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GUSTO ESOTICO NELLE COLLEZIONI ESTENSI TRA ANTICO E MODERNO MARIA MANGIAFESTA Considerando la bibliografia riguardante la collezione iniziata dal cardinale Ippolito d’Este 1 già nella sua residenza di Montegiordano e poi ampliata in concomitanza con l’acquisizione delle due proprietà del Quirinale e di Tivoli, numerose sono le sollecitazioni riguardo al gusto esotico nelle scelte del Cardinale 2 , che sicuramente ebbe in Pirro Ligorio un consigliere ma soprattutto un valido coadiutore nel reperire e sistemare le antichità oltre che nel commissionare copie moderne per le numerose fontane delle residenze estensi. Il Ligorio venne inoltre incaricato di progettare nel castello estense di Ferrara un «anticario» e uno studiolo dove nella 1 PALMA VENETUCCI 2010a, pp. 51-75, con bibliografia precedente. 2 Si trovavano nella villa del Quirinale: una sfinge in granito, poi acquistata dai Medici (HÜLSEN 1917, pp. 107 n.106, 116 n. 101, 121 n.55; CECCHI- GASPARRI 2009, p. 244, n. 313, forse dalla Collezione Carpi), una statua di Serapide di marmo nero, già Carpi, una statua di marmo nero regalata dal Vescovo di Narni che aveva la sua vigna di fronte a quella d’Este ( PALMA VENETUCCI 2010a, pp. 53-54), prossime entrambe al Serapeo del Quirinale (frammenti di sculture egizie in granito furono visti in casa Colonna all’inizio del Cinquecento: così in un disegno già attribuito al Cronaca oggi ad Oxford, Christ Church, che riporta tre frammenti di sculture egizie, con la didascalia «di granitto in chasa del cardinale cholona»; PICOZZI 2010, p. 14).

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GUSTO ESOTICO NELLE COLLEZIONI ESTENSI TRA ANTICO E MODERNO

MARIA MANGIAFESTA

Considerando la bibliografia riguardante la collezione iniziata dal cardinale Ippolito d’Este1 già nella sua residenza di Montegiordano e poi ampliata in concomitanza con l’acquisizione delle due proprietà del Quirinale e di Tivoli, numerose sono le sollecitazioni riguardo al gusto esotico nelle scelte del Cardinale2, che sicuramente ebbe in Pirro Ligorio un consigliere ma soprattutto un valido coadiutore nel reperire e sistemare le antichità oltre che nel commissionare copie moderne per le numerose fontane delle residenze estensi. Il Ligorio venne inoltre incaricato di progettare nel castello estense di Ferrara un «anticario» e uno studiolo dove nella

1 PALMA VENETUCCI 2010a, pp. 51-75, con bibliografia precedente. 2 Si trovavano nella villa del Quirinale: una sfinge in granito, poi acquistata dai Medici (HÜLSEN 1917, pp. 107 n.106, 116 n. 101, 121 n.55; CECCHI-GASPARRI 2009, p. 244, n. 313, forse dalla Collezione Carpi), una statua di Serapide di marmo nero, già Carpi, una statua di marmo nero regalata dal Vescovo di Narni che aveva la sua vigna di fronte a quella d’Este (PALMA

VENETUCCI 2010a, pp. 53-54), prossime entrambe al Serapeo del Quirinale (frammenti di sculture egizie in granito furono visti in casa Colonna all’inizio del Cinquecento: così in un disegno già attribuito al Cronaca oggi ad Oxford, Christ Church, che riporta tre frammenti di sculture egizie, con la didascalia «di granitto in chasa del cardinale cholona»; PICOZZI 2010, p. 14).

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seconda metà del Cinquecento confluirono soprattutto i ritratti degli uomini illustri secondo i desiderata del duca Alfonso3. Esaminiamo alcune testimonianze esotiche nelle residenze estensi. Vigna d’Este sul Quirinale Il cardinale di Ferrara aveva acquistato nel 1573 dagli antiquari Stampa «una statua egittiaca maggiore di naturale con la sua testa del dio canopo. Fu trovata in una vigna a Montecavallo et Messer Pirro (Ligorio) l’ha vista in detta vigna»4. La descrizione potrebbe suggerire il confronto sia con alcune statue egizie di grandi dimensioni che si trovavano in hortis Carpensibus, e che furono rese note dai disegni di Alonso Chacón e del Ligorio5, che con una statua della collezione medicea conservata nel Museo Egizio di Firenze denominata Ptahmose6 (figg. 1a, b), che potrebbe corrispondere a quella degli Este, venduta al cardinale Ferdinando de’ Medici insieme con altre antichità che, passate prima nella villa sul Pincio, si trovano oggi a Firenze7. Si

3 PALMA VENETUCCI 2010a, pp. 53, 66-67. 4 PALMA VENETUCCI 1998, p. 787, Catalogo Vendita «Raccolta Stampa 1573» in Documenti inediti, II, pp. IX, 164, n. 32; ROULLET 1972, p. 120 n. 224. 5 CHACÓN, Angelica, f. 259; PALMA VENETUCCI 2008, pp.74-75, 85, figg. 1,2. Per il faraone già Carpi poi Sforza ed infine Barberini cfr. FAEDO 2008, p. 128. 6 Inv. n.1790; quarzite; h cm 94, base cm 61x39. La scultura, ascrivibile al Nuovo Regno, XVIII dinastia, regno di Amenofi III, recentemente è stata esposta nella mostra «Il fascino dell'Egitto» al Museo Faina di Orvieto. D'AMICONE-POZZI BATTAGLIA 2011: M.C. GUIDOTTI. Oltre ad essere riprodotta nella settecentesca «Tribuna degli Uffizi», di Johann Zoffany (1733-1810) conservata nella Royal Collection di Windsor Castle, è anche presente in una serie di incisioni curate nella prima metà dell'Ottocento da Giovan Battista Zannoni, allora antiquario del Museo degli Uffizi, che la definisce ipoteticamente Iside. ZANNONI 1817, pp. 167-173, tavv. XLVIII-LI. Vedi Fascino dell’Oriente 2010, pp. 154-155 e fig. (E. ANTETOMASO). 7 PALMA VENETUCCI 2010a, p. 67, vedi supra nota 2.

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confronti anche un «canopo» che si trovava nel Cinquecento in collezione di Angelo Colocci e quindi, acquistato da Gentile Delfini, è rintracciabile in una statua cubo, oggi a Parigi, Museo del Louvre 8. Lo Studiolo di Alfonso d’Este a Ferrara Una mano in bronzo di Iside che si trovava nello studiolo di Alfonso d’Este, è forse una delle mani coperte di vari simboli che ebbero una grande fortuna nel XVII secolo quando si tentò un’interpretazione di questi reperti ritenuti cultuali; alcuni esemplari furono resi noti dall’Album di Cassiano Dal Pozzo, come quelli appartenuti al Cardinale Barberini (fig. 2) e a Giovanni Pietro Bellori9. Anche Athanasius Kircher aveva una mano in bronzo ornata di vari simboli (tartaruga, testa di ariete, lucertola, rana e serpente), che il Bonanni dice essere stata trovata nel corso di lavori agricoli presso Isola Farnese, antica Veio10. Definiti da taluni mani di Iside11 sono invece da ritenere doni votivi offerti a Sabazio, divinità anatolica della vegetazione, il cui culto si diffuse nell’Occidente latino soprattutto nella media età imperiale in assimilazione con Zeus o Dioniso. Tra i simboli che coprono la mano, la testa virile barbata rappresenta lo stesso Sabazio.

8 Inv. 93: ROULLET 1972, pp. 110-111. Per il percorso collezionistico vedi PALMA VENETUCCI 2010b, pp. 173-177. 9 HERKLOTZ 1999, p. 156, fig. 21. Idea del Bello 2000, pp. 512-513, fig. 23 (R.BOSSO); 560, fig. 49 (M.E. MICHELI). 10 PARIS 2001, pp. 328-330, 332. 11 PALMA VENETUCCI 2008, p. 82, nota 100; PALMA VENETUCCI 2010a, p. 54.

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Villa d’Este a Tivoli a) Nilo. Nella Villa d’Este vi era una piccola statua di Nilo12 situata, secondo l’Antiquario Gaetano Cartieri, nel primo appartamento dipinto: «Un piccolo Fiume detto il Nilo con diversi piccoli putti intorno, ma in buona parte rotti, e nel piedestallo vi sono molti geroglifici, cioè l’ipopotamo, la grue, il coccodrillo, il bue, detto il dio Apii [aggiunta in margine di altra mano: “longo palmi incirca tre e largo metà, et antico di buona maniera”] e si valuta scudi 12»13. Si tratta del Niletto di marmo bianco acquistato nell’aprile 1568 da Marcantonio Villamarina, insieme a una testa di Meleagro e a un ritratto di Alessandro Mameo14. Insieme a questa viene menzionata «nella prima stanza» della villa anche una statua moderna del Nilo senza testa, forse lo stesso così descritto sempre dal Cartieri: «Nel teatro. Un dio Fiume di marmo, che non si è potuto considerare, essendo assai dentro annicchiato, e standoli avanti la cascata dell’aqua»15. Nel Settecento, al momento della vendita di numerose sculture di villa d’Este, sotto il pontificato di Benedetto XIV, la statuetta del Nilo fu apprezzata dal Winckelmann, che nel suo trattato sui monumenti antichi porta la scultura ad esempio per l’eccezionale numero di sedici putti analogo a quelli del Nilo del Belvedere16, tanto da raccomandarne l’acquisto al cardinale Alessandro Albani, cosa che questi fece nel 1765 dagli agenti del duca di Modena17.

12 Nella Descrizione della villa compilata dal «Fontaniere» nel 1725 (p. 60), viene menzionato un gruppo di statuette raffiguranti il Nilo, ASHBY 1908, p. 233. 13 STIMA CARTIERI 1752-1753, c. 11r. 14 PALMA VENETUCCI 2010a, pp. 54, 68; ASHBY 1908, pp. 237, 248, nota 1, inv. 1572, 37, 590; VENTURI 1890, pp. 201, 203. 15 Inventario del 1572, ASHBY 1908, pp. 236 (n. 23), 242 (app. A). PALMA

VENETUCCI 2010a, p. 54. 16 WINCKELMANN 1767, v.II, pp. 110-111. 17 Winckelmann oltre al piccolo Nilo scelse un Asclepio (oggi al Louvre), una divinità fluviale giacente (oggi a Villa Albani restaurata come Europa sul

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La statuetta, che fu venduta dal cardinale Albani a Parigi18, ed è oggi al Museo del Louvre, presenta diverse lacune, i puttini sono solo quattordici alcuni dei quali privi delle teste, poggia su un piedistallo dal ricco decoro costituito dagli elementi tipici del paesaggio nilotico: sullo sfondo piante di loto, in primo piano coccodrillo, trampoliere, icneumone, animale sacro agli antichi egizi, e ippopotamo19. (fig. 3) b) Cibele – Artemis Efesia. La villa d’Este era consacrata a Cibele come proverebbe la presenza nel giardino e dentro il palazzo di varie immagini della divinità: all’interno vi erano raffigurazioni sia nell’appartamento del cardinale Luigi (sul perduto fregio della camera distrutta dai bombardamenti del 1945 un’immagine mostruosa di Cibele con le braccia aperte e il seno coperto di mammelle era inserita tra le Virtù)20 che nella stanza della nobiltà (completata dalla scritta «De Rerum Natura», figura insieme alle personificazioni di Immortalità, Opulenza e Onore)21.

toro), un Filosofo seduto (oggi a Monaco), ASHBY 1908, p. 237; PALMA

VENETUCCI 2010a, p. 68. 18 Sulle vicende parigine della collezione Albani cfr. GASPARRI 1982, in particolare per la statuetta del Nilo app.1, p. 402 A184 n. 91; app.2, p. 405 n.38, Inv. Louvre MA 3092. 19 KLEMENTA 1993, pp. 25-29 Kat.A17 (h cm 37, l cm 52, senza numero d'inventario, nella Cour du Sphinx), tav. 15 fig. n. 30. I sedici puttini evidenziati dal Winckelmann sono tutti visibili nell’incisione di Clarac (CLARAC pl.749C, n. 1811B). Il soggetto trova confronti in un Nilo con puttini della collezione Carpi (GASPARRI 2004, p. 56, app.I.3, C77), nel Nilo con putti della Fontana del Nilo a Villa Doria Pamphilj e nel piccolo Nilo in basalto, che reca però due coccodrilli, oggi a Palazzo Doria. (CALZA 1977, nn.107 e 108, pp. 88-90, tav. LXVIII: P. PENSABENE). 20 Cfr. OCCHIPINTI 2009, p. 333 che riprende la descrizione riportata in una schedatura fatta dopo il 1925, vedi anche p. 159 nota 18, mentre per l’appartamento del Cardinale Luigi cfr. p. 152ss. 21 Per la Stanza della Nobiltà cfr. OCCHIPINTI 2009, p. 248 ss. Una statua frammentaria, denominata «Dea della Natura» negli inventari, si trovava anche negli Horti del Cardinale d’Este sul Quirinale: HÜLSEN 1917, pp. 104, n. 56, 113, inv. 1568: «Un torso d’una Dea Natura».

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La più importante che si trovava all’esterno era la statua «moderna» di Cibele – Artemis Efesia che Ligorio aveva fatto eseguire dallo scultore Gillis van den Vliete, artista fiammingo attivo in Italia e meglio noto come Egidio della Riviera22, che venne inserita nel centro della fontana dell’Organo, ed è così descritta da Nicolas Audebert: «La Fontaine de la nature, le hault de laquelle est une teste de femme, sans aulcuns bras, laquelle a le corps tout couvert de grosses mammelles tombantes l’une sur l’aultre, et le rest au lieu de jambes est un pillier quarré qui vient en pointe, et diminuant contre bas»23. Ma nel 1600 Alessandro d’Este dispose alcuni cambiamenti che portarono alla creazione di una fontana di Diana Efesina posta lungo il muro di cinta della villa24. (fig. 4)

22 Con corona turrita e nimbo, leoncini sulle braccia frammentarie, in pietra tiburtina. COFFIN 1960, p. 18 e nota 10 con trascrizione di varie note di pagamento. L'artista nel 1568 realizzò su disegno di Ligorio anche il gruppo della Sibilla Albunea per la fontana di Villa d’Este ispirata alle sculture già presenti nel Belvedere Vaticano. Nella Fontana dell’Ovato, o di Tivoli, o della Sibilla Albunea, la Sibilla era seduta al centro col figlio Melicerte e ai lati due statue distese di divinità fluviali, Erculaneo e Anio, create da Giovanni Malanca nel 1566 (BARISI-FAGIOLO-MADONNA 2003, p. 95 ss). Il 26 maggio del 1566 furono pagati «a m.Giuanni Malanca scultore per il prezzo de tre statue de treuertino a giacere de longhezza de palmi 20 dal piede alla testa che gettano acqua», lavori in travertino e stucco che furono valutati 1000 scudi la coppia. La Sibilla Tyburtina colossale, con il figlio acanto; è di peperino o sia pietra tiburtina, et in più pezzi composta, lavoro mediocre et in stato patita perché sta al scoperto. Può computarsi scudi 300. Due Fiumi, laterali a detta Sibilla, che rapresentano il Laniene e l’Ercolano, colossi di marmo statuario, di bel lavoro nel loro essere; sono composti di più pezzi in qualche parte al[c. 6r]lentati per l’aqua et aria a cui sono esposti. Scudi 1000. Si averte che questi tre colossi sono frangibili e si devono concatenare se si volessero trasportare altrove» (ASHBY 1908, p. 236; COFFIN 1960, pp. 31-32). 23 LIGHTBOWN 1964, p. 184. Nicolas Audebert, giovane scrittore orleanese, tra il 1576 e il 1577 fu di passaggio a Tivoli e, ospite nel Palazzo d’Este, visitò il giardino annotando le varie sculture che vi trovò disposte. OCCHIPINTI 2009 p. 327 e nota 14. 24 BARISI-FAGIOLO-MADONNA 2003, pp.121, 104 ss, fig. p.70. Sull’interpretazione iconografica e sincretistica cfr. CASTELLETTI 2010, pp. 95-99, fig.7 a p. 124.

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La Fontana dell’organo idraulico, con la Diana Efesia e le quattro cariatidi colossali25 era in sintonia con un’altra realizzazione del Ligorio, il Casino di Pio IV in Vaticano, dove è rimasta una statua di Cibele, seduta sul trono, turrita e con tympanon in mano26, e che, insieme a Pudicitia, Fides, Flora e Iuventas (personificazioni delle virtù, raffigurate negli interni sia del Casino che della Villa d’Este), è fra le sculture superstiti dell’originaria sistemazione del Casino voluta dal Ligorio27. Fra esse la virtù più importante era la Pudicitia, la cui raffigurazione, probabilmente riconducibile alla dea Vesta (nel Casino vi erano anche due vergini Vestali28), è riconoscibile nella statua posta nei giardini denominata Zitella29. La statua di Diana Efesia a Villa d’Este oltre agli attributi di Cibele «turrigena» aveva quelli di Diana multimammis ed è infatti così descritta nella stima Cartieri: «Nel giardino alla destra del portone che sta su la strada publica […]. Un colosso d’una dea Cibelle, deità egizia col capo turrito, due animali egizii sopra le

25 I quattro termini, opera di Pirrino del Gagliardo (1568), erano ispirati alle «teste dei Re prigioni che sono nel Palazzo della Valle». BARISI-FAGIOLO-MADONNA 2003, p. 105. 26 La statua, nota da un disegno di Giovanni Antonio Dosio, era stata

comprata per il Boschetto del Belvedere (31 giugno 1561) da Nicolò Longhi, membro della famiglia di architetti e intagliatori di Viggiù, che fu attivo fornitore e restauratore di sculture per vari papi e cardinali, fra cui Pio IV e Ippolito II d’Este, e che collaborò con il Ligorio. MANGIAFESTA 2010, p. 124. 27 Ligorio lo definisce: «fabrica del Lymphaeo in Vaticano, nel boschetto del sacro palazzo apostolico». LIGORIO, Taur. 23, libro XLV, f [227v]; PALMA

VENETUCCI 2005, p. 295. Sull'interpretazione di Cibele come Magna Mater e quindi sulla sua congruità nella decorazione del Casino cfr. da ultimo CASTELLETTI 2010, pp. 109-118: Cibele nel Casino Pio IV in Vaticano. V. anche OCCHIPINTI 2009, pp. 105, 159, 173, 177, 197, 267, 349. 28 «nella fabrica dell'edificio del Boschetto del sacro Palazzo Apostolico, ove sono altre due imagini di simili Vergini Vestali poste alte sopra della facciata di esso edificio». LIGORIO, Neap. 10, f. 98r. 29 La Pudicizia, fu ritratta mutila prima del 1532 nel cortile del Belvedere da Marten van Heemskerck, e lì fu vista da Ulisse Aldrovandi, che annotò: «Una donna assisa vestita, senza testa nè braccia». ALDROVANDI 1556, p. 120; MANGIAFESTA 2010, pp.131-132.

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spalle, due leoncini uno per braccio, con armilla al collo di varii frutti, e nel petto molte mammelle [aggiunta in margine di altra mano: «di diverse grandezze»]. È composta di più pezzi di pietra tiburtina. Gli manca il braccio dritto e la mano sinistra, e generalmente è tutta in malissimo stato. È poco anche stimabile per la sua fattura, onde per il solo riguardo del suo gran masso si stima scudi 200 [aggiunta di altra mano: «Si averte che il moverla è difficile, senza maggior danno e gran spesa»] accanto [c. 5v] Un Giove sedente di mediocre lavoro, moderno e di figura naturale et intiero, ma generalmente danneggiato. Scudi 20. Due statue ideali di marmo e di lavoro ordinario, et in malissimo stato, onde non gli si dà alcun prezzo»30. La statua di Villa d’Este fu creata sul modello di alcune statue note nel Cinquecento denominate anche Syria o Iside, comunque interpretate generalmente come personificazione della Natura primigenia e come dea della fertilità, riunendo in sé la «Magna Mater, Rea, Cibele, Opi, Cerere, Proserpina, Iside e Luna» secondo quel sincretismo religioso con le grandi divinità femminili orientali, espresso dallo stesso Ligorio in molti passi della sua opera31. Il tipo fu molto in voga fra i collezionisti

30 STIMA CARTIERI 1752-1753, c. 4r. OCCHIPINTI 2009, p. 328. A proposito della statua di Giove accanto a Cibele si deve forse supporre un tipo di Giove seduto con i tori come ad esempio si vedeva nel 1500 negli Horti Mattei situato accanto ad una dea seduta con i leoni allora identificata con la dea Syria perché si riteneva che ivi fosse il tempio della dea Syria (PALMA VENETUCCI 2007, pp. 87-108, PALMA VENETUCCI 2008, p. 76 ss.). 31 LIGORIO, Taur. 9, f. 160. Il disegno del Ligorio raffigura una statua femminile seduta in trono, da lui chiamata Iside, corredata di molteplici attributi (il fulmine e il sistro nelle mani, il fuso, il caduceo, il timpano e il tintinnabulo, i leoni ai lati del trono, i boccoli libici, la corona turrita, i raggi solari, la luna, la tiara, le stelle, i simboli zodiacali ed animaletti vari), e dell’iscrizione MATER DEOR(VM) et MATER SYRIAE. Per un’incisione di Menestrier che riprende il disegno del Ligorio vedi Idea del Bello 2000, p. 504, fig. 4b (G. HERES), che rappresenta la dea orientale Syria, madre degli dei, assimilabile a Cibele, fornita di una ricchissima serie di attributi diversi. Alla divinità Bellori dedica una lunga disquisizione, mettendo in luce tutti i punti di contatto con il multiforme mondo mitologico orientale e classico.

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dell’epoca: numerose sono le repliche presenti nelle dimore più importanti (Farnese32, Garimberti, Carpi con corona turrita33, Medici, Lancellotti anch’essa turrita34); i restauratori dell’epoca, con suggestioni tratte anche dall’iconografia presente sulle monete35, per soddisfare il gusto ed il commercio antiquario si misero all’opera, completando pezzi di cui, in molti casi, si conservava solo il torso frammentario, fondendo a volte le peculiarità dei due tipi oggi noti come Artemide Efesia e Afrodite di Afrodisia in un’unica statua36. c) Cibele stante vestita e turrita. Una statua di Cibele iconograficamente diversa si trovava anche sul prospetto del palazzo (come testimonia l’Audebert) descritta dal Del Re una volta trasferita sulla facciata del cosiddetto Cenacolo en pendant con una Pomona37.

Sulla Magna Mater e sulle sue definizioni nell’opera del Ligorio cfr. CASTELLETTI 2010. 32 Anche l’Aldrovandi si soffermò sulla statua in collezione Farnese, ALDROVANDI 1556, p. 152. 33 La statua Carpi che vediamo in un disegno del Boissard è perfettamente integra, ma l’autore del restauro sembra aver contaminato il tipo noto come Artemide di Efeso, con quello oggi ritenuto di Afrodite di Afrodisia, che ha appunto la corona turrita ed il velo. PALMA VENETUCCI 2008, p. 77, fig.4 a; PALMA VENETUCCI 2009, pp. 705-718. 34 BARBANERA-FRECCERO 2008, pp.48, 50, 67 (A. ANGUISSOLA); 85, 88-90, 265-266 Vat.2 (P. LIVERANI). 35 Il tipo di Artemide Efesia era già conosciuto al Ligorio da alcune monete imperiali di Efeso (LIGORIO, Taur. 27, ff. 196 v, 198 v, con la dea affiancata dai cervi), e di Tralles, (LIGORIO, Taur. 27, f. 462 r, ove la dea è accanto a Giove Serapide seduto). Cfr. anche le monete di Sidone in LIGORIO, Taur. 27, ff. 105, 228, 230 sulle quali la dea nuda è unita alla nave ed ai pesci, e denominata anche Astarte o Venere fenicia; in un conio monetale di Gadara, LIGORIO, Taur. 27, f. 164 la «dea Syria» seduta, è affiancata dai leoni, ha ali agli omeri, il calathos e la mezzaluna in testa, e reca nelle mani lo scettro ed il fuso. 36 Vedi supra nota 33. Entrambi i tipi sono disegnati nel Codex Miniatus del mantovano Jacopo Strada (ff. 47, 140), per il quale vedi JANSEN 1991, pp. 59-76. 37 Vedi infra.

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L’anonima Descrittione di Tivoli (ca 1572) testimonia: «57 Due nicchi grandi e due piccoli posti al pié delle scale, nelli grandi sono due statue colosse a giacere, l’una d’huomo, l’altra di donna, che gettan acqua in due belli vasi di marmo, nelli piccioli sono due altre statue minori cioè una Eternità et una Cibele»38. L’inv. del 1572 [c. 378v] descriveva «In capo al viale del palazzo Una statua di dea Pomona intiera di marmo. Una statua di dea Cibele di marmoro integra vestita»39. L’Audebert la vide sotto le rampe di travertino della Loggia dentro una nicchia simmetricamente abbinata con una Eternità e scrisse: «pres de ceste statue y en a une de Cybele femme de Saturne, Coeli et Terrae filia, ou bien apo tou kubou parce que ancienement quelques uns ont estimé que la Terre fust quarrée. Et pour ceste occasion il y a sur la teste de ceste statue, une tour quarrée, et en une main un globe, qui sont deux marques pour signifier la Terre»40. «Tout joignant icelle est une tresbelle statue pour l'excellence des replys, laquelle toutesfoys n’a point de teste» 41. «Au bout de l’allee y a une longue niche en laquelle est une statue, et representation d’un fleuue, estant un homme fort

38 c. 264v, OCCHIPINTI 2009 p. 327 nota 14. 39 Secondo Lightbown si può supporre che la statua di Pomona sia stata trasportata in questa fontana nel 1576 e che fu più tardi trasferita alla loggia sul lato Ovest della Villa en pendant con la Cibele. LIGHTBOWN 1964, p. 179. ASHBY 1908, pp. 238, 246-247, n. 40 (alta m 1.93). 40 LIGHTBOWN 1964, p. 171. Occhipinti riferendosi agli scritti ligoriani ed in particolare al decimo libro, sulle immagini degli antichi dei (LIGORIO, Neap.3, f. 566) cita il passo su Cibele: «Fu detta Cybelle come dice Festo Pompeio, dalla figura geometrica fatta appunto come un quadrato di un dado chiamato cubo che è cosa che moltiplica perché in se raddoppia volendo aumentare la sua forma e questo cubo fu consacrato per demonstrare la fermezza della terra, perché è simile a un dado che sempre iace da un lato e si ferma, gittatelo come volete. Sì che il nome di lei viene da cubo, che si scrive koubo. In la lingua poi phrygiana si dice Cybe». OCCHIPINTI 2009, pp. 327-328, 330, 333. 41 Lightbown dice che la figura senza testa e senza braccia che l'Audebert vide vicino alla Cibele potrebbe essere il «torso di divinità vestita senza testa e senza braccia» che l’inventario del 1572 elenca nel Grotto di Venere, LIGHTBOWN 1964, p.179 nota 46.

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barbu, couché de son long, et appuyé sur la teste d’un gros Taureau qui est pres de luy couché, et a fort grandes cornes: ce qui me faict juger que ce soit Europa que Juppiter changea en bœuf: ce que toutesfoys on nomme la fontaine de Tethys»42. Nel 1611 dalla descrizione di Antonio Del Re si evince che la statua era già stata spostata en pendant con una Pomona sulla facciata del cosiddetto Cenacolo: «Prima che si calino dette scale, che vediamo le altre cose del boscarecio e piano del giardino, si va per detto viale grande verso ponente, e nella fine di esso si trova una loggia coperta, alta assai, che sostiene un’altra loggia balaustrata scoperta, la quale di sopra dissi soprastare al gioco de la palla. Ha questa loggia magnifico principio, segno di volerla stuccare e dorare, e con maestrevol pittura ornarla, così nella volta di sopra, come i muri intorno, et ha dentro quattro nicchie quadre da statue, et è tutta bianca […] omissis […].La parte di questa loggia, che guarda verso il viale, ha nella parete a prospettiva del viale intorno all’entrata della Loggia, in due nicchie arcuate, due statue di marmo, una a mano destra, l’altra alla sinistra. La statua a mano destra è di Cibele alta palmi otto, e due terzi, senza la torretta che tiene in testa. Tiene una piccola torre in testa, bolzacchini ai piedi, ha le vesti lunghe fino al ginocchio, ligate con cinta sotto alle mammelle, con un bastone alla mano destra, a guisa che a’ tempi nostri costumano i tamburini in sonare i tamburi, in atto di sonare un timpano over tamburello, ch’essa tiene sotto al braccio sinistro, sopra un tronco d’albero; simile a quello istrumento che pieno di sonalie costumano in Roma e Tivoli sonar con maestrevole arte le giovanette donzelle»43. Nella loggia sotto al Palazzo, cosiddetta «della Mora», Fabio Croce nel 1664 descrive oltre a «Cibele con torre in testa e

42 Sia l’inventario del 1572 che il Del Re descrivono la fontana contenente una statua femminile sdraiata sulla schiena del toro, Del Re concorda con Audebert nel chiamarla Europa anziché Teti, LIGHTBOWN 1964, pp. 172 nota 24; 179. Cfr. Grotta di Venere, ASHBY 1908, p. 244, n. 20. 43 DEL RE 1611, pp. 33-34; OCCHIPINTI 2009 pp. 333-334 nota 23. V. BARISI-FAGIOLO-MADONNA 2003, p. 103.

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timpano in mano»44 anche un «idolo egizio di nero antico» ovvero la Inache Iside, da Villa Adriana e oggi al Louvre45. La prima statua è la Cibele stante ritenuta provenire da Villa Adriana46, ma che fu acquistata nel 1571 da Antonio Salvi47; passata poi a Villa d’Este a Tivoli quindi a Ince Blundell Hall48. La statua successivamente restaurata, da Ferdinando Lisandroni49, con altri attributi, fu identificata da Filippo Aurelio Visconti, commissario alle antichità di Roma, come la personificazione di una provincia romana, la Bithynia50. (fig. 5)

44 PALMA VENETUCCI 2010a, p. 63 45 CACCIOTTI 2010, pp. 229-231 e fig. 3. 46 FERRUTI 2009, pp. 169-278, in part. p. 276 n. 40, da lui ritenuta proveniente da Villa Adriana, come anche la RAEDER 1983, p. 195 V6. V. testa turrita da Villa Adriana, Cibele? BALDASSARRI 1989, n. 195, pp. 225-226, figg. 232-233. 47 PALMA VENETUCCI 2010a, p. 68 nota 200 (inv. 1572, n.46), VENTURI 1890, p. 205. Il Salvi procurò anche altre antichità agli Este: l’Ercole e Telefo, una lepre, un puttino su anatra, PALMA VENETUCCI 2010a, p. 56. 48 MICHAELIS 1882, n. 42, p. 350. 49 Il Lisandroni, artista romano, aveva lo studio, in comune con Antonio d'Este, a «Sant'Ignazio», dove svolse una intensa attività di restauratore e di commerciante di antichità, molte delle quali furono acquistate dai Musei Vaticani. PIETRANGELI 1988, p. 381 ss. 50 CLARAC pl 768A, 1906A, con testa antica integrata. BLUNDELL, Engravings 1809, p. 12, n. IX.

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Didascalie

Fig. 1 a-b. Firenze, Museo Egizio, Statua cubo di Ptahmose (Incisione

da ZANNONI 1817, tav. XLVIII; Foto Museo). Fig. 2. Mano di Sabazio già Barberini oggi a Londra, British Museum

(Incisione del Tommasini, da HERKLOTZ 1999, fig.21). Fig. 3. Parigi, Museo del Louvre, Statuetta del Nilo (da KLEMENTA

1993, tav. 15 fig. 30). Fig. 4. Tivoli, Villa d'Este, Fontana di Diana Efesina (da BARISI-

FAGIOLO-MADONNA 2003). Fig. 5. Incisione della statua di Bithynia in Collezione Blundell (da

BLUNDELL, Engravings 1809, tav. IX).

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