23
1 1. INTRODUZIONE 1.1 I mitocondri e la cellula La cellula eucariotica si è differenziata da quella procariotica mediante diverse tappe che si sono susseguite nell’evoluzione. Le principali differenze tra i due tipi cellulari consistono in una maggior quantità di materiale genetico legato a proteine istoniche e non istoniche, un sistema di membrane intracellulari per compartimentalizzare i processi metabolici, la presenza di una doppia membrana che separa il nucleo dal citoplasma, un metabolismo prevalentemente aerobio. Il passaggio dal metabolismo anaerobio a quello aerobio si è avuto in seguito ad una associazione endosimbiontica stabile delle cellule procariotiche con batteri fotosintetici o aerobi che hanno originato i cloroplasti e i mitocondri degli eucarioti moderni. Questo evento si verificò circa 1.5x10 9 anni fa in seguito al sostanziale aumento dell’ossigeno nell’atmosfera che determinò un vantaggio selettivo per gli organismi in grado di sfruttare il metabolismo aerobio, energeticamente più vantaggioso. La cosiddetta teoria endosimbiontica “seriale” è avvalorata dalla presenza all’interno di questi organelli di un genoma proprio, di ribosomi ed enzimi necessari alla sintesi proteica strutturalmente differenti da quelli cellulari ma più simili a quelli batterici. Nonostante queste caratteristiche peculiari tali organuli sono semiautonomi poiché non contengono i geni necessari a codificare tutte le loro proteine per le quali dipendono dal nucleo, probabilmente a causa del trasferimento di geni dal progenitore primitivo all’eucariote ospite nel corso dell’evoluzione. Inoltre a differenza di altre strutture membranose della cellula si riproducono unicamente in seguito a divisione di un mitocondrio preesistente (Margulis, 1992; Fenchel and Finlay, 1994). I mitocondri sono localizzati nel citoplasma delle cellule eucariotiche aerobiche e presentano forma, numero e posizione variabili a seconda delle richieste energetiche di ciascun tipo cellulare o del tessuto. Dal punto di vista strutturale sono delimitati da un sistema di doppie membrane con funzionalità diverse costituito da una membrana esterna ed una membrana interna, che racchiude la matrice, separate tra loro da uno spazio intermembrana. La membrana esterna circonda completamente il mitocondrio e presenta una superficie liscia. Questa membrana è permeabile a tutte le molecole di dimensioni inferiori a 5000 KDa grazie alla presenza di pori aspecifici, formati da una proteina chiamata porina, che le conferiscono scarsa selettività. La membrana interna racchiude il compartimento interno del mitocondrio, che contiene la matrice, e si presenta ripiegata in creste che ne aumentano notevolmente la superficie. Questa membrana è altamente selettiva grazie alla presenza di trasportatori specifici. Inoltre, è sede degli enzimi deputati al trasporto degli elettroni nel processo di fosforilazione ossidativa (OXPHOS) che costituiscono la catena respiratoria. La matrice è una soluzione acquosa molto concentrata a consistenza quasi gelatinosa, che contiene numerosi enzimi ed intermedi metabolici, contenuta nel compartimento interno del mitocondrio. Una caratteristica peculiare dei mitocondri è il comportamento dinamico, infatti, questi organuli possono muoversi all’interno del citoplasma lungo i microtubuli del citoscheletro in seguito a fenomeni di fissione e fusione, principali responsabili della morfologia mitocondriale. Il primo protagonista identificato nel fenomeno della fusione mitocondriale è la GTPasi Fzo1p (fuzzy onions gene 1p) (Hales and Fuller, 1997; Hermann et al., 1998). Negli ultimi anni sono state identificate altre GTPasi necessarie per la fusione: due Mitofusine (Mfn1 e Mfn2), localizzate sulla membrana mitocondriale esterna, e le proteine OPA1, OPA2 e OPA3, mutate nell’atrofia ottica autosomica dominante, patologia caratterizzata dalla degenerazione del nervo ottico (Zhang and Chan, 2007). La fissione è il processo opposto alla fusione e richiede anch’esso l’intervento di GTPasi come le

Malattie Mitocondriali

  • Upload
    eviteo

  • View
    321

  • Download
    8

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Malattie Mitocondriali

1

1. INTRODUZIONE 1.1 I mitocondri e la cellula La cellula eucariotica si è differenziata da quella procariotica mediante diverse tappe che si sono susseguite nell’evoluzione. Le principali differenze tra i due tipi cellulari consistono in una maggior quantità di materiale genetico legato a proteine istoniche e non istoniche, un sistema di membrane intracellulari per compartimentalizzare i processi metabolici, la presenza di una doppia membrana che separa il nucleo dal citoplasma, un metabolismo prevalentemente aerobio. Il passaggio dal metabolismo anaerobio a quello aerobio si è avuto in seguito ad una associazione endosimbiontica stabile delle cellule procariotiche con batteri fotosintetici o aerobi che hanno originato i cloroplasti e i mitocondri degli eucarioti moderni. Questo evento si verificò circa 1.5x109 anni fa in seguito al sostanziale aumento dell’ossigeno nell’atmosfera che determinò un vantaggio selettivo per gli organismi in grado di sfruttare il metabolismo aerobio, energeticamente più vantaggioso. La cosiddetta teoria endosimbiontica “seriale” è avvalorata dalla presenza all’interno di questi organelli di un genoma proprio, di ribosomi ed enzimi necessari alla sintesi proteica strutturalmente differenti da quelli cellulari ma più simili a quelli batterici. Nonostante queste caratteristiche peculiari tali organuli sono semiautonomi poiché non contengono i geni necessari a codificare tutte le loro proteine per le quali dipendono dal nucleo, probabilmente a causa del trasferimento di geni dal progenitore primitivo all’eucariote ospite nel corso dell’evoluzione. Inoltre a differenza di altre strutture membranose della cellula si riproducono unicamente in seguito a divisione di un mitocondrio preesistente (Margulis, 1992; Fenchel and Finlay, 1994). I mitocondri sono localizzati nel citoplasma delle cellule eucariotiche aerobiche e presentano forma, numero e posizione variabili a seconda delle richieste energetiche di ciascun tipo cellulare o del tessuto. Dal punto di vista strutturale sono delimitati da un sistema di doppie membrane con funzionalità diverse costituito da una membrana esterna ed una membrana interna, che racchiude la matrice, separate tra loro da uno spazio intermembrana. La membrana esterna circonda completamente il mitocondrio e presenta una superficie liscia. Questa membrana è permeabile a tutte le molecole di dimensioni inferiori a 5000 KDa grazie alla presenza di pori aspecifici, formati da una proteina chiamata porina, che le conferiscono scarsa selettività. La membrana interna racchiude il compartimento interno del mitocondrio, che contiene la matrice, e si presenta ripiegata in creste che ne aumentano notevolmente la superficie. Questa membrana è altamente selettiva grazie alla presenza di trasportatori specifici. Inoltre, è sede degli enzimi deputati al trasporto degli elettroni nel processo di fosforilazione ossidativa (OXPHOS) che costituiscono la catena respiratoria. La matrice è una soluzione acquosa molto concentrata a consistenza quasi gelatinosa, che contiene numerosi enzimi ed intermedi metabolici, contenuta nel compartimento interno del mitocondrio. Una caratteristica peculiare dei mitocondri è il comportamento dinamico, infatti, questi organuli possono muoversi all’interno del citoplasma lungo i microtubuli del citoscheletro in seguito a fenomeni di fissione e fusione, principali responsabili della morfologia mitocondriale. Il primo protagonista identificato nel fenomeno della fusione mitocondriale è la GTPasi Fzo1p (fuzzy onions gene 1p) (Hales and Fuller, 1997; Hermann et al., 1998). Negli ultimi anni sono state identificate altre GTPasi necessarie per la fusione: due Mitofusine (Mfn1 e Mfn2), localizzate sulla membrana mitocondriale esterna, e le proteine OPA1, OPA2 e OPA3, mutate nell’atrofia ottica autosomica dominante, patologia caratterizzata dalla degenerazione del nervo ottico (Zhang and Chan, 2007). La fissione è il processo opposto alla fusione e richiede anch’esso l’intervento di GTPasi come le

Page 2: Malattie Mitocondriali

2

proteine Dnm1p (dinamin-related protein) (Smirnova et al., 2001) che utilizzano l’idrolisi del GTP per guidare la scissione del mitocondrio (Praefcke and McMahon, 2004; Chan, 2006). 1.2 Funzioni dei mitocondri: la fosforilazione ossidativa I mitocondri presentano un ruolo centrale nel metabolismo cellulare in quanto sono sede di numerosi processi, quali: la biosintesi delle pirimidine, degli amminoacidi, dei fosfolipidi, dell’eme, e di alcune reazioni del ciclo dell’urea; l’ossidazione del piruvato, degli acidi grassi, dello scheletro carbonioso degli amminoacidi e del ciclo di Krebs; la respirazione cellulare. La completa ossidazione dei combustibili metabolici (glicidi e acidi grassi) e il ciclo degli acidi tricarbossilici (TCA) determinano la produzione di energia metabolica sotto forma di molecole di nicotinamide adenin dinucleotide ridotto (NADH) e flavin adenin dinucleotide ridotto (FADH2). I mitocondri, anche definiti “centrali energetiche della cellula”, sono in grado di trasformare questa energia metabolica in energia utilizzabile dalla cellula sotto forma di molecole di adenosina 5'

trifosfato (ATP) mediante il processo di fosforilazione ossidativa. Questo processo si avvale di un sistema di proteine che costituiscono la catena respiratoria, integrato nella membrana mitocondriale interna, che accettano gli elettroni come equivalenti riducenti e li trasportano fino all’ossigeno molecolare riducendolo ad H2O. Il passaggio degli elettroni attraverso i primi quattro complessi respiratori rilascia energia sotto forma di gradiente protonico che viene utilizzato dall’ultimo complesso per sintetizzare ATP (Fig. 1).

Fig.1 Rappresentazione schematica della modalità di sintesi dell’ATP all’interno dei mitocondri. L’ossidazione del glucosio durante la glicolisi e l’ossidazione dell’AcetilCoA, derivante dalla decarbossilazione del piruvato e dall’ossidazione degli acidi grassi, nel TCA producono equivalenti riducenti sotto forma di NADH e FADH2. Tale energia metabolica è utilizzata dai primi quattro complessi della catena respiratoria per pompare protoni nella matrice mitocondriale. L’inversione del flusso protonico viene sfruttata dal Complesso V per sintetizzare ATP.

Page 3: Malattie Mitocondriali

3

La catena respiratoria è costituita da cinque complessi proteici multimerici e da due trasportatori di elettroni: l’ubichinone e il citocromo c. Le subunità di ciascun complesso sono codificate in parte dal genoma mitocondriale ed in parte da quello nucleare, ad esclusione del Complesso II ad esclusiva codifica nucleare (Fig. 2).

Il Complesso I o NADH:ubichinone-ossidoreduttasi è costituito da sette subunità codificate dal genoma mitocondriale (ND1, ND2, ND3, ND4, ND5, ND6, ND4L), almeno trentotto a codifica nucleare, una flavoproteina contenente flavin mononucleotide (FMN), e sei centri ferro-zolfo. Questo complesso utilizza l’NADH per ridurre l’ubichinone (Q) ad ubichinolo (QH2) e sfrutta l’energia ottenuta dalla reazione per pompare protoni nello spazio intermembrana fungendo da pompa protonica. Gli elettroni fluiscono quindi dal NADH ad una flavoproteina e poi ad una serie di centri Fe-S ed infine al Q. I composti amytal (un barbiturico), rotenone (un prodotto vegetale utilizzato come insetticida), e la piericidina A ( un antibiotico) inibiscono il flusso degli elettroni dai centri Fe-S all’ubichinone bloccando l’intero processo della fosforilazione ossidativa. Il complesso II o Succinato deidrogenasi è ancorato al versante interno della membrana mitocondriale interna ed è costituito da almeno quattro subunità nucleari (SDH-A, SDH-B, SDH-C, SDH-D) e due differenti gruppi prostetici (FAD, Fe-S). Questo complesso è un enzima FAD-dipendente e funziona da ponte tra la fosforilazione ossidativa e il TCA trasportando gli elettroni dal succinato, al FAD e poi attraverso i centri Fe-S, all’ubichinone. Il complesso III o Ubichinone:citocromo c-ossidoreduttasi è un dimero costituito da due monomeri identici ciascuno con undici diverse subunità delle quali solo una, l’apocitocromo b (Citb), è codificata dal genoma mitocondriale, inoltre contiene gruppi prostetici quali l’eme e centri Fe-S. Questo complesso accoppia il trasferimento degli elettroni dall’ubichinolo al citocromo, c al

Fig. 2 Subunità mitocondriali nei complessi respiratori. A) I cinque complessi della catena respiratoria. Le subunità colorate sono quelle codificate dal genoma mitocondriale: blu per il Complesso I, verde per il complesso III, rosso per il Complesso IV, giallo per il complesso V. Pi: fosfato inorganico; Cytc: citocromo c; CoQ: coenzima Q. B) Mappa del genoma mitocondriale. I geni per le subunità mitocondriali della catena respiratoria sono rappresentati con una colorazione corrispondente a quella della subunità codificata rappresentata in alto.

B)

A)

Page 4: Malattie Mitocondriali

4

pompaggio di protoni nello spazio intermembrana. Il risultato finale prevede l’ossidazione del QH2 a Q e la riduzione di due molecole di citocromo c, molecola solubile dello spazio intermembrana. Il citocromo c ridotto diffonde, attraverso lo spazio intermembrana, fino al complesso IV che accetta un elettrone a livello di un centro rameico binucleare del complesso. Il complesso IV o citocromo ossidasi è un grosso complesso enzimatico costituito da 13 subunità di cui tre codificate dal genoma mitocondriale (COI, COII, COIII) oltre a gruppi prostetici come l’eme, e centri rameici binucleari costituiti da due ioni rame complessati a gruppi –SH di due residui di cisteina. Gli elettroni fluiscono attraverso i gruppi prostetici del complesso enzimatico fino all’O2 che viene ridotto a due molecole di acqua (2H2O). L’energia derivante dalla reazione red-ox viene sfruttata dal complesso per pompare altri protoni nello spazio intermembrana. La riduzione dell’O2 coinvolge centri red-ox, che trasportano un elettrone per volta, con la conseguente formazione di intermedi ridotti incompleti dell’O2, come il perossido di idrogeno e i radicali liberi ossidrilici. Questi intermedi sono specie molto reattive che possono danneggiare le strutture cellulari causandone l’ossidazione e l'invecchiamento, e normalmente rimangono strettamente legate al complesso fino a completa riduzione. Il Complesso V o ATP sintasi è un grande complesso enzimatico costituito da sedici subunità, di cui due codificate dal genoma mitocondriale, organizzate in due porzioni distinte: Fo e F1. La porzione Fo è una proteina integrale di membrana che conferisce sensibilità all’intero complesso per l'oligomicina, un antibiotico che lega direttamente Fo interferendo con la sintesi di ATP. Questa porzione è costituita da tre subunità: a, b, c, in rapporto rispettivamente 1:2:10-12. La porzione F1, invece, è una proteina periferica di membrana costituita da cinque diverse subunità: α, β, γ, δ, ε, in rapporto 3:3:1:1:1. Da un punto di vista funzionale l’intero complesso enzimatico sfrutta l’energia derivante dal gradiente protonico, generato dai primi quattro complessi della catena respiratoria, per sintetizzare ATP. In particolare Fo costituisce il canale protonico, mentre F1 possiede l’attività sintasica presentando, a livello di ciascuna subunità β, un sito catalitico per la sintesi dell’ATP. La sintesi di ATP può essere spiegata secondo il modello chemiosmotico proposto da Peter Mitchell secondo il quale l’energia elettrochimica, contenuta nella differenza di concentrazione protonica e nella separazione di carica attraverso la membrana mitocondriale interna, consente la sintesi di atp, quando il flusso protonico inverte la sua direzione e i protoni ritornano nella matrice attraverso un canale protonico associato all’ATP sintasi (Wilson et al., 1976). 1.3 Genetica mitocondriale La genetica mitocondriale si differenzia da quella mendeliana per alcuni aspetti fondamentali: ü Il mtDNA è trasmesso per via materna (trasmissione matrilineare) poiché i mitocondri derivano

solo dagli oociti (Giles et al., 1980). L’eventualità di una ereditarietà paterna è un evento estremamente raro. Nella maggior parte dei casi, infatti, il gamete maschile non contribuisce al genotipo mitocondriale dello zigote, probabilmente perché i mitocondri, contenuti nel colletto dello spermatozoo, vengono eliminati nel citoplasma dell’oocita per un processo di ubiquitinazione e successiva proteolisi (Schwartz and Vissing, 2002; Sutovsky et al, 2004). I rari casi di trasmissione paterna potrebbero dipendere da particolari mutazioni che consentono al mtDNA paterno di sfuggire ai processi di eliminazione selettiva consentendone la replicazione (Schapira et al., 2006).

ü Mentre i geni nucleari sono rappresentati unicamente da due alleli, uno di origine materna e uno di origine paterna, il mtDNA è presente in molteplici copie all’interno di ciascun mitocondrio all’interno della cellula, condizione definita poliploidia. Quando la cellula si divide, i mitocondri

Page 5: Malattie Mitocondriali

5

con le relative copie multiple del genoma mitocondriale, si distribuiscono in modo casuale tra le cellule figlie.

ü In un tessuto normale tutte le copie di mtDNA sono identiche (omoplasmia). Una mutazione, intesa come variazione neutra o patogenetica, può colpire una molecola di mtDNA che replicandosi produce nuove molecole mutate all’interno dei mitocondri di una cellula o di un tessuto, generando una situazione di eteroplasmia: coesistenza di una popolazione di molecole wild type e mutata (Chinnery et al., 2000).

ü L'accumulo di molecole con mutazioni patogenetiche oltre un valore soglia, variabile da tessuto a tessuto, è causa di manifestazioni patologiche (effetto soglia).

ü La segregazione mitotica in una cellula eteroplasmica, origina cellule figlie con proporzioni diverse di mitocondri e genomi mitocondriali. L'espressione fenotipica di una mutazione patogenetica può quindi variare nel tempo (durante lo sviluppo o durante la vita) e nello spazio (tra cellule e tessuti) a seguito dei processi casuali di segregazione mitotica. Inoltre si possono verificare processi di selezione attiva, in cui certe cellule possono eliminare o concentrare una popolazione di molecole di mtDNA mutanti (DiMauro, 2005).

1.4 Il genoma mitocondriale A differenza di altri organuli cellulari i mitocondri possiedono un genoma proprio la cui presenza può essere spiegata come un relitto evolutivo, in accordo con la teoria endosimbiontica degli organelli. Mediamente una cellula somatica umana contiene un numero di mitocondri variabile compreso tra 1000 e 1500 e ciascun mitocondrio contiene circa 5-10 molecole di DNA mitocondriale. Il genoma mitocondriale umano presenta una struttura circolare a doppio filamento, costituita da una sequenza di 16569 bp, pubblicata per la prima volta per intero nel 1981 (Anderson et al., 1981). I due filamenti della molecola possono essere distinti in base alla differente densità di galleggiamento in gradiente denaturante di cloruro di cesio. Questa differenza è legata alla composizione in basi delle due eliche: una più ricca in guanina (G) e citosina (C), l’altra più ricca in adenina (A) e timidina (T) rispettivamente indicate come filamento pesante o filamento H dall’inglese “Heavy strand” e filamento leggero o filamento L dall’inglese “Light strand”. La maggior parte dell’informazione genetica è contenuta nel filamento H che codifica per dodici polipeptidi, due rRNA (12S e 16S), e quattordici tRNA. Il filamento L codifica unicamente per: un singolo polipeptide e otto tRNA. Le tredici proteine codificate dal genoma mitocondriale sono subunità della catena respiratoria, ed in particolare sette subunità del complesso I (ND1, ND2, ND3, ND4, ND4L, ND6), il citocromo b, tre subunità del complesso IV (COXI, COXII, COXIII) e due subunità dell’ATP sintasi (A6 e A8) (Attardi & Schatz, 1988) (Fig. 3).

Page 6: Malattie Mitocondriali

6

Gli elementi regolatori, invece, sono localizzati nelle uniche due regioni non codificanti del mtDNA. Il più importante si estende per circa 1 Kb ed è definito displacement-loop (D-loop). Questo contiene l’origine di replicazione del filamento H (OH ), i promotori della trascrizione di entrambi i filamenti (HSP: Heavy Strand Promoter; LSP: Light Strand Promoter), delle sequenze conservate conosciute come CSBs (Conserved Sequenze Blocks) e TASs (Termination-Associated Sequences) (Fig. 3), e una struttura secondaria simile ai tRNA che probabilmente ha un ruolo nella replicazione del mtDNA (Shadel & Clayton, 1997). La seconda regione non codificante contiene l’origine di replicazione del filamento L (OL) e si estende per circa trenta nucleotidi a 2/3 della molecola rispetto al D-loop. L’informazione genica si presenta compatta, infatti, i geni sono privi delle sequenze introniche e le regioni codificanti sono sovrapposte (ATPase6-COIII e ND4-ND4L) (Montoya et al., 1981) o intercalate dai geni per tRNA. La struttura secondaria dei tRNA costituisce una sorta di punteggiatura nell’informazione genetica contenuta nel mtDNA. Il taglio endonucleolitico (Ojala et al., 1981). All’interno della matrice le molecole di mtDNA sono associate in strutture simili al nucleoide batterico, composte da diverse molecole di mtDNA e proteine, associati alla membrana mitocondriale interna. Queste proteine comprendono il fattore di trascrizione del DNA mitocondriale (mtTFA: mitochondrial Transcription Factor A), una proteina che lega il DNA a

regioni non codificanti

TRASCRITTO HSP

TRASCRITTO LSP

mRNA

tRNA

rRNA

mRNA

tRNA

Fig. 3 Mappa del mtDNA umano e delle regioni regolatorie associate. Il mtDNA umano è una molecola circolare a doppio filamento di 16569 bp che codifica per 13 polipeptidi, 2 mRNA e 22tRNA. I polipeptidi codificati sono tutti subunità dei complessi della catena respiratoria: ND1, ND2, ND3, ND4, ND4L, ND5, ND6 (NADH deidrogenasi); Cytb (citocromo b); COI, COII, COIII (citocromo c ossidasi); ATP6 (ATPasi 6); ATP8 (ATPasi 8). I 22 tRNA sono rappresentati con la lettera dell’aminoacido corrispondente. I due mRNA sono trascritti a partire dal promotore LSP (Light Strand Promoter) o all’interno del promotore HSP (Heavy Strand Promoter) da due siti alternativi: H1 e H2. I siti di origine della replicazione dei filamenti H e L sono rispettivamente indicati come OH e OL. In alto un ingrandimento della regione regolatoria nel D-loop. Le tre sequenze conservate CSB I, II, e III sono localizzate a valle del promotore LSP. Le sequenze associate alla terminazione (TASs) sono probabilmente i maggiori siti di regolazione della replicazione del mtDNA.

Page 7: Malattie Mitocondriali

7

singola elica (mtSSB: Single-Strand DNA Binding), l’elicasi mitocondriale (Twinkle) più altre proteine ad oggi non ancora chiaramente identificate. La distribuzione dei nucleoidi, durante gli eventi di fusione e fissione e nella citochinesi, è importante per la segregazione del genoma mitocondriale nelle cellule eteroplasmiche che presentano una miscela di molecole di mtDNA wild type e mutate (Wang & Bogenhagen, 2006). 1.4.1 La replicazione del DNA mitocondriale La sintesi del mtDNA avviene all’interno della matrice mitocondriale, indipendentemente dalla fase del ciclo cellulare e dalla replicazione del DNA nucleare (nDNA) (Bogenhagen & Clayton 1977). Il meccanismo molecolare non è ancora del tutto chiaro, ma ad oggi sono stati proposti due differenti modelli (Fig. 4).

Il primo modello (Clayton, 1982) si basa su immagini ottenute per microscopia elettronica che evidenziano intermedi di sintesi del mtDNA a singola elica in cellule in coltura. Secondo tale modello la trascrizione a partire dall'elemento LSP, oltre ad essere necessaria per l'espressione genica, produce un primer-precursore necessario per l'inizio della replicazione. Questo precursore rimane ibridizzato con una regione del mtDNA situata a valle dell’OH che contiene le sequenze CSB formando una struttura stabile a R-loop. Il processamento del precursore a livello delle regioni CSBs 1,2 e 3 genera un primer maturo che innesca la sintesi del filamento H, a partire dall’OH, in senso orario. In seguito all’inizio della replicazione si possono verificare due diversi eventi: la sintesi del filamento H si arresta in prossimità delle sequenze TAS creando una struttura a tripla elica in prossimità del D-loop, evento più comune; o, in un minor numero di casi, la replicazione oltrepassa queste sequenze e prosegue per tutta la lunghezza del genoma. Il meccanismo che stabilisce il procedere o meno dell'elongazione è ancora sconosciuto. Il filamento nascente durante l’elongazione separa i filamenti della molecola madre fino a raggiungere l’OL dalla quale prende

Fig. 4 Modelli per la replicazione del mtDNA. A sinistra, il modello asincrono proposto da Clayton e colaboratori nel 1982. L’elongazione del filamento H nascente determina la separazione dei filamenti parentali e l’esposizione dell’origine del filamento L la cui sintesi procede in senso opposto. Al completamento della sintesi della strand H si generano una molecola figlia completa ed un intermedio di sintesi ancora incompleto. A destra, il modello di replicazione sincrono proposto da Holt e collaboratori nel 2000. La replicazione del mtDNA può avvenire anche mediante una modalità sincrona. Entrambi i filamenti sono sintetizzati bidirezionalmente in maniera sincrona, da origini alternative situate a valle dell’origine del filamento pesante, seguita dall’arresto della forca di replicazione in prossimità dell’OH.

Page 8: Malattie Mitocondriali

8

inizio la sintesi del filamento L in direzione antioraria. Questa regione assume una conformazione stabile a stem-loop, simile a quella dei tRNA, quando viene esposta come singola elica. L'inizio della replicazione del filamento L richiede l'intervento di una specifica primasi in grado di generare corti primer a RNA con il 5' situato su una regione ricca di T del loop nella struttura secondaria dell'OL (Hixson et al., 1986). Quando la sintesi del filamento H viene completata, si generano una molecola figlia completa ed una ancora incompleta, un intermedio di sintesi a singola elica. Questo tipo di replicazione è detta bidirezionale e asincrona con sintesi di entrambe le eliche a partire da siti distinti fisicamente e temporalmente (Wong & Clayton, 1985). Più recentemente, alla luce di nuovi dati ottenuti mediante elettroforesi su gel di agarosio bidimensionale (2D-AGE), Holt e collaboratori hanno proposto un nuovo modello per la replicazione del mtDNA (Holt, Lorimer & Jacobs et al., 2000). Secondo tale modello la sintesi dei nuovi filamenti avviene mediante due modalità distinte e dipende dalle condizioni cellulari. La prima modalità prevede la sintesi bidirezionale di entrambi i filamenti in modo sincrono, a partire da origini alternative situate a valle dell’origine del filamento pesante, seguita dall’arresto della forca di replicazione in prossimità dell’OH. La seconda modalità prevede un inizio unidirezionale della sintesi in accordo con il modello di Clayton, con una sostanziale differenza: l'incorporazione di ribonucleotidi su entrambe le eliche, che vengono degradati successivamente in modo poco efficiente. Infatti, quando il mtDNA non è in fase replicativa si riscontrano su entrambi i filamenti delle sequenze ribonucleotidiche meno estese. Secondo tale modalità gli intermedi di replicazione a singola elica sarebbero artefatti della procedura di purificazione del mtDNA e deriverebbero dalla preferenziale degradazione dell’elica L da parte dell’RNasi H, contaminante nel mtDNA purificato, dovuta ad un alto grado di ribosostituzione in questo filamento. Queste due modalità opererebbero nell’uomo sotto differenti condizioni cellulari a seconda se il numero di copie del mtDNA debba essere modulato o mantenuto (Yasukawa et al., 2006). Indipendentemente dal modello di replicazione del mtDNA, il macchinario replicativo o replisoma necessario per la sintesi di nuove molecole di mtDNA è stato ben caratterizzato. Il replisoma minimo è costituito da due enzimi chiave per la sintesi del DNA: una polimerasi mitocondriale o polimerasi γ (POLG) ed una elicasi (Twinkle) (Korhonen et al., 2004) (Fig. 5).

La POLG è un eterotrimero costituito nell’uomo da una subunità catalitica di 140 KDa e due subunità accessorie di 55 KDa. La subunità catalitica è codificata dal gene POLG1 sul cromosoma 15q24 e possiede un’attività polimerasica, nel dominio C-terminale, e un’attività 3'-5' esonucleasica, nel dominio N-terminale. La subunità accessoria è codificata dal gene POLG2 sul cromosoma 17q ed è un dimero in grado di legare il mtDNA conferendo maggior processività all’enzima e incrementando l’affinità dell’eterotrimero per il DNA templato (Graziewicz et al., 2006). L’elicasi “Twinkle” è una proteina di 77 KDa responsabile dello svolgimento ATP-dipendente del mtDNA a doppia elica, in direzione 5'- 3', durante la replicazione (Wanrooij et al.,

Fig. 5 Il replisoma minimo. Il replisoma minimo è costituito dalla polimerasi γ mitocondriale e dall’elicasi “Twinkle”. Le proteine mtSSB stabilizano lo svolgimento dell’elica aumentando la processività della POLG.

Page 9: Malattie Mitocondriali

9

2007). In vitro Twinkle forma degli esameri che interagiscono con la POLG formando il replisoma minimo in grado di utilizzare il mtDNA a doppia elica come stampo per la sintesi di molecole di mtDNA a singola elica. Twinkle è stata anche descritta in associazione con la struttura nucleoproteica che costituisce il nucleoide all’interno dei mitocondri, costituita da diverse proteine associate al mtDNA, probabilmente coinvolta nel mantenimento e nell’espressione del mtDNA. Il gene codificante per l’elicasi mitocondriale è stato identificato originariamente in seguito alla ricerca di open reading frames (ORFs) nella regione cromosomica 10q24, già associata da un’analisi di linkage a mutazioni nella adPEO, che ha evidenziato la presenza nell’uomo di un gene codificante per una proteina simile alla primasi/elicasi del fago T7. In seguito ad un evento di splicing alternativo il gene Twinkle origina tre diverse isoforme: Twinkle, Twinky e una forma tronca che viene subito degradata. L’elicasi Twinkle è prodotta dal trascritto più lungo, mentre la proteina Twinky, a funzione ancora sconosciuta, è originata da un trascritto più corto in seguito alla perdita del sito donatore per lo splicing a valle dell’esone 4 e all’inserzione di 43 bp dell’introne compreso tra l’esone 4 e 5 (Spelbrink et al., 2001). Altri fattori coinvolti nella replicazione del mtDNA sono: le topoisomerasi I e II rispettivamente coinvolte nell’eliminazione e nell’introduzione di superavvolgimenti nel mtDNA; una DNA primasi coinvolta nell’inizio della replicazione dell’elica L; una DNA ligasi; la proteina mtSSB che forma dei tetrametri in soluzione interagendo con il DNA a singola elica, per stabilizzare gli intermedi di replicazione, e con l’elicasi Twinkle, mediante un’interazione diretta proteina-proteina, incrementando l’attività e la fedeltà della POLG (Falkenberg et al., 2007). 1.4.2 Sistemi di riparo Il DNA mitocondriale, a differenza di quello nucleare, non è protetto da proteine istoniche ma è associato alla membrana mitocondriale interna, sito di produzione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS). Entrambi questi fattori rendono il mtDNA più prono al danno rispetto alla sua controparte nucleare. Oltre al danno ossidativo il mtDNA può subire danni per ionizzazione, irradiazione ultravioletta, ed esposizione a composti chimici e antivirali (Kang & Hamasaki, 2005). Dato l’enorme numero di cicli di replicazione a cui va incontro il genoma mitocondriale è assolutamente necessario evitare l’accumulo di mutazioni puntiformi e delezioni (Bogenhagen et al., 2001). Il maggior meccanismo di riparo del mtDNA nei mitocondri è il Riparo per Escissione di Basi (BER), mediato dall’azione simultanea di una Uracile DNA Glicosilasi (UDG), in grado di riconoscere e rimuovere una base danneggiata o inappropriata, e di un’endonucleasi apurinica/apirimidinica (AP endonucleasi). L’UDG agisce tagliando il legame N-glicosidico tra la base e lo zucchero, mentre l’AP endonucleasi catalizza il taglio del fosfato al 5' del sito AP. Esperimenti in vitro hanno dimostrato che la POLG agisce dopo l’azione dell’uracil-DNA glicosilasi e dell’AP endonucleasi incorporando un singolo nucleotide in presenza del 2-deossiribosio-5-fosfato 5' terminale (dRP), successivamente rimosso da un’attività liasica. L’intervento di riparo è completato da una ligasi che salda le estremità libere del DNA (Friedberg et al., 1995). Gli enzimi deputati al riparo isolati dai mitocondri includono diversi tipi di DNA glicosilasi danno-specifico, l’AP endonucleasi, la DNA ligasi III (Fig. 6).

Page 10: Malattie Mitocondriali

10

Le DNA glicosilasi, quali l’UDG e una specifica 8-idrossi-guanosina DNA glicosilasi/AP liasi (OGG1), sono codificate dallo stesso gene nucleare ed espresse come isoforme diverse nucleari e mitocondriali (Slupphaug et al., 1993; Nishioka et al., 1999; Graziewicz et al., 2006). 1.4.3 La trascrizione del DNA mitocondriale La trascrizione del mtDNA presenta caratteristiche diverse da quella del nDNA e si avvicina maggiormente a quella degli operoni batterici. Il mtDNA contiene un promotore per la trascrizione di ciascuna delle due eliche, localizzati nella maggior regione non codificante corrispondente al D-loop: l’HSP e l’LSP. La trascrizione a partire dai promotori procede con la sintesi di un precursore policistronico che comprende tutta l’informazione genetica codificata in ogni filamento. In particolare, la trascrizione a partire dal promotore HSP può iniziare da due siti specifici: H1 e H2. Il sito H1 è localizzato 16 bp a valle del gene per il tRNAPhe e produce un breve trascritto che termina all’estremità 3′ del gene per l’rRNA 16S. Il sito H2, invece, è situato accanto all’estremità 5′ del gene per l’rRNA 12S e produce un lungo trascritto policistronico corrispondente all’intero filamento H di mtDNA. La trascrizione a partire dall’LSP produce un trascritto policistronico che inizia 150 bp a valle del sito H1 e comprende tutti i geni codificati da questo filamento (Ojala et al., 1981). All’interno della matrice mitocondriale questi trascritti subiscono un processamento a carico di RNasi, tra le quali l’RNasi P responsabile dei tagli all’estremità 5′. La sintesi di questi trascritti è mediata da una RNA polimerasi mitocondriale diretta da DNA (POLRMT). Il gene nucleare per la POLRMT produce una proteina di circa 140 KDa che presenta alla sua estremità N-terminale una ripetizione di 35 aminoacidi (PPR: pentatricopeptide repeat) in grado di legare l’RNA (Rodeheffer and al., 2001). La POLRMT per l'inizio della trascrizione richiede la presenza del fattore di trascrizione mitocondriale A (mtTFA) e di uno dei due fattori di

Fig. 6 Meccanismo di riparo del mtDNA per escissione di basi (BER). La base danneggiata è eliminata per azione di una specifica glicosilasi. L’AP endonucleasi catalizza il taglio del fosfato al 5' del sito AP. La POLG agisce dopo l’azione della glicosilasi e della AP endonucleasi incorporando un singolo nucleotide in presenza del 2-deossiribosio-5-fosfato 5' terminale (dRP), successivamente rimosso da una attività liasica. L’intervento di riparo è completato da una ligasi che salda le estremità libere del DNA

Page 11: Malattie Mitocondriali

11

trascrizione mitocondriali B (mtTFB1 e mtTFB2). Ciascuno dei due fattori mtTFB può formare un complesso eterodimerico con la POLRMT, direttamente regolato dai livelli di mtTFA (Falkenberg et al., 2002) (Fig. 7).

La mtTFA presenta due domini (HMG: High Mobility Group), ripetuti in tandem, separati da una regione linker di 24 aminoacidi seguita da una coda C-terminale, essenziale per il riconoscimento specifico del DNA e per l’attivazione della trascrizione (Fisher et al., 1992). Probabilmente l’assemblaggio della macchina replicativa avviene grazie ad un iniziale svolgimento della regione promotrice, a carico del mtTFA, seguita dal reclutamento dell’eterodimero mtTFB-POLRMT per interazione diretta tra il fattore mtTFA e mtTFB (Dairaghi et al., 1995). La trascrizione è regolata dall’intervento di altre proteine che agiscono da fattori di terminazione. La terminazione del breve trascritto che si origina dal promotore H1 dipende dal fattore di terminazione della trascrizione mitocondriale (mtTERF), una proteina di 39 KDa, che lega specificamente una regione di 28 bp all’estremità 3′ del gene per il tRNALeu(UUR). La terminazione per il trascritto che si origina dal sito H2 è stata identificata a monte del gene per il tRNAPhe ed è mediata dal legame di due proteine di 45 e 70 KDa non ancora completamente identificate (Camasamudram et al., 2003). La terminazione della trascrizione del filamento L non è ancora stata studiata in dettaglio. Recenti studi bioinformatici hanno portato all’individuazione di tre nuovi geni che codificano per proteine omologhe a mtTERF (mtTERF 1, 2, 3, 4) mediante ricerca di similarità e indagini filogenetiche (Linder et al., 2005). MtTERF1 (il primo fattore individuato) e mtTERF 2 sembrano essere gli unici fattori presenti nei vertebrati. La localizzazione mitocondriale di mtTERF2 è stata confermata e studi di espressione genica hanno evidenziato un elevata espressione nel cuore, nel muscolo scheletrico e nel fegato, profilo tipico per una proteina a localizzazione mitocondriale (Chen et al., 2005). MtTERF 3 e 4 sono presenti solo negli anellidi e negli insetti.

Fig. 7 Regolazione della trascrizione del mtDNA. L’RNA polimerasi mitocondriale diretta da DNA (POLRMT) è responsabile della sintesi di trascritti policistronici a partire dai promotori HSP e LSP. L'inizio della trascrizione richiede la presenza del fattore di trascrizione mitocondriale A (mtTFA) e di uno dei due fattori di trascrizione mitocondriali B (mtTFB1 e mtTFB2). Probabilmente l’assemblaggio della macchina replicativa avviene grazie ad un iniziale svolgimento della regione promotrice, a carico del mtTFA, seguita dal reclutamento dell’eterodimero mtTFB-POLRMT per interazione diretta tra il fattore mtTFA e mtTFB.

Page 12: Malattie Mitocondriali

12

1.4.4 La traduzione del DNA mitocondriale La sintesi proteica all’interno dei mitocondri avviene sui ribosomi mitocondriali, differenti da quelli cellulari e strutturalmente più simili ai ribosomi batterici. Questo processo richiede: i ventidue tRNA codificati dal genoma mitocondriale, un pool di aminoacidi e di aminoacil-tRNA sintetasi, più vari fattori di inizio e allungamento. Come nei batteri la traduzione nei mitocondri inizia con il fMet-tRNA (Attardi, 1985). La traduzione degli mRNA avviene mediante l’appaiamento della tripletta dell’anticodone del tRNA con quella del codone del mRNA. L’appaiamento è antiparallelo perciò la prima base del codone si appaia con l’ultima base dell’anticodone. Nei mitocondri l’appaiamento della prima base del codone con l’ultima dell’anticodone avviene in modo tutt’altro che stringente, condizione definita ipervacillamento. Questa situazione è dovuta, secondo l’ipotesi di Crick, alla capacità delle basi in ultima posizione di riconoscere basi differenti da quelle canoniche. Il codice genetico mitocondriale si discosta da quello universale per una serie di variazioni, interpretabili come una semplificazione del genoma: ü UGA non è un codone di terminazione ma codifica per il triptofano; ü AUA codifica per la metionina invece che per l’isoleucina; ü AGA e AGG sono triplette di terminazione piuttosto che codoni per l’arginina; ü AUU codifica per l'isoleucina durante l'elongazione ma può anche fungere da codone di inizio

per la traduzione. Anche gli mRNA, tRNA e rRNA mitocondriali presentano delle caratteristiche peculiari. Gli mRNA mancano delle sequenze 5' e 3' UTR non codificanti o talvolta possono presentare una brevissima regione non tradotta al 5' (1-3 nt) che precede il codone di inizio; contengono una coda di poli-A di circa 55 residui che completa il codone di stop; a differenza dei procarioti e degli eucarioti sono privi del CAP all’estremità 5' e delle sequenze di riconoscimento che ne facilitano il legame ai ribosomi. L’assenza di siti di riconoscimento per i ribosomi potrebbe essere il motivo della bassa efficienza traduzionale e della abbondanza di mRNA mitocondriali necessaria ad assicurare dei sufficienti livelli traduzionali (Montoya et al., 1981). Gli rRNA sono più piccoli di quelli citoplasmatici, sono metilati e contengono una breve coda di poli-A (1-10 residui) (Dubin et al.,1982). I tRNA sono più piccoli (59-79 nt) di quelli citoplasmatici, mancano delle posizioni nucleotidiche costanti e presentano una dimensione del DHU-loop molto variabile o assente come nel caso del tRNASer (De Bruujn et al., 1980). I tRNA mitocondriali assumono la tipica struttura a trifoglio la cui stabilizzazione richiede un minor numero di interazioni terziarie rispetto a quelli nucleari. La sola caratteristica generale dei tRNA conservata è la struttura dell’anticodone e la presenza del –CCA, non codificato ma aggiunto post-trascrizionalmente (Arcari & Brownlee, 1980). Nella maggior parte dei casi le sequenze dei tRNA hanno anche delle funzioni addizionali partecipando alla terminazione della trascrizione, all’inizio della replicazione del filamento L e al processamento del trascritto policistronico (Fernàndez-Silva et al., 2003). Mutazioni nei geni che codificano per i tRNA e rRNA mitocondriali si ripercuotono sulla traduzione (Jacobs, 2003). La traduzione necessita anche di due fattori nucleari quali la proteina ribosomale mitocondriale 16S (MRPS16) (Miller et al., 2004) e il fattore di elongazione G1 (EFG1) (Coenen et al., 2004). 1.4.5 Import di proteine nei mitocondri La maggior parte delle proteine mitocondriali sono codificate dal genoma nucleare, sintetizzate su ribosomi citoplasmatici come preproteine e successivamente importate nei mitocondri (Fig. 8).

Page 13: Malattie Mitocondriali

13

Il direzionamento delle preproteine ai mitocondri è condizionato dalla presenza di un segnale interno sul N-terminale nella struttura primaria della proteina. Tutte le proteine mitocondriali interagiscono inizialmente con un complesso multimerico sulla membrana mitocondriale esterna (TOM: Translocase of the Outer Membrane) tramite le subunità TOM 20 e TOM 22 per essere traslocate attraverso un canale formato dalla subunità TOM 40. All’interno dello spazio intermembrana le proteine traslocate prendono contatti con altri complessi proteici localizzati sulla membrana mitocondriale interna (TIM: Translocase of the Inner Membrane). Le preproteine con un segnale N-terminale di indirizzamento alla matrice sono dirette verso il complesso TIM 23, mentre quelle destinate alla membrana interna sono dirette al complesso TIM 22, mediante interazione con le piccole proteine Tim. L’inserzione o la traslocazione nella membrana interna dipende dal potenziale di membrana. La maggior parte delle proteine direzionate verso la matrice sono private del peptide segnale per azione dalla peptidasi MPP (mitochondrial processing peptidase) e successivamente coadiuvate ad assumere la struttura tridimensionale da una serie di proteine della matrice che fungono da chaperones (Stojanovski et al., 2003; MacKenzie & Payne, 2007). 1.5 Patologie mitocondriali I difetti del metabolismo mitocondriale si manifestano in un ampio spettro di patologie umane. Una classificazione generale, su basi genetiche, distingue due grandi gruppi: ü patologie dovute a mutazioni del mtDNA; ü patologie dovute a mutazioni in geni nucleari codificanti proteine coinvolte nel metabolismo

mitocondriale. Queste mutazioni si riflettono sulla funzionalità della OXPHOS provocando un deficit nei tessuti maggiormente dipendenti dal metabolismo aerobio come il sistema nervoso centrale (SNC), il muscolo scheletrico e cardiaco, l’occhio, il fegato, il pancreas e il sistema uditivo. L’incapacità del mitocondrio di sopperire alle richiese energetiche della cellula non è l’unica conseguenza delle disfunzioni della OXPHOS. Esperimenti condotti su cellule con alta capacità

Fig. 8 Import di proteine nei mitocondri Il direzionamento delle proteine nei mitocondri è condizionato dalla presenza di un peptide segnale riconosciuto da un complesso multimerico della membrana mitocondriale esterna (TOM), tramite le subunità TOM 20 e TOM 22. La traslocazione avviene attraverso un canale formato dalla subunità TOM 40. Le preproteine da indirizzare alla matrice sono dirette verso il complesso TIM 23, mentre quelle destinate alla membrana interna sono dirette al complesso TIM 22, per interazione con le piccole proteine Tim. L’inserzione o la traslocazione nella membrana interna dipende dal potenziale di membrana. Gran parte delle proteine direzionate alla matrice vengono private del peptide segnale dalla peptidasi MPP (mitochondrial processing peptidase) e successivamente coadiuvate ad assumere la struttura tridimensionale da proteine della matrice che fungono da chaperones.

Page 14: Malattie Mitocondriali

14

proliferativa hanno dimostrato che l’aumento della produzione di ATP tramite il processo glicolitico è in grado di mantenere le reazioni ATP dipendenti all’interno dei mitocondri. A questo scopo il carrier dei nucleotidi adenilici della membrana mitocondriale interna, che normalmente scambia l’ADP citoplasmatico con l’ATP prodotto nel mitocondrio, funzionerebbe in senso opposto. Inoltre l’ATP prodotta dal sistema OXPHOS potrebbe essere necessaria solo in specifici contesti cellulari o fisiologici come ad esempio nel muscolo scheletrico sottoposto ad attività prolungata. Le disfunzioni della OXPHOS possono anche interferire con la regolazione dell’omeostasi del calcio (Brini et al., 1999). Il gradiente protonico della membrana mitocondriale interna, oltre a consentire la sintesi di ATP, fornisce l’energia necessaria all’import e all’export di metaboliti e di ioni inorganici quali: il fosfato, il sodio, il potassio e il calcio. Il calcio è un importante secondo messaggero della cellula e normalmente la sua concentrazione intracellulare è strettamente regolata intorno a 100 nM. I mitocondri giocano un ruolo centrale nell’omeostasi del calcio sequestrando questo ione in seguito ad aumenti transitori della sua concentrazione intracellulare (Nicholls, 2005). La fosforilazione ossidativa consente anche il mantenimento dell’equilibrio acido-base della cellula e del rapporto tra substrati ridotti e ossidati. Disfunzioni del sistema determinano l’aumento dello stato di riduzione della cellula che si ripercuote sull’equilibrio tra piruvato e lattato, controllato da una deidrogenasi NADH dipendente. A livello sistemico questa situazione determina un aumento di intermedi del ciclo degli acidi tricarbossilici ed in particolare di piruvato preferenzialmente trasformato in acido lattico che si accumula nel sangue, nelle urine e nel liquido cerebrospinale (Munnich et al., 1992). Disfunzioni della OXPHOS possono sensibilizzare la cellula all’apoptosi o indurre direttamente questo processo. Durante il processo apoptotico uno dei carrier del sistema OXPHOS, il cytc, viene rilasciato dallo spazio intermembrana al citosol. L’apoptosi è influenzata anche da altri segnali mitocondriali quali: lo stato del gradiente protonico, la produzione di ROS, le anormalità nell’omeostasi del calcio, le anormalità dei processi di fusione e fissione e di distribuzione degli organelli, e i livelli di ATP (Smeitink et al., 2006; Zeviani and Carelli, 2007).

Page 15: Malattie Mitocondriali

15

Dal punto di vista epidemiologico studi recenti hanno confermato che le malattie mitocondriali, a lungo considerate di puro interesse accademico, sono tra i più comuni disordini genetici. Infatti, studi condotti su bambini e adulti sulle mutazioni del nDNA e del mtDNA hanno evidenziato che la prevalenza minima delle malattie mitocondriali può essere stimata in almeno 1:5000 individui (Schaefer et al., 2004). Studi precedenti indicavano che 1:8000 individui al di sotto di 65 anni corre il rischio di sviluppare una patologia mitocondriale. In ogni caso i dati epidemiologici sono probabilmente una sottostima della situazione reale a causa della variabilità fenotipica di queste patologie, motivo di difficoltà per il clinico nel diagnosticare tali patologie (Mc Farland et al., 2002). 1.5.1 Mitocondriopatie causate da difetti del DNA nucleare Le mutazioni nei geni nucleari codificanti per proteine che svolgono la propria funzione nei mitocondri, circa 1500 (Calvo et al., 2006), sono causa di patologie mitocondriali ad ereditarietà mendeliana (Tab. 1). Tab. 1 Disordini del sistema OXPHOS associati a mutazioni nel nDNA

Geni per subunità di proteine della catena respiratora

Fenotipo Trasmissione

NDUFS1 Sindrome di Leigh, deficienza del complesso I ar NDUFS2 Cardiomiopatia-Encefalomiopatia ar NDUFS4 Sindrome Leigh-like ar NDUFS7 Sindrome di Leigh ar NDUFS8 Sindrome di Leigh ar

Complesso I

NDUFV1 Sindrome di Leigh, leucodistrofia, mioclono ar SDHA Sindrome di Leigh ar SDHB Paraganglioma cervicale ar/sporadica SDHC Paraganglioma ereditario ar Complesso II

SDHD Paraganglioma ereditario ar

Complesso III UQCRB Delezione in omozigosi, ipoKaliemia e acidosi lattica ar

Geni per l'assemblaggio dei complessi respiratori

SURF1 Sindrome di Leigh con fibre COX- ar

SCO1 Epatopatia e coma chetoacidotico con fibre COX- ar

SCO2 Cardiomiopatia infantile con fibre COX- ar

COX10 Leucodistrofia e tubulopatia renale con fibre COX- ar

COX15 Cardiomiopatia ipertrofica ar

BCS1L Encefalopatia da deficit del Complesso III, insufficienza epatica, tubulopatia epatica ar

LRPPRC (mRNA binding protein) Sindrome di Leigh con fibre COX- ar

ATP12 Encefalopatia da deficit del Complesso V ar Geni che controllano

la stabilità del mtDNA

POLG1, ANT1, Twinkle

Delezioni multiple del mtDNA, PEO, debolezza muscolare, atassia, depressione,

ipogonadismo,perdita dell’udito, neuropatia periferica

adPEO

TP

Delezioni multiple/deplezioni del mtDNA, oftalmoparesi, neuropatia periferica,

leucoencefalopatia, sintomi gastrointestinali con dismobilità intestinale

MNGIE ad/ar

TK2 Miopatia congenita fatale infantile con o senza sindrome renale di DeToni-Fanconi

DGUOK Epatopatia fatale infantile con insufficienza epatica

SUCLA2 Delezioni multiple, encefalomiopatia POLG Delezioni multiple, epatopatia, encefalopatia

MDS

Page 16: Malattie Mitocondriali

16

Queste mutazioni possono influenzare direttamente o indirettamente la funzionalità della catena respiratoria e possono essere distinte in tre gruppi principali: ü mutazioni in geni che codificano per le subunità strutturali dei complessi della catena

respiratoria; ü mutazioni in geni che codificano per proteine ausiliarie, indispensabili per l’assemblaggio e la

formazione delle subunità della catena respiratoria; ü mutazioni in geni che controllano la stabilità e l’abbondanza del mtDNA (alterazioni nella

comunicazione intergenomica).

1.5.1.1 Mutazioni in geni per le subunità della catena respiratoria Mutazioni in geni nucleari per la subunità dei complessi respiratori sono state riscontrate nei complessi I, II e III, ad oggi non sono state identificate mutazioni a carico dei geni per le subunità nucleari dei complessi VI e V. Il complesso I è costituito da sette subunità mitocondriali ed almeno trentotto nucleari. Mutazioni in questi geni determinano prevalentemente disordini neurologici progressivi con acidosi lattica, e più spesso Sindrome di Leigh complicata occasionalmente da cardiomiopatia o coinvolgimento multisistemico (Morris et al., 1996). Tuttavia in molti casi non sono state identificate mutazioni nei geni strutturali suggerendo il coinvolgimento di un fattore di assemblaggio sconosciuto o di altri prodotti genici indispensabili per la stabilità di questo complesso (Janssen et al., 2006). Il complesso II è l'unico complesso della catena respiratoria ad esclusiva codifica nucleare. Questo è costituito da quattro subunità proteiche codificate dai geni SDH-A, -B, -C, -D. Mutazioni in SDH-A, subunità maggiore del complesso, sono causa di Sindrome di Leigh o di malattie neurodegenerative ad insorgenza tardiva (Bougeron et al., 1995). Mutazioni in SDH-B, SDH-C e SDH-D sono responsabili della maggior parte dei casi di paraganglioma familiare e di una parte importante di casi di tumori non-familiari. In particolare l'inattivazione del gene SDH-D induce la stimolazione dell'angiogenesi necessaria per lo sviluppo del tumore (Gimenez-Roqueplo et al., 2001). Infine, la prima mutazione identificata nel gene nucleare UQCRB, per la subunità QP-C del complesso III, è stata identificata in un neonato con episodi ipoglicemici e acidosi lattica (Haut et al., 2003). 1.5.1.2 Mutazioni in geni per l'assemblaggio dei complessi respiratori Questo gruppo di disordini comprende: i difetti dei geni che codificano per fattori di assemblaggio per l’NADH:ubichinone ossidoreduttasi (Complesso I), l' ubichinolo-citocromo c ossido reduttasi (Complesso III), la COX (Complesso IV), e per l'ATP sintasi (Complesso V). L’unica mutazione identificata a carico di un fattore necessario per l’assemblaggio del complesso I, colpisce il gene nucleare B17.2L codificante per una proteina che interviene tardivamente nell’assemblaggio del complesso respiratorio. Tale mutazione è stata identificata in un paziente con encefalopatia ad insorgenza precoce e deficit del complesso I (Ogilvie et al., 2005). I fattori di assemblaggio per il complesso III comprendono il prodotto del gene BCS1L, una proteina della membrana mitocondriale interna. Mutazioni nel gene BCS1L sono stati associati a casi di deficienza del complesso III associata con sindrome da ritardo della crescita, aminoaciduria, colestasi, sovraccarico di ferro, lattoacidosi e morte prematura (GRACILE) (Visapaa et al., 2002).

Page 17: Malattie Mitocondriali

17

Le mutazioni a carico dei fattori di assemblaggio per il complesso IV fino ad ora identificate coinvolgono i geni: SURF1, SCO1, SCO2, COX10, e COX15. Mutazioni del gene SURF1, relativamente molto frequenti, sono la causa della maggior parte dei casi di Sindrome di Leigh dovuta a deficit di attività della COX, per accumulo di intermediari di assemblaggio e diminuzione di complessi assemblati (Tiranti et al., 1999). Mutazioni in altri geni responsabili dell'assemblaggio sono più rari e riportati solo in alcune famiglie o in singoli casi. I geni SCO1 e SCO2 codificano per una proteina responsabile dell'introduzione del Cu nell'oloenzima COX. Le mutazioni in SCO2 sono più frequenti di quelle in SCO1 e si manifestano clinicamente con una cardio-encefalo-miopatia fatale a sviluppo precoce con deficit della COX, ma sono state riportate anche delle varianti simili alla atrofia muscolare spinale a sviluppo precoce. Studi nel lievito hanno dimostrato che la somministrazione di Cu può ristabilire l'attività normale della COX (Salviati et al., 2002). Il prodotto del gene COX10 è responsabile, invece, della maturazione del gruppo prostetico dell'enzima, mentre COX15 è coinvolto nella sua sintesi. Recentemente è stata identificata una mutazione in quest'ultimo gene in un paziente con cardiomiopatia ipertrofica infantile fatale (Antonicka et al., 2002) ma mutazioni in questo gene possono causare anche la Sindrome di Leigh. Per quanto concerne l'ATP sintasi, una mutazione nel gene ATP12 per il fattore mitocondriale di assemblaggio di questo complesso è stata identificata in un paziente con acidosi lattica, caratteristiche dismorfiche e encefalopatia rapidamente progressiva. (De Merleir et al., 2004). 1.5.1.3 Mutazioni in geni che controllano la stabilità del mtDNA Le mitocondriopatie causate dai difetti di comunicazione intergenomica sono dei disordini a trasmissione mendeliana in cui le mutazioni in geni nucleari causano alterazioni qualitative (delezioni multiple) e quantitative (deplezioni). L'Oftalmoplegia Esterna Progressiva autosomica dominante (adPEO) è una patologia mendeliana ad insorgenza tardiva (18-40 anni) caratterizzata dall'accumulo di delezioni multiple del mtDNA nei tessuti del paziente, in particolar modo nel tessuto muscolare. Tipiche rappresentazioni della adPEO sono: debolezza muscolare progressiva che interessa principalmente la muscolatura estrinseca dell'occhio; ma in alcune famiglie sono stati descritti anche altri sintomi come: atassia, depressione, ipogonadismo, perdita dell'udito, neuropatia periferica (Servidei et al., 1991; Hirano et al., 2001). La maggior parte dei pazienti PEO è portatore di una mutazione eterozigote in uno dei seguenti geni: ANT1, che codifica per l'isoforma muscolo-cuore specifica del traslocatore dei nucleotidi adenilici (Kaukonen et al., 2000); Twinkle, che codifica per l'elicasi mitocondriale (Spelbrink et al., 2001); e POLG, che codifica per la subunità catalitica della polimerasi γ (Van Goethem et al., 2001). Mutazioni nei geni POLG1, POLG2 e Twinkle sono state riscontrate anche in casi di PEO autosomica recessiva (Graziewicz MA, et al., 2006; Hakonen et al., 2007). L'istochimica di sezioni di tessuto muscolare evidenzia, in questi pazienti, delle caratteristiche Ragged Red Fibers (RRF) e una diminuzione dell'attività enzimatica dei complessi della catena respiratoria. Un'altra patologia associata a questo gruppo di disordini è l'Encefalomiopatia Neuro-Gastro-Intestinale Mitocondriale (MNGIE) ad esordio giovanile, caratterizzata da delezioni multiple, deplezioni parziali del mtDNA nel muscolo e dalla presenza di mitocondri anormali all'analisi istologica in sezioni di tessuto muscolare (Hirano et al., 1994). La MNGIE è causata da mutazioni a carico del gene per la timidina fosforilasi (TP), il cui prodotto è responsabile del controllo e del mantenimento del pool di nucleosidi pirimidinici della cellula. Queste mutazioni si riflettono in un eccesso di produzione di dTTP che determina uno sbilanciamento del pool di dNTP.

Page 18: Malattie Mitocondriali

18

In questo gruppo di disordini rientra anche la Sindrome da Deplezione del MtDNA (MSD) caratterizzata da una riduzione del numero di copie del mtDNA (Moraes et al., 1991). Clinicamente questa patologia si manifesta con miopatia congenita infantile, epatopatia infantile fatale, e miopatia progressiva tardiva infantile che si manifesta intorno al primo anno di vita e determina la morte per insufficienza respiratoria intorno al terzo anno di vita. La MDS è stata associata a mutazioni in quattro geni coinvolti nel metabolismo dei deossiribonucleotidi trifosfato: la timidina chinasi 2 (TK2), responsabile della forma miopatica (Saada et al., 2001); la deossi-guanosina chinasi (DGUOK), responsabile della forma epato-encefalica (Mandel et al., 2001); la polimerasi gamma (POLG), responsabile della forma epatocerebrale (Naviaux & Nguyen, 2005); la succinil CoA sintetasi (SUCLA2), responsabile della forma encefalomiopatica (Elpeleg et al., 2005). 1.5.2 Mitocondriopatie causate da difetti del DNA mitocondriale Il genoma mitocondriale può essere colpito da svariate mutazioni responsabili di un’ampia gamma di sindromi cliniche. Queste mutazioni sono disseminate sul genoma mitocondriale, anche se sono emersi alcuni “hot spot” che comprendono alcune mutazioni puntiformi (G3243A, G8344A, T8993G/C, A11778G) e i riarrangiamenti su larga scala (delezioni o duplicazioni parziali) (Tab. 2).

Mutazioni puntiformi del mtDN A Fenotipo Mutazione

MELAS Episodi simili ad ictus causati da lesioni cerebra li dei lobi parieto occipi tali, acidosi la ttica, e/o RRF

MERRF Mioclono, epilessia, debolezza muscolare con RRF, atassia cerebellare, sordità e demenza

NARP Atassia, retinopatia pigmentaria, neuropatia periferica, debolezza neurogenica di stale

Perdita dell’udito-atassia-mioclono

Perdita dell’udito, mioclono, atassia, miopatia

MILS Sindrome di Leigh

Mutazioni punt iformi eteroplasmiche

(ereditarietà materna)

LHON Perdita della visione centrale, scotoma centro

cecale assoluto, microangiopat ia telangiectatica circumpapillare

SNHL Perdita dell’udito non sindromica e aminoglicoside-indotta

Mutazioni punt iformi omoplasmiche

(ereditarietà materna)

Riarrangiamenti su larga scala di mtDN A

KSS Atassia, neuropatia, PEO, degenerazione

pigmentaria della retina, cardiomiopatia e blocco della conduzione, bassa statura

Sindrome di Pearson Mortalità elevata nell’infanzia.

Anemia sideroblastica refratta ria con vacuolizzazione dei precursori nel midollo

PEO Ptosi bilaterale e oftalmoplegia ad insorgenza

tardiva, debolezza muscolare, intol leranza all’esercizio fisico

delezioni singole o duplicazioni (sporadica)

Solitamente i riarrangiamenti su larga scala interessano regioni che comprendono diversi geni mitocondriali e sono eteroplasmici. Le mutazioni puntiformi possono essere eteroplasmiche o omoplasmiche ed interessare sia geni coinvolti nella sintesi proteica (tRNA, rRNA), che geni codificanti per proteine strutturali dei complessi della catena respiratoria.

Page 19: Malattie Mitocondriali

19

1.5.2.1 Mutazioni puntiformi La distinzione tra mutazioni patogeniche ed i numerosi polimorfismi non può essere immediata a causa dell’elevata frequenza mutazionale del mtDNA. Le mutazioni patogeniche sono solitamente caratterizzate da elevata conservazione nucleotidica e aminoacidica nel corso dell’evoluzione, perdita di funzione del prodotto genico, segregazione con il fenotipo patologico, correlazione tra la percentuale di molecole mutate e la gravità del fenotipo clinico, identificazione delle mutazioni in famiglie affette provenienti da popolazioni umane etnicamente distinte (Zeviani & Carelli, 2003). Le mutazioni più frequenti riscontrate allo stato eteroplasmico sono: ü G3243A associata all’Encefalomiopatia Mitocondriale con Acidosi Lattica ed ictus episodico

(MELAS) (Goto et al., 1990); ü G8344A associata all’Epilessia Mioclonica con RRF (MERRF) (Wallace et al., 1988); ü T8993G e T8993C associate alla Neuropatia Atassia con Retinite Pigmentosa (NARP) (Holt et

al., 1990) e alla MILS (Sindrome di Leigh ereditata per via materna) (De Vries et al., 1993). Le più comuni mutazioni riscontrate allo stato omoplasmico comprendono le mutazioni A11778G, A3460G e T14484C associate alla Neuropatia Ottica ereditaria di Leber (LHON) (Wallace et al., 1988; Howell et al., 1992; Chinnery et al., 2001). 1.5.2.2 Riarrangiamenti su larga scala di mtDNA I riarrangiamenti su larga scala del mtDNA comprendono le delezioni singole e multiple, e le duplicazioni parziali. Spesso le delezioni multiple del mtDNA derivano da un difetto nella comunicazione intergenomica, in quanto sono associate a mutazioni in geni nucleari che intervengono nella replicazione e nel mantenimento del mtDNA. Duplicazioni e delezioni, generalmente non sono trasmesse matrilinearmente come le mutazioni puntiformi, ma sono sporadiche e probabilmente si presentano durante l’oogenesi o precocemente nell’embriogenesi (Schon et al., 1989; Chen et al., 1995). Nei mitocondri contenenti le molecole delete di mtDNA il sistema OXPHOS è difettivo, sia a causa della perdita dei geni che codificano i prodotti coinvolti nella sintesi proteica (tRNA e rRNA), sia a causa della eventuale perdita di geni che codificano per componenti strutturali dei complessi respiratori. I principali fenotipi clinici associati a riarrangiamenti singoli su larga scala del mtDNA sono tre: la Sindrome di Kearn-Sayre, l’Oftalmoplegia Esterna Progressiva e la Sindrome di Pearson. La Sindrome di Kearn-Sayre (KSS) è caratterizzata da oftalmoparesi e retinite pigmentosa che si manifestano prima dei venti anni. Altri segni clinici includono atassia cerebellare, miopatia prossimale, difetti della conduzione cardiaca ed aumento del livello proteico nel fluido cerebro spinale (CSF > 100mg/dl), diabete e bassa statura. I pazienti affetti da KSS mostrano tutti ragged red fibers (RRF) nell’istochimica del muscolo scheletrico (Mita et al., 1989). La patogenesi è legata generalmente ad una singola delezione di circa 5kb (common deletion) nella molecola di mtDNA. La Sindrome di Pearson (PS) si manifesta nella prima infanzia ed è caratterizzata da pancitopenia sideroblastica connatale e, meno frequentemente, da una severa insufficienza del pancreas esocrino con conseguente malassorbimento (Rotig et al., 1990). Nei soggetti che sopravvivono, solitamente si ha una attenuazione dell’anemia e lo sviluppo di un quadro clinico tipico della KSS (Shanske et al., 2002). Una singola delezione di circa 5 kb (common deletion) è la causa più comune anche dell’ Oftalmoplegia Esterna Progressiva (PEO). Generalmente nella PEO le delezioni si possono individuare quasi esclusivamente nel muscolo, mentre nella KSS si possono trovare sia nel muscolo

Page 20: Malattie Mitocondriali

20

che nel sangue, anche se in quantità molto inferiore. Nella sindrome di Pearson, invece, la quantità di specie delete di mtDNA è paragonabile nel muscolo e nel sangue. 1.5.2.2.1 Meccanismi di genesi per le delezioni multiple La genesi delle delezioni multiple è a carico delle mutazioni nei geni nucleari mentre quella delle delezioni singole è sconosciuta. Le delezioni del mtDNA possono essere distinte in delezioni di classe I e di classe II, in base rispettivamente alla presenza o meno di sequenze ripetute dirette a livello dei break-point. Per la genesi delle delezioni di classe I è stato suggerito un meccanismo di “slip-mispairing”, secondo il quale le sequenze ripetute dirette causerebbero un evento di ricombinazione intramolecolare, durante il processo replicativo asincrono. I modelli proposti sono due: la replicazione per “slittamento” e per allungamento “illegittimo”. Secondo il primo modello, il filamento H parentale si appaia in modo inappropriato con il filamento leggero complementare, a livello di una sequenza ripetuta diretta, con conseguente perdita di un segmento di DNA. I punti di rottura vengono successivamente ligati formando così uno stampo deleto per il filamento leggero nascente. Secondo il modello dell’allungamento illegittimo, invece, in seguito allo spiazzamento del D-loop, il filamento pesante parentale creerebbe un appaiamento di basi con il filamento leggero complementare, determinando l’allontanamento del filamento pesante nascente. Quest’ultimo poi, invaderebbe la forca replicativa e si appaierebbe in modo inappropriato ai siti con sequenze ripetute. L’allungamento del filamento pesante nascente più corto produrrebbe una molecola deleta (Schon et al., 1989). Il meccanismo della genesi di delezioni di mtDNA in assenza di sequenze ripetute dirette nei punti di rottura sarebbe dovuta, invece, a disordini nella comunicazione intergenomica. In questo caso, una mutazione in un gene nucleare si riflette nel processo replicativo del DNA mitocondriale. La genesi delle delezioni di classe II, invece, richiede la presenza di rotture su entrambi i filamenti di mtDNA e di un certo grado di omologia a livello dei break-point che potrebbero ricombinare con sequenze a livello del D-loop, durante la fase di riparo (Samuels et al., 2004; Srivastava & Moraes, 2005). Un possibile meccanismo di riparo è il Single Strand Annealing (SSA), in base al quale l’estremità 3’ del punto di rottura si insinuerebbe nel D-loop, ricombinando in corrispondenza di piccole sequenze omologhe e fungerebbe da primer per la replicazione o semplicemente come stampo per il riparo tramite SSA (Dudas & Chovanec, 2004). Tuttavia, regioni a singola strand possono essere create anche durante la replicazione accoppiata. Anche in questo caso, il singolo filamento fungerebbe da primer e determinerebbe perdita di parte di mtDNA durante la ripresa della replicazione (Srivastava & Moraes, 2005). 1.6 L’importanza degli aplogruppi del mtDNA L’evoluzione del genoma mitocondriale umano ha portato alla comparsa di variazioni polimorfiche che nel tempo hanno distinto degli aplogruppi, ossia gruppi di individui con una combinazione di polimorfismi ben definita. Ad oggi sono stati identificati nove aplogruppi europei, sette asiatici, e tre africani per il mtDNA in base alla presenza o all’assenza di un relativamente piccolo numero di siti di restrizione enzimatica e in base alla sequenza nucleotidica del D-loop (Herrnstadt et al., 2002). Queste variazioni di sequenza sono state analizzate nella popolazione umana sia per studiare la migrazione delle popolazioni nel tempo, sia per definire il ruolo di queste variazioni nella fisiologia e nelle patologie umane. É stato proposto che determinati aplotipi del mtDNA modulino

Page 21: Malattie Mitocondriali

21

l’efficienza della OXPHOS influenzando in questo modo gran parte della fisiologia dell’organismo, predisponendolo o proteggendolo verso lo sviluppo di alcune patologie (Wallace et al., 1999). In particolare gli aplogruppi influenzerebbero alcune caratteristiche funzionali come: il quoziente intellettivo (QI) (Skuder, 1995), la mobilità degli spermatozoi (Ruiz-Pesini et al., 2000), l’adattamento alle variazioni climatiche (Ruiz-Pesini et al., 2004); e alcune patologie come le cardiomiopatie (Shin et al., 2000), l’Alzheimer (Chinnery et al., 2000), la sclerosi multipla (Kalman et al., 1999) e la LHON (Howell, 1999). 1.7 Diagnosi e terapia di patologie mitocondriali Data la complessità della biochimica e della genetica mitocondriale le manifestazioni cliniche delle patologie mitocondriali sono estremamente eterogenee. I pazienti adulti, di solito, mostrano miopatia associata a coinvolgimento variabile del SNC: atassia, perdita dell’udito, neuropatie, retinopatia pigmentaria, e più raramente disordini del movimento. Alcuni pazienti lamentano solo debolezza muscolare e intolleranza all’esercizio fisico. A causa della variabilità fenotipica la formulazione di una diagnosi per tali patologie è spesso difficoltosa e il coinvolgimento mitocondriale viene considerato solo dopo aver escluso altre possibilità diagnostiche. Una dettagliata anamnesi del paziente e l’esame clinico, risultano fondamentali nell’iniziare un’indagine in un soggetto con sospetta patologia mitocondriale. Generalmente il percorso diagnostico prevede l’esecuzione di una serie di indagini preliminari e successivamente l’esecuzione di indagini specifiche (Fig. 9).

Le indagini preliminari, effettuate su un campione di sangue del paziente, comprendono il dosaggio della protein chinasi (CK) serica, aumentata nel 40% dei casi, del lattato ematico a riposo e dopo sforzo fisico, spesso elevato a causa della diminuzione del metabolismo aerobio e dell’utilizzo della via glicolitica a scopo energetico, la valutazione della glicemia e dell’emoglobina glicosilata. In base al quadro clinico del paziente vengono effettuati anche alcuni esami strumentali come l’elettromiografia (EMG) per la valutazione del danno neuromuscolare, l’elettroencefalogramma (EEG) per evidenziare rallentamenti diffusi dell’attività celebrale o anomalie epilettiformi,

Fig. 9 Percorso diagnostico per le malattie mitocondriali Il percorso diagnostico ha inizio con la valutazione clinica della sintomatologia del paziente e l’esecuzione di una serie di indagini preliminari (dosaggio della creatin chinasi e del lattato nel sangue, radiografia e ecocardiografia toracica, elettromiografia, elettroencefalografia). Nei casi di sospetto di una sindrome caratteristica è possibile proseguire direttamente con la ricerca delle mutazioni puntiformi comuni. In caso contrario il percorso diagnostico prosegue con il prelievo di un campione bioptico di tessuto muscolare scheletrico e l’esecuzione delle indagini specifiche: analisi istochimica, biochimica e genetico molecolare.

Page 22: Malattie Mitocondriali

22

l’elettrocardiogramma-ecocardiogramma (ECG-EcoCG) per evidenziare difetti di conduzione cardiaca o ipertrofia cardiaca; ed esami di diagnostica per immagini come la tomografia assiale computerizzata (TAC) o la risonanza magnetica nucleare (RMN), per individuare il coinvolgimento cognitivo, anomalie neurologiche, disordini del movimento evidenziabili come aree di alterato segnale, più spesso evidenti a livello della sostanza bianca biemisferica, dei nuclei della base, del cervelletto e del tronco encefalico; valutazione neuro-oftalmoplegica e neuro-otologica. Talvolta le indagini preliminari possono suggerire una specifica sindrome mitocondriale (MELAS, MERRF, NARP, LHON), in questi casi è possibile procedere direttamente con la ricerca delle mutazioni puntiformi comunemente associate a tali sindromi, in caso contrario il percorso diagnostico procede con l’esecuzione di indagini specifiche.

Le indagini specifiche comprendono l’analisi istochimica del campione bioptico di tessuto muscolare del paziente, l’indagine biochimica e genetico-molecolare. Le patologie mitocondriali sono spesso associate ad un caratteristico cambiamento della morfologia muscolare evidenziabile dall’analisi istochimica. Le sezioni di tessuto muscolare mostrano ragged red fibers (RRF), fibre dall’aspetto stracciato che appaiono con contorni rossi alla colorazione tricromica di Gomori e di colore blu intenso (RBF: ragged blue fibers) con la colorazione per la succinico deidrogenasi (SDH), per accumulo subsarcolemmale di mitocondri; e fibre negative alla colorazione per la citocromo c ossidasi (COX) o fibre COX-, per riduzione dell’attività del complesso della catena respiratoria. La colorazione per la COX è utilizzata come marker per la funzionalità della catena respiratoria, mentre quella per la Succinico deidrogenasi evidenzia gli accumuli mitocondriali in quanto unico complesso mitocondriale ad intera codifica nucleare (Zeviani and Di Donato et al., 2004). L’indagine biochimica prevede la misura dell’attività dei singoli complessi della catena respiratoria condotta su frazioni o omogenati mitocondriali. I deficit enzimatici possono coinvolgere i singoli complessi o più complessi respiratori. L’esecuzione dei test genetico-molecolari è prevista in tutti i casi con anomalie biochimiche e istochimiche, ma anche nei pazienti con forte sospetto clinico pur in assenza di anomalie nel campione bioptico di muscolo scheletrico. I riarrangiamenti su larga scala (delezioni singole e multiple, delezioni, duplicazioni) possono essere evidenziati mediante Long-Range Polimerase Chain Reaction (LR-PCR) o per Southern blotting. In assenza di riarrangiamenti del mtDNA si prosegue con la ricerca di mutazioni puntiformi comuni, mediante analisi dei frammenti di restrizione ottenuti dopo amplificazione e digestione enzimatica di un frammento che include la posizione nucleotidica di interesse. Nel caso in cui anche queste indagini risultassero negative e altre indagini supportino la presenza di una mutazione del mtDNA è possibile proseguire con la ricerca di eventuali nuove mutazioni nel mtDNA o nel nDNA a seconda del tipo di sospetto clinico nel paziente. Il DNA nucleare e in maggior misura il mitocondriale sono polimorfici, di conseguenza l’individuazione di una variazione di sequenza dovrebbe soddisfare alcuni criteri canonici per poter essere definita patogenica: ü risultare assente in una popolazione controllo; ü alterare una posizione aminoacidica funzionalmente conservata; ü segregare con il fenotipo patologico attraverso le generazioni; ü in caso di mutazioni eteroplasmiche nel mtDNA, la percentuale di molecole mutate dovrebbe

essere correlata alla gravità dei sintomi in altri soggetti della stessa famiglia.

Page 23: Malattie Mitocondriali

23

L'eterogeneità, la rarità e la mancanza di modelli animali idonei allo studio dei disordini mitocondriali, rendono difficoltosa la messa a punto di terapie per questi disordini. Attualmente il trattamento adottato è essenzialmente di tipo sintomatico ed è volto a migliorare le condizioni generali dei pazienti mediante: il miglioramento dell'alimentazione, la correzione chirurgica della ptosi, la correzione dell'acidosi lattica e il trattamento di eventuali altre complicanze. Dal punto di vista metabolico la somministrazione di creatina, precursore della fosfocreatina importante fonte di energia nel muscolo, cuore e cervello, ha mostrato miglioramenti della debolezza muscolare solo in alcune patologie mitocondriali. La somministrazione del CoQ10 non risulta efficace nelle patologie mitocondriali associate al mtDNA, mentre l'idebenone, analogo del CoQ10, sembra essere efficace e migliora l'atassia dovuta a cardiomiopatia ipertrofica nella sindrome di Friedreich's (Rustin et al., 1999; Mariotti et al., 2003). Sono state proposte anche alcune strategie di terapia genica non ancora rilevanti clinicamente. Queste strategie includono l'introduzione di geni modificati o prodotti genici all'interno dei mitocondri sfruttando il macchinario dell'import mitocondriale (Manfredi et al., 2002) e l'inibizione della replicazione mtDNA mutato (Taylor et al., 1997). In alcuni casi isolati di miopatia, la riduzione della percentuale di cellule eteroplasmiche mutate è stata ottenuta mediante il controllo del danno muscolare e la rigenerazione di cellule satelliti non mutate utilizzando farmaci miotossici (Irwin et al., 2002). Tuttavia questo trattamento non è risultato efficace nel miglioramento della ptosi in alcuni pazienti con PEO.