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MANAGEMENT DELLE RISORSE UMANE A CURA DI DANIELE BOLDIZZONI Introduzione. Cambiamento paradigmatico. Il mutamento socio economico porta a un passaggio da una concezione che vede la risorsa umana come un fattore di produzione e un costo a una concezione che considera la risorsa umana come un asset cioè come una leva centrale, una risorsa portatrice di professionalità e innovazione. CAPITOLO 1. Evoluzione dello Human Resource Managemente: dalla gestione alla valorizzazione delle RU. 1.1 Teoria e prassi. Stato dell’arte. Definizione Humane Resource Management: indica sia l’insieme di politiche, attività e prassi, sia le unità funzionali e ruoli professionali aventi la responsabilità e competenza nella gestione del fattore umano. Personale Risorse Umane: La prima accezione pone l’accento sul costo del fattore umano, la seconda sottolinea l’importanza delle risorse umane per l’investimento e lo sviluppo dell’organizzazione. L’istituzionalizzazione della disciplina, sviluppatasi in modo autonomo sia dalle discipline giuslavoristi che e sociologiche e psicologiche, è avvenuta tra gli anni ‘60 e ‘70. In Italia nel 1974 verrà pubblicato il primo Manuale di Direzione del Personale (Vanni), negli stessi anni ci saranno i primi corsi universitari presso le facoltà di economia (prima si svolgevano solo in istituti e Business School). In Italia, il know-how in tema di risorse umane viene importato da altri contesti oppure appreso come moda dalle scuole di formazione manageriale più che dalle sedi universitarie; questo accentua il gap tra teoria e prassi (Il manuale di gestione del personale di 1

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MANAGEMENT DELLE RISORSE UMANEA CURA DI DANIELE BOLDIZZONI

Introduzione.Cambiamento paradigmatico. Il mutamento socio economico porta a un passaggio da una concezione che vede la risorsa umana come un fattore di produzione e un costo a una concezione che considera la risorsa umana come un asset cioè come una leva centrale, una risorsa portatrice di professionalità e innovazione.

CAPITOLO 1. Evoluzione dello Human Resource Managemente: dalla gestione alla valorizzazione delle RU.

1.1 Teoria e prassi. Stato dell’arte.Definizione Humane Resource Management: indica sia l’insieme di politiche, attività e prassi, sia le unità funzionali e ruoli professionali aventi la responsabilità e competenza nella gestione del fattore umano. Personale Risorse Umane:La prima accezione pone l’accento sul costo del fattore umano, la seconda sottolinea l’importanza delle risorse umane per l’investimento e lo sviluppo dell’organizzazione. L’istituzionalizzazione della disciplina, sviluppatasi in modo autonomo sia dalle discipline giuslavoristi che e sociologiche e psicologiche, è avvenuta tra gli anni ‘60 e ‘70. In Italia nel 1974 verrà pubblicato il primo Manuale di Direzione del Personale (Vanni), negli stessi anni ci saranno i primi corsi universitari presso le facoltà di economia (prima si svolgevano solo in istituti e Business School).

In Italia, il know-how in tema di risorse umane viene importato da altri contesti oppure appreso come moda dalle scuole di formazione manageriale più che dalle sedi universitarie; questo accentua il gap tra teoria e prassi (Il manuale di gestione del personale di Costa del ’92 rappresenta un tentativo di recuperare la dimensione teorica).

Approfondendo la letteratura relativa allo Human Resource Management, si evidenziano due filoni o prospettive teoriche:1. Si possono raggruppare i contributi classificabili come “gestione strategica delle risorse umane”; adeguamento delle risorse umane ai cambiamenti strategici e organizzativi. Connessione tra ambiente e strategie d’impresa e tra politiche e strumenti di gestione delle RU.2. L’altro filone si collega al movimento ‘Human Relations’; accentrando l’attenzione sull’individuo visto come capace di iniziativa, creatività, innovazione. Creare un ambiente favorevole e promuovere la sua partecipazione adesione agli obiettivi strategici. Analizzando contributi operativi e le prassi concerete dello Human Resource Management possiamo distinguere due macro raggruppamenti:- Human Resource Management è usata come sinonimo di “direzione” o “gestione” del personale, senza alcuna distinzione di consuetudini rispetto alle consuete e tradizionali prassi.

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- Nel secondo caso si indicano l’insieme di tecniche di gestione del personale (selezione,formazione, valutazione etc.) che vengono progettate e utilizzate coerentemente conle strategie aziendali. Alcuni ricercatori hanno posto in evidenza l’esistenza di un significativo gap tra elaborazione teoriche e prassi, rimarcando come il concetto di “gestione strategica”non sia tradotto in concrete azioni di cambiamento. La proposizione principale formulata dai teorici della gestione strategica è che “l’azienda più efficace ed efficiente è quella che riesce ad assicurare dinamicamente una situazione di coerenza tra la dimensione della strategia, della struttura, delle Risorse Umane”(cfr. Tichy).Questa è una meta lontana per la maggior parte delle imprese.Recentemente il focus delle politiche di Gestione delle R.U. si è spostato in 4 direzioni:1. differenziazione marcata tra gestione dei lavoratori esecutivi e non, dove lo Human Resource Management pone l’accento soprattutto sui livelli manageriali.2. costruzione di politiche del personale basate sulla condivisione dei valori dell’organizzazione.3. riconsiderazione del ruolo dei capi di line ai vari livelli nella Gestione delle R.U, sottolineando la responsabilità fondamentale di quest’ultimi nella definizione e implementazione delle politiche del pesonale. 4. accresciuta autonomia e un maggior investimento dei rapporti diretti con i lavoratori rispetto all’area dei rapporti sindacali.

1.2 Lo Human Resource Management nell’impresa: un percorso evolutivoE’ in una grande impresa industriale fordista di grandi dimensioni che si sviluppano competenze distintive specifiche e prende corpo la funzione di Direzione del Personale (DIPER). Si sviluppa nella grandi imprese perché in essa l’organizzazione è più articolata e complessa. Il manager e i lavoratori possono facilmente perdere di vista gli obiettivi generali. La DIPER sono il cuore della funzione manageriale e la sua responsabilità non è esclusiva, ma condivisa. L’evoluzione della direzione del personale è andata di pari passo con i cambiamenti organizzativi, dell’ambiente, del sistema economico-sociale e politico oltre che con il sistema delle relazioni industriali. L’immagine che si ricava è quella di una funzione “allodipendente”, sensibile a ciò che accade fuori i confini dell’impresa Ripartizione in cinque fasi, in Italia, ma non è una successione inevitabile e necessaria. La successione è nei sotto paragrafi:1.2.1 Ri-costruzione del sistema industriale (Anni ’50).La funzione del personale era “una funzione amministrativa-disciplinare”. La logica d’impresa era assicurarsi forza lavoro sicura e tranquilla dal punto di vista politico-idiologico, avvantaggiata dall’eccesso di offerta di lavoro. La funzione del personale si connotava al massimo come un servizio all’interno della funzione amministrativa. La responsabilità della gestione delle risorse umane era nelle mani della linea gerarchica, soprattutto ai capi di primo livello. Il know-how e la strumentazione tecnica erano molto semplici. 1.2.2 Sviluppo sistema economico: Anni ’60.Si sviluppa l’attività industriale, il mercato del lavoro è più dinamico, etc si affinano gli strumenti e le tecniche di gestione del personale come la job evalutation, test psicologici, addestramento e formazione dei quadri. La DIPER, pur continuando a essere in posizione subalterna rispetto alle tradizionali funzioni aziendali si caratterizza come una funzione integrativa, più autonoma rispetto all’amministrazione e alla produzione. Le responsabilità di gestione sono ancora affidate alla linea gerarchica, tuttavia le funzioni del personale assumono alcune

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responsabilità dirette come la selezione, la messa a punto di strumenti di valutazione, la fissazione di criteri e principi generali di politica del personale. 1.2.3 Conflittualità sindacale: anni ’70. Delegano alla funzione del personale il ruolo di gestione del conflitto tra le parti. E’ in questa situazione che le DIPER acquistano maggior visibilità e reclamano maggior potere e peso politico nelle aziende. Rivendicano un ruolo, ruolo definito in vari modi: da alcuni come mediazione tra personale e la direzione generale, oppure tra azienda, contesto economico e mercato del lavoro, oppure di mediazione culturale tra società e azienda; da altri come valorizzazione del capitale umano/lavoro, da altri ancora come gestione della conflittualità permanente. Il profilo di responsabile della direzione del personale è: background prevalente in discipline giuridico - economiche, esperienza precedente nell’amministrazione, la funzione svolta è di selezione, assunzione e retribuzione, oltre che gestione delle relazioni industriali e di addestramento e formazione.1.2.4 Fra ristrutturazione e sviluppo: anni ‘80La diffusione delle nuove tecnologie informatiche, la turbolenza dei mercati, le ristrutturazioni aziendali, la necessità di fare come cazzo gli pare rispetto alla contrattazione sindacale, porta a una istituzionalizzazione della funzione della Direzione del Personale nel sistema aziendale. Spesso le attività di formazione e selezione di quadri e manager sono esternalizzate e svolte con l’ausilio di agenzie e enti specialistici. In questi anni c’è una piena legittimazione della DIPER, funzione di primo livello del vertice. 1.2.5 Qualità e produttività: anni’90.La risorsa umana necessità in questi anni di un’attenzione particolare perché si riconosce la centralità che può assumere nel far partire processi di innovazione dal basso. “I problemi sono tutti riconducibili a un unico fenomeno che consiste nel cambiamento del ruolo del fattore lavoro nella costruzione del vantaggio competitivo dell’impresa”. Si delinea un profilo della funzione personale fornitrice di un nuovo e più sofisticato valore aggiunto che deve operare più incisivamente sull’architettura del sistema gestionale. In questa fase avviene un miglioramento continuo della qualità della gestione della risorsa nei sistemi aziendali e la valorizzazione dei bisogni e delle potenzialità delle risorse umane. 1.2.6 La sfida sostenibile: anni 2000.Si vedono affiancare, come funzione obiettivo per le attività di gestione delle Risorse umane, al concetto di generazione del valore quello di sostenibilità (capacità di un’impresa di perdurare nel tempo in un cotesto competitivo e con un approccio che consideri l’impatto a lungo termine sui diversi attori istituzionali: lavoratori, cittadini, clienti etc.). In quest’ottica alla funzione DIPER viene attribuita la missione di costruzione del capitale umano dell’impresa in una prospettiva di medio-lungo periodo facendo evolvere nel tempo le competenze e le motivazioni delle persone in rapporto alle direttrici strategiche. Rappresenta, all’interno dell’organizzazione, un’unità autonoma, snella e indipendente. 1.3 Modelli di gestione delle risorse umane.Nelle diverse fasi tratteggiate sono emersi alcuni modelli di gestione delle Risorse Umane (che possono convivere nell’attuale momento storico):

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1.3.1 amministrazione del personale: Maggior cura degli aspetti amministrativi del rapporto di lavoro. Fornisce un servizio indifferenziato e non opera segmentazioni del personale (se per alcune categorie definite in via legislativa e contrattuale: dirigenti, quadri, impiegati e operai). Ha scarse relazioni con il vertice strategico e la linea operativa. Il criterio dominante per valutare la performance della DIPER è definito dalla correttezza amministrativa e dalla legittimità (rispondenza alla normativa legislativa e contrattuale) oppure è rivolto al costo. Piccole imprese o grandi imprese burocratiche (pubblica amministrazione).

1.3.2 le gestione del personale: può essere definita”gestione del personale”. La DIPER ha carattere gestionale e non solo amministrativo, definisce politiche e offre al vertice strategico e alla linea operativa i supporti tecnici per implementare le loro scelte strategiche e gestionali in termini di personale. La valutazione della performance della DIPER si basa su criteri di efficienza e efficacia nell’impiego del personale, con una prevalente ottica di breve periodo. 1.3.3 lo sviluppo del personale: Gli obiettivi primari sono di adottare in chiave di coerenza le politiche e gli strumenti del personale alle scelte strategiche e organizzative. Ha un forte collegamento con il vertice. La DIPER partecipa al processo di programmazione aziendale non solo ricevendo input ma anche proponendoli. Riscontrabile in imprese medie e grandi operanti in contesti sociali sviluppati. Le soluzioni organizzative più comunemente adottate sono: 1) coinvolgimento della line nel momento di elaborazione delle politiche del personale e delega alla stessa di aspetti rilevanti della loro gestione operativa (esempio ruolo del direttore di stabilimento nella gestione del personale di produzione o del direttore commerciale nella gestione delle forze di vendita). 2) dislocazione presso la line di supporti specialistici della DIPER (per esempio l’assistente del direttore di stabilimento).

1.3.4 La valorizzazione delle Risorse Umane: questo modello può essere caratterizzato in termini di attivazione e gestione di quelli che sono definiti gli invisible asset, ovvero quegli aspetti che non compaiono nel bilancio dell’impresa, ma costituiscono i fondamenti del potere competitivo come il sapere tecnologico, l’immagine aziendale, la conoscenza accumulata sul mercato e sui consumatori. La caratteristiche degli asset è che il loro valore non è quantificabile, sono difficili da organizzare, non possono essere trasferiti attraverso il mercato. Quindi uno dei compiti principali della DIPER è

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lo sviluppo di questi invisible asset. La responsabilità della DIPER deve coinvolgere tutta la struttura aziendale. Rispetto alla strategia aziendale si pone in un modo proattivo e di eliminazione dei vincoli. Il criterio dominante per valutare la performance della DIPER è la capacità di alimentare il vantaggio competitivo attraverso lo sviluppo di competenze distintive delle Risorse Umane aziendali. Imprese medie che oberano in un business perturbato in cui è necessaria una continua innovazione e un forte orientamento al cliente.

1.4 Aree di attenzione e ruoli dello Human Resource Management (HRM)Secondo Ulrich lo Human Resource Management deve assumere responsabilità e ruoli descritti da due variabili:1. orientamento strategico al lungo termine o operativo a breve termine.2. attenzione alla gestione dei processi o delle persone.

orientamento strategico al lungo termine

attenzione alla gestione dei processi

Area di attenzione o focus sulla gestione strategica delle Risorse umane volto ad assicurare una corretta implementazione delle strategie. Ruolo HRM: business partner

Area di attenzione o focus sulla gestione delle trasformazioni e delle innovazioni organizzative. Ruolo: agente del cambiamento.

attenzione alla gestione delle personeArea di attenzione o

focus sulla gestione dei processi e attività in cui gli uomini dello HRM assumono il tradizionale ruolo di esperto funzionale.

Area di attenzione o focus sulla gestione dei comportamenti e dei valori aziendali in cui gli esperti del HRM cercano di sviluppare attraverso il ruolo del portavoce del personale.

operativo a breve termine

Secondo Ulrich l’efficacia e l’efficienza della funzione HRM è legata alla capacità di implementare nel tempo e svolgere contemporaneamente tutte queste quattro funzioni, secondo un mix flessibile e variabile a seconda delle necessità contingenti. La DIPER deve riuscire a distinguere fra decisioni guidate dalle esigenze immediate del business e decisioni che sono utili a costruire e preservare nel tempo il capitale umano. Diverse ricerche empiriche, aventi l’obiettivo di verificare la tenuta del modello di Ulrich, evidenziano che la DIPER nasce quasi sempre con un forte imprinting amministrativo-funzionale, cui si aggiunge nel tempo quello della gestione dei rapporti con il personale. Nel primo caso, l’adozione del ruolo di business passa attraverso la composizione del conflitto strutturale di interesse con la linea nel governo delle risorse umane, dovuto al fatto che, mentre i manager della linea operativa sono interessati a gestire le risorse soprattutto in una prospettiva produttivistica e di breve termine, e solo in seconda battuta di sviluppo, la DIPER considera la gestione delle risorse in un’ottica di medio-lungo termine e in una prospettiva di crescita. A tal proposito si osserva che la DIPER dovrebbe riuscire a distinguere tra decisioni guidate dalle

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esigenze immediate del business e decisioni che, viceversa, sono utili costruire e preservare nel tempo il capitale umano; nel primo caso il ruolo è di partner e nel secondo di guardiano.

2. Strategie, organizzazione d’impresa e risorse umane: dall’uomo variabile dipendente a fonte di vantaggio competitivo.

2.1 Human Resource Management e strategie d’impresa

Uno dei maggior problemi è la scarsa connessione tra politiche e prassi dello Human Resource Management e strategie aziendali.

L’approccio denominato gestione strategica delle risorse umane ha cercato di dare una risposta a questa problematica cercando di elevare la risorsa umana da variabile dipendente a variabile chiave sia nella formulazione che nell’attuazione dei piani di business, operando all’interno di un paradigma chiamato sistemico-situazionale o “contingente”. L’ipotesi di fondo di questo approccio è che l’azienda più efficace ed efficiente è quella che riesce ad assicurare dinamicamente una situazione di coerenza tra strategia, struttura e risorse umane.L’assunto di base è che ogni ambiente corrisponde a una strategia e una organizzazione più adatte e deve avere delle politiche e strumenti di gestione delle risorse umane specifiche. Le forze politiche, economiche e culturali esterne determinano ed influenzano la struttura dell’impresa che ha l’obbiettivo di allineare coerentemente missione e strategie, struttura organizzativa e gestione delle risorse umane. Le attività di management sono classificate su tre livelli:- business operativo: che riguarda l’esecuzione di compiti quotidiani e il funzionamento dei processi di produzione in termini di Risorse Umane. La DIPER deve assicurare che i lavoratori possiedano le

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capacità necessarie per svolgere dei compiti, che siano presenti e attivi sul lavoro, siano valutati e ricompensati. - livello direzionale del business in cui ci si focalizza ad acquisire risorse per attuare piani strategici e misurare le prestazioni. In termini di Risorse umane l’attenzione è focalizzata sullo sviluppo di sistemi delle risorse umane atti ad acquisire, valutare, retribuire sviluppare risorse utili per realizzare obiettivi strategici.- a livello strategico il business è centrato sulla scelta e definizione di obiettivi e priorità. L’attività in termini di risorse umane è garantire che politiche e programmi di sviluppo delle risorse umane siano coerenti con le condizioni ambientali e organizzative. Così è possibile concentrare l’attenzione sulle principali funzioni che caratterizzano le risorse umane (selezione, valutazione, ricompense, sviluppo) distinguendo per ognuna di esse le attività che devono essere svolte ai tre livelli appena visti. In coerenza con i principi delle teorie sistemico-situazionali, la maggiore differenziazione delle Risorse Umane deve essere compensata da un’adeguata attenzione per i problemi di integrazione A questo proposito ieorici della gestione strategica delle RU fanno ricorso al concetto di “ciclo delle Risorse Umane”.

Ulteriori attività da svolgere per attuare una gestione strategica delle risorse umane è:- avere una precisa filosofia d’impresa. Definire i valori di fondo di un’impresa.- disegnare sistemi di risorse umane coerenti con tale filosofia.- valorizzare il ruolo delle risorse umane nella definizione e attuazione delle strategie aziendali.- identificare il portafoglio di attività di gestione delle risorse umane e definire le attività e le responsabilità specifiche da assegnare al management e specialisti delle risorse umane.- individuare le informazioni utili al management per la presa di decisioni e controlli sulle risorse umane.- sistemi di R.u. flessibili affinché possano essere modificate coerentemente con le condizioni ambientali e organizzative. - esplicitazione puntuale delle strategie e dei sistemi gestionali delle r.u. per collegare le varie unità aziendali.La gestione strategica delle RU non può essere realizzata senza una profonda riorganizzazione della DIPER. La riprogettazione dovrebbe riflettere le esigenze operative, direzionali e strategiche dell’azienda. Il livello operativo è meglio svolto da una tradizionale direzione del personale. Il

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livello direzionale deve essere organizzato ricorrendo a meccanismi organizzativi quali i ruoli di collegamento, i gruppi e le strutture per matrice. Le attività a livello strategico richiedono uan gestione dell’elite delle RU.Il personale responsabile delle Risorse umane dovrebbe possedere le conoscenze e le capacità coerenti; a livello operativo alla funzione dovrebbero essere assegnate persone con orientamento tecnico e specialistico, a livello direzionale persone che possiedono orientamento manageriale e una formazione più generale, conseguita con esperienze di lavoro o partecipazione a corsi, a livello strategico l’assegnazione del personale dovrebbe essere fondata sulla scelta dei dirigenti con capacità politiche e ampia esperienza nel campo gestionale e delle risorse umane.L’approccio della gestione strategica delle Risorse Umane nelle sue diverse teorizzazioni e applicazioni ha avuto successo nella realtà statunitense e nelle imprese multinazionali. In Italia non ha avuto altrettanta fortuna e non si è abbandonato il tradizionale modus operandi caratterizzato da reattività attenzione verso i problemi sindacali.

2.2 Human Resource Management e organizzazione d’impresaMintzberg ( 1985) ritiene che le caratteristiche di un’organizzazione aziendale si suddividono in raggruppamenti naturali o configurazioni. In particolare egli individua, sulla base delle presenza o coesistenza di cinque componenti (vertice strategico, linea intermedia, tecnostruttura, staff di supporto, nucleo operativo), cinque configurazioni aziendali:2.2.1 Struttura sempliceManca linea intermedia, tecnostruttura e staff di supporto. Il potere risiede nel vertice strategico e solo una minima parte della sua attività è formalizzata e standardizzata. Opera in un ambiente dinamico, ma semplice. L’organizzazione deve essere semplice e flessibile. La gestione delle risorse umane è accentrata nelle mani del vertice strategico. Le strutture semplici acquistano piuttosto che vendere.2.2.2 La burocrazia della macchinaÈ la struttura più frequente nelle imprese di grandi dimensioni e con produzione di massa o servizi di massa (come banche o compagnie di assicurazione). Sono molto sviluppate tecnostruttura e linea intermedia. Queste strutture dipendono dalla stabilità ambientale e incorporano quindi tutti i servizi di supporto (Al contrario delle strutture semplici che preferiscono acquistare). Le funzioni del personale sono finalizzate a far rispettare norme e regole utili per garantire il regolare e stabile funzionamento della produzione. 2.3.3 La burocrazia professionaleSi fonda sulla standardizzazione delle capacità piuttosto che dei processi di lavoro o di output. Adatta per aziende che operano in ambienti stabili, ma complessi (ospedali, università etc.). Vista la complessità, il potere decisionale è decentrato a persone molto addestrate. La stabilità permette invece di utilizzare capacità standardizzate. La gestione delle risorse umane ha responsabilità e potere sulla parte operativa, poco sul core dell’organizzazione. I criteri di selezione, carriera e formazione sono stabiliti da enti esterni. 2.3.4 La soluzione divisionaleDifferisce dalle altre perché si tratta di una struttura non completa, ma parziale che si sovrappone ad altre strutture: le divisioni che assumono forme autonome (burocrazie della macchina ad esempio). E’ una struttura burocratica caratterizzata da una direzione centrale che controlla le varie divisioni attraverso la tecnostruttura e un ridotto staff centrale; gli obiettivi sono trasmessi lungo la linea attraverso la scomposizione di sotto obiettivi via via più specifici. Per quanto riguarda la gestione delle risorse umane l’unità centrale coordina le varie funzioni e si preoccupa di diffondere sistemi

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comuni di gestione per tutte le divisioni. Le DIPER divisionali hanno la responsabilità della corretta applicazione di tali strumenti. 2.3.5 L’adhocraziaCome per la burocrazia professionale, questa è una struttura che utilizza per la maggior parte dei suoi compiti degli esperti; quindi il potere è distribuito in modo irregolare e non centrale come nelle altre strutture. Il potere non si fonda sulla posizione occupata, ma sulla competenza e conoscenza. La distinzione tra line e staff si attenua. L’ambiente è dinamico e complesso e le decisioni ridistribuite lungo tutta la struttura. La comunicazione deve essere efficace fra tutti affinché la struttura riesca a funzionare. La DIPER si occupa di ricerca e sviluppo delle risorse necessarie per la realizzazione dei processi di innovazione e progetta sistemi di incentivi per valorizzare i contributi degli esperti.

2.3 Human Resource Management e approcci manageriali Considerando le politiche di gestione delle risorse umane e le decisioni strategiche e aziendali, si individuano 3 approcci:2.3.1 Approccio lineareAmbiente strategia strutture Risorse Umane.Si concepisce l’attività manageriale come attività razionale basata sulla lettura dell’ambiente e sulla de finzione di strategie coerenti con tale lettura. Segue una adeguata strutturazione e progettazione di assetti organizzativi e di gestione del personale in sintonia con le strategie delineate. Secondo questo approccio i manager sono attori razionali, l’ambiente è relativamente prevedibile che l’organizzazione è la costruzione razionale progettata coerentemente secondo adeguate analisi e obiettivi; l’azione di cambiamento è realizzata top-down e le risorse umane sono adattabili e residuali rispetto a questa concatenazione lineare di elementi. Il ruolo della DIPER è adattare le risorse umane agli obiettivi e alla strategie aziendali. 2.3.2 Approccio interdipendente

strutturaAmbiente strategia

risorse umane Corrisponde all’applicazione delle teorie sistemico-situazionali. Il punto di partenza è la lettura razionale dell’ambiente, ma le variabili del sistema organizzativo (strategie, struttura, risorse umane) sono collegate da relazioni non lineari, ma interdipendenti. L’idea di base è che l’ambiente non sia facilmente prevedibile, è instabile e quindi bisogna aumentare la capacità di adattamento dell’ambiente. L’azione manageriali prevede la formulazione di obiettivi ampi e flessibili. La gestione delle risorse umane è uno strumento strategico per il raggiungimento di certi obiettivi. Le risorse umane non hanno dignità pari a quella delle altre variabili, ma sono considerata strategiche per l’attuazione della strategia. La DIPER svolge una funzione di integrazione delle risorse umane con gli altri elementi del sistema. 2.3.3 Approccio evolutivo

Questo approccio considera le risorse umane come la variabile fondamentale per l’attivazione del rapporto tra impresa e ambiente e per lo sviluppo dell’organizzazione. L’ambiente non è più una variabile indipendente che condiziona l’impresa. Il rapporto tra impresa e ambiente è visto come più complesso, come un adattamento reciproco. L’ambiente non è oggettivo e analizzabile sulla base di schemi razionali; è frutto di percezioni e processi di interazione. E’ co-creato dalla stessa impresa

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(Weick). In questo approccio l’azione manageriale è legata alla capacità di enactment cioè di attivazione creativa con lo scopo di dominare e sfruttare e non subire la complessità ambientale. Il processo strategico è bottom-up, è caratterizzato da aggiustamenti continui che provengono dal basso e si diffondono in tutta l’organizzazione. Il top manager deve incentivare l’adattamento e il cambiamento in tutta l’organizzazione. La gestione delle risorse umane non hanno come obiettivo l’adattamento di queste alla struttura, quando l’apprendimento organizzativo e l’attivazione (enactment).

Nel contesto italiano, la maggior parte delle imprese fa idealmente riferimento all’approccio interdipendente, ma operano ancora secondo un approccio lineare; sono estremamente diffidenti e distanti dall’approccio evolutivo. Alcune imprese giapponesi (Mitsunishi ecc) operano secondo il terzo approccio, favoriscono la creazione di nuove idea a tutti i livelli. Mettono in pratica politiche e strumenti di gestione del personale come la mobilità orizzontale, fertilizzazione di idee innovative, sistemi di formazione e incentivi. Le conoscenze devono essere diffuse in tutta l’organizzazione per realizzare l’apprendimento organizzative; si realizzano politiche di reclutamento, sviluppo e formazione, basate sulla socializzazione a valori aziendali e creare una solida base comune di idee e valori.

Capitolo 3. La Pianificazione e il controllo delle Risorse Umane: dalla programmazione degli organici allo HB Balanced Scorecard

3.1 PremessaLa pianificazione degli organici ha l’obiettivo di assicurare la disponibilità qualitativa e quantitativa di Risorse Umane necessarie a proseguire gli obiettivi di business aziendali; le attività di pianificazione (strategica e operativa) forniscono indispensabili input all’attività di Gestione delle Risorse Umane.Rappresenta il motore delle altre attività di management delle Risorse Umane (selezione, formazione, valutazione etc.).Si registra negli ultimi anni una tendenza a passare da un orientamento all’efficienza e al controllo dei costi delle risorse umane a un orientamento che vuole valorizzare le risorse umane e integrare gli obiettivi di gestione con le strategie aziendali nel suo complesso. Per questo motivo i tradizionali strumenti di pianificazione strategica si affiancano a nuovi paradigmi strategici e operativi.

3.2 Modelli di pianificazioneSulla base del sistema di vincoli e opportunità dettati dall’ambiente esterno si sono delineati diversi approcci di seguito tratteggiati.

3.2.1 Modelli deterministiciPianificazione che avviene in ambienti stabili e a bassa competitività, caratterizzati da lunghi cicli tecnologici e bassi tassi di obsolescenza del know-how di prodotti e processo. In questi contesti si applicano logiche predittive deterministiche; con previsioni di mercato è possibile determinare i volumi di attività e il fabbisogno di risorse umane in termini quantitativi. 3.2.2 I modelli competence based

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Se vengono a mancare le situazioni sovra descritte, e quindi in contesti caratterizzati da un marcato tasso di evoluzione tecnologica e di continui adattamenti dell’organizzazione, emergono modelli basati sul concetto di “famiglia professionale” e sul ruolo della valutazione delle competenze.Si tratta di approcci più attenti alla valorizzazione delle Risorse Umane piuttosto che sul raggiungimento quantitativo di personale in ingresso e uscita; a fronte di una continua evoluzione delle competenze necessarie, questi modelli privilegiano lo sviluppo di competenze e dei potenziali in proprio possesso, prima di rivolgersi all’esterno,La pianificazione competence based prevede la conoscenza dei ruoli (cioè delle attività, cosa fare e come farle), la valutazione delle competenze di una persona che sono in relazione causale con l’efficacia delle prestazioni lavorative di un ruolo, la valutazione delle prestazioni in termini di obiettivi raggiunti e la valutazione del potenziale, cioè le caratteristiche e capacità e attitudini che non vengono utilizzate. Sulla base di questi dati raccolti è possibile individuare quali risorse assumere dal mercato esterno e quali, invece, far crescere e sviluppare all’interno dell’azienda.

3.2.3 I modelli sistemici E’ una pianificazione che tiene conto le relazioni e le interazioni fra i diversi elementi quali:- strategie organizzative (posizionamento strategico, obiettivi di mercato, strategie di dimensionamento etc.)- strategie ambientali: (mercato del lavoro, competitor, evoluzione delle tecnologie etc.)- variabili organizzative (configurazione dell’organizzazione aziendale, posizioni, percorsi di carriera, dinamiche retributive etc.)- dati individuali (profili anagrafici, competenza, professionalità etc)- sistemi di controllo (obiettivi economico-finanziari, produttività, vincoli di costo etc).- politiche delle Risorse Umane (reclutamento e selezione, formazione e sviluppo, valutazione etc.).Sono modelli che riconoscono l’importanza dell’interazione di tutti questi elementi. La loro efficacia può essere valutata con un indicatore di performance (rapporto tra dotazioni effettive di personale e dotazione desiderata; rapporto tra livelli di produttività reali e livelli programmati, tasso di turnover, rapporto tra costi di personale e budget etc.).

3.2.4 Verso un nuovo modello di pianificazione Gli approcci e gli strumenti illustrati non rappresentano metodologie contrapposte, ma diversi livelli di complessità e differenti condizioni di focalizzazione adatti alle caratteristiche dell’ambiente e del contesto aziendale in cui si opera.A fianco a questi modelli definiti tradizionali, si disegnerà un altro modello oggi necessario e richiesto ai sistemi di pianificazione del personale che è il Balanced Scorecard (paragrafo 3.6).

3.3. Pianificazione e ambiente esternoCome premessa all’attività di pianificazione è importante misurare e osservare le variabili esterne. Le più rilevanti solo:La struttura dei mercati del lavoro: domanda e offerta. Scarsa domanda, ad esempio, può spingere al ricorso di risorse interne. La pianificazione è legata all’ampiezza del mercato del lavoro, livelli di scolarizzazione, etc.Il contesto politico-istituzionale: l’apparato normativo definisce e influenza i rapporti di lavoro (contratti, orario di lavoro, politica economica etc.).

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Evoluzione delle tecnologie produttive: emergono funzioni e ruoli aziendali a elevata specializzazione, sono variabili che influenzano i piani di dimensionamento quali-quantitativo degli organici e inducono a ristrutturazioni aziendali.

3.4 Gli strumenti per la pianificazioneI tradizionali strumenti per le attività di pianificazione possono essere ricondotti a:- strumenti di tipo informativo, cioè strumenti che permettono di ottenere una fotografia delle Risorse Umane presenti nell’organizzazione attraverso la raccolta e l’analisi sistematica di dati relativi gli organici.- strumenti previsionali, che supportano la pianificazione dell’evoluzione della composizione dell’organico.

3.4.1 strumenti informativiS’intende basi di dati che consentono di conoscere le caratteristiche quali-quantitative delle Risorse Umane dell’azienda. Per ciascun dipendente, un sistema informativo del personale raccoglie dati relativi a:- info assunzioni (data etc.)- cessazione rapporto di lavoro: data, causale (pensionamento, dimissioni, licenziamento etc.)- dati anagrafici- qualifica aziendale e inquadramento- posizione retributiva- ruolo attuale e ruoli ricoperti in precedenza all’interno dell’azienda- sede di lavoro attuale e mobilità geografica- istruzione formale

Il sistema informativo del personale può derivare altri dati quali:- sistema gestione presenza, fruizioni ferie etc.- sistema di valutazione che forniscono info riguardo competenze prestazioni e potenziale di ciascun lavoratore.

L’efficacia del sistema è dato da: completezza e ampiezza dei dati e nella possibilità di analizzare e incrociare i dati per ottenere informazioni utili alle attività di pianificazione programmazione.E’ essenziale la padronanza di tecniche di analisi di base che consentono di ottenere un’informazione sintetica relative alla composizione aziendale come:

1) la configurazione demografica aziendale: aggregazione dell’organico sulla base di dati anagrafici così da ottenere dei gruppo omogenei (tipo cluster), costruire delle piramidi dell’età. Forme tipiche di piramidi dell’età sono:

– popolazione stazionaria (come in demografica – vi ricordate? – questa ha la forma di un siluro, la base è uguale al vertice) – popolazione in crescita (la base è molto più grande del vertice, forma piramidale)– popolazione in contrazione (la base è piccola come il vertice, è rigonfia al centro).2) assenteismo: ci dà i livelli di produttività attesi da cluster aziendali sulla base delle

informazioni relative all’assenteismo (diffidate di questo linguaggio, perché le ferie, i permessi per malattia, maternità non sono da considerare assenteismo in realtà!!L’assenteismo è quando uno timbra il cartellino e poi se ne va al bar e lascia vuoto la

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postazione lavorativa, ma qua la intende come nel primo caso, è un linguaggio scorretto). Gli indici di assenteismo utilizzabili sono:

- tasso di assenteismo ( rapporto percentuale tra ore o giornate perdute per assenze e ore o giornate lavorabili).- indici di frequenza (rapporto percentuale tra numero dei casi di assenza e organico medio nel periodo- durata media: numero complessivo di ore/giornate di assenza e il numero di casi di assenza.3) turnover: in un’azienda c’è un tasso fisiologico di turnover; un alto tasso di turnover invece è indicatore di sbagliate politiche di selezione e non ottimali, oppure di politiche retributive al di sotto dei livelli di mercato, oppure di un clima aziendale deteriorato e pesante. Gli indicatori che si utilizzano sono:- tasso turnover: rapporto tra complesso di entrati e usciti e organico medio nel periodo.- tasso turnover negativo: rapporto tra complesso di usciti e organico medio nel periodo.- tasso turnover positivo: rapporto tra complesso di entrati e organico medio nel periodo.- tasso di compensazione: rapporto tra entrati e usciti.

Sia questi indicatori, sia quelli precedentemente viti possono essere affinati concentrando l’attenzione su alcuni gruppi e singole fasce della popolazione aziendale definiti sullabase di alcune caratteristiche e dati anagrafici, oppure utilizzando una particolare causale di assenza etc.

3.4.2 Strumenti previsionali.Gli strumenti informativi permettono di ottenere la fotografia di alcune situazioni aziendali; gli strumenti previsionali, partendo dai dati tratti dagli strumenti informativi, possono essere suddivisi in strumenti qualitativi e strumenti quantitativi.a) strumenti quantitativi: strumenti che rispondono alla domanda “di quante persone avrò bisogno?”. Il focus è posto sul dimensionamento dell’organico (definire necessità di incremento/riduzione dell’organico). Si basano su analisi matematiche.

Le azioni da intraprendere per giungere a un corretto dimensionamento sono:- si incrementa l’offerta esterna agendo sulle politiche di reclutamento e retributive.- incremento offerta interna attraverso programmi di formazione e viluppo etc.- riduzione domanda lavoro attraverso automazione etc.- contenimento turnover attraverso il miglioramento delclima aziendale, sui sistemi di compensazioni e incentivazioni etc.- riduzione offerta di lavoro interna attraverso pre-pensionamento, ricollocazioni, licenziamenti etc.- agevolazioni turnover mediante flessibilizzazione dei rapporti di lavoro (= precarietà per tutti!). b) strumenti qualitativi: rispondono alla domanda: “di quali persone avrò bisogno?”. Il focus è sulla ricerca di persone in grado di ricoprire determinati posizioni e si basano su un approccio qualitativo. Tipici strumenti sono:

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- le tavole di rimpiazzo: attraverso interviste si capisce quali persone possono ricoprire una posizione. Colgono le competenze e capacità degli individui di ricoprire certe posizioni nel caso in cui risultino vaganti.

5.5 Budget e costo del personaleI vincoli del processo di pianificazione delle Risorse Umane sono di carattere economico-finanziario, dettati dalle risorse a disposizione dell’azienda destinati per il raggiungimento degli obiettivi di business. Ogni scelta di pianificazione deve considerare che qualsiasi azione comporta:- costi di acquisizione: il costo delle attività di reclutamento e selezione delle RU si articola in:

- costi di reclutamento: costi diretti per le attività di promozione dell’immagine dell’azienda sul mercato del lavoro, costi diretti per inserzioni sui diversi media, tempi uomo (cioè costo= num.di ore per svolgere un’attività x retribuzione oraria lorda) necessari per predisporre tale attività.- costi di selezione: tempi uomo per lo screening delle candidature, per la realizzazione dei test psicoattitudinali, interviste e assessement center etc.- costi di assunzione e inserimento: tempi uomo per gli adempimenti amministrativi; costi della formazione in ingresso e del processo di inserimento.

- costi di mantenimento: costi relativi alla retribuzione del lavoratore, comprende:- minimo e superminimo - maggiorazioni (per esempio per lavoro straordinario).- premio di risultato- incrementi retributivi per anzianità o discrezionali- fringe benefits

- indennità a varo titolo (trasferte, trasferimenti etc.)

- retribuzione differite (tredicesima, quattordicesima etc.)

- quota a carico del datore di lavoro per trattamenti mutualistici (malattia, infortunio etc.)

- contributi previdenziali- assicurazione obbligatoria (INAIL)- trattamento di fine rapporto (liquidazione).

- costi di sviluppo: costi supportati dall’azienda per portare una risorsa al livello di produttività normalmente atteso nella posizione che ricopre o che dovrà ricoprire:

- la rilevazione dei fabbisogni formativi, realizzata interamente e/o in outsourcing

- la macro-progettazione degli interventi, realizzata interamente e/o in outsourcing.

- l’organizzazione e il coordinamento delle attività

- valorizzazione dei tempi uomo dei partecipanti al corso- costo delle trasferte e delle indennità eventualmente riconosciute.- costo delle attività di docenza- costi diretti delle strutture e attrezzature

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- costi emergenti delle attività di affiancamento o di On the Job Training.

Il processo di budgeting.L’approccio incrementale: l’elaborazione del budget del personale può basarsi fondamentalmente su due metodologie: la prima si basa su logiche incrementali, la seconda sul zero based budgeting.Unapproccio incrementale determina i valori da inserire nel budget sulla base dei valori assunti in passato; i valori storici subiscono un adeguamento sulla base dell’andamento del tasso di inflazione, avvio di nuove attività che prima non erano previste, in base a variazioni retributive etc. Il rischio è di perpetuare gli sprechi passati.Lo zero based budgeting: ogni periodo si rimette in discussione. si fa il budget partendo ogni volta da zero. Prescinde dal dato storico e di consuntivo dei periodi precedenti. Il budget si determina in base agli obiettivi da raggiungere. Richiede tempi di sviluppo più lunghi, ma permette una maggior accuratezza nel determinare i costi.

3.6 Dalla pianificazione degli organici allo HR Balanced ScorecardDalla metà degli anni ottanta, la contabilità direzionale ha iniziato ad attraversare un periodo di declino per l’incapacità di fornire risposte adeguate alla gestione strategica.Le accuse rivolte sono: 1)ridurre i costi del lavoro 2) prediligono indicatori di breve termine 3) forniscono informazioni in ritardo.--> il risultato è una “mentalità contabile” poca attenta allo sviluppo futuro e al disegno strategico comprensivo del’organizzazione.

3.6.1 Il Baanced Scorecard Prende avvio da una ricerca condotta dai primi anni novanta da Johnson e Kaplan (1987), da cui emerge che il 90% delle aziende non attua la strategia dichiarata, che meno del 60% dei senior manager e meno del 10% dell’azienda nel suo complesso crede di avere una chiara comprensione riguardo alla propria strategia aziendale e che meno del 30% de senior manager che ritengono di averla compresa, credono che essa sia effettivamente seguita. Le considerazioni che sono emerse sono state:- avere una chiara visione non è sufficiente se essa non viene spiegata a tutta l’azienda.- una visione non deve rimanere sulla carta, ma essere tradotta in obiettivi e traguardi indivisuali e di funzione. - il piano strategico deve tradursi in obiettivi che hanno una rilevanza diretta sulle attività quotidiane.

Quindi la proposta è la creazione di un modello che ha come obiettivo principale la traduzione della strategia aziendale in azioni e misure concrete e coerenti con la mission-vision dell’organizzazione.Le misure finanziarie sono presenti, ma come punto conclusivo.I differenti tipi di indicatori sono classificabili secondo quattro prospettive che riflettono differenti punti di vista:- prospettiva finanziaria- prospettiva del cliente/mercato: livello dei servizi dal punto di vista del cliente, tasso di soddisfazione, di fidelizzazione e di acquisti ripetuti.- prospettiva dei processi interni: livello di efficienza raggiunto nei processi e nelle procedure interne all’azienda. Gli indicatori sono la produttività, il ciclo di vita dei prodotti, costi etc.

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- prospettiva della crescita e dell’apprendimento orientati alle Risorse Umane. Gli indicatori riguardano il capitale intellettuale, lo sviluppo delle abilità, il tasso di soddisfazione interna e il livello del turnover. Tutte le misure di questo modello non sono scollegate tra di loro, ma sono correlate ad una serie di obiettivi a loro volta legati al risultato economico finanziario finale.La costruzione di un sistema di Balanced Scorecard richiede di attivare un processo che preveda:

1) l’esplicitazione della vision aziendale2) la traduzione della vision in strategie e obiettivi3) la declinazione di strategie obiettivi secondo le quattro prospettive, su delineate.4) la definizione di fattori critici di successo, cioè un numero limitato di aree (Key Results-

Areas) nelle quali i risultati soddisfacenti assicurino prestazioni competitive e di successo per l’individuo.

5) Key performance area, cioè le variabili critiche di successo che il management può influenzare con le sue decisioni e che determinano il destino dell’azienda.

6) Key performance indicatori, misurazione per tenere sotto controllo le variabili chiave individuate

7) value drivers, azioni che il management deve intrattenere per realizzare con successo la vision aziendale.

3.6.2 HR Balanced Scorecard: allineare la gestione delle Risorse Umane agli obiettivi di business.Si muove su un continuum d possibili tipologie in termini di caratteristiche e articolazioni. Si possono individuare 5 tipologie:

1) Reporting Balanced Scorecard: elenco di indicatori finanziari e non raggruppati all’inernod elle quattro prospettive. E’ uno strumento di comunicazione e reporting.

2) Functional Balanced Scorecard: il focus è spostato sulle singole funzioni aziendali e per ciascuna si propongono una serie di indicatori finanziari e non.

3) Control Balanced Scorecard: lascia in secondo piano la dimensione strategica (come gli altri due) e si propone come strumento di gestione delle performance.

4) Alignment Balanced Scorecard: introduce il focus sulla dimensione strategica 5) Complete Balanced Scorecard: è quella più competa delineata dai due autori. E’ uno

strumento di dimensione strategica.

Una possibile sintesi e indicazioni operative sono:Dalla vision agli obiettivi: punto di partenza del processo è la traduzione della vision in obiettivi per le attività di gestione delle RU, utilizzando il frame work concettuale delle quattro prospettive:- quali sono le competenze da sviluppare per raggiungere gli obiettivi organizzativi? quali investimenti fare) (prospettiva di crescita e apprendimento)- quali condizioni di lavoro è necessario creare? per motivare e attrarre le risorse umane? (prospettiva cliente- quali processi di gestione devono essere operati per rispondere agli obiettivi dell’organizzazione? (prospettiva dei processi).- qual è il ritorno sugli obiettivi economici finanziari che danno gli investimenti sul personale?

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Sulla base degli obiettivi delineati è possibile definire un numero limitato di variabili che ci permettono di presiedere il raggiungimento di obiettivi (Kay Results Area e di Key performance areas), Reporting Balanced Scorecard)What can be measured. In quest’ottica, fare pianificazione delle RU significa tradurre obiettivi e strategie aziendali in azioni, indicatori e obiettivi per ogni area di attività della funzione. monitorando le performance.

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Capitolo 4. LA SELEZIONE: dagli Yes Man ai talenti. 4.1 PremessaLa complessità e l’incertezza dei mercati, l’interdipendenza dei soggetti economici richiede sempre di più alle organizzazioni di dotarsi di risorse in grado di rispondere prontamente alle richieste ertene, coerentemente con gli obiettivi e le necessità aziendali. Il processo di selezione – dal momento della ricerca alla integrazione delle nuove risorse – acquista un significato e un’importanza crescente.L’intero processo di selezione deve esser visto come un sistema in grado di apportare alle organizzazioni e alle aziende le conoscenze, le capacità necessarie, quindi il know-how collettivo, per ottenere il prima possibile prestazioni di successo: è quindi importante la compatibilità tra individuo e organizzazione. Nella fase di selezione non si possono valutare solo le caratteristiche attuali dell’individuo, ma si devono valutare anche le potenzialità: verso quali prospettive si potrà sviluppare l’individuo, quali caratteristiche in termini di conoscenze, capacità e competenze1 adeguate e utili per l’azienda.Non solo la persona giusta al posto giusto, ma anche la persona con potenzialità di sviluppo.Come si recluta, seleziona e trattiene la risorsa definita “talento” o “alto potenziale”, ossia risorse destinate nell’arco di pochi anni a ricoprire funzioni manageriali?Quali sono gli strumenti predittivi della superiorità delle competenze di un individuo?La separazione tra gestione e selezione viene meno. Le diverse fasi di selezione diventano un processo di socializzazione e sviluppo.

4.2 La RicercaLa formalizzazione del processo di ricerca comporta due vantaggi:

1) stimola il miglioramento dei processi utilizzati2) evidenzia i canali più appropriati e coerenti con la politica di selezione e l’andamento del

mercato del lavoro.

l ricorso alla ricerca di personale viene deciso basandosi su una serie di elementi interni ed esterni (vedere figura).Non è possibile individuare un’unica politica di ricerca; questa dipenderà dagli obiettivi. Il processo è strutturato, generalmente, in due momenti fondamentali: la definizione del fabbisogno di personale dell’azienda e la ricerca dei candidati.

4.2.1 La definizione del fabbisogno di personale dell’aziendaI fabbisogni qualitativi: quali persone cercare. Definire i fabbisogni qualitativi significa determinare le competenze e le capacità necessarie (profilo)per ricoprire una determinata posizione, cioè il ruolo che la persona occupa nella struttura organizzati. Questo è il risultato di un processo che prevede l’analisi della posizione da ricoprire, la descrizione dei relativi compiti e la definizione dei requisiti per svolgere tali compiti. definire il profilo professionale che candidati potenziali devono possedere.I fabbisogni quantitativi: quante persone cercare. E’ compito dei responsabili di linea valutare quantità e tipo di risorse occorrenti.

1 conoscenza: insieme di info che permettono di svolgere un’attività; capacità: possibilità di riuscire nell’esecuzione di un compito; competenza: insieme di tratti della personalità, conoscenze, motivazioni, che conducono a delle buone performance.

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4.2.2 La ricerca dei candidati.

In questa fase si devono definire: - le fonti n cui andare a cercare il profilo da ricercare. - gli strumenti, vale a dire come attirare i possibili candidati provenienti dalla varie fonti.- fonti esterne: ricercato nel mercato di lavoro.Le fonti possono essere:- fonti interne: (ricerca interno): quando il personale è ricercato nell’ambito dell’azienda. Ci sono risorse nell’azienda che presentano le caratteristiche richieste? Rappresenta per i dipendenti una possibilità di cambiare ruolo e responsabilità. Le principali fonti interne sono: 1) segnalazione dei dipendenti; Soprattutto nelle piccole e medie imprese ci si ricolge ai conoscenti e famigliari dei propri dipendenti, dimostrando di attribuire una grande importanza alla fiducia e conoscenza personale. I principali vantaggi sono il fatto di essere gratuite, i candidati possiedono

un’idea più chiara dell’azienda perché già la conoscono indirettamente. I principali svantaggi sono nel rischio che si trasformino in raccomandazioni, l’esclusione di qualche candidatura può essere motivo di dissapori, l’azienda può trasformarsi in un sistema chiuso che non si confronta con persone portatrici di esperienze e culture diverse.2) trasferimenti e promozioni; Si parla di trasferimenti in caso di spostamenti orizzontali , cioè tra un ruolo e un altro di equivalente livello e grado; si parla di promozioni in caso di spostamenti verticali. I vantaggi sono la possibilità per i dipendenti di cambiare ruoli e mansioni oltre che livello e qualifica. I maggiori svantaggi sono sempre legati al rischio di creare un sistema chiuso e

che si creino dei malcontenti tra colleghi. 3) riesame candidature archiviate; i vantaggi sono legati al fatto che è una fonte poco onerosa, gli svantaggi è che le candidature sono soggette a obsolescenza.

- fonti esterne possono essere:1) domande dirette; candidature spontanee. Creare un sistema di archiviazione che faciliti la consultazione in caso di necessità. Vantaggi: ricca anca dati da consultare in momenti di necessità; Svantaggi: grande mole di lavoro per attività di risposta. 2) scuole, istituti, università; vantaggio: canale per raggiungere facilmente giovani, con un titolo di istruzione specifico, senza o con poca esperienza lavorativa. Ottimo canale per far conoscere l’azienda. Svantaggi: investimento di tempo.

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3) società di consulenza; agiscono da intermediari tra azienda e mercato del lavoro. Ci si rivolge ad esse quando non si hanno le risorse in termini di tempo e denaro per gestire l’operazione di ricerca e/o selezione. Vantaggi: risparmio tempo, compito svolto da professionisti, premettono di conservare l’anonimato dell’azienda. Svantaggi: sono costose e richiedono una puntuale descrizione della posizione d ricoprire e del profilo ricercare.4) inserzioni candidati sulla stampa; annunci di domanda di lavoro; di solito è utilizzata dalle aziende di ridotte dimensioni. Vantaggi: sono poco e per nulla costosi, favoriscono accesso a profili professionali di livello più alto. Svantaggi: soggette a una rapida obsolescenza.

Strumenti. L’inserzione sui giornali può rappresentare uno strumento per attirare l’attenzione del lettore e suscitare interesse, favorendo la possibilità di una risposta pronta e agevole.

4.3 La selezioneE’ un “sistema tecnico teso a garantire la rispondenza qualitativa/quantitativa d fabbisogno di Risorse Umane necessarie al buon funzionamento attuale e futuro dell’organizzazione.” (Zerilli, 1994).Confronto tra domanda e offerta di lavoro raccolta tramite l’attività di ricerca. Considerarla come un “sistema tecnico” vuol dire adottare un metodo scientifico composto da una serie di tecniche e strumenti. Questo aiuta a ridurre le distorsioni causate da antipatie e simpatie. L’individuazione e selezione di soggetti che rispondono adeguatamente alle richieste dell’organizzazione non dipende solo dalle conoscenze e abilità professionali, ma anche dalla congruenza tra personalità e cultura aziendale. E’ importante verificare non solo le skill professionali, ma anche le compatibilità tra idee e valori dei candidati e quelli dell’azienda.E’ importante considerare anche la crescita del candidato e il suo contributo futuro.

4.3.1 Le fasi del processo di selezione.L’ordine non unico e uguale indistintamente, ma dipende anche dalle caratteristiche dell’azienda. A grandi linee si possono individuare; - La formulazione di una politica di selezione ben definita; ovvero l’insieme di direttive a cui attenersi e i criteri per verificare e valutare se gli obiettivi sono stati raggiunti.- Una conoscenza approfondita e precisa delle caratteristiche e de requisiti necessari di ogni mansione. Costruire dei profili da ricercare in base a caratteristiche, compiti da svolgere, tratti psicofisici, professionali e personali. - Una conoscenza chiara di tutte le tecniche di selezione e la capacità d identificare, di volta in volta, quale strumento sia più coerente per le esigenze aziendali.

4.3.2 Le tecnicheDopo aver identificato i profili rispondenti alle necessità e ai bisogni delle posizioni da ricoprire, vengono convocati i candidati. Si avvia il processo di convocazione sulla base i un calendario. Ogni fase prevede l’utilizzo di diverse tecniche:- questionario o modulo informativo: al momento della convocazione si richiede di compilarlo. Include dati anagrafici, attività generali (hobby, attività culturali, interessi etc.), esperienze professionali. Attraverso questo curriculum vitae standard si raccolgono le info in modo sistematico e organico. Fornisce un supporto ai successivi eventuali colloqui. - colloquio o intervista: scambio di informazioni tra azienda e candidato abbastanza codificato. Rappresenta un importante occasione per veicolare l’immagine e la cultura aziendale, per verificare

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la presenza e la coerenza dei requisiti del candidato rispetto alla posizione da ricoprire, verifica la veridicità delle informazioni dichiarate dal candidato. Le fasi sono: apertura (momento del benvenuto e accoglienza), conduzione (verifica dati raccolti e valutazione del candidato. Il candidato può aprirsi e mostrare liberamente le proprie competenze e caratteristiche personali), chiusura (tempo tra la decisione del selezionatore di chiudere il colloquio e fine effettiva di esso; se il candidato risponde al profilo ricercato, vengono specificati ulteriormente le mansioni e il ruolo), valutazione del candidato (ogni valutatore dovrebbe, alla fine del colloquio, schematizzare con pochi concetti i contenuti emersi così da stilare un prima graduatoria. I principali rischi sono effetto alone esercitato dall’influsso negativo e positivo trasmesso dalla persona; stereotipo, proiettare sul candidato delle dee iniziali e apparenti e valutarlo in base ad esse; interviste standardizzate che appiattiscono il livello di approfondimento. (- non inserisco le immagini - che rappresentano due schede “di rilevazione”; entrambi hanno lo scopo di standardizzare il giudizio e prevedono l’elenco di alcune caratteristiche. La prima si chiama Guida di valutazione “con voci sommatorie” e prevede un elenco di espressione: facilità di parola, difetti verbali, esperienza di vendita etc. e risposte pre-codificate; ad esempio aperta, sveglia, buona, normale chiusa, scarsa scadente, nessuna etc. La seconda scheda di valutazione è con “punteggi”; prevede sempre un elenco di cose: aspetto, reazioni, modo di esprimersi, educazione, personalità etc. con una scala di punteggi). - test o reattivi: è un’altra tecnica utilizzata per il processo di selezione.

- Test psicologici: sono strumenti costruiti per ottenere reazioni osservabili e misurabili. Sono costituiti da batterie di domande o compiti precisi. - Test dell’intelligenza: es. il quoziente intellettivo. QI.- Test attitudinali e di profitto: hanno l’obiettivo di verificare se il candidato è in grado di svolgere determinati compiti e lavoro. I test reattivi di profitto testano la capacità di apprendimento del candidato. - test di personalità: includono le tecniche proiettive e i questionari, cioè insieme di domande e affermazioni su comportamenti,a atteggiamenti, sentimenti e opinioni.

- dinamiche di gruppo: lo scopo di queste attività e rilevare, attraverso la realizzazione di un compito prestabilito in un gruppo di lavoro, la dimensione relazionale e il problem solving. - Prove pratiche: prove generali, ad esempio di conoscenza di una lingua straniera o di alcuni argomenti precisi.

4.4 Accorgimenti e inserimentoUna volta terminata la ricerca e la selezione, il processo termina con la stipulazione di un contratto.L’organizzazione non deve abbandonare a se stessa la risorsa, ma guidarlo nella conoscenza dell’ambiente in cui sono stati inseriti. La socializzazione nell’organizzazione coinvolge più processi:- acquisizione di una serie di appropriati comportamenti di ruolo;- sviluppo di abilità di lavoro specifiche;- adattamento a norme e valori del gruppo e dell’azienda.E’ importante guidare la risorsa in questa fase iniziale e mettere a punto un sistema di attività che favoriscano l’ingresso: il programma di orientamento.

4.4.1 Il programma di orientamento: le fasi Accoglimento: “il complesso di iniziative e azioni programmate per fornire al nuovo assunto informazioni utili per conoscere meglio l’ambiente in cui è entrato, l’unità le mansioni a cui è

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destinato, le persone con cui dovrà collaborare, i regolamenti e le procedure, i suoi diritti e doveri” (Zerilli). Obiettivo: evitare il disorientamento. Questo processo è gestito dalla Direzione del Personale e, preferibilmente, nei primi giorni dal responsabile di unità. Inserimento: “il complesso di iniziative e azioni di informazione e di assistenza formativa programmate per seguire il nuovo assunto nel primo periodo di attività aziendale” (Zerilli). Mentre l’accoglimento è limitato ai primi giorni, l’inserimento si protrae per tutto il periodo di prova e serve per aiutare il neo assunto a comprendere i compiti. Gestito dal responsabile di linea.

4.4.2 I contenuti e gli strumenti In tutto il percorso di orientamento si utilizzano degli strumenti. La scelta di questi dipende dlle dimensioni aziendali, il numero di neoassunti, il tipo di lavoro etc. Si utilizzano:- i manuali che riassumono informazioni sull’azienda.- i colloqui individuali: permette di trasferire in modo dettagliato i dati aziendali e verificare dubbi e incertezze. - riunioni di gruppo, in caso di molteplici assunzioni.- visite aziendali: visite ai vari uffici e reparti per meglio far conoscere l’ambiente di lavoro , presentare colleghi e responsabili di altre funzioni.

4.5 La selezione: le tendenze evolutive. Le aziende sempre di più entrano in contatto con aziende e università, partecipano a fiere universitarie, fornendo informazioni sull’azienda e dando la possibilità di lasciare curricola. Un altro strumento per conoscere meglio le risorse è lo stage. Un altro strumento per il processo di selezione è l’Assessment Center, cioè un sistema integrato di di attività e strumenti standardizzati, in 2-3 giornate consecutive in cui vengono messi alla prova e suddivisi in gruppi di 6-8 partecipanti ciascuno. Si compone di diverse fasi e implica l’utilizzo di diverse tecniche: test psicologici, esercitazioni di gruppo, colloqui etc. In questo modo i vantaggi sono: utilizzano più strumenti selettivi, utilizza un gruppo di valutatori che osserva i candidati, permette di predire alcune caratteristiche. Durante la fase d’inserimento, le aziende utilizzano sempre di più due attività:- il mentoring: attività che mira alla valorizzazione e potenzialità dell’individuo Attraverso l’affiancamento del collega più anziano ed esperto. Il mentore fornisce sostegno emotivo, sostiene il processo di apprendimento, diffonde valori e assunti aziendali condivisi. - il coaching: Se il mentoring si propone la trasmissione di conoscenze e abilità, ma soprattutto di aiutare il giovane a gestire se stesso nell’organizzazione, il coaching ha lo scopo di migliorare prestazioni e comportamenti, quindi si incentra sulla trasmissione di competenze.Il coach è in posizione di superiorità gerarchica.

E-recruiting: la pubblicazione online di annunci di lavoro su richiesta di aziende e società di selezione. In Italia sono le grandi aziende a utilizzare questo sistema attraverso una parte dedicata nel sito internet e i siti web nati come incontro di domanda e offerta.

CAPITOLO 5. La valutazione: dalle posizioni alle competenze

5.1 Premessa

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I tre assi portanti della valutazione sono: posizione, prestazione e potenziale e sono interconnessi tra di loro.

5.2 Gestione strategica delle RU e valutazioneSi valutano:– le posizioni (dal paragrafo 5.3)– le prestazioni(dal paragrafo 5.4)– il potenziale (dal paragrafo 5.5)

Questo schema mostra in modo dettagliato sia il ruolo delle attività di valutazione come elemento di raccordo tra strategia e struttura organizzativa aziendale, da una parte, e i sistemi delle Risorse Umane, dall’altra; sia le modalità con cui la valutazione alimenta e indirizza il funzionamento delle altre leve del ciclo delle Risorse Uman.La valutazione è importanza in primo luogo perché garantisce coerenza tra strategia di business, struttura organizzativa e caratteristiche delle RU.A partire dagli obiettivi strategici si procede in due direzioni: da una parte verso l’analisi della struttura organizzativa, dall’altra verso l’analisi del personale in forza per verificare e valutare il potenziale (possibile sviluppo professionale in prospettiva futura) e le prestazioni (cioè la capacità di raggiungere certi risultati)Appaiono i collegamenti tra le attività di valutazione e le altre attività di gestione delle risorse umane (formazione, addestramento, mobilità, carriera, retribuzione etc.). In base agli esiti della valutazione delle prestazioni possono, infatti, essere definiti l’attribuzione di ricompense, passaggi di livelli etc.Allo stesso modo, a partire dai risultati della valutazione dei potenziali possono essere identificati interventi di formazione e piani di sviluppo, piani di mobilità interna (attraverso tavole di rimpiazzo etc.).

Come affermano Auteri e Busana, è compito dei quadri esprimere apprezzamenti sulle persone loro affidate perché s’intraprendano azioni di gestione eque e fruttuose sia per gli individui sia per le aziende.

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La valutazione del personale serve a sostituire giudizi disorganici, saltuari e formulati in base a i più vari criteri, una procedura sistematica, un linguaggio unificato e un criterio uniforme per tutti, basato su parametri precisi (Zerilli).Un Sistema di valutazione dovrebbe essere:- aderente alle prassi quotidiane.- coerente agli orientamenti culturali e agli altri sistemi di gestione - d’impatto sui comportamenti del personale- avere obiettivi che siano compresi dall’organizzazione, dal valutatore e dal valutato.

5.3 La valutazione delle posizioniPosizione vuol dire: ruolo che una certa persona occupa all’interno della struttura organizzativa aziendale; ciascuna posizione ha uno specifico valore per l’organizzazione, determinato dal grado di complessità e importanza nel processo.Valutare la posizione (job evaluation) significa: identificare le diverse posizioni aziendali e stabilire tra di esse una graduatoria, legata al loro valore per l’organizzazione, espressa generalmente con un punteggio assoluto o in una fascia di punteggio.Inoltre la valutazione serva a: mettere in luce situazioni di eccesso o mancanza di livelli organizzativi; valutare la coerenza della struttura organizzativa e fornire informazioni per altre attività di gestione delle risorse umane (reclutamento, selezione, mobilità interna etc.).

5.3.1 L’analisi delle posizioniIn un’attività di analisi, bisogna preliminarmente considerare una serie di fattori che la condizionano:- ambiente di riferimento, collocare la posizione nella dimensione spazio-temporale- quadro di riferimento, cioè rapporti gerarchici e funzionali che legano la posizione con tutta l’organizzazione- gli obiettivi caratteristici della posizione- i mezzi disponibili per il raggiungimento degli obiettivi- le conoscenze e le competenze necessarie allo svolgimento delle attività- i requisiti critici per ricoprire la posizione, da cui si delinea un profilo ideale.- interrelazioni con altre posizioni- livello di autonomia e discrezionalità della posizione

Esistono tre tecniche di analisi delle posizioni:1) osservazione diretta: ideale per attività manuali e di routine. Lo svantaggio è che la persona, sentendosi osservata, può variare la sua prestazione e comportamento abituale rispetto alla normalità.2) somministrazione del questionario: quando si vogliono analizzare popolazioni ampie e caratterizzate da un livello di standardizzazione delle attività. 3) L’intervista: è la tecnica più diffusa; si possono fare anche interviste di gruppo.Spesso si ricorre alla combinazione dei tre metodi. Dopo l’analisi, attraverso queste tre tecniche, si arriva alla descrizione della posizione. La descrizione prevede:- titolo (denominazione posizione)- scopo (perché la posizione esiste nell’organizzazione)- responsabilità/attività (attività affidate alla posizione per raggiungere gli obiettivi prefissati)

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- dimensione (sono dati quantitativi come il budget – volumi di fatturato, costi etc. – dati di organico – numero e livello dei dipendenti - numero clienti, numero commesse etc.).- relazioni (la collocazione nell’organigramma aziendale)- finalità (contributo che da la posizione al raggiungimento degli obiettivi aziendali; specificarlo significa mettere in evidenza attività svolte e aree del risultato aziendale).

Un programma di analisi e descrizione delle posizione si articola nelle seguenti tappe:- definizione del campione (quali posizioni analizzare).- costruzione di un nucleo di valutazione composto da personale specializzato- definizione del formato di descrizione.- processo di approvazione della scheda fatta da titolari della posizione e superiori gerarchici.- definizione e comunicazione della iniziativa di analisi e stesura del calendario.- sistema di manutenzione e aggiornamento a cadenze periodiche 5.3.2 I metodi per la valutazione delle posizioniLa valutazione delle posizioni è il procedimento attraverso il quale ogni singola posizione viene confrontata con altre posizioni presenti nella struttura aziendale al fine determinare il valore relativo.Le metodologie sono molte. In primo luogo si distingue in metodi quantitativi e non quantitativi. I primi individuano dei punteggi e quindi permettono una misurazione della distanza tra posizioni; i secondi producono una gerarchia d’importanza, ma le differenze non si quantificano.Poi si distingue tra:1) metodi globali (considerano complessivamente la posizione, senza analizzare le singole caratteristiche).2) Metodi analitici (scompongono la posizione nei suoi elementi significativi detti fattori di valutazione. La somma dei giudizi dà il valore complessivo).3) Metodi basati sul processo decisorio (si definiscono gli obiettivi del programma di valutazione, si circoscrive la portata cioè se deve riguardare tutte le posizioni aziendali o solo alcune più strategiche, in seguito si scelgono gli strumenti e le tecniche ad hoc. Solitamente si istituisce un “comitato di valutazione” composto dal management sulla base di un criterio gerarchico e sulla base di un criterio interfunzionale (ciascun capo valuta anche le posizioni diverse dalla propria).La valutazione di un certo numero di posizioni è quindi collegiale. La direzione del personale, in un secondo tempo, completa la valutazione delle altre posizioni.

IL METODO HAYE’ tra i modelli di analisi e valutazione delle posizioni esistenti più utilizzato. Questo metodo parte da un presupposto: ogni posizione aziendale esiste in quanto le sono stati assegnati alcuni obiettivi istituzionali da raggiungere. I tre fattori di valutazione sono: - competenze: la soma delle capacità e conoscenze necessarie per svolgere adeguatamente i compiti in vista dell’obiettivo; si articola in competenza tecnica, competenza manageriale e competenza nelle relazioni umane.- Problem solving: attività di pensiero necessaria a risolvere i problemi - finalità:esprime l’ambito di responsabilità in termini di grado di autonomia e spazio d’influenza rispetto ai risultati.Tanto maggiore è l’importanza di una posizione tanto sale il peso dato alle finalità e problem solving.

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5.4 La valutazione delle prestazioniPuò essere definita come il processo (sistematico) attraverso il quale un’organizzazione misura e valuta sia il conseguimento degli obiettivi sia i comportamenti del titolare di una specifica posizione organizzativa in riferimento a un arco temporale definito (tipicamente 12 mesi). Quindi si tratta di misurare in quale misura e in quale modo l’interessato a svolto i suoi compiti, qual è il livello di competenza professionale. Alfine di evitare che la valutazione sia influenzata da opinioni e sensazioni soggettive, bisogna procedere sistematicamente e considerare una serie di fattori che possono aver influenzato in modo positivo o negativo la prestazione nel periodo in esame, come:- i risultati raggiunti possono essere influenzati e determinati da fatti indipendenti le capacità e la preparazione del dipendente.- il collaboratore/dipendente non deve essere valutato per prestazioni o risultati non richiesti dalle sue mansioni.- il giudizio deve vertere su come il collaboratore ha svolto le attività nel dato tempo considerato, in relazione al livello medio dei risultati richiesti da quella posizione.- non si considerano le eventuali potenzialità, ma si giudica ciò che è stato fatto.- non si deve far u confronto con i risultati delle prestazioni valutate precedentemente.I due schemi che seguono sintetizzano i diversi obiettivi e conflitti tra le parti in gioco: valutato, valutatore e organizzazione.

5.4.1 I segmenti di popolazione interessati

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In linea teorica i sistemi di valutazione delle prestazioni possono riguardare tutti i livelli gerarchici aziendali (top-manager, dirigenti, quadri, professionisti e collaboratori esecutivi), ma vengono declinati diversamente in base al segmento di popolazione in esame. Va sottolineato che la valutazione delle prestazioni, nelle sue forme più tipiche, va utilizzato per il management (dirigenti, quadri e professionisti); per i top manager (direttore generale) il discorso è leggermente diverso; in questo caso lo strumento tipicamente utilizzato è un Management by Objectives caratterizzato da

pochi obiettivi direttamente correlati ad un premio economico variabile sia in termini temporali che di entità.Per quanto riguarda impiegati e operai si stanno diffondendo dei sistemi di valutazione, ma esistono alcuni vincoli alla possibilità di ottenere un reale miglioramento de risultati grazie alla valutazione delle prestazioni.

5.4.2 Gli oggetti della valutazione delle prestazioni

Questi (comportamenti, risultati, competenze, atteggiamenti etc.) possono essere aggregati in due categorie:

1) voci che si riferiscono all’output della prestazione, gli obiettivi di prestazioni. Che cosa valutare?

2) voci che si riferiscono al processo attraverso il quale l’output è stato prodotto, comportamenti organizzativi (capacità di comportamento organizzativo e si escludono atteggiamenti, caratteristiche e inclinazioni personali) Come si realizza la prestazione?.

Le caratteristiche che dovrebbero caratterizzare sempre e comunque la definizione di un obiettivo sono: - coerenza tra le linee e gli obiettivi strategici dell’azienda.- coerenza con le are di responsabilità proprie della posizione (in termini di discrezionalità e spazi di azioni gestionali).- misurabilità e la definizione della soglia per definire la positività o negatività di una prestazione.- la significatività dell’obiettivo - la raggiungibilità dell’obiettivo, cioè la sua coerenza con le risorse disponibili (responsabilità e in base all’esperienza e competenza).

La ponderazione è definire l’importanza relativa a ciascun obiettivo nel complesso della valutazione e che viene fatta assegnando un valore percentuale. Il valore sogli è 10%, al di sotto del quale non è tenuto in considerazione quel dato compito.

Per quanto riguarda i comportamenti organizzativi, il problema è individuare quei comportamenti oggetto della valutazione. Uno schema semplice dei comportamenti da tenere in considerazione sono:

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- capacità mentali, come la capacità di sintesi e di analisi- capacità organizzativa: controllo, pianificazione- capacità relazionali: capacità e abilità di relazione e interazione con gli altri come leadership,ascolto, comunicazione e gestione dei conflitti

Per la valutazione si possono utilizzare scale a gradi multipli alfanumeriche o per aggettivi descrittivi, oppure su una scala lineare/grafica che indica la distanza da due punti estremi. Si farà anche un ponderazione dei diversi fattori. Le scale di giudizio sono generalmente a sette picchetti o gradi o la scala pentenaria.

5.4.3 La scheda E’ lo strumento classico per la valutazione. Si articola in tre sezioni (si possono sviluppare varianti a partire da questo schema base):

1) sezione introduttiva: dati anagrafici del valutato, informazioni dell’azienda, unità di appartenenza, periodo di tempo)

2) la valutazione vera e propria (una parte riferita agli obiettivi specifici del periodo, l’altra e una ai comportamenti)

3) le integrazioni alla valutazione (nuovi obiettivi e aree di miglioramento con indicazione di possibili interventi) le implicazioni gestionali in termini di carriera, retribuzione e formazione, indicazione relative alla valutazione del potenziale (ma questo so scemi, prima dicevano che ste cose non rientrano nella valutazione delle prestazioni!! bhaaa).

5.4.4 Il colloquio di valutazioneIn primis si deve predisporre un contesto adeguato che possa facilitare lo svolgimento: luogo riservato, non rumoroso. Occorre promuovere un clima favorevole.Il valutatore dovrà predisporsi con un atteggiamento di ascolto e non di rigidità, rifiuto e distanza. Dovrebbe essere un processo continuo attraverso incontri periodici. E’ importante la formazione per i valutatori da parte dell’azienda.

5.4.5 Gli attori coinvoltiPassaggio da valutazione one over one, cioè fatta dal capo e rivista dal suo superiore, e modelli multiple appraisal, in cui compaiono nuovi attori coinvolti: dirigenti di altre funzioni e unità, colleghi e dipendenti del valutato, Inoltre c’è il ruolo svolto dalla Direzione del Personale, che è

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responsabile della manutenzione politica e tecnica del sistema, del controllo della sua applicazione ortodossa e della gestione e utilizzo delle informazioni generate dall’attività di valutazione.

5.4.6 Il collegamento con gli altri sistemi di gestione delle risorse umane. La valutazione è ritenuta la principale fonte di informazioni per tuti gli altri sistemi:- sistema retributivo/premiante, differenziando i livelli di prestazione.- sistema di formazione per la pianificazione di azioni di sviluppo e formazione al fine di migliorare le prestazioni e le potenzialità- sistema di mobilità e sviluppo di carriera, per pianificare interventi di mobilità in altre posizioni, all’interno dell’unità organizzativa o sviluppo di carriera della posizione. 5.5 Valutazione del potenzialeIl potenziale è: l’insieme delle caratteristiche che si ipotizza siano a disposizione di un individuo, ma che nel momento considerati non hanno la possibilità di essere manifestate.Il concetto di potenziale che emerge da questa definizione può essere inquadrato in una posizione interazionista. L’ambiente svolge una funzione maieutica (metodo socratico basato sul dialogo, che permette di “tirar fuori” pensieri personali) rispetto all’emergere di certe caratteristiche e potenzialità. Questa definizione può essere integrata con altre due, una psicologica e l’altra organizzativa. Rispetto alla prima s’intende per potenziale l’insieme delle energie, capacità e attitudini presenti, ma che non sono utilizzate per impossibilità di farlo o per mancanza di know-how ed esperienza.Dal punto di vista organizzativo, il potenziale è il confronto tra le caratteristiche di un individuo e quelle richieste per coprire una posizione.La valutazione del potenziale è una rilevazione qualitativa e che ha per oggetto le attitudini., cioè di capacità suscettibili d’incremento in base a sollecitazioni ambientali.Inoltre la valutazione delle prestazioni, oltre a non essere basato su metodi quantitativi, non ha carattere assoluto. Ma è relativo alle caratteristiche richieste da una determinata posizione. In sintesi si può definire la valutazione del potenziale come un’attività diagnostica finalizzata ad individuare le attitudini dei componenti di un’organizzazione per orientare lo sviluppo verso posizioni presenti e future congruenti con il profilo psico-attitudinale.Lo scopo di questa valutazione è: avere un quadro chiare delle potenzialità presenti in azienda, individuare possibili candidati interni, pianificare il fabbisogno di RU in caso di cambiamenti organizzativi, programmare paini di formazione e sviluppo e pianificare carriere manageriali.

5.5.1 Il processo di valutazione del potenzialeUn programma di valutazione del potenziale coinvolge: vertice aziendale, direzione del personale, lo sviluppo ed eventuali consulenti esterni.Prima fase: individuare i segmenti della popolazione aziendale il cui potenziale s’intende valutare (solitamente quadri e dirigenti, ma anche professionisti e giovani laureati)Seconda fase: scelta del metodo e costruzione della griglia di riferimento (cioè una scheda che contiene una un elenco di categorie predittive del potenziale con cui vengono raccolte in modo organico e standardizzato le informazioni).Terza fase: una volta terminata la raccolta e l’analisi dei dati si realizza la stesura dei profili e si procede alla creazione del così detto “Comitato di Sviluppo”, di cui fanno parte vertice aziendale, direzione del personale e le risorse interne/esterne direttamente coinvolte nella realizzazione dell’intervento.

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Al termine del programma si decide se e come restituire i risultati della valutazione al diretto interessato.

5.5.2 La metodologiaI metodi possono essere raggruppati in due categorie:- metodo diretto: si basa su osservazione diretta, i fatti vengono rilevati con strumenti che coinvolgono in pria persona il valutato. Questo garantisce una più reale oggettività, non essendo mediato dal giudizio di una terza persona. - metodo indiretto, tramite la raccolta di testimonianze; si raccolgono informazioni tramite soggetti terzi considerati testimoni privilegiati. Risulta critico nell’attendibilità delle informazioni,ma genera un elevato coinvolgimento dell’organizzazione. La scelta del metodo è data da una serie di variabili quali la cultura aziendale, il livello, l’anzianità, il momento specifico etc.Nel grafico che segue sono sintetizzati le caratteristiche principali.

5.6 Dalla valutazione delle posizioni alla valutazione delle competenzeI mutamenti socio-economici hanno portato a un cambiamento strutturale delle aziende (non più sistema gerarchico, ma strutture a rete sempre più flessibili e dinamiche, capaci di adattarsi più facilmente ai cambiamenti).Anche le persone nell’azienda sono fonte di vantaggio competitivo. Le aziende si deburocatizzano e sostituiscono alla tradizionale struttura gerarchica la capacità delle persone si sviluppare autonomia e apprendimento.In questo contesto e in questa prospettiva s’inserisce il “movimento delle competenze”, che sposta l’attenzione dal risultato in sé (il cosa) al l’apprendimento sulle risorse e sulle condizioni da cui tale risultato dipende (il come). Questa prospettiva focalizza l’attenzione sulla persona piuttosto che sul job, alle capacità di sviluppo potenziali piuttosto che alle sole prestazioni. Quello che è importante per l’azienda è avere persone che sappiano fare determinate cose e non prescrivere che cosa le persone devono fare. Le competenze personali sono importanti come quelle organizzative.

5.6.1 I diversi approcci alla valutazione delle competenze e le tendenze attuali.

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I filoni del “movimento delle competenze” sono due: 1) il filone psicologico/individuale/culturale: che centra la sua analisi sui comportamenti messi in atto nell’organizzazione. Si basa sull’idea di competenza individuale, un aspetto profondo e duraturo della personalità di un individuo. 2) il filone razionale/strategico/sistemico che prende in considerazione le conoscenze organizzative e si basa sull’identificazione delle competenze distintive necessarie per sviluppare il business e i suoi fattori critici di successo sia attuali che futuri. Si basa sull’idea di competenza organizzativa; la competenza è un insieme di processi di business organizzativi. In questa prospettiva si parla di apprendimento collettivo dell’impresa. La competenza è il prodotto di un processo strategico collettivo. Non è importante possedere tante competenze, ma quelle necessarie per avere successo nel business.

I modelli più diffusi tendono a collocarsi in una posizione mediana rispetto ai due filoni descritti. L’azienda in base all’elaborazione dei valori fondamentali (vision) e in base alla strategia di attuazione di questi valori (mission), definisce quelle che sono le “competenze distintive”, le caratteristiche sopratutto manageriali che uniscono gli aspetti organizzativi agli stili di conduzione.Il passaggio dalla valutazione delle posizioni alla valutazione delle competenze risponde alla necessità delle aziende – a fronte delle profonde variazioni dell’ambiente competitivo – di dotarsi di sistemi di strutturazione e funzionamento organizzativo più flessibile e realmente in grado di valorizzare il contributo delle persone. Il modello delle competenze non è un sistema di valutazione delle prestazioni, ma un modo diverso di progettare e pianificare la gestione delle RU.

5.7 La valutazione del personale: alcune tendenze recentiMultisource feedback Valutazione a 360° peer evalutation tutte e tre queste espressioni fanno riferimento a un tentativo di innovare i processi di valutazione del personale. In particolare, organizzazioni piatte, piramidi rovesciate, decentramento di responsabilità e lavoro di gruppo presuppongono un ribaltamento o comunque un cambiamento del tradizionale rapporto capo-collaboratore. Nei nuovi sistemi di valutazione entrano in gioco anche altri soggetti come colleghi, collaboratori e clienti.Nel sistema di valutazione a 360° è importante considerare:- il contesto e quindi la compatibilità della sistema di valutazione con l’organizzazione e la cultura de quella precisa azienda.- Inoltre si deve stabilire quali risultati e comportamenti valutare. La decisione dei criteri può ricadere sui manager supervisori che anno la valutazione oppure affidata ai valutatori stessi. - i valutatori vengono scelti a 360° gradi intorno ai valutati, e possono essere i capi (anche di un altro reparto), i collaboratori. E’ importante garantire l’anonimato della valutazione. - E’ importante come vengono utilizzati i risultati. Il problema è quello di trovare un equilibrio tra il diritto del dipendente di accedere ai risultati la confidenzialità dei giudizi espressi dai vari valutatori. - Il processo di conclude con il feedback al dipendente. Sono esperti che devono saper rstituire adeguatamente e in modo costruttivo il feedback.

CAPITOLO 6 La carriera: dall’anzianità al potenziale

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6.1 PremessaIl capitolo delinea lo stato dell’arte del concetto di carriera organizzativa e analizza gli strumenti tradizionalmente utilizzati. La tesi di fondo è che i cambiamenti che si sono verificati a partire dagli anni ’90 hanno avuto un forte impatto sulla tradizionale concezione di carriera (maggior flessibilità, maggior precarietà, le certezze circa la stabilità del lavoro vengono meno etc.).Il modello della carriera costituisce uno strumento di gestione delle risorse umane e la soluzione di uno dei più critici problemi di business: l’identificazione e la crescita delle risorse per il mantenimento e lo sviluppo dell’organizzazioni.La carriera nasce, quindi, dall’esigenza delle organizzazioni che creano percorsi di crescita professionale e di competenze Alle persone, che divengono capaci di gestire responsabilità sempre maggiori e di occuparsi di parti sempre più estese del business.

6.2 il concetto di carriera nella letteratura manageriale Non c’è una definizione univoca del concetto ‘carriera’. Ciascun autore evidenzia glia spetti che più ritiene rilevanti.La carriera viene descritta come “un percorso di avanzamento professionale” (accento alla dimensione dinamica); “la sequenza, percepita individualmente, di attitudini e di comportamenti, associati alle esperienze lavorative e alle attività realizzate lungo il tempo di vita di un individuo” (accento sulla concatenazione di eventi). Altre definizione pongono l’accento alla dimensione di un accrescimento di responsabilità e competenza. Manca una definizione condivisa. Nella prospettiva delle scienze sociali viene data importanza alla dimensione relazionale tra individuo e organizzazione. Per la psicologia evoluzionista la carriera è una sfida della capacità umana di adattamento. La sociologia studia la rilevanza dell’impatto dei fattori sociali ereditari (appartenenza una classe sociale, le disuguaglianze educative etc.) sulle opportunità di carriera all’interno della popolazione. Altre definizioni hanno messo in evidenzia il connubio tra carriera e sviluppo, intendendo la carriera come processo; i manager hanno un ruolo chiave nello sviluppo della carriera dei collaboratori, possono coltivare le capacità del lavoratore, favorendone la crescita.

6.3 La carriera dentro l’organizzazione: il vecchio paradigma.Nelle vecchie organizzazioni burocratiche (fino agli anni novanta), che agivano in un ambiente relativamente stabile, c’era una maggior possibilità di pianificare strategia nel lungo periodo e le risorse umane erano percepite come “risorse costanti e passive”. La carriera era intesa solo come crescita verticale,quindi come un processo dia scesa verso posizioni di crescente autonomia, autorità e responsabilità. L’occupazione era stabile, e anche il processo di carriera era costituito da una serie di passaggi verticali, predefiniti e stabili. Tra lavoratore e azienda c’era un patto psicologico e tacito di reciproca fedeltà.A presiedere alla carriera, cioè all’ascesa verticale e gerarchica erano i livelli della gerarchia e la direzione del personale.Fino agli anni novanta la carriera assumeva due configurazioni: lineare e professionale.

6.3.1 Carriera linearePassaggi verticali verso posizioni gerarchiche di maggior autorità e responsabilità.Per raggiungere queste posizioni bisogna mostrare competitività e orientamento al profitto, oltre che efficienza e leadership. Gli avanzamenti sono promozioni. Le ricompense sono l’accrescere della retribuzione e il raggiungimento di un maggior riconoscimento e prestigio sociale.

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6.3.2 Carriera professionaleE’ tipica di chi ha costruito una professione su una determinata attività e specializzazione (es. avvocato, medico etc.).E’ un miglioramento progressivo delle proprie conoscenze.La maggior aspirazione è raggiungere alti livelli di professionalità ed elevata competenza tecnica.La carriera non è concepita come un passaggio verso l’alto (a parte nella fase iniziale in cui da apprendista si passa a professionista), ma come un continuo aumento del proprio know-how.Queste c sono in organizzazioni piatte e con forti dipartimenti funzionali. Gli elementi che premiano al risorsa sono l’ottenimento di riconoscimento e la possibilità di continua formazione tecnica.

6.4 La pianificazione delle carriere: gli strumenti tradizionaliQuesti due tipi di carriera costituivano due itinerari: - un itinerario professionale che consente il passaggio da una specializzazione all’altra, all’interno della stessa qualifica;Inizialmente questo modelli si applicava all’interno delle fabbriche (operaio caposquadra assistente capofficina). Poi si è esteso alle nuove professioni.- un itinerario promozionale: prevede il passaggio a ruoli appartenenti a diverse specializzazioni che possono costituire gradini di una carriera.

Per pianificare la carriera, l’azienda deve predisporre di una descrizione articolata dei profili professionali. La mappa, che permette di individuare le competenze specifiche di funzione esprimibili in termini di capacità richieste, rappresenta una fotografia organizzativa che consente di definire le competenze necessarie a ciascun ruolo e possedute da ciascuna risorsa nella singola posizione. Le informazioni provenienti dalla valutazione della prestazione e del potenziale forniscono dati utili per sostenere le scelte inerenti ai percorsi di carriera.Nel vecchio modello di carriera sono due gli strumenti della pianificazione delle carriere (career planning):- Il piano di successone per cooptazione verticale- il piano di rimpiazzo multiplo.

6.4.1 Il piano di successione per cooptazione verticaleStrumento che consente di individuare la sostituzione tra le persone che ricoprono posizioni. Individuata la risorsa più competente e preparata per sostituire quella posizione; questa verrà preparata alla sostituzione attraverso attività di formazione ed esperienze sul campo.E’ basata su una logica di lungo termine adatta ad aziende che operano in ambienti stabili.Non è adatto a fronteggiare emergenze o situazioni improvvise come una posizione improvvisamente vacante.La crescita del futuro successore è affidata a colui che l’ha scelta.

6.4.2 Il piano di rimpiazzo multiploIndividuare, tra i diretti collaboratori, la risorsa più idonea a sostituire il capo. Riguardo un ampio numero di posizioni e ciascun manager è verificato in base alle possibilità di crescita verticale sia orizzontale (professionale). Le tavole di rimpiazzo sono piani di successione che indicano quali manager a breve o lungo termine possono rimpiazzare la risorsa della posizione.

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6.4.4 Sentieri di carrieraSono dei “sistematici piani di rotazione di incarichi che sono preparatori di responsabilità che verranno assunte in futuro” (Fertonani). E’ un percorso finalizzato a preparare le risorse adeguatamente. Era un approccio di lungo termine che si poteva realizzare in contesti stabili.

6.5 Il concetto di carriera: verso un nuovo paradigmaI contesti sono sempre più turbolenti, caratterizzati da grande competizione, variabilità e incertezza ambientale, oltre che continua ricerca di innovazione del prodotto. Questo porta le aziende ad una riorganizzazione e ristrutturazione, capace di adattarsi maggiormente ai cambiamenti esterni. Le aziende non possono più pianificare lo sviluppo della propria gerarchia e, quindi, delle carriere.Un nuovo fattore di successo per le aziende è il decentramento delle responsabilità e delle capacità decisionali lungo tutta la struttura, l’interorganizzazione con altre aziende.Le aziende sono sempre più piatte e meno verticistiche. Lo scambio tra azienda e collaboratore è di breve periodo “un contratto di un giorno”, cioè l’aspettativa della lealtà dei collaboratori è limitata nel tempo di soddisfare le aspettative attuali degli stessi. Il contesto attuale ha causato la perdita di continuità del legame e quindi ha sancito la fine della tradizionale carriera dentro l’organizzazione.Più di carriera si può parlare di autosviluppo. Attualmente si parla di “carriera proteiforme”; con questa espressione s’intende un processo in cui le persone, e non le organizzazioni, governano lo sviluppo della propria carriera, costruendola attraverso differenti esperienza, realizzate sia in campo educativo/formativo sia lavorativo, in contesti e ruoli diversi. In questo tipo di carriera si tiene conto di tutto il percorso di un individuo, non solo di quello che ha realizzato all’interno dell’azienda.La valutazione del successo è nella mani del singolo. In sintesi SO CAZZI NOSTRI!! AhahahAddirittura parla di tre vantaggi:- nuova modalità di pensare al tempo lungo il corso della propria carriera, un percorso flessibile (embhè)- si includono anche le esperienze e i ruoli legati al non lavoro. - l’individuo diventa misura di se stesso e artefice del suo percorso di sviluppo.

Ora la finalità della carriera è il raggiungimento della soddisfazione personale (ci stanno a pia’ per il culo, è evidente xD tra un incarico e l’altro nun se sa come campiamo; ci nutriremo di orgoglio).Si parla di “carriera senza confini” -____-In sociologia si dice che le organizzazioni stiano perdendo la loro centralità, e che si stia indebolendo la loro capacità di essere costruttori di ordine sociale.A livello organizzati vo, si chiede all’individuo maggiore capacità di adattamento e di disponibilità ad accettare il cambiamento.Si passa a:- da aspettative a lungo termine ad una relazione transitoria e temporale. - dalla responsabilità e potere decisionale dell’azienda ad una responsabilità condivisa- da conoscenze e competenze alla identificazione di apprendimento individuale. Le aziende stimolano performance sfidanti, raggiungibili che portano ad un riconoscimenti, incoraggiano l’iniziativa e l’innovazione, assicurano comunicazione aperta e trasparente. Le aziende si aspettano dalla risorsa: rapidità di adattamento, impegno ad aggiornarsi continuamente, coinvolgimento e produttività maggiori, comportamento corretto e responsabile.L’employability è la professionalità spendibile al di fuori dell’azienda; questa rappresenta una risposta delle aziende alle richieste di maggior sicurezza dei collaboratori. L’employability

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dovrebbe garantire una sicura impegabilità derivata dalla costruzione di competenze e professionalità.In questa nuova prospettiva far carriera significa accrescere le proprie competenze, in contesti diversificati.

6.6 Nuovi strumenti per il nuovo paradigma emergente di carrieraIl sistema a management portfolio: individuare un gruppo di manager motivati. Un bacino di talenti provenienti da diverse funzioni. Il portfolio permette di trovare la persona più adatta per occupare una determinata posizione.Il sistema management portfolio richiede un lavoro complesso e accurato da parte della direzione del personale: per ogni ambage e per ogni risorsa ad alto potenziale devono essere raccolti tutti i dati non solo riguardanti i curriculum personale, le precedenti esperienze professionali, la cultura, i valori, ma anche valutazioni del potenziale, le considerazioni rispetto alle capacità relazionali, le motivazioni personali e professionali. Questa ricerca periodica viene integrata con la review di talenti presenti nell’organizzazione. Ci sono altri strumenti per sviluppare il proprio sentiero di carriera:- job posting: è un sistema di presentazione delle posizioni vacanti. A ciascuna posizioni sono associate competenze e caratteristiche da possedere.- le aziende inseriscono nei percorsi di carriera e momenti e occasioni di carriera (momenti di formazione).- project work: progetti di durata limitata nel tempo, realizzati i gruppo che permettono alla risorsa di sviluppare conoscenze e competenze oltre che esperienza.

6.7 Modelli emergenti di carrieraOltre al tradizionale percorso lineare e il noto percorso professionale stanno emergendo anche due nuove categorie: la carriera a spirale e la carriera transitoria.

6.7.1 Carriera a spiraleE’ caratterizzato da una progressione orizzontale. Gli individui sperimentano passaggi in nuove e diverse aree di attività. Si realizza in 7-10 anni e in organizzazioni a matrice, cioè in aziende a reparti ed aree diverse. Quindi l’individuo può specializzarsi in diversi compiti e mansioni rimanendo anche all’interno della stessa organizzazione (dal reparto ricerca al reparto sviluppo del prodotto per esempio).

6.7.2 Carriera transitoriaE’ un percorso slegato da legami fissi con l’organizzazione. E’ un percorso caratterizzato da passaggi laterali, ogni tre o cinque anni, attraverso campi totalmente differenti tra loro e non necessariamente correlati (dalla produzione al marketing).Si tratta di incarichi speciali, rotazioni periodiche, incarichi in aziende diverse. L’appartenenza all’azienda è rilegata in secondo piano.E’ un atteggiamento tipico di persone individualiste.

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6.8 Le carriere per le risorse ad Alto PotenzialeEsistono percorsi di carriera molto veloci. Si tratta di persone talentuose (raccomandate).Una sfida delle organizzazioni è attrarre e trattenere queste risorse che contribuisco a produrre il differenziale competitivo sul mercato globale. “guerra dei talenti”.La differenza e il punto di forza delle aziende si giocherà proprio attraverso la presenza di figure ad alto potenziale. In base a delle ricerche e a delle interviste condotte presso aziende si può dire che gli altri potenziali possono essere raggruppati in tre categorie:1) giovani neolaureati alla prima esperienza professionale, che nella fase di selezione si sono distinti per le proprie potenzialità 2) giovani inseriti in azienda già da 2-3 anni; l’osservazione delle performance permette di individuare delle potenzialità3) manager che mantengono grandi potenzialità di sviluppo e crescita.

Queste risorse ad Alto Potenziale devono essere flessibili e capaci di adattarsi al cambiamento; sono persone che mal sopportano situazionidi stasi, attenti ad acquisire competenze a 360°. Sono coloro che si dimostrano disponibili a trasferirsi per periodi medi all’estero perché la vedono come una grande esperienza ed occasione di crescita sotto vari punti di vista.

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E’ importante costruire dei percorsi di crescita dedicati ali Alti Potenziali, che valorizzino i loro tratti distintivi. Questi devono essere percorsi accelerati, concentrando un numero maggiore di stimoli, di attività che permettano lo sviluppo di capacità. Sono percorsi arricchiti da attività di formazione di vario genere; si alternano momenti di e-learning a momenti in aula e a progetti di formazione all’estero. IL CASO MICROSOFT: Dagli anni ’80, Bill Gates considerava la capacità di pensare in modo creativo come un elemento essenziale che andava stimolato positivamente. I ritmi frenetici di lavoro erano compensati da luoghi e ambienti familiari e confortevoli. C’erano spazi e attività capaci di rendere gradevoli le ore passate a produrre e lavorare. Il progetto di carriera individuale veniva supportato dalla sensazione di sentirsi sempre al centro dell’attenzione, rendendo l’ambiente competitivo e orientato al successo.Le risorse individuavano il propri percorso professionale. Le risorse Microsoft erano stimolate a migliorare se stesse con la pianificazione di un percorso di carriera a dodici livelli nella scala non dirigenziale, ogni livello era determinato dalla natura del lavoro, dall’esperienza, dalla capacità e dal salto retributivo.L’elemento valorizzante era la possibilità di accrescersi professionalmente.

CAPITOLO 7. I sistemi di ricompensa: dal salario al total reward

7.1 PremessaOggetto del capitolo: i sistemi di ricompensa che rappresentano il nucleo centrale del rapporto di lavoro e si focalizzano sull’oggetto e sulle modalità di relazione di scambio tra lavoratore e organizzazione.

7.2 I sistemi di ricompensa: concetti fondamentaliLa retribuzione è lo strumento attraverso cui l’impresa attrae, trattiene, motiva le Risorse Umane e riconosce prestazioni elevate, orienta verso il raggiungimento di obiettivi e riconosce responsabilità crescenti.La politica retributiva rappresenta l’insieme dei principi, degli orientamenti e degli obiettivi che un’azienda intende raggiungere nel retribuire il proprio personale a tutti i livelli. Questa deve essere collegata alla strategia e agli obiettivi aziendali, nonché alle politiche e agli altri sistemi di gestione delle Risorse Umane.I principi di fondo che bisogna tenere in considerazione per una buona politica retributiva sono: il principio di equità interna, il principio della compatibilità dei costi e della condivisione dei successi e dei rischi aziendali. Nella costruzione di una politica aziendale bisogna considerare alcuni elementi costitutivi: il livello, la struttura, la dinamica retributiva.1) Il livello retributivo: è “il saggio di retribuzione che l’azienda decide di pagare e che esprime la scelta di posizionamento rispetto al mercato del lavoro” (Costa, 1992). Un livello collocato intorno al settantesimo percentile indica una scelta retributiva aggressiva e competitiva sul mercato del lavoro, al ventesimo percentile indica una scelta di contenimento dei costi del personale. Un’azienda può percorrere tre strade nella definizione del livello retributivo: può restare sulla media del mercato, rinunciando ad attrarre significativamente i lavoratori; può

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porsi al di sopra della media di mercato, attraendo e trattenendo le risorse migliori, considerate come chiave del successo aziendale; al di sotto della media del mercato quando hanno tassi di turnover elevati e un basso coinvolgimento dei lavoratoti.2) la struttura retributiva, detta anche curva retributiva aziendale, “stabilisce l’ammontare delle retribuzioni per le diverse posizioni di lavoro e per i diversi livelli di inquadramento (qualifiche)”(Costa, 1992). Il passaggio da una classe retributiva ad un’altra è detta mobilità verticale, il passaggio all’interno della stessa classe retributiva è detta mobilità orizzontale. Il differenziale retributivo è un parametro che stabilisce le differenze di contenuti e responsabilità tra le posizioni aziendali. 3) La dinamica retributiva stabilisce le variazioni salariali nel tempo, tende a regolare la crescita della retribuzione in base alla qualifica contrattuale e alla mobilità professionale e organizzativa. 7.3 Gli incentiviI pacchetti di ricompensa dei livelli medio-alti del management si sono strutturati secondo un modello chiamato a “tre corsie”, distinguendo: 1) la quota retributiva fissa (retribuzione annuale lorda), 2) quota retributiva variabile di breve termine corrisposta al raggiungimento di specifici obiettivi definiti nell’anno; 3) quota retributiva variabile nel medio-lungo termine, che assume la forma di un piano di incentivazione monetaria differita o di incentivazione stock-based.(in Usa la quota di retribuzione variabile supera il 50% della parte fissa della retribuzione, in Inghilterra il 35%; In Italia la quota fissa continua a rappresentare il 75, 80%).Da un punto di vista psicologico, un incentivo è definito come uno stimolo a indirizzare e rinforzare i comportamenti verso degli obiettivi aziendali. Nel sistema di compensation, l’incentivo è inteso come una forma di remunerazione collegata la raggiungimento di specifici risultati e non hanno un carattere di automatica ripetitività.Gli incentivi, in sintesi, mirano a collegare direttamente prestazione risultato ricompensa, generando un continuo miglioramento delle prestazioni. E’ la filosofia del pay for performance (pagare per i risultati). Al fine di assicurarne piena efficacia bisogna considerare che: - gli incentivi non possono essere sostitutivi o integratori sostanziali della retribuzione fissa, cioè non devono coprire le carenze del sistema retributivo.- deve essere chiaro il nesso causale tra prestazione individuo/gruppo a cui è dato un incentivo e raggiungimento dei risultati e obiettivi aziendali.- i risultati devono essere misurabili e condivisibili- devono essere circoscritti temporalmente.- il piano di incentivi deve essere sostenuto dal Vertice aziendale per assicurare credibilità e legittimità.- i valori aziendali devono essere orientati verso il riconoscimento dell’importanza dell’iniziativa personale e del riconoscimento dell’eccellenza individuale o di piccolo team.

Nei sotto paragrafi di seguito si descrivono i vari sistemi di incentivi.

7.3.1 La retribuzione a rendimentoSi fonda sul legame tra una parte della retribuzione e un certo risultato produttivo, in conformità a uno standard prefissato (il cottimo rappresenta un esempio storicamente più rilevante): quindi, al crescere del rendimento cresce anche il salario. Sono sistemai che si applicano all’individuo o al piccolo gruppo.I presupposti dell’uso di questa formula sono: il nesso causale tra produttività e intensità e impegno di lavoro deve essere chiaro, misurabile; deve esserci un vantaggio economico per l’azienda.

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Vantaggi:- aumenta la produttività e riduce i costi del personale- riduce il fabbisogno di supervisione- incentiva i lavoratori a una massima efficienza- consente sistemi di costo standard e di controllo in base a razionalizzazioni e misurazioni del lavoro.Svantaggi:- situazioni di conflittualità- i costi di introduzione e gestione del sistema possono superare i potenziali benefici - si accentua la rigidità dei lavoratori di fronte a cambiamenti tecnologici e metodi di lavoro che implicano una ridefinizione del loro lavoro e abilità- rischio di creazione di sottoculture organizzative che pongono atteggiamenti conflittuali contro l’azienda, nel caso di sistema applicato a piccoli gruppi.

7.3.2 Il gain sharing (traduz: condividere l’incremento di produttività) Sono programmi che, in base all’effettiva cooperazione e impegno offerto all’organizzazione per incrementare la produttività, dividono il profitto (di questo incremento di produttività) tra dipendenti e azienda. Spingono a una cooperazione e integrazione tra diverse unità organizzative. Sono formule che assegnano una quota di retribuzione sulla base di certi indici di risultato, quali:- riduzione dei costi (caso Scanlon, la formula più antica -1937 – voluta da un rappresentante sindacale che prevede la redistribuzione del 75% dei risparmi sui costi, il restante 25% rimane all’azienda) - sul miglioramento della qualità e della produttività (sistema Improshare – anni ’70 – si stabilisce uno “standard Improshare” dato da numero di ore di lavoro necessarie per produrre un’unità di prodotto (calcolata su base storica); si confronta questo standard con il guadagno di produttività mensile; questo viene redistributivo per il 50% tra i lavoratori).

7.3.3 Il profit sharing (traduz: partecipazione agli utili)I programmi di partecipazione agli utili aziendali si differenziano dalle altre forme di incentivazione perché prendono come riferimento il risultato economico aziendale complessivo e non i risultati e le performance individuali o di gruppo. Il problema è l’identificazione delle variabili che influenzano il risultato economico. Non per tutti i lavoratori è chiaro e misurabile il contributo al raggiungimento del risultato e, quindi, i piani di partecipazione agli utili sono riservati, quasi sempre, ai massimi dirigenti. La formula con la quale calcolare la percentuale da distribuire ai vari lavoratori si basa su fattori di tipo individuale, come il livello retributivo e l’anzianità aziendale. Questo sistema rafforza il senso di appartenenza ad un’azienda e enfatizza la cooperazione.

7.3.4 L’MbOIl Management by Objectives è un processo secondo il quale i manager di ciascun livello collaborano all’identificazione e definizione degli obiettivi connessi alle principali aree di responsabilità di ciascun individuo in termini di risultati desiderati e utilizzando queste misure come guida per la gestione aziendale e per la valutazione dei contributi dei singoli membri.Prevede così un meccanismo premiante i risultati conseguiti. In coerenza con gli obiettivi prefissati e pianificati.

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Sinteticamente, le fasi per l’applicazione di questo sistema sono: individuazione dei livelli organizzativi da coinvolgere individuare “aree chiave di risultato”, cioè le responsabilità particolarmente critiche, queste identificano le le attività specifiche rispetto ai quali si deve fornire la prestazione nel periodo di riferimento formulazione di obiettivi che devono essere realistici, (realizzabili), misurabili e controllabili. Se gli obiettivi sono molto ampi temporalmente e complessi si procede all’individuazione di obiettivi intermedi (parametri-obiettivi). E’ importante la relazione causale tra prestazione e risultato; gli obiettivi devono essere prioritari rispetto alle strategie aziendali globali e coerenti con il reticolo complessivo di obiettivi delle altre unità organizzative, superiori, subordinate e laterali.Per ciascun obiettivo si deve definire un peso relativo in base all’influenza della prestazione oggetto di incentivo sul conseguimento dell’obiettivo, livello di rilevanza rispetto alla performance del centro di responsabilità, misurabilità e controllabilità del risultato.Per fissare il livello dell’obiettivo si costruiscono degli indici: risultato anno precedente, risultato medio di settore, risultato medio di un’altra impresa (benchmark), coerenza tra valore dell’obiettivo di livello superiore. Parallelamente a queste scelte s’identifica un livello d’incentivo (incentivo percentuale della retribuzione base: quindi premia l’esperienza e gli anni di anzianità; oppure incentivo calcolato in proporzione all’importanza dell’obiettivo delle diverse posizioni (job evoluation) che mira a premiare chi ricopre le posizioni chiave dell’azienda). Affinché il sistema MbO funzioni, bisogna coinvolgere direttamente gli interessati al processo di definizione degli obiettivi, del loro mix, del loro peso e del loro livello.Il rischio di questo sistema è legato all’orientamento eccesivo ai risultati che provocherebbe comportamenti strumentali e rigidità nella gestione; inoltre si possono lasciare in secondo piano investimenti di lungo periodo, innovazioni e crescita professionale delle Risorse Umane.

7.3.5 Gli incentivi a lungo termine: stock optionTutti i sistemi di incentivazione visti fin’ora fanno riferimento a quella che si definisce “quota variabile di breve termine” della retribuzione, che prende come periodo di riferimento l’anno o periodi inferiori.Gli stock option sono opzioni sull’acquisto o sulla sottoscrizione di azioni che un’impresa offre ai propri dipendenti a un prezzo determinato e che possono essere esercitata entro una certa data o periodo di tempo prefissato e limitato.Questi tipi di sistemi di lungo periodo si applicano per tre ordini di motivi: 1) l’azienda vuole aumentare l’enfasi sui risultati di lungo periodo, ponendo attenzione alle strategie economiche e finanziarie di lungo termine, allineando gli interessi dei manager e degli azionisti. 2)l’azienda vuole trattenere le persone chiavi per il raggiungimento degli obiettivi di business.; 3)sostenere il processo di identificazione tra dipendenti e impresa e obiettivi.

7.4 I benefitSono una serie di provvidenze concesse dall’azienda al lavoratore (a a persone della sua famiglia), spesso in forma non monetaria, in aggiunta alla sua normale retribuzione a ei relativi accessori.Possono assumere forme diverse: trattamenti previdenziali integrativi (fondi pensioni, quelli che se l’azienda fallisce il dipendente se la pia nel sacco e non prende una lira), assistenza sanitaria integrativa (spese sostenute per alcune prestazioni sanitarie), agevolazioni finanziarie, erogazioni di servizi (asili nido, doposcuola bambini, palestra, centro relax, consulenze varie, etc.), utilizzo di strumenti aziendali.

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Questo sistema ha la funzione di sostenere l’immagine aziendale come luogo in cui i meriti e le responsabilità delle persone sono riconosciute, rafforzando il senso di appartenenza; sopperire altresì alla carenza del sistema previdenziale e alla carenza dei servizi sociali.

7.5 Evoluzione dei sistemi retributivi: dalla compensation al total rewardE’ sempre più evidente che attrarre, retribuire, premiare, motivare e trattenere le persone non è un semplice problema di compensation, vale a dire trovare un nuovo e più variegato equilibrio tra retribuzione fissa, variabile e benefit, ma di total reward, ovvero di un sistema capace di dare risposte alla complessità delle motivazioni che sostengono i comportamenti e le prestazioni individuali e delle organizzazioni.E’ importante trattenere certe professionalità centrali per l’azienda, offrire una possibilità di crescita professionale, una buona qualità del clima aziendale, incentivare le prestazioni.Bisogna sostenere il processo di apprendimento delle risorse umane centrali. Infatti, l’insicurezza generata dall’assenza di contratti a tempo indeterminato, la richiesta crescente da parte delle aziende di adattabilità, flessibilità e capacità di adeguarsi al cambiamento genera un elevato livello di ansia e complica le motivazioni personali. Le aziende dovrebbero trattare le risorse aziendali come un cliente, a cui si vuole offrire “un’esperienza memorabile”. Il seguente schema rappresenta una sintesi delle tendenze in atto; questo modello prevede, a fianco alle tre corsie classiche (quota retributiva fissa, quota variabile di breve periodo e di lungo periodo), tre livelli principali articolati in una serie di variabili: - work environment: luogo di lavoro che deve essere piacevole dal punto di vista relazionale, fisico/ambientale, stimolante e fonte di apprendimento e stimoli continui. Alcune variabili sono: piani di sviluppo, formazione, counseling, coaching, mentoring, opportunità di mobilità interna/carriera orizzontale, riconoscimento, varietà compiti etc.- company environment: azienda che deve essere un posto da scegliere sia per il business sia da un punto di vista etico e sociale; strategie orientate allo sviluppo sostenibile, orientamento all’innovazione etc.) - work and life balance, protezione degli spazi private e alla loro conciliazione con il tempo lavoro, al fine di innalzare la qualità della vita complessiva; sono inclusi i servizi alla persona, riconoscimento tempo libero, lavoro flessibile come telelavoro, parttime, etc.)In definitiva, con i modelli di total reward l’azienda va incontro alle esigenze della risorse umane, tenendo conto della sua continua evoluzione.

CAPITOLO 8 La formazione: dall’aula all’e-learning

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8.1 PremessaL’istituzionalizzazione della formazione trova il suo passaggio fondamentale, nella teoria dell’organizzazione, con Taylor e la divisione scientifica del lavoro.Essa appare lo strumento che permette di fornire al lavoratore le competenze tecnico-scientifiche per poter svolgere meglio il proprio compito e raggiungere massima efficienza nella produzione del lavoro/servizio.La letteratura concorda con la periodizzazione della formazione in tre fasi: una prima fase pionieristica negli anni sessanta, una seconda fase di consolidamento e tecnicista negli anni settanta, una terza fase di ripensamento negli anni ottanta.Negli anni novanta, i soliti cambiamenti sociali ed economici, hanno fatto si che la formazione non fosse soltanto un fattore prioritario, ma addirittura strategico. Ampliare le conoscenze, aggiornare costantemente le risorse umane diviene indispensabile in un ambiente che cambia e s’innova continuamente.Nonostante tutto nelle aziende la formazione ha sempre un ruolo di “cenerentola”, cioè la più citata, ma la meno utilizzata. Negli ultimi anni si è sviluppato il concetto di e-learning, (cioè imparare sfruttando la rete internet e la diffusione di informazioni a distanza), così da ridurre le ore in aula e la lontananza dal luogo di lavoro, permettendo anche di personalizzare il piano di studio.

8.2 Il processo di apprendimento I grandi filoni dell’apprendimento che hanno condizionato l’oggetto della formazione sono due:- le teorie del comportamento organizzativo: il soggetto apprende secondo un processo di stimoli e risposte. - le teorie dell’appropriazione: secondo questo filone il soggetto apprende strutture cognitive. I luoghi dell’apprendimento sono diversi; nel primo caso la formazione avviene nell’ambito lavorativo, ed è tipica la situazione di affiancamento con qualcuno che il mestiere e la professione già la conosce. A questa categoria di apprendimento vengono associate il training on the job o learning by doing (cioè lo stage, project work, mentoring, counselling, coaching etc.). L’immagine metafora che rimanda questo approccio è quello di “uomo contenitore, raccoglitore e ordinatore di informazioni”.Il secondo tipo di apprendimento vede il docente come qualcuno che deve stimolare l’attivazione di una presa di coscienza e di un cambiamento cognitivo delle sue mappe mentali e delle strutture di personalità.Non si appendono informazioni, ma modelli, strutture mentali nuove. Questa concezione mette in discussione il tema della trasferibilità automatica delle conoscenza. Si parla piuttosto di “traslazione”, cioè di trasformazione, rielaborazione dell’oggetto di apprendimento.Le situazioni didattiche più tipiche sono di natura esperienziale (role-playing, progetti, simulazioni e casi didattici). Il formatore, più che dare risposte, apre interrogativi. 8.2.1 Elementi costitutivi e fasi del processo di formazioneSposare una delle due concezioni condiziona l’intero processo organizzativo.

Il processo organizzativo è di tipo circolare

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1. Analisi dei bisogni: è un’attività di ricerca finalizzata all’acquisizione di dati e informazioni

utili e attendibili per proseguire o meno nelle tappe successive del processo formativo. E’ un momento di interrogazione e di raccolta delle informazioni sull’organizzazione e sull’individuo. Si conclude con la proposta formativa orientata dalla tipologia di apprendimento prescelta.

2. Progettazione ed erogazione: prevede la realizzazione del piano di classe o del mix di attività formative. Si definiscono, in primis, i destinatari, poi gli obiettivi, i contenuti e il metodo di erogazione del programma. Nella varietà di formule di progettazione si può delineare un continuum che va dall’approccio ingegneristico (sistema rigido articolato in fasi cronologiche) all’approccio fenomenologico (idea di progettazione che sfugge alla chiusura di schemi rigidi e assume un processo di interazione; i confini vengono a formarsi durante il processo dialogico tra attori).

3. Valutazione: è un’attività di ricerca (sia di tipo qualitativo che di tipo quantitativo) che permette l’individuazione, la raccolta e l’uso di informazioni relative ai cambiamenti intervenuti nei partecipanti, così anche da giudicare l’efficacia del processo formativo.

La formazione può agire su quattro livelli:- reazione: gradimento dei destinatari della formazione nei confronti del programma- apprendimento: l’acquisizione di conoscenze (sapere), capacità (saper fare) e atteggiamenti (saper essere). - comportamento: esercizio effettivo di conoscenze, capacità e atteggiamento.- risultati: conseguimento di effetti desiderati di performance come conseguenza di assunzione di comportamenti.

Lo spostamento dall’aula all’e-learning non ha modificato gli obiettivi di tutte le fasi del processo formativo, ma ha ampliato il numero di cose da valutare.La valutazione può avvenire in itinere del percorso formativo con questionari intermedi, crediti che scandiscono il processo formativo, il monitoraggio delle dinamiche di interazione a distanza attraverso le tecnologie informatiche che permettono la tracciabilità dei percorsi di apprendimento, dati sulla numerosità di accessi, test ed esercitazioni, tempi e percorsi di attività online, materiali didattici e link.

8.3 Dall’aula all’e-learning. come cambia il processo formativo

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La diffusione di strumenti e tecnologie per l’e-learning ha modificato il modo in cui si fa la formazione. La richiesta di formazione meno costosa e più personalizzata rispetto ai bisogni specifici è in crescita. Le scuole di formazioni si stanno adeguando a questi cambiamenti.Si alternano anche periodi di formazione a distanza con periodi di formazione tradizionale., così da associare i benefici di un tipo di formazione ai vantaggi di un’altra.

8.3.1 Le caratteristiche della formazione a distanzaLe prime primordiali forme di formazioni a distanza si hanno già nel XX secolo con la trascrizione per iscritto delle lezioni tenute ai docenti, oppure negli anni settanta con i sistemi FAD multimediali e con l’utilizzo di tecnologie come trasmissioni televisive, registrazioni sonore; in seguito cd rom, etc.

8.3.2 Gli strumenti a disposizione per l’e-learning“Il learning realizzato per mezzo delle tecnologie che connettono alla Rete e permettono di accedere alle risorse di rete (…) è la modalità attraverso la quale soggetti connessi alla rete producono, socializzano e condividono conoscenze” (Veranim, 2000).

Esistono vari strumenti: Gli strumenti di comunicazione sincronica prevedono uno scambio simultaneo informativo tra due o più persone Ricreano un ambiente didattico virtuale, annullando le distanze e riducendo i costi.- chat (per trasmissione di messaggi brevi) e videoconferenza (scambio di file, condivisione di risorse, confronto ed espressione orale di concetti a distanza etc.).

8.3.3 Gli strumenti di comunicazione asincronicaConsentono una forma di comunicazione non simultanea. Il legame fra i nodi della rete (docente-discente/discente-discente) avviene in tempo differito.Permettono maggiore autonomia ed elasticità di tempo.- cd-rom e ipertesti (insieme di documenti collegati da una struttura logica)- e-mail e mailing list (stimolano lo scambio di idee, vengono usate per scambio di messaggi tra tutor e membri del gruppo, inviare file)

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- newsgroup, web forum e forme diverse di conferencing (sono luoghi di consultazione, il loro utilizzo non è stimolato da una mail, ma dall’interesse dell’argomento del forum; sono un punto di ritrovo della comunità).

8.4 Ruoli e strutture a sostegno del processo di apprendimento

8.4.1 Il tutorNella formazione tradizionale ha la responsabilità di gestire gli aspetti organizzativi e le dinamiche di aula. Nell’e-learning ha molteplici responsabilità: - pianificare e gestire le attività in aula e a distanza, monitorando il mix delle forme di insegnamento.- governare e gestire interazione tra i diversi attori, stimolando la partecipazione di tutti. - affiancare il docente e sostituirlo nella preparazione dei materiali, interagire a distanza con i partecipanti.Non è subordinato al docente (nell’e-learning), ma facilitatore del processo di apprendimento.

8.4.2 Il docenteNella formazione tradizionale esistevano due ruoli: il progettista (colui che fa l’analisi dei bisogni e confeziona il prodotto), il docente di aula, che eroga l’insegnamento.Nell’e-learning il ruolo del docente si complica perché deve imparare a gestire e riformulare gli obiettivi in base a dove la classi si sta muovendo autonomamente. Deve essere presente nell’ambiente virtuale, stimolare la partecipazione, fornire feedback individualizzati. La separazione fra docente e tutor è labile.

8.4.3 Le comunità i praticheLe comunità professionali (on-line ma non solo) si integrano con i processi formativi aziendali, non in termini di semplice computer based training, ma in quanto contesto di apprendimento flessibile in cui il singolo è parte attiva del processo formativo e contribuisce ad accrescere non solo le proprie competenze individuali, ma anche la conoscenza dell’organizzazione. Nei corsi di formazione integrata il gruppo mantiene il ruolo stabile di facilitatore dei processi di apprendimento. E’ un apprendimento virtuale che facilita la condivisione e lo sviluppo della conoscenza.

8.5 Le Corporate UniversityLa responsabilità di sviluppare e adeguare conoscenze e competenze si sposta in misura sempre maggiore dalle imprese e dal sistema di formativo al singolo lavoratore, che deve essere in grado di cogliere autonomamente le opportunità formative necessarie per sostenere la propria spendibilità e quotazione sul mercato del lavoro. Le caratteristiche delle Corporate University possono essere riassunte in:- pluralità di attori coinvolti. Si rivolge a dipendenti, clienti, fornitori, partner. I docenti non sono formatori professionisti, ma senior manager; così si da maggior importanza, non solo all’apprendimento tradizionale, ma anche all’apprendimento tacito, a quello che si apprende sul campo, con l’esperienza.

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- delocalizzazione: Le corporate University non hanno un luogo fisico di apprendimento, ma si configurano come un processo in cui sono coinvolti i lavoratori a tutti i livelli per il proprio lifelong learning. E’ un luogo simbolico in cui apprendere esperienze e best practices. - Utilizzo di nuove tecnologie. la formazione esce dall’aula e si riducono i costi. La formazione diviene learning on demand (la formazione succede dove e quando vuole il discente).- configurazione di business unit si finanziano dalla vendita di servizi e quindi devono comprendere e soddisfare le richieste dei clienti.- meccanismi di coordinamento tra bisogni dei dipendenti, processo formativo e gli obiettivi strategici di business.- networking: partnership con università locali, nazionali e internazionali, centri di ricerca, società di consulenza, istituti depositari di metodologie formative innovative.

8.6 Frontiere della formazione

8.6.1 I Learning Management System (LMS)Lo sviluppo e la diffusione di strumenti e tecnologie per l’e-learning ha profondamente mutato il modo in cui si fa formazione in contesti organizzativi. La LMS rappresenta una commody che soddisfa un bisogno aziendale: l’introduzione di una infrastruttura tecnologica che gestisca i processi formativi e li integri con i processi di Human Resource Management e che è un sistema abilitante l’e-learning. Un LMS aiuta a gestire il processo di formazione e abilita l’e-learning.Nel sistema LMS, colui che apprende è un username e password, un utente tracciato e monitorato dal sistema.

8.6.2 Nuove prospettive della formazione managerialeLa formazione manageriale si sposta sempre di più fuori dall’aula. Con le metodologie dell’outdoor training che si svolgono all’aria aperta e implicano la dimensione dell’avventura e della sfida e del lavoro di team. Si sviluppano, così, capacità relazionali e senso di autoefficacia personale. NON LO SO CHE STANNO A Dì QUESTI!!L’attività formativa è sempre più individualizzata e centrata sulla persona formazione one to one, come counselling, mentoring, coaching che servono a costruire una relazione di aiuto personalizzata e a promuovere lo sviluppo delle organizzazioni puntando sulle persone Inoltre negli ultimi tempi si è andato oltre l’aula. basati sull’apprendimento a distanza e sull’apprendimento esperienziale. Ovviamente un nuovo modello di formazione manageriale (detto blended, cioè formazione integrata) prevede un mix equilibrato di metodologie formative tradizionali e nuove, one to one e di gruppo, in aula e fuori, a distanza e oltre l’aula. Queste metodologie integrate dovrebbero raggiungere la massima efficacia e unire i benefici di tutti i diversi metodi. Questo sistema permette i coniugare il tradizionale momento in aula con lo spostamento online di alcuni momenti di formazione come la distribuzione e consultazione di materiali, test e questionari che permettono di monitorare la formazione, colmando alcuni gap e adeguando l’insegnamento passo passo, distribuzione di materiali e feedback personalizzato.

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CAPITOLO 12. Il futuro dello Human Resource Management: da staff funzionale ad agenzia strategica

12.1 Il lavoro che cambia e lo Human Resource Managementera industriale era post-industrialeimpresa integrata e verticalizzata nuove organizzazioni più snelle, dette ibride o a retelavoro a tempo indeterminato, capi diminuiscono i capi e i lavoratori dipendenti, aumentano i professionisti e i lavoratori flessibili (i collaboratori).funzione manageriale direttiva e potere accentrato potere decentrato, maggior autonomia; i manager devono far crescere le competenze possedute dalle Risorse Umane.Emergono nuove figure professionali difficilmente inquadrabili nelle tradizionali categorie (brand manager, project manager, product manager, tecnici dello sviluppo prodotto etc etc.)Una sfida che attende lo Human Resource Management sarà quella di progettare politiche e modalità di gestione delle Risorse Umane capaci di cogliere e valorizzare le diversità culturali e personali di questi nuovi operatori di conoscenza.Emerge il fenomeno dei contingent worker o lavoratori flessibili che delinea un modello di relazione non stabile, ma instabile a intermittenza.Questo prevede la costruzione di un più articolato sistema di gestione delle Risorse Umane basato su tre diverse forme di relazione di lavoro: core employee lavoratori che lavorano stabilmente per l’azienda e operano su processi chiave. Altri (supplemental just in time employee) vengono assunti con contratti flessibili, a collaborazione e poi altri lavoratori indipendenti assunti da agenzie esterne (come ad esempio i lavoratori interinali, delle cooperative). Così si passa da una gestione delle RU standardizzata a politiche e strumentini gestione segmentati, capaci di rispondere ad esigenze e caratteristiche differenti.Le aziende devono gestire anche questi collaboratori esterni ed integrarli negli obiettivi e valori dell’impresa, rendendo le politiche di gestione coerenti con la strategia aziendale.

12.2 Human Resource Management: evoluzione o rivoluzione?Sulla base di evidenze empiriche è emerso che alte performance aziendali risultano essere associate a un certo modo di gestire le Risorse Umane, in particolare: garantire sicurezza dell’impiego, aumentare la selettività degli inserimenti con un mix di tecniche sempre più affinate, sperimentare il decentramento, il coordinamento non gerarchico e il lavoro di gruppo, pacchetti retributivi attraenti, intensificare azione formativa, ridurre o eliminare tutti i differenziali di status (linguaggio, abbigliamento, benefit etc.).

Inoltre si possono sottolineare delle critiche alla così detta “best practices” in tema di Human Resource Management; le principali critiche sono riassumibili in: non esistono soluzioni semplici per problemi complessi, le pratiche migliori per una certa impresa possono non esserlo in una diversa, ciò che ha funzionato in passato non sempre è utile per affrontare problemi futuri.

E’ importante superare i vecchi paradigmi e modelli in merito alla gestione delle risorse umane, non ricercare nuove mode, ma mettere individuare nuovi paradigmi attorno a cui progettare un know-how più consistente.

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La DIPER (Direzione del personale) dipende direttamente dal vertice ed legittimata a svolgere le principali attività di gestione del personale, ma ha allargato il suo aggio di azione acquisendo altre funzioni di dell’organizzazione (affari generali, rapporti esterni, della comunicazione e delle relazioni interne). Alla fine degli anni Novanta la DIPER risulta essere dotata dei più classici strumenti e sistemi per la gestione delle Risorse Umane: sistemi di valutazione delle posizioni, delle prestazioni, del potenziale, piani retributivi, di formazione, di sviluppo, di reclutamento e selezione etc.Tuttavia persistono le difficoltà a dare risposte con coerenti politiche, strumenti e prassi di gestione delle Risorse Umane, alle sfide dell’ambiente esterno e ad asseti strategici e organizzativi caratterizzanti da maggiore innovazione e cambiamento. In sintesi ancora non si considera la gestione delle risorse umane come una leva strategica del vantaggio competitivo. L’outsourcing (esternalizzazione) della DIPER è oggetto di particolare dibattito. Se da una parte, con la cessione di attività ai fornitori di servizi, si chiede anche di assorbire le strutture e le risorse umane a esse dedicate, dall’altra si sottolinea che l’outsourcing può provocare, oltre a effetti sul clima aziendale, una perdita di competenze sui processi esternalizzati, con la conseguente incapacità di generare nel tempo innovazioni strategiche.

I maggiori limiti e ostacoli espressi dalle performance delle funzioni del personale sono:- orientamento a breve termine - non misurazione dei risultati e incapacità di cogliere alcune determinati fondamentali del successo/insuccesso aziendale, mancanza indicatori di performance misurabili.

12.3 Nuovi paradigmi per lo Human Resource Management

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Bisogna individuare le più rilevanti generalizzazioni simboliche, dogmi condivisi, modelli e valori che guidano metodi e criteri di ricerca in tema di management delle RU, verificarne l’adeguatezza e ricercare nuovi paradigmi emergenti.

12.3.1 Lo Human Resource Management fra gestione strategica e gestione politicaI teorici della gestione strategica delle RU hanno sempre ribadito il collegamento tra strategie aziendali e politiche e strumenti di gestione delle RU. Tale approccio è più oggetto di adesione fideistica che realmente praticato.Ciò porta a configurare il ruolo della DIPER non tanto interessata direttamente al processo di attuazione della strategia, quanto soprattutto impegnata a creare consenso sui programmi aziendali e creare le condizioni di collaborazione tra attori coinvolti.Secondo questa idea, la DIPER dovrebbe creare un marketing interno del personale, mettere appunto politiche diversificate e secondo criteri bottom-up (dal basso verso l’alto) di ascolto della clientela/personale, così da soddisfare i diversi bisogni; la DIPER non dovrebbe essere più concepita come staff dell’alta direzione, ma come centro di servizio per una pluralità di clienti

12.3.2 Lo Human Resource Management tra organizzazione e mercatoNelle organizzazioni dai confini labili e incerti non solo il lavoro subordinato perde la sua centralità, ma si vanificano i tradizionali criteri distintivo tra esso e lavoro autonomo.L’abbandono e la crisi della gerarchia, l’interdipendenza fra ruoli lavorativi, l’ampia autonomia del lavoratore, la nascita di attività qualificate dirette al perseguimento dei risultati impongono un ripensamento globale dei rapporti di lavoro, ma soprattutto nella gestione delle RU. Sono rare le attività sistematiche dedicate allo sviluppo dei soggetti esterni all’organizzazione d’impresa.In questo senso la DIPER non dovrebbe più essere un’unità organizzativa aziendale, collegata all’organizzazione da rapporti gerarchici o funzionali, dovrebbe mettere appunto politiche e strumenti di gestione segmentati per i diversi mercati interni ed esterni.

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12.3.3 Lo Human Resource Management fra sviluppo organizzativo e sviluppo culturale Per quanto riguarda la valorizzazione e lo sviluppo delle RU, quindi della ricerca di una maggiore integrazione fra individuo e organizzazione, l’approccio culturale potrebbe essere un’analisi di lettura nuova. Gli addetti dello Human Resource Management dovrebbe sviluppare capacità di analisi della cultura e delle competenze distintive dell’organizzazione, nonché di osservazione e interpretazione del campo di forze in cui prende corpo l’azione organizzativa e si sviluppano i processi di apprendimento.

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12.3.4 Una nuova funzione Risorse UmaneLa più recente letteratura specialistica sembra essere concorde nel disegnare uno scenario che vede la funzione Risorse Umane più snella e con un determinato ruolo strategico.Nell’evoluzione della funzione RU si intravedono due linee principali di azione: una di carattere culturale (offrire servizi personalizzati e di qualità ai diversi segmenti interni) e una di carattere strutturale (vede una ristrutturazione della funzione attraverso processi di riduzione degli organici ed esternalizzazione di attività burocratiche-amministrative).In quest’ultima prospettiva, gli addetti della funzione RU dovranno passare da una logica “reattiva” e di controllo a una di promozione della responsabilizzazione dei capi di linea e delle loro persone a usare con una sempre maggior autonomia i servizi offerti consulenza strategica nei confronti dei top manager e dei manager di linea.

Come tenderà la configurazione della funzione Risorse Umane nel prossimo futuro?In primo luogo ci vuole discontinuità con il passato.Una possibile operazione in questo senso potrebbe consistere nel cambiamento della denominazione: non più Direzione del personale (che evoca l’idea del dipendente come lavoratore dipendente e come risorsa passiva e costo) o Risorse Umane (che evoca l’idea di fattore umano come risorsa primaria alla pari delle risorse tecnologiche, finanziarie etc.), ma per esempio Persone e Lavoro (due beni e preziosi, costitutivi dell’identità dei soggetti e dell’organizzazione e quindi da salvaguardare e valorizzare).All’interno della funzione dovrebbe essere abbandonata la tradizionale logica di strutturazione per attività interne (selezione, formazione etc.) per utilizzare criteri di divisione del lavoro per “output” (clienti, mercati) o per problemi. Si potrebbero considerare tre macro aree intorno alla quale costruire nuovi presidi di competenze si innovative sia tradizionali:a) marketing delle relazioni con il personale, responsabili della promozione e definizione delle

politiche di valorizzazione e degli strumenti per la gestione dei principali segmenti di clienti

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Page 52: Management Delle Risorse Umane (Boldizzoni)

interni. All’interno di quest’area dovrebbero essere presenti i seguenti ruoli e unità organizzative:- responsabili di segmento: devono definire le politiche e gli strumenti di gestione per

segmenti di lavoratori (neoassunti, ali potenziali, ambage, personale femminile (ma che cazzo stanno a dì?!?! perché mai le donne dovrebbero essere un segmento a parte O_o) senior etc).

- comunicazione interna: responsabilità di definire politiche e strumenti di comunicazione.b) rapporti di lavoro: responsabili del presidio con i principali stakeholder esterni, come il

sindacato. Le unità presenti dovrebbero essere:- relazioni sindacali- normative e rapporti con Enti e Istituzioni (temi come ambiente, sicurezza, etc.)

c) sviluppo e cambiamento organizzativo: responsabili dell’innovazione e del presidio di metodologie e strumenti utili per la gestione. Le unità presenti dovrebbero essere:

- analisi e (ri)disegno dei processi organizzativi: fornire consulenza alla line sulla revisione delle logiche e dei processi di business.- change management: fornire competenze e metodologie alla line per la gestione dei processi di cambiamento micro e macro.- formazione e apprendimento organizzativo: obiettivo di definire politiche e metodologie per lo sviluppo di competenze dell’organizzazione e assistere la line nella gestione di interventi

altre due funzioni dovrebbero essere:Piani e HR scorecards: sistema di pianificazione controlloe- HR: valorizzare possibilità dell’ITC pe razionalizzare e innovare processi e sistemi di gestione delle RU

così ridisegnata la funzione Risorse Umane dovrebbe:1) definire politiche coerenti con le strategie aziendali 2) fornire servizi di qualità rapportandosi al management di line attraverso unità e ruoli di

collegamento. 3) segmentare e valorizzare il potenziale umano

ps. se non avete capito niente dell’ultimo capitolo sappiate che non state sole… manco io… poi ditemelo che vi do le fotocopie.

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