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Macba, Richard Meier • Architypes n. 1

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Architypes - Rivista di architettura contemporanea frutto del corso di Storia Contemporanea della Facoltà di Architettura dell' Università di Firenze del Prof. Enrico Ciabatti - n. 1 dedicato al Museo di Arte contemporanea di Barcellona opera dell'Arch. Richard Meier

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Il MACBA, Museo di arte contempora-nea di Barcellona, si colloca nel pro-getto di rivatalizzazione che investe la

città di Barcellona precedentemente alle Olimpiadi del 1992.

Nel1986 Richard Meier riceve un incarico diretto dall’Amministrazione comunale di Barcellona - nella figura dell’allora Sin-daco Pasqual Maragall - per la progetta-zione del Museo di Arte Contemporanea della Città.

Viene data all’architetto americano la pos-sibilità di scegliere tra più siti quello che ritiene più consono all’edificazione del museo. La scelta ricade su una zona centrale prossima all’asse de Les Ramblas, il quar-tiere del Ravel in stato di degrado. L’obiet-tivo della politica, reso evidente dalla scelta diretta di Meier è quello di ottenere dall’intervento un valore aggiunto capace di riqualificare l’intero quartiere. Il quartiere è ricco di preesistenze archi-tettoniche già inserite in piani di recupero e adeguamento.

premessa

sopra veduta dall’alto del quariere prima della de-molizione degli edifici esistentisottoveduta della città con l’emer-genza bianca del museo di Meier

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.01 Biografia la vita, le opre la poetica

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bibliografia

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fia.01 Biografia la vita, le opere, la poetica

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bibliografia

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richard Meier nasce a Newark, ad 8 km da Manhattan, nel 1934 da una famiglia ebrea di origine tedesca.

Nel 1957 si laurea alla Cornell University, ad Ithaca, New York.

Ventitreenne, appena laureato, intrapren-derà un viaggio di formazione in Europa, ed in Francia avrà l’occasione di incon-trare personalmente Le Corbusier. Si proporrà come apprendista ma verrà ri-fiutato. Il motivo viene spesso imputato all’avversione di Le Corbusier per gli Stati Uniti, a causa delle resistenze americane i suoi progetti. Nonostante questo rifiuti, Le Corbusier rimarrà una figura molto im-portante per Meier, tutta la sua opera sarà contraddistinta da un linguaggio formale purista rielaborato secondo una propria ed originale interpretazione.

Tra il ‘58 e il ‘63 Meier lavorerà in diversi ed affermati studi di architettura di New York, tra questi Skidmore, Owings and Merrill LLP (SOM) e lo studio di Marcel Breuer. Lo Skidmore, Owings and Merrill LLP (SOM) è lo storico studio fondato a Chi-cago nel 1936 da Lous Skidmore e Natha-niel Owings, al quale si è aggiunto l’inge-gner Merril. Divengono fin da subito uno dei primi studi di architettura mondiali con la specializzazione in edifici commerciali ed amministrativi, assumendo un ruolo leader nella progettazione di grattacieli. Realizzano edifici icone dell’architettura americana come il Lever House a New York, il John Hancock Center e la Sears Tower (1973), entrambi a Chicago, Illinois. Marcel Breuer, invece, è uno dei “grandi maestri immigrati” del Movimento Mo-derno, giunge negli Stati Uniti nel 1937. Ungherese di nascita, studia e lavora alla Bauhaus di Weimar dirigendo il laborato-rio del mobile. Nel 1928 apre un labora-torio con Gropius ed altri a Berlino, dove si dedicherà principalmente al design di mobili in alluminio. Sono suoi alcuni dei pezzi cult del desing moderno, come la sedia modello Wassily, in tubolare di ferro e strisce di tessuto, e la sedia Ceska in tubolare di ferro e schienale impagliato.

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Negli anni di praticantato di Meier, lo stu-dio Breuer lavora ad uno dei maggiori incarichi pubblici internazionali ricevuti, il Quartier Generale dell’UNESCO a Parigi del 1952-58, realizzato in collaborazione con Pier Luigi Nervi e Bernard Zehrfuss.La decisione che porta il giovane Meier nello studio di Marcel Breuer non è ca-suale né priva di conseguenze. Breuer era stato l’architetto scelto dal MOMA per inaugurare, nel 1948, il ciclo di mostre dedicate all’architettura contemporanea. Il programma prevedeva ogni anno la re-alizzazione da parte di un importante ar-chitetto di un prototipo di abitazione che i visitatori avrebbero potuto acquistare e farsi realizzare in qualunque luogo. La casa di Breuer non fu acquistata da nes-suno “padre di famiglia” ma fu una riusci-ta rappresentazione del sogno americano in campo domestico. Nelle prime opere di Meier, in particola-re nella Lambert House, si risente della conoscenza di questo progetto e degli obiettivi posti. Si puo’ dire che com-plessivamente, Meier ha fatto un’opera-zione simmetrica a quella condotta da Breuer. Quest’ultimo, sul tronco esausto dell’avanguardia, è riuscito a far attec-chire stereotipi americani. Meier invece, ha adattato a un prodotto, americano per materiale e tecniche, un linguaggio di avanguardia ripulito da ogni traccia di guasto.In diverse interviste Meier ha giudicato ininfluente sulla sua opera, l’apprendista-to presso Breuer . Riconoscendo invece come pregnanti le influenze dei grandi dell’architettura moderna, da Le Corbu-sier a F. L. Wright, per Alvar Alto e Mies Van Der Rohe, “ma non meno di Bramante, Borromini e Bernini. L’architettura è una tra-dizione, un continum luogo. Che piaccia o no rompere la tradizione, siamo ancora legati a quel passato”.1

Nel 1963 inizia la sua attività autonoma, e si dedicherà, per i primi anni, per lo più ad edilizia di tipo residenziale. Nel 1965 inizia a lavorare a quella che sarà la sua prima opera pubblicata, la Smith House, a Darien, nel Connecticut. L’opera, complessivamente, vive di un contrasto di riferimenti culturali: dal otto-centesco Shingle Style di Newport ai tratti

nella pagina a fianco da sinistra Villa Savoye a Poisse, Le Corbusier, 1928-31

Cappella di Notre Dame du Haut a Ronchamp, Le Corbusier, 1950-1955

Level Center, Chicago, SOM, 1952

in questa pagina da sinistra

John Hancock Center, SOM 1969

Sedia Wassily, Marcel Breuer

Marcel Breuer house, MoMA garden NY, 1949

Quartier generale Unesco, Parigi, Marcel Breuer, Pier Luigi Nervi e Bernard Zehrfuss, 1952-58

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astratti del linguaggio formale dell’Inter-national Style di Villa Stein a Garches di Le Corbusier. Gli elimenti formali lecorbu-sierani che vi si possono riscontrare tutta-via, non sono superiori alle differenze: le vetrare non sono l’elemento essenziale di espressione volumetrica di Garches, ma sono messe in ombra dalla struttura che si protrae verso il paesaggio; il plan libre non è interpretato in quanto tale, ma è più una pianta “aperta” desunta dalle Praierie House; la facciata opaca non è una sotti-le membrana davanti alla struttura ma un telaio tipo Baloon frame. L’elemento volumetrico del caminetto - che ritroveremo in un repertorio ampio di proposte nell’opera di Meier - è trattato come un volume a se stante che ribadisce in facciata il simmetrico ingresso sul retro, ribadendone la frontalità. A Darien, come nelle opere successive, l’organizzazione spaziale è definita dal-la relazione tra aree pubbliche e private, programmaticamente distinte. Qui, il lato privato della casa è quello dell’ingresso, protetto dalla strada e aperto verso il pa-esaggio. Gli ambienti sono organizzati su tre livelli dietro una facciata opaca, men-tre gli spazi pubblici, nella parte poste-riore della casa, si affacciano sull’acqua protetti da un guscio di vetro sorretto da montanti bianchi. Il linguaggio di Meier, pur mantenendo costanti i suoi caratteri principali, non si cristallizza e nella successiva opera inter-preta diversamente il tema delle vetrate: nella Saltzman House, del1967-69, intro-duce le finestre a nastro, abbandonando la dimensione ampia e drammatica della vetrata per una copertura lineare traslu-cida. Come nella Smith House, l’organizzazione interna degli spazi è basata sulla suddivi-sione in ambienti pubblici e privati. Qui le due aree si compenetrano maggiormente, lo spazio pubblico si apre come un imbu-to verso l’alto ad erodere l’integrità della zona privata al secondo livello. La vista dell’oceano si rivela in modo scenogra-fico salendo verso l’alto. Il caminetto di-viene in questo caso un’introversione cu-bista indirizzata verso l’interno. I sistemi di circolazione si sdoppiano, divengono due, uno verticale e l’altro orizzontale. Il primo è costituito da una scala esterna e Villa Stein a Garches di LeCorbusier

Smith House, a Darien, New jersey, 1965

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.9Saltzman House, a East Hampton, 1967-69

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un ponte sospeso che collega la piccola guesthouse alla casa principale, mentre il secondo, serve i livelli superiori e sor-ge diagonalmente rispetto al centro della casa, fungendo da collegamento tra pub-blico e privato. È da riconoscere, in questa come in altre residenze realizzate in seguito, l’influsso degli esercizi di stile sui “nove quadrati” di John Hejduk, al fianco del quale Meier insegnerà dal ‘62 al ‘73 presso la Cooper Union di New York. Tra queste abitazioni anche la Hoffman House, ad East Hampton, New York (1967-1969). La Hoffman House ha spa-zialità complessa e dinamica, racchiusa in una involucro discreto e, a differenza delle case precedenti, non interagisce con il paesaggio, bensì è rivolta verso l’in-terno, verso il privato. La pianta è costitu-ita da due doppi quadrati: uno ortogonale e uno ruotato di 45° relativo all’ingresso. Si generano così due spazi tra loro col-legati, uno di forma rettangolare parallelo alla strada e l’altro disposto in diagonale. La parete verso la strada è opaca, per ga-rantire riservatezza allo spazio vitale del traffico. Ad ovest è disposto il camino, dalla forma indipendente ed estratto dalla volumetria della casa.

In tutti gli edifici residenziali di Meier si re-spira un conflitto latente tra la tendenza alla scultoreità intesa in senso fortemente figurativo e la preoccupazione per il linea-re considerato essenziale. Il massimo della dissonanza tra rettilineo e curvilineo, tra scultoreo ed essenziona-le, si ha nel progetto della Pound Ridge House e nella Smith House, mentre si ri-solve parzialmente nelle successive Dou-glas House e Chappaqua House.

Nel 1967 lavorerà alla conversione dei vecchi Bell Telephon Laboratories del Greenwich Village di Manhattan in allog-gi per artisti (1200 persone in 383 unità abitative), il Westbeth. Il complesso è concepito come un sistema integrato, un luogo per una comunità autosufficiente che avrebbe fornito ai residenti non solo spazi loft in cui vivere e lavorare, ma an-che spazi comuni come galleria, ambienti per teatro, cinema, fotografia, danza e studi. Le caratteristice che colpiscono

destraWestbeth, New York

1967

di fiancoHouse in Old Westbury, Old West-

bury, New York1969

Hoffman House, East Hampton 1967-69

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maggiormente sono la varietà delle solu-zioni delle unità abitative e l’invenzione di una spazialità degli ambienti in comune che precedentemente l’edificio di tipo uti-litaristico non presentava, in particolare la grande hall di ingresso.

L’anno che segna una svolta nella carriera di Meier, l’anno della sua “invenzione cri-tica”2 , è il 1971. Nel 1969, il Museo d’Arte Moderna di New York organizza un seminario di stu-dio denominato Conference of Architects for the Study of the Environment (CASE) e per l’occasione fu approntata una mostra di architettura dei lavori di Richard Meier, Peter Eisenman, Michael Graves, Charles Gwathmey e John Hejduk. Due anni dopo il simposio vede la luce la pubblicazione curata da Kenneth Frampton che presenta i “Five Architects” al pubblico internazio-nale.Secondo Frampton2, i “Five Architects” non sono altro che il proseguimento natu-rale dell’International Style. Per capire questa espressione è necessa-rio aprire una parentesi sulla complessità culturale dello sviluppo architettonico de-gli anni ‘70 in America. Sono anni in cui si sente fortemente l’assenza dei “maestri immigrati” e sostanzialmente due sono le divisioni di tipo accademico che si pon-gono nella riflessione culturale architet-tonica: la prima, segue il neoclassicismo tecnologico di Mies, facendo riferimento al Illinois Institute of Tecnology di Chica-go, la seconda, facente capo alla Gradua-te School of Design di Harvard, segue il razionalismo romantico di Gropius.Da quest’ultima tendenza - seppure con difficoltà nello stabile distinzioni nette, genesi e origine - si possono considerare derivate due correnti: la prima, che fa pro-pria la riscoperta della tradizione e l’affilia-zione all’Europa tenendo come riferimento Harvard e Gropius - e sono qui collocabili i “Five” come ultima generazione - e una seconda corrente, definita da Frampton un’“ibrida sottocultura”, che nasce come “reazione ambivalente alla modernità ar-tistica di Louis Khan ma senza accettarne il formalismo e ricercando il pragmatismo del precedente Shingle Style di Newport, legati alla scuola di Yale e all’University of Pennsylvania”3.

Richard Meier Peter Eisenman

Monumento all’Olocausto, Berlino

Charles Gwathmey

Ampliamento del Solomon R. Guggenheim Museum, New York

Michael Graves

sopra El Gouna Steigenber-ger, 2007 Mar Rosso, Egittosotto Two Worldwide Design Competitions

John Hejduk

Wall House, in Groningen, The Netherland

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I “Five Architects” o “White Architects” o ancora “New York Five”, come vengono chiamati, sono la generazione più giova-ne coinvolta nell’indagine della tradizione, che trova ispirazione nella storia e che la rilegge a proprio modo.I numerosi pareri della critica seguiti alla mostra del 1969 e alla pubblicazione del 1971, più che trovare degli elementi in comune tra gli artisti, evidenziano i tratti divergenti delle produzioni dei “Five”. Meier stesso, in successive interviste, chiarisce che i cinque non sono mai stati un gruppo. Si è trattato esclusivamente di professionisti che avevano già lavo-rato e insegnato insieme, con reciproco rispetto, che hanno avuto l’occasione di incontrarsi e discutere quello che stavano facendo in quel momento. Non c’è mai stata intenzione di creare un movimento.Oggettivamente gli elementi in comune, sono esclusivamente di carattere formale, ad esempio, molte delle opere presentate sono per lo più case private, il trattamen-to dei materiali è molto simile, vi sono an-che affinità di tipo sociali e di status tra i cinque componenti, oppure legami di ambito lavorativo, per lo più tutti a New York o nel New Jersey. Ma oltre a questi pochi tratti comuni, già le prime opere presentate al Moma nel ‘69 evidenziano gli elementi distintivi di quelle che diverranno le personali poeti-che dei singoli “Five”.L’opera di Meier è quella che, negli anni, mantiene maggiormente una continuità nella linea operativa, senza ambiguità e con la capacità di rifarsi ai precedenti illustri, effettuandone dove possibile, un approfondimento. Meier si allinea con la tradizione dei «grandi» senza scelte dog-matiche, con la volontà di ricercare ela-borazioni coerenti che gli consentono di arrivare a esperte invenzioni formali, ac-curate analisi e strutturazioni progettuali.Peter Eisenman, John Hejduk e Michael Graves, percorreranno la strada della ri-cerca teorica, il primo approfondendo il rapporto con il simbolo, gli altri due son-dando più linguaggi espressivi. Gwathmey è considerato un «builder», il meno rigoroso da un punto di vista con-cettuale e più attivo in campo commer-ciale.Sostanzialmente è la critica che consacra

a fianco Ludwig Mies van der Rohe, S.R. Crown Hall College of Architecture at the Illinois Institute of Technology in Chicagosotto a sinistraWalter Gropius, 1950, Har-vard University, Cambridge, MAsotto a destra, Luois Kahn, Yale University Art Gallery, New Haven, Connecticut (1951–1953)

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il successo dei “Five” anche se l’attenzio-ne che vi pone in un primo momento non unanememente positiva. La loro produzio-ne viene giudicata un errore cronologico, una nostalgia, di gusto troppo europeo per l’America e troppo americana per l’Eu-ropa. L’utilizzo di elementi formali quali citazioni puriste dei “grandi maestri” e la loro varietà, si pongono in netto contrasto con la tendenza generale del momento, che vede l’utilizzo di riferimenti a prece-denti storici come un fallimento, come una mancanza di originalità. Saranno proprio questi elementi di contrasto che faranno porre l’attenzione sulla loro opera. Molto è dovuto al contesto culturale americano di quegli anni, il vuoto lasciato dai «gran-di» scatena due tipi di atteggiamento, coloro che vanno colmando l’assenza con il compromesso e coloro che rifiuta-no la strada facile ricercando la soluzione «pura». All’interno di questo panorama complesso, di percorsi deviati e settoria-lizzati, la critica trova nei “Five” fonte di interesse.

Fin dalle prime residenze, la logica proget-tuale delle opere di Meier nasce dall’at-tenzione all’organizzazione spaziale, allo studio distributivo degli ambienti e dei percorsi. Queste osservazioni prendono forma nel progetto e nello spazio median-te la separazione in ambiti privati, semipri-vati e pubblici oltre che nella definizione di sistema di collegamento preciso. I materiali sono elementi fondativi dei suoi progetti. Nelle prime opere vengono scelti per rendere forte il senso di astra-zione e purezza, olltre che per definire funzionalmente spazi e volumi. Caratteri-sta quest’ultima amplificata nella seconda parte della sua produzione. “Il materiale deve esprimere la propria vita, oltre che inserirsi nella maniera giusta nell’in-sieme, (…) inserirsi bene non dipende tan-to dal tipo di materiale o dal colore, quanto invece dalla scala, la scala dei materiali e la loro definizione forse sono più importanti”4 dello specifico materiale. La sua analisi parte quindi da implicazioni di tipo spaziale, di tipo distribuitivo e dalla scelta dei materiali per andare a sommarsi con le considerazioni sui rapporti di scala e generare il programma e la collocazione

sopra, Cornell University, Weill Hall3, 2001-8in alto a destra due immagini, The Ateneum, New Harmony 1975-71

a fianco, High Museum of Art, Atlanta, Georgia, USA 1980

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dell’edificio.Nella sua opera vi sono elementi formali che ritornano in modo straordinariamente costante e mai ripetitivo. Primo fra tutti il distintivo colore bianco, quasi un pattern logo applicato su ogni superficie, ma an-che le colonne d’acciaio indipendenti, le vetrate a filo facciata, gli spazi ritagliati che sottolineano una funzione, l’uso del materiale per distinguere volumi chiusi e aperti.Queste soluzioni formali, nonostante la presenza costante nella sua produzione architettonica, sono capaci di dare all’edi-ficio un carattere unico. Il colore bianco è un elemento importante in questa defini-zione di unicità. Ma la bravura del proget-tista, e la sua capacità di adottare di volta in volta le soluzioni più appropriate, fanno si che non si abbia un unicum astratto, ma un edificio capace di dialogare con il contesto.Sono proprio queste caratteristiche di “unicità”, il fondamento per una delle cri-tiche che più spesso viene rivolta all’ope-ra dei “Five”: il tono elitario e la mancanza di coinvolgimento nella soluzione dei pro-blemi sociali. Tafuri4 scaccia ogni traccia di supposta distanza di Meier da questo tipo di pro-blematica, nell’analisi del Twin Parks Northeast, un insediamento di edilizia popolare realizzato da Meier nel 1969-74, per uno degli enti più progressisti dello Stato di New York, la New York State Ur-ban Development Corporation. È un opera che insinua una presa di di-stanza di Meier dal resto dei “Five”, più legati a una committenza “da collezioni-sti”, l’unica capace di apprezzare l’archi-tettura di tipo “purista”.Nel Twin Parks Northeast adotta il para-digma di “aperto”, lo spazio comune - lo stesso che Le Corbusier adotta nella Cité Radiouse a Marsiglia - con la volontà di proporre una dimensione di spazio con-diviso, sociale, per la gente del quartiere. I portici, eccellenti da un punto di vista estetico, dovevano adempiere a questo ruolo. Purtroppo prevarranno sugli in-tenti progettuali i problemi sociali tipici degli anni ‘70, guerra tra bande, teppi-smo, vandalismo, che ne travolgeranno completamente la funzione assegnata dal progettista.

sopra Museo Ara Pacis, Roma, 1995-2006

di fianco in alto Des Moines Art Center Addition, Des Moines, Iowa 1982-84

sotto e di fianco Twin Parks Northeast, New York 1969/74,

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Meier affronta tematiche di tipo sociale anche nel Bronx Developmental Center, del 1970-76, un centro per l’infanzia han-dicappata, che si pone l’arduo compito di riqualificare un’intera area urbana. È un’opera che segna un momento deter-minante nello sviluppo di alcune delle sue tematiche espressive, un momento di progressione del linguaggio consueto e di ricerca di un vocabolario pronto a mi-surarsi in nuove tematiche di impegno e forte sensibilità.Notevoli le preziosità formali e di circola-zione, le geometrie complesse, mai fini a se stesse, ma collaboranti nell’espressio-ne di esigenze funzionali. Sostanzialmente il Bronx Center è un’opera caratterizzata dal rivestimento della struttura, realizzato con pannelli di metallo, con fogli di lami-nati di alluminio, normalmente utilizzati per edifici industriali. È questo il primo passo verso i pannelli di acciaio smaltato bianco che diverranno la sua “firma” e che brillano per la prima volta nell’Atheneum di New Harmony, in Indiana del 1975.

Il prodotto di Meier è sicuramente “Archi-tettura”, dove l’uso di soluzioni formali e spaziali dimostrano di sapersi adeguare a qualunque programma o funzionalità so-ciale determinando caratteristiche di uni-cità e individualità che rendono inequivo-cabile e gradevole il prodotto architettura.

È consuetudine distinguere, per praticità di analisi, la produzione di Meier in due parti, una prima parte legata all’edilizia di tipo residenziale privato, realizzata per lo più in America a cavallo tra gli anni ‘60/’70, ed una seconda parte, contraddi-stinta da commesse pubbliche, divisa tra la produzione negli Stati Uniti (1975-80) e molte in città europee (dopo 1980 circa). Questo scarto di dimensione, questo pas-saggio dal privato al pubblico, dalla scala architettonica a quella urbana, non cam-bia il linguaggio architettonico dell’autore, ancorato all’origine purista lecorbusierana e ai motivi che ne compongono i tratti fon-damentali. L’architettura è pensata come un insieme di sistemi, e questo gli con-sente di articolare le sue produzioni nelle varie scale, nelle varie committenze e nei vari luoghi mantenendo una forte coeren-

sopra, Museo delle Arti decorative 1979, Francoforte sul Meno, Germania,

sotto, Bronx Developmental Center, 1970-76 Bronx, New York

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za linguistica. La prima grande commessa europea di Meier è il Museo delle Arti decorati-ve di Francoforte sul Meno nella allora Germania Fedarele del 1979. La si può considerare una doppia chiave di volta nella sua produzione, non solo è la prima commessa europea, ma è il primo proget-to in cui ha forti stimoli da un contesto fortemente segnato da presenze di valen-za storica. All’interno dell’area del Museo c’è una villa ottocentesca e un parco che dovrnno essere integrati e valorizzati nel progetto insieme alla valenza paesaggi-stica del’area sul fiume immediatamente prossima al museo. Siamo in un momento storico in cui il campo museografico ex nuovo mancante di precedenti e quindi denso di difficoltà. L’Europa non ha tradizione di nuovi mu-sei, in quanto i grandi presenti sono in sedi monumentali adeguate ad hoc.

Da questo momento ogni sua opera è un vero e proprio progetto urbano. L’attenzione posta al contesto era già stata espressa nelle sue prime residenze sperse nello sterminato paesaggio ame-ricano - il cui apice si ha con la Douglas House del ‘71-’73 - ma nei progetti pub-blici europei questo sguardo attento alla suddivisione tra spazio pubblico e spazio privato della abitazioni, acquista dimen-sioni civili e lo scarto tra i due ambienti assume un carattere urbano.Per questa sua attenzione alla città e al suo tessuto, che, nonostante la sua for-mazione e carriera decisamente ameri-cana, Meier si può definire il più europeo degli architetti statunitensi.

Anche il suo metodo di lavoro è di stampo europeo, punta fin da subito al progetto elaborato con attenzione e pazienza, sti-lato di propria mano e curato nei minimi particolari. Il suo studio rimane un luogo modesto anche dopo la sua crescita pro-fessionale, non arriverà a forme ramificate e complesse fino a diventare una «fabbri-ca di architettura» statunitense.

Il suo ingresso in Europa avviene agli inizi degli anni ‘80, per lo più tramite concorsi aperti, tranne alcune eccezioni dove rice-ve incarichi diretti. Ottiene commesse di sopra, Sala per esposizioni e municipio, Ulm, Germany 1986 - 1993

sotto, Douglas House,1971-73 Harbor Springs, Michigan

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estremo valore in Germania, a Francofor-te e nella regione del Reno, ad Ulm e altri luoghi prestigiosi dell’Olanda, della Fran-cia, della Spagna e dell’Italia. Meier capisce che lavorare nella città europa richiede richiami continui al pre-sistente, piccole aggiunte e non grandi variazioni. La città diventa il protagonista di ogni suo grande progetto europeo, per-chè è solo in relazione al proprio contesto che l’architettura prende forma e acquista spessore. Meier fa propria la lezione che è la stessa città europea a suggerirgli, quel-la che ha fatto la sua stessa ricchezza, di una crescita mediante processi di stratifi-cazione e aggiunte successive che tengo in forte considerazione il preesistente. Egli parte da un attento e distaccato stu-dio del reale che gli fornisce le relazioni per imbastire un dialogo tra costruito e contesto, mendiante un linguaggio fatto di allineamenti, assi, ortogonalità e paral-lelismi, tali da determinare un bagaglio di matrici geometriche che gli permette di tenere il controllo del progetto e svilup-pare un linguaggio formale che evoca il rigore del movimento moderno. Si puo’ azzardare che è la topografia l’ele-mento generatore dell’organizzazione di base della costruzione.

Il rapporto con l’ambiente o la scala urba-na è una problematica centrale nell’opera di Meier e non viene penalizzato a favore di un significato simbolico.

Il Museo di Arte contemporanea di Bar-cellona (MACBA) del 1987, è l’ impegno architettonico che meglio rappresenta la ricerca massima che Meier percorre in termini di inserimento del nuovo edificio nel contesto urbano. L’edificio è integrato con il quartiere, e molti sono gli elementi che innestano questa continuità, primo tra tutti l’invenzione dell’accesso al mu-seo mediante il “paseo”, il passaggio pe-donale posto al centro dell’edicio e dal quale si generano i volumi dell’edificio. La luce diviene nel linguaggio di Meier, e soprattutto nel tema del museo, un ele-mento fondamentale per dominare, ca-librare e controllare. “(…) la luce illumina gli oggetti artistici ed il fruitore che li guarda. Il ruolo dell’architetto è di creare una situa-zione in cui la luce contribuisca a stimolare

Arp Museum, Rolandseck, Germany2002 - 2007

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la comprensione dell’arte, in maniera e scale diverse, tante quante sono le potenzialità che comporta il muoversi all’interno di uno spa-zio fatto di seguenze (…) e guarda verso la città”5.

I progetti parigini – la sede televisiva di Chanal + a Parigi (1988-91) e il progetto per il concorso della Biblioteca di Fran-cia del 1989 - e di Barcellona sono l’apice dell’opera europea di Meier, dove con la sua inesauribile inventiva formale, reutiliz-za i termini del proprio linguaggio, rinno-vandoli e fornendo una nuova esperienza estetica. Tra gli elementi nuovi e reinven-tati potremo dire, ad hoc per l’Europa, le superfici cilindriche e coniche, vetrate continue e i brise-soleil, questi ultimi tan-to ostentatamente non considerati nelle precedenti opere americane.

Nel 1984 riceve, a solo 49 anni, il presti-gioseo Pritzke Prize, divenendo così il più giovane professionista ad essere premia-to.

Il contesto americano è spesso privo di quei caratteri percettivi, visuali ed am-bientali che arricchiscono il tessuto eu-ropeo suggerendogli le generatrici matrici geometriche. Allo stesso tempo si rivela ricco di altri tipi di condizionamenti spes-so altrettanto rigidi com le griglie plani-metriche, le complessità dei regolamenti urbani, le valutazioni economiche dei piani finanziari o i dimensionamenti pre-costituiti dagli immobiliaristi. Meier cerca di liberarsi da tali costrinzioni ricercando un forte significato dell’intorno, rivelando le complessità e i vincoli spesso imposti dal contesto, trasformandoli nella base di partenza della sua progettualità. È questo il caso del progetto per il Getty Center di Los Angeles (1984-97 e ag-giunte successive). Qui il confronto non è con il preesistente ricco di elementi di valore storico artistico, ma è con il suo contrario, il niente. Procede ad un’ope-razione che assomiglia molto alla nuova fondazione di un luogo e si ispira a Villa Adriana e ai pionieri americani. Il Centro per gli studi umanistici e di storia dell’arte infatti si colloca su di un ampia porzione di collina che copre 44 ettari in una po-sizione estremamente panoramica che

sopra e a sinistraGhetty CenterLos Angeles, USA, (1984 - 1997 e aggiunte)

di fianco Canal +, Parigi, Francia, 1988-91, sotto Concorso per la Biblioteca di Francia, Parigi, 1989

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domina Los Angeles.I regolamenti pubblici impongono impo-sizioni molto forti per quanto riguarda le volumentrie degli edifici. Anche in que-sto caso Meier sceglie di farsi guidare dall’orografia del luogo e dagli allinea-menti con l’esistente: la griglia a scac-chiera della città di Los Angeles e la San Diego Freeway. Con questa opera di dimensioni titaniche Meier pone attenzione alle pratiche sosti-nibili relative alla progettazione e alla co-struzione degli edifici. Nel 2005, il Getty Center è diventato la prima struttura del paese ad aver ottenuto la certificazione LEED (Leadership in Energy and Enviro-mental Design), la più importante e rigo-rosa certificazione americana in materia energetica e ambientale. In tutto il sito c’è un attento studio, non solo ai singoli edifici, ma a tutta la com-plessità del paesaggio, che integra i vari complessi mediante terrazze che seguo-no l’orografia del terreno. L’acqua svolge inoltre un ruolo essenziale nell’animare le varie sequenze, con fontane e canali di drenaggio nei giardini del centro tra le due creste prominenti. Adotta vari tipi di rive-stimento, non solo per animare e legare le varie parti del complesso, ma soprat-tutto per rendere esplicite le funzioni che gli ambienti rappresentano. Dal momento che il museo è l’elemento più pubblico, è rivestito in travertino. In ambienti di minor rilievo adotta l’intonaco, la terra e altri ma-teriali tradizionali. Per gli edifici di forma curvilinea adotta pannelli di metallo opa-co, con ampie zone di finestratura, am-plificando così l’effetto di riflessione della luce e il senso di translucenza smateria-lizzata senza necessariamente ricorrere all’effetto lucido. Il metallo opaco si rivela un materiale che, combinato con la pietra e la vegetazione lussureggiante, si pone in armonia con il paesaggio del sud della California.Questa attenzione agli involucri e la sua “ossessione” per il rivestimento delle membrature esterne, quasi dovesse de-finire l’immagine di tutto il volume come una pellicola luminosa, si ritrova in tutte le opere dello studio Meier dagli anni ‘80 in poi. Riferimento culturale inevitabile è con l’opera del maestro dello Jugensdstil

in questa paginaPlanimetria Ghetty CenterLos Angeles, USA (1984 - 1997 e aggiunte)prime due foto nella pagina a sinistraInterni Ghetty Center

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austriaco, l’architetto Otto Wagner, la cui opera è completamente incentrata sulle modalità del rivestimento e relativo anco-raggio.

Questa grande attenzione riservata alle superficie esterne, arriverà, con gli ultimi anni del secolo, a coniugarsi con il dise-gno di forme strutturali tettonicamente espressive. Tre sono le opere rappresen-tative di questa nuova tendenza: gli uffici federali e il tribunale di Phoenix, in Ari-zona, del 1995, la Neugebauer House a Naples, in Florida sempre del 1995 e la Chiesa per l’anno 2000, a Tor tre teste, Roma, anch’essa del 1995.

La Sandra Day O’Connors Courthouse, come viene chiamato il tribunale di Phoe-nix, è in realtà una “verde” tettoia hi-tech, che porta avanti l’attenzione per le prati-che sostenibili del Getty Center. Approccio simile, ma radicalmente di-verso rispetto alla totalità della sua omo-genea opera, anche nel Neugebauer House, che risulta essere una gigantesca loggia sotto la quale è disposto un nucleo estremamente lussuoso di abitazione. In entrambe le opere adotta una struttura d’acciaio a vista per connotare il caratte-re dell’edificio. Nella Chiesa per l’anno 2000 il tetto è realizzato con gusci di calcestruzzo e richiama inevitabilmente la Opera Hou-se dello scandinavo Jorn Utzor. È il suo primo progetto per una chiesa e adotta un linguaggio diverso dal suo repertorio. I segmenti sferici che compongono il tetto sono prodotti dalle traslazioni dello stes-so diametro. Divengono gusci concentri-ci, concatenati formalmente, che irradia-no la loro forma complessa nel paesaggio circostante, il quartire perifierico e popo-lare di Roma, penetrandolo, estendendo il sagrato fin nel cuore delle abitazioni, ma senza perdere la forma conchiusa della chiesa. Vi adopera conci prefabbricati in cemento precompresso, bianchissimi grazie al «Tx Millenium», brevettato ah hoc da Italce-menti. Si tratta di uno speciale cemento armato colorato con polvere di marmo bianco di Carrara unito a particelle di fo-tocatalizzatori al titanio che permettono al cemento di ossidare, in presenza di luce

sopra e a fianco, Uffici federali e tribunale, Phoenix, in Arizona, 1995

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e aria, le sostanze inquinanti organiche e inorganiche presenti nell’atmosfera, mantenendo inalterato nel tempo il colore bianchissimo.

Il bianco è lo strumento che nella poetica di Meier serve, oltre per connotare l’opera di unicità, anche per ottenere una dinami-cità cromatica eccezionale. Ogni cambia-mento della qualità ambientale della luce produce vibrazioni di colori sulle superfici spesso misurate e incise con moduli qua-drati. Si raggiunge molte volte un senso tale di luminosità da tendere alla smate-rializzazione. Le forme si connaturano al paesaggio anche grazie al colore, che ri-esce a mimetizzarsi in tutte le condizioni ambientali.

I luminosi spazi prismatici e circolari di Meier, nonostante siano spesso incasto-nanti in centri urbani, aspirano, con le loro dinamiche forme centrifughe - penetranti l’aria tramite setti murari disposti di taglio o esterni “brise-soleil” - ai paesaggi aperti estesi all’infinito.

L’architettura di Meier è una «architet-tura di ascolto» che dialoga con il con-testo conservandone e amplificandone l’originalità creativa ma proclamandosi apertamente come ragionevole diversità.

Notes

1 Dal testo letto da Meier in occasione del conferimento del Premio Pritzker nel 1984http:--www.pritzkerprize.com-laureates-84-bio.html2 Tafuri, Five Architects N.Y., Roma, Offi-cina 1981 3 Tafuri, op. citata prec.4 Nell’introduzione al testo Gianni Pettena (a cura di), Richard Meier5 Intervista a Meyer in Ferruccio Izzo, Alessandro Gubitosi, Richard Meier, Architetture-Projects 1986-90 Edizione Centro Di

a destra Neugebau-er House a Naples, in

Florida, 1995

a sinistra2001

Bethel Performing Arts

Center

Bethel, New York

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Chiesa per l’anno 2000, Tor Tre Teste, Roma,

2003

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bibliografia

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1961 LambertHouse, FireIsland1963 House,EssexFells, NewJersey1965 SmithHouse,Darien, Connecticut1966 HoffmanHouse, EastHampton,NY1967 SaltzmanHouse, EastHampton,NY1967-70WestbethArtisti HousingNewYork,1969 PoundRidgeHouse,NY1969 HouseinOldWestbury, OldWestbury,NewYork1969-74TwinParksNortheast Housing,TheBronx,NY1970-77BronxDevelopmental Center,TheBronx,NY1971 PrototipiNordAmericadi Olivetti1971 DouglasHouse, Michigan1971-76 MaidmanHouse, LongIsland1972-74ShambergHouse, Chappaqua,NY1975-79TheAtheneum, NewHarmony,Indiana1976 SuburbanHousePrototype,1977-78AyeSimonReading Room,TheGuggenheim Museum,NewYork,1977-79 HouseinPalmBeach, Florida-Aggiunte:19951978-82 CliftyCreekElementary School,Columbus,Indiana1978-81 HartfordSeminary,Hartford, Connecticut1979-85MuseodiArti decorative,Francoforte,1979-83GiovannittiHouse, Pittsburgh1980-83 HighMuseumofArt,Atlanta, GeorgiaUSA1982-84 DesMoinesArtCenter Addition,DesMoines,Iowa1983-99 SiemensHeadquarters Building,Monaco,Germania1984-86 AckerbergHouse,Malibu, California-Aggiunte:1992-941984-89 BridgeportCenter, Bridgeport,Connecticut

.1961-62LambertHouseFire Island, New York

.1967-69SaltzmanHouseEast Hampton, New York

.1969HouseinOldWestburyOld Westbury, New York

.1971DouglasHouseHarbor Springs, Michigan

.1965-67SmithHouseDarien, Connecticut

.1967-70WestbethArtistHousingNew York

.1969-74TwinParksNorthe-astHousing,The Bronx, NY

.1972-74ShambergHouseChappaqua, New York

.1966-67HoffmanHouseEast Hampton, New York

.1969PoundRIdgeHousesolo progettoNew York

.1970-77BronxDevelopmentalCenterThe Bronx, New York

.1975-79TheAtheneumNew Harmony, Indiana

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1984-97TheGettyCenter, LosAngeles,1984-89 GrottaResidence,Harding Township,NewJersey1984-86 WestchesterHouse, WestchesterCounty,NY1985-89SiemensOffice&Research Facilities,Monaco1986-95TheHagueCityHall& CentralLibrary,L’Aja1986 Meier&P.NewYorkOffice,1986-93Salaperesposizionie municipio,Ulm1987-95BarcelonaMuseum ofContemporaryArt,1987-92KNPHeadquarters, Hilversum,Olanda1987 MadisonSquareGarden, CompetitionNewYork1988-92SedeCanal+,Parigi1988 CornellUniversity,Alumni& Ad.CenterIthaca,NewYork1988-95 EspacePitôt,Montpellier,1989-93 WeishauptForum, Schwendi,Germania1989-92 Daimler-BenzCenter,Ulm1989 EdinburghParkMasterPlan1989-96MuseoEtmologico, FrancofortesulMeno1989-93SedeHypoluxBank, Luxembourg1989 Concorsoperla BibliotecadiFrancia, Parigi1990-99 CamdenMedicalCentre, Singapore1990-98 EuregioOfficeBuilding, Basel,Switzerland1991-96 RachofskyHouse,Dallas,1991-95 SwissairNorthAmerican Head.,Melville,NewYork1993-00CortediGiustiziaIslip, NewYork1994 BerlinerVolksbank Head.Competition,Berlino1994 CompaqComputerCenter MasterPlanHouston,Texas1994-95GagosianGallery, BeverlyHills,1994-96 MuseumofTelevision& Radio,BeverlyHills1994-00CortediGiustiziadi Phoenix,Arizona

.1977-78Aye Simon, Sala diletturaGuggenheim Museum, New York

.1980High Museum ofArtAtlanta, Georgia, USA

.1986-95TheHagueCityHall&CentralLibraryL’Aja, Olanda

.1987-92SedeKNP Hilversum, Olanda

.1979-85MuseoperleArtidecorativeFrancoforte, Germania

.1984-86AckerbergHouseMalibù California

.1986-93MunicipioesalaperesposizioniUlm, Germania

.1988-92Canal+Parigi, Francia

.1979-83GiovannittiHousePittsburgh, Pennsylvania

.1984-97TheGettyCenterLos Angeles, California

.1987-95MuseodiArteContemporaneaBarcellona, Spagna

.1989-96MuseoEtmologico Francoforte sul Meno, Germaniasolo progetto

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1995-06MuseoAraPacis, Roma1995-98NeugebauerHouse, Naples,Florida1995 SwissREHead.Competi-tion, Kingston,NewYork1996-03Chiesadell’anno2000, TorTreTeste,Roma1997-03 TanHouse,KualaLumpur, Malaysia1998 BayerAGHeadquarters Leverkusen,Germania1998-02SedeCanon,Tokyo1998-00 FriesenHouse,LosAngeles1998-03International CenterPossibilityThinking,Garden Grove,California1998-01 Peek&Cloppenburg Dep.Store,Düsseldorf,1998-01 RickmersHeadquarters Amburgo1998-05 SanJoseCityHall, SanJose,California1999 CanaryWharf Competition,Londra1999-04 PaintedTurtleCamp, LakeHughes,California1999-02173-176PerryStreet Condominium,NY1999-03 SantaYnezHouse, SantaYnez,California1999-01 SouthernCaliforniaBeach House,SouthernCalifornia1999-06UCLAEli&EdytheBroadArt Center,LosAnge-les 2001 BethelPerfor-mingArts Center,Bethel,NY2001-04BurdaMuseum Baden-Baden2001-08 CornellUniversity,WeillHall, Ithaca,NewYork2001-08ECMCityTower, Prague,Rep.Ceca2001-07 Peek&CloppenburgStore, Mannheim,Germania2001-12 Masterplandell’UniversitàdiBolognaefacoltàdiIngegneria,Italia2001-03 VikingResearchCenter, Starkville,Mississippi2001-04 YaleUniversityHistoryofArt &ArtsLibraryBuilding,New Haven,Connecticut

.1989-93HypoluxbankLuxembourg

.1994-95GagosianGalleyBeverly Hills, California

.1995-98NeugebauerHouseNaples, Florida

.1998-2003InternationalCen-terforPossibilityThinkingGarden Groove, California

.1989ConcorsoBibliotecaNazionalediFranciaParigi, Francia

solo progetto

.1994-2000CortediGiustiziadiPhoenixPhoenix, Arizzona

.1996-2003Chiesadell’anno2000Roma

.1999ConcorsoperCanaryWharfLondra

.1993-00CortediGiustiziadiIslipInslip, New York

.1995-2006MuseoAraPacisRoma

.1998-2002SedeCanonTokyo, Giappone

.1999-02173-176PerryStreetCondominioNew York

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2002-07ArpMuseum, Rolandseck,Germania2002 AveryFisherHall Competition,Lincoln CenterNewYor2002-04 FeldmühleplatzOffice Building,Düsseldorf2002-06MalibuBeachHouse2002-08 RickmersHouse,Amburgo2002-04 SpyglassHillResidence, CoronadelMar,California2002 WorldTradeCenter MemorialSquare Competition,NewYork2003-07JesoloLidoVillage2003-12 MandevillePlace, Philadelphia,Pennsylvania2003-09 OnProspectPark,Brook-lyn, NewYork2003-09 Saint-DenisOfficeBuilding, Saint-Denis,France2003-11 UnitedStatesCourthouse, SanDiego,California2004-11 BeachHouseCondomi-nium, Miami,Florida2004-09 InternationalCoffeePlaza, Amburgo2004- 9900Wilshire,BeverlyHills,2005 EastRiverMasterPlan,NewYork,NewYork2005-09ItalcementiITCLab, Bergamo2005 PlayaGrandeResorts& Artists’ColonyDominican Republic2005 ShenzhenHouses,China2006 FukokuMutualLifeBuilding Competition,Osaka,Japan2006 NewYorkHistorical Society,NewYork2007-10 BodrumHouses,Yalikavak, Turkey2007-11 JesoloLidoCondominium,2007 LuxembourgHouse, Luxembourg2007-10 RothschildTower,TelAviv2007 SoMaNewark MasterPlan,2008-09Beethoven Festspielhaus Competition,Bonn

.2001BethelPerformingArtsCenterBethel, New York

.2002-2007ArpMuseumRolandseck Germany

.2002ConcorsoperWordtradeCenterMemorialSquarNew York

.2006NewYorkHisoricalSocietyNew York

.2001-04MuseoBurdaBaden-Baden, Germania

.2002ConcorsoperlaAveryFisherHallLincoln Center New York

.2003-2007JesoloLidoJesolo

.2007SoMaNewarkMasterPlanNewark, New Jersey

.2001-2008ECMCityTowerPraga, Repubblica Ceca

.2002-2006MalibùBeachHouseMalibù, California

.2005-09LaboratoriItalicementeITCBergamo

.2008-09ConcorsoperlaBeethovenFestspielhauseBoon, Germania

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Plaça dels

Angelese

La prima tappa di un percorso percettivo dell’edificio del MACBA è la Plaça dels Angeles, appositamente creata con l’inte-vento del museo.

Meier sceglie personalmente il sito per collocarvi il Macba nel quartiere del Ra-vel, parte del Barrio Gotico a destra de Les Ramblas, nel recinto esistente tra la seconda e la terza cerchia di mura della città. Sono presenti due importanti edifici mo-numentali, già coinvolti in piani di recupe-ro: • l’antico ospedale gotico di Santa

Croce, attualmente adibito a Biblio-teca Centrale, ex-complesso mona-stico benedettino “dels Angeles”;

• il complesso della “Antica Casa della Carità e della Misericordia” recupe-rato per mano degli architetti cata-lani Pinon e Viaplana già attrezzato a Centro per l’arte contemporanea “CCDC” .

Nel 1985, per quest’area, il Comune di Barcellona definisce il progetto denomi-nato “Dal Liceo al Seminario”, che preve-de, insieme alla demolizione di parti del tessuto urbano composto da strade stret-te e condomini affollati, il recupero degli edifici di maggior pregio e la collocazione in essi di funzione primarie di interesse culturale. Lo scopo era di farli diventare poli accentratori con l’obiettivo di poten-ziare le capacità attrattive del quartiere e di favorirne il recupero. Viene anche pre-vista l’istituzione di una passeggiata pe-donale che colleghi questi centri di attra-zione e consenta una percorrenza veloce del quartiere.

È nell’ambito di questo piano che viene collocato il Macba. La demolizione di edifici residenziali de-gradati risalenti al XVII-XIX secolo crea un ampio spazio aperto davanti all’ex con-vento “des Angeles”, che prende il nome

da sinistraVeduta aerea di Barcellona, al centro il volu-me bianco del MACBA

Il volume del MACBA da una via del quartiere del Ravel, si noti la diversità di ampiezza della strada rispetto alla Plaça Des Angeles

Strada laterale al MACBA

Cortile interna della Casa della Carità

La facciata nord del MACBA di fronte all’edifi-cio della Casa della Carità

Plaça dels Angeles, a sinistra il volume della Biblioteca centrale.

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di Plaça dels Angeles sul quale si colloca il nuovo Museo. Si tratta di uno dei contesti urbani più complessi e ricchi di preesistenze stori-che sui quali Meier abbia mai lavorato. La precedente esperienza del Museo di Francoforte lo ha iniziato al contesto eu-ropeo, il municipio e la sala d’esposizio-ne ad Ulm ha confermato il suo talento, questo edificio ne consacrerà definitiva-mente le sue competenze, tanto da defi-nirlo come il “più europeo degli architetti americani”.

Secondo le modalità progettuali di Meier, le forme che contraddistinguono l’edifi-cio nascono dai rimandi formali, propor-zioni e allineamente, desunti dallo stes-so contesto cittadino. Si crea una sorta di matrice urbana che genera i volumi dell’edificio stesso, modellati sulla base del programma, delle esigenze funzionali e di circolazione.

“Sollevati dalla loro bidimensionalità, i trac-ciati urbani si trasformano nelle architetture meieriane in cellule spaziali di matrice ele-mentare, allineati in sequenze dal sapore fil-mico a scandire la successione di cavità che si fanno leggere una per una nella loro confor-mazione individuale”1

“L’edificio suscita un dialogo tra il tessuto storico urbano e l’arte contemporanea. Il ca-rattere labirintico del luogo si riflette sull’or-ganizzazione dell’edificio soprattutto nell’en-trata principale, che conserva il parallellismo tra il passaggio aperto tra il giardino di scul-ture e la piazza di nuova creazione posta da-vanti al museo. Questa passeggiata si aggiun-gerà alla rete di zone pedonali esisteniti nella città vecchia. La dolce spirale di questa via d’accesso enfatizza il movimento centrifugo della hall cilindrica e crea due nuove facciate interne. Allo stesso modo, le forme geometri-che del museo si relazionano con il contesto urbano, caratterizzato da intersezioni oblique e dalle cupole delle chiese che lo circondano. Davanti alla piazza, la facciata sud dell’edi-ficio mostra una diversificazione delle forme che si armonizzano con la ricca varietà del contesto. (...)”.2

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Il percorso di analisi dell’edificio:.1 Plaça dels Angeles.2 il “paseo”.3 i volumi dell’edificio.4 il portico di ingresso.5 il volume cilindrico.6 la rampa di comunicazione e la vetrata continua con brise-soleil.7 le gallerie espositive.8 il volume irregolare definiti “ameba galleggiante”

La linea continua indica un percorso esterno, la linea trat-teggiata un percorso esterno.

sopradisegno di studio dell’assetto planime-trico dell’edificio nella piazzaa fiancopianta del primo piano dell’edificiosottoschema raffigurante le relazioni for-mali desunte dela contesto e schema delle geometrie

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il “paseo”

Seppure da un punto di vista formale questa opera non si discosti molto dalla produzione meieriana, il suo aspetto non è così radicalmente avulso dal contesto. Infatti essa si innesta nel complesso tes-suto urbano con effetto di mediazione e rigenerazione dell’area, e lo fa mediante una tra le soluzioni più brillanti a livello planimetrico: la collocazione dell’ingres-so sul paseo, un passaggio pedonale che l’architetto crea al centro dell’edificio. Dispone un volume vuoto a tutt’altezza (19mt) che crea l’opportunità di un rapido collegamento tra la piazza antistante e il cortile retrostante, che a sua volta con-nette con la Casa della Caridat. Il paseo è concepito come parte dell’an-tica passeggiata labirintica medievale, la quale si pone l’obiettivo di ricollegare ele-menti del tessuto antico della città. Risolve in modo efficiente la soluzio-ne dell’ingresso che si sarebbe posto in modo indifferente sull’enorme facciata che fronteggia Plaça dels Angeles.

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a sinistravedute del paseo

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I volumi

Dal cortile che connette con la Casa del-la Carità si ha la percezione complessiva dell’edificio (pianta di 120x35 mt) compo-sto sostanzialmente da 3 parti principali:

• un corpo principale, dalla forma ret-tilinea con sviluppo longitudinale, caratterizzato da 4 piani, di cui uno interrato e tre livelli sopra il suolo. Nei tre livelli sopra al suolo si collo-cano le sale espositive e la rampa di collegamento tra i piani.

• un corpo cilindrico centrale, che attraversa tutti i piani e collega il corpo principale con il successivo, che vede l’ingresso e la reception al piano terra e sale espositive ai piani superiori.

• terzo volume che contiene su 7 livelli uffici, ambienti di servizio, bibliote-ca, videoteca, centro di documenta-zione e bookshop.

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sopraplastico

dell’edificio

a destrafacciata nord

ovest e fac-ciata nord

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il portico

La parte est, composta dal corpo princi-pale e dal volume cilindrico, è la più gran-de, si svuluppa in senso longitudinale. È composta da 5 elementi principali che svolgono esplicitamente ruoli diversi, mentre la parte ovest (terzo volume), più ridotta, si sviluppa trasversalmente rispet-to ai corridoi di distribuzione interna.

I cinque elementi della zona est sono:• la rampa esterna con portico di in-

gresso• la torre cilindrica dell’ingresso• le rampe verticali e la vetrata• le sale espositive• il volume sopraelevato in facciata sud

dalla forma di “ameba galleggiante”

Il primo elemento è il piano con portico di ingresso, che conduce i visitatori dal-la piazza, mediante una rampa in granito nero, all’accesso vero e proprio del museo posto sul paseo. Il portico è una composi-zione dalle forme plastiche lecorbusierane che si pone in forte contrasto con il resto dello sviluppo dell’edificio. Questo perchè la sua superficie in cemento armato, forte-mente chiaroscurata, contrasta con la vici-na parete vetrata della facciata sud protet-ta da brise soleil in metallo riflettente.

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sopraplastico

dell’edificioa sinistra

vedute del paseo

a destrafacciata sud

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La torre cilindrica, generata dalla col-locazione del paseo, contiene al piano terra l’ingresso e sale espositive ai livelli superiori. Questa forma “europea” del lin-guaggio meieriano è una galleria verticale che funziona da atrio, una sorta di perno circolare che, con la forza centripeda che la sua forma crea, genera spazi accesso-ri, unificati da una luce naturale che filtra dall’alto in tutti gli ambienti, grazie alle fessure a tutta altezza sul perimetro inter-no del tamburo. Insieme al vuoto del paseo, l’atrio è un primo elemento di comunicazione tra lo spazio interno e quello esterno.In questo spazio si collocano le funzioni di accoglienza e di orientamento per tutto l’edificio . Il bancone della forma morbida e curvilinea accompagna il visitatore al secondo ambiente di filtro.

volume

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a fianco vedute dall’interno del volume cilindrico verso il paseosopra bancone curvilineo e ingressosotto a sinistra interno del volume cilindricosottovolume cilindrico nell’insieme della facciata nord

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Le rampe verticali di comunicazione sono l’elemento generatore della facciata sud. Costituiscono il principale collega-mento tra i tre livelli espositivi dell’edificio, una sorta di promenade architecturale di chiara derivazione lecorbusierana, che porta il visitatore a traguardare da dentro l’edificio la piazza antistante, e viceversa, in un rapporto scambievole tra interno ed esterno. Le rampe, che si snodano at-torno a setti murari, si interpongono alla facciata, mediano verso l’interno la luce che filtra dall’esterno, contribuendo, insie-me ai brise-soleil, a costruire una trama di giochi chiaroscurali nello spazio a tutta altezza. Questo spazio è al contempo sala espositiva ed elemento di distribuzione verso gli altri ambienti. È arricchito da se-dute per godere delle viste sull’esterno e sull’interno del museo. In questa opera ritroviamo molti degli ele-menti del rinnovato linguaggio di Meier per le opere europee, dalla forma cilindri-ca, apparsa già ad Ulm e riproposta nei progetti parigini ma anche e soprattutto la facciata curtain wall e brise-soleil. La facciata sud è completamente vetrata e rivestita di schermi frangisole che hanno anche la funzione di regolare il calore e la ventilazione naturale, oltre ovviamente la luce. Al di sopra corre una fascia piena, rivestita in pannelli metallici smaltati che unifica gli elementi che compongono il

la rampa e la

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sopra e a sinistravedute della rampa di collegamento vertica-le dell’edificioa destra facciata sud con vetrata e brise-soleil

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fronte: il volume “ameba”, la vetrata delle rampe, il portico, il blocco dei servizi.

Le gallerie espositive previste dal pro-gramma meieriano sono di varia forma e dimensioni, per adattarsi al meglio ai con-tenuti del Museo. La Fondazione Macba, istituita dal Go-verno regionale e dall’Amministrazione comunale nel 1988 per gestisce la colle-zione, si pone l’obiettivo di raccogliere e rendere fruibile le opere di artisti catalani posteriori al 1985. Per lo più si tratta di opere non tradizionali, realizzate su vari supporti, da video a performance, ad installazione. Le sale sono atte ad acco-gliere questo genere di prodotti, vario e difforme, e si presentano di varie dimen-sioni disposte sui tre livelli, capaci di ge-nerare piccoli spazi intimi o ampie gallerie inondate di sole.

Analizzando la sezione trasversale pos-siamo osservare la disposizione di 6 piani verticali che fungono da filtro per la luce e che arricchiscono in particolare la zona espositiva.Il primo filtro è la vetrata continua sulla facciata sud, che con i frangisole, con-sente una varietà di luce e panorama. Il secondo filtro è costituito dai setti mu-rari sui quali si attesta la rampa. Il terzo piano corrisponde al perimetro

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le gallerie

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da sinistravedute della rampa di collegamento verticale dell’edificio, secondo livello, veduta verso il lucernario e il ballatoio di sbarco della rampaa sinistra sezione trasversale

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sud delle sale realizzato con muri i cui pe-rimetri sono isolati ad ottenere una ulterio-re diversità e gradualità di luce. Il quarto piano definisce il lato nord delle sale che comunica con le zone delle “cap-pelle”, ed è anch’esso muro isolato peri-metramelmente. Questa zona attinge luce attraverso il pavimento vetrato dei ballatoi dei piani superiori. Il quinto piano è nuovamente un muro isolato su tre lati, segna il limite di ognu-na delle cappelle laterali, permette che il sesto filtro abbia una altezza doppia e che sia bagnato dalla luce zenitale che entra dai lucernari a soffitto. Il sesto piano, è il tamponamento esterno ed è opaco, tagliato orizzontalmente da una finestra longitudinale al di sopra di ogni solaio, ad eccezione del piano terra dove è sostituita completamente da una vetrata che illumina la sala.Questa composizione trasversale com-pone una serie di volumi in successione: l’ingresso della circolazione a triplo spazio alto circa 19 mt con le rampe e i corridoi di distribuzione aperti su di esso; le sale del primo piano di 4,5 mt di altezza circa e quella del secondo piano di 7,2 mt ad altezza libera fino ai lucernari; le cappel-le laterali al primo piano a doppia altezza (11mt) mentre al secondo sono di 5 mt.La generosa ricchezza spaziale è messa in evidenza dalla circolazione, che an-dando nei due sensi, obbliga il visitatore ad un doppio punto di vista, rafforzando l’aspetto di “spettacolo” dell’edificio in se stesso. Gli elementi che sottolineano que-sto carattere spettacolare sono, oltre al già mensionato portico di ingresso e il volume a doppio altezza del paseo, la parete ve-trata della facciata sud e la copertura ve-trata che chiude tutto il complesso. L’idea iniziale dell’architetto americano fu quella di adottare la stessa soluzione utilizata ad Ulm in Germania, di un tetto interamente vetrato. Ma il clima mediterraneo della Cit-tà lo costringe a rivedere il progetto po-nendo una doppia schermatura. L’insieme delle diverse strutture che compongono la copertura vetrata trasforma lo spazio interno in una sinfonia di luce e colori, di chiari e di scuri, di cielo e di materiali bian-

da sinistra sale piano primosopra sale all’ultimo pianosotto dettaglio del pavimento

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ca, candida e riflettente. In quest’opera Meier raggiunge un alto grado di virtuosi-smo nel sondare ogni opportunità di luce naturale che le esigenze museali richie-dono. Attinge alla lezione di Le Corbusier a Ronchamp nel porre le fenditure lumi-nose ai margini della muratura, quasi a creare un effetto sospeso delle partizioni. Tra queste spicca la forma irregolare del-la galleria per eventi speciali disposta nel volume sopraelevato sulla facciata sud dalle forma indefinita tipo “ameba gal-leggiante”. Questa forma, inconsueta nel linguaggio meieriano, viene letta come un tributo ad grande del Movimento Mo-derno, Alvar Aalto. (riferimento frames immagino alla Baker House di Aalto per Massachussetts Institute di Cambrige del 1948)

L’atmosfera che ricorda è quella delle grandi cattedrali gotiche, dove i pila-stri salgono fino a fondersi con la luce che penetra dalle grandi vetrate e dove lo spazio, la forma e il colore cambiano continuamente secondo la luce del gior-no. Installazioni e allestimenti temporanei amplificano le potenzialità cromatiche dell’edificio colorandolo con filtri e fasci di luce che coinvolgo sia l’inteno che la facciata su Plaça dels Angeles.

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da sinistravedute interne della sala espo-sitiva di forma irregolare deno-mintata “ameba galleggiante”sopraesterno

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Il colore bianco, marchio della progetta-zione di Meier, racchiude in se tutte le gra-dazioni dell’arcobaleno ed intensifica con il suo nitore, nel variegato contesto urba-no del Ravel, il potere della forma solida e le capacità di modellazione dello spazio da parte della luce.

Dal punto di vista della costruzione l’edifi-cio si risolve con una struttura in cemento armato. Interessante è la soluzione adot-tata per l’atrio: il setto murario, dall’anda-mento non rettilineao che segue il paseo, è strutturalmente in contrasto con la ma-glia generatrice del progetto. La lama del muro intercetta teatralmente il volume ci-lindrico senza disgregarlo e generando un dinamismo ben controllato dai setti dor-sali dello spazio espositivo e dai setti della rampa di comunicazione.

I materiali adottatti sono quelli presenti in molte delle opere di Meier. L’esterno, nelle parti prismatiche, è rivestito con pannelli di lamiera di ferro smaltati di bianco e per le superfici curvilinee sono state adottate resine di malta simili a stucco, sempre di colore bianco. Anche per i paramenti in-terni il colore predominante è il bianco, le pareti sono rivestite di malta di cemento, ingessati e colorati di bianco, anche i ser-ramenti di alluminio sono laccati di colore bianco. Il pavimento semilucido, in con-trasto con il candore della pareti, è di gra-nito nero sudafricano.Tutto l’edificio è modulato in multipli di 90 cm, consentendo anche il sottomo-dulo di 45 cm. Il modulo coinvolge an-che i rivestimenti e, con non poche diffi-coltà, anche elementi strutturali. “I piani sono divisibili sia in combinazione con la struttura-interasse 120 cm-sia con i pi-lastri intermedi-collocati a 450 cm e 250 cm-rispettivamente in rapporto agli assi della struttuta, Questi rapporti di 720-450 e 450-270 sono in ragione inversa alla re-lazione aurea”.3 Fernando Ramos, l’architetto associato responsabile della realizzazione dell’ope-ra, redige su indicazione di Meier precise descrizioni del progetto e attenti capito-lati che hanno consentito di controllare al

sopra dettagli dei materiali costruttivi per la facciata suda destra in alto due immagini di cantierea destra dettaglio del lucernario che sovrasta il vano scala attiguo alla vetrata

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meglio i costi. Durante i lavori c’è stato un continuo e proficuo scambio con gli indu-striali produttori dei materiali per cercare insieme soluzioni formali ed economiche migliorative nell’ambito dell’idea di pro-getto e sempre all’interno del planning ge-nerale dell’opera. Gli impianti esterni in particolare quel-li dell’aria condizionata, sono disposti in modo da non essere percepiti.

L’edificio del Macba viene per molti para-gonato al precedente illustre del Centro Pompidou di Parigi. L’edificio di Piano e Roger riesce nella riqualificazione e ri-vitalizzazione del quartiere parigino del Marais. Analoga e felice sorte compie l’edificio di Meier, che con la sua purezza di linee si staglia su un aggregato urbano stratificato e complesso come un cristallo luminoso sulla roccia dal quale è generato. È diventato fulcro aggregante di una vita giovanile e vitale, che trova nel pretesto della ampia piazza e della rampa adatta ai rollerblade e skateboard, uno spazio atto all’incontro.

Le critiche maggiori che vengono fatte all’opera dell’architetto americano sono di essere il prodotto della politica, di un impulso di pianificazione che vuole non disinnescare le bombe sociali dei quartieri sovraffollati, ma intende solo allontanarle dal centro storico mediante l’accerchia-mento architettonico.A questo si aggiunge l’accusa di essere un contenitore più illustre del contenuto e di porre nell’ombra collezioni e temporanee in esposizione. È opinione diffusa che sia l’esposizione permanente che quelle tem-poranee non raggiungano livelli elevati.

Notes1 Martin, Jean-Marie. “Meier e Breu-er, L’alievo e il maestro: appunti sulla formazione dell’architetto” Casabella 7152

estratto dal testo redatto dallo stesso Meier posto all’ingresso del MACBA ad uso dei visitatori3 Vila Rodriguez, R. “Il museo di Arte Con-temporanea di Barcellona di Richard Me-ier” Frames n. 57 (Aug.-Sept. 1995)

in tuta la paginaallestimenti cromatici e luminosi che ben si sposano

con il candore dell’edificio

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MONOGRAFIE RIVISTE WEB

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Chiuso per la stampa 7 febbraio 2010Stampato presso Photocity

Sonia Squilloni © 2010

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