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Marettimo - Paradise Lost

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Incredibili scenari in mtb a Marettimo (Sicilia)

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paradise lost

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Secondo il Grillo

Ancora adesso che sono a casa non riesco a dimenticare. Se chiudo gli

occhi rivedo il cielo azzurro, il blu profondo del mare, il verde mozzafiato

della montagna. I colori di un’isola che mi ha investito come un tram in

corsa sconvolgendo i miei cinque sensi:

- la vista, con indimenticabili panorami mozzafiato

- l’olfatto, con i profumi della macchia mediterranea in primavera inoltrata

- l’udito, con il suo silenzio, interrotto solamente dall’incessante boato del

mare e dalle urla dei gabbiani, veri padroni di questa terra

- il gusto, con la tipica gastronomia siciliana fatta dei sapori del mare

- il tatto, perché tutto ciò che tocchi qui a Marettimo è divino.

Giorno 1

Il nostro è il classico viaggio organizzato all’improvviso che inizia con una

telefonata a Davide. “Ciao Davide. Che ne pensi di andare a Marettimo due

giorni?”. “Quando?”. “ Domani!!!”. Solamente due secondi di imbarazzo e

dall’altra parte del telefono arriva la risposta…. “CI STO!!!”

E così, lasciati alle spalle i rumori e le puzze di una città oramai alla deriva,

arriviamo a Marettimo la mattina presto, accolti da un villaggio che ancora

dorme. Appena il tempo di sistemarci ed il sole è già alto nel cielo, presto

verremo risucchiati in quella che alla fine sarà… “una meravigliosa giornata

di mtb”. La prima salita ci spezza le gambe. Arrivati a mezza costa, con-

sigliati da un biker locale, cambiamo i nostri programmi e ci buttiamo a

capofitto verso il faro di Punta Libeccio. Un sentiero morbido con tratti

rocciosi ed in alcuni punti esposto con il mare da un lato e la montagna

dall’altro. Alla prima curva le urla di gioia si sprecano e appena usciamo da

un boschetto il sentiero sembra quasi si tuffi nel mare. Lo seguiamo giù e

ancora giù fino al faro, poi il meritato riposo.

Il faro è una vecchia istallazione della marina militare oramai in disuso, ma

i veri padroni di questo posto sono i gabbiani che, con le loro acrobazie al

limite del possibile, sfruttano le correnti per esibirsi in vorticose picchiate

ed impossibili virate.

Ci godiamo la sosta, sappiamo bene che la discesa è stata bella ma la

risalita sarà lunga e faticosa. Il Semaforo (così si chiama la seconda cima

di Maret-timo) ci aspetta lassù a quasi 700 metri di quota. E allora via, si

parte!

paradise lost

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Davide riesce a pedalare lungo il sentiero stretto e tortuoso, ma io sono

costretto a spingere e piangere lacrime di sangue, mentre un muflone soli-

tario ci guarda dall’alto di una cresta rocciosa. Quando scolliniamo la vista

sul paese ci riempie gli occhi e ci ricompensa di tutte le fatiche. Un pugno

di case bianche gettate tra il blu del mare ed il verde della montagna, come

se qualcuno avesse voluto dividere i due colori sulla tavolozza di un pit-

tore.

Dopo circa un’ora di risalita a spinta su sentiero arriviamo in cima. Il Se-

maforo è la nostra ultima sosta prima della meritata discesa. Quando in-

iziamo a scendere le fatiche e le maledizioni spese durante il cammino in

salita rimangono un vago ricordo.

Il sentiero è bellissimo, corre veloce sotto le nostre ruote tra le macchie

di rosmarino. In alcuni tratti è stretto, ripido e tecnico, con passaggi quasi

impossibili, in altri tratti è invece molto scorrevole, costellato da curve ve-

loci che si susseguono con ritmo incessante.

Il silenzio assoluto è rotto solamente dal suono dei nostri copertoni che

rotolano sul sentiero e dalle urla di gioia che si confondono con quelle dei

gabbiani che da sopra le nostre teste controllano indisturbati il loro terri-

torio.

L’ultima serie di tornanti stretti e molto ripidi ci riporta ad un incrocio dal

quale eravamo già passati di mattina. Il Semaforo ci guarda da lassù, le

braccia e le gambe sono stanche ma le urla di gioia si sprecano. E la discesa

non è ancora finita! il sentiero si infila in un bosco di pini e prosegue fino

alla spiaggia. Tutto sottobosco, fondo morbido, poche pietre, curve veloci

si alternano a stretti tornanti. La bici prende velocità sui tratti di rettilineo

e dopo una staccata al limite si infila nei tornanti in derapata con i dischi

dei freni che bruciano.

Uno, due, tre…. Perdo il conto dei tornanti. Vedo il sentiero scorrere veloce

davanti i miei occhi, come un film, e sento lo sferragliare dalla bici di Davide

alle mie spalle, ad ogni tornante il suo grido di gioia.

Quando arriviamo alla fine siamo al settimo cielo e l’unica cosa che manca

a coronamento di una gran giornata è un bel bagno a mare. La spiaggia è

deserta e nudi come mamma ci ha fatto ci abbandoniamo tra le braccia

del mare spumeggiante. Il sole tramonta e non ci resta che preparaci per

la cena. Ce la siamo guadagnata e così, tra gli sguardi incuriositi dei pochi

turisti, posteggiamo le nostre bici fuori dal ristorante e consumiamo il

nostro lauto pasto a base di pasta, pesce spada, tonno, melanzane e men-

tuccia.

Consumiamo tutto in silenzio, proprio come fa il commissario Montalbano,

per godere in pieno dei sapori della buona tavola. Un bel bicchiere di vino

locale e siamo in pace con il mondo e con noi stessi. Arrivati a casa la sera

Morfeo ci abbraccia e ci porta a passeggiare in terre lontane, ancora una

volta protagonisti di quel sogno che abbiamo appena vissuto.

Giorno2

Il sole del mattino filtra attraverso la finestra socchiusa, ma a svegliarmi

non è la luce del sole ma un colpo di vento che fa sbattere la persiana della

finestra in un boato che nel silenzio della mattina sembra una bomba. Il fis-

chiare del vento non fa pensare a nulla di buono ed infatti è una di quelle

giornate che sarebbe meglio starsene "curcati" (coricati) al calduccio pi-

uttosto che andare in bici. Ma Davide è già sveglio, lavato e pettinato e mi-

naccia calci nel fondoschiena se non mi alzo subito e mi preparo.... manco

fossimo al militare.

Quando esco per prendere la bici l’aria fredda della mattina è quasi peggio

dei calci nel di dietro. Al bar un gruppo di escursionisti discute sulle sorti

della giornata, purtroppo il meteo sconsiglia avventure no-limits, ma

monte Falcone, la cima più alta dell’isola, ci aspetta e non ci faremo scor-

aggiare da un po’ di vento.

La salita verso le Case Romane è tutta ciclabile ma molto ripida, seppur

con qualche sosta per far riposare cuore e gambe arriviamo all’antico

insediamento romano e ci rendiamo subito che la vetta, per oggi, ci sarà

preclusa. Decidiamo allora di prendere il sentiero che corre a mezza costa

e vedere di arrivare fin dove si può. All’inizio il sentiero è pedalabile, ma

man mano che si prosegue verso l’alto si riduce ad una mulattiera con

tratti molto esposti e pendenze vertiginose. Da un lato la montagna e dal-

l’altro il mare ed in mezzo noi ….. due puntini persi tra il verde ed il blu.

Allo stremo delle forze e consigliati dal meteo, decidiamo che è ora di in-

iziare la discesa che ci porterà fino a Praia di Nacchi. La paura fa novanta,

il sentiero in discesa sembra ancora più stretto ed esposto che in salita.

Basterebbe una frenata sbagliata per "integrarsi violentemente" con la

natura incontaminata ed il paesaggio. Ma basta lasciare un po’ i freni che

la discesa diventa godibilissima, veloce e ricca di passaggi divertenti. Alla

fine torniamo alle Case Romane e ad attenderci un gruppo di asini che, dis-

turbati dalla nostra presenza, ci ragliano contro.

paradise lost

Senza perdere tempo imbocchiamo il sentiero che ci porterà a Praia di

Nacchi, e così inizia un tratto veloce e scorrevole sotto un bosco di pini. Le

ruote corrono veloci senza fare rumore ed il nostro passaggio è testimo-

niato solamente da un lieve e dal movimento delle piante. Una discesa tutta

d’un fiato senza interruzioni, due biker che si rincorrono tra cielo e mare

su un trail meraviglioso, fino al mare.

Alla fine la nostra felicità è oscurata solamente dal fatto che è ora di fare

le valigie e correre al porto per tornare alla realtà. Traffico, smog, rumore

e puzza di munnizza (spazzatura).... espiate le vostre colpe poveri mortali

dopo aver vissuto due giorni tra gli dei.

Secondo Davide

Sto fissando da un po’ la prua dell’aliscafo che si infrange contro le onde,

quando il Grillo con un cenno mi fa segno di guardare dall’oblò: "quella è

Marettimo",mi dice, palesando un sorriso a 64 denti. Un verde Isolotto ir-

suto e ricoperto da sfavillante macchia mediterranea, poche case con-

centrate nei pressi del porticciolo e qualche vecchio pescatore che sta

sistemando le reti da pesca. Questa è la Marettimo che mi si presenta agli

occhi.

Lasciati i bagagli al nostro alloggio il Grillo mi fa il punto dei due giorni

mostrandomi una pseudo cartina che a vederla pare presa dal gioco del-

l’oca. L’isola, attraversata da chilometri di sentieri perfettamente

manutenuti , è una meta ambita da tanti trekkers d’oltralpe, ma sconosci-

uta ai bikers. “Oggi saliamo al Semaforo e domani Pizzo Falcone, Guarda,

quella cima li’.”

Nemmeno il tempo di finire la frase e siamo già in bici, il sentiero inizia pro-

prio alle spalle della nostra casetta. I primi metri non sono certo facili, le

pendenze sono toste ma in compenso il panorama sulla costa è merav-

iglioso.

Non facciamo nemmeno 2km che troviamo già un buon pretesto per ri-

posarci. Facciamo la conoscenza di Mario, un local che neanche a dirlo è

un biker, mentre da lontano vediamo arrivare un aitante signore in sella ad

una Nomad; l’aitante signore è Giovanni, un biker genovese che ogni anno

rimane per qualche mese sull’isola.

Fatti i convenevoli continuiamo il nostro giro e finalmente ci immettiamo

sul primo singletrack della giornata. Una lunga striscia di terra che a stra-

piombo taglia la macchia mediterranea, alla nostra sinistra il fragore del

mare che si infrange sulla costa, ogni tornante ed ogni passaggio tecnico

è pura goduria!

paradise lost

paradise lost

photo: Grillotext: Grillo/Davidegraphic design: Viktor

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Scendiamo a mezzacosta per qualche chilometro ed arriviamo nei pressi

di un faro. Qui il Grillo non resiste ad un attacco di "fotografite acuta" ed

ogni scorcio è un buon pretesto per fare uno scatto. Il sole è oramai alto e

dobbiamo sorbirci quasi 700 metri di dislivello positivo per arrivare al Se-

maforo. Ci accingiamo a proseguire lungo un sentiero che risulterà essere

quasi totalmente a spinta, pedalabile solo in alcuni brevi tratti, la fatica

comincia a farsi sentire ma lo spettacolo che si mostra costantemente

davanti ai nostri occhi ci galvanizza. Non passano nemmeno due ore che

arriviamo al Semaforo, una piccola costruzione diroccata da cui si gode

uno splendido panorama, ivi compresa la costa siciliana del Trapanese.

Qui il Grillo, come è solito fare prima di ogni epica discesa, mi da il tormento

sul significato dell’uomo nell’universo. Pochi istanti e le bike picchiano giù,

da ora in poi è soltanto discesa. Tornanti, radici, gradoni, curve in appoggio,

salti naturali: in una parola MTB! Il sole è quasi tramontato e a noi mancano

poche centinaia di metri prima che il sentiero arrivi in spiaggia. Ancora un

attimo e ci tuffiamo in acqua, una degna conclusione per una magnifica

giornata di mountainbiking. Alla sera ci attende una succulenta cena in

trattoria, vino a catinelle ed un cielo stellato che così stellato prorpio non

lo ricordavo. Felici come una agnello scampato al giorno di Pasqua andiamo

a letto, l’indomani ci aspetta Pizzo Falcone.

Sopravvissuto alla nottata con il Grillo mi fiondo fuori e ahimè la giornata

non è delle migliori: vento, nuvole e rischio pioggia. Pizzo Falcomne non si

vede, è ricoperto da nuvole minacciose, insomma è parecchio rischioso

tentare la scalata considerando anche il fatto che è tutta a spinta.

Optiamo per una variante a mezzacosta salendo dalle Case Romane, dei

ruderi risalenti all’età romana per l’appunto, e proseguiamo lungo un sen-

tiero in direzione di Punta Troìa, zona ricca di grandi strapiombi di roccia

dolomitica.

Abbiamo guadagnato parecchio dislivello quando decidiamo che è arrivato

il momento di ridiscendere.

Puntiamo le ruote in picchiata e il sentiero sin da subito si presenta bello

tosto; il fatto che sia molto esposto ne aumenta la difficoltà, in alcuni pas-

saggi tecnici la paura si fa strada, ma la mia Shova fa il suo sporco lavoro.

Scendiamo per almeno 4km prima di arrivare in paese dove a conclusione

della giornata ci aspetta un buon gelato. Purtroppo è arrivato il momento

di ritornare alla quotidianità … con un sorriso a 64 denti e Marettimo nel

cuore.