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MANDUKYA UPANISADMANDUKYA UPANISAD • Questa è una Up. dell’ Atharva-veda e il nome sembra derivi dal fatto che essa fu rivelata da una rana (manduka), forma assunta dal dio Varuna*.Di

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MANDUKYA UPANISAD

• Questa è una Up. dell’ Atharva-veda e il nome sembra derivi dal fatto che essa fu rivelata da una rana (manduka), forma assunta dal dio Varuna*. Di fatto, essa rivela una delle dottrine fondamentali della gnosi e della filosofia indiana: la teoria dei molteplici stati dell’essere, correlati alle differenti condizioni della coscienza umana.

• Il Brahman, uscendo dalla sua assolutezza per la illusione di maya, si attua estrovertendosi in quattro diversi livelli macrocosmici: (1) l’Essere puro identico a sé stesso; (2) il Verbo, ossia l’Essere come causa (karana) di tutti gli infiniti possibili, assunti come forme della Sua potenza (sakti); (3) i diversi livelli delle energie formatrici, allo stato etereo, sottile (suksma); (4) il mondo materiale, divenuto e ‘posto al passato’, nel quale lo Spirito attua la massima negazione di sé stesso. In questo è precipitato, come sintesi di tutto il processo di discesa e possibilità per quello di ascesa e reintegrazione, lo Spirito individuato, di cui l’uomo è il portatore e l’espressione illusoriamente limitata dal ‘fatto’.

• L’uomo, a sua volta, microcosmicamente contiene in sé – capovolto – l’intero processo, per cui il suo spirito è cosciente solamente al livello della materialità bruta (1), cioè al livello più incosciente, quello cioè al quale è sveglio, mentre è progressivamente più incosciente nelle condizioni successive di (2) sonno con sogni (svapna), (3) sonno profondo (susupti), e (4) senza nome perché conoscibile soltanto per negazione (turiya) laddove lo Spirito, invece, si attua inversamente come crescente coscienza di sé. Lo yogin, scendendo entro gli stati subliminali perfettamente sveglio, compie il processo della sua reintegrazione nella coscienza e nell’essere assoluti, restituendo detti stati alla loro reale funzione di forme trascendenti.

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MANDUKYA UPANISAD (2)

• Questo processo è misteriosamente significato dal sacro monosillabo Oɱ, attraverso le sue tre lettere componenti A-U-M, trascese dalla sonorità pura, espressa dalla sonante nasale prolungata (il punto sottostante la M, o bindu) simboleggiante lo stato di turiya, quello dell’ineffabile Assoluto*.

• Uno studio commendevole fu condotto da R. Guénon im ‘Les Etats multiples de l’Etre’, 1932.

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MANDUKYA UPANISAD (3) I.

• 1. Oɱ è questo indefettibile <brahman>; Oɱ è tutto ciò che esiste; questa <Upanisad> ne è la spiegazione; Ciò che è esistito, cioò che esiste e ciò che esisterà, tutto <ciò> è <compreso nell’> Oɱ. Quell’Altro, trascendente la tritemporalità, è pur esso designato da Oɱ.

• 2. Tutto questo <che è>, è, invero, il brahman; questo atman è il brahman; questo atman ha quattro stati (catuspat = quattro piedi).

• 3. La prima condizione è Vaisvanara (= ‘comune a tutti gli uomini’), la quale ha come sede lo stato di veglia [jagarita-sthana]; essa ha conoscenza degli oggetti esteriori, ha sette membra*, diciannove volti** e fruisce del mondo materiale.

• * organi di azione: (1) la mente; (2) sole e luna (gli occhi); (3) il fuoco (soffio vitale della bocca (mukhya-prana); (4) le direzioni dello spazio (gli orecchi); (5) l’atmosfera (i polmoni); (6) l’etere omnipervadente (lo stomaco, ove il cibo viene elaborato per l’accrescimento del corpo; (7) la terra (manifestazione materiale del corpo).

• ** ‘bocche’ o strumenti di esperienza: i cinque organi di percezione, i cinque organi di azione, i cinque ‘prana’, la mente, l’intelletto, il pensiero associato, l’organo dell’egoità.

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MANDUKYA UPANISAD (4) I.

• 4. La seconda condizione è Taijasa, la cui sede è lo stato di sogno [svapna]: essa ha conoscenza degli oggetti interni; ha sette membra e diciannove bocche ed ha come dominio il mondo della manifestazione sottile (‘Pravivikta’ = ‘separato’, e quindi opposto a ‘Vaisvanara’ della prima condizione).

• 5. Allorchè l’essere dormiente non prova più desideri, non è più soggetto a sogni, allora si ha la condizione di sonno profondo [susupta]. Colui che è in questo stato è divenuto Uno [eki-bhuta], è divenuto sintesi di conoscenza [prajnana-ghana], si è fatto di beatitudine [ananda-maya] ed ha la beatitudine come campo di esperienza; la coscienza <stessa> è il suo strumento di conoscenza. Costui è chiamato Prajna [conoscitore assoluto]. <Questa è> la terza condizione.

• 6. Egli è il Signore di tutto; Egli è l’onnisciente; Egli è l’ordinatore interno; matrice di tutto, Egli è l’origine e la fine di <tutti> dgli esistenti.

• Qui vi sono, a tale riguardo, i seguenti sloka attribuiti a Gaudapada:

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MANDUKYA UPANISAD (5) I.

• I. Il Signore, quando produce conoscenza rivolta all’esterno, è detto Visva [= il Tutto partitamente]; quando genera conoscenza interiore è detto Taijasa; Egli è Prajna (il Conoscitore per eccellenza], poiché possiede conoscenza sintetica [ghanaprajna]: perciò questo Unico è considerato triplice.

• II. Come Visva, abita l’occhio destro; come Taijasa l’interno dello strumento mentale [manas]; come Prajna l’etere [akasa] intimo nel cuore <così> triplicemente abita nel corpo.

• III. Come Visva, egli fruisce degli oggetti materiali; come Taijasa della manifestazione sottile; come Prajna della beatitudine [ananda]. Conoscete così triplicamente il fruimento [bhoga] <del Signore>.

• IV. Il mondo della manifestazione grossolana soddisfa Visva; quello della manifestazione sottile Taijasa; la beatitudine, Prajna: intendete così, triplicemente, il soddisfacimento [= la pienezza di esperienza].

• V. In tre case è collocato <pertanto> è in fruitore e il fruimento; colui il quale entrambi conosce, costui, pur fruendo [= esperimentando il mondo], non è tocco dall’esperienza.

• VI. <Bisogna avere> ferma convinzione che Egli [Hari] è il Produttore di tutti gli esseri esistenti. L’individuo Assoluto [Purusa] genera tutto, vita, coscienza e le distinte personalità individuali.

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MANDUKYA UPANISAD (6) I.

• VII. Alcuni pensatori, che credono nella creazione [srsti-cintakah], ritengono che l’origine del mondo sia <da ricercarsi in> una modificazione [vi-bhuti] <dello Spirito Universale>; da altri, invece, la creazione è concepita sotto le specie di un’illusione dovuta a sogno [svapna-maya-svarupa].

• VIII. ‘’La creazione avviene per pura volontà [iccha-matram] del Signore’’; questa è la credenza che bisogna avere a riguardo della creazione. Coloro che attribuiscono al tempo la causa di tutte le cose [kala-cintakah] pensano che l’origine del mondo sia riferibile al tempo.

• IX: Alcuni pensano che la creazione sia avvenuta affinché <il Signore> ne fruisca [bhogartham], altri la ritengono dovuta a gioco [kridartham]. Questo <atto di creazione> è inerente all’essere di Dio [devasya..svabhavo]; quali oggetti di desiderio possono, infatti, esistere per colui il quale ha soddisfatto ogni desiderio?

• (fine del I adhyaya)

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MANDUKYA UPANISAD (6) II.

• 7. I Saggi pensano che il Quarto, che non ha conoscenza né degli oggetti interni né di quelli esterni, né, contemporaneamente, di questi e di quelli, che non è sintesi di conoscenza, <poiché> non è conoscente né non-conoscente, che è invisibile, non agente, incomprensibile, indefinibile, impensabile, indescrivibile, è la sicura essenza fondamentale dell’atman, nella quale è totalmente cessata ogni traccia di manifestazione, ed è pienezza di pace e di beatitudine, senza dualità: questo è l’atman [così deve venir conosciuto].

• Qui vi sono, a tale riguardo, i seguenti sloka:

• X. L’immutabile Signore, che causa la cessazione di tutti i mali, colui che è al di là delle qualità, che è il dio di tutti gli spiriti meditanti (sarva-bhavanam devah: anche’ dio di tutte le condizioni di esistenza’), che è onnipervadente [vibhu], Costui chiamano il Quarto [turiya].

• XI. Visva e Taijasa si concepiscono vincolati entrambi a causa ed effetto [karya-karana-baddhau], Prajna alla causa, nella condizione di Turiya, invece, né causa né effetto sono più validi.

• XII. Prajna non conosce <partitamente> sé stesso, gli altri stati dell’essere>, il vero e il falso*; tutto ciò il Quarto eternamente dispiega.

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MANDUKYA UPANISAD (7) II.

• XIII. La non accettazione della dualità è pari <nelle condizioni di> Prajna e Turiya. Prajna è, però, connesso al ‘sonno seminale’* che, invece, nella condizione di Turija non è conosciuto.

• XIV. I primi due stati sono accompagnati da sonno e sogno. Nel Quarto i Saggi non percepiscono né sonno né sogno.

• XV. Il termine ‘sogno’ [svapna] si applica ad un percepire alterato, ‘sonno’ [nidra] all’ignoranza dell’alterità. Una volta distrutta la conoscenza invertita, propria ad entrambi, si consegue la mèta del Turiya.(i due stati sono qui considerati non come forme possibili proprie alla conoscenza, bensì nella loro sussunzione da parte di un individuo empirico che li esperimenta riflessi, quindi invertiti, nella sua ignoranza).

• XVI. Allorché si risveglia l’anima individuale (jiva), già dormiente a cagione dell’infinita maya, essa diventa cosciente di colui che è privo di nascita, sonno, sogno, dualità.

• XVII. Per quanto esista dispiegamento [prapanca] <di io e non-io>, esso cessa, non v’è dubbio: tutto questo <mondo> è tale soltanto in funzione alla maya; dal punto di vista della Suprema Realtà [paramasthatas] la dualità è non-dualità.

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MANDUKYA UPANISAD (8) II.

• XVIII. La conoscenza distintiva [vikalpa] viene a cessare, in quanto concepita da una persona particolare. Questa dottrin deriva dall’insegnamento <di un guru>: una volta che si è conosciuta, cessa la dualità <di soggetto e oggetto>.

• III.

• 8. Egli è l’atman, super-indefettibile, designato da Om, riguardo alle cui misure [adhi-matra] ogni piede <del brahman> corrisponde ad ogni <sua> misura, ogni <sua> misura ad ogni piede <del brahman>: questi sono le lettere A,U,M.

• 9. Vaisvanara, la cui sede è lo stato di veglia, è designato dalla lettera A, che è la prima misura [matra] <del monosillabo Om>, per il fatto che apti [connessione fra i suoni] inizia con A. Consegue [apnoti] infatti tutti gli oggetti di desiderio ed è preeminente [adi]* colui il quale così conosca.

• 10. Taijasa, la cui sede è lo stato di sogno, è designato dalla lettera U, che è la seconda misura, in quanto utkarsa [elevazione rispetto all’identificazione col corpo materiale] rispetto alla dualità: esso, invero, sublima il flusso ininterrotto di conoscenza [jnana-santati]. Colui il quale ciò conosca è in armonia con il Tutto; non uno dei suoi discendenti ignorerà il brahman.

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MANDUKYA UPANISAD (9) III.

• 11. Prajna, la cui sede è lo stato di sonno profondo, è designato dalla lettera M, che è la terza misura, in quanto determina [miti] la dissoluzione [apiti – oppure penetrazione nella conoscenza intuitiva] <della conoscenza esteriore>. Colui il quale ciò conosce diventa, invero, onnipenetrante.

• Qui vi sono, a tale riguardo, i seguenti sloka:

• XIX. Allorché si sviscera la qualità ‘A’ di Visva, si consegue pienamente l’adeguamento interiore al

carattere-Adi [principialità] di Visva; compiendo la penetrazione meditativa [sampratipatti] in <questa> misura <del Signore> si invera, anche, l’adeguamento alla Apti [‘connessione’ dell’esperienza senziente].

• XX. Allorchè si comprende la qualità ‘U’ di Taijasa, appare chiaramente lo Utkarsa [elevazione, di là dalla sussunzione materiale del mondo]; meditativamente penetrando in <questa> misura <del Signore> sorge, similmante, la qualità-Ubhaya (conoscenza contemporanea del mondo sotto le speci materiali ed etero-formative).

• XXI. Allorché si realizza la condizione ‘M’ propria a Prajna, chiaramente si invera l’adeguamento alla <qualità> di Mana [‘misurazione’ conoscitiva dei mondi]; meditando su <questa> misura <del Signore> si consegue veramente l’interiore adeguamento al <suo> laya (‘riassorbimento’ dei mondi alla fine di ogni evo cosmico).

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MANDUKYA UPANISAD (10) III.

• XII. Colui il quale saldamente conosce ciò che nelle tre dimore vi è di pari e di simile, costui diventa venerato da tutti gli esseri e da loro onorato.

• XXIII. La lettera A conduce a Visva, la lettera U a Tijasa e, così pure, la lettera M a Prajna; non si sa che non esista via per ciò che è al di là da ogni misura [Turiya].*

• IV.

• 12. Il Quarto stato [caturtha] è incommensurabile (= non soggetto ad esperienza), è non-agente, è di là dalla manifestazione; esso è assoluta calma [siva] e trascende la qualità <di soggetto e di oggetto>. Tale è la lettera Oɱ. Colui il quale così conosca, diventa <puro> atman e, mediante l’atman [= sé] penetra nell’atman [sé = spirito universale].

• Qui vi sono, a tale riguardo, i seguenti sloka:

• XXIV. Si conosca la lettera Oɱ secondo i suoi diversi piedi [lettere formative]; non vi è dubbio che i piedi sono altrettante misure [o parti] <del Signore>.

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MANDUKYA UPANISAD (11) IV.

• XXV. Si aggioghi la mente al pranava; il pranava è il brahman senza-timore [= assoluto]; per colui il quale è spiritualmente congiunto al pranava non esiste timore, in alcun modo.

• XXVI. Il pranava è il brahman recente, il pranava è il brahman primordiale; l’immutabile pranava è senza precedente [causa], senza interno, senza esterno, senza secondo.

• XXVII. Di tutto questo <universo> il pranava è l’inizio, il mezzo e la fine [= è creatore, conservatore, distruttore]. Così conoscendo il pranava si consegue ciò che è intimo <a tutte le cose> [= l’Ultima Realtà, il brahman].

• XXVIII. Si riconosca il pranava come il Signore, che sta entro il cuore di ogni creatura; il risoluto, che mediti la lettera Oɱ come onnipervadente, non più patisce.

• XXIX. Colui il quale riconosca la lettera Om come senza parti [= assoluta] e, <allo stesso tempo>, piena di parti (dalle infinite possibilità dell’essere), costui è veramente un saggio (’Muni’), non una persona qualunque.

• (fine dell’Upanishad)

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Dal commento di Krishnananda* VAISVANARA

• Questo Atman, che è Brahman, ha quattro aspetti e può essere contattato e realizzato mediante un quadruplice processo di auto-trascendenza.

• Sottoponiamo questi quattro stadi, uno ad uno, ad analisi e sintesi. Il primo stadio del processo è ovviamente quello che riguarda la realtà come si presenta ai nostri sensi e la cognizione mentale basata su tale percezione. Tale modo di essere si chiama Vaisvanara.

• La scienza non si interessa all’invisibile perché questo non può essere osservato e sottoposto ad esperimenti. Noi vediamo il mondo esterno e il nostro corpo, ma non vediamo Isvara o Brahman. La nostra intera esistenza è ristretta alle esperienze da svegli e diamo poca importanza alle esperienze vissute nel sogno.

• La consapevolezza da svegli è il primo aspetto dell’Atman e la prima fase della nostra indagine. Siamo consci e ci occupiamo solo di ciò che è ‘fuori’, e non di ciò che è ‘interiore’. Ci occupiamo degli altri, dei nostri affari, ma non di noi stessi. Vien detto che questa consapevolezza ‘estroversa’ ha sette ‘membra’ e 19 ‘bocche’, e consuma e assimila (ne fruisce) oggetti sensibili. La bocca è l’organo attraverso il quale noi introduciamo il cibo per essere assimilato. In questo senso, tutto ciò che viene appreso attraverso i sensi è ahara o cibo per la personalità. Le 19 ‘bocche’ sono: i 5 jnanendriya; i 5 karmendriya; le 5 modalità del prana che fanno funzionare sia il corpo fisico che quello sottile; i 4 organi interiori: manas (la mente inferiore), buddhi (la mente superiore), ahamkara (l’ego divisivo, che pretende per sè) e citta (il subconscio, deposito e memoria delle impressioni karmiche).

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Dal commento di Krishnananda VAISVANARA (2)

• Attraverso queste 19 ‘bocche’ noi entriamo in contatto col mondo esterno e lo assorbiamo entro noi stessi. Questi strumenti sono i mediatori tra l’individuo e l’Universo.

• Attraverso di essi, non soltanto diventiamo consapevoli del mondo esterno, ma ne siamo anche influenzati. E questo processo di essere influenzati dall’esistenza del mondo – non soltanto la sua percezione – è il samsara. Anche il ‘Liberato in vita’ o Jivanmukta percepisce il mondo, ma diversamente da noi non ne è influenzato.

• Tutte le nostre funzioni mediate dalle 19 ‘bocche’ sono connesse col mondo fisico, comprese le idee e i pensieri, perché sono materiali psichici derivati da oggetti e impressioni fisiche.

• Non possiamo percepire nulla di super-fisico, né conoscere ciò che è dentro di noi (nel senso del potere del quale il corpo fisico e psichico è la concretizzazione: le forze-formative quali il corpo causale, astrale, ecc.).

• Il corpo sottile, vibrante di desideri insoddisfatti, si crea un corpo per poterli soddisfare. Il processo del samsara o ciclo delle rinascite, non è altro che la tensione di trovare sempre nuove vie per estinguere i desideri non soddisfatti.

• I nostri desideri sono la nostra debolezza; più desideriamo, più deboli diventiamo. Meno dedideriamo e più forti siamo.

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Dal commento di Krishnananda HIRANYAGARBHA

• Vi è una funzione più interna e sottile della stessa consapevolezza, soggettivamente nota come Taijasa (luminoso) e universalmente come Hiranyagarbha o Consapevolezza Cosmica Sottile. Nel secondo modo di essere si ha la conoscenza delle cose interiori e si godono gli elementi sottili (i concetti).

• Nello stato di sogno siamo nel mondo della percezione sottile. Di solito riguardiamo ai sogni come conseguenze delle percezioni da svegli e viene detto che gli oggetti del sogno hanno natura psicologica e non fisica. Nello stato di veglia veniamo in contatto con oggetti reali e proviamo autentica soddisfazione o dolore, mentre in quello di sogno siamo a contatto di oggetti immaginati, come immaginari sono il piacere o la sofferenza che ne deriva. Mentre gli oggetti del mondo desto non sono nostre creazioni, gli oggetti del mondo onirico sono nostre creazioni mentali. Questa è l’opinione generale.

• La Mandukya analizza il fenomeno e giunge ad una conclusione leggermente diversa. Noi consideriamo il sogno irreale e la veglia reale, ma deve essere ovvio che questa non è l’intera verità. Il mondo onirico sembra irreale in confronto con quello da svegli, come gli oggetti di quest’ultimo stato sembrano possedere maggior valore pratico.

• Ora, chi è che fa questa comparazione? Non colui che è sempre sveglio né colui che sempre sogna: il testimone dei due stati non può essere confinato in uno solo di essi. Possiamo fare il confronto fra i due stati perché ne abbiamo la consapevolezza di entrambi e non di uno soltanto.

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Dal commento di Krishnananda HIRANYAGARBHA (2)

• Chi è dunque colui che attraversa entrambi gli stati e può farne il confronto? Quando ci addormentiamo stiamo solo dormendo e quando siamo svegli non siamo più nello stato di sogno: come possiamo essere contemporaneamente in entrambi gli stati? Perché se non ne abbiamo una consapevolezza simultanea, non possiamo farne il confronto. Se siamo completamente immersi in uno stato soltanto, non è possibile alcun confronto!.

• Ciò è sufficiente ad indicare una verità che sorpassa la comune percezione empirica. Noi non apparteniamo completamente a nessuno dei due stati, ma siamo qualcosa di diverso. Le esperienze da svegli non ci esauriscono, come le esperienze oniriche non comprendono l’intero nostro essere. Sentiamo di poter essere testimoni di entrambi gli stati.

• Noi siamo essenzialmente un elemento del tutto terzo, in qualche modo indipendente dagli stati di veglia e di sogno. Cosa è questo elemento terzo? Questo soggetto è il vero scopo della Upanishad, il centro della indagine circa la natura del reale.

• Se giudichiamo i due stati senza alcun pregiudizio, giungiamo ad una sorprendente conclusione. Perché diciamo che gli oggetti della veglia sono reali? A causa del loro valore utilitario. Il cibo che mangiamo è reale perché ci sazia. Ma dimentichiamo che il cibo che sognamo di mangiare soddisfa la fame del sogno. Da che punto di vista facciamo il confronto? La Mandukya va alla radice della questione senza prender le parti di ognuna delle due visioni. Un confronto tra i due stati dispassionato e affrontato filosoficamente ci mette in una situazione imbarazzante. Entrambi gli stati sembrano essere altrettanto reali mentre vi si è immersi. L’uno nega l’altro.

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Dal commento di Krishnananda HIRANYAGARBHA (3)

• Perché confiniamo la nostra analisi esclusivamente dai due punti di vista? Che cosa ci fa credere che non vi sia un altro stato oltre i due? Come nel sogno non possiamo fare un confronto con la veglia, così nella veglia non possiamo fare un confronto con uno stato di coscienza superiore, a meno che non andiamo oltre il livello della veglia. Quando ci troviamo immersi in uno stato, quello sembra il solo reale.

• Nella famosa analogia della corda presa per serpente, la paura è reale perché siamo convinti che il serpente lo sia. Lo stesso accade quando diciamo che il mondo della veglia è reale. Il serpente nella corda è una sostanza misteriosa. Non possiamo asserire che ci sia o non ci sia. Da un punto di vista lo è, perché abbiamo trasalito; da un altro non c’è, perché vediamo solo la corda. Lo stesso accade col mondo della veglia. È lì finché lo vediamo, ne siamo coinvolti anche quando in esso vediamo il serpente e siamo perennemente spaventati (dalla morte, dai fallimenti, dalle malattie, ecc.). Quando vediamo il serpente che non c’è siamo nbell’agonia del samsara, dovuta alla percezione di qualcosa che non c’è. Ma quando si accende la luce (non quella elettrica) della saggezza e della penetrazione, vediamo la corda e ogni apprensione scompare.

• Questo è dunque il mondo in cui viviamo. Possiamo chiamarlo rele o irreale ed entrambe le affermazioni sembrano corrette: è vero che il mondo esiste, perché lo vediamo; allo stesso tempo non lo è quando è sublimato in una esperienza superiore.

• La comprensione analitica dei rapporti tra veglia e sonno getta luce sul rapporto tra l’uomo e il Divino.

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Dal commento di Krishnananda HIRANYAGARBHA (4)

• Come nel sogno vediamo solo fantasmi, e nella veglia crediamo di vedere oggetti reali, nello stato di coscienza superiore vediamo le cose come sono realmente e non come appaiono. Il mondo dei sogni non esiste fuori dalla mente; il mondo della veglia non esiste fuori dall’Assoluto.

• Il sogno non è solo un problema metafisico ma anche una necessità psicologica. È una inversione della mente in sé stessa dalle operazioni del mondo sensibile. Nello stato di sogno possiamo avere tutte le funzioni sensoriali pur essendo i sensi della veglia inattivi. La mente si proietta come sensi onirici e diventa capace di contattare gli oggetti del sogno che sono una manifestazione parziale della mente stessa.

• L’analisi degli psicoanalisti occidentali è corretta solo parzialmente, perché andando dal livello conscio al subconscio e in parte all’inconscio, non raggiunge il livello spirituale. Per essi non esiste un Atman Universale, tutto è solo mente.

• Per gli psicoanalisti i sogni sono dovuti ai desideri repressi. Gli Indiani hanno toccato un aspetto ulteriore del sogno ed è l’effetto dei karma passati, meriti e demeriti che si proiettano nel sogno quando non possono farlo nella vita di veglia. Non solo, anche un intenso pensiero di un’altra persona può influenzare lo stato di sogno, come in telepatia. E anche la benignità del Divino può manifestarsi, laddove la forza dell’ego lo impedisce nella veglia.

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Dal commento di Krishnananda CONSAPEVOLEZZA E SONNO PROFONDO

• Lo stato di veglia e quello di sogno, dal punto di vista del Jiva, sono due aspetti del funzionamento della mente. La mente si proietta nella percezione sia nello stato di veglia che nel sogno. Quando essa è stanca ed esaurita, cessa la sua attività e quando la cessazione è completa si ha il sonno profondo o sushupti. In tale stato non c’è desiderio, perché la mente si è rotirata sia dagli oggetti fisici sia dagli oggetti sottili. Essendo cessata ogni attività psichica, non c’è sogno. La mente è completamente assorbita in sé stessa, ma questo assorbimento è di natura inconscia.

• La mente, mentre sembra più conscia nella veglia, è ujn po’ meno nel sogno, qui non è più conscia. Nel sonno profondo, tutte le percezioni e cognizioni convergono in una sola modalità della mente, la quale, non subendo alcuna modificazione, non è più proiettata all’esterno. In tale stato si ha solo ananda, una pienezza superiore ad ogni forma di godimento derivante dagli oggetti sensibili.

• Da dove proviene questa gioia senza oggetto? Questo tema viene affrontato dal mantra che descrive la terza fase dell’Atman. La nostra reale natura è di totale trascendenza da ogni fenomeno sensoriale o mentale, quindi senza contatto con gli oggetti, anche sociali. Da ciò deriva la pienezza nell’isolamento. Ciò è detto Superconsapevolezza, ed è la nostra reale natura. Nel sonno profondo noi godiamo dell’ananda, della Liberazione dai condizionamenti della vita profana, ma non ne siamo consci.

Page 29: MANDUKYA UPANISADMANDUKYA UPANISAD • Questa è una Up. dell’ Atharva-veda e il nome sembra derivi dal fatto che essa fu rivelata da una rana (manduka), forma assunta dal dio Varuna*.Di

Dal commento di Krishnananda CONSAPEVOLEZZA E SONNO PROFONDO (2)

• Qual è lo strumento attraverso il quale godiamo dell’ananda? Non i sensi e la mente, solo la consapevolezza: è chit a esperimentare ananda, non gli indriya e non manas.

• Ma qui accade qualcosa di diverso, un fattore molto intrigante inizia ad agire, che copre la consapevolezza e ci fa ritornare alla vita desta con le stesse follie con cui siamo entrati nello stato di sonno.

• Lo stato di sonno è detto prajna, la consapevolezza nella sua natura pristina, onnisciente e non associata con nulla di esteriore. Questo stato è trascendente rispetto a quelli di veglia e di sonno.

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Dal commento di Krishnananda ISVARA

• Il terzo quarto dell’Atman, prajna, si identifica con il terzo quarto della Consapevolezza Cosmica, detto Isvara. Esso è onnipotente e quindi è considerato la fonte e la fine di tutta la creazione.

• La conoscenza di Isvara è intuitiva, sopra lo spazio ed il tempo, e non relazionale. La conoscenza del Jiva è relativa, quella di Isvara assoluta.