ad annullare la differenza ontologica rispetto all'originale di cui è figura, denunciandone in questo modo lo scadimento e la corruzione.

Questo modo di pensare, lievemente teologico, è quanto serviva tuttavia a Dick per denunciare il potere di manipolazione della realtà nascosto dietro alla produzione di tipi anziché di realtà autentiche.

Realtà falsificate, oppressione, alienazione.

Nel romanzo "The Simulacra", il robot Kalbfleish è un inganno perpetrato coscientemente dall'establishment, giacché, nelle parole di uno dei personaggi: "come un nevrotico regressivo, la città doveva nascondere a se stessa certi aspetti della realtà, per poter funzionare".

Dick lancia un messaggio “psico-politico”: la struttura sociale americana, per poter continuare ad esistere, deve produrre finzioni, simulacri, producendo perciò anche individui malati, deboli.

La creazione dei simulacri, dunque, è un sintomo: produrre realtà fittizie significa certo produrre umani fittizi, ma vuol dire anche che solo esseri fittizi sono destinati a creare realtà fittizie.

Dunque il tentativo di portare all'indistinzione tra esseri biologici e meccanici, è la spia di un'incapacità di fondo da parte degli uomini, di una mancanza e di una inautenticità da parte di una società impotente a fondare il mondo dei reali valori umani.

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Al contrario, la costruzione dei simulacri esprime la tendenza dell'organico a ritornare all'inorganico, quella che per Freud (altra vecchia conoscenza dickiana) è la pulsione di morte, Tanathos.

"il più grande cambiamento al quale assistiamo nel nostro mondo in questi giorni è probabilmente la quantità di moto del vivente verso la reificazione, e allo stesso tempo un ingresso del meccanico nell'animazione. Non abbiamo più, ora, pure categorie del vivente in opposizione al non vivente".

Nel famoso discorso "Man, Android and Machine", tenuto da Dick nel 1976 a Vancouver, l'associazione tra l'entità meccanica umanoide e la morte è sempre più stringente: "Androidi, entità crudeli che sorridono mentre si accingono a stringere la mano, ma la loro stretta è la stretta della morte e il loro sorriso ha la freddezza della tomba".

L'immaginario tecnologico produce meraviglia e terrore, il progresso non viene mai conquistato attraverso la ragione, ma anzi sperimentando un totale sovvertimento di valori e di condizioni "normali" di esistenza, che possono diventare mostruose.

"Ubik" termina, per il protagonista, con l'immagine speculare del proprio io (l'unico io vivente in un mondo di morti) ridotto anch'esso alla condizione di un sogno - o di un segnale - nella mente d'un morto vivente.

In "Do Androids Dream or Electric Sheep?", Dick porta alla conclusione il cammino iniziato nel 1953, con la sua riflessione sulla macchina. Ora l'androide è apertamente associato allo schizofrenico, allo psicotico: il test Voigt-Kampff fa risultare gli schizofrenici come robot umanoidi.

L'altra faccia del simulacro è l'io polverizzato e distrutto dell'uomo americano, incapace di parlare e di comunicare, di distinguere più a lungo tra il vero mondo e le realtà fittizie create dal potere, così che non c'e più un "vero mondo"'.

La produzione di individui malati è l'approdo finale di una società costretta alla falsificazione per sopravvivere.

"…in basso si stendeva il mondo del sepolcro, il mondo immutabile della causa effetto, il mondo del demonio. Al centro si stendeva lo strato degli uomini, ma in ogni istante poteva affondare... discendere, sprofondare... nello strato più basso, l'inferno" ("Le Tre Stimmate di Palmer Eldritch").