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Manuale Extraordinary® NLP Practitioner Extraordinary Srl, edizione 2016 a cura di Federica Tagliati, Laura Salimbeni, Riccardo Montanari e Claudio Belotti

Manuale Extraordinary® NLP Practitioner · 2 . Benvenuto all’Extraordinary® NLP Practitioner! È un immenso piacere condividere con te questi giorni di crescita. Durante il corso

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Manuale Extraordinary® NLP Practitioner

Extraordinary Srl, edizione 2016

a cura di Federica Tagliati, Laura Salimbeni, Riccardo Montanari e Claudio Belotti

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Benvenuto all’Extraordinary® NLP Practitioner! È un immenso piacere condividere con te questi giorni di crescita. Durante il corso imparerai la PNL, una disciplina straordinaria frutto del lavoro di ricercatori eccezionali e della nostra esperienza internazionale, ultraventennale. Il nostro consiglio è che tu partecipi con curiosità, apertura mentale e tanta voglia di metterti in gioco. Ci divertiremo perché con il divertimento si impara meglio e metteremo alla prova noi stessi per migliorare ancora di più. Ricorda che per imparare qualcosa di nuovo è necessario sospendere il giudizio. Se per imparare una nuova lingua usi la tua lingua madre fai più fatica. Noi ti assicuriamo competenza, passione e disponibilità. Tu devi metterci passione, disponibilità e impegno. Segui i Trainer con attenzione, prendi appunti, fai gli esercizi e riprendi i concetti quando sei a casa. Se fai questo avrai risultati che non puoi nemmeno immaginare! È arrivato il momento di iniziare, buon corso e buon divertimento. Nancy Cooklin, Claudio Belotti e tutto il team di Extraordinary.

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Secondo Richard Bandler la PNL è… La PNL è una attitudine, un modo di pensare… caratterizzato da un senso di curiosità e di avventura, da un desiderio di imparare a capire e comprendere quali tipi di comunicazione hanno la capacità di influenzare. E’ la capacità di cogliere ciò che è davvero importante e vedere la vita come un’opportunità più unica che rara per imparare. La PNL è una metodologia… Basata sulla presupposizione operativa che ogni comportamento ha una struttura… E che la struttura può essere imparata, modellata, insegnata e cambiata (ri-programmata). E’ un modo per sapere come le abilità percettive possano essere utili ed essere usate efficacemente. La PNL si è evoluta in una tecnologia innovativa… Che permette a chi la utilizza di organizzare le informazioni e le percezioni in modo da ottenere risultati che prima sembravano irraggiungibili. La PNL può essere descritta in molti modi: una scienza, un campo, un corpo di conoscenza, una filosofia, un insieme di osservazioni, una tecnica. Qualunque sia la definizione che scegliete di utilizzare, l’unico modo per imparare veramente la PNL è attraverso la sperimentazione. Servono più gli esercizi, i giochi, i commenti fatti durante il corso che tutti i manuali, perché la PNL funziona solamente se messa in pratica. La teoria da sola non porta da nessuna parte, sarebbe come pensare di imparare a nuotare leggendo un manuale, senza entrare in acqua. Quindi, tuffatevi in questa esperienza e scoprirete che la PNL, pur non essendo una bacchetta magica, può farvi arrivare dove volete e migliorare la vostra comunicazione e la vostra vita in modi che non ritenevate nemmeno possibili, il tutto mentre vi divertite a scoprire come avete costruito il mondo intorno a voi… Fino a ieri.

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Cosa significa Programmazione Neuro Linguistica? Programmazione Consiste nell’abilità di organizzare la nostra comunicazione e il sistema neurologico per ottenere gli specifici obiettivi ed i risultati desiderati. Neuro Fa riferimento al sistema nervoso attraverso il quale la nostra esperienza viene percepita (attraverso i cinque sensi) ed elaborata. Linguistica È il sistema del linguaggio verbale e non verbale attraverso il quale le nostre rappresentazioni neurologiche vengono codificate, ordinate ed ottengono significato.

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Le origini La storia della PNL è un guazzabuglio di informazioni, aneddoti, invenzioni il tutto tra mito e realtà.

Cerchiamo di metterle insieme queste informazioni riportando quello che siamo riusciti a decifrare e ripulire.

La Programmazione Neuro Linguistica (PNL) nacque negli Stati Uniti nei primi anni ’70.

Richard Bandler, all’epoca studente in matematica con indirizzo in fisica ed informatica alla neo nata Università della California a Santa Cruz, si trovò per caso, insieme al suo amico Frank Pucelik a cercare di capire come i migliori terapeuti riuscissero a ottenere grandi risultati. Si dice che avessero avuto successi e fallimenti, mentre cercavano di staccarsi dall’influenza che lo stesso Bandler aveva ricevuta da Fritz Perls.

All’epoca Bandler ricevette una richiesta del dottor Bob Spitzer, titolare della casa editrice Science and Behaviour Books, di frequentare e registrare alcuni seminari nel centro di Esalen in California per riunire poi gli appunti nel libro, che sarebbe uscito postumo, “Eyewitness To Therapy”. Grazie a quel lavoro Bandler, buon matematico, esperto di informatica e soprattutto grande osservatore, divenne un grande esperto di Gestalt Therapy, la metodica usata da Perls.

L’incontro tra il dottor Spitzer e Bandler fu del tutto causale. Spitzer che era uno psicologo freudiano conobbe Bandler e altri studenti durante la ristrutturazione della sua casa. Come molti studenti, Bandler, per pagarsi gli studi faceva il carpentiere. Nel corso dei lavori, la moglie di Spitzer vanne a sapere che Bandler era anche un musicista e gli chiese di insegnare a suonare la batteria alla figlia. Osservò il giovane Richard mentre insegnava alla figlia a suonare lo strumento e vide che non lo faceva in modo tradizionale ma con l’ausilio di video di batteristi straordinari; il dottor Spitzer capì che quel ragazzo poteva fare ben altro, come appunto capire il lavoro di Perls che, come molti geni, sapeva fare ma non sapeva come faceva. Grazie al gran lavoro fatto da Bandler con Perls, Spitzer decise di introdurre al giovane studente la famosa Virginia Satir, terapeuta familiare dalle capacità quasi “magiche”. La dottoressa Satir prese in grande simpatia il giovane Bandler, facendosi accompagnare in numerose delle sue visite in ospedali psichiatrici e in sedute terapeutiche, situazioni da cui Bandler imparò tantissimo, studiando “le capacità ipnotiche e inconsapevoli” della stessa Satir.

La grande capacità di empatia della Satir e il suo innovativo stile terapeutico furono alla base di molti modelli linguistici della PNL..

Un fatto che pochi sanno sul background di Richard Bandler è la sua conoscenza delle arti marziali avendo frequentato China Town nella sua città natale di San Francisco; soprattutto, in pochi sanno che era studente di un approccio corporeo e di tocco delle fasce muscolari denominato rolfing, dal nome della dottoressa Ida Rolf, ideatrice di questa tecnica.

Intorno al 1972 ci fu l’incontro a cui dobbiamo la nascita della PNL. All’epoca, l’università di Santa Cruz permetteva agli studenti dell’ultimo anno di tenere corsi su argomenti di loro interesse a patto che fossero supervisionati da un professore.

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Bandler iniziò le sue lezioni proprio sulla Gestalt Therapy con l’aiuto di John Grinder, linguista, allora assistente a Santa Cruz. Grinder era stato capitano dei corpi speciali militari americani in Europa durante gli anni ’60. Rientrato negli USA era tornato all’università specializzandosi nel 1972 in Linguistica, soprattutto in sintassi (lo studio di come la costruzione del linguaggio influenza il pensiero del mittente e del ricevente), dedicando una particolare attenzione alle teorie di Noam Chomsky della grammatica trasformazionale, oggi considerate superate.

Pochi sanno che Grinder è stato, al di fuori del lavoro specifico nell’ambito della PNL, autore di alcuni libri importanti sulla linguistica, tra cui: “Guide to Transformational Grammar” e “On Deletion Phenomena in English”.

Si dice che Grinder, durante la supervisione delle lezioni, rimase colpito sia dalla capacità di Bandler di aiutare i partecipanti come se fosse un vero terapeuta, sia dai cambiamenti che lo stesso Grinder fece su sé stesso. Questo li portò a iniziare una collaborazione. Ad oggi, che le loro strade si sono separate, entrambi ricordano che fu l’altro a proporre la collaborazione; ma questo è poco rilevante. Quello che conta è che fu l’inizio di questa avventura che tra il 1974 e il ‘75 prese il nome di Programmazione Neuro-Linguistica.

E’ curioso notare come anche sulla nascita di questo nome bizzarro ci siano aneddoti discordanti, l’unica cosa in comune a tutte le versioni è che, quando fu inventato, i nostri due eroi erano in compagnia di un buon vino rosso della California.

A questo punto Bandler e Grinder incominciarono a studiare sistematicamente il lavoro di alcuni psicoterapeuti straordinari, capaci di produrre cambiamenti e guarigioni con successo e continuità.

Iniziarono a formarsi i primi gruppi di studio e di pratica, tutti composti da studenti dell’Università; tra di essi troviamo nomi che oggi fanno parte della storia, come Frank Pucelick (diventato a questo punto allievo), Robert Dilts (che oggi è uno dei punti di riferimento mondiali), Judith De Lozier (per un periodo la moglie di Grinder e ora collaboratrice di Dilts), Leslie Cameron Bandler (per un breve periodo la moglie di Bandler che poi si perse per strada), Stephen Gilligan; Tod Epstein, Terry McClendon (che ora hanno le loro aziende di formazione).

I primi due libri che videro la luce, “La Struttura della Magia volume 1” e successivamente “La Struttura della Magia volume 2” (pubblicati in Italia in un unico volume “La struttura della magia” ed. Astrolabio) furono appunto il risultato del lavoro di questi primi anni, e di fatto erano la base della tesi di laurea di Richard Bandler.

Con la pubblicazione di questo primo libro, di lettura molto impegnativa, iniziò l’avventura. Per meglio contestualizzare il periodo bisogna ricordare che il grandissimo antropologo Gregory Bateson è anch’esso professore a Santa Crutz e pochi sanno che Bandler aveva un rapporto confidenziale con Bateson: grazie a questa vicinanza poté imparare moltissimo da lui.

Bateson, alla fine degli anni 50 e inizio 60, fu a capo del gruppo di ricerca dell’Università di Palo Alto in California, nel quale operava anche un giovane di nome Paul Watzlawick, che sviluppò il lavoro sulla “Pragmatica della comunicazione umana”, ma questa è un’altra storia con altri aneddoti interessanti. Tornando alla PNL possiamo dire che fu Bateson a consigliare all’ amico Bandler, di studiare il lavoro di Milton H. Erickson, un medico che usava l’ipnosi clinica, in un periodo storico dove l’ipnosi era quasi sconosciuta e talvolta demonizzata. Si dice che quando Bandler chiese a Bateson cosa fosse l’ipnosi quest’ultimo rispose: “non ne sono sicuro, l’ordine dei medici dice che non esiste ed è pericolosa”.

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L’idea che qualcosa che non esistesse fosse pericoloso intrigò Bandler al punto che decise di studiare Erickson a fondo.

Riuscire a rimanere coscienti in presenza di Milton Erickson era quasi impossibile perché lui ipnotizzava chiunque. Per evitare di essere ipnotizzati dal medico, Bandler e Grinder si prepararono in anticipo studiando bene l’ipnosi e installando in sé stessi una serie di stati ipnotici per uscire dallo stato di trance ogni volta che iniziavano ad entrarci a causa della voce di Erickson.

Fu questa una delle chiavi che permise ulteriormente alla coppia di riuscire a modellare il grande ipnotista, in una maniera che nessun altro aveva mai fatto prima.

Anche il dottor Erickson identificò diverse strategie di comunicazione di straordinaria efficacia in psicoterapia, riportate per la prima volta nei testi “I modelli della tecnica ipnotica di Milton Erickson vol. 1” e successivamente nel Volume 2, mai tradotto in italiano.

Il lavoro di Bandler, Grinder e del gruppo di studenti produsse molto materiale e molto interesse. Anche il modellamento si ampliò a moltissimi altri esempi di eccellenza di cui si parla e si conosce poco. Spesso si citano solo i nomi più noti ma è giusto ricordare che furono in tanti ad analizzare e in tantissimi ad essere analizzati. Pensare che solo i due co-fondatori abbiamo studiato solo tre terapeuti è un errore grossolano.

Dobbiamo molto per esempio a John O. Stevens, che poi cambiò nome in Steve Andreas; con la moglie Connirae, registrò i primi seminari per poi sbobinarne i contenuti e trasformarli nei libri classici e basilari della PNL tra cui: “La metamorfosi terapeutica”, “Ipnosi e trasformazione” e “La ristrutturazione” firmati a quattro mani da Bandler e Grinder e, qualche anno più tardi, “Usare il cervello per cambiare” a firma del solo Richard Bandler.

Il grande cambiamento all’epoca fu che la PNL sfidava i tradizionali miti della terapia psicologica classica e supportava questa sfida con alternative di pratica applicazione e con un successo una volta considerato impossibile.

Normalmente, gli appassionati, chiamano quegli anni di fermento e “pazzia” i “Wild Days of NLP”.

In quegli anni fu costituita anche la Society of NLP che avrebbe dovuto garantire la qualità dei seminari di formazione in PNL e l’eticità delle sue applicazioni.

Ormai la PNL aveva iniziato ad essere sempre più famosa. Nei primi anni ’80, un giovane rampante, già famoso nel mondo della crescita personale, frequentò il Practitioner in PNL. Capendo le potenzialità della metodica, la trasformò in qualcosa di più pratico e comprensibile per tutti fino a portarla in tutto il mondo. Quel giovane era Tony Robbins; e a lui va riconosciuto il merito di aver fatto conoscere la PNL a milioni di persone.

Nel frattempo, nel 1981 Bandler e Grinder, che erano e sono due persone completamente diverse, decisero di dividersi definitivamente, non proprio in ottimi rapporti.

Grinder continuò il suo lavoro, insieme a Judith DeLozier, prima e successivamente con Carmen Bostic St. Clair, fino alla elaborazione della cosiddetta PNL Nuovo Codice (NLP New Code) che si baserebbe sulla presupposizione che la PNL originale contenga un “bug”.

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Bandler, insieme ad altri cinque collaboratori (il cosiddetto Bandler Group) andò avanti a modellare e creare nuovi modelli di PNL per il cambiamento delle persone.

In questi anni furono studiate moltissime persone straordinarie.

Tra queste, spesso, Bandler porta l’esempio di Moshé Feldenkreis, un esperto del movimento che portò l’approccio al cambiamento proprio attraverso il movimento e il riequilibrio muscolo scheletrico del corpo, caratteristico dei programmi più avanzati in Programmazione Neuro Linguistica.

Nello stesso tempo Bandler continuò a studiare molto gli ipnotisti tra cui i grandi Dave Dobson, e Jeffrey Zeig .

Da citare, in questa entusiasmante storia, anche due nomi meno noti al grande pubblico: György Pólya, un matematico Ungherese autore dei “Patterns of plausible reasoning/inference”, che insieme al lavoro e alla linguistica di Robert Anton Wilson ha influenzato i modelli che sono poi sfociati nelle tecniche dei Nested Loops, (le storie nelle storie tanto care a Bandler.

Oggi la PNL è usata in tutto il mondo nei campi più svariati e spesso ciò avviene anche senza sia nominata, mentre gli uomini che hanno contribuito a crearla proseguono il loro lavoro. Bandler insieme a John La Valle con il gruppo della Society of NLP (dove troviamo anche il famoso Master Trainer ed ex DJ inglese Paul Mc Kenna) negli ultimi anni ha sviluppato il DHE (Desing Human Engineering) una metodica che lavora principalmente sugli stati interiori e l’NHR (Neuro Hypnotic Repattering) una serie di modelli linguistici di ipnosi conversazionale che sviluppò in un primo momento per aiutare l’allora moglie Paula, all’epoca molto malata. Grazie a questo lavoro Paula riuscì a vivere molti più anni di quanto previsto dai migliori medici e soprattutto a camminare nonostante fosse ritenuto praticamente impossibile. John Grinder con Carmen Bostic St. Clair portano avanti il New Code e fanno corsi in tutto il mondo. Robert Dilts con Judith De Lozier, operano da Santa Cruz, producendo moltissimo materiale e facendo molta ricerca. L’ormai non più giovane Robbins riempie i suoi seminari spettacolari e continua a far notizia lavorando con personaggi famosi del mondo dello sport, spettacolo, politica e sociale. Quello che era iniziato come una richiesta per insegnare a una ragazza a suonare la batteria è diventato qualcosa che oggi in tutto il mondo aiuta le persone a fare meglio quello che fanno e vivere meglio, anche se non sempre sanno che si tratta di PNL. A noi piace ricordare che in PNL nessuno ha inventato nulla. Essendo nata dallo studio del comportamento umano, pur rendendo onore a chi ha fatto questi studi, è di fatto qualcosa che appartiene a tutti noi.

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La mente Umana

Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l'insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali la sensazione, il pensiero, l’intuizione, la ragione, la memoria, la volontà.

Sebbene molte specie animali condividano con l'uomo alcune di queste facoltà, il termine è di solito impiegato a proposito degli esseri umani. Molte di queste facoltà, rintracciabili a livello neurofisiologico nell'attività della corteccia cerebrale , danno forma nel complesso all'intelligenza .

Il termine psiche fa riferimento invece alla mente nel suo complesso comprendendo la dimensione irrazionale cioè gli istinti e la dimensione del profondo, l’ inconscio .

Il vero lavoro del cervello viene svolto da cellule individuali. Un cervello adulto contiene circa 100 miliardi di cellule nervose, dette anche neuroni, con prolungamenti che si connettono tramite più di 100 trilioni di punti. Gli scienziati chiamano questa fitta rete di diramazioni "foresta neuronale". I segnali che si trasmettono attraverso la foresta neuronale costituiscono la base di ricordi, pensieri e sensazioni. I segnali che formano ricordi e pensieri si spostano attraverso una singola cellula nervosa in forma di piccola carica elettrica. Le cellule nervose sono connesse le une alle altre tramite le sinapsi. Quando una carica raggiunge una sinapsi, può far scattare il rilascio di piccole quantità di sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori. I neurotrasmettitori si spostano attraverso le sinapsi trasportando i segnali alle altre cellule. Gli scienziati hanno identificato decine di neurotrasmettitori. Il nostro cervello è l'organo più potente, eppure pesa solo circa 1300 grammi. Il suo tessuto è simile ad una gelatina solida. È suddiviso in tre aree principali:

• Il cervello riempie quasi tutto il cranio, ed è responsabile dei ricordi, della capacità di risolvere problemi, del pensiero e dei sentimenti. Inoltre controlla il movimento.

• Il cervelletto è ubicato nella parte posteriore della testa, sotto al cervello. Controlla il coordinamento e l'equilibrio.

• Il tronco cerebrale è ubicato sotto al cervello, di fronte al cervelletto. Collega il cervello alla spina dorsale e controlla le funzioni automatiche come il respiro, la digestione, il battito cardiaco e la pressione sanguigna.

Ad ogni battito cardiaco, le arterie portano circa il 20-25% del nostro sangue al cervello, dove miliardi di cellule impiegano circa il 20% dell'ossigeno e alimentano i vasi sanguigni. Quando pensiamo intensamente, il cervello può usare fino al 50% di energia e ossigeno.

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Teoria degli emisferi Ad oggi sappiamo per certo che ci sono due emisferi, e la teoria sulla loro specializzazione è ora messa in discussione. Le uniche cose certe sono che: • l’emisfero sinistro controlla il movimento della parte destra del corpo • l’emisfero destro controlla il movimento della parte sinistra del corpo • nella maggior parte delle persone, l'area del linguaggio si trova principalmente nella metà sinistra. Tutte le altre cose che hai sentito, come il destro è la parte creativa e il sinistro logica, sono in realtà solo teorie. I tre cervelli Secondo il neurologo Paul MacLean, il nostro cervello è costituito da tre componenti distinte, ognuna delle quali rappresenta un momento evolutivo ben preciso della specie umana. Un po’ come succede in un sito archeologico o con gli strati geologici delle montagne, anche il nostro cervello sarebbe il risultato finale di tre sedimenti stratificatisi durante l’evoluzione: • l’archipallium o cervello primitivo, costituito dal cervelletto e dal bulbo spinale. Corrisponde al

cervello rettile ed è sede degli istinti primari e di funzioni vitali come per esempio il controllo del ritmo cardiaco e respiratorio;

• il paleopallium o cervello intermedio, costituito dal sistema limbico. Corrisponde nella scala evolutiva al cervello dei mammiferi, specie di quelli più antichi ed è coinvolto nell’elaborazione delle emozioni;

• il neopallium o neocortex chiamato anche cervello superiore, costituito dagli emisferi cerebrali. Più recente, è esclusivo dei primati ed è sede di tutte le funzioni cognitive e razionali.

Si pensa che i primi due comunichino solo per immagini ed emozioni non con parola e logica, il terzo invece ha la parte logica che ci permette di ragionare. A volte però la parte logica viene sopraffatta da quella emotiva, in quello che in psicologia viene chiamato dirottamento emotivo, ecco perché in PNL lavoriamo molto sullo stato, è una parte importante che se ben gestita è utile, altrimenti può rivelarsi dannosa.

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Il Modeling Il Modeling è un modo di apprendere velocemente, studiando come altri hanno già raggiunto i risultati che noi vorremmo ottenere. Il Modeling è il cuore della PNL e senza di esso la PNL stessa non esiterebbe. Modellare significa capire per poi ripetere 3 cose: la strategia, le convinzioni e lo stato del modello di

eccellenza, cioè colui/colei/coloro che hanno risultati straordinari. Si può modellare uno sport, una performance lavorativa, uno stato emozionale e tante altre cose: di fatto qualsiasi cosa un essere umano faccia. Modellare non è una teoria né una ricerca della verità. Modellare è copiare ciò che può essere utile. I bambini sono degli eccellenti “modellatori”, imparano a crescere, ad emulare e imparano anche ad emulare ciò che non è utile, come le credenze limitanti degli adulti vicini, perché da bambini non si è in grado di scindere l’utile dall’inutile.

I bambini fanno modeling implicito (cioè inconsapevole) mentre i ricercatori in PNL lo fecero in modo esplicito, cioè consapevolmente.

Il Modeling è legato alla presupposizione per la quale se qualcuno riesce in qualcosa anche altri lo possono ripetere. Prendendo spunto da una persona che svolge meglio di noi un’azione, possiamo scegliere cosa modellare e scegliere di modellare solo le credenze utili riguardo a quella performance: ad esempio le frasi, i pensieri o le azioni. La persona dalla quale modelliamo qualcosa non deve necessariamente essere perfetta, amorevole e disponibile. Da adulti abbiamo la capacità di scindere e scegliere cosa emulare. Possiamo anche modellare senza necessariamente fare un’intervista al “modellato”, possiamo sia osservare l’osservabile da lontano sà fare domande e estrapolare atteggiamento e/o credenze dalle risposte. Studiando le persone di successo si sono scoperte molte cose. Ad esempio che hanno delle convinzioni, principalmente tre: “è possibile fare questa cosa” “io posso farla” “il metodo che utilizzo è corretto”

Quando una di queste tre è debole anche la migliore strategia potrebbe non funzionare. Lo stesso vale per lo stato. Mettere in atto la strategia giusta nello stato d’animo sbagliato non porta risultati. Molte persone confondono il modeling con la semplice applicazione di una strategia. Sarebbe come usare la ricetta di un grande chef utilizzando però pentole o forni completamente diversi (stato) e nello stesso tempo cucinare con la convinzione che tanto non siamo dei bravi cuochi: sicuramente il piatto non riuscirà.

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Le presupposizioni della PNL: principi di base, convinzioni

Essendo frutto della mente di un linguista e di un matematico, la PNL si basa su alcuni principi di base che possono essere assimilati a postulati matematici: sono le convinzioni, i presupposti che se creduti per veri servono a costruire tutto il mondo della PNL. Il modeling si basa su tre pilastri: convinzioni, stato e strategia. Avere la ricetta o le tecniche (cioè la strategia), senza essere nello stato d’animo funzionale e/o non credendo nei principi serve a poco. Non a caso ci sono molti esempi di chi sa ma non fa, proprio perché non credendoci non inizia neppure. Per avere risultati usando la PNL è necessario partire da questi presupposti:

1. La rappresentazione mentale di ciò che ci succede è più importante di ciò che succede veramente. È quindi più utile cambiare la rappresentazione piuttosto che il contenuto dell’evento.

In pratica in PNL crediamo che non sia tanto importante cosa è accaduto, quanto cosa io creda che sia accaduto. Quindi invece di cambiare i fatti meglio saper cambiare la percezione che io ho di essi.

2. Il significato della comunicazione è dato dalla risposta ottenuta.

Cioè non conta molto cosa hai detto tu, conta quello che hanno capito loro.

3. Tutte le distinzioni che un essere umano è in grado di fare, riguardanti l’ambiente e/o il comportamento, possono essere rappresentate in modo utile attraverso i sensi (vista, udito, tatto, gusto, olfatto) e attraverso i tre principali Sistemi: Visivo, Auditivo, Cinestesico.

In PNL sappiamo che percepiamo la realtà attraverso i cinque sensi. Saper manipolare questa percezione di fatto coincide con il cambiare la realtà stessa.

4. Le persone hanno tutte le risorse necessarie per ottenere cambiamento e successo.

In PNL si pensa che la soluzione sia dentro la persona. Hai le domande ma anche le risposte.

5. Se non ottieni ciò che vuoi, cambia il modo di operare.

Einstein diceva infatti che fare la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso è pura follia.

6. “La mappa non è il territorio”.

Questa frase famosa ci ricorda che la nostra è sempre una realtà soggettiva. Di fatto ognuno ha una sua realtà, che in PNL non è giudicata come giusta o sbagliata (perchè nesssuno è di fatto oggettivo), piuttosto come funzionale o non funzionale.

7. Il valore positivo di una persona è costante mentre varia il valore e l’appropriatezza dei comportamenti.

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In PNL non si giudicano le persone: chi di noi avrebbe l’autorità per farlo? Valutiamo l’appropriatezza dei loro comportamenti.

8. C’è un’intenzione positiva che spinge ogni comportamento e c’è un contesto dove ogni comportamento è valido.

In altre parole le persone fanno quello che fanno per soddisfare un bisogno. In alcuni casi questi comportamenti sono poco utili ma in altri lo sono.

9. I comunicatori di successo accettano ed utilizzano ogni tipo di comunicazione e di comportamento che si presenta loro.

Questo concetto deriva dalla legge della varietà necessaria (o indispensabile) che asserisce che chi sa usare quello che c’è ha più successo.

10. Non esiste fallimento ma solo feedback. Tutti i comportamenti sono efficaci, sia nel caso l’esito sia quello desiderato oppure no.

In PNL si fallisce solo quando si smette di provare per rinuncia. Se sbagli ma impari non hai fallito. Per fare cose nuove sbagli; per non sbagliare serve esperienza: l’esperienza sono gli errori del passato.

11. Le persone creano la loro esperienza: ognuno è responsabile della sua mente e quindi dei suoi risultati.

Dare la colpa ad altri o al destino ti toglie la possibilità e la motivazione per fare qualcosa per cambiare.

12. Qualunque cosa tu pensi di essere, sei sempre qualcosa di più.

Tutti i limiti che abbiamo sono di fatto imprecisi e autoimposti, la storia dell’uomo lo dimostra.

13. C’è soluzione per ogni problema.

Forse non la troveremo noi oggi, ma c’è.

14. Vivere è imparare: è impossibile non imparare.

La domanda è se impariamo cose utili o non utili.

15. Mente e corpo sono parte dello stesso sistema, ognuno influenza l’altro.

Siamo una cosa unica, dividerci in pezzi serve solo a scomporre qualcosa di unico e integro.

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16. Legge della varietà necessaria (legge di Ashby): l’elemento che ha la maggiore flessibilità di comportamento ed il maggior numero di connessioni neuronali è quello che maggiormente influenza il sistema. Avere molte scelte è meglio che averne poche.

Questo è in PNL alla base del concetto di libertà.

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Gli Obiettivi ben formati

Il processo del cambiamento agli inizi della PNL era rappresentato con questo schema: risorse

I passaggi sono semplici:

1. Definire lo stato attuale.

2. Stabilire lo stato desiderato.

3. Decidere come intervenire, conoscendo sia le risorse a nostra disposizione sia le resistenze che potremmo incontrare.

Per aumentare le probabilità di arrivare allo stato desiderato ci vuole la volontà di arrivarci (che è una cosa molto diversa dal semplice desiderarlo), la percezione che l’obiettivo sia raggiungibile, nel senso che sia credibile anche se non necessariamente probabile, e che lo sforzo richiesto valga l’obiettivo stesso. In PNL non esiste il fallimento ma solo il risultato, che può essere o meno quello desiderato. L’unico modo per fallire veramente è rinunciare. Quello che ottieni quando non raggiungi ciò che volevi è l’esperienza. Per aumentare esponenzialmente le probabilità di raggiungere l’obiettivo è indispensabile che questo sia ben formato cioè che risponda a delle caratteristiche specifiche che sono:

1. È positivo e specifico?

2. Descrive un risultato?

3. Quando – dove – con chi?

4. Come saprai di averlo raggiunto?

5. E’ in armonia con te?

6. Di quali risorse hai bisogno?

7. Puoi controllarlo?

8. E’ ecologico?

9. E’ scritto?

10. Qual è il piano d’azione?

stato attuale stato desiderato

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1. È positivo e specifico?

Perché un obiettivo sia chiaro deve essere espresso in termini positivi, non di bello o non bello, ma proprio formulato senza negazioni al suo interno. L’obiettivo non può essere “non essere più grassa” poiché non mi fornisce informazioni corrette. Una persona potrebbe non essere più grassa ma diventare obesa! Se l’obiettivo è espresso in positivo indica precisamente la direzione in cui si desidera andare, diventa più specifico.

2. Descrive un risultato?

Deve descrivere un risultato e non un processo. Se rimaniamo nell’esempio di prima ed il soggetto dice “voglio perdere peso” sta descrivendo un processo e non un risultato. Formulato così ha poche speranze di successo poiché è sempre troppo vago. Fare la pipì fa perdere peso, ma forse non è il concetto che si voleva esprimere. L’obiettivo dovrebbe essere formulato come “voglio pesare 55 kg” oppure “voglio entrare in un dato paio di pantaloni”. Quando l’obiettivo descrive un risultato il nostro cervello si attiva in modo da accedere allo stato risorsa necessario al raggiungimento della meta. Più pensi al risultato e più le risorse sono potenzianti.

3. Quando – dove – con chi?

Se non metto un termine temporale al mio obiettivo rimane semplicemente un desiderio, un sogno. Quindi è necessario specificare quando vogliamo ottenere quel risultato. Ognuno deve estrarre i suoi criteri di misurazione prestando attenzione a non proiettarli sugli altri. Se il nostro obiettivo include un contesto specifico, bisogna indicare anche dove e con chi vogliamo ottenere quel risultato.

4. Come saprai di averlo raggiunto?

Ho bisogno di un sistema di controllo che mi indichi che ho raggiunto effettivamente la mia meta. Se voglio pesare 55 kg dovrò salire sulla bilancia e leggerlo, se voglio entrare in un paio di pantaloni dovrò riuscire ad infilarli. Se non ho un sistema specifico per controllare il raggiungimento del risultato posso rimanere nel dubbio o nella frustrazione costante.

5. E’ in armonia con te?

Lo stato desiderato deve essere in armonia con i valori della persona e con la propria identità. È inutile cercare di perseguire obiettivi palesemente in contrasto con le convinzioni profonde, poiché vanno contro la propria natura. Le possibilità, in quest’ultimo caso sarebbero due: non raggiungere l’obiettivo poiché la propria identità profonda fa ostruzionismo, raggiungere l’obiettivo senza riuscire ad esserne contento. Gli obiettivi hanno bisogno di essere allineati con i valori della persona.

6. Di quali risorse hai bisogno?

È necessario avere in mente quali saranno le risorse necessarie per arrivare alla meta, siano esse interne, come capacità e convinzioni, o esterne, come corsi, libri, coach. Se mancano le risorse manca l’energia di base per far partire il progetto.

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7. Puoi controllarlo?

Non tutti gli obiettivi dipendono interamente da una persona. La domanda da farsi è quindi “Cosa puoi fare per fare in modo che…?” per spostare il potere dentro alla persona stessa.

8. E’ ecologico?

Ognuno vive in un ambiente in cui ci sono anche altre persone. Per il successo del progetto a cui si lavora è indispensabile che anche le persone intorno a noi abbiano dei benefici dal progetto stesso. Se raggiungere i 55 kg di peso vuol dire che la mamma è perennemente spossata e senza energie, probabilmente non è un progetto ecologico quando ci sono di mezzo dei bambini piccoli, che hanno bisogno di attenzioni e di vitalità. Il progetto è destinato a collassare da qualche parte. Prima di definire un obiettivo è quindi opportuno visualizzare come sarà il raggiungimento dello stesso e quale impatto avrà sull’ambiente che ci circonda.

9. E’ scritto?

Il fatto di scrivere un progetto lo rende immediatamente più concreto, fa si che si possa rivedere, che si possa aggiustare man mano che vengono nuove idee o si affrontano problemi. Funziona da ancora per accedere allo stato risorsa necessario al raggiungimento dello stesso.

11. Qual è il piano d’azione?

Infine, quali sono i passi che devo fare per arrivarci? Tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora risulta inutile se non ci diamo da fare ed è opportuno sapere quali sono tutti i singoli passi necessari per arrivare allo stato desiderato. L’obiettivo viene frazionato in tanti micro obiettivi che ci condurranno al risultato finale. È necessario sapere di nuovo cosa fare e quando farlo. È necessaria determinazione ed allo stesso tempo flessibilità per non entrare in uno stato di frustrazione demotivante che farebbe da resistenza.

Lo stato attuale, anche se differente dallo stato desiderato, soddisfa un bisogno. Per poter raggiungere e mantenere l’obiettivo è importante capire quale sia questo bisogno e trovare il modo di soddisfarlo anche quando si è arrivati allo stato desiderato. Qual è la tua visione, il tuo obiettivo? Deve essere abbastanza ampio da stimolarti, ispirarti e caricarti e, se necessario, fare lo stesso effetto anche alle persone che ti stanno intorno. Allo stesso tempo non deve essere esagerato per non risultare schiacciante. Il segreto per il successo è racchiuso nel decalogo appena visto, accompagnato da concentrazione, azione e perseveranza. Lo spostamento da uno stato ad un altro è alla base dell’apprendimento sebbene ne costituisca solo i due gradini centrali. I gradi di apprendimento sono infatti quattro e vanno dal più basso, in cui il soggetto non sa di non sapere, fino al più alto in cui la conoscenza è talmente profonda che viene attivata senza il passaggio attraverso la coscienza.

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comp. inconscio (so ma faccio senza pensare)

competente conscio (so e so di sapere)

incompetente conscio (non so ma so di non sapere)

incompetente inconscio (non so e non so di non sapere)

Per meglio comprendere i quattro gradi di apprendimento possiamo ricorrere al seguente esempio potrebbe essere il seguente: quando ero piccolo non sapevo che esistessero altre lingue e quindi non sapevo di non sapere l’inglese (incompetenza inconscia). Con l’ingresso a scuola ho scoperto che esisteva l’inglese ma continuavo a non saperlo parlare (incompetenza conscia). A forza di studiarlo ho acquisito la capacità di parlare inglese facendo ogni volta lo sforzo cosciente per usare questa seconda lingua (competenza conscia). Con gli anni passati all’estero l’uso dell’inglese è diventato automatico ed il passaggio da una lingua all’altra avviene come semplice risposta ad uno stimolo (competenza inconscia).

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Calibrazione e Rapport Calibrazione e Rapport sono alla base di tutte le comunicazioni efficaci e costituiscono uno dei pilastri su cui poggia tutta la PNL.

Letteralmente la calibrazione è l’osservazione conscia o inconscia di tutte le comunicazioni, verbali e soprattutto paraverbali e non verbali, del nostro interlocutore. Calibrare una persona significa quindi essere capaci di osservare e prendere mentalmente nota dei movimenti oculari, il ritmo e la profondità del respiro, l’irrorazione cutanea, il tono muscolare, i movimenti, i gesti, la scelta dei termini e del ritmo della comunicazione della persona con cui ci troviamo ad interagire. Calibrare significa riconoscere lo stato dell’altro attraverso la rilevazione di tutti questi segnali.

Detto così sembra un lavoro infinito ma con l’esercizio la rilevazione di questi fattori diventa molto più semplice, se non addirittura naturale e spontanea, come del resto facevi da bambino.

Il rapport è il passo successivo, cioè la capacità di entrare in relazione con l’altro, l’essere sulla stessa lunghezza d’onda, la connessione profonda. Il rapport è quell’empatia che ci permette di stabilire il rispetto reciproco in un’atmosfera di fiducia e confidenza. Da questo si può dedurre che la tendenza a giudicare gli altri costituisce la più grande barriera alla comunicazione ed alla comprensione.

Gli esseri umani tendono ad apprezzare chi è simile a loro. Un sistema per entrare in rapport con un’altra persona sarà quindi quello di cercare di rendersi il più possibile “simili” agli altri. Lo sanno bene gli adolescenti, per i quali il conformismo è un modo per entrare nel gruppo.

Calibrazione e rapport, sebbene siano cose differenti, sono strettamente legate ed ovviamente si facilitano l’una con l’altra.

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Rapport Quando comincerete ad applicare le capacità apprese dalla PNL vi renderete conto che si ottiene poco o nulla se non si è messa prima una buona base di Rapport. La comunicazione e tutte le interazioni diventano efficaci nel momento in cui si stabilisce una vera atmosfera di empatia, di sintonia, con l’altra persona.

Il metodo base per creare Rapport è il ricalco, in cui Milton Erickson era un maestro. Il ricalco è il processo nel quale adattiamo il nostro comportamento (cioè il nostro modo di fare, non di essere) agli aspetti del comportamento di un’altra persona. Il ricalco agevola il Rapport perché valorizza delle similitudini. Solitamente è il leader che va in ricalco.

Il Rapport non può essere simulato, finto o artefatto perché, avendo una grandissima componente inconscia, lascia sempre trapelare quello che si prova in profondità: i messaggi arriverebbero all’interlocutore pieni di contraddizioni nella microgestualità e nella mimica facciale, lasciandolo con un senso di disagio e di qualcosa di sbagliato, sensazioni estremamente lontane da ciò che si vuole ottenere. Di fatto il rapport si crea anche grazie ai neuroni specchio che si attivano inconsciamente e grazie all’intenzione positiva di voler capire e entrare in sintonia con gli altri.

Come si crea il Rapport? Spesso è una cosa naturale ed inconscia. Andate al ristorante e guardatevi intorno: guardate i tavoli in cui c’è una conversazione con ascolto reciproco. Osservando attentamente, noterete che i partecipanti siedono, parlano e gesticolano in modo molto simile tra loro. Sembrano agire in sincronicità: è come una danza. Tutto questo avviene inconsapevolmente.

Il processo di ricalco continuo del comportamento di chi ci sta di fronte è chiamato in inglese “Pacing”, che significa letteralmente “andare allo stesso passo” dell’altra persona. Questo accade quando la persona si muove e anche noi ci muoviamo ricalcando la sequenza dei suoi movimenti.

Il ricalco consiste quindi nel rimandare all’altro un comportamento simile al suo. Possiamo ricalcare o rispecchiare le parole usate, il linguaggio del corpo dell’altra persona, la sua postura, i gesti, l’espressione facciale, i movimenti, la mimica, l’uso dello spazio ecc. È importante farlo in modo discreto e non meccanico, sentirsi a proprio agio e essere spontanei. Il ricalco può essere immediato oppure ritardato di qualche secondo: se il vostro interlocutore cambia posizione, aspettate tre o quattro secondi prima di cambiarla anche voi. Oppure si può usare il ricalco incrociato, che consiste nel rispecchiare un aspetto della fisiologia di una persona con un diverso aspetto della vostra fisiologia. Ad esempio potreste ricalcare la respirazione di una persona con i movimenti della vostra mano o del vostro dito. Se il vostro ricalco è sincronizzato bene e rilassato, bastano movimenti marginali perché l’altro li percepisca a livello inconscio e si senta immediatamente compreso, accolto. Si senta in Rapport.

Un modo eccellente di creare un profondo Rapport consiste nel ricalcare la respirazione dell’interlocutore. Mentre parlano, le persone espirano ed inspirano. Inspirate allo stesso tempo, e mentre parlate espirate insieme a loro.

Il Rapport viaggia attraverso tutti i canali sensoriali. Al telefono la comunicazione avviene prettamente attraverso il canale auditivo. Una via efficace per stabilire il Rapport è quindi quella di ricalcare il tono di voce del nostro interlocutore; oppure si può ricalcare la velocità, la qualità e il volume della sua voce. O ancora la scelta dei termini: c’è chi usa molti aggettivi, chi gli avverbi, chi i superlativi, chi è lapidario.

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Perfezionare le capacità di instaurare Rapport permette di aumentare la capacità e la scelta di creare e mantenere comunicazioni efficaci con chi ci sta intorno. Nella lista che segue sono riassunti molti esempi di modelli di comportamento da ricalcare che danno la possibilità di creare Rapport sia consciamente che inconsciamente con chiunque. Ricalco del corpo: è l’adattare il tuo corpo a seguire i cambiamenti posturali dell’altra persona. Ricalco di alcune parti del corpo: ricalco di un movimento o dell’uso di una parte del corpo, come il battere delle palpebre degli occhi. Ricalco di metà corpo: ricalco solo della parte superiore o inferiore del corpo dell’altro. Ricalco della posizione della testa e /o delle spalle: rispecchia le pose che l’altro assume con la testa e con le spalle. Ricalco delle espressioni facciali: osserva e ripropone il modo in cui l’interlocutore fa uso del volto. Ricalco dei gesti: fatto in modo discreto e con rispetto. Ricalco verbale: rilevare ed utilizzare il sistema di predicati (verbi, avverbi e aggettivi) e la sequenza dei sistemi rappresentazionali utilizzati dall’altra persona. Ricalco paraverbale: tonalità, tempo, volume, timbro ed intonazione. Frasi ripetute: notare e ripetere le frasi che l’altro usa frequentemente. Ricalco del respiro: sincronizzare il respiro con quello dell’interlocutore. Ricalco indiretto (o incrociato): utilizzare un aspetto del nostro comportamento per ricalcare un aspetto diverso del comportamento altrui, ad esempio cambiare il tempo della nostra voce per ricalcare il respiro. Ricalco sociale: mi conformo alle regole sociali di quel gruppo, della cultura del luogo. In azienda potrebbe essere il modo di fare di quel reparto.

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Ricalco situazionale: utilizzo elementi presenti nella situazione, parlo di ciò che accade nella situazione, di ciò che stiamo condividendo. Ricalco delle convinzioni: idee, valori. Ricalco sensoriale: favorisco l’uso di termini inerenti un canale sensoriale (VAK) specifico che in quel momento sta usando il mio interlocutore. Ovviamente ci sono alcuni comportamenti che non vorrete mai ricalcare. A che gioverebbe ricalcare la respirazione di un asmatico, il modo di parlare di un balbuziente o i tic nervosi di un vostro ipotetico interlocutore? E che fare di fronte ad un interlocutore infuriato? Potete certamente scegliere di ricalcare alcuni aspetti, come la tonalità e la velocità delle sue parole, ma non certo il contenuto minaccioso. Come sapere quando si è creato il Rapport? Il ricalco è un processo che si svolge per un tempo prolungato, durante il quale è importante continuare ad ascoltare ed osservare attivamente l’interlocutore: si potranno così notare i cambiamenti e gli altri segnali che permettono di capire in quale stato egli si trovi. Come accennato prima, ricalco e calibrazione vanno di pari passo. Per valutare lo stato del Rapport ottenuto dobbiamo quindi calibrare la persona che abbiamo di fronte fino a quando sarà evidente un senso di rilassamento e di fiducia.

Quando due persone sono in Rapport, entrambe si sentono a loro agio, come se fossero a casa propria e spesso questo stato viene sottolineato verbalmente con frasi come “Mi sembra di conoscerti da una vita” o “È così facile parlare con te”.

La guida Un modo semplice per capire se si è effettivamente creato il Rapport è passare alla fase successiva: “la guida”. Provate a guidare l’altra persona facendo qualcosa di diverso, ad esempio cambiate la velocità con cui parlate. Se lo fa anche lei, è un segno certo del fatto che tra voi c’è Rapport. A livello verbale, se cominciate ad usare predicati visivi e sentite che poco dopo anche il vostro interlocutore passa a questo sistema rappresentazionale, allora significa che vi ha seguito e quindi che è in Rapport.

Se questo invece non accade, significa che il Rapport non si è ancora stabilito o perlomeno non è abbastanza solido. Quindi è opportuno e necessario tornare sui propri passi e ricominciare a ricalcare, finché non si è sicuri di poter tentare di nuovo la guida. Il Rapport ci dà l’autorizzazione ad entrare in guida e ci permette di guidare il soggetto verso nuove mappe. È interessante anche sperimentare cosa accade quando si interrompe volontariamente il Rapport, grazie al contrario del ricalco, quello che in inglese si chiama “mismatching”. Cominciate a contrastare i predicati del vostro interlocutore o il volume a cui parla e vedrete improvvisamente affiorare un senso

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di disagio. Anche il mismatching può essere un’abilità molto utile: non c’è modo più elegante di chiudere una conversazione indesiderata. Anche cambiando la velocità o la tonalità della vostra voce potete portare a termine una conversazione, cosa che a volte può risultare altrimenti difficile. A livello verbale, un grande passo verso una guida efficace sarebbe eliminare gli avversativi “ma” e “però” per sostituirli con la congiunzione “e”. Le particelle “ma” e “però” infatti implicano un’obiezione (in linguistica si tratta di “congiunzioni avversative” che indicano quindi una contrapposizione) mentre la parola “e” è una congiunzione puramente aggiuntiva: comunica all’interlocutore che avete ascoltato e riconosciuto la sua affermazione, e che volete espanderla aggiungendovi qualcos’altro. Notate la differenza tra queste due frasi: “capisco quello che dici però in questa situazione penso che sia diverso” “capisco quello che dici e in questa situazione penso che sia diverso” Chiaramente, non esiste guida senza ricalco. Non si può guidare una persona sopra un ponte senza averlo prima costruito. Assicuratevi di aver stabilito il Rapport con l’interlocutore, testatelo più volte prima di cominciare a guidare. Se il primo tentativo di guida fallisce, tornate a ricalcare per consolidare il Rapport ed in seguito riprovate a guidare in un modo diverso. I risultati sono garantiti.

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La mappa non è il territorio Una delle presupposizioni di base è, come abbiamo visto in precedenza, che la mappa non è il territorio. Tutti noi sappiamo, avendo in mano anche la più dettagliata delle mappe, che questa non corrisponde alla realtà che stiamo osservando. Pochi si rendono conto che tutto il processo percettivo subisce costantemente una semplificazione analoga. I nostri sensi – vista, udito, tatto, olfatto e gusto – sono la finestra sul mondo che ci circonda. Il mondo esterno è, però, molto più di quello che noi riusciamo a percepire. Pensate a tutto ciò che è microscopico: pur essendo reale non è visibile se non quando utilizziamo degli strumenti che lo adattano al nostro sistema visivo. Cosa dire del colore? Siamo generalmente d’accordo sul definire i colori con determinati nomi, ma i daltonici non utilizzerebbero le stesse definizioni degli altri, tenendo a mente che tutti quanti vediamo comunque solo una piccola parte delle frequenze possibili delle onde luminose. Poi ci sono le onde sonore e chiunque abbia un cane sa che lui può sentire suoni per noi totalmente inesistenti (oppure basta avere un nonno abbastanza sordo per sapere che non tutti sentono le stesse cose). I nostri sensi, quindi, sono la modalità per decodificare le informazioni che dall’esterno si muovono verso l’interno di ogni singolo individuo. Queste informazioni vengono poi organizzate, immagazzinate e viene loro attribuito un significato ed il tutto viene fatto utilizzando dei sistemi rappresentazionali che possono essere suddivisi a seconda della modalità sensoriali con cui sono stati rilevati. La rappresentazione sensoriale interna è la nostra mappa della realtà e come tale ne costituisce una semplificazione. Questi primi esempi ci fanno capire come la realtà sia un mondo per noi percepibile solo in piccola parte. Ma non finisce qui. Guardati intorno e prenditi 5 minuti per descrivere quello che vedi e chiedi a chi ti sta vicino di fare lo stesso. Dopo prova a confrontare con ciò che avete scritto. Potrei darti un’ora di tempo, ma ancora le descrizioni sarebbero differenti ed incomplete. Vuoi provare con un giorno? È evidente che non c’è un tempo sufficiente per descrivere completamente la realtà (anche se chi ha letto Proust potrebbe dissentire) eppure in ogni momento della nostra vita noi abbiamo la necessità di percepire una miriade di informazioni provenienti dall’esterno, di dare loro una prima elaborazione che ci permetta di classificarle ed immagazzinarle in modo sintetico e funzionale per poterne poi fare uso nel momento in cui ci dovessero servire. Quindi bisogna sfoltire, alleggerire, tagliare, ridurre. Gli input sensoriali sono filtrati dal sistema nervoso centrale, che permette il passaggio alla consapevolezza solo ad una piccola parte di informazioni per evitare che il soggetto sia sopraffatto dall’enorme massa di dati disponibili in ogni istante. Questo sistema di filtri è chiamato Esperienza Primaria e anche Processo di Modellamento Universale ed opera attraverso una serie di meccanismi che possono essere raggruppati in tre principali categorie: Cancellazioni, Distorsioni e Generalizzazioni. Questo processo permette quindi all’individuo di acquisire una quantità gestibile di informazioni e di mantenere un modello coerente della sua esperienza. Ogni persona ha un sistema rappresentazionale a cui accede più spesso e questo può essere rilevato facendo caso ai termini ed alle espressioni che usa. Le liste che seguono renderanno più chiari quali possano essere i predicati (verbi, sostantivi, aggettivi, avverbi) relativi ad ogni senso.

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Predicati Visivi (V) guardare osservare percezione contemplare testimoniare mostrare trasparente luminoso oscuro spettacolare chiaramente apparentemente illuminante immagine scena prospettiva focus orizzonte sogno visione quadro

Predicati Auditivi (A) annunciare dire ascoltare sentire articolare intervistare pronunciare chiedere volume rumore suono tono silenzio voce sonoro rumoroso stridente sonoramente silenziosamente

Predicati Cinestesici (K) toccare sentire afferrare intaccare pressione solido stress sensibile caldo sovraccarico spaventoso emozionante affaticato freddamente rigidamente superficialmente

Predicati Olfattivi (O) puzzare profumare annusare odore profumo aroma bouquet essenza pungente fragrante rancido fetente floreale

Predicati Gustativi (G) assaggiare assaporare gustare gusto sapore amaro dolce salato piccante gustoso agro dolcemente saporitamente

Esistono poi dei predicati aspecifici perché non afferiscono ad alcun senso, anche se qualcuno li qualifica come auditivo digitale (linguaggio interiore). Alcuni di questi sono: Predicati Aspecifici consigliare creare decidere gestire motivare preparare pensare funzionare capire sviluppo creazione programma conoscenza motivo

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Oltre ai singoli termini che afferiscono ad un determinato senso, le persone usano spesso costruzioni più ampie, cioè frasi e modi di dire, che di nuovo ci fanno capire qual è il loro sistema rappresentazionale preferito o almeno quello che stanno prediligendo in quel momento. In PNL olfatto e gusto sono spesso inclusi nel cinestesico.

Frasi indicative del sistema rappresentazionale possono essere:

Visivo a me sembra che, dal mio punto di vista, senza ombra di dubbio, memoria fotografica, mi ha fatto una scenata, un futuro luminoso, chiudere un occhio, vederci chiaro, occhio di falco, questa cosa la vedo bene, non mi ci vedo…

Auditivo forte e chiaro, per così dire, per modo di dire, a dire il vero, muto come un pesce, non mi suona giusto, dammi uno squillo, mi sono fatto sentire…

Cinestesico non me la sento, mettere le carte in tavola, essere al settimo cielo, mani di velluto, mi è sfuggito di mano, ho l’amaro in bocca, viscido come un serpente, è un sacco di patate, mi ha tirato su…

Saper riconoscere il sistema rappresentazionale che il nostro interlocutore sta usando di più e saperlo poi utilizzare, significa parlare la stessa lingua dell’altro, quindi permettergli di riconoscersi in noi. Stiamo nuovamente parlando di Rapport, che ci consente, come già detto, di agevolare la comunicazione e renderla più efficace. I predicati verbali non sono l’unico indicatore del sistema rappresentazionale preferito. La comunicazione non si limita alla componente verbale, ma ha anche una componente paraverbale (ed una prevalenza di non verbale). Per questo motivo il nostro corpo funziona spesso come amplificatore di ciò che stiamo dicendo ed evidentemente anche del modo in cui ci rappresentiamo interiormente il mondo. Per riconoscere il sistema rappresentazionale più usato prova ad osservare le persone che ti stanno intorno, con un po’ di attenzione potrete entrare nel loro mondo interiore. Quella che segue è una serie di caratteristiche, comportamenti ed attitudini tipiche dei vari sistemi rappresentazionali.

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Persone che usano principalmente il canale visivo: Parlano velocemente e ad alta voce, non trovano le parole perché le immagini in loro vanno troppo velocemente per riuscire a descriverle tutte, gesticolano ed indicano, hanno una postura eretta sia da seduti che in movimento, la respirazione è alta e superficiale, c’è spesso tensione muscolare specialmente a livello del tronco, spalle, collo, preferiscono i Verdana al Times New Roman come carattere del computer, giudicano le persone dall’aspetto ma non per superficialità, amano le slides in PowerPoint ed apprendere con il supporto di sussidi visivi, sono distratti dal rumore, si annoiano se le dissertazioni sono molto lunghe e non riescono a ricordarne niente, hanno bisogno di spazio fisico intorno a loro, specialmente davanti, area in cui posizionano le loro immagini mentali. Persone che usano principalmente il canale auditivo: Chiamano le cose con il loro nome senza indicare, fanno chunking down (spezzettamento), sono molto descrittivi, pronunciano tutte le parole con volume e velocità adeguati, hanno posture asimmetriche, la testa è spesso piegata nella cosiddetta posizione del telefono o da pensatore, amano il Times New Roman, amano le liste ed i report molto dettagliati così come le tabelle di Excel, il loro ragionamento ed apprendimento è logico e sequenziale, non sopportano le scarpe che fanno rumore, muovono gli occhi da un lato all’altro, hanno un respiro regolare e ritmico effettuato a livello del petto, imitano suoni e rumori, utilizzano il linguaggio musicale, sono spesso portati per la musica, si dilungano spesso in descrizioni e spiegazioni mettendo infiniti dettagli ed annoiando gli astanti, hanno una voce ritmica e tranquilla, spesso parlano da soli, sono molto sensibili ai suoni, non sopportano suoni, rumori o voci troppo forti o sgradevoli, si piegano in avanti mentre parlano e girano la testa offrendo l’orecchio preferito, imparano ascoltando, amano farsi spiegare a parole le istruzioni d’uso o le procedure. Persone che usano principalmente il canale cinestesico: Sentono e parlano lentamente, fanno lunghe pause perché devono accedere ad informazioni immagazzinate in profondo, non trovano le parole anche semplici e ricorrono spesso alla frase “non so come spiegarlo”, tendono a toccare la parte del corpo dove hanno la sensazione, la postura è rilassata, quando parlano tendono a guardare verso il basso, hanno una respirazione addominale che cambia a seconda del loro stato e dei loro sentimenti, il loro tono è basso e la voce profonda e vellutata, tengono le spalle chiuse e stanno curvi su loro stessi, si muovono con estrema lentezza, amano il contatto fisico e la vicinanza, hanno emozioni profonde, quindi come amano, molto spesso possono deprimersi molto.

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Movimenti oculari d’accesso (Lateral Eye Movement) Alcune ricerche hanno trovato che la maggior parte delle persone, nel rielaborare mentalmente un concetto o un pensiero, mostra dei movimenti oculari caratteristici indicativi del sistema rappresentazionale a cui fa accesso in quel momento. Questi movimenti sono stati chiamati in PNL movimenti oculari di accesso. Il disegno sottostante riassume i vari sistemi rappresentazionali a cui si fa accesso con un dato movimento degli occhi. Visivo costruito Visivo ricordato

Vc Vr

Auditivo costruito Auditivo ricordato Ar Ac

Cinestesico Auditivo digitale K Ad Riassumendo, quando il soggetto che stiamo osservando guarda in alto a destra la modalità a cui sta facendo accesso è visiva ricordata, cioè immagini che esistono nella sua memoria; se in alto a sinistra è visiva costruita, cioè un’immagine creata ex novo. Se guarda lateralmente a destra sta ricordando voci, suoni, rumori; se a sinistra sta immaginando musiche nuove o suoni inventati. Se guarda in basso a destra, area dell’auditivo digitale, sta sentendo il linguaggio interiore, sta parlando con se stesso; se a sinistra sta ripescando tra le emozioni o le sensazioni fisiche, che siano tattili, gustative o olfattive. Gli americani, per ricordare queste distinzioni, utilizzano R-R, cioè Right (destra) – Remembered (ricordato).

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Le persone che utilizzano queste modalità sono stimate nell’80-90% della popolazione. Il restante 10-20% è organizzato in modo differente ed in questa percentuale è molto probabile trovare i mancini. Inoltre, alcune etnie nel mondo (ad esempio la popolazione Basca) hanno movimenti completamente differenti. Logicamente non è possibile apprezzare tutti i movimenti oculari poiché alcuni sono velocissimi, poco più di un fremito. Alle volte sono presenti anche fattori di disturbo al libero movimento degli occhi, come la presenza di una persona che il soggetto vuole evitare costringendolo a spostare i movimenti dalla parte opposta anche quando non sta utilizzando quel canale specifico. È importante sottolineare che questi sono movimenti oculari d’accesso, cioè sono i movimenti che facciamo con gli occhi per accedere a una parte del cervello. Non servono in nessun modo a definire se chi ci sta parlando sta dicendo la verità o meno.

Domande di accesso oculare: Provate ad osservare i movimenti degli occhi del vostro interlocutore mentre gli ponete le seguenti domande.

1. Che differenza c’è tra un gatto che miagola ed un uccellino che cinguetta?

2. Senti freddo adesso?

3. Descrivimi una casa che vorresti arredare.

4. Com’è Gatto Silvestro che canta “we are the champions”?

5. Immagina la persona a te più cara fra dieci anni.

6. Come ci si sente quando si canta?

7. Di che colore è il tuo maglione preferito?

8. Con chi hai parlato l’ultima volta al cellulare?

9. Come ci si sente quando si va sullo scivolo?

10. Com’è la voce di un bambino che conosci?

11. Immagina un gatto viola a pallini gialli.

12. Dove è la maniglia nella porta della tua macchina?

13. Riesci a sentire i vestiti sul tuo corpo?

14. Quando sei arrabbiato/a, chi ti fa sentire meglio?

15. Pronuncia il tuo cognome al contrario.

16. Descrivi come sarebbe una mucca con la testa di una giraffa.

17. Quand’è l’ultima volta che hai visto la tua firma?

18. Come fa l’ultima canzone che hai sentito per radio?

19. Riesci a ricordare l’ultima volta che uno sconosciuto ti ha fatto un complimento?

20. Che forma ha il tuo frigorifero?

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Le Submodalità Quando le informazioni filtrate attraverso il processo di modellamento universale arrivano alla coscienza sono immediatamente codificate ed immagazzinate, a seconda del sistema rappresentazionale a cui afferiscono e, catalogate in unità più piccole dei sistemi stessi chiamate submodalità.

Le submodalità sono le caratteristiche relative ad uno specifico sistema rappresentazionale. Possono essere divise in due grandi categorie: analogiche e digitali. Le prime sono quelle il cui valore o intensità scorre su un continuum ed hanno quindi gradienti diversi (come colore, dimensione, volume…). Le seconde hanno valori definiti e generalmente solo due possibilità: la caratteristica c’è oppure non c’è (come immagine ferma o in movimento, associata o dissociata). Vediamo quali possono essere queste submodalità:

Submodalità Visive Statico o dinamico colori bianco e nero scuro chiaro con cornice senza cornice vicino lontano associato (sono in prima persona) dissociato (cioè sono in terza persona) bidimensionale tridimensionale a fuoco sfuocato posizione nello spazio distanza velocità Submodalità Auditive volume tono ritmo velocità voce o musica o suono maschile femminile stereo mono intonato stonato interna esterna posizione nello spazio

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Submodalità Cinestesiche dove nello spazio dove nel corpo piacevole o sgradevole o dolorosa frequenza respiratoria localizzazione del respiro frequenza cardiaca peso dolce salato amaro acido profumo o puzza

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Lo stato Lo stato è la condizione mentale, fisica ed emotiva in cui ci troviamo in ogni dato momento. Le nostre prestazioni ed il piacere stesso negli eventi della vita sono un risultato diretto del nostro stato interno.

Esempi di stato possono essere: contento, rilassato, felice, svagato, dolorante, elettrizzato, sereno, amato, euforico, energico, libero, motivato, grato, stimolato, attento, ottimista, determinato, gioioso...

Lo stato è una condizione dinamica e può essere creata da fuori a dentro, quando ci si basa su eventi e sensazioni esterne per determinare il proprio umore, oppure da dentro a fuori, quando si decide consciamente come ci si vuole sentire e si modifica l’ambiente circostante per omologarlo allo stato desiderato. Quando il cervello sta bene ed è in uno stato positivo manda segnali al corpo che sono inequivocabilmente tendenti verso il benessere: se siete di buon umore vi sentite più belli, state bene nel vostro corpo e sembra che le persone intorno siano migliori. Succede anche il contrario in cui una sensazione di benessere a livello fisico o un evento esterno positivo

possono risollevare il nostro morale. Quindi, il modo più potente per entrare in uno stato è mescolare ciò che va dal cervello al corpo e ciò che va dal corpo al cervello. Logicamente tutto quello che accade in positivo può accadere anche in negativo. Da quanto detto si deduce che lo stato risulta essere un potente filtro per le informazioni sia in entrata che in uscita.

Rappresentazioni Linguaggio interne

Fisiologia Focus

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Lo stato si ottiene quindi dalla combinazione di fisiologia, focus attentivo, rappresentazioni interne e linguaggio. Fanno parte della fisiologia la postura, la tensione muscolare, il movimento e la biochimica (tutto ciò che entra ed esce, come il respiro). Il focus attentivo è ciò a cui si presta attenzione, il valore ed il giudizio che gli vengono attribuiti; le convinzioni possono guidare fortemente il focus. Le rappresentazioni interne sono ciò che vediamo/sentiamo/proviamo nella nostra mente e passano per le submodalità che spontaneamente utilizziamo; un cambiamento volontario nelle stesse submodalità ci può aiutare a cambiare la valenza della rappresentazione. Infine il linguaggio può dare accezioni positive, negative o neutre a tutto ciò che diciamo agli altri o a noi stessi.

Per quanto possa inizialmente sembrare strano o difficile, è possibile imparare a cambiare velocemente il proprio stato emotivo modificando le proprie immagini mentali e la propria postura. La gestione dello stato ci permette di creare la realtà nel modo che ci è più funzionale e piacevole possibile.

Gli stati possono essere grossolanamente definiti positivi, negativi o neutri, anche se ognuna di queste valenze ha un contesto in cui è utile, per cui è più corretto definire gli stati funzionali o non funzionali a ciò che ci prefiggiamo. Inoltre uno stato è definito ecologico quando è utile per il soggetto ed il suo sistema mentre non è ecologico quando risulta dannoso nel medio o lungo termine. La distinzione migliore e più utilizzata in PNL è comunque quella tra stato potenziante e non potenziante: il primo dà accesso alle risorse necessarie a realizzare ciò che voglio mentre il secondo fa l’esatto contrario.

Può capitare di vedere qualcuno bloccato in uno stato depotenziante, che non gli piace ed in cui sta male, e avere l’impressione di non poter fare niente. È importante, allora, scoprire come fare una interruzione di stato; l’interruzione di stato consiste semplicemente nel fornire una distrazione improvvisa che costringe l’altro a dissociarsi momentaneamente dallo stato (sposto il focus) e a cambiare postura (modifico la fisiologia). Alcuni esempi possono essere: offrire un bicchiere d’acqua, fare un rumore forte improvviso, inciampare, far perdere il filo, farlo avvicinare alla finestra per vedere qualcosa fuori; oppure fare come quell’ istruttore militare che durante presentazioni in PowerPoint molto lunghe e potenzialmente soporifere inseriva randomicamente fra le slide delle immagini di donne nude: era certamente un’interruzione di stato che riportava immediatamente l’attenzione a livelli ottimali!

Tenete in mente che tutto quello che potete fare con un’altra persona, potete farlo anche con voi stessi: siete stufi di essere tristi? Alzatevi e cominciate a fare un lavoro mentalmente o fisicamente impegnativo o divertente: il vostro stato comincerà immediatamente a cambiare.

Anthony Robbins ha riassunto lo stato in una forma geometrica triangolare chiamata triade. Alla base di essa troviamo la “fisiologia”, cioè la condizione fisica. Nei due lati superiori mette il linguaggio, cioè come definiamo le cose e il focus cioè a cosa prestiamo attenzione, non a caso posso guardare la parte vuota o piena del bicchiere ed avere due emozioni differenti.

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Ogni lato ha la sua triade. Ecco i componenti nel dettaglio.

Fisiologia, dove troviamo:

• la biochimica, che cambia in funzione di tutto quello che introduciamo nel corpo con l’alimentazione.

• La postura, così importante perché può cambiare la percezione di sé e della realtà circostante • Il movimento (o la mancanza di). Gli americani dicono infatti “emotion is created by motion”.

Linguaggio, dove troviamo:

• Il vocabolario, le parole usate formano nella mente immagini e sensazioni diverse: culo e fondoschiena sono la stessa cosa ma detta in due modi diversi, suscitano emozioni diverse.

• Le domande, che possono presupporre come “perché sono così sfortunato” ma anche “quale è la soluzione?”.

• Le metafore, cioè modi di descrivere la realtà che hanno riflessi a livello inconscio ad esempio: “sono a pezzi” o “mi sento da Dio” e così via.

Focus, dove troviamo:

• Il focus, cioè a cosa presto attenzione e di conseguenza a quello che cancello. • Le convinzioni, alle quali abbiamo già accennato in precedenza e che approfondiremo più

avanti. • Le rappresentazioni interne, non tanto a cosa pensi ma a come lo pensi, cioè con quali

submodalità.

Al cambiare di uno di questi fattori cambiano gli altri e anche lo stato. Cambiare la fisiologia, che è alla base, dà risultati immediati ma non sempre duraturi. Cambiare uno dei lati superiori dà risultati nel tempo e spesso più duraturi.

Non c’è una regola precisa, solo la tua abilità di capire cosa si può fare, come e quando.

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Le ancore

Le ancore sono associazioni stimolo-risposta imparate. Di fatto sono tutti quegli stimoli che richiamano un’emozione, un ricordo, un concetto e così via. Sono degli “interruttori” collegati ad uno stato desiderato che, se attivati, ci permettono di accedere velocemente a quel determinato stato. L’ancoraggio risulta essere quindi una forma di condizionamento in cui uno stimolo esterno (VAK) viene associato ad una risposta interna.

Le ancore possono essere:

generate naturalmente (cioè senza che noi decidiamo consciamente di farlo) quando un’esperienza si lega ad una emozione/sensazione intensa (prendo la scossa toccando dei fili elettrici scoperti) o artificialmente (cioè quando noi decidiamo di creare un’associazione stimolo risposta) come fece Pavlov nel famoso esperimento con i cani.

stabilite con ogni stile rappresentazionale visivo: vedo il capo e mi viene da vomitare. auditivo: sento una musica e mi ricordo di un bel viaggio. cinestesico: una stretta di mano mi fa sentire confortata. olfattivo: sento un profumo e mi ricordo di una cara amica. gustativo: mangio un biscotto e mi sento come da mia nonna. spaziale (visivo + cinestesico): entro in uno spazio immaginario ed attingo a risorse utili.

funzionali o disfunzionali a seconda dello stato che elicitano.

risposte fisiche (i cani di Pavlov) che cognitive.

installate in un solo evento o con più ripetizioni.

settate senza che il soggetto ancorante e/o il soggetto ancorato lo sappiano.

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L’ancoraggio ha una procedura ben precisa che può essere riassunta nei seguenti punti:

1. Scegliete uno stato sperimentato in passato e che vi è piaciuto o risultato utile;

2. Scegliete un’ancora facile da riprodurre e più “unica” possibile (stimoli troppo comuni potrebbero non riuscire nell’associazione con lo stato desiderato);

3. Pensate, in modo associato, all’episodio che vi ha fatto entrare nello stato desiderato: cosa vedevi, cosa sentivi, cosa provavi? Fate caso a tutte le submodalità;

4. Mentre le emozioni aumentano, quando la sensazione è vivida ed intensa, fate scattare l’ancora;

5. Quando le sensazioni sono al picco (pochi secondi dopo averla attivata) lasciate andare l’ancora;

6. Ripetete il processo e testate l’ancora.

L’elemento più importante di tutta la procedura è la precisione. Settate l’ancora nello stesso modo, con la stessa intensità, per lo stesso tempo, nello stesso punto, allo stesso momento.

ancorare

intensità

tempo

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Il motivo per cui si settano le ancore quando il soggetto sta per arrivare al picco, e non a partire da esso, è che lo stato desiderato tende a svanire molto velocemente dopo essere stato raggiunto e certamente non vogliamo ancorare una bella sensazione che se ne va! L’ultimo punto della nostra lista prevede il controllo dell’efficacia della nostra ancora. Se questa non attiva lo stato desiderato può essere dovuto a fattori diversi, che sono:

L’ancora non è stata settata al picco ma troppo presto o troppo tardi quando, in tutti i modi, lo stato non era alla massima intensità;

Lo stimolo non era unico e quindi il soggetto non sa più a quale stato deve accedere;

Lo stimolo era incongruente: un urlo non può essere lo stimolo per raggiungere lo stato di calma e relax;

Lo stimolo nel test era diverso da quello nel settaggio.

Quando un soggetto si imbatte spesso e/o involontariamente in un’ancora che attiva uno stato depotenziante il sistema più veloce per ottenere una modificazione è il collasso di ancore. Questo consiste nell’attivare contemporaneamente un’ancora positiva molto forte e l’ancora negativa: le due risposte, incompatibili tra loro, si collassano portando come risultato uno stato differente dai due iniziali e di valenza intermedia.

È possibile giocare con le ancore e creare stati sempre più intensi. Un sistema consiste nel settare delle ancore concatenate: si creano almeno tre stati che hanno valenza positiva ed intensità progressivamente più forte e si ancorano uno vicino all’altro. Si attivano poi le ancore scivolando dall’una all’altra, nel caso siano cinestesiche (da questo il nome inglese di sliding anchors), oppure, se visive, si attivano in successione dalla prima all’ultima, raggiungendo gradualmente lo stato fortemente positivo.

Le stacking anchors, che si potrebbero tradurre come ‘’ancore impilate’’, indicano il processo in cui una serie di diversi momenti inerenti uno stesso stato vengono associati ad un’unica ancora in modo da rafforzare le risposte del soggetto e generalizzarne l’uso. Il primo uso che si può fare delle ancore è il cosiddetto ricalco sul futuro. Consiste nell’identificare una situazione importante, difficile o sgradevole che sappiamo o pensiamo di dover affrontare; identificare lo stato risorsa utile per quell’evento specifico; entrare nello stato, amplificarlo ed ancorarlo; l’ultimo passo consiste nell’immaginare vividamente l’evento e far scattare l’ancora per lo stato precedentemente ancorato. Scoprirai che le tue reazioni saranno diverse da quelle che hai avuto in passato poiché affronti la situazione in uno stato nuovo che ti permette di accedere a tutte le risorse utili che avevi in te.

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La time line Il termine time line sta ad indicare il modo strettamente personale e unico con cui ognuno si rappresenta internamente il tempo cronologico. È la posizione spaziale nella quale le persone immagazzinano le informazioni inerenti ad eventi passati o futuri. Alcuni ricercatori ritengono che l’assenza di questo sistema di codifica renderebbe impossibile distinguere gli eventi accaduti da poco da quelli accaduti da molto tempo. I bambini piccoli infatti non hanno la time line che si crea con la crescita.

Capire come è rappresentata la time line è generalmente piuttosto semplice perché ognuno tende a gesticolare indicando letteralmente con le mani dove si trovano gli eventi più o meno lontani nel tempo. Le due configurazioni osservate nei paesi occidentali più frequentemente, sono quella che va da sinistra a destra o davanti e dietro.

Alcune persone hanno una time line definita “through time”, cioè loro sono dissociati da essa, vedono/sentono il “qui ed ora” fuori dal loro corpo. Altri invece sono “in time”, cioè nel tempo, e sono attraversati da questa linea perché vedono/sentono il qui ed ora dentro di loro, in quanto associati alla propria linea del tempo.

Il modo diverso di rappresentarsi internamente il tempo sembra associato ad altre caratteristiche del modo di ricordare e gestire il tempo. Per le persone through time il tempo è sequenziale, i ricordi sono generalmente dissociati, pianificare è un’attività semplice e gradevole, hanno cognizione del tempo che passa, ricordano le date, sono puntuali e sanno giudicare quanto tempo occorre per fare una certa cosa.

Le persone in time tendono ad immergersi in un compito perdendo la cognizione del tempo che passa, sono scarsi nel valutare la lunghezza di un compito, difficilmente ricordano le date per cui associano eventi personali ad altri eventi di portata più ampia, tendono ad arrivare in ritardo ed hanno ricordi perlopiù associati.

La time line diventa uno strumento molto importante nel momento in cui viene utilizzata per operare nel passato o nel futuro, cioè quando si va a sperimentare virtualmente e a vedere le conseguenze di un evento futuro oppure a correggere la valenza emotiva di eventi passati. Il ricordo passato non viene cancellato ma semplicemente rivisto sotto una nuova luce e con un differente coinvolgimento emotivo. Partendo dal presupposto che ognuno vive lo stesso evento in modo diverso, si può decidere di avere accesso a quell’evento in un modo più funzionale e meno doloroso. Il sistema con cui si cambia la valenza emotiva del ricordo è sempre la modificazione delle submodalità, avendo l’accortezza di osservare attentamente il nostro soggetto per essere sicuri di andare nella direzione giusta.

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I Livelli Logici (o Livelli di Pensiero) della PNL Il concetto di livelli di pensiero o livelli neurologici è stato sviluppato a partire dagli anni ’90 da Robert Dilts basandosi su studi precedenti fatti dall’antropologo Gregory Bateson.

Secondo questo modello la vita di un singolo che fa parte di un sistema, o il sistema stesso possono essere descritti a differenti livelli ciascuno con un diverso rilievo.

Questi livelli, chiamati appunto livelli di pensiero, sono sei. Puoi immaginarli in una scala dal basso all’alto o come gli strati di una cipolla dall’esterno al cuore.

Il gradino più basso è quello dell’ambiente, il dove ed il quando. È il contesto all’interno del quale esibisci tutte le altre caratteristiche, è tutto ciò che sta intorno a te e fuori da te (luogo, temperatura, illuminazione, disposizione architettonica…), lo spazio in cui i soggetti agiscono ed interagiscono. È anche il tempo, cioè il periodo del giorno, o il mese o anche il momento storico. L’ambiente determina limiti ma anche opportunità che portano ad agire o reagire. Sicuramente la vendita della birra durante l’estate aumenta per ragioni ambientali. Lo stesso vale, da quello che dicono le ricerche, per l’aumento della pressione minima di chi è bloccato nel traffico che si innervosisce per la situazione che sta vivendo.

Il livello immediatamente superiore è costituito dal comportamento, cioè le azioni singole e ripetute, le parole dette, i progetti messi in atto, tutto ciò che risponde alla domanda “che cosa?”, ciò che il soggetto fa all’interno dell’ambiente. Nell’esempio precedente della persona bloccata nel traffico, se respirasse profondamente potrebbe influenzare il suo stato d’animo, in modo diverso rispetto all’iniziare a imprecare.

Nel terzo livello ci sono le capacità, cioè le abilità, le strategie, le competenze, le risorse disponibili che vengono utilizzate per scegliere e dirigere le proprie azioni nell’ambiente. Rispondono alla domanda “come?”. Le capacità includono apprendimento, memoria, creatività, capacità decisionale che permettono di portare a compimento un dato compito. Saper respirare in modo corretto, nell’esempio precedente, può essere utile per mettere in atto quel comportamento in quel momento. Questi primi tre livelli sono quelli più bassi, quelli cosiddetti esterni perché hanno a che fare con spazi ed azioni visibili dall’esterno.

Il quarto livello, primo dei livelli alti (o profondi se immagini la cipolla), riguarda convinzioni e valori che costituiscono la spinta propulsiva che soggiace alle strategie messe in atto per dimostrare un certo comportamento nell’ambiente. Le convinzioni - su noi, gli altri e qualunque cosa consideriamo vera - sono opinioni di natura emotiva non basate su fatti e rispondono alla domanda “perché?”.

Le convinzioni si concretizzano nei valori che sono altri filtri che utilizziamo per prendere decisioni in ogni istante della nostra vita. Convinzioni e valori forniscono il rinforzo per stimolare o inibire comportamenti e capacità e sono il filtro che ci permette di dare senso a ciò che accade intorno a noi. Ognuno interpreta i valori a modo proprio ed ha regole differenti per valutare se sono stati rispettati. Credere che il traffico mi farà arrivare in ritardo e che per questo perderò la vendita con il cliente non farà che peggiorare la situazione e quindi la mia pressione. Se invece do valore alla mia serenità e al godere qualsiasi momento, probabilmente chiamerò per avvertire e mi godrò la musica alla radio.

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Convinzioni e valori sono la base su cui poggia l’identità. È il “chi” che risponde alle domande perché, come, cosa, dove, quando precedentemente elencate. L’identità è quella convinzione che ci dà il senso del sé; è quella a cui facciamo riferimento ogni volta che diciamo una frase che comincia con “Io sono…” non riferendosi al momento contingente; è il nostro nucleo, le cose che ci caratterizzano indipendentemente da dove, quando, con chi. Credere di essere sfortunati e di trovare sempre traffico e problemi, farebbe vivere la situazione in modo diverso da chi invece crede di essere fortunato a non essere coinvolto nell’incidente. L’ultimo livello, il più alto, è costituito dallo scopo e può essere definito il “livello spirituale”. Facendo riferimento ai sistemi più ampi di cui facciamo parte, risponde alla domanda “per chi o per cosa altro da me?” dando un senso ad azioni, capacità, valori ed identità. A questo livello si sente l’esigenza di dare il proprio personale contributo al sistema di cui si fa parte. I sistemi possono andare dal molto piccolo, come la famiglia o il gruppo di amici, al molto grande come l’azienda, la nazione, il credo. Questo è il livello più alto di influenza inconscia, nel senso che è a questo livello che si viene scelti per una collaborazione, una relazione, un business. È il livello della traccia lasciata dopo essere andati via, che sia dalla vita o semplicemente da una stanza. I livelli più astratti (alti) dominano nel momento ed includono quelli più concreti (bassi). I livelli più alti influenzano nel tempo quelli più bassi. Se alzo la temperatura nella stanza (ambiente), inizi a sudare (comportamento). E se iniziassi a camminare su e giù ininterrottamente (comportamento), tra qualche mese inizieresti a vedere un solco nel pavimento (ambiente). Quando l’attenzione è rivolta verso i livelli bassi del modello - pensiero focalizzato su ambiente, comportamenti, capacità – il soggetto ne è influenzato ed è quindi reattivo. Quando invece si concentra sui livelli alti - convinzioni, valori, identità, scopo - risulta proattivo e quindi capace di operare indipendentemente da ciò che avviene intorno a lui. Facciamo qualche esempio di applicazione:

Nella cucina di una casa ci sono le formiche. Perché c’è un formicaio in giardino (ambiente), o perché si lasciano le briciole in giro (comportamento)?

Tuo figlio ha preso un bruttissimo voto nella verifica di matematica. Quel giorno c’erano i lavori nella stanza a fianco e il rumore non gli ha permesso di concentrarsi (ambiente), oppure non ha studiato (comportamento), o non capisce la matematica (capacità), o crede che la maestra ce l’abbia con lui (convinzioni) oppure crede di non essere portato per la materia (identità) o per allinearsi ai suoi amici che vanno male è voluto andare male (spirito)?

Immagina che la tua squadra del cuore abbia vinto una partita difficile e importante. Come mai ha vinto? Giocava in casa (ambiente), ha giocato bene (comportamenti), sono più forti (capacità) erano decisi (convinzioni), hanno difeso i colori della città (identità) o sono un gruppo molto coeso (spirito)?

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Come vedi è uno strumento di straordinaria utilità, le applicazioni sono infinite, anche nel mondo del business. Essere allineati nei propri livelli logici significa avere una coerenza interna che fa sentire bene ed in grado di superare ogni difficoltà. Diventare consapevoli dei propri processi mentali ad ogni livello permette di accelerare il processo di allineamento e di diventare efficaci nel raggiungimento dei propri obiettivi, perché ogni nostra parte collabora con tutte le altre.

Assicurati che anche nella tua azienda questi livelli siano allineati. Quando non lo sono iniziano ad arrivare i problemi.

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Terminologia della PNL Analogico: Un processo che continua naturalmente come ad esempio una submodalità come: la luminosità che può aumentare e/o diminuire mentre una digitale è on/off come associato/dissociato.

Ancora: Una neuro associazione acquisita (VAK). Cioè uno stimolo al quale è stato associato una risposta emotiva e/o cognitiva.

Associato: Essere nel proprio corpo e momento e vedere attraverso i proprio occhi. Al contrario di dissociato che è vedersi in terza persona.

Auditivo: Il sistema rappresentazionale legato all’udito.

Auditivo Digitale: Un suono che riproduce una lingua madre.

Convinzione/credenza: Presupposti, cose che crediamo vere. “Senso di certezza riguardo a un concetto”.

Calibrazione: Il processo di prestare attenzione e riconoscere schemi comportamentali.

Chunking: Spezzettare in grandi o piccoli pezzi l’esperienza.

Congruenza: Allineamento tra i tre canali comunicativi (verbale, para e non verbale) e/o allineamento tra quello che si dice/pensa/fa. Submodalità: Le modalità delle modalità (VAKOG), cioè le caratteristiche specifiche del visivo (colore, dimensione, luminosità ecc.), auditivo (volume, tono, provenienza ecc.) e cinestesico (posizione, direzione, pressione ecc.)

Submodalità Critica: La/le submodalità che hanno più impatto in una determinata esperienza.

Struttura Profonda: L’esperienza soggettiva nella mente della persona da cui poi deriva la struttura superficiale che è quella condivisa attraverso una lingua madre.

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Downtime (sottotempo): Quando si ha l’attenzione dentro di sé invece che alle posizioni percettive: la prima sono io che parlo con te, la seconda è la tua, la terza è quella di un osservatore, la quarta è quella collettiva di noi.

Quadrupla: Vecchio modo di descrivere la struttura di un esperienza attraverso i sensi (V, A, K, O/G).

Frame/Cornice: Il contesto ambientale/temporale/emotivo dell’esperienza/situazione

Future Pacing (Ricalco sul futuro): Il processo mentalmente di immaginare qualcosa che accadrà nel futuro.

Rappresentazioni interne: I processi mentali interni fatti attraverso i cinque sensi, chiamati anche sistemi/modalità/canali rappresentazionali.

Cinestesico o cinestetico: Il canale rappresentazionale che si rifà alle sensazioni e al tatto (dove spesso vengono accorpati anche olfatto e gusto).

Loop: Uno schema/storia/metafora/processo che torna indietro e si autoalimenta.

Ricalco: Riprodurre il modo (non il contenuto) della comunicazione altrui.

Meta: Livello superiore.

Specchiamento: Ricalcare il linguaggio non verbale di qualcuno come se si fosse uno specchio.

Modelling: Il processo di estrazione: convinzioni/strategie/stato e così via, che ha come scopo quello di poter riprodurre i risultati del modello di eccellenza studiato.

Filtri Percettivi: Idee, convinzioni, esperienze passate, valori e altre cose che filtrano l’esperienza cambiandola in modo del tutto soggettivo.

Predicati: Parole come verbi, avverbi e aggettivi tipici del processo soggettivo.

Presupposizioni: Concetti/idee/convinzioni date per scontate/vere.

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Rapport: Una sensazione di benessere emotivo tra due o più persone basato su qualche similitudine esistente o creata.

Reframing: Un modo per ristrutturare un’esperienza e/o il suo significato.

Vantaggio secondario: La ragione per la quale si continua in un comportamento non funzionale. Per esempio mangiare le unghie per liberare stress.

Acume sensoriale: Consapevolezza sensoriale accurata di quello che accade.

Stato: Lo stato psico-fisico-mentale di una o più persone. Strategia: Una sequenza di rappresentazioni interne e/o azioni che danno un determinato risultato.

Sinestesia: Un accavallamento di canali rappresentazionali ad esempio “un colore caldo” o “un suono fresco”.

Attraverso il tempo: Quando si ha una time line a cui si è dissociati.

In tempo: Quando si è associati alla propria time line.

Time-Line: La rappresentazione soggettiva e fittizia del tempo organizzato in una linea (non retta).

Ricerca Transderivazionale: Il processo attraverso il quale si cerca di interpretare qualcosa, cercando nella propria esperienza la

chiave di lettura, non trovandola si creano nuove neuroconnessioni.

Uptime (sovratempo): Lo stato nel quale l’attenzione è fuori da sé stessi e verso la realtà che ci circonda.

Valori: Stati d’animo, cioè emozioni che diventano concetti e che siamo convinti siano importanti da vivere.

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