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01 Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige GENNAIO / FEBBRAIO / MARZO 2014 UN TESORO DA SCOPRIRE Il plurilinguismo è la chiave per girare il mondo e assicurarsi il successo imprenditoriale In caso di mancato recapito restituire al CPO di Bolzano - Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in A.B. – 70% NE/BZ, Tassa Pagata/Taxe Perçue

M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

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Gennaio/Febbraio/Marzo 2014 Un Tesoro da scoprire Il plurilinguismo è la chiave per girare il mondo a assicurarsi il successo imprenditoriale

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01Magazine per il Destination Marketing in Alto AdigeG e n n a i o / f e b b r a i o / M a r z o 2 0 1 4

Un tesoro da scoprireIl plurilinguismo è la chiave per girare il mondo

e assicurarsi il successo imprenditoriale

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136sono gli idiomi che si parlano in Alto Adige oltre alle tre lingue ufficiali ed ai quattro principali dialetti sudtirolesi.

In Alto Adige le lingue ufficiali e i dialetti sudtirolesi (pusterese, venostano, sarentinese e della Bassa Atesina) sono lo specchio della varietà culturale della società altoatesina. E assieme alle 136 lingue straniere sono l’espressione di un mondo intero racchiuso in uno spazio ridotto.(Fonte: astat info 09/2013 – Popolazione straniera residente 2012)

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Ricchezza o problema?E voi quante lingue parlate? Una, due tre, quattro o anche di più? Si sa che tutto ebbe inizio con la famosa Torre di Babele: ai tempi in cui le persone parlavano sempre e solo una lingua, ad un certo punto la gente cominciò a parlare lingue di-verse e a non capirsi più. Ed è chiaro che, in mancanza di comprensione, diventa difficile anche confrontarsi con “l’altro”. Per fortuna l’uomo è fatto per imparare ed ecco che ciò che a prima vista può sembrare un problema, in realtà è una ric-chezza incommensurabile.

La nostra esistenza è scandita dal linguaggio: nell’economia, nella cultura, nella vita di tutti i giorni. E proprio quando si parla di internazionalizzazione è necessario ve-dere la lingua nel suo contesto, come parte di una determinata cultura. Chi non vuo-le fare un briciolo di sforzo in più per capire la cultura di un territorio, non avrà vita facile nel campo degli affari. Agli italiani non si può parlare come ai tedeschi, gli americani bisogna trattarli in maniera diversa dai russi. E non solo dal punto di vi-sta linguistico, ma sotto ogni aspetto. La lingua in questo caso è solo il primo osta-colo da superare, ma senza averlo superato non si va avanti.

Noi altoatesini facciamo del nostro meglio per vedere nel plurilinguismo una ric-chezza piuttosto che un problema. Ma, a prescindere dalla cifra che avete dato come risposta alla domanda iniziale, non vi è venuta voglia di conoscere una nuo-va lingua o – meglio ancora – una nuova cultura?

Vi auguro una piacevole lettura.

Hansjörg Prast, direttore di EOS

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www.maximilian.it

multi label fashion stores bolzano I bressanone I brunIco I vIpIteno

passion for fashion

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BLS – Business Location Alto Adige Spa, Passaggio Duomo 15, 39100 Bolzano EOS – Organizzazione Export Alto Adige, via Alto Adige 60, 39100 Bolzano SMG – Agenzia Alto Adige Marketing, piazza della Parrocchia 11, 39100 Bolzano TIS – innovation park, via Siemens 19, 39100 Bolzano

Direttore responsabile: maria Cristina De Paoli | Caporedattrice: barbara Prugger | Redazione: astrid brunetti, maria C. De Paoli, bettina König, Petra ober-huber, eva Pichler, Cäcilia Seehauser | Coordinamento: Cornelia Kupa, ruth Torggler | Traduzioni: Paolo florio | Layout: succus. comunicazione srl | Design Consult: arne Kluge | Fotografie: alex filz, gary Yim, Shutterstock | Illustrazioni: anna godeassi | Infografica: no.parking comunicazione | Prestampa: typo-plus, via bolzano 57, 39057 frangarto | Stampa: Karo Druck, Pillhof 25, 39057 Frangarto | Per non ricevere più questa rivista è sufficiente inviare una mail speci-ficando il proprio indirizzo a [email protected] | registrazione c/o il Tribunale di bolzano n. 7/2005 del 9 maggio 2005.

Sommario

copertina: il plurilinguismo

8 Lingue vincentiil plurilinguismo come fattore di cre-scita: un potenziale non sfruttato.

14 Una questione di atteggiamentoPer rita franceschini le competenze linguistiche devono essere curate e regolarmente fertilizzate.

16 Immersione vs bilinguismomodelli e approcci diversi, un unico obiettivo comune: imparare le lingue. e possibilmente bene.

18 Cammelli & RicercaPasticcieri o ricercatori, poco cambia: per avere successo servono le lingue.

20 Le lingue fanno bene all'economiaDa sempre l’alto adige è un laboratorio linguistico che funge da interfaccia tra le culture del nord e del Sud.

Rubriche

6 mailbox 7 made in alto adige22 uno sguardo oltre i confini25 l'opinione 30 menti32 mercato 36 nell'occhio dei media38 m come mele & co.

MARKETING

26 La fama corre sul webi commenti lasciati dai consumatori su internet diventeranno il primo bigliet-to da visita di un'azienda.

28 Software liberoopen Data, utilizzo diffuso, regole semplici e bassi costi: il free software è una manna per l'innovazione.

34 Go internationalTre progetti targati eoS per andare più sicuri verso nuovi mercati.

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domanda e l’offerta di nuovi mercati, nuovi partner d’affari e nuovi fornitori è ormai indispensabile per far fronte alla concorrenza globale.Ma come bisogna muoversi per avere

successo all’estero? Un semina-rio dell’IRE cerca appunto di

fornire ai partecipanti le co-gnizioni basilari dell’attivi-tà di export, partendo dalle varie forme di internaziona-

lizzazione per arrivare ad un check up destinato a valutare

le competenze e le potenzialità di export dell’azienda interessata. Il

seminario si svolgerà il 14 maggio 2014 e sarà tenuto in lin-gua italiana. Info: Thomas Lunger, tel. 0471 945763,[email protected].

TECNOLOGIA SENZA CONFINIProgetto UE per aziende produttive

INNOVAZIONE. L’impiego di tecnolo-gie d’avanguardia come la meccatroni-ca, le nano e bio-tecnologie, la micro-elettronica e la fotonica permette di creare innovazione e di sviluppare pro-dotti competitivi. Il progetto interdisci-plinare InterTech nasce proprio con l’intento di divulgare queste tecnologie nelle aziende produttive. Analisi del fabbisogno, eventi informativi, coa-ching tecnologici e progetti-pilota pun-

tano a portare alla ribalta queste tema-tiche ed a fornire sostegno alle imprese. Il capofila di InterTech è il TIS innovation park, i partner di progetto sono l’agen-zia di insediamento del Tirolo, Assoim-prenditori Alto Adige e Treviso Tecnolo-gia, mentre i partner associati sono l’Euroregione Tirol-Alto Adige-Trenti-no e la Euregio Inntal.www.intertech-it-at.eu

ENGLISH STYLE GUIDEIl manuale per un inglese corretto

I turisti e i partner commerciali dell’Alto Adige arrivano da ogni parte del pianeta, per cui è estremamente importante per le aziende locali non solo conoscere la lingua inglese ma anche usarla corretta-mente quando si ha a che fare con ospiti e partner internazionali.In quest’ottica Alto Adige Marketing (SMG), in collaborazione con lo studio di traduzioni Blue Pencil, ha elaborato una pratica guida al corretto impiego della lingua inglese in ambito lavorativo. Il manuale contiene le principali regole linguistiche ma anche gli errori più co-muni e tanti esempi di corretto utilizzo della lingua. La guida nasce con l’inten-to di aiutare l'utente ad evitare gli svario-ni più frequenti, che possono indurre l'interlocutore a pensare che egli non conosca bene la lingua inglese. www.smg.bz.it/englishguide_it

IL CHECK UP PER L'ExPORTSiete pronti per sbarcare in Alto Adige?

INSEDIAMENTO. “Siete pronti per espandervi?” è il titolo di una serie di articoli che la testata tedesca

“Handelsblatt Online” ha co-minciato a pubblicare qual-che settimana fa su suggeri-mento dell’agenzia provin-ciale di insediamento BLS. Lo scopo è quello di far co-noscere le potenzialità dei mercati che gravitano attorno alla Germania, tra i quali figura an-che l’Italia. Tramite una sorta di check list è possibile testare volta per volta le proprie capacità di espansione. Se il ri-sultato del test è positivo, l’utente viene rimandato al sito web della BLS, dove può scoprire tutti i vantaggi derivanti da un insediamento in Alto Adige. La check list è stata appositamente concepita da BLS in collaborazione con il nuovo isti-tuto di ricerca della testata economica tedesca. L’iniziativa intende offrire un servizio qualificato di assistenza e pri-ma consulenza alle aziende interessate a sbarcare sul mercato italiano.www.bls.info/expansionscheck

SEMINARIO SULL'ExPORTL’abc dell’esportazione

ExPORT. Il numero delle piccole e me-die aziende che cercano nuovi sbocchi commerciali è in costante crescita. La

Il progetto InterTech riguarda il know how del settore tessile.

(BK)

Il manuale aiuta ad evitare gli errori più fre-quenti commessi quando si parla inglese.

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m a i l b ox

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L A S C H E DA

Artista artigiano .................. Karl Heinz Windegger, Lahngut di LanaProduzione ............................................................... vasi, ciotole e piatti,

gioielli, oggetti d’arteLegni usati .................................... melo, ciliegio, noce, frassino, faggio

Karl Heinz Windegger, artista-tornitore di Lana, ama lavorare conil legno e non contro il legno, è affascinato da ciò che è diverso, irre-golare. nei mesi invernali Windegger crea capolavori utilizzando la materia più tradizionale a queste latitudini, il legno. Lavora con blocchi unici, non usa colle e predilige il legno di melo. La tornitura trasversale, ovvero perpendicolare alle fibre del legno, conferisce ai suoi oggetti una prospettiva particolare. Prima di essere messe in vendita a prezzi che partono da 150 euro, le sue opere vengono luci-date a mano e trattate con qualche goccia d’olio naturale.i criteri di qualità previsti dal marchio “gallo rosso” per l’artigiana-to contadino garantiscono l’utilizzo di materie prime provenienti dal proprio maso o comunque locali nonché la lavorazione artigia-nale degli agricoltori. il risultato? Pezzi autentici, unici e di grande valore, che rispecchiano lo stile di vita altoatesino ed il felice connu-bio tra abilità artigianale e ispirazione artistica. www.roterhahn.it

Progetto: Arte lignea

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m a D E i N a lto a D i g E

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L’ultimo censimento dice che nella provincia più settentrionale d’Italia vi-vono 504.ooo persone così suddivise: 314.000 di madrelingua tedesca, 118.000 italiani e 20.000 ladini, oltre a quasi 40.000 stranieri che aggiungono ulteriori colori e lingue al territorio. E tuttavia, malgrado tutto questo multi-linguismo, questa ricchezza di tradi-zioni – a prescindere da qualsiasi con-notazione politica – finora l’Alto Adige è riuscito solo in parte a sfruttare le potenzialità insite in una società mul-ticulturale.

I risentimenti reciproci dei due mag-giori gruppi linguistici, l’insufficiente volontà di andare incontro all’altro, le troppe cose che ancora dividono rispet-to alle poche che uniscono. Una lacera-zione che si riflette anche sul grado me-dio di conoscenze linguistiche da parte della popolazione: «I nostri dipendenti spesso fanno fatica a scrivere una lette-ra in tedesco o italiano senza fare erro-ri», commenta un imprenditore altoate-sino. D’altronde, se non c’è contatto “fisico” tra le due lingue, anche lo scam-bio diventa impossibile, cosicché la scuola rappresenta di fatto l’unica pos-sibilità – o l’unico motivo – per avere a che fare con l’altra lingua ufficiale della provincia.

Non c'è pensiero senza parole, non c’è identità senza lin-gua. Tedesco o italiano, ba-sco o curdo, lingua standard

o dialetto: la diversità linguistica fa parte della natura al pari della diversità biolo-gica. In Alto Adige questo la gente lo sa da tempo. Da tanto tempo. Già, perché qui non è che il plurilinguismo sia nato 100 anni fa solo in seguito all’annessione del Tirolo del Sud all’Italia. Il pendolarismo di pastori e commercianti, di soldati e pellegrini sulle strade e sui sentieri delle Alpi è cosa antichissima, che risale alla notte dei tempi. E da sempre, per fare af-fari con lo straniero, è stato necessario capire la sua lingua e farsi capire.

Di fatto oggi il connotato che più ca-ratterizza l’Alto Adige è proprio la pre-senza sul suo territorio di tre lingue e tre culture. Tanto che le prime cose che un forestiero nota quando varca il Brennero o la chiusa di Salorno sono le insegne bi- o trilingui, la naturalezza con cui ogni al-bergatore passa dall’italiano al tedesco, i nomi ladini di antiche case e fattorie, il bugiardino bilingue nelle scatole di me-dicinali. Oggi come non mai l’Alto Adige è un’originale combinazione di cultura alpina e mediterranea, di palme e abeti, di lasagne e Schlutzkrapfen, di “Ciao” e “Hoi”.

LINGUE VINCENTI.

in un mercato così globalizzato, oggi come non mai la conoscenza delle lingue straniere è una delle chiavi del successo economico.eppure l’alto adige, malgrado il suo storico multilinguismo, non èancora riuscito a sfruttare appieno questa situazione favorevole.

Testi: Maria Cristina De PaoliIllustrazioni: Anna Godeassi

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L i n g u a o d i a L e t t o : e c c o i L d i L e m m a Tre domande a Kristin Reinke*

Che differenza c’è tra lingua e dialetto? Qual è il confine che li contraddistingue? Difficile a dirsi, perché proprio i dialetti sono alla base di molte lin-gue standard. Prendiamo ad esempio il francese, che deriva dal dialetto parlato nella regione parigina. Stessa cosa si può dire per l’italia, dove la lingua parlata nel XiV secolo dai grandi poeti Dante, boccaccio e Petrarca è diventa-ta la base dell’attuale italiano standard. oggi si tende a definire i dialetti come delle cosiddette varietà geo-grafiche di una lingua, ovvero idiomi tipici di una determinata regione. in questo contesto per-tanto la lingua standard è ritenuta una lingua sovraregionale.

È vero che i dialetti hanno un patrimonio lessicaleridotto rispetto alla lingua ufficiale? in effetti è così, perché la maggior parte delle lingue standard non sono altro che dei dialetti “allargati”, ovvero lingue sviluppate per soddisfare le esigenze di un livello di comunicazione più alto. Le lingue nazionali vengono utilizzate in tutti i settori più importanti come la letteratura, la prosa, la scienza, l’amministrazione e così via, cosicché possono disporre di un patrimonio lessicale decisa-mente più sostanzioso.

Come viene visto oggi il dialetto nella vita sociale? in qualità di sociolinguista sono contraria alla condanna somma-ria di qualsivoglia realtà linguistica. oggi come oggi i dialetti sono usati per lo più in contesti familiari o comunque informali, dove sono assolutamente accettabili e anzi sono funzionali. il problema sorge quando chi parla in dialetto non è in grado, in

certi contesti formali o sovraregionali, di parlare la lingua standard, dando così origine a problemi di

comunicazione. Le norme della nostra società moderna ci impongono di parlare in lingua in determinate situazioni, e chi non ce la fa può incorrere in penalizzazioni come potrebbe essere un giudizio negativo da parte dell’in-terlocutore.

*Kristin Reinke è Junior Professor di lingue fran-cofone all’Università Johannes Gutenberg di Magonza.

Piccola curiosità a margine: l’italia è ritenuta la nazione dell’eu-ropa occidentale che vanta il maggior numero di dialetti, che tal-volta si differenziano talmente tra di loro da poter essere conside-rati delle vere e proprie lingue a sè stanti. Secondo Kristin reinke, le differenze strutturali riscontrate tra alcuni dialetti italiani pos-sono essere paragonate a quelle esistenti tra la lingua italiana e quella spagnola.

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Un forte fattore economicoVa da sé che da tempo ormai le lingue non sono più solamente sinonimo di identità e arricchimento personale, ma rappresentano anche un eccezionale fat-tore economico. E di questo pure l’Alto Adige dovrà tenerne conto per il futuro. Nel 2006 la Commissione Europea, tra-mite il cosiddetto Studio ELAN, ha stabi-lito per la prima volta che esiste una rela-zione diretta tra la mancanza di compe-tenze linguistiche e le difficoltà nel settore dell’esportazione. Per quell’inda-gine vennero intervistate 2.000 piccole e medie imprese sparse in 29 Stati europei, e per l’11% di esse venne alla luce che i problemi di comunicazione avevano causato la perdita di commesse per un importo complessivo di 100 miliardi di euro all’anno. Una somma peraltro sti-mata per difetto e che quindi potrebbe essere di un bel po’ più alta.

A questo si aggiunge un’indagine condotta dall’Osservatorio economia, lingue e formazione dell'Università di Ginevra, secondo cui addirittura il 9% del Pil elvetico deriva dal plurilinguismo de-gli svizzeri. Nel loro studio i ricercatori confederati parlano di una quota di Pil da attribuire al multilinguismo. E anche se finora nessuno ha tentato di tradurre in cifre i benefici per l’intera Europa de-rivanti dal plurilinguismo, si può co-munque presumere che anche la UE tragga vantaggi economici dalla propria varietà linguistica.

«Le lingue sono la chiave del succes-so – conferma Stefan Pan – ragion per cui, più lingue si conoscono e meglio è». Le lingue aprono tutte le porte e hanno un’importanza strategica per le aziende, «a patto che si capisca che non basta sa-per ordinare un caffè in inglese». Il pre-sidente di Assoimprenditori Alto Adige auspica invece una maggiore immersio-

Quando due lingue vivono gomito a gomi-to per secoli come in alto adige, è inevita-bile che nascano delle contaminazioni. il risultato? Dei neologismi talvolta esilaran-ti, un vero mischmasch, come riporta Paolo Cagnan nel suo manuale “Lo slang di bol-zano”. il giornalista bolzanino è stato il primo a mettere nero su bianco il gergo degli altoatesini italiani. il libricino parte dall’intuizione che nel corso del tempo la popolazione altoatesina di lingua italiana non ha sviluppato un proprio dialetto ma una sorta di slang diffuso. avva-lendosi anche di una pagina facebook, Cagnan ha rac-colto tantissimi neologismi e modi di dire, molti dei quali derivanti dal contat-to con la lingua tedesca.Qualche esempio? Chi vuo-le fare attenzione deve stare all’auge, chi marina la scuola fa blaun, chi va a tutto gas viaggia volle pulle e chi è disgustato grida "pfui, taifel". mol-to diffuse sono anche, soprattutto in bas-sa atesina, espressioni come trincare e

sprizzenare, schpinch? (sei impazzito?) e schauwieschian (tutto attaccato, per dire “guarda che bello”).Per i tedeschi la versione quasi speculare del dizionario di Cagnan è il vocabolario tedesco-sudtirolese elaborato dall’archi-tetto e caricaturista gardenese Hanspe-ter Demetz, che lo ha concepito come un utile dizionario per forestieri, turisti e immigrati.Molti termini mostrano un chiaro influs-so della lingua italiana: nel ristorante ad

esempio la Schnitzel (la bistecca) anche in tedesco viene ordi-

nata ai ferri, da bere si chie-de un’Arantschàta e il pa-sto si chiude con un bel Tschelato. Quando non si vuole andare indietro si va

avànti, quando ogni cosa è a posto si dice che è prònta, a

Carnevale si va in Màschgra, in strada si può essere fermati da una Karpf (pattuglia della polizia) e chi ha la cucina a gas si compra una Bòmbola. e se la bom-bola esplode, allora sono tutti Kàtzimiei!

u n a S c h n i t z e L a i f e r r i e u n ’a r a n t S c h a t aLo slang in salsa altoatesina

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ne non solo nella lingua, ma anche nella cultura del mercato che si vuole raggiun-gere. E Rita Franceschini, direttrice del Centro di competenza lingue della Libe-ra Università di Bolzano, invita a distin-guere tra il semplice masticare una lin-gua e la piena padronanza dell’idioma straniero (vedi intervista a pagina 14). Ed è proprio questo il punto debole dell’Al-to Adige.

Un vantaggio non sfruttato«Abbiamo avuto 100 anni di tempo per prepararci alla globalizzazione», dice Elena Chiocchetti, ricercatrice dell’Isti-tuto di Comunicazione Specialistica e Plurilinguismo dell'Accademia Europea (EURAC) di Bolzano. «Per non parlare del grande vantaggio che avevamo rispetto alle realtà vicine alla nostra, e che siamo riusciti a sfruttare solo in parte». E per capire quali sono le difficoltà che ancora oggi incontrano le imprese locali a causa delle scarse conoscenze linguistiche, la glottologa porta un esempio pratico.

«Conosco un’azienda altoatesina che ha una filiale in Germania: poiché la succursale tedesca si era lamentata più volte della pessima qualità linguistica della documentazione inviata dalla casa madre, è stato necessario trasferire in

Alto Adige due dipendenti germanici per l’elaborazione di tutti i testi in tedesco». Il problema è stato risolto trasferendo in Alto Adige due dipendenti germanici e affidando loro l’elaborazione di tutti i testi in tedesco.

Per Elena Chiocchetti questo caso è esemplare della nostra realtà, «dove oggi come ieri si continua ad improvvisare» e ad arrabattarsi in qualche maniera con le lingue straniere. «Questo si nota soprat-tutto nelle traduzioni ed è un peccato, perché il linguaggio di un’azienda, e la terminologia scelta, sono una compo-nente importante della sua identità», af-ferma l’esperta fornendo poi qualche consiglio. «Le traduzioni dovrebbero es-sere sempre fatte da persone esperte, che non si limitano a sapere la lingua ma co-noscono anche le particolarità culturali di un territorio». Una buona traduzione in inglese, ad esempio, dovrà essere di-versa a seconda se il mercato di destina-zione è quello britannico o quello cinese. «Ma è anche utile – oltre che a costo zero – servirsi dei propri collaboratori, facen-do prima leggere loro i testi scritti nella loro madrelingua».

In buona sostanza, è tempo che le aziende locali affrontino seriamente il problema delle lingue: «Devono in-

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continua ad essere la lingua più parlata negli ambienti aziendali, mentre la quota della lingua standard si attesta su un misero 5-7% tanto che, in caso di nuove assunzioni, si tende ad attribui-re maggiore importanza a delle buone conoscenze linguistiche rispetto alle competenze tecniche o alla creatività. Gli stessi imprenditori sono soddisfat-ti solo parzialmente delle conoscenze linguistiche dei propri dipendenti: ap-pena il 32% degli intervistati si è dichia-rato capace di redigere un contratto in inglese.

A proposito di inglese: conoscere la lin-gua d’Oltremanica non basta più. Ques-to non vuol dire che da oggi l’inglese non sia più l’idioma passe-partout del piane-ta, ma semplicemente, come spiega Rita Franceschini, che «la lingua inglese è paragonabile alla patente di guida: si parte dal presupposto che ce l’abbiano o la conoscano tutti».

E allora è giunto il momento di cono-scere le altre lingue più importanti, dal cinese all’arabo senza dimenticare il rus-so, come ricorda Andrey Pruss: «Anche in Alto Adige l’interesse per la lingua russa è in crescita», informa il direttore del Centro Russo Borodina di Merano. La struttura meranese, che tra i suoi fonda-tori annovera la Provincia di Bolzano, la Camera di commercio e la Libera Univer-sità di Bolzano, attualmente collabora con sette scuole superiori di lingua tedes-ca che propongono il russo come lingua straniera. Il primo istituto scolastico a proporla fu il liceo linguistico di Brunico nel lontano 1993, seguito man mano da altre scuole. «Nel giro di un paio di anni – informa Pruss – ci saranno 150 giovani altoatesini in grado di parlare in russo oltre ai 1.700 cittadini russi, ucraini e moldavi che vivono e lavorano in Alto Adi-ge. Ed è bene che l’economia lo sappia». Anche perché la Russia, al pari della Cina, è uno dei mercati emergenti al quale sempre più aziende si stanno interessan-do, «ad eccezione fatta del comparto tu-ristico, che ha già scoperto l’ospite russo».

Non c’è quindi da stupirsi se Alpha Beta Piccadilly propone nel suo pro-

dividuare i loro punti di forza e le loro debolezze, essere in grado di sfruttare al meglio il potenziale esistente ma anche essere pronte a investire nel migliora-mento delle competenze linguistiche».

L’inglese da solo non basta piùIl complesso rapporto tra economia e lingue è stato analizzato nel 2012 an-che dall’IRE, l’Istituto di ricerca econo-mica della Camera di commercio di Bolzano. La risultanza più eclatante è che il 65% delle PMI altoatesine è anco-ra monolingue. Il dialetto sudtirolese

Sul pianeta Terra si parlano 6.700 lingue, una dozzina delle quali sono definite lin-gue mondiali. “Per definirle tali si prende in considerazione il numero delle perso-ne che le parlano, sia come lingua madre che come lingua straniera”, si legge sul sito www.weltsprachen.net, dove è an-che pubblicata la classifica delle 12 lingue più parlate al mondo.in testa alla graduatoria c’è l’inglese (par-lato da un miliardo e mezzo di perso-ne), davanti al cinese (1,1 mi-liardi) e all’hindi (650 mi-lioni di persone). ai piedi del podio trovia-mo lo spagnolo (420 milioni) davanti al fran-cese (quinto con 370 mi-

lioni), all'arabo (sesta posizione con 300 milioni), al russo (settimo con 275 milio-ni) e via via portoghese, bengalese, tede-sco, giapponese e coreano.il sito prende poi in considerazione la dif-fusione geografica e allora la cerchia del-le lingue mondiali si restringe da dodici a soli cinque idiomi: inglese, spagnolo, francese, arabo e portoghese. Questo perché si tratta delle uniche lingue consi-

derate ufficiali in più Stati e continenti. Secondo

un'indagine condotta dall’unesco, ad oggi oltre la metà delle lin-gue esistenti sul no-stro pianeta è a rischio

di estinzione.

i n g L e S e , c i n e S e , h i n d iLa classifica delle lingue più parlate

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gramma invernale corsi di lingua russa e araba. L’associazione con sedi a Bolzano e Merano da 25 anni «promuove l'ap-prendimento delle lingue e la comunica-zione interculturale in Alto Adige», come si legge nella homepage del sito. «Nel 2012 – informa il direttore generale Paul Hammond – i nostri corsi sono stati se-guiti complessivamente da 12.000 perso-ne, in gran parte altoatesine ma con una forte partecipazione straniera». Per gli extracomunitari l’obiettivo primario è la conoscenza di una delle due lingue uffi-ciali dell’Alto Adige «e questi corsi vengo-no anche promossi in modo particolare dalla Provincia». Altoatesini e comunita-ri invece si rivolgono ad Alpha Beta per le più svariate motivazioni. «Chi viene da noi per imparare il francese o lo spagno-lo, ma anche il russo, lo fa più che altro per il piacere di imparare una lingua stra-niera. Chi invece frequenta i corsi di te-desco, italiano e soprattutto inglese – spiega Hammond – lo fa per motivi di lavoro». E il cinese? A quanto pare non interessa a nessuno «e sinceramente questo mi stupisce».

Per contro cresce la volontà di impre-se e istituzioni di migliorare le compe-tenze linguistiche dei propri collabora-tori: «Un buon numero di corsi li tenia-mo direttamente presso le aziende, che ci chiedono soprattutto di accrescere il patrimonio lessicale dei corsisti». Tutto sommato Hammond riconosce agli alto-atesini delle buone conoscenze lingui-stiche generali, e anche i bambini esco-no dalle scuole con cognizioni accettabi-

li di inglese: «Questo lo deduciamo anche dal fatto che nei nostri corsi ci viene richiesto un livello di insegna-mento sempre più alto».

Scuole sempre più attrezzateMa anche il presidente degli imprendi-tori Stefan Pan assegna voti alti alla pre-parazione scolastica: «Soprattutto per quanto riguarda l’inglese ho constatato dei grandi progressi». Lo stesso purtrop-po non si può dire dell’italiano e del te-desco come seconda lingua: «È innegabi-le – conferma Ferdinand Patscheider, ispettore dell’ambito linguistico-espres-sivo della Sovrintendenza scolastica te-desca – che gli studenti non parlano l’al-tra lingua nella misura che ci si aspette-rebbe dopo così tante ore di lezione».

In quest’ottica lo scorso autunno il Dipartimento all’Istruzione e alla For-mazione tedesca ha presentato un pac-chetto di misure tese a migliorare la qua-lità dell’insegnamento della seconda lingua. I pilastri di questa piccola rivolu-zione sono la continuità didattica e una migliore formazione del corpo docente. Nelle scuole medie l’italiano L2 è diven-tato materia d’esame, e anche negli isti-tuti superiori il programma è stato ritoc-cato: troppa letteratura e poca lingua parlata, era la critica frequente alla qua-le si è cercato di rimediare. Ma Patschei-der sa bene che anche i migliori modelli di insegnamento sono destinati a fallire, se mancano le motivazioni e il consen-so. Ed è su questo che l’Alto Adige dovrà lavorare sodo negli anni a venire.

Le aziende dovrebbero sapere bene quali sono le capacità linguistiche dei propri dipendenti. Affidarsi a delle cono-scenze linguistichepresunte può esserepericoloso.

Il linguaggio usato da unʼazienda è una com-ponente essenzialedella sua identità.

I nuovi dipendenti do-vrebbero imparare il

“linguaggio aziendale".

Sarebbe bene organizza-re stage linguistici orientati alla pratica.

Una buona politica lin-guistica potrebbe consi-derare anche il punto di vista dei collaboratori dei mercati esteri.

I testi dovrebbero esse-re sempre letti da perso-ne di madrelingua.

Fonte: EURAC e TIS, progetto "Comunicazione di impresa: verso nuovi orizzonti competitivi"

>> suggerimenti

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Rita Franceschini, linguista

“Quello che bisogna evitare, è che si parli il dialetto laddove non è opportuno”

Una questione di atteggiamento. rita franceschini parla delle competenze linguistiche degli altoatesini, del ruolo del dialetto, dell’importanza delle emozioni nell’ap-prendimento di una lingua straniera e del perché le minoranze hanno un difficile rapporto con le lingue.

c h i è

La glottologa elvetica rita franceschini di-rige il Centro di competenza lingue della Libera università di bolzano, ateneo di cui è stata rettrice dal 2004 al 2008. il suo campo di ricerca comprende le lingue vi-venti, l’analisi della conversazione, il con-tatto linguistico e il plurilinguismo.

Che uso ha fatto finora l’Alto Adige del proprio plurilinguismo? È riuscito a sfrut-tarne i vantaggi?L’Alto Adige è sempre stato un territo-rio di transito. Basti solo pensare alla via dell’ambra, il corridoio commercia-le del Medioevo che dai mari del nord arrivava al Mediterraneo attraversando anche il Renon. La posizione geografica ha fatto sì che questa regione fosse pre-destinata al multilinguismo, e per la gente è diventato un fenomeno talmen-te scontato da non accorgersi nemme-no delle opportunità offerte. Nel frat-tempo però le competenze linguistiche sono diventate un fattore economico decisivo.

E allora bisogna seriamente darsi da fare…Da parecchio tempo ho in mente di cre-are a Bolzano un corso di studi che con-senta un intenso scambio linguistico e favorisca un plurilinguismo consapevo-le. Diciamolo chiaramente: biascicare più lingue non significa saperle parlare né tantomeno conoscerne tutte le sfu-mature.

A questo si aggiunge anche il fatto che il dialetto sudtirolese sta vivendo una se-conda giovinezza tra la popolazione di lingua tedesca. Un fenomeno che sicura-mente non aiuta a parlare e scrivere bene il tedesco standard.Questa tendenza si osserva soprattutto nell’area germanofona meridionale

ma è presente anche in altri Paesi eu-ropei, e può essere interpretata come una reazione alla globalizzazione. Le persone hanno bisogno di sentirsi maggiormente a casa loro, e il dialetto fa parte delle loro tradizioni rassicu-ranti. E fin qui non c’è nulla di male; quello che non deve succedere invece, è che si parli dialetto laddove non è opportuno. Ed è questo il problema dell’Alto Adige. Mentre in Svizzera la separazione tra dialetto e lingua uffi-ciale è netta, da noi questo confine è molto flessibile, non esistono più zone intermedie. Volendo semplificare, le variazioni linguistiche sono come un

organo che ha diversi registri a disposi-zione, ma è necessario sapere con pre-cisione quando suonarne uno piutto-sto che un altro.

Perché i giovani sudtirolesi scrivono sms e mail quasi esclusivamente in dialetto? Perché è più trendy? O perché non cono-scono bene la grammatica e l’ortografia tedesca?Se gli altoatesini di lingua tedesca usa-no il dialetto, quelli di lingua italiana fanno un uso estremo di abbreviazioni, e credo che tutto questo si possa ricon-durre ad un approccio ludico con la lin-gua. I giovani amano fare esperimenti,

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | L’intervista

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ma questa creatività dovrebbe essere canalizzata. Tanto più che proprio i nuovi mezzi di comunicazione forni-scono delle straordinarie opportunità di confronto linguistico.

Qual è oggi la conoscenza del tedesco da parte dei sudtirolesi?Questo è uno studio che io vorrei fare da tempo, ma non è facile trovare i finan-ziamenti per un progetto di questa por-tata. Ho quasi il sospetto che i diretti in-teressati non vogliano saperlo. A parte questo comunque, sono gli altoatesini stessi a sminuire la loro conoscenza del-le lingue. E questo è il segnale che sono

i primi a non credere nelle proprie com-petenze linguistiche.

Nella sua attività di linguista lei si occu-pa anche dell’apprendimento delle lin-gue, per il quale esistono varie scuole di pensiero. Alcuni credono che avere otti-me competenze nella prima lingua sia fondamentale per imparare le successi-ve. Per altri invece, il plurilinguismo vis-suto già in tenera età è la condizione ide-ale per imparare al meglio le lingue stra-niere. Qual è la visione corretta e quella obsoleta?Goethe disse: “Chi non conosce le altre lingue, non conosce neanche sé stes-

so”. I bambini che crescono parlando due o addirittura tre lingue sono come i giocolieri che sanno usare più palline contemporaneamente. Questi bambini sono più abituati, flessibili e consape-voli. Il Centro di competenza lingue della LUB ha potuto constatare, con l’ausilio della risonanza magnetica, che i bambini cresciuti in un contesto poliglotta attivano un settore del loro cervello in misura maggiore di altri. Ed è altrettanto vero che questi bambini, abituati fin da piccoli a passare da una lingua all’altra, hanno una maggiore capacità decisionale. Ciò non toglie che le lingue si possano apprendere, e bene, pure da adulti; l’unico vantaggio dei piccoli rispetto ai grandi è la mi-gliore pronuncia. Ad ogni modo, più che l’età, quello che conta è l’atteggia-mento. Più ci si avvicina ad una lingua in maniera emozionale, più veloce e più efficace sarà l’apprendimento. Le competenze linguistiche sono un po’ come le piante, che per prosperare han-no bisogno di essere curate e regolar-mente fertilizzate.

E la scuola è il fertilizzante per antono-masia…Certamente, ma non dobbiamo limitar-ci alla scuola: anche la famiglia, il con-testo sociale, le letture e l’offerta cultu-rale permettono di incrementare conti-nuamente il bagaglio linguistico.

Il mondo dell'economia si lamenta delle scarse competenze linguistiche degli al-toatesini. Come si fa a recuperare questo gap?Difficile a dirsi, perché questo processo si gioca a livello emozionale. Per il futu-ro mi auguro che gli altoatesini arrivi-no ad avere un rapporto consapevole e sereno con le altre lingue, cosa peraltro molto apprezzata anche dalla UE. In tal senso credo anzi che gli altoatesini po-trebbero diventare un modello in cam-po europeo.

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Page 16: M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

Barbara HoferAnglista

«Tra gli alunni che frequentano le sezio-ni bilingui e quelli delle classi tradizio-nali esistono delle differenze significa-tive»: questa è la con-clusione alla quale è

giunta l’anglista altoatesina Barbara Ho-fer, che nel 2011 per la tesi presentata all’istituto universitario di Anglistica (Scienza della lingua e della letteratura inglese) di Innsbruck, ha esaminato le competenze linguistiche di alcuni bam-bini di 10 anni che frequentavano le scuo-le elementari italiane “Longon” e “Man-zoni” di Bolzano. In ognuno dei due isti-tuti d’istruzione primaria sono state

prese in considerazione due classi: una con l’insegnamento tradizionale e una con indirizzo bilingue.

«I risultati non lasciano spazio a dub-bi: gli scolari delle classi multilingui par-lavano meglio sia le lingue straniere ma anche – e questa è la particolarità – la pro-pria lingua madre». Nell’occasione Bar-bara Hofer non si è limitata alla semplice analisi della capacità di parlare e capire le

lingue: «Questi bambini avevano in gene-rale una maggiore confidenza con le lin-gue e dimostravano una consapevolezza metalinguistica più sviluppata, che li por-

tava a saper riconoscere le differenze e le affinità». Lo studio ha altresì dimostrato che le strategie sviluppate dai bambini per imparare le lingue possono essere ap-plicate anche ad altri ambiti e materie.

Per la lingua madre Barbara Hofer si è avvalsa di un complicato test metalin-guistico elaborato dall’Università La Sa-pienza di Roma, «che ci ha permesso di constatare come i bambini siano in gra-

do di cavarsela di fron-te al sistema lingua nella sua complessità». Per l’analisi delle lin-gue straniere sono sta-te invece esaminate soprattutto le compe-tenze linguistiche, «ed

oggi siamo in grado di affermare – con-clude Hofer – che l’apprendimento pre-coce delle lingue favorisce in maniera inequivocabile la flessibilità cognitiva».

Immersione vs bilinguismo. Vantaggi e svantaggi dei diversi approcci e modelli di apprendimento delle lingue. ecco un confronto tra esperienze e studi riguardanti questa te-matica decisamente molto controversa.

Elisabetta ManzioDirettrice dell’istituto paritario delle

“Suore Marcelline” di Bolzano

«Partendo dal pre-supposto che ogni sistema è migliora-bile, io sono convin-ta che la nostra scuola non vanta solo la maggiore esperienza in Alto Adige nell’insegnamento delle lingue, ma è stata anche capace di sviluppare un modello di grande efficienza».

Parole di Elisabetta Manzio, diventa-ta quest’anno direttrice dell’istituto pluricomprensivo (elementari e medie)

“Marcelline” di Bolzano dopo una vita trascorsa in svariate scuole pubbliche, «alcune delle quali offrono anche lezio-ni in più lingue».

La differenza le “Marcelline” la fanno nell’approccio verticale alla questione: nella scuola paritaria del capoluogo si comincia già all’asilo a cantare in italia-no, ascoltare racconti in tedesco e fare ginnastica in inglese. «Una situazione – precisa la direttrice – che viene portata avanti fino alla conclusione della scuola media. E chi ne ha voglia, può rimanere da noi per frequentare il liceo linguistico».

Il primo contatto con le lingue avvie-ne in maniera ludica, «cosa che permet-te ai bambini di avere un approccio tale che anche i più piccoli non hanno paura di una lingua sconosciuta». Un’altra arma vincente delle “Marcelline” è quel-la di avere un corpo docente interamen-te di madrelingua: «Questa è una delle condizioni essenziali per il buon funzio-

namento di un insegnamento pluri-lingue», sottolinea Manzio. Le “Marcel-line” sono state il primo istituto scolas-tico ad introdurre, ormai 20 anni fa, l’insegnamento bilingue: «È stata la lo-gica conseguenza di tanti anni di esperi-enza con il liceo linguistico, ma è stato

decisivo anche il fatto di aver saputo ri-conoscere per primi quale avrebbe potu-to essere l’importanza delle lingue in un contesto globale». E non bisogna ne-anche dimenticare che i dirigenti sco-lastici erano – e lo sono tuttora – convinti che «l’apprendimento delle lingue stra-niere allarga gli orizzonti mentali», con-clude Elisabetta Manzio.

“Persino i nostri bambini dell’asilo non hanno paura delle lingue straniere”

“Esistono delle differenze significative tra gli alunni delle sezioni bilinguie quelli delle classi tradizionali”

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | L’inchiesta

Page 17: M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

Federico FerrettiStudente di lingua italiana al liceo scientifico tedesco

«All’inizio non capivo praticamente un acci-dente. Tra di loro i miei nuovi compagni di classe parlavano solo dialetto», raccon-ta Federico Ferretti.

Oggi invece il ventenne di madrelingua italiana parla perfettamente il sudtirolese «e ovvia-mente anche il tedesco standard». Nel 2012 Federico, proveniente da una fami-glia italiana al 100% e oggi studente uni-versitario alla facoltà di ingegneria di Trento, ha superato l’esame di maturità

sui banchi del liceo scientifico di lingua tedesca “Raimund von Klebelsberg” di Bolzano, dove era arrivato l’anno prima dallo scientifico italiano “Torricelli” per frequentare la quarta superiore.

«Per me fu un cambiamento radi-cale – racconta Fer-retti – e non solo per la nuova scuola e la nuova lingua: mi sono trovato catapultato in una cultu-ra per me completamente sconosciuta». Dopo le difficoltà iniziali comunque gli aspetti positivi furono così tanti che Fe-derico decise di rimanere ancora un anno, sostenendo addirittura gli esami di maturità in lingua tedesca.

Prima di questa immersione parziale Fede-rico aveva già avuto contatti con l’insegna-mento bilingue dall’asilo alle medie, aven-

do frequentato l’istituto paritario pluri-comprensivo delle “Suore Marcelline” di Bolzano: «Per me è stato un enorme vantag-gio, perché già in prima superiore parlavo meglio degli altri il tedesco ma soprattutto l’inglese. E questo mi ha dato anche mag-giore sicurezza».

“All’inizio non capivo praticamente un accidente. I miei compagni di scuola parlavano solo in dialetto”

Ferdinand PatscheiderIspettore linguistico-espressivo della Sovrintendenza scolastica tedesca

«Se si vuole iniziare presto ad imparare le lingue, allora bi-sogna farlo in ma-niera totale».

Ferdinand Pat-scheider, ispettore dell’ambito linguis-

tico-espressivo della Sovrintendenza scolastica tedesca di Bolzano, non crede nel metodo di “somministrazione” goc-cia a goccia delle lingue straniere. Per lui insomma non ha molto senso che all’asilo un bambino impari quattro pa-role d’inglese o una canzoncina in italia-no (o tedesco).

Patscheider non crede neanche alla leg-genda che «più piccoli sono i bambini, più in fretta imparano le lingue». Ricerche empiriche hanno dimostrato in maniera chiara che, a parità di requisiti e condizio-ni, anche quando si è più grandi è possibi-le imparare nuove lingue. Ferdinand Patscheider non vede grandi successi ne-

anche nell’immersione didattica pratica-ta da parecchi istituti scolastici: «In que-ste scuole le materie vengono insegnate in lingue diverse, come se i bambini le conoscessero tutte come lingua madre».

In questi contesti non è previsto un so-stegno glottodidattico che consenta al bambino di conoscere la materia dal punto di vista linguistico «ed è proprio questo il problema». Questo modello (CLIL) era stato utilizzato già diversi anni fa in Canada, «dove si è constatato che questa forma di insegnamento non

è sufficiente e i risultati sono stati inferiori alle aspettati-ve». Patschei-der propugna invece un inse-gnamento lin-

guistico e interdisciplinare bilingue, in-tegrato da un sostegno glottodidattico: «Solo così è possibile creare un circolo virtuoso tra scolari, materie e lingue stra-niere».

“Se si vuole iniziare presto ad imparare le lingue, allora bisogna farlo in maniera totale.

Il metodo goccia a goccia non funziona”

g L o S S a r i o

insegnamento bilingue: nell’insegnamento bilingue (o multilin-gue) la lingua straniera viene utilizzata nelle discipline non lingui-stiche come se fosse la lingua madre.CLiL: Content and Language integrated Learning (apprendimen-to integrato di lingua e contenuti) significa che la lingua straniera viene sempre veicolata tramite le materie non linguistiche ma con l’aggiunta di un sostegno glottodidattico, teso a facilitare gli studenti nell’apprendimento della materia.

immersione: in alto adige il termine “immersione” viene spesso identificato con l’insegnamento bilingue, cosa che però non è corretta. Questo perché in glottologia per immersione si intende una situazione in cui lo scolaro viene completamente introdotto in un contesto straniero, come può essere ad esempio un anno scolastico frequentato all’estero.immersione parziale: un’immersione parziale è invece quella di uno studente che per un anno frequenta la scuola dell’altro grup-po linguistico. Quando è a scuola è a contatto con un’altra lingua e cultura, quando esce torna a parlare la sua prima lingua.

(MDP)

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Page 18: M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

Cammelli & RicercaMentre l’Europa arranca, le economie emergenti di Asia e Ameri-ca Latina si stanno attrezzando adeguatamente dal punto di vista linguistico. E l’Alto Adige come se la passa? Ecco quattro esempi che fotografano la nostra realtà.

«SE L'EUROPA NON IMPARA a sfruttare meglio di quanto abbia fatto finora le po-tenzialità economiche insite nel pluri-linguismo, è destinata a rimanere indie-tro rispetto ai Paesi in via di sviluppo»: questo il monito lanciato già nel 2007dal Forum economico per il plurilinguismo. Fior di esperti in quell’occasione erano stati sollecitati dalla Commissione Eu-ropea a sviscerare il rapporto di causalità tra conoscenze linguistiche ed econo-mia, in particolare sui posti di lavoro. In Alto Adige esistono svariate aziende e istituzioni attive in campo internaziona-le: ne abbiamo scelte quattro facendoci spiegare il loro rapporto con il multilin-guismo e le loro strategie per avere suc-cesso su un mercato globalizzato.

La lingua del cliente è sacra«La nostra è un’azienda orientata verso le esigenze della clientela», afferma Ulrich Ladurner, patron della Dr. Schär di Postal. «Ne consegue che per noi è stato sempre naturale tenere i contatti con i clienti nel-la loro lingua madre». In effetti, tutti i contenuti del sito aziendale sono dispo-nibili in italiano, tedesco, inglese, france-se e spagnolo. Ma la ditta altoatesina, le-ader in Europa nel settore degli alimenti senza glutine, fa di più: due volte l’anno pubblica un foglio informativo tradotto in quasi tutte le lingue del vecchio conti-nente e spedito per posta a casa del clien-te. Per le traduzioni il gruppo Dr. Schär si affida ad una rete di traduttori professio-nali: «Da soli non ce la faremmo mai – spiega Ladurner – e oltretutto la quantità di errori sarebbe troppo alta».

L’imprenditore meranese sa anche quanto sia importante, quando si decide di lanciarsi su nuovi mercati, avere cono-scenze linguistiche specifiche. Al mo-

mento nel mirino c’è la Spagna e allora la Dr. Schär ha incaricato alcuni dipen-denti di imparare la lingua di Cervantes: «Facciamo dei corsi sia in azienda che esterni – informa Ladurner – e oggi come oggi abbiamo 15 persone in grado di par-lare bene lo spagnolo». Da sottolineare la disponibilità del personale a mettersi in gioco, dovuta anche – a parere di Ladur-ner – al fatto che «molti dei nostri dipen-denti sono giovani».

Cammelli di cioccolato per DubaiCammelli di cioccolato per una compa-gnia area privata con sede a Dubai: ecco la commessa più “esotica” finora ricevu-ta dal maître chocolatier di Sarentino Anton Oberhöller. Per parlare di affari con l’insolito cliente, sua moglie Paula ha preso l’aereo per Dubai City «e comun-

L'informazione? Nella lingua del cliente.

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | Il mercato del lavoro

Page 19: M-Magazine per il Destination Marketing in Alto Adige

All'EURAC di Bolzano si fa ricercae si comunica sempre in tre lingue.

(MDP)

que ci siamo dovuti avva-lere di un traduttore d’inglese, perché noi parliamo solo tedesco, italiano e dialetto sa-rentinese».

Fino ad oggi le cose sono filate lisce: tutti i contratti sono stati stesi in inglese e anche gli ingredienti e le ana-lisi di laboratorio sono stati tradotti nella lingua di Albione. «Ma siamo ancora nel-la fase iniziale», puntualizza Paula Oberhöller: se l’affare con gli arabi doves-se ingrossarsi, allora la piccola azienda di Sarentino sarebbe costretta a rivolgersi ad un’agenzia specializzata. «In quel caso infatti non basterebbe confezionare in maniera elegante i nostri cammelli di cioccolato destinati ai passeggeri, ma do-vremmo anche fornire tutte le etichette e la documentazione necessaria in lingua araba».

Anton Oberhöller è un pasticciere di-plomato che tre anni fa ha deciso di dire addio a torte e krapfen per dedicarsi esclusivamente alla sua grande passione: il cioccolato. A fargli fare il grande passo fu il premio vinto dalla sua cioccolata al pino mugo in occasione della prestigiosa fiera milanese “TuttoFood”. Il contatto con la compagnia aerea di Dubai invece glielo ha procurato un cliente tedesco, a sua volta attivo sul mercato arabo.

Tre lingue. Sempre e comunqueCon 370 collaboratori provenienti da 25 nazioni diverse, l’Accademia Europea di Bolzano (Eurac) è un vero e proprio cro-giolo di lingue e culture. Superfluo ag-giungere che la comunicazione, sia in-terna che esterna, è all’insegna del plu-rilinguismo.

«Tedesco, italiano, inglese: all’Eurac ognuno è libero di parlare la lingua che più gli piace», spiega il direttore Stefan Ortner. Questo concetto si applica nei rapporti quotidiani dell’istituto di ricer-ca, nei colloqui ma anche nelle attività scientifiche: «Da noi i documenti non

vengono tradotti». Affin-ché un simile sistema possa funzionare, ad ogni nuovo collaborato-re si chiede che nell’ar-co di un anno abbia un grado di conoscenza

almeno passivo delle tre lingue. «Ci atteniamo sempre a questa linea», dice Ortner, anche se esistono alcune inevitabili eccezioni: «Ad esem-pio abbiamo tradotto il regolamento di servizio, perché proprio i nuovi collabo-ratori devono prenderne atto e noi non possiamo pretendere a priori che tutti siano in grado di capirlo».

English only«In precedenza abbiamo lavorato a Mila-no e New York, Bergamo e Londra», rac-conta Stefan Rier, che tre anni fa assie-me a Lukas Rungger ha fondato a Bolza-no lo studio di architettura “noa”. E fin dal primo momento i due giovani pro-fessionisti hanno voluto dare un respiro internazionale alla loro avventura im-prenditoriale.

«Abbiamo quindi deciso – spiega Rier – di avere un sito Internet unica-mente in inglese, anche per non farci coinvolgere nella solita diatriba tra tede-sco e italiano. Noi viviamo in Europa, abbiamo amici di madrelingua italiana e tedesca con i quali ci intendiamo bene, ed è questo che alla fine conta». Peraltro, grazie a questa decisione, i due architet-ti si sono risparmiati un bel po’ di soldi-ni per le traduzioni. E non hanno nean-che paura, presentandosi sul web solo in lingua inglese, di essersi giocati il mercato altoatesino: «Non credo che avremo meno lavoro locale a causa della lingua», dice Rier, che aggiunge: «Anche perché oggigiorno solo le generazioni più vecchie se la passano male con l’in-glese, per i giovani altoatesini non è as-solutamente un problema. E comunque noi e i nostri collaboratori parliamo te-desco e italiano e conosciamo pure il greco e il francese».

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LA PRESSIONE FISCALE PIù BASSA d'Ita-lia, un contesto economico ideale per fare impresa ed una eccellente qualità di vita: sono solo alcune delle motiva-zioni che gli imprenditori “forestieri” snocciolano quando si chiede loro per-ché hanno deciso di investire proprio in Alto Adige. C’è un argomento però che ricorre sempre: le aziende trovano stra-ordinario il fatto che i propri dipenden-ti conoscano due o più lingue e culture, e siano pertanto in grado di muoversi su più mercati.

Senza considerare la posizione oltre-modo strategica di questa terra incasto-nata tra il nord e il sud dell’Europa e quindi predestinata ad essere un ponte naturale tra le due economie, per le

Le lingue fanno bene all’economiaLa business location Alto Adige ha qualcosa che molti altri concorrenti non hanno: il plurilinguismoe il multiculturalismo dei suoi abitanti. E a dirlo sono le aziende che hanno deciso di investire qui.

aziende dell’area di lingua tedesca che vogliono sbarcare in Italia ma anche per gli imprenditori italiani che vogliono tentare la fortuna in Mitteleuropa.

Una conferma dell’importanza del plurilinguismo come valore aggiunto per un’azienda arriva dalla vicina Svizze-ra. Una decina di anni fa il colosso della comunicazione Orange ha dichiarato apertamente, con tanto di comunicato stampa, di essersi insediato a Biel/Bien-ne in ragione del «plurilinguismo del territorio che gravita attorno a Biel». D’altronde, proprio in quanto impresa attiva nel settore della comunicazione, Orange non può esimersi dal parlare lo stesso idioma dei propri clienti. Oltre all’aspetto linguistico comunque, i ver-

tici aziendali vedono grandi vantaggi anche nella multiculturalità che «appor-ta prospettive diverse e diversi approcci alle problematiche. I team multicultu-rali inoltre lavorano con maggiore crea-tività e sono in grado di sviluppare una grande quantità di idee e soluzioni».

L’espansione parla più lingueAnche le aziende altoatesine comunque sono coscienti dei vantaggi che offre il multilinguismo. Prendiamo ad esem-pio la MaGa Group International, fon-data nel 2012: di fronte alla possibilità di stabilirsi in una metropoli europea – in ballottaggio c'erano Vienna, Zurigo e Milano – alla fine ha scelto di prendere casa a Varna, paesino a nord di Bressa-

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | La business location

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none dove ha iniziato a sviluppare appli-cazioni per smartphone: l’ultima si chiama “Get a Taxi” e permette di bypas-sare la centrale telefonica. «Il mercato italiano offre delle ottime opportunità a un’azienda come la nostra. Qui inoltre possiamo accumulare preziose espe-rienze per la prevista espansione a nord e ad est», spiega il fondatore Manuel Ste-ger, peraltro altoatesino doc, sottoline-ando i molteplici vantaggi di fare impre-sa in un territorio caratterizzato da più lingue e culture e che, per la sua centra-lità geografica, è ideale per chi vuole espandersi.

Un perfetto esempio di collaborazio-ne tra culture diverse lo fornisce la Echo-nova di Termeno: la ditta specializzata

in domotica ad alta tecnologia innovati-va è infatti il frutto della cooperazione tra l'azienda germanica TCS di Genthin (Sassonia) e la Elektro W&W di Termeno. Per Dietmar Kaneppele, amministrato-re delegato di Echonova, l’arma vincen-te dell'Alto Adige è soprattutto il bilin-guismo, che permette da una parte di dialogare con la casa madre tedesca e dall’altra di affacciarsi senza problemi sul mercato italiano. Ma da Echonova è molto gradita anche la conoscenza dell’inglese: per lavorare a Termeno i di-pendenti devono infatti conoscere al-meno due lingue, e se sono tre è ancora meglio. Kaneppele ritiene molto impor-tante anche il fatto di vivere tra due cul-ture che «rendono più facile il contatto con le persone e permettono di capire meglio la mentalità dei diversi gruppi linguistici».

«Lingua è sinonimo di valori»“Il Palato Italiano” è un’azienda che si occupa della commercializzazione a li-vello internazionale di prodotti alimen-tari italiani attraverso una nuova combi-nazione tra e-commerce, e-learning e franchising. La nuova sede aziendale è in fase di costruzione a Campiglio, alla periferia nord di Bolzano, e sarà inaugu-rata nel corso del 2014.

Per l’imprenditrice Nadia Bertani l’Alto Adige, grazie alla sua forza nel set-tore alimentare, agli eccellenti livelli di formazione in ambito alberghiero e cu-linario, all’affidabilità dei partner e alla sua posizione, è la rampa di lancio idea-le per un’espansione internazionale in Europa centrale. E poiché in previsione

c’è anche l’apertura di alcuni flag shop in Germania, ecco che la decisione di stabilirsi in Alto Adige diventa ancora più strategica: «Per noi l’Alto Adige è un ponte naturale verso il mercato germa-nofono, non solo per motivi geografici e culturali – sottolinea Nadia Bertani – ma anche per il fattore linguistico, che rap-presenta senza ombra di dubbio un grande valore aggiunto per la business location. Grazie al plurilinguismo dell’Alto Adige noi ci presentiamo con un biglietto da visita in due lingue che lancia un messaggio chiaro: le nostre radici sono in Italia, ma noi guardiamo all’Europa».

L’azienda altoatesina Loacker Re-media sviluppa, produce e commercia-lizza da 30 anni prodotti omeopatici e fitoterapici, rivolgendosi prevalente-mente al mercato nazionale. Ciò non toglie che, per il titolare Hannes Loa-cker, le competenze linguistiche degli 89 dipendenti della nuova sede azienda-le di Egna siano quanto mai importanti: «Noi abbiamo delle intense collabora-zioni con partner britannici e tedeschi, con l’inglese che in alcuni casi è più im-portante del tedesco». La formazione linguistica è pertanto assai gradita, in particolare i corsi di inglese sono molto richiesti e promossi dalla dirigenza. È altresì importante che gli stessi quadri aziendali diano l’esempio utilizzando le lingue straniere: «La lingua è anche si-nonimo di valori. Chi conosce più lin-gue, conosce anche i valori della gente e può immedesimarsi meglio nelle diver-se mentalità e sensibilità», conclude Hannes Loacker.

Il plurilinguismo è stato uno dei motivi che li ha spinti in Alto Adige: Dieter Kaneppele (Echonova), Nadia Bertani (Il Palato Italia-no), Hannes Loacker (Loacker Remedia) e Manuel Steger (MaGa Group International).

(BK)

“I team multiculturali possono lavorare con maggiore creatività e sviluppare una grande quantità di idee e soluzioni”

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LETTURA ≠ PRONUNCIA Dialetti & lingua standard scritta

La lingua cinese è parlata da 845 milioni di madrelingua. nonostante tutti leggano gli stessi ideogrammi però, spesso da regione a regione non si capiscono e devono addi-rittura tracciare con le dita il carattere sulla mano dell'interlocutore. Del cinese, infatti, si può capire che cosa è scritto in un testo senza per questo pronunciarlo nello stesso modo. È per questo che, se guardate il cana-le televisivo cinese CCTV4, troverete sem-pre i sottotitoli in cinese, tranne quando par-lano i conduttori dei telegiornali. Loro infatti parlano il cinese mandarino standard, il dia-letto che nel 1919 è assurto a lingua ufficiale del Paese. un po’ come succede con i nume-ri nei Paesi occidentali: tutti leggono e capi-scono il segno “4” ma ognuno lo pronuncia in modo diverso a seconda della propria lin-gua madre. >> moraLe: in Cina meglio portarsi un voca-bolario con gli ideogrammi che imparare a memoria la pronuncia delle parole.

Il plurilinguismoha tante facce

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BABELE: MADE IN INDIA 1,2 miliardi di poliglotti

Più di 20 lingue riconosciute, centinaia di dialetti parlati e 2 lingue ufficiali (hindi e in-glese) in tutto il Paese, scritte a loro volta in 11 alfabeti diversi (tra cui arabo e il tradizio-nale devanagari): la babele dei tempi moder-ni è l'india. Queste cifre danno l'idea dell'es-trema ricchezza culturale di cui gode il Pae-se, ma come interagiscono nella vita di tutti i giorni gli abitanti poliglotti? L'inglese è par-lato prevalentemente nell'istruzione e nella burocrazia, mentre l'hindi funge da lingua franca tra i tanti e vari dialetti indiani nelle zone rurali. Da poco inoltre sta nascendo una nuova lingua, il cosiddetto “hindish”, un mix tra hindi e inglese comprensibile da gran parte della popolazione che deve il proprio successo ai mass media. una lingua tra le lingue nata per semplificare la comu-nicazione.>> moraLe: i mass media non influenzano solo i consumi e le idee politiche ma fanno anche nascere nuove lingue.

31 2 TOPONIMI: ODI ET AMO Capire l’Europa dai cartelli

bolzano/bozen/bulsan, ma anche aosta/aoste o gorizia/guriza. in alto adige, Valled'aosta e friuli Venezia giulia le minoranze etniche rispettivamente tedesca e ladina, francese e walser e friulano, tedesco e slove-no sono riconosciute per legge ed è quindi facile trovare cartelli bilingui o trilingui.Cartelli bilingui si trovano però anche in altre regioni italiane dove tali tutele non esistono come in Sardegna con il sardo, in Sicilia con l’arbëreshe o in Piemonte con l’occitano. in Veneto e Lombardia stanno invece spopolan-do i dialetti. allargando lo sguardo all’europa si trovano cartelli bilingui per esempio in galles in inglese-gallese e in belgio in fran-cese/olandese o in tedesco/francese. in gre-cia invece le minoranze linguistiche non sono riconosciute e quindi vige il monolin-guismo, anche se in alcune zone turistiche si traslitterano in caratteri latini le indicazioni.>> moraLe: il motto dell’Unione Europea è

“unita nella diversità”. Anche dei cartelli stradali.

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmoUno sguardo oltre i confini

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BILINGUE SULLA CARTA La scelta degli sloveni d’Italia

nelle provincie di Trieste, gorizia e udine si può scegliere se avere la carta d’identità solo in lingua italiana o anche in sloveno grazie alla legge 38 del 2001. in questa zona, infatti, risiedono i madrelingua slovenid’italia, che secondo dati non ufficiali sono tra i 45000 e gli 80000.Quest’area geografica si estende per circa trenta chilometri di larghezza lungo il confi-ne italo-sloveno, da Tarvisio fino a Muggia, ed è qui che si può incappare nella carta d’identità verde scuro, che ormai è diventa-ta un vero e proprio simbolo di appartenen-za etnica per la storica minoranza etnica slovena ma anche qualcosa di più. Per pro-muovere l’integrazione, infatti, anche molti madrelingua italiana optano per il bilingui-smo sul proprio documento di riconosci-mento così come scelgono di mandare i figli alla scuola slovena.>> moraLe: l’integrazione non passa soltanto attraverso i documenti ufficiali.

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MATERIE IN L2 Il viaggio dell’immersione

il concetto di “immersione” nacque in Que-bec, dove nel 1965 genitori e studenti an-glofoni chiesero lezioni sia in inglese che in francese: la seconda lingua diventò così un veicolo per l'apprendimento di altri con-tenuti. Questa metodologia – chiamata in anni più recenti CLiL: Content and Langua-ge integrated Learning – si è trasferita an-che in europa.i ladini altoatesini, per esempio, frequenta-no la cosiddetta “scuola paritetica”, dove al ladino è dedicata solo un’ora la settimana e tutte le altre lezioni sono tenute in tedesco o in italiano. altri due esempi sono la Svizze-ra, dove gli studenti liceali possono sceglie-re di conseguire la maturità bilingue e an-dorra, dove oltre al catalano, lingua ufficiale, per insegnare le diverse materie si usa an-che il francese con incorporazione progres-siva dello spagnolo e dell'inglese.>> moraLe: Paese che vai, immersione che trovi.

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(AB)

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Ecco come si parla in Europa

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Lingue mondiali e lingue madri

Secondo il sito weltsprachen.net, nel mondo ci sono 375 milioni di persone di madrelingua inglese, mentre le persone che lo parla-no sono quattro volte tante. il cinese è parlato come prima lingua da 982 milioni di esseri umani e da 1,1 miliardi in tutto. Passiamo al francese: per 79 milioni di persone è la lingua madre, mentre per sapere il numero delle persone che lo parlano al mondo bisogna

moltiplicare il dato per 4,5. Dallo studio condotto nel 2008 dall'istitu-to allensbach è emerso che quasi il 78% dei 1.820 intervistati – tutti tedeschi adulti – è per la varietà linguistica in europa, mentre il 13% circa vorrebbe una lingua comune. un’altra indagine realizzata nel 2012 dallo stesso istituto ha permesso di appurare che il 37,08% deitedeschi conosce almeno una lingua straniera. Infine, secondo unostudio eurostat dell’ottobre 2013, il 20,9% dei giovani europei stu-dia il tedesco come lingua straniera.

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | L’ infografica

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Plu | ri | lin | gui| smo, termine che definisce da un lato la capacità di una persona di parlare più lingue, e dall’altro indica l’utilizzo diffuso di più lingue in un contesto sociale, un’area linguistica o uno Stato.

Il mondo delle code alle casse. Per Sergio Camin la lunghezza delle code e il tempo di attesa alle casse dei supermercati sono un indicatore della crisi, mentre le storie di persone che stanno dietro e davanti alle casse sono la fotografia di un Alto Adige al crocevia tra passato e futuro.

La signora Cesira fa la cassiera in un supermercato. Le cassiere dei supermercati sono utilissime per ca-pire quello che succede fuori dai supermercati. Un esempio banale sono le code alla cassa nelle ore di

punta, se sono lunghe ma veloci vuol dire che la gente com-pra sempre meno, il campanello d’allarme di una crisi in arri-vo, se sono corte la crisi è arrivata, se sono corte e veloci la si-tuazione fuori è drammatica. Ma noi siamo qui per scrivere di plurilinguismo. La signora Cesira ha 61 anni, è nata a Bolzano dove vive e lavora, ha un diploma da maestra, che non le è mai servito e non sa il tedesco. Una generazione, la nostra di italiani nati negli anni ’50 e ’60, di mono-lingui per forza, a volte per scelta e a volte per sfiga, considerando che a decidere non erano certo le cassiere dei supermercati. La figlia maggiore della Cesira, Sa-mantha, è nata nel 1972 e ades-so ha 41 anni, è andata a scuola negli anni dello Statuto e anche lei non sa il tedesco ma ha due fi-gli, Guido e Jessica, i nipoti della Cesira, che lo stanno imparando. Lei, la Samantha, è convinta che sia giusto che lo imparino perché serve per il Patentino e i suoi figli cercano invano di spiegarle che serve anche perché vivono qui, un posto dove dovrebbe essere normale essere bilin-gui. Ci abbiamo impiegato un po’ ma alla fine forse ci siamo arrivati. Grazie a Guido e Jessica, adesso la signora Cesira si sente un po’ in colpa, quando alla cassa, la Gertrud, una cliente storica, le parla in italiano, come ha sempre fatto ne-gli ultimi 25 anni. L’altro giorno alla Cesira è successa una cosa che l’ha lasciata interdetta. Alla cassa c’era la fila, una di quelle corte ma veloci, davanti a lei un signore vestito da turi-sta sceso a Bolzano per vedere la mummia nel museo perché in montagna il tempo era brutto. L’uomo non si è limitato, come fanno i turisti, a piazzarle davanti le tre cose che voleva

comprare ma le ha chiesto qualcosa e lo ha fatto in tedesco. Di solito con i turisti stranieri, la Cesira ha un metodo clas-sico, batte il conto in cassa e poi con un sorriso indica il di-splay. Per fortuna almeno i numeri sono uguali per tutti e tutto solitamente fila liscio. L’altro giorno no, il maledetto le aveva chiesto qualcosa e nella cassa accanto non c’era nemmeno Martina, la sua collega di lingua tedesca, che nei

rarissimi casi simili le aveva sempre risolto il pro-blema. Mentre cercava di darsi un contegno

fingendo di avere problemi con lo scon-trino, sentì la voce. Era il cliente dietro

al turista, un uomo sui trent’anni, vestito in modo dimesso e nerissi-

mo, uno, che al supermercato ve-niva spesso con una ragazza nera anche lei, che era con lui anche quel giorno e comprava surgelati e pane. Stava parlan-do in tedesco con il turista, si capiva, che faceva un po’ fati-ca ma gli stava parlando. Poche parole e poi il turista prese le

sue cose e se ne andò soddisfat-to, il senegalese, nel suo più che

discreto italiano, disse alla Cesira, che cosa si erano detti e poi si avviò

all’uscita, parlando con la ragazza nera in una lingua, che alla Cesira sem-

brava solo una serie di strani versi. Capite perché è importante ascoltare i racconti delle cas-

siere dei supermercati? È questa la realtà, che va avanti pre-scindendo da noi e non ci aspetta e tantomeno può aspetta-re scelte politiche attendiste, articoli 19, difese titubanti di orticelli recintati e soprattutto paure. Forse è il caso di an-dare avanti e dare davvero una mano a ragazzi come Guido e Jessica.

Sergio Camin, 63 anni, spirito libero e pubblicista. Dal 1988 cura l’apprezzata rubrica satirica “Visti dal basso” sul quotidiano in lingua italiana Alto Adige.

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co p E Rt i N a : iL PLuriLinguiSmo | L'opinione

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mail

comunicarecoinvolgere

sms

ringraziareascoltare

u n a d e f i n i z i o n e :Cos’è il Reputation Management?

Per reputation management si inten-de il monitoraggio e la gestione della reputazione di una persona, un’orga-nizzazione o un prodotto. Per online reputation management (orm) si intende sempre il processo appena de-scritto ma applicato ai canali di comu-nicazione digitale.

ALZI LA MANO chi non ci tiene ad avere una buona reputazione presso conoscen-ti ma anche tra gli sconosciuti. E se la re-putazione è importante per un comune mortale, figuriamoci per un’azienda che sul buon nome ci vive e che giocoforza avrebbe bisogno di un buon Reputation Management, il quale però richiede di-spendio di tempo e denaro e non è per nulla facile. Se infatti nell’era digitale è possibile costruirsi una buona fama in maniera rapida, globale e visibile a tutti tramite i portali di valutazione, i blog ed i social network, è altrettanto vera l’affer-mazione che Barbara Theiner – libera consulente e docente di marketing turi-stico presso il Management Center Innsbruck (MCI) – rivolge ai responsabili marketing e vendite: «La reputazione è quello che la gente dice quando esci dalla stanza. La reputazione on line è quello che milioni di persone dicono di te».

Per capire ancora meglio l’importan-za e la rilevanza strategica del Reputation Management ascoltiamo quanto dice Warren Buffett, ritenuto il più grande va-lue investor di sempre: «Ci vogliono 20 anni per farsi una reputazione e cinque minuti per distruggerla. Se ci rifletti su, dopo un po’ agirai in maniera diversa». Va da sé che i riflessi di Internet sul destino economico di un’azienda sono ancora un argomento controverso. Dave Carroll,

a meno di due cose essenziali: investire in un adeguato supporto informatico e dare carta bianca ai collaboratori incari-cati di usarlo. Il passo successivo, consi-glia Barbara Theiner, consiste nel cono-scere quanto più possibile le preferenze dei propri clienti e ospiti: i siti più visita-ti dal cliente, i temi che più gli piacciono, cosa lo sorprende, lo irrita o lo affascina. Lo scopo di questa indagine è di capire i punti di forza della propria azienda; cer-to non tutte le imprese sono in grado di attuare subito una simile selezione, ma nel lungo periodo è decisamente più conveniente concentrarsi su un target ben definito, sostiene Theiner.

Il primo passo consiste nella registra-zione dell’azienda sui portali più impor-

cantautore canadese, nel 2009 ha fatto crollare del 10% il valore delle azioni della compagnia statunitense United Airlines pubblicando su YouTube un video che ad oggi è stato visto 13,6 milioni di volte. Nel-la sua canzone intitolata “United breaks Guitars”, Carroll denuncia che la sua pre-ziosa chitarra è stata maltrattata e dan-neggiata durante l’imbarco dei bagagli, e che le sue ripetute richieste di risarcimen-to sono rimaste inascoltate.

La fama? Dipende anche da noiAffinché abbia successo, il management della reputazione on line deve osservare alcune linee guida fondamentali. L’esper-ta in marketing turistico Theiner consi-glia come prima cosa di mettere in eviden-za i punti di forza dell’azienda, immetten-do nel web i propri USP in modo da contribuire attivamente alla formazione della propria reputazione digitale.

«Se faccio delle cose buone, devo farlo sapere tramite gli altri canali mediatici, perché da tempo ormai non basta più par-larne solo sul proprio sito aziendale», dice Theiner. Sui social network il cliente si sen-te più forte perché può esprimere giudizi sinceri con la protezione dell’anonimato, sentendosi interessante e importante agli occhi della Community. Basti pensare a quante persone si compiacciono di avere follower, friends e fans. Il consumatore tra l’altro crede più facilmente ad un altro consumatore piuttosto che al produttore, perché le opinioni personali vengono per-cepite come più sincere.

Istruzioni per l’uso Ogni azienda che voglia costruirsi una buona reputazione digitale non può fare

La fama corre sul web. Su internet ormai si cerca (e si trova) di tutto, dalla vacanza di lusso all’auto più conveniente. Questo fenomeno fa sì che i siti di recensioni e confronto dei prezzi acquisiscano sempre più rilevanza, tanto da influenzare le decisioni di acquisto dei consumatori.

Link al video “united breaks guitars”

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comunicarecoinvolgere

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ringraziareascoltare

Per far sì che la reputazione si trasformi in un fattore di successo, bisogna lavorare sodo.

tanti, a cominciare dalla pagina locale di Google+ che permette ad esempio ad un albergo di farsi trovare dal motore di ri-cerca Google Hotel Finder. Per avere un quadro costante della propria reputazio-ne on line è poi necessario rispondere ai commenti, sia positivi che negativi, e analizzare regolarmente i dati registrati.

Il tema giusto sul canale giustoUn’altra mossa importante è quella di

elaborare un programma di comunica-zione, annuale o stagionale, destinato ai principali portali web, in modo da veicolare in maniera virale i propri temi. «Ciò che conta è far passare il messaggio giusto sul canale giusto: solo così si po-trà avere successo sul web e accrescere

l’interattività con la clientela», ribadi-sce Wolfgang Töchterle, responsabile del reparto Digital Development di Alto Adige Marketing (SMG). L'ideale sareb-be che i clienti postassero delle proprie foto e altri utenti le commentassero.

I complimenti dei clienti immessi sul web per la qualità di un prodotto o per l’ottima cucina di un albergo sono altamente motivanti per i dipendenti. Il buon nome di un’azienda è qualcosa che si costruisce giorno dopo giorno, la-vorando ad obiettivi comuni e condivi-dendo i successi. Va da sé che non tutti gli ospiti e clienti hanno voglia di com-mentare le proprie esperienze, per cui sarebbe bene stimolarli ad esprimere un parere e possibilmente a consigliare

la propria struttura ad altre persone: un grazie per il commento positivo o maga-ri un regalino sono sempre ben accetti e fanno fare bella figura.

Social network: riuscire a far cliccare “mi piace” o “condividi” ad un navigato-re del web è un bel traguardo, che con-tribuisce a diffondere un marchio a pat-to però che il sito aziendale in primis consenta queste possibilità. Sul proprio sito è altresì utile pubblicare i commen-ti positivi della clientela, perché come detto le opinioni neutrali vengono prese maggiormente in considerazione. In-somma, tutto questo è il lavoro che si dovrebbe fare ogni giorno per costruirsi una buona reputazione, nel mondo vir-tuale e in quello reale. (PO)

I 4 principi dEll’OnlInE REPutAtIOn

MAnAgEMEnt

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il meeting internazionale “sFscon” porta ogni anno a Bolzano relatori di fama internazionale e circa 200 addetti ai lavori.

Software libero. facilita il processo di innovazione, fa risparmiare un bel po’ di denaro e sfrutta i vantaggi della Community. e tutto questo non vale solo per le aziende del settore iT. bolzano rende merito al free Software organizzando ogni anno un affollato meeting internazionale.

DA TEMPO ORMAI la tecnologia infor-matica non è più un argomento che ri-guarda solo le aziende attive nel settore IT, bensì tutte le imprese – e in partico-lare quelle che fanno innovazione – che si avvalgono dell’informatica per porta-re avanti la loro attività. A questo scopo nel 2007 all’interno del TIS innovation park è stata creata un’area dedicata pro-prio al sostegno nei servizi IT ad azien-de e pubbliche amministrazioni. Allo stesso tempo il TIS ha deciso di lavorare in questo settore avvalendosi esclusiva-mente di software libero e tecnologie aperte, come d’altronde si evince chia-ramente dal nome dell’area: “Free Soft-ware & Open Technologies”.

«Quando si lavora principalmente in maniera cooperativa, come faccia-mo noi, l’utilizzo di software libero è molto meno dispendioso», esordisce il coordinatore d’area Patrick Ohnewein, che aggiunge: «Come dice il nome stes-so, il software libero – a differenza di quello che si acquista – è gratuito. Que-sto significa che può essere usato a pia-

cimento, copiato, studiato, modificato e ampliato, regalato e persino vendu-to». Oggi il software libero non è più appannaggio degli utenti privati ma è sempre più usato da aziende e pubbli-che istituzioni come amministrazioni, centri di ricerca e università. «Un esem-pio eclatante in tal senso è la libera en-ciclopedia Wikipedia, che si avvale ap-punto di software libero», informa Ohnewein.

Siamo insomma di fronte ad un si-stema che, sottolinea Ohnewein, ridu-ce di molto l’impegno burocratico dei progetti di cooperazione e permette al processo di innovazione di viaggiare in maniera più spedita. Il Free Software ha poi un altro aspetto positivo da non di-sprezzare: i costi, che vengono sempre distribuiti tra i vari player che investono nella stessa misura nel software.

Dati a disposizione di tuttiC’è un’altra realtà, oltre al software libe-ro, che può essere di aiuto a chi fa inno-vazione o a chi ha intenzione di farla: gli

Open Data, ovvero i dati accessibili e utilizzabili da tutti. «Il potenziale socia-le ed economico degli Open Data è enor-me – dice Patrick Ohnewein – e pian piano anche le aziende private e pubbli-che stanno imparando a riconoscerlo». I dati aperti sono anche un modo per far diventare i centri urbani più “intelligen-ti”: al TIS ad esempio si sta sviluppando, insieme al Comune di Bolzano, un pro-getto di informazione e gestione della viabilità che utilizza i dati aperti per ot-timizzare il traffico e ridurre l’inquina-mento atmosferico.

Il progetto “GeoBI.info” invece rac-coglie tutti quei dati pubblici che pos-sono aiutare un’azienda a capire se e dove aprire una nuova filiale oppure se è il caso di ampliare il proprio assorti-mento. Il software libero sviluppato per l’occasione assembla tutti i più impor-tanti dati statistici disponibili pubbli-camente e li trasforma in grafici, che diventano uno strumento prezioso per valutare meglio le potenzialità di mer-cato. «Se gli Open Data vengono chia-

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Il Free Software può essere usatoa piacimento, copiato, studiato,

modificato e ampliato,regalato e persino venduto.

mati “l’oro digitale” – dice Ohnewein – ci sarà un motivo». Un motivo in più per spingere le pubbliche amministrazioni a mettere a disposizione della colletti-vità tutti i loro dati.

Tanti dati, un unico standard Va da sé che per rendere veramente

“aperti” questi Open Data, sarebbe au-spicabile che potessero essere leggibili a livello globale. E a questo punto entra-no in gioco gli Open Standard, che per-mettono appunto di elaborare i dati in maniera tale da essere fruibili ovunque. «Quest’aspetto è di enorme importan-za – fa notare Patrick Ohnewein – so-prattutto nel settore del turismo e della mobilità». Uno standard aperto è ad esempio quello utilizzato dall’azienda di trasporto locale SASA, che a Merano permette anche ai turisti di sapere esat-tamente dove si trova il bus che stanno aspettando.

La forza della CommunityNel mondo del software libero il ruolo della Community è fondamentale per cercare soluzioni, lanciare formule e co-dici nuovi. «Il bello del Free Software – sostiene Ohnewein – è che riesce a far dialogare esperti del settore, ricercato-ri, enti pubblici e cittadini. Un terreno ideale insomma, per far prosperare l’innovazione».

Anche dai vari progetti nascono spontaneamente comunità e sinergie. È il caso ancora della SASA, che sul pro-prio sito SASAbus.org ha dato vita ad una Community composta da aziende e dipendenti pubblici che lavorano nel settore della mobilità. Tutti assieme partecipano alla ricerca di tool e piatta-forme, sempre basati sul Free Software, che possono essere integrati al softwa-re esistente per renderlo ancora più ef-ficiente e fruibile dalla gente comune.

«Un’altra Community ad esempio è nata attorno al progetto Bolzano Traffic, promosso dal Comune di Bolzano e dal TIS, il quale utilizza un sistema che per-mette di sapere in tempo reale quali sono i parcheggi liberi in città», spiega Ohnewein. E queste informazioni ven-gono utilizzate anche dalla SASA, che le mette a disposizione sulla propria ap-plicazione per agevolare la mobilità urbana. «Se aumenta il numero di per-sone che usano queste piattaforme, cre-sce anche la Community e con essa la qualità del servizio, perché ognuno può contribuire al miglioramento e all’ampliamento del software», puntua-lizza Ohnewein.

Il meeting internazionaleDal 2001 Bolzano ospita ogni anno la Conferenza del Free Software (http://SFScon.it), dedicata interamente all’o-pen source. A lanciare questo meeting internazionale è stato il Linux User Group Bolzano, l’associazione nata ap-punto nel 2001 per diffondere il Free Software. Dal 2004 l’organizzazione di questa manifestazione è passata nelle mani del TIS, che ogni anno porta a Bol-zano relatori di fama internazionale e circa 200 addetti ai lavori.

«SFScon è una sorta di conferenza consuntiva, durante la quale presen-tiamo tutti i progetti UE che abbiamo accompagnato nel corso dell’anno», spiega Ohnewein. Il meeting, intro-dotto dalla relazione di un keynote speaker, dura una giornata e prevede diversi workshop pratici. «I parteci-panti provengono dal mondo della pubblica amministrazione e della ri-cerca ma anche dalle aziende. Questo fa sì che la conferenza si trasformi in un evento di networking interdiscipli-nare che offre enormi potenzialità di brainstorming».

maggiori informazioni sul free Soft-ware sul sito www.sfscon.it

l a c o N f E R E N z a i N t E R N a z i o N a l E

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Il restauratore di libri Abdulwahid Al Shami: “Chi conosce le lingue riesce ad integrarsi”.

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«A DIRE IL VERO NON avevo mai pensato di andare via dallo Yemen. Poi però le cose sono andate diversamete», esordi-sce Abdulwahid Al Shami sedendosi sullo sgabello del suo laboratorio. Voce pacata, tedesco standard parlato senza accento particolare. Ci vogliono esatta-mente 35 passi per arrivare dalla piazza principale di Cornaiano a casa sua, se-gnalata da una tabella giallo-nera con su scritto “Restauratore di libri”. La strada che Al Shami ha percorso nel 1994 è però molto, molto più lunga: dal-la capitale yemenita Sanaa al paesino dell’Oltradige ci sono la bellezza di 4600 chilometri. Ma la distanza geografica è poca cosa, se confrontata alle gigante-sche differenze culturali e sociali tra l’Alto Adige e lo Stato più meridionale della penisola araba. E tuttavia questo artigiano di 50 anni non soffre di nostal-gia, «perché anche nel posto più bello del mondo puoi stare male, se ti manca la pace interiore». Vent’anni fa furono proprio i suoi sentimenti a spingerlo via da casa, e da allora la perdita di amici e parenti è stata compensata dall’amore per sua moglie e sua figlia.

Il primo appuntamento del giovane yemenita con il destino riguarda proprio la conoscenza della giornalista di San Candido che sarebbe diventata sua mo-glie. «Un giorno un mio amico di Sanaa che faceva la guida turistica si ammala, e mi chiede se posso andare al suo posto ad accompagnare un gruppo di tedeschi. E tra di loro c’era Ulrike». Quell’incontro sconvolge la vita di Al Shami e in pochis-simo tempo succede di tutto: la decisio-ne di lasciare lo Yemen, il matrimonio, il trasferimento a Cornaiano, la creazione di un laboratorio tutto suo. E qualche anno dopo nasce Nora: «Mia figlia mi ha insegnato molte cose. Nello Yemen il

mi sono trovato al posto giusto nel mo-mento giusto. Ero in un albergo di Sanaa quando entrarono due turisti tedeschi che cercavano un tassista che sapesse l’inglese».

Siamo a metà degli anni ’80, Al Shami lavora mezza giornata in un ospedale e

nell’altra metà fa il tassista. I due turi-sti di prima – un orientalista di Am-burgo e un restau-ratore di libri di Göttingen – salgo-

no proprio sul suo taxi: «Sono rimasti una settimana per esaminare un mano-scritto che era stato ritrovato, e per tutto il tempo li ho accompagnati io».

I due esprimono la volontà di ritorna-re a distanza di un anno per restaurare gli antichi documenti, e allora «dopo do-dici mesi sono andato ogni giorno all’a-eroporto sperando di incontrarli». E in-fatti un giorno i due uomini atterrano a Sanaa e lo informano che stavolta si fer-meranno parecchi mesi. «Allora ho la-sciato il lavoro all’ospedale, sono andato in giro con loro e ho anche iniziato a in-teressarmi al loro lavoro. Quando venne-ro a Sanaa per l’ultima volta, avevano una sorpresa per me: una borsa di studio triennale per frequentare un corso di re-stauratore di libri a Göttingen».

Si potrebbe stare ore e ore ad ascolta-re questo artigiano yemenita: «Ho impa-rato da mio padre a raccontare storie», dice sorridendo Al Shami, che dal padre giramondo ha ereditato anche una reli-giosità del tutto particolare: «Sono con-vinto che esista un solo Dio, a prescinde-re dal nome che gli viene dato. E per pre-gare questo Dio si può andare ovunque: in una moschea, in una sinagoga o in una chiesa».

maschio ha sempre ragione, Nora invece mi ha dimostrato che bisogna anche sa-per cedere».

Al Shami peraltro, già prima di cono-scere sua moglie aveva imparato che la vita non è sempre facile. «Pur essendo yemenita, io sono nato in Etiopia. Negli

anni Venti mio padre decise di emigrare e così partì con due muli e qualche talle-ro di Maria Theresia. Mentre si trovava ancora nello Yemen ebbe un incidente e perse tutto quello che aveva. Quando ar-rivò sulla costa, si ritrovò povero e dispe-rato». Un forestiero però ebbe pietà di lui, e gli diede il denaro necessario per il visto e il viaggio in nave fino al Corno d’Africa. «Qualche anno dopo mio padre sposò la figlia di quell’uomo generoso, che aveva rivisto dopo una lunga serie di peregrinazioni in Etiopia. Lei aveva 20 anni meno di mio padre e gli ha dato 11 figli».

Prima che i suoi genitori decidessero di tornare in Yemen, Al Shami ha vissuto in Etiopia fino a 12 anni imparando già da piccolo il senso della parola integra-zione «Malgrado ci fosse una scuola ara-ba, mio padre ci mandò apposta in una etiopica». Per essere accettati in un Paese straniero bisogna innanzitutto cono-scerne la lingua: «Chi riesce a parlare, si integra». Un’esperienza che Abdulwahid Al Shami ha vissuto anche a Cornaiano. Il fatto di sapere il tedesco già al suo arrivo in Alto Adige è stato fondamentale, tanto più se la sua conoscenza è dovuta a un altro scherzo del destino. «Diciamo che

Il predestinato. abdulwahid al Shami sa per esperienza diretta che se il destino decide di metterci lo zampino, è inutile cercare qualcosa o qualcuno: sarai tu ad essere trovato. il restaura-tore di libri dello Yemen, che da 20 anni vive a Cornaiano, racconta il suo rapporto con il destino.

Testo: Maria Cristina De PaoliFoto: Alex Filz

“Sono convinto che esista un solo dio. E per pregarlo si può andare in chiesa, moschea o sinagoga”

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Zurigo

Zurigo monaco monaco

amburgo

amburgo

amburgo

amburgo

m E Rc ato

ad amburgo il Törggelen è andato in scena in bilico tra l’antica tradizione e le nuove interpretazioni.

Nuove prospettive

“Südtirol zu gast in…” è di-ventato un appuntamento fisso con la stampa straniera.

Ospitalità estera

La lingua come elemento di congiunzione tra alto adige e Svizzera: musica, chiac-chierate con i giornalisti, cucina creativa.

Un ponte con la Svizzera

Metti l’Alto Adige in vetrina. nei mesi di marzo, settembre e ottobre l’alto adige si è fatto notare in europa con il format “Südtirol zu gast in…” e a milano in “Casa alto adige”, dando sempre il meglio di sé con eventi intriganti e nuove prospettive.

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monaco

milano milano

Praga

a monaco si è visto un alto adige inedi-to e sorprendente: nuovo design, cucina coraggiosa e prodotti di nicchia dall’al-lure cosmopolita.

L’Alto Adige che non ti aspetti

L’alto adige fra tradizione e modernità: il legno si trasforma in oggetti di design.

bambini e genitori alle prese con cane-derli e grissini. gli eventi interattivi faci-litano il contatto con i giornalisti.

A Fuorisalone c’è l’Alto Adige

Spazio alle famiglie!

Come: tra marzo e novembre l’alto adige ha girato l’europa con il format “Südtirol zu gast in…” e a milano si è presentato a “Casa alto adige”.Tutti gli eventi si caratterizzano per i contenuti intriganti, diversi dal soli-to e sorprendenti dal punto di vista gastronomico. il denominatore co-mune è l’accurata preparazione degli appuntamenti, sempre adeguati ai vari contesti. Solo così è possibile destare l’interesse dei giornalisti tradi-zionali ma anche dei più moderni blogger e instagramer, stimolandoli a parlare dell’alto adige. il format è ormai collaudato, tuttavia ogni anno viene analizzato e aggiornato alle mutevoli esigenze del mercato.

Cosa: a spasso per mercatiQuando: 2013Dove: milano, berlino, monaco, amburgo, zurigo, Varsavia, Praga, bruxelles, utrecht, Londra.

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MARCO FERRARI della ditta Nordtex è visibilmente soddisfatto per essere riu-scito ad ampliare ulteriormente il mer-cato internazionale dei suoi prodotti destinati all’edilizia a risparmio energe-tico. Il nuovo tassello si chiama Turchia ed è stato aggiunto grazie alla presenza alla fiera Turkeybuild.

«Ho l’impressione che attualmente l'Alto Adige si stia concentrando molto sull’esportazione, noi stessi da alcuni anni puntiamo su questi sbocchi com-merciali. Sono convinto che senza ex-port non si va da nessuna parte», affer-ma Ferrari. E i numeri gli danno ragione: secondo i dati diffusi recentemente, dopo lo storico crollo del 2009 le espor-tazioni sono risalite e non hanno smes-so di crescere. Tuttavia, malgrado i nu-meri siano confortanti, non è proprio il caso di dormire sugli allori. Partendo da questo presupposto, lo scorso anno il governo altoatesino ha licenziato un pacchetto di iniziative teso a rafforzare l’attività di export, che dovrebbe trovare applicazione nel 2014.

In Alto Adige il settore dell’export evidenzia da sempre delle problemati-che di natura strutturale o storica. Da una parte c’è un panorama imprendito-

riale dominato dalla massiccia presen-za di piccole o piccolissime imprese, dall’altra una situazione storica e politi-ca che ha portato le aziende altoatesine a concentrarsi sul mercato locale. Il punto è che se in passato il mercato lo-cale poteva garantire potenziali di cre-scita e di fatturato a quasi tutti i settori, oggi non è più così e inevitabilmente le ditte nostrane hanno dovuto imboccare la strada che porta all’estero.

L’importanza dell’assistenzaLa Nordtex di Chiusa è solo una delle tante imprese altoatesine che hanno varcato i confini nazionali, in alcuni casi mettendo in piedi dei rami azienda-li dedicati all’export. Le sovvenzioni del-la Provincia e l’assistenza dell’EOS sono invece rivolte soprattutto alle PMI. Hei-di Sparber della Zingerlemetal (tende) è presente già da anni sul mercato scan-dinavo e si avvale dell’assistenza in loco fornita dai partner svedesi di EOS.

«Thomas Ramsten della TBR Con-sulting ci ha preparato per bene ad af-frontare questo mercato e già si vedono i primi frutti», afferma con soddisfazio-ne. Conoscere i mercati prima di andar-ci è fondamentale, ed è per questo che

la Provincia promuove con decisione le ricerche di mercato e le iniziative che possano facilitare nuovi sbocchi com-merciali. Per la prima volta ad esempio sono stati stanziati dei contributi per avvalersi di esperti locali, i cui costi ven-gono sostenuti fino al 50% (e per un massimo di 20.000 euro) dalla mano pubblica. EOS da parte sua mette a di-sposizione uno sportello dedicato, se-gue progetti e iniziative e stimola le aziende.

Più visibilità ai prodotti localiGarantire maggiore visibilità ai prodotti

“Made in South Tyrol”: questo lo spirito che ha portato la Provincia a destinare contributi ancora più elevati per la par-tecipazione ad eventi fieristici nei nuovi mercati. La quota di sovvenzione pub-blica è stata portata dal 50 al 70% e ri-guarda, oltre alle 40 fiere organizzate da EOS sotto il marchio ombrello “Alto Adi-ge/Südtirol”, un altro centinaio di parte-cipazioni individuali di aziende altoate-sine in fiere sparse per il mondo.

«Stiamo parlando di soldi spesi bene, perché le fiere continuano ad essere uno dei canali più importanti per cerca-re nuovi partner e clienti», sostiene con-

Go international. L’export non è mai stato così in salute, tuttavia per renderlo ancora più importante e aumentare la competitività delle aziende locali, anche nel 2014 è in programma una ricca serie di sovvenzioni e iniziative. i partner di riferimento sono eoS e Provincia.

Viaggi imPrenditoriaLi

Scoprire mercati esteri interessanti, incon-trare potenziali partner d’affari, conoscere spazi economici di tutto il mondo

Progetti exPort

azienda singola che intende sbarcare su un nuovo mercato

DATI ESSENZIALI:

Assistenza nel sondaggio del mercato e/o nella ricerca dei partner commerciali

Valore aggiunto: il partner di EOS conosce gli aspetti giuridici, culturali ed economici del mercato da conquistare

Sovvenzione: 70 % dei costi per la consulenza del partner (nei limiti del regime de minimis)

Le sovvenzioni per i costi totali arrivano fino a un massimo di 40.000 euro l’anno

DATI ESSENZIALI:

Numero minimo di partecipanti: 3 aziende altoatesine

Partecipanti: aziende del settore o intersettoriali

Valore aggiunto: la rete dei partner di EOS permette di individuare nuovi potenziali clienti e concordare trattative

Sovvenzione: 70 %

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vinto Hansi Felder, che essendo diretto-re della ripartizione provinciale all’arti-gianato, industria e commercio ha il polso della situazione in materia di svi-luppo economico.

Il sostegno pubblico è previsto an-che per iniziative mirate all’incremento delle vendite nonché all’adeguamento dei prodotti aziendali ai mercati che si intende conquistare. Questa sorta di of-fensiva per rafforzare l’export è limitata nel tempo, dura due anni e si conclude-rà a fine 2014. Anche le sovvenzioni han-no un tetto massimo fissato dal regime de minimis stabilito dalla UE, secondo il quale ad un’azienda non possono esse-re concessi sovvenzioni per più di 200.000 euro nel giro di tre anni.

Il fondo di garanzia per l’exportUn tassello fondamentale nel quadro delle misure di promozione dell’export è il fondo di garanzia appositamente co-stituito. L’iniziativa, già da qualche tem-po pronta a partire, è finalmente decol-lata a dicembre 2013 con grande sollie-vo delle aziende, in particolare di quelle che sentono già sul collo il fiato della concorrenza estera.

Il fondo provinciale per l’export, con una dotazione di 5 milioni di euro ed il coinvolgimento delle banche locali e della banca di controllo austriaca ÖKB, nasce per minimizzare i rischi delle azi-ende altoatesine che vogliono espander-si fuori dai confini nazionali e prevede una copertura pari a 70 milioni di euro. Il fondo di garanzia, il cui obiettivo pri-

PresenZe FieristiChe CoLLettiVe

Partecipazione alle fiere sotto il marchiocomune alto adige/Südtirol

DATI ESSENZIALI:

Numero minimo di partecipanti: 3 aziende altoatesine

Valore aggiunto: EOS predispone uno stand collettivo in varie fiere specia- lizzate internazionali e si fa carico di tutti gli aspetti organizzativi

Sovvenzione: 70 % dei costi per l'alle- stimento e l’occupazione dello stand (nei limiti del regime de minimis)

mario rimane l’incremento della com-petitività delle imprese locali, funziona così: l’azienda altoatesina che intende stipulare un contratto in un Paese non compreso nell’OCSE si rivolge alla EOS, che esamina la documentazione e la trasmette all’organo di controllo austri-aco, il quale esegue un rating per poi emettere una polizza di garanzia. A questo punto la ditta potrà andare dalla propria banca e chiedere un finanzia-

mento fino al 70% dell’ammontare del contratto.

Il sistema è garantito da un fondo che, dopo la dotazione iniziale da parte della Provincia di Bolzano, è destinato nel tempo ad essere finanziato dalla pro-pria attività, ossia dalle commissioni e dai diritti trattenuti alle aziende.

Al pari dei servizi sottoelencati, anche l’accoglienza di delegazioni estere – nella foto quella sudcoreana interessata alla tecnologia invernale – avrà sovvenzioni fino al 70% della spesa.

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Info sul sito www.eos-export.org

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Dicono di noi. un avvincente viaggio mediatico attraverso blog, riviste di nicchia e grandi testate: prove di isolamento, ritratti musicali ed esperienze alpino-mediterranee di una giornalista di costume inglese.

Italia: D la RepubblicaSettimanale – il settimanale femminile e di moda celebra l’alto adige come il luogo in cui gastrono-mia, architettura e design moderno si accordano perfettamente. Pur Südtirol si colloca pertanto nella hit-list di tutto ciò che bisognerebbe cono-scere oppure possedere. Edizione: giugno 2013

Schweiz: Schweizer IllustrierteWochenzeitschrift – Die Journalistin Kati moser preist das angebot Venice – St. moritz. auf der zugfahrt von zürich nach Venedig vorbei an unesco-High-lights, ließ sie sich von kulinarischen und kulturellen Schönheiten überwältigen.Ausgabe: Oktober 2013

Deutschland: CrescendoMagazin – Klassische Musik & Lebens-art siebenmal im Jahr: Diskutiert wird über Musik, Trends, Premieren und CDs. Robert Kittel besuchte die Mera-ner Musikwochen und erkundet das Pustertal und Bozen und schafft den Spagat zwischen Kulinarik und Klassik.Ausgabe: Oktober/November 2013

Belgium: Brunette BloggingFashion & Travel blog – Kim Siroyt travelled to South Tyrol with the intention of bringing together snow & high heels under one hat. in the Valle isarco/eisacktal valley she found the best conditions for doing it. April 2013

UK: CosmopolitanLifestyle magazine – Philippa moore dis-closes the brits with one of the best hidden italian secrets and falls in love with the South Tyrolean charm of the fresh unpolluted alpine air and the me-diterranean temperatures – between the italian and german culture and life-styles, she feels two countries in one.Online since September 2013

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N E l l ' o cc h i o D E i m E D i a

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Deutschland: DB MobilMagazin – Das Magazin der Deutschen Bahn hat mit 500.000 Ex-emplaren eine riesige Auflage. Monatlich porträtiert es Reiseziele, deren Menschen und Kultur. Helmut Ziegler startete in Südtirol einen Selbstversuch auf einer Selbstversorgerhütte im Karbachtal, einem Seitental des Gsiesertals und schreibt ein Lob an die Natur, die Stille und die „Live-Übertragung dieser Postkartenidylle“ auf der Veranda der Hütte. Ausgabe: Oktober 2013

Belgium: Op WegSpecial interest magazine – The outdoor magazine (especially for hikers and bikers) is published every two months and combines print and online. guy raskin did a tour from Chiusa/Klausen into the heart of the Dolomites. Issue: May 2013

Deutschland: Welt am SonntagSonntagszeitung – nora reinhardt schreibt eine ode an das weiße gold des Vinschgaus und zu-gleich eine spannende familien-geschichte.Ausgabe 10/11 August 2013

Deutschland: LandlustMagazin – Den Stubenofen als

Südtiroler exportgut und Klassi-ker beschreibt die Landlust in ih-rer letzten ausgabe. ein Loblied

auf alpine Kompetenz und die Weiterführung von Traditionen.

Ausgabe: November/Dezember 2013

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il concorso a premi lega-to alla promozione ha di-stribuito 7 milioni di pro-dotti tipici dell’alto adige. La campagna mediatica ha raggiunto circa 16 milioni di consumatori italiani attenti alla qualità.

… come Mele Co.

La campagna ha avuto come protagonisti speck, mele, pane, formaggio, yogurt, burro, mozzarella e succo di mela.

La spesa che cambia la vita. Da settembre a dicembre 2013 eoS e Smg hanno lanciato una singolare campagna promozionale sul mercato italiano, caratterizzata da degustazioni nei grandi centri commerciali e dal passaggio di 1.400 spot radiofonici e televisivi.

L'INIZIATIVA è singolare in quanto la campagna pubblicitaria veicolava con-temporaneamente i prodotti tipici e l’immagine turistica dell’Alto Adige, dando vita a sinergie funzionali alla co-noscenza del marchio, alla destinazio-ne ed ai suoi prodotti. All’iniziativa, che metteva in palio come premio principa-le una settimana di vacanza per 15 anni in un Vitalpina Hotel Südtirol, hanno aderito 16 aziende produttrici.

La campagna è stata affiancata da sei road show, organizzati da EOS, che pre-vedevano degustazioni di prodotti all’interno di grandi centri commercia-li italiani. Il commercio al dettaglio na-zionale – riferiscono gli organizzatori – ha accolto con favore questa iniziativa, unica in Italia per tipologia e dimensio-ne, che ha riscosso grandi risultati an-che in termini di vendita dei prodotti pubblicizzati.

i numeri

“Il nostro cervello è perfettamente

attrezzato per parlare più

di una lingua”Prof. Petra Schulz

*1965, linguista, docente universitaria di tedesco seconda lingua

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“Il nostro cervello è perfettamente

attrezzato per parlare più

di una lingua”Prof. Petra Schulz

*1965, linguista, docente universitaria di tedesco seconda lingua

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