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1 ‚ESSERE FRATELLI O SORELLE DI PERSONE CON DISABILITA’‛ Primo report sintetico Paola Bizzozero Maria Teresa Heredia Per il Centro Isadora Duncan 1 Introduzione Il presente report è il risultato di un lavoro frutto della collaborazione tra diverse istituzioni di Bergamo e dintorni che si propone l’intento di avviare un nuovo filone di studio e di identificazione delle possibili aree di interventi relativi ai vissuti e ai bisogni dei fratelli e delle sorelle di persone con disabilità. Sotto il coordinamento del Settore Politiche Sociali - Area Disabilità della Provincia di Bergamo nel nome della dott.ssa Simona Colpani, il Centro Isadora Duncan ha condotto un percorso di approfondimento sul tema, ha curato la costruzione di uno strumento di indagine e ha realizzato una prima e sintetica lettura dei dati emersi, di cui questa relazione è il frutto. Il lavoro ha coinvolto in diversi ruoli e specificità l’Associazione Italiana Persone Down di Bergamo -AIPD-, il Coordinamento Bergamasco per l’Integrazione e Confcooperative- Federsolidarietà. Queste istituzioni hanno facilitato la presentazione del progetto e la distribuzione e raccolta dei questionari attraverso le diverse cooperative, associazioni e membri ad esse ascritte. AIPD ha inoltre curato la costruzione della piattaforma informatica, elaborata ad hoc da Angelo Zanchi, 2 per l’immissione ed elaborazione dei dati. Infine ha messo a disposizione la sede per la raccolta dei questionari, per l’inserimento dei dati emersi dal questionario e per una parte del lavoro statistico. Si ringrazia l’attenzione e il coinvolgimento di tutte le cooperative, associazioni, ONLUS ed enti vari che con il loro interesse e collaborazione hanno fatto possibile che i questionari arrivassero ai fratelli e alle sorelle di alcuni dei loro utenti. Senza il loro contributo questo progetto non avrebbe potuto riscontrare il successo e la notevole risposta che, di fatto, ha avuto. Tuttora continuano ad arrivare questionari compilati che purtroppo in questa prima lettura sintetica non potranno essere tenuti in considerazione nel rispetto dei tempi di consegna del presente report. Alcune associazioni del territorio, che per motivi vari non hanno potuto partecipare in questa prima fase, hanno comunque aderito con grande interesse alle fasi successive. E’ inoltre fondamentale ringraziare i fratelli e le sorelle che hanno compilato il questionario, e quelli che sono stati coinvolti nella fase di pre-test dello strumento. Senza 1 Il Centro Isadora Duncan ringrazia Danila Guerini , Chiara Carrara e Francesca Ghio tirocinanti dell’Università di Bergamo per l’inserimento dei dati nella piattaforma informatica, per i momenti di riflessione e dibattito e per i loro spunti nell’interpretazione dei dati. 2 Angelo Zanchi è un papà dell’AIPD che ringraziamo pubblicamente per il suo prezioso e valido contributo

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1

‚ESSERE FRATELLI O SORELLE DI PERSONE CON DISABILITA’‛

Primo report sintetico

Paola Bizzozero

Maria Teresa Heredia

Per il Centro Isadora Duncan1

Introduzione

Il presente report è il risultato di un lavoro frutto della collaborazione tra diverse

istituzioni di Bergamo e dintorni che si propone l’intento di avviare un nuovo filone di

studio e di identificazione delle possibili aree di interventi relativi ai vissuti e ai bisogni

dei fratelli e delle sorelle di persone con disabilità. Sotto il coordinamento del Settore

Politiche Sociali - Area Disabilità della Provincia di Bergamo nel nome della dott.ssa

Simona Colpani, il Centro Isadora Duncan ha condotto un percorso di approfondimento sul

tema, ha curato la costruzione di uno strumento di indagine e ha realizzato una prima e

sintetica lettura dei dati emersi, di cui questa relazione è il frutto.

Il lavoro ha coinvolto in diversi ruoli e specificità l’Associazione Italiana Persone Down di

Bergamo -AIPD-, il Coordinamento Bergamasco per l’Integrazione e Confcooperative-

Federsolidarietà. Queste istituzioni hanno facilitato la presentazione del progetto e la

distribuzione e raccolta dei questionari attraverso le diverse cooperative, associazioni e

membri ad esse ascritte. AIPD ha inoltre curato la costruzione della piattaforma

informatica, elaborata ad hoc da Angelo Zanchi,2 per l’immissione ed elaborazione dei dati.

Infine ha messo a disposizione la sede per la raccolta dei questionari, per l’inserimento dei

dati emersi dal questionario e per una parte del lavoro statistico.

Si ringrazia l’attenzione e il coinvolgimento di tutte le cooperative, associazioni, ONLUS

ed enti vari che con il loro interesse e collaborazione hanno fatto possibile che i questionari

arrivassero ai fratelli e alle sorelle di alcuni dei loro utenti. Senza il loro contributo questo

progetto non avrebbe potuto riscontrare il successo e la notevole risposta che, di fatto, ha

avuto. Tuttora continuano ad arrivare questionari compilati che purtroppo in questa

prima lettura sintetica non potranno essere tenuti in considerazione nel rispetto dei tempi

di consegna del presente report. Alcune associazioni del territorio, che per motivi vari non

hanno potuto partecipare in questa prima fase, hanno comunque aderito con grande

interesse alle fasi successive.

E’ inoltre fondamentale ringraziare i fratelli e le sorelle che hanno compilato il

questionario, e quelli che sono stati coinvolti nella fase di pre-test dello strumento. Senza

1 Il Centro Isadora Duncan ringrazia Danila Guerini , Chiara Carrara e Francesca Ghio tirocinanti

dell’Università di Bergamo per l’inserimento dei dati nella piattaforma informatica, per i momenti di

riflessione e dibattito e per i loro spunti nell’interpretazione dei dati. 2 Angelo Zanchi è un papà dell’AIPD che ringraziamo pubblicamente per il suo prezioso e valido contributo

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le loro interviste e la raccolta delle proposte, critiche e commenti, il questionario finale

avrebbe potuto sottovalutare alcuni aspetti, sia in termini di forma che di contenuto.

Questa complessa collaborazione ha preso forma attorno al comune intento di allargare lo

sguardo sul mondo degli interventi e delle attenzioni collegate alla disabilità. Aprire

l’esplorazione a un punto di vista parallelo, e a nostro avviso fondamentale, sebbene sino

ad ora poco considerato: il punto di vista, i vissuti e i bisogni espressi e non espressi dei

fratelli e delle sorelle delle persone portatrici o affette da disabilità.

L’inizio di questa esplorazione ha visto la scelta della costruzione e diffusione di un

questionario che consentisse una rilevazione preliminare della situazione di questi fratelli

o sorelle residenti nella provincia di Bergamo. Sono stati presi in considerazione sia

aspetti di tipo logistico e strutturale, sia alcuni aspetti di tipo psicologico, relazionale e

sociale, sia aspetti legati alla comunicazione ed elaborazione della diagnosi del fratello o

sorella diversamente abile.

L’obiettivo primario è sollevare l’attenzione su questo tema, di solito tangenziale negli

interventi attorno alla disabilità, rendendolo visibile e di conseguenza implicitamente

valorizzarlo. Creare un’apertura all’ascolto e alla comprensione per capire se i fratelli e le

sorelle di persone disabili sentono la voglia e il bisogno di parlare di sé e della loro

situazione, e se hanno delle aspettative di intervento. Si configura come una prima lettura

con l’intento di cogliere qual è la loro attuale situazione di vita, quale ruolo assumono nei

confronti dei fratelli quando i loro genitori sono vivi e quale se i loro genitori -o chi si fa

carico del disabile in famiglia- viene a mancare, cosa sanno della loro disabilità, in che

modo l’hanno saputo, come vivono la propria dimensione sociale in relazione alla

disabilità in famiglia, quali sono i loro bisogni espressi e non espressi e la definizione di

possibili filoni di intervento che potrebbero essere presi in considerazione dagli enti e dai

servizi offerti sul territorio. Come vedremo, poche sono le ricerche e gli studi sul tema ed è

per questo motivo che questa prima indagine acquisisce una grande importanza per

l’avvio di lavori e di riflessioni sistematiche a riguardo nella provincia di Bergamo.

Cornice teorica di riferimento

Dalla consultazione della letteratura sul tema e dall’esperienza dei professionisti, delle

associazioni e dei singoli coinvolti nel presente lavoro, si può dire che la realtà dei fratelli e

sorelle di persone con disabilità tende a essere avvolta da un telo di silenzio: quasi di

mistero. Un mondo parallelo, che alcuni connotano come ‚sommerso‛ (Piperno, 2006), poco

preso in considerazione dalla maggior parte delle ricerche, studi, interventi e riflessioni;

anche se è noto e/o viene intuito dai genitori e dai professionisti che vivono le situazioni e

che lavorano nell’area della disabilità. Queste conoscenze e modalità di intervento

appartengono al mondo dell’improvvisazione, all’intuizione del professionista coinvolto e

spesso si limitano alla contingenza della situazione.

I diversi professionisti coinvolti nel lavoro con persone affette da qualche disabilità, come

possono essere gli insegnanti, educatori, terapeuti della riabilitazione, personale sanitario,

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operatori sociali, così come gli enti, associazioni, cooperative, fondazioni, comuni etc,

sfiorano direttamente o indirettamente sia i vissuti individuali di questi fratelli e sorelle,

che le dinamiche sistemiche del sottosistema frateria della famiglia: un mondo parallelo o

tangenziale. I fratelli sono spesso coinvolti a diverso titolo nelle vite delle persone disabili

e sono presenti di frequente anche nei racconti degli operatori. La loro presenza, così come

la loro eventuale assenza, è un elemento importante nella considerazione dei singoli ‚casi‛

presi in carico. Basti pensare che la relazione fraterna è la relazione di più lungo corso che

qualsiasi persona, disabile o meno, possa sperimentare nella propria vita.

E’ il mondo dell’altro fratello, per utilizzare l’interessante titolo di una recente

pubblicazione di Giovanni Valtolina (2004) che si occupa del tema: psicomotricisti che

accolgono gli altri fratellini in terapia perché siano da stimolo al bambino con disabilità, o

per dar modo anche a loro di sapere cosa succede di così importante dietro a quella porta

varcata ogni settimana dal fratello disabile, mentre loro, con la mamma, aspettano fuori.

Educatori che parlano con l’altro fratello che quotidianamente accompagna il fratello

disabile nella struttura di riferimento. Genitori che si confrontano, all’interno di

associazioni o gruppi AMA, sulla serenità degli altri figli, cercando di captare: tra successi

e insuccessi scolastici, crisi adolescenziali e possibilità di dialogo, i segnali del benessere di

questi altri figli. Per capire se, e come, la disabilità in famiglia possa incidere sulla loro

crescita psicologica, sociale, relazionale, ecc.

In Italia e all’estero negli ultimi anni, sono state realizzate alcune iniziative che, anche se

sporadiche, rilevano un bisogno e una richiesta di sostegno importante. Nella Provincia di

Bergamo si è a conoscenza di gruppi di fratelli e sorelle promossi nel comune di Dalmine e

di gruppi AMA promossi da ‚Piccoli Passi‛ a Torre Boldone3.

I genitori e i professionisti attenti, intuiscono e vivono quello che potrebbe essere

connotato da noi, sistemici costruzionisti, come ‚una realtà sistemica co-creata ed

emergente‛ di complesse relazioni e significati funzionali e di funzionamento. Una

famiglia con un membro (a volte di più di uno) diversamente abile, vive situazioni

particolari e costruisce storie necessariamente connotate dalla presenza di questo fattore

endogeno al sistema stesso. Specificità sia per/nel sistema famigliare globale, sia per/nei

sottosistemi di relazione in esso coinvolti: (1) rapporti genitori figli in toto, (2) rapporti

genitori figli singolarmente, (3) rapporti tra fratelli, (4) rapporti tra il sottosistema fratelli e

quello genitoriale, (5) rapporti con altri sottosistemi -ad es. la coppia, le famiglie allargate-.

Interessante in questo senso il lavoro di Sorrentino (2006)4 dove nei capitoli che entrano

ad analizzare i ‚giochi familiari‛ 5 e i cicli evolutivi delle famiglie con membri affetti da

qualche disabilità, ci sono alcuni casi e riferimenti sui ruoli e le funzionalità che questi

fratelli o sorelle acquisiscono intorno alla presenza della disabilità di uno dei membri della

3 Ci scusiamo se ci sono altre iniziative in atto nella provincia di Bergamo ma nella nostra ricerca non ne

siamo venuti a conoscenza. 4 Sorrentino, A.M. (2006), “Figli Disabili: La famiglia di fronte all‟handicap” , Milano:Raffaello Cortina Editori, è

una revisione recente alla luce della sua esperienza clinica, di un testo già pubblicato nel 1987 “Handicap e

riabilitazione”, Roma. 5 Per “giochi familiare” (Sorrentino, 2006), fa riferimento alla definizione data a questa chiave metaforica di lettura

delle relazioni all’interno del sistema famiglia approfondita nel libro “I giochi psicotici della famiglia” (Selvini

Palazzoli, Cirillo, Selvini, Sorrentino, 1988)

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famiglia, così come dei loro vissuti. Un complesso intreccio di aspetti sistemici,

individuali, narrativi e socio educativi:

‚Ricordo una bambina di 5 anni, sorella di un ragazzo epilettico di 9, che la madre

durante i colloqui tenuti per risolvere i problemi di scarso rendimento del fratello,

presentò come un genio. Quella madre, delusa dal figlio maschio, riponeva nella piccola

ogni sua speranza di soddisfazione.

Quale non fu la sorpresa di tutti quando l’anno successivo, agli inizi della prima

elementare, la piccola presentò ripetuti episodi di encopresi. I genitori, disperati, si

rivolsero al servizio per avere lumi circa questo comportamento inspiegabile della loro

figlia diletta. Non fu difficile allo psicologo rendersi conto che la bambina, oberata dalle

sproporzionate aspettative dei genitori, di fronte alle difficoltà dell’apprendimento si

ribellava con comportamenti regressivi da bambina piccola. Esaminando infatti le sue

personali capacità si notò che la piccola non era superdotata e quindi faticava non poco

a tener dietro alle aspettative della scuola prestigiosa a cui i genitori l’avevano

iscritta.(…)‛ (Sorrentino, 2006, p.102)

Nel caso appena citato si può osservare come le aspettative ingigantite dei genitori nei

confronti della sorella ‚normodotata‛ non consentivano ai genitori di vederla per quello

che era. Le ‚lenti di ingrandimento che indossavano‛ erano attraversate da aspettative

‚raddoppiate‛ e da un intento compensatorio, creando inconsapevolmente delle

dinamiche relazionali e delle situazioni psicosocioeducative di difficoltà per entrambi i

fratelli.

All’interno di queste complesse relazioni emergono organizzazioni famigliari e

caratteristiche individuali collegate al contesto socio-culturale di riferimento da un lato, e

ai vissuti dei singoli membri dall’altro. Nelle parole di Sorrentino (2006): ‚(…) quanto le

scelte individuali fossero determinate dalle aspettative culturali e dalle posizioni del ruolo del sovra

sistema sociale e organizzativo, determinazione che nel caso della famiglia del disabile si complica

con i problemi di accettazione del limite imposto dalla malattia, nonché con le esigenze di

riabilitazione e di assistenza‛.

Nel caso citato prima si può osservare come la preparazione del personale all’analisi

sistemico delle dinamiche delle realtà famigliari di cui fanno parte i disabili, ha un effetto

fondamentale:

‚(…) ridimensionate le aspettative dei genitori, e trasferita la piccola nella scuola del

paese, l’encopresi sparì. Il fratello ebbe un miglioramento insperato delle sue prestazioni

scolastiche: rassicurato di non dover fare i conti con una super-rivale capace di

conquistare la stima dei genitori, cessò di vendicare la propria delusione e rinunciò a

usare il potere patologico come mezzo per ottenere attenzioni dovute.‛. (Sorrentino,

2006, p.102)

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La particolarità di questo rapporto fraterno viene raccolta dal termine anglosassone

‘sibling6’ che connota la relazione fraterna tra il fratello con disabilità e quello senza. E’ un

termine inglese che in origine ha come definizione ‚la relazione tra fratelli‛ ma che in

alcuni contesti viene utilizzato per nominare quello specifico rapporto fraterno di cui la

disabilità fa parte, connotando le caratteristiche della relazione.

Dal 1954, anno in cui lo stato si fece carico della riabilitazione delle patologie motorie con

la legge n. 218 (Sorrentino, 2006), molte sono state le trasformazioni strutturali,

linguistiche e giuridiche che hanno portato al progressivo cambiamento di una società che

in passato favoriva la relega della persona diversamente abile e della sua famiglia ai

margini della società. Questo passaggio storico e culturale si materializzò giuridicamente

con la Legge 4 agosto 1977, n. 517 attraverso le "norme sulla valutazione degli alunni e

sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento

scolastico" (Pubblicata nella G.U. 18 agosto 1977, n. 224). Modifiche che hanno favorito la

superazione di un modello socio educativo che favoriva la gestione isolata e ghettizzata

delle persone con handicap, che venivano in questo modo ridotte alla disabilità che

avevano. Negli stessi anni, l’interesse della psicologia clinica e sociale per la teoria

sistemica ha portato l’attenzione alla struttura, organizzazione e funzionamento della

famiglia che, come detto in precedenza, è intesa come sistema interdipendente di relazioni,

con un’evoluzione propria e all’interno del quale ogni singolo membro trova le proprie

possibilità di sviluppo.

Grazie a questi cambiamenti macrosociali e epistemologici si è avviato, negli ultimi

decenni, un processo di riconoscimento progressivo della persona diversamente abile e

una valorizzazione della sua famiglia, non solo come ‚utenza‛, ma come risorsa

fondamentale nella gestione delle problematiche connesse all’handicap. Questa apertura

solo negli ultimissimi anni ha portato alla luce anche i fratelli. In questo panorama i servizi

rivolti alle persone disabili prendono in carico la persona diversamente abile offrendo una

rete di sostegno e di intervento, che anche se non sempre è sufficiente, è in costante

riflessione e ricostruzione. E’ all’interno di questa riflessione che in tempi relativamente

recenti si è cominciato a proporre interventi non più mirati esclusivamente alla presa in

carico della disabilità e delle specifiche problematiche ad essa connesse, ma anche al

benessere della famiglia. Le ricerche sulle famiglie con figli disabili (si veda Cuskelly, M. e

cols (2002 e 2003), Dunn, J. E cols (1998, 1987, 1991, 1997), Eisenberg, L. (1998), Fisman, S. e

cols (1996, 1996, 2000), Salvatori, C. (2003), Sidoli, R. (2002), etc.) hanno infatti evidenziato

come il ciclo di vita di queste famiglie sia caratterizzato da eventi critici e crisi evolutive

particolarmente complesse (Sorrentino 2006), ma soprattutto da un accumulo e ripetizione

di situazioni stressanti conosciute come pile-up che possono incidere profondamente sul

sistema famigliare e sui singoli componenti del nucleo.

La proposta di progetti che si prendono cura non solo del disabile ma del suo nucleo

famigliare, come ad esempio i progetti ‚sollievo‛ che di fatto, sul nostro territorio vengono

promossi anche dalla Provincia di Bergamo, è da considerarsi una risposta al

riconoscimento delle forti implicazioni che il convivere con una persona disabile comporta

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- in termini di gestione pratica e di carico sociale, psicologico ed emotivo - per tutti i

membri della famiglia e, parallelamente, al riconoscimento della necessità di preservare le

risorse primarie e fondamentali presenti all’interno del nucleo famigliare.

Il più recente passo di questo lungo e tortuoso percorso di riflessione attorno alla disabilità

sta portando all’attenzione di istituzioni e operatori il ruolo dei fratelli. Non è improbabile

che il miglioramento delle aspettative di vita delle persone disabili abbia avuto

un’influenza su questo allargamento di orizzonte, poiché nella maggioranza dei casi al

venir meno dei genitori sono i fratelli che li vicariano, sostituendosi a loro in qualità di

care-giver. Se questo è l’aspetto più evidente e probabilmente più impegnativo che un

fratello si trova ad affrontare, di certo è solo il più eclatante dei tanti passi che, sin

dall’infanzia, egli ha mosso nella disabilità come si rende evidente dalla citazione raccolta

dalla pagina web ‚chi siamo‛ del sito www.siblings.it 7

I fratelli e sorelle hanno cominciato a parlare tra loro e a dar voce al proprio punto di

vista. Le varie associazioni si occupano per lo più di costruire gruppi di auto-mutuo-aiuto

(A.M.A), a testimonianza della percezione di un bisogno che stenta ad essere raccolto dal

resto della società e dai servizi.

“(…) Tra fratelli e sorelle, con e senza disabilità, ci si assomiglia, ci si sostiene e ci si

consiglia proprio come in un normale rapporto tra fratelli; la disabilità fa parte anche

di noi, della nostra vita e delle nostre scelte quotidiane, dall'infanzia alla vecchiaia.

Fin da piccolissimi conosciamo la diversità e le difficoltà che essa comporta: spesso

anche noi, come i nostri fratelli, siamo vittime dei pregiudizi o oggetto di scherno. A

scuola, a lavoro, con gli amici. sembra incredibile ma accade. Eppure, della disabilità,

conosciamo, più di ogni altro, anche le gioie: le soddisfazioni date da conquiste

comuni, la comprensione delle difficoltà incontrate, un piccolo successo ottenuto con

molta fatica (…)” (http://www.siblings.it/grupposiblings/index.htm)

Queste poche righe nella loro semplicità e delicatezza, restituiscono un’immagine viva e

densa di ciò che può significare crescere con un fratello disabile: la normalità nella

diversità, la fatica, lo stigma sociale, la gioia e, sopra a tutto, la quotidianità.

Molti sono i temi tuttora inesplorati a cui la ricerca ha cominciato a dedicare attenzione

solo negli ultimi anni. Risalgono agli anni’50 i primissimi studi sui fratelli, anche se l’ottica

individualistica che li contestualizza oscura il rapporto che si ritrova solo negli studi della

7 Siblings.it ‚è un gruppo non solo virtuale che ‚si rivolge a tutti i fratelli e le sorelle di persone con disabilità che vogliano confrontarsi e

desiderino condividere le proprie emozioni con persone che possono comprendere esattamente ciò di cui si sta parlando: un legame speciale.

Perchè "fratelli" vuol dire "per tutta la vita". Il Gruppo Siblings-onlus, gruppo di sorelle e fratelli di persone con disabilità nato a Roma nel

1997, opera attraverso la promozione di gruppi di auto-mutuo aiuto riservati ai siblings, la partecipazione a seminari e convegni e la

collaborazione con Enti e Istituzioni che si occupano di disabilità con l'obiettivo di: offrire ai fratelli e alle sorelle delle persone con disabilità

la possibilità di esprimersi condividendo e confrontando le proprie esperienze personali; promuovere il sostegno alla famiglia attraverso lo

scambio di idee e di informazioni che rafforzino le competenze e il ruolo dei familiari; facilitare il dialogo tra gli specialisti per favorire un

approccio integrato alla disabilità; sostenere la ricerca scientifica sulle malattie rare e la sua corretta divulgazione. Il Gruppo Siblings è

composto e gestito esclusivamente da fratelli e sorelle di persone con disabilità organizzati in Comitato promotore e si propone di contribuire

allo sviluppo di un maggiore riconoscimento del ruolo dei siblings nella vita delle persone con disabilità.‛

http://www.siblings.it/grupposiblings/index.htm,

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fine degli anni’70 - anni’80, dove emergono i primi contributi sperimentali significativi con

un nuovo focus: l’analisi della relazione tra fratelli disabili e non.

Gli studi iniziali si concentrano in particolar modo sull’individuazione dei fattori di rischio

di sviluppo psicopatologico dietro ad un’ipotesi di ricerca che definisce che essere fratelli

di una persona con disabilità comporta un rischio per la propria crescita e sviluppo

psicologico. Tra i vari aspetti presi in considerazione si trova l’incidenza delle variabili di

ordine di genitura e di genere (Valtolina, 2004). Sono ricerche che hanno messo in luce che

le sorelle, in particolare le maggiori per ordine di nascita o genitura, possono risentire di

questa situazione, poiché generalmente si fanno carico di una serie di incombenze e

responsabilità. Si parla di fratelli ‘care-giver’8, il cui prezioso contributo ha effetti positivi

sulla vita di un portatore di disabilità e sulla famiglia poiché si assume importanti compiti

di cura, e d’altro canto, può influenzare negativamente le possibilità di uno sviluppo

psicosociale autonomo - o relativamente autonomo, in relazione al tipo di patologia – del

fratello disabile.

Studi successivi smentiscono questo dato, che molto probabilmente risentiva di una

specifica organizzazione famigliare e socio-culturale che attribuiva alle figlie femmine

l’esclusività del ruolo vicario dei genitori nei confronti degli altri fratelli. Questo ruolo sta

lentamente venendo meno ed è stato sostituito dalla rilevazione di un’organizzazione che

vede una maggior parità tra fratelli anche di diverso genere. Vianello (1999), a seguito di

un’approfondita analisi della bibliografia esistente, specifica che non esistono particolari

rischi di sviluppo psicopatologico in relazione alla condizione di fratello/sorella di persona

disabile.

E’ tuttavia unanimemente riconosciuto che queste persone si trovano ad interagire in una

situazione famigliare e sociale di maggior complessità. Il limite di alcune delle ricerche in

questo ambito è proprio quello di azzardare un’eccessiva semplificazione, a fronte del

fatto che la relazione con il fratello con handicap si inserisce in un contesto – famigliare,

storico, sociale e culturale – che incide profondamente sulla possibilità di vivere

positivamente tale esperienza, e che sfugge facilmente alle categorizzazioni previste dai

protocolli di ricerca.

Per orientarci in questa complessità abbiamo trovato utile tracciare una schematica

distinzione tra quelle che possono essere le influenze o gli effetti diretti e indiretti della

disabilità. Per effetti diretti possiamo intendere quegli aspetti relazionali, di comportamento

o di vissuto individuale che risentono direttamente della presenza della disabilità e della

compromissione determinata dall’handicap del famigliare. Il grado di disabilità in termini di

bisogno di cure sanitarie, delle richieste di gestione e/o del bisogno di aiuto che il disabile

ha negli atti quotidiani, della compromissione delle competenze cognitive, linguistiche e

comunicative, del tipo di specificità comportamentale che la disabilità determina, delle

caratteristiche che assume la reattività di fronte alle situazioni che coinvolgono

emotivamente, del livello di autocontrollo e dei connotati che assumono le emozioni

espresse e non espresse: tutti questi fattori, singolarmente e nel loro insieme, incidono

8 „Care-giver‟: termine inglese traducibile come “quelli che si prendono cura”

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direttamente sulla relazione tra fratello disabile e non, sulla relazione tra siblings usando il

termine anglosassone.

Furman, 1993; Stoneman e Brody, 1993 e altri studi citati da Valtolina (2004), presentano

un modello in cui le caratteristiche individuali dei fratelli vengono messe in relazione

diretta con le caratteristiche individuali dei genitori, le caratteristiche della coppia e della

famiglia. Sottolineano, ad esempio, quanto la presenza di comportamenti aggressivi incida

sulla qualità della relazione fraterna, fino a considerarla elemento primario di influenza

(Eisenberg, 1998). Le scarse competenze cognitive e linguistiche possono ridurre

notevolmente le possibilità di interazione, ed avere un effetto negativo soprattutto nella

fase dell’infanzia: la fatica di comprendere e farsi comprendere compromette la possibilità

di giocare con il fratello disabile, limitando lo spettro di attività che li vede entrambi

coinvolti.

Per effetti indiretti intendiamo quegli effetti che la disabilità del fratello o sorella ha sulla

vita, sui vissuti e sulle relazioni: effetti mediati o indiretti perché passano attraverso delle

lenti di lettura ‚altre‛: famigliari, o del contesto socio culturale di riferimento immediato

(scuola, oratorio, lavoro, ecc), o del contesto di natura macrosociale (i significati che

culturalmente assume la disabilità, le leggi e riflessioni giuridiche in questione, le

influenze dei mass media etc.). Nel primo caso intendiamo ad esempio le mediazioni

narrative dei famigliari, la simbologia che impongono le letture e le interpretazioni che

danno i genitori, i nonni, gli zii, l’elaborazione della disabilità in famiglia, le aspettative -

come si osservava nel caso riportato all’inizio di questo lavoro-, le compensazioni, etc.

Sono influenze indirette perché mediate dalle relazioni e dai contesti narrativi ed emotivi

di riferimento in famiglia.

Nel secondo caso, per aspetti del contesto sociale o macrosociale si possono citare, tra gli

altri, aspetti legati allo stigma sociale, all’isolamento, all’accesso alle risorse, a quello che in

una società viene valorizzato come indicatore di successo nello sviluppo individuale,

sociale, relazionale, lavorativo ed economico. Questi aspetti indiretti influenzano il vissuto

del fratello non disabile creando contesti narrativi macro nei quali la colpa, la vergogna, la

solitudine possono trovare terreno fertile.

Se dunque quelli che abbiamo definito ‚effetti diretti‛ della disabilità costituiscono un

vincolo più diretto e a volte anche oggettivo con il fratello o sorella disabile, per ‚effetti

indiretti‛ intendiamo gli effetti mediati dal contesto di vita e dalle narrazioni sociali,

famigliari e individuali a partire dall’evento disabilità. E’ chiaro che la tipologia di handicap e

il grado di disabilità derivante avrà anche qui un suo peso, tuttavia in questo caso

l’attenzione è rivolta al contesto: quale impatto ha la disabilità in famiglia? Qual è stata la

reazione alla comunicazione della diagnosi e come quest’ultima è elaborata in famiglia e

da ogni singolo membro? Quali sono i vissuti di genitori e figli, e come incidono sulle

dinamiche famigliari? Se esiste una famiglia allargata (nonni, zii, etc), come ha reagito di

fronte alla disabilità? Si può parlare del problema in famiglia? Quali aspettative hanno i

genitori nei confronti del fratello non disabile? (aspettative eccessive di riscatto, o di cura;

fratelli educatori o ‚volontari‛) Quali sono le regole che vigono attorno al fratello disabile?

(eccesso di protezione, impossibilità di un confronto ‚ad armi pari‛). Quanto tempo ed

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energie richiedono ai genitori le cure da dedicare al figlio disabile? La famiglia può

usufruire di una rete sociale di sostegno?

I fratelli di persone disabili sin da bambini si trovano ad affrontare situazioni difficili da

comprendere. Sappiamo che la nascita di un figlio disabile rappresenta un momento

critico per tutta la famiglia (Sorrentino, 2006), che deve riorganizzare le proprie risorse

attorno a un evento per lo più inatteso e che per certi versi si caratterizza come traumatico.

Non è sempre facile per i genitori, travolti dall’evento, prestare l’adeguata attenzione agli

altri bambini presenti in famiglia, che in molti casi percepiscono la gravità dell’evento –

dal clima famigliare, dai cambiamenti organizzativi – senza riuscire a darsi una

spiegazione. Capita ancor oggi che i genitori, e in generale gli adulti che gravitano attorno

alla famiglia, non sappiano come affrontare l’argomento e lascino che i bambini arrivino,

da soli nel corso del tempo, a cercare una spiegazione che consenta loro di comprendere.

Il tema della comprensione sembra essere fondamentale per una serena evoluzione dei

fratelli e delle relazioni famigliari. I bambini hanno bisogno di capire come mai il fratellino

è diverso – già intorno ai tre anni sono in grado di rendersi conto della diversità – e in

assenza di spiegazioni il loro immaginario si affolla di fantasmi ingombranti e troppo

grandi per le loro piccole forze: gelosia, senso di colpa, paura che possano ‚ammalarsi‛

anche loro come il fratello. Il confronto con i coetanei e l’impossibilità di rispondere alle

loro domande o alle loro prese in giro riguardo al fratello disabile si rivela essere un altro

momento critico, se affrontato in assenza di informazioni e sostegno.

L’incertezza della diagnosi e il silenzio che regna intorno ad essa in famiglia, spesso

corrisponde ad una maggiore difficoltà dei famigliari nel poter comunicare o parlarne con

qualcuno sia in famiglia che al di fuori di essa. Di conseguenza il vissuto e la relazione

sembra essere connotata e può venire compromessa: una relazione tra questa capacità o

possibilità di parlarne e l’integrazione o isolamento sociale che si tende a delineare.

La comunicazione della diagnosi è di fondamentale importanza anche per i fratelli e sorelle.

Come esplicita Erba (2007), la malattia non è una. Sono due: quella che appartiene alla

medicina e al sistema sanitario di riferimento e quella dei vissuti individuali e famigliari

ad essa connessa. La comunicazione della diagnosi è un complesso intreccio tra il singolo

momento e il processo di elaborazione e di scambio, o a volte di silenzio e isolamento che

innesca (Benini, Erba e Heredia, 2005). L’adulto assume un ruolo di filtro e accompagna

l’altro fratello nella decodifica e comprensione graduale delle difficoltà del portatore di

disabilità. E’ per questo motivo che il vissuto dei genitori incide sul vissuto della disabilità

del fratello.

I professionisti del Centro Isadora Duncan per ricerche e interventi realizzati dal 20059, sono

consapevoli che la comunicazione della diagnosi non può essere ridotta ad un singolo

aspetto. Essa appartiene contemporaneamente a tre dimensioni diverse ma complementari

tra loro: (1) la sensazione che c’è qualcosa di diverso che si manifesta nella situazione o nel

comportamento della persona affetta dalla disabilità; (2) il momento –che viene chiamato

evento o episodio comunicativo (Pearce, 1998)- in cui viene verbalizzata e comunicata la

9 Si rimanda al sito www.centroduncan.it per la consultazione.

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diagnosi per la prima volta da un terzo (parente, personale sanitario, operatore sociale,

etc.); e infine, (3) il processo iniziale di elaborazione della diagnosi che prevede un

intreccio tra gli aspetti di contenuto della comunicazione, gli eventi concreti quotidiani di

comunicazione in famiglia rispetto alla diagnosi stessa e il feed-back che proviene dalla

manifestazione stessa della disabilità del fratello o sorella.

L’altro aspetto fondamentale e complesso della comunicazione della diagnosi è che nel

momento in cui si comunica una diagnosi inevitabilmente si comunica una prognosi

(Benini, Erba, Heredia, 2005). Cioè viene delineato un futuro per la persona e per la sua

famiglia, che acquisisce automaticamente delle sfumature e delle caratteristiche

determinanti nel vissuto ad essa collegata. E’ quindi diverso il vissuto collegato ad una

diagnosi degenerativa, una diagnosi pre-natale, una diagnosi post trauma cranico per

incidente, una diagnosi psichiatrica, etc. Le prognosi ad esse intimamente legate

connotano il vissuto stesso che in itinere si co-crea in famiglia. Anche perché alcune

diagnosi di disabilità sono infauste e lasciano pochi spazi per sperare e sentire che i

famigliari possono fare qualcosa per il disabile e per il decorso stesso della disabilità.

Il linguaggio utilizzato per la descrizione della diagnosi raccontata dai fratelli a volte è

legata a una conoscenza tecnico-scientifica, a volte è frutto di ‚diagnosi popolari‛, a volte

di esperienze di vita. Si pensi ad esempio a un bambino a cui viene comunicata la

diagnosi popolare di ‚mongolismo‛ del suo fratellino appena nato e che, per capire cosa

implica ciò, ha solo degli elementi di esperienza che decodificano soggettivamente

l’informazione appena ricevuta: ad es. un compagno di scuola o di oratorio affetto da

sindrome di down o da qualche altra disabilità che possa avere segni e sintomi10

paragonabili. Ogni diagnosi in sé evoca immaginari più o meno ragionati, più o meno

oggettivi, sia in termini di implicazioni comportamentali della diagnosi che in termini di

prognosi e, inevitabilmente questi aspetti sono determinanti nel vissuto attorno alla

disabilità in famiglia e nell’interpretazione futura che faranno del comportamento e dei

ruoli di ognuno.

Da questi brevi cenni si può trarre un’ulteriore riflessione in merito alla necessità di

considerare le differenti tipologie di handicap. A partire dal momento della

comunicazione della diagnosi, e a seguire per tutte le specificità che quel tipo di disabilità

comporta, vivere con un fratello con sindrome di Down è un’esperienza solo in parte

comparabile con il vivere con un fratello autistico; le compromissioni derivanti da un

deficit polisensoriale avranno un’incidenza differente rispetto a quelle dovute a una

malattia degenerativa progressiva. La disabilità psichiatrica ha delle ripercussione sulla e

nella relazione con gli altri fratelli di indole molto diversa di quella di una lesione cerebrale

di piccola o vasta entità. In questo senso alcuni dati sembrano indicare che la convivenza

con fratelli con disturbi psichici presenti maggiori aspetti di criticità, al punto da essere

correlata a maggiori problemi di adattamento rispetto alla media. Ci sono in questa

elaborazione aspetti collegati agli effetti indiretti collegabili alle percezioni sociali delle

malattie psichiatriche.

10

Si rimanda per l’approfondimento di queste differenze tra sintomo e segno al libro “La malattia e i suoi nomi di Erba,

G, (2007).

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L’utilizzo della categoria ‚disabile o disabilità‛, come categoria che raggruppa diverse

patologie o caratteristiche di persone affette da malattie, stati o sindromi che creano delle

limitazioni - nel comportamento, nella sfera cognitiva, in quella psichica o nella

deambulazione -, ha solo una funzione analitica in questa ricerca. E’ riduttivo pensare che

le disabilità in genere possano essere concentrate in un sola categoria totalizzante. Nella

complessità della plurifattorialità e pluridimensionalità di ogni ‚patologia‛, ma non solo:

di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni contesto, è fondamentale non perdere di vista

che quando si parla di disabilità come categoria raggruppante, lo si fa con la

consapevolezza che in un secondo momento essa si scorpora per tracciare delle differenze

che già la letteratura citata introduce in questa cornice teorica di riferimento.

Fasi del lavoro

La descrizione delle fasi in cui abbiamo operato consente di esplicitare i processi sottostanti

alla costruzione del questionario, strumento volto a cogliere alcuni aspetti sistemico

relazionali e di vissuto relativi alla situazione dei fratelli e sorelle di persone con disabilità.

Fase 1: Esplicitazione delle premesse teorico pratiche del lavoro. Riflessione e

definizione degli obiettivi e delle procedure che permettessero di realizzare una prima

indagine conoscitiva della situazione dei fratelli e sorelle di persone con disabilità nella

provincia di Bergamo. (vedi cornice teorica di riferimento)

Fase 2: Costruzione dello strumento di indagine. A partire da una bozza di

domande e quesiti presentataci dalla Provincia di Bergamo, nella persona della dott.ssa

Simona Colpani, è stata costruita - e successivamente più volte revisionata - una ‘bozza di

questionario’. In questa fase l’integrazione degli obiettivi con il materiale bibliografico e le

esperienze dei professionisti coinvolti, ha condotto alla scelta di una struttura di

questionario che favoriva una raccolta di dati eminentemente quantitativa alla quale sono

state aggiunte alcune domande aperte volte a cogliere narrazioni. (vedi storia del

questionario)

Fase 3: Pre-test. La ‘bozza di questionario’ è stata somministrata ad un campione di 5

soggetti identificati all’interno dell’utenza di alcune associazione coinvolte nel percorso e

ai quali è stato esplicitato il ruolo di valutazione dello strumento. Intervistati in modo

approfondito dopo aver risposto al ‘questionario bozza’ individualmente, hanno fornito

informazioni fondamentali sulle caratteristiche dello strumento, sulle domande poste,

sulla loro forma, sul linguaggio utilizzato (in termini di parole e di sintassi), sui temi

toccati dal questionario, nonché sul loro vissuto in quanto fratelli e sorelle di persone con

disabilità. La raccolta delle loro sensazioni, commenti, critiche e proposte è servita a

verificare la chiarezza, l’efficacia, l’attendibilità e la pertinenza degli item proposti, così

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come a modificare la distribuzione del numero di domande assegnate ad ogni modulo

(vedi storia del questionario). Sono state raccolte impressioni ed opinioni generali su ogni

domanda e sul questionario in toto. Sulla base degli elementi raccolti la ‘bozza’ è stata

revisionata, modificata e presentata alla Provincia, che a sua volta ha apportato ulteriori

e definitive modifiche. Il questionario definitivo può essere visionato nell’allegato 1.

Fase 4: Distribuzione e raccolta dei questionari. Fase curata dalla Provincia,

Confcooperative-Federsolidarietà, Coordinamento Bergamasco per l’Integrazione e AIPD.

Il cospicuo numero di questionari raccolti (178 dei quali solo 4 non erano validi), molti dei

quali pervenuti oltre il termine di consegna (15 giugno), ha notevolmente rallentato le fasi

successive del lavoro. Questa notevole risposta può essere indice di un bisogno esistente

ma non espresso, o non ancora accolto, o sottovalutato. Come una realtà ‘sommersa’ o

parallela (vedi cornice teorica di riferimento) che se sfiorata, è pronta a diventare richiesta

e di conseguenza può essere presa in carico. Si pensi che tuttora arrivano questionari

compilati con mail o lettere allegate che sottolineano l’importanza dell’iniziativa. Alcune

associazioni che non hanno potuto aderire all’iniziativa in questa prima fase del lavoro

chiedono di poter essere coinvolte nelle fasi successive, e durante la stesura del presente

report sono pervenuti altri 30 questionari che, data la tempistica, non hanno potuto essere

conteggiati nell’analisi qui presentata.

Fase 5: Predisposizione della piattaforma informatica e inserimento dei dati. AIPD di Bergamo, grazie al contributo volontario di uno de suoi soci (Angelo Zanchi), ha

costruito ad hoc una piattaforma informatica che ha messo a disposizione, insieme alla

propria sede, per il lavoro di raccolta, codifica, inserimento e tabulazione dei questionari e

dei dati. Questa fase ha visto una stretta collaborazione con il Centro Isadora Duncan.

Fase 6: Analisi dei risultati. Essendo questa una prima lettura sintetica dei risultati,

quest’analisi dei dati prende in considerazione soprattutto la frequenza delle singole

domande, alcuni esigui incroci tra esse e una prima lettura delle domande aperte. Questa

fase è stata preceduta da un percorso di esplicitazione delle ipotesi e delle teorie in uso

(Schön, 1993). (vedi analisi dei risultati)

Fase 6: Stesura del ‚sintetico report finale‛. Prevede l’elaborazione del presente

documento e la progettazione delle linee guide per i futuri sviluppo della presente

indagine.

Storia e descrizione del questionario

Nella costruzione del questionario sono stati fondamentali diversi passaggi e momenti. La

condivisione tra diversi professionisti esperti nel campo, i commenti, domande, dubbi e

posizioni più accademiche delle tirocinanti, la raccolta di materiale bibliografico di

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riferimento che in itinere ha modellato i cambiamenti dello strumento e dell’impostazione

del lavoro, così come l’ascolto rispettoso dei fratelli e sorelle che si sono resi disponibili per

testare la ‘bozza’ e per aiutare nella produzione di uno strumento di indagine che potesse

essere fedele sia agli obiettivi da raggiungere, che alle realtà degli altri fratelli (Valtolina,

2004)

Da una prospettiva epistemologica di tipo costruzionista questo itinerario ha rispecchiato

una ‘costruzione sociale’ di un questionario che riflette l’integrazione tra diversi livelli di

analisi: l’integrazione della teoria con la pratica, dell’esperienza con la riflessione,

dell’interesse per sondare il terreno ‚sommerso‛ degli altri fratelli e la cautela di tenere sotto

controllo pregiudizi e preconcetti che potessero nascondere più che portare alla luce

questa loro realtà. L’epistemologia che ha guidato questo percorso di ricerca fin dall’inizio

potrebbe essere sintetizzata da una serie di fasi di costruzione, decostruzione e

ricostruzione che hanno favorito la sua co-creazione.

L’obiettivo principale di questo questionario è portare alla luce una realtà spesso

dimenticata nell’ambito degli interventi sui e coi disabili, sensibilizzare enti e

professionisti coinvolti e dare avvio ad una riflessione sul tema che veda negli anni a

venire ricadute nei diversi livelli di intervento. Dare voce ai fratelli e sorelle di persone con

disabilità creando un primo tentativo ufficiale di ricerca attorno alla loro situazione nella

provincia di Bergamo.

Consapevoli della difficoltà di definire cosa si intende per disabilità e del rischio di una

classificazione in un solo blocco analitico (vedi cornice teorica di riferimento), consci della

soggettività del vissuto di ognuno dei fratelli e delle sorelle coinvolti e dal fatto che come

primo approccio strutturato sul tema lo strumento possa risentire di molte mancanze,

siamo certi che ha già portato alla luce un universo inesplorato di aspetti fondamentali.

Nella visione sistemico relazionale l’essere umano, per definizione è inserito in contesti

relazionali, in una famiglia tutti i membri sono interconnessi e ognuno vive e affronta le

situazioni con modalità diverse ma interdipendenti. Avvicinare i fratelli e le sorelle, e non

solo la persona diversamente abile, la disabilità della persona e/o i suoi genitori come

fanno solitamente i servizi offerti, può favorire la creazione di spazi di lavoro e di

intervento che riconoscono la complessità delle realtà di queste famiglie e del vuoto che

questi fratelli e sorelle spesso si sentono intorno. Come scrivono una sorella e un fratello

nella mail alla quale hanno allegato il questionario compilato:

“finalmente qualcuno ci ha pensato!”. “Volevo ringraziare per la volontà di voler approfondire questo tema così importante e delicato. Ho trovato le domande da Voi proposte pertinenti e di ampia copertura, capaci di sondare il tema senza invadere la sfera di privacy della persona.”

Costruire un questionario rispettoso che non intende diventare la cassa di risonanza di

vissuti negativi, ma lascia molti spazi di risposta aperta e alternative per chi vuole

esprimere i propri vissuti e complessità. Nel rispetto della sensibilità di ognuno e nella

consapevolezza che anche un questionario, con i suoi limiti, può contribuire alla co-

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costruzione di un’immagine sociale della situazione dei fratelli e sorelle di persone con

disabilità.

Le teorie e ipotesi di riferimento sono state fondamentali per la costruzione dello

strumento e per l’identificazione dei moduli A, B, C, D, E e F del questionario. Altrettanto

importanti sono state le esperienze professionali e personali dei soggetti coinvolti nello

espletamento di questo incarico e nel pre-test del questionario. Le premesse che fondano i

moduli scelti per lo strumento possono essere sintetizzate nel seguente modo:

1) Aspetti anagrafici - Modulo A

2) Aspetti legati alle informazioni sulla famiglia di origine – Modulo B

3) Aspetti legati alla comunicazione della diagnosi – Modulo C

4) Aspetti di contesto sociale – Moduli D e E

5) Aspetti aggiuntivi – Modulo F

1) Aspetti anagrafici - Modulo A I dati anagrafici raccolgono le informazioni minime sulla persona che risponde al

questionario (il compilatore) perché forniscono i dati fondamentali per creare delle griglie

di lettura e dei parametri di riferimento per l’interpretazione dei risultati. Definisce in

termini molto concreti di quali fratelli si sta parlando.

E’ composta da 6 domande delle quali la A6, ‚con chi vivi oggi‛, introduce al modulo

successivo B.

L’unico cambiamento che ha subito questa parte del questionario dopo il pre-test, è stata

l’aggiunta relativa al ‚titolo di studio‛ di chi compila. Un intervistato ha ipotizzato che essa

potesse avere qualche incidenza sull’elaborazione della diagnosi e/o nel coinvolgimento

della gestione del fratello o sorella.

2) Aspetti legati alle informazioni sulla famiglia di origine – Modulo B I quadri B1 e B2 permettono di definire le caratteristiche generali della famiglia di origine

del compilatore. Le domande da B3 a B9 si indagano il tipo di ruolo, coinvolgimento,

compiti e modalità di intervento nella relazione col fratello o sorella con disabilità. L’item

B10 ‚questi compiti o responsabilità influenzano la tua vita quotidiana‛è volto a cogliere la

percezione soggettiva del compilatore rispetto a quanto (molto, abbastanza, poco, per niente)

questi livelli di coinvolgimento, compiti e/o ruoli svolti hanno un’incidenza nella loro vita

di tutti i giorni.

Con la domanda B11 ‚descrivi tuo fratello o sorella disabile con parole semplici (caratteristiche,

qualità, difficoltà)‛ si apre la parte del modulo B centrata sulla diagnosi del fratello o sorella

con disabilità. La B11 è volta a raccogliere narrazioni soggettive del fratello disabile con

l’idea di indagare quanto esse siano basate sulle caratteristiche, qualità, difficoltà o ruoli

del fratello in famiglia e/o sulla disabilità. La B12 e B13 introducono il tema della

descrizione soggettiva della diagnosi per come viene ricordata dal compilatore.

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Questo modulo, inizialmente più sintetico, dopo il ‘pre-test’ è stato ampliato con

l’inserimento di domande relative a quello che i fratelli e le sorelle intervistate

consideravano l’aspetto più saliente della loro esperienza: la gestione e il coinvolgimento

concreto nei compiti da svolgere, gli aspetti pratici della gestione soprattutto se il fratello o

sorella non è autonomo o se non ci sono i genitori.

3) Aspetti legati alla comunicazione della diagnosi – Modulo C Le domande contenute in questo modulo hanno l’obiettivo di cogliere le modalità e i

vissuti collegati alla ‚comunicazione della diagnosi‛. Quel momento in cui il compilatore

ricorda di essere venuto a conoscenza della disabilità del fratello o sorella, chi glielo ha

comunicato, in che modi lo ha/hanno fatto e se questa comunicazione è stata soddisfacente

dal suo punto di vista. Questo modulo è stato inserito alla luce di alcune ipotesi che

emergono dalla letteratura di riferimento, in cui si coglie un collegamento tra il momento

della comunicazione della diagnosi, l’elaborazione della disabilità in famiglia, e il vissuto

dei fratelli e sorelle non disabili ad esse collegato.

Come si è esplicitato nella cornice teorica di riferimento, la comunicazione della diagnosi

ha una complessità insita di sottili intrecci tra l’evento e il processo comunicativo e

relazionale che lo contestualizza e innesca. Questa complessità rende difficile la

costruzione di domande che possano valutare questo aspetto perché si ha sempre la

sensazione di ridurre troppo il campo o di non essere chiari. Per poterne costruire alcune è

stato necessario riflettere molto sul linguaggio, le parole, i tempi dei verbi, la sintassi e la

pertinenza delle domande a questo livello iniziale di indagine.

A differenza degli altri moduli in questo, dopo il pre-test, molte domande sono state

eliminate perché più adeguate a interviste o a percorsi qualitativi e di approfondimento

che possono dare continuità al presente progetto. Altre sono state eliminate perché di

difficile comprensione per il compilatore: ad es. ‚il momento in cui hai saputo è coinciso con il

momento in cui hai capito?‛, che intendeva mettere a confronto due momenti diversi di

elaborazione dell’informazione ma che si è rivelata di difficile comprensione per un

compilatore generico. La differenza tra l’aver saputo della diagnosi e l’aver capito cosa

essa implica è sottile e chiara soprattutto per gli addetti ai lavori.

Nella domanda C1 ‚come hai saputo la prima volta della disabilità di tuo fratello o sorella‛, dopo

il pre-test sono state aggiunte alternative di risposta che riguardavano una comunicazione

della diagnosi che potremmo classificare come implicita e naturale al percorso evolutivo della

famiglia; cioè legata al fatto che ‚sono cresciuti insieme‛, ‚era evidente‛, che fa intendere una

comunicazione della diagnosi non verbale ma relazionale.

4) Aspetti di contesto sociale – Moduli D e E Domande guidate dalla prospettiva sistemico relazionale che considera l’individuo

inserito in un contesto sociale. Domande costruite attorno all’ipotesi che nel suo rapporto

coi sistemi esterni di riferimento la persona possa manifestare e/o subire le conseguenze

sociali del suo modo e livello di elaborazione della disabilità del fratello o sorella. Sono

item riferiti agli amici/compagni di scuola e, per chi ha un’occupazione, al contesto

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lavorativo, con l’intento di valutare se e quanto la persona ha condiviso o condivide

questi aspetti della sua vita privata con le sfere sociali esterne alla famiglia.

Un altro aspetto che queste domande toccano tangenzialmente è quello dello stigma

sociale e di quanto esso possa aver pesato nelle modalità di risposta di queste persone.

5) Aspetti aggiuntivi – Modulo F Le ultime due domande del questionario aprono una tematica sollecitata dagli intervistati

nella fase di pre-test che riguarda le difficoltà che i fratelli e sorelle di persone con

disabilità si trovano ad affrontare quando vengono meno la o le persone che si

occupavano prevalentemente del disabile. Gli intervistati riferivano che spesso si trovano

a dover far fronte a una serie di incombenze (burocratiche, logistiche, di gestione,

accompagnamento, così come aspetti sanitari, economici, ecc.) che non sanno gestire, in cui

faticano a capire ‚da che parte muoversi‛ (nelle loro parole) perché spesso non hanno una

conoscenza adeguata dei servizi di cui usufruisce il fratello disabile, dei meccanismi

burocratici che consentono l’accesso ai servizi e della legislazione in materia.

In sintesi, il questionario nella sua forma definitiva (si veda allegato n. 1) è strutturato in 6

moduli indicati con lettere (A-F), per un totale di 33 domande, tra le quali 26 richiedono

una risposta chiusa (17 a risposta singola, 9 a risposta multipla) e 7 domande in cui si

richiede una risposta aperta.

Analisi dei risultati e riflessioni

Presentiamo qui un riassunto integrato delle riflessioni e dei risultati che a nostro avviso

possono essere rilevanti ai fini degli obiettivi della presente ricerca e della progettualità

futura. E’ importante sottolineare il fatto che questa è solo una prima lettura sintetica alla

quale è necessario affiancare approfondimenti ulteriori sia di tipo analitico, che di tipo

statistico. Al fine di facilitare questa prima sintetica raccolta, la presentazione dei risultati e

le analisi ad essi collegate, verrà utilizzata come traccia espositiva la struttura del

questionario, accompagnato da tabelle e grafici riassuntivi che illustrano le riflessioni

proposte.

Come si accennava prima, il questionario ha avuto una ricaduta notevole sul territorio e,

anche se la distribuzione e raccolta è coincisa con la fine del periodo primaverile e l’inizio

dell’estate, e di conseguenza con un periodo di grande attività per i centri, cooperative e

associazioni, il numero di questionari raccolti è stata di 178 dei quali 4 non sono validi, per

un totale parziale di 174 questionari compilati. Il successo della presente indagine è

sicuramente sinonimo del fatto che l’iniziativa è andata a rilevare un bisogno esistente,

sentito dai singoli fratelli e sorelle e/o da alcune associazioni che hanno modo di percepire

questa realtà ‚sommersa degli altri fratelli‛. Un bisogno sommerso che attraverso questo

questionario può venire ufficialmente alla luce e diventare valido e attendibile. Come

sopra accennato, continuano ad arrivare questionari che, per questioni di tempo, non sono

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stati inseriti nel conteggio generale qui presentato, ma che sicuramente verranno tenuti in

considerazioni nelle letture più approfondite che seguiranno.

Anticipiamo un dato importante per la lettura critica delle analisi che seguono: il 41% dei

fratelli che hanno compilato il questionario è fratello o sorella di persona affetta da

sindrome di Down. Ciò significa che tutti i dati avranno la caratteristica statistica di

rappresentare soprattutto questa categoria diagnostica. Quando in futuro sarà possibile

avere a disposizione un alto numero di compilatori con fratelli o sorelle con altre diagnosi,

sarà possibile fare dei confronti statisticamente validi tra le diagnosi. Sarà inoltre utile

incrociare alcuni dei dati qui emersi con la mappatura dei disabili realizzata quest’anno

dalla Provincia di Bergamo nel proprio territorio.

1. Modulo A: Informazioni generali su chi risponde il questionario

I 174 questionari sono stati compilati da un 59% di sorelle e un 40% di fratelli di persone

con disabilità.

Genere Frequenze Percentuali

Maschile 71 40%

Femminile 100 59%

Non risp. 3 1%

Totale 174 100% Tabella 1: Distribuzione per genere

Questa distribuzione in termini di genere può far pensare a ipotesi di tipo socio-culturale

rispetto all’accesso e coinvolgimento delle sorelle nelle vicende familiari connesse:

da un lato alla disabilità del fratello

dall’altro al fratello o sorella con disabilità.

Un’altra ipotesi di natura socio-culturale ma di portata macro, potrebbe essere legata al

fatto che le femmine (mamme, sorelle, figlie, alunne, etc.) tendono a coinvolgersi

maggiormente nelle attività socio-educative e sanitarie offerte dai servizi e dagli enti. Si

prendano in considerazione i corsi per genitori promossi dalle scuole, le attività promosse

Grafico 1: Distribuzione in percentuale per genere

Commento [MSOffice1]: Sareb

be interessante verificare la distinzione

tra fratelli e sorelle collegandosi al

numero di fratelli e genere. Può essere

che una parte di percentuale sia legata

al fatto che la persona con disabilità ha

un solo fratello/sorella. La scelta

diventa significativa quando siste una

possibilità di scelta tra fratelli e sorelle.

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negli ambiti psico-socio-educativi dai comuni, etc.: sono realtà che raggruppano al loro

interno una percentuale di femmine maggiore rispetto a quella dei maschi.

La differenza può rispecchiare anche aspetti di tipo demografico. Ci sono più donne che

uomini in Italia (e nel mondo).

D’altro canto alla luce di queste stesse riflessioni la percentuale di risposte dai fratelli, il

40%, può essere ancora più significativa perché elevata, e può essere letta come indicatore

di un interesse maschile all’iniziativa. Può rappresentare un bisogno che preme fortemente

sui fratelli e le sorelle.

A partire dalla data di nascita riportata nella prima domanda del modulo A si è calcolata

l’età del compilatore e si sono costruiti dei ranghi di 5 anni dai 18 anni in su. Visto che è

pervenuto un questionario di un fratello di 16 anni, anche se il questionario non prevedeva

l’applicazione a persone al di sotto dei 18, esso è stato inserito nel conteggio delle persone

nel rango [16-18] (prima riga della tabella 2). La tabella 2 raggruppa i compilatori divisi

per ranghi di età e per genere.

maschi femmine totale

16 - 18 1 2 3

18 - 23 12 11 23

23 – 28 9 15 24

28 – 33 12 17 29

33 – 38 11 14 25

38 – 43 7 13 20

43 – 48 10 11 21

48 – 53 6 15 21

53 – 63 3 2 5

non risp 3

3 71 100 174 Tabella 2: Compilatori distribuiti per età e genere

Grafico 2: Distribuzione per età del genere

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Grafico 3: Distribuzione per genere delle età

Dalla tabella 2 e dai grafici 2 e 3 è possibile osservare che tra le sorelle che hanno

compilato il questionario, i ranghi di età più rappresentati sono quelli che -in ordine di

grandezza- vanno dai ]28 ai 33] anni, seguito da due ranghi di età: quello dai] 48 ai 53] e

quello dai ]23 ai 28]. Per solo un questionario di differenza sono seguiti dal rango dai ]33 ai

38] , dai ]38 ai 43] e dai gruppi dai ]43 ai 48] e dai ]18 ai 23] anni. Trai fratelli, quelli

maggiormente rappresentati sono i ragazzi dai ]18 ai 23] anni e i giovani dai ]28 ai 33],

seguito per poco dai ranghi ]33 ai 38] e ]43 ai 48] anni. Il rango ]23-28] segue con 9

questionari compilati e infine quelli dai ]38 ai 43] e ]48 ai 53]. Tra le differenze notevoli che

si colgono tra le distribuzioni per genere nei ranghi di età del grafico 2 è possibile

osservare come la differenza di numero delle sorelle rispetto ai fratelli che vedevamo nel

paragrafo precedente si colloca soprattutto nei ranghi di età colorati con le gamme di

arancione.

Maschi femmine Totale % maschi del rango % femmine del rango differenza in %

16 - 18 1 2 3 33% 67% 34%

18 - 23 12 11 23 52% 48% 4%

23 - 28 9 15 24 38% 63% 25%

28 - 33 12 17 29 41% 59% 18%

33 - 38 11 14 25 44% 56% 12%

38 - 43 7 13 20 35% 65% 30%

43 - 48 10 11 21 48% 52% 4%

48 - 53 6 15 21 29% 71% 42%

53 - 63 3 2 5 60% 40% 20% Tabella 3: Percentuali e differenze tra i generi per rango di età

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Visto che le maggiori differenze percentuali si collocano agli estremi superiori e inferiori

della tabella e che l’estremo superiore fa riferimento a un campione di soltanto 3

questionari, prendiamo in considerazione le differenze relative ai ranghi di età più

avanzata (in basso alla tabella 3). Complessivamente possono far pensare che l’avvicinarsi

del momento in cui entrare a pieno titolo a ‚ prendersi cura del fratello o sorella con disabilità‛

per la morte o malattia del/dei genitore/i che, come vedremo più avanti, sono

generalmente le persone che si occupano maggiormente del disabile fino a quel momento,

possa aver favorito il coinvolgimento di questi fratelli e sorelle in questa iniziativa.

Dall’altra parte, il 42% di differenza tra fratelli e sorelle dai ]48 ai 53] anni di età (verde

scuro in basso alla tabella 3) può rafforzare ancora di più questa idea: l’ipotesi della

preoccupazione per l’evento ormai concreto di assumersi a pieno titolo il ruolo di care-

giver. Dal calcolo della media delle percentuali di questi ultimi 3 ranghi di età sia per i

maschi che per le femmine (tabella 4), si osserva che le cifre sono proporzionate alla

presenza di più questionari di sorelle che di fratelli.

Maschi femmine Totale % maschi del rango % femmine del rango

43 - 48 10 11 21 48% 52%

48 - 53 6 15 21 29% 71%

53 - 63 3 2 5 60% 40%

Media 45% 55% Tabella 4: Calcolo della media delle % collegate ai generi per i 3 ranghi di età più avanzata

Analizzando i dati a disposizione sui comuni di residenza è notevole la superiorità in

termini di numero di questionari compilati che rappresenta il comune di Dalmine (tabella

5). Essa può essere dovuta al fatto che questo comune da alcuni anni porta avanti dei

gruppi di sorelle e fratelli di persone disabili. Questa differenza di numero fa pensare

all’importanza di quell’iniziativa e a come essa possa aver creato la possibilità di identificare

un bisogno sottostante, la cui presa in carico può essere percepita da fratelli e sorelle come

quella presenza, quel sostegno che rappresenta una possibilità di fare qualcosa per sé: poter

‚parlare‛ della propria situazione e poter essere ascoltati.

Albino 3 Gorle 1 Romano di lombardia 2

Almè 1 Gorno 1 Rovetta 1

Almenno san salvatore 1 Leffe 1 Sabbio-dalmine 1

Alzano lombardo 1 Levate 2 San pellegrino terme 3

Ardesio 1 Mapello 1 Scanzorosciate 1

Bergamo 7 Milano 1 Segrate 1

Bottanuco 1 Napoli 1 Seriate 7

Brembate 1 Nembro 4 Serina 2

Calcinate 3 Osio sotto 3 Solto collina 1

Caprino bergamasco 1 Paladina 2 Sorisole 5

Caravaggio 1 Palazzolo sull'oglio 2 Sovere 1

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Casnigo 3 Palosco 5 Stezzano 4

Castelli calepio 2 Parre 2 Telgate 2

Castione della presolana 1 Pedrengo 2 Terno d'isola 1

Cene 2 Pianico 1 Torre boldone 1

Chiuduno 2 Piario 2 Torre de roveri 1

Cisano bergamasco 1 Piazza brembana 1 Treviglio 1

Clusone 4 Ponte nossa 1 Treviolo 1

Colle beato (bs) 1 Ponte san pietro 1 Urgnano 2

Costa volpino 5 Ponteranica 7 Verdellino 1

Curno 1 Pontirolo 1 Vertova 2

Dalmine 22 Pradalunga 1 Villa d'almè 2

Darfo boario terme 1 Premolo 2 Villa di serio 3

Gazzaniga 2 Rogno 1 Zanica 1

Ghisalba 1 Roma 1 Zogno 1 Tabella 5: Comuni di residenza

Se invece i comuni di residenza vengono accorpati negli ambiti territoriali di riferimento i

dati cambiano come si osserva dalla tabella 6 e dal grafico 4 sotto riportati. L’ambito

territoriale 2 –Dalmine- è comunque superiore per numero di questionario compilati, ma

gli ambiti territoriali 1, 3, 4, 8 e 9 aumentano notevolmente. Siamo venuti a conoscenza

attraverso i questionari compilati che ‚Piccoli Passi‛ con sede a Torre Boldone, organizza

iniziative rivolte a fratelli e sorelle di persone con disabilità.

Dall’altro lato si osserva che ci sono ambiti territoriali assolutamente assenti o con un

esiguo numero di questionari compilati. Nelle fasi successive di questo lavoro è

importante progettare modalità di distribuzione e di coinvolgimento aggiuntivi che

permettano di entrare in contatto con queste realtà.

Ambiti territoriali:

1-Bergamo 21

2-Dalmine 37

3-Seriate 11

4-Grumello del Monte 14

5-Valle Cavallina 0

6- Monte Bronzone e Basso Sebino 0

7-Alto Sebino 9

8-Valle Seriana 20

9-Valle Seriana Sup. Scalve 15

10-Valle Brembana 6

11-Valle Imagna 6

12-Isola Bergamasca 8

13-Treviglio 3

14-Romano di Lombardia 1

Brescia 3

Prov. di MI-RO-NA 3 Tabella 6: Distribuzione per ambito territoriale di residenza

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Grafico 4: Distribuzione per ambito territoriale di residenza

Le domande A4 e A5 indagano le principali attività e il titolo di studio del compilatore. I

risultati sembrano rispecchiare la realtà macro della popolazione bergamasca, ma su

questo si potrebbe avviare una ricerca più approfondita con dati della Provincia di

Bergamo, Confcommercio, Provveditorato agli studi di Bergamo e altri enti che possano

fornire informazioni al riguardo. A continuazione presentiamo le tabelle delle frequenze e

i loro grafici ma come si vedrà, queste informazioni sono state incrociate con altre

domande sulla gestione del fratello o sorella disabile e con dati legati alle domande sulla

comunicazione della diagnosi

Principali attività Frequenze Percentuali

studente 25 14%

lavoratore dipendente/coordinato 95 55%

lavoratore autonomo 20 11%

disoccupato 5 3%

casalinga 15 9%

altro 10 6%

vuoto 4 2%

totale 100% Tabella 7: Principali attività

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Grafico 5: Principali attività

La maggior parte dei fratelli e sorelle che hanno risposto al questionario lavora come

dipendente o con un contratto coordinato. Se si accorpa la percentuale di lavoratori

dipendenti con quella di lavoratori autonomi si arriva ad una percentuale del 66%, il che è

coerente con la distribuzioni per età vista in precedenza. I titoli di studio corrispondono

alla popolazione delle generazioni coinvolte. L’obbligo scolastico della maggior parte di

loro arrivava alla fine della formazione media inferiore per cui ci sono numerosi

compilatori che hanno quel titolo di studio. Se si accorpano le formazioni post-scuola

media - superiori, formazione tecnica e laurea - si arriva ad un 58%.

In futuro sarebbe interessante incrociare questi dati coi ranghi di età e col genere.

Titolo di studio Frequenze Percentuali

elementari 6 3%

medie 59 34%

superiori 64 37%

Formazione tecnica 7 4%

Laurea 30 17%

Altro 5 3%

non risp. 3 2%

Totale 174 100% Tabella 8: Titolo di studio

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Grafico 6: Titolo di studio

Nei dati relativi alla domanda A6, ‚con chi vivi oggi‛ riportati nella tabella 9 e dal grafico 7,

si osserva che il 43% dei compilatori abita con la famiglia di origine e di conseguenza con

il fratello o sorella disabile. Tra le alternative riportate nello spazio ‚altro, specificare‛ ci

sono 5 persone che riportano di abitare con la famiglia di origine insieme alla famiglia da

loro formata, cioè coi partner e i loro figli.

La distribuzione delle risposte sembra rispecchiare comunque un aspetto strutturale della

famiglia italiana, noto come ‚adolescenza prolungata‛ (Scabini,2000) con figli di più di

trent’anni che vivono coi propri genitori: una percentuale del 43% di compilatori abitano

con la famiglia di origine (tabella 9 e grafico 7 in blu) e un 47% (tabella 10 in blu) sono

persone nate dopo il 1976, che quindi attualmente hanno meno di 33 anni.

Con chi vivi oggi

famiglia di origine 75 43%

partner 25 14%

partner e figli 49 28%

da solo 11 6%

altro 11 6%

non risp. 3 2%

174 100% Tabella 9: Con chi vivi oggi

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Grafico 7: Con chi vivi oggi

-1991 3 2%

1991-1986 23 13% 47%

1986-1981 24 15%

1981-1976 29 17%

1976-1971 25 14%

1971-1966 20 12%

1966-1961 21 10%

1961-1951 21 12%

1951-1946 5 3%

non risp. 3 2%

174 100%

Tabella 10: Distribuzione per anni di nascita

2. Modulo B: Informazioni sulla famiglia di origine

Questo modulo si apre con due quadri, B1 e B2, che ai fini di questo primo report

abbiamo analizzato solo in parte. Essi configurano un’immagine della famiglia di origine

in termini anagrafici e abitativi.

Le informazioni richieste alle colonne ‚anno di nascita‛ e ‚vivente?‛, riferite in B1 ai

genitori e in B2 ai fratelli con e senza disabilità, mira a cogliere l’eventuale correlazione tra

la presenza dei genitori o la loro capacità di farsi carico del figlio disabile, e l’entrata in

campo dei fratelli o sorelle – con ruoli di accudimento, tutore, amministratore di sostegno

– in caso di morte dei genitori o loro impossibilità di assumersi quel ruolo

La percentuale di ‚madri viventi‛ è superiore ai ‚padri viventi‛, aspetto demografico che

sicuramente rispecchia la situazione della nostra realtà.

Vivente Percentuale Deceduto Percentuale

Madre 150 87% 23 13% 173

Padre 121 70% 53 30% 174

Totale 271 78% 76 22% 347

Percentuale 78% 22% 100% Tabella 11: Genitori vivi /deceduti

Vale la pena soffermarsi sulla colonna ‚eventuali informazioni che ritieni significativo

segnalare‛ del quadro B1 del questionario. Essa raccoglie, quando compilata, informazioni

relative a malattie importanti dei genitori –tumori, malattie degenerative, cardiopatie, etc.-

da un lato e separazioni, divorzi, abbandoni di tetto coinugale dall’altro. Dalle

informazioni raccolte emerge che avere i genitori ammalati o soli crea una condizione per

cui i fratelli ‚normodotati‛ e i loro eventuali partner si trovano nella condizione di doversi

fare carico non solo della disabilità del fratello, ma anche di quella che subentra con la

malattia del o dei genitori.

Commento [MSOffice2]: I dati

riportati si riferiscono ai fratelli/sorelle

che vivono in casa, suddiviso per

rango di età. Sarebbe interessante farne

una lettura dividendo maschi e

femmine.

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Il quadro B2 del questionario raccoglie le informazioni anagrafiche e abitative di tutti i

fratelli, con e senza disabilità. La tabella 12 e il grafico 8 sintetizzano le età di fratelli e

sorelle con disabilità.

età del fratello o sorella disabile in anni Frequenza

3 - 8 2

8 -13 4

16 - 18 15

18 - 23 26

23 - 28 25

28 - 33 19

33 - 38 22

38 - 43 16

43 - 48 24

48 - 53 10

53 - 63 0

non risp. 11

Totale 174 Tabella 12: Età del fratello o sorella con disabilità

Di questi fratelli e sorelle disabili, come si osserva nella tabella 13, il 54% abita con chi

compila il questionario e il 42% abita coi genitori o con altri fratelli o sorelle della famiglia

- solo uno dei compilatori ha esplicitato che il proprio fratello disabile abita in una

comunità. Questa percentuale, che è più alta di quella riferita dai compilatori che abitano

nella famiglia di origine (43%, vedi tabella 9), viene completata da una percentuale non

determinata numericamente di chi riporta per iscritto – in altre parti del questionario - di

abitare col fratello o sorella disabile, il partner e/o i figli. (tabella 13)

abita con te non abita con te non risp. Totali

fratello disabile 94 73 7 174

percentuali 54% 42% 4% 100%

Tabella 13: Fratelli o sorelle disabili che abitano / non abitano con il compilatore

Grafico 8: Fratelli che abitano / non abitano col compilatore

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Grafico 9: Età del fratello o sorella con disabilità Dal grafico 9 qui riportato si osserva la distribuzione di età di fratelli o sorelle con

disabilità. Ci sono bambini molto piccoli, dai 3 anni in su, e colpisce che nei ranghi di età

più alti il numero di disabili diminuisce di nuovo. Quest’ultimo aspetto può essere legato

alle aspettattive di vita dei disabili, che per alcune diagnosi sono notevolmente più basse

delle aspettative di vita della popolazione non disabile. Come si è riportato nella cornice

teorica però, la longevità di chi ha una disabilità è aumentata notevolmente negli ultimi

anni e come si osserva dai questionari raccolti il disabile maggiore raggiunge i 53 anni.

La maggioranza dei fratelli e sorelle ‘normodotati’ riporta di avere fratelli e sorelle disabili

trai 18 e i 48 anni, a differenza dei ranghi più bassi, tra 3 e 17 anni, che sono un numero

esiguo (6, vedi grafico 9). Questa differenza può essere collegata al fatto che dai 18 anni in

su in famiglia, e in particolare per i genitori, avviene un cambiamento sociale importante:

una redistribuzione dei compiti e dei ruoli potrebbe essere ipotizzata alla luce del

raggiungimento di questo ‘rito di passaggio’ (come denominato dagli antropologi) della

maggiore età. Dentro questa ipotesi i genitori, entrano a coinvolgere maggiormente i loro

altri figli e questo coinvolgimento aumenta proporzionatamente sia con l’età del figlio

disabile che con la loro età che nel frattempo aumenta. Come si vedrà più avanti questo

dato è in linea con i dati riportati dal grafico 13.

Le successive tre domande - B3, B4 e B5 - (e tutte quelle in cui le possibili voci di risposta

sono indicate da caselle quadrate, si veda in allegato il questionario), hanno una

caratteristica metodologica che le rende diverse all’interpretazione rispetto alle altre finora

elencate. Esse sono a scelta multipla e non a scelta singola. Le percentuali non sono quindi

riferite al totale dei questionari compilati ma ad una distribuzione interna specifica. Un

altro aspetto fondamentale per l’interpretazione dei dati della maggior parte delle

domande da qui in avanti, è che non riportano più dati oggettivi e concreti, ma fanno

riferimento ai vissuti, alle sensazioni, ai pareri: alla soggettiva interpretazione e decodifica

del fratello o sorella che compila il questionario.

Commento [MSOffice3]: Sareb

be interessante provare a coinvolgere

le strutture residenziali per il

questionario. Probabilmente una volta

che il fratello con disabilità ha un suo

luogo, il contatto con assistenti sociali

è minore. In un certo senso sono fuori

dal contesto sociale: civilmente sono

già “morti”! Coinvolgendo le strutt.

Resid. Si potrebbe vedere , tra quelli

che partecipano al questionario, quanti

portano a casa il congiunto al sabato e

alla domenica per esempio.

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Riprendiamo il filo dell’analisi delle domande. I dati raccolti alla domanda B3 ‚chi si

occupa maggiormente di tuo fratello o sorella con disabilità‛, dove il compilatore poteva

contrassegnare più risposte, l’opzione ‚madre‛ raccoglie la percentuale di risposte più

elevata (77%). Dato che non stupisce poiché in generale nell’organizzazione famigliare

italiana è ‚normale‛ che sia la madre a occuparsi maggiormente dei figli. Appare

comunque molto significativo il dato del 39% dei padri che si occupa del figlio disabile e

delle risposte ‚io‛ (fratello o sorella) che raggiunge il 28%. Quest’ultimo dato, se accorpato

a quello indicante ‚altri fratelli maggiori/minori‛ sale al 39%, come si osserva nella tabella 14

e nel grafico 10. Un dato che uguaglia quello indicante il coinvolgimento del padre e che ci

restituisce un quadro della attuale ‚famiglia bergamasca‛ in cui, nella percezione dei

fratelli, tutti i membri sono coinvolti nei compiti di cura del disabile e la madre sembra

trovare aiuti importanti nel padre dei suoi figli e nei suoi altri figli. L’approfondimento di

questa analisi richiederà in futuro lo scorporamento dei dati in relazione alle età dei

compilatori e dei genitori e all’analisi delle risposte multiple, per verificare se la

partecipazione di tutti i famigliari rimane significativa anche su fasce d’età in cui i genitori

sono presumibilmente ancora in grado di gestire l’accudimento del disabile.

Chi se ne occupa maggiormente

frequenza percentuale

padre 68 39%

madre 134 77%

io 49 28%

fratelli maggiori 8 5% 39%

fratelli minori 10 6%

non so 0 0%

altri 19 11%

Tabella 14: “Chi si occupa maggiormente di tuo fratello o sorella con disabilità”

Grafico 10: “Chi se ne occupa maggiormente” raggruppando i fratelli in una sola categoria

Infatti se si osserva la distribuzione dei dati in rapporto all’età e al genere (vedi tabella 15 e

grafici 11 e 12) emerge che l’occuparsi maggiormente del fratello e sorella disabile

aumenta in proporzione abbastanza costante rispetto all’aumento dell’età dei genitori.

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Meno compiti e responsabilità essi svolgono, maggiore è l’intervento di ‚io, fratelli

maggiori, e fratelli minori‛.

padre madre io fratelli > fratelli < altri

F M F M F M F M F M F M

1996-1991 2 1 2 1 1

1991-1986 5 7 13 10 3 1

1986-1981 7 3 14 11 3 1 1

1981-1976 14 4 18 12 5 2 2 1 1

1976-1971 8 6 16 9 4 2 2 1

1971-1966 5 1 8 6 6 2 1 2 1

1966-1961 5 3 8 5 6 3 1

1961-1956 2 1 4 1 5 4 2 1 2 2

1956-1951 3 3

1951-1946 2 1 1 1 1 2 Tabella 15: Chi si occupa maggiormente del fratello disabile in rapporto alla data di nascita e al genere

Grafico 11: Sorelle che si occupano maggiormente del fratello disabile in rapporto all'età

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Grafico 12;Fratelli che si occupano maggiormente del fratello disabile in rapporto all'età

Nel grafico 13 si osserva molto chiaramente come questo occuparsi dei fratelli disabili sia

collegato all’età dei compilatori, che per definizione è collegato all’età dei loro genitori:

con l’avanzare dell’età, e sempre più quando non sono più in grado di farsi carico dei figli

disabili o muoiono, gli altri figli entrano a sostituirli. Mentre i ruoli svolti nei primi ranghi

di età (a sinistra del grafico13) sono ristretti o solo nelle mani dei fratelli maggiori, dai 38

anni in su (età del compilatore), incominciano ad intervenire di più i fratelli (gamma dei

gialli-arancioni) e gli ‚altri‛ (indicati in colore viola). Nel grafico 13 si osserva inoltre che la

proporzione di ‚io‛ che dichiara di occuparsi del fratello disabile è alta. Dato che

probabilmente risente del fatto che il questionario è stato compilato da fratelli e sorelle

particolarmente coinvolti e sensibili al tema, ma che in ogni caso conferma ed evidenzia

quanto fratelli e sorelle costituiscano una risorsa fondamentale nella gestione sociale della

disabilità, risorsa che diventa particolarmente importante nel momento in cui le capacità

di accudimento dei genitori vengono meno.

---18 18-23 23-28 28-33 33-38 38-43 43-48 48-53 53-63 63--- Grafico 13: Confronto percentuale di chi se ne occupa maggiormente rispetto ai ranghi di età del compilatore

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Un altro aspetto che emerge dai dati illustrati nel grafico 13 è che l’alternativa ‚altri,

specificare‛assume un’importanza significativa. Dalla descrizione che i compilatori danno

di questi altri emergono figure coadiuvanti fondamentali al funzionamento delle famiglie.

In particolare emergono quelle figure ‚nuove‛ che fanno parte delle famiglie nucleari del

compilatore, dove a volte viene inserito il fratello o sorella disabile. Grande merito viene

dato alle mogli e ai mariti da un lato, e alle badanti, strutture di appoggio e operatori

sociali dall’altro. Di fatto nelle colonne dell’istogramma corrispondenti ai ranghi di età più

bassi (a sinistra del grafico 13) la risposta ‚altri‛ segnala la presenza di badanti, strutture

di appoggio, operatori sociali, patrigni, nonni, zii; dall’altro lato, spostandosi verso destra

(ranghi di età più elevati) si inseriscono man mano i partner.

maschi femmine vuoto totale

me ne occupo io maggiormente 23% 31% 2% 100%

se ne occupano altri 77% 69% 2% 100%

totale 100% 100% Tabella 16: Percentuali divise per genere in riferimento al totale dei maschi e delle

femmine che hanno compilato il questionario

Grafico 14: Grafico della tabella 16

Per chiudere le riflessioni in merito alla domanda ‚chi si occupa maggiormente di tuo fratello o

sorella con disabilità‛, abbiamo realizzato la tabella 16 e il grafico 14 con l’obiettivo di

confrontare i dati in percentuale facendo riferimento al totale dei compilatori maschi e

femmine separatamente, e prendendo come gruppi di paragone: ‚me ne occupo io‛ e‚se ne

occupano altri‛, includendo in quest’ultimo tutti gli altri: madre, padre, fratelli maggiori e

minori, etc. L’idea è poter avere un dato di rapporto interno al gruppo di riferimento per

confrontare come i compilatori si distribuiscono rispetto al genere. Da questo modo di

raggruppare i dati emerge che le sorelle tendono ad occuparsi leggermente di più di

fratelli o sorelle con disabilità di quanto facciano i fratelli maschi.

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Alla domanda ‚se chi si occupa di tuo fratello o sorella non potesse più farlo, chi se ne farebbe

carico?‛, domanda di natura riflessiva e rivolta ad una dimensione ipotetica del futuro

(Tomm, 1987), le risposte dei compilatori sono molto interessanti e tendono a confermare

quanto finora detto. E’ particolare, come si vede dalla tabella 17 e dal grafico 15, che l’‛io‛

acquisisce una frequenza elevatissima. In percentuale raggiunge il 64% delle scelte. Anche

questo dato, così come quello sopra indicato relativo al ‚chi si occupa maggiormente‛,

potrebbe risentire del fatto che il questionario sia stato compilato in maggioranza da

fratelli o sorelle molto sensibili e coinvolti nel tema, e come il dato precedente meriterebbe

un approfondimento (per esempio la correlazione con il grado di coinvolgimento attuale –

domande B6 e B8 – e l’influenza che questo coinvolgimento ha sul quotidiano – B10;

inoltre, su tematiche così delicate e significative dal punto di vista dei vissuti emotivi, i

dati andrebbero supportati da ricerche di tipo qualitativo). Ad una prima analisi questi

dati fanno pensare ad una scelta come ‚missione di vita‛ o, al contrario, all’‛ineluttabilità

della scelta‛. Se infatti sommiamo le percentuali dei diversi fratelli nominati tra le scelte di

risposta, la percentuale raggiunge l’89% (grafico16): sembra che nell’immaginario dei

fratelli e delle sorelle di persone con disabilità saranno loro a farsi carico dei loro fratelli

quando i genitori o chi se ne occupa non potrà più svolgere questo compito.

frequenza percentuale

Io 111 64%

fratelli maggiori 24 14% 89%

fratelli minori 19 11%

altri parenti 13 7%

amici 2 1%

istituzione / ente pubblico 12 7%

non voglio pensarci 7 4%

non so 10 6% 23%

mai parlato 22 13%

non è un mio problema 0 0%

altro 14 8%

Tabella 17: “Se chi si occupa di tuo fratello/sorella non potesse più farlo, chi se ne farebbe carico”

Commento [MSOffice4]: Anch

e in questo caso sarebbe interessante

avere i questionari di fratelli di persone

accolte in strutture residenziali.

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Grafico 15: “Se chi si occupa di tuo fratello/sorella non potesse più farlo, chi se ne farebbe carico”

Grafico 16: “Se chi si occupa non potesse più farlo, chi lo farebbe” con i diversi fratelli raggruppati

Se nella tabella 17 raggruppiamo le opzioni ‚non voglio pensarci‛, ‚non so‛ e ‚non abbiamo

mai parlato‛, si raggiunge una percentuale del 23% delle scelte di risposta. Percentuale che

potrebbe essere collegata a diverse ipotesi:

alla ‚naturalità‛ con cui avvengono le cose in alcune di queste famiglie (si vedano i

dati sulla ‚comunicazione della diagnosi naturale‛),

al fatto questo tema è un ‚tabù‛ in famiglia e quindi non solo non se ne parla ma

non viene neanche affrontato dal compilatore individualmente,

ad un’elaborazione della diagnosi non positiva, ma che al contrario ha creato nei

famigliari –o nel compilatore- un ristagnare in un presente infinito, senza

progettualità. Come chi nasconde ‚la testa sotto la sabbia‛ perché in famiglia non si

può parlare di ciò ‚rimanendo sulla spiaggia anche se è inverno‛

un’altra ipotesi un po’ più folcloristica e di matrice culturale potrebbe essere

collegata ad un atteggiamento scaramantico ed eminentemente pratico comune in

alcune famiglie e persone bergamasche, per cui le cose vanno affrontate quando si

presentano e non se ne parla perché parlarne potrebbe peggiorare le cose

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alcuni fratelli e sorelle molto giovani non ci pensano ancora proprio perché lontani

dall’eventualità che ciò accada.

Nelle risposte alle domande B6 e B8 e B10, rispettivamente‚quanto dai una mano nella

gestione quotidiana di tuo fratello?, ‚quanto intervieni o decidi nelle scelte relative alla sua vita?‛ e

‚questi compiti o responsabilità influenzano la tua vita quotidiana?‛, i cui risultati sono riassunti

nella tabella 18 e nei grafici 17 e 18, si possono osservare diversi dati interessanti che,

anche se sembrano a volte contraddittori stanno a rappresentare una situazione soggettiva

importante. Ad es. inserendo i dati nella piattaforma informatica è capitato di visionare

alcuni questionari dove alla scelta di alternative ‚molto‛ o ‚abbastanza‛ in B6 e B8 - per

descrivere il coinvolgimento personale nella gestione o nelle scelte di vita del fratello o

sorella disabile-, corrispondono scelte di alternativa ‚poco‛ o ‚per niente‛ in risposta alla

domanda B10: ‚quanto questo influenza la tua vita?‛. Viceversa, in altri questionari

intervengo ‚poco‛ o ‚per niente‛ e mi influenza ‚molto‛ o ‚abbastanza‛. Queste apparenti

contraddizioni potrebbero essere dovute alla soggettività nella scelta delle parole (molto,

abbastanza, poco, per niente) usate per dare una misura dei su elencati compiti e

influenze o ad aspetti psicologici e relazionali più profondi. Queste contraddizioni si

vedono chiaramente nel grafico 17 qui sotto riportato.

contributo gestione quotidiana

contributo nelle scelte di vita

influenza nella vita quotidiana del

compilatore

molto 16% 21% 8%

abbastanza 34% 30% 24%

poco 37% 34% 32%

niente 10% 13% 25%

vuoto 2% 2% 9% Tabella 18: Quadro riassuntivo che mette a confronto le domande B6, B8 e B10

Grafico 17: grafico riassuntivo che mette a confronto le domande B6, B8 e B10

Commento [MSOffice5]: Verre

bbe quasi da pensare che chi ha

assunto la presa in carico del fratello

per scelta agisce, sceglie (anche in

merito a questioni determinanti e

fondamentali), ma ha inserito questo,

come altri compito dentro alla sua

complessiva vita, senza quindi sentirsi

“impedito”. Altri invece che vivono

con fatica, o forse con un senso di

obbligo, come dentro ad un tunnel ove

non vi è via di uscita, cercano di agire

il meno possibile, proprio perché non

scelto ma dovuto, ed anche quel poco

gli pesa perché si sentono costretti a

fare ciò. Se fossero libero non lo

farebbero. Ecco il senso di peso

nonostante l’oggettivo agire limitato.

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Grafico 18: “questi compiti o responsabilità influenzano la tua vita?”

Come si vede dal grafico 18 ‚l’influenza percepita‛ oscilla maggiormente tra le scelte

abbastanza e poco sfrattando il preconcetto che l’aver un fratello disabile influenzi molto o

abbastanza la vita dei fratelli non disabili. Nell’interpretazione di questi dati però è

necessaria cautela. Se si analizza con la lente psicologica, sono domande ‚delicate‛ che

possono aver innescato difese di tipo psicologico, o che da un altro punto di vista

corrispondono al ‚vero‛ della situazione se letta in superficie, come di fatto fa un

questionario di natura quantitativa come questo.

Molte sono le ipotesi di lettura che si aprono di fronte a questi dati. Tra le tante, riportiamo

quelle che ci paiono maggiormente interessanti:

Sono state privilegiate tra le scelte di risposta le due centrali: abbastanza e poco,

fenomeno peraltro noto in statistica in domande che prevedono scelte di grado o di

quantità ove le risposte tendono a collocarsi nelle alternative centrali.

Si potrebbe anche ipotizzare che la connotazione soggettiva di ‚molto‛, percepibile

come vicino al troppo, o, per converso di ‚per niente‛ che può soggettivamente

confinare col nulla siano forte per connotare la risposta .

I risultati potrebbero essere letti alla luce del concetto di ‚ naturalità‛o meno con cui

viene interpretato il ruolo in famiglia e nella relazione col fratello o sorella disabile.

Se tale ruolo viene percepito come naturale, può darsi che pesi e influenzi

soggettivamente di meno nella quotidianità e nel vissuto; se invece viene percepito

come ‚innaturale‛ l’influenza può essere connotata più negativamente (tabella 18,

grafico 17) .

Valtolina (2004), riporta che alcune ricerche sui fratelli di persone disabili parlano di

fantasie di ‚sparizione‛ o di ‚morte‛ rispetto al fratello disabile, che vanno

scemando con l’aumento dell’età. Per poter rispondere alle domande di cui

parliamo, i compilatori hanno dovuto accedere ad un meccanismo mentale ed

emotivo che consentisse di immaginare una vita diversa. Definire quanto la

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presenza del fratello o sorella con disabilità influenza la propria vita significa uscire

dalla ‛naturalità‛ della situazione per provare a considerarla dal punto di vista di

chi non conosce questa influenza. Significa quindi immaginare una vita senza il

fratello o la sorella disabile. Ci chiediamo se questo meccanismo possa evocare

quelle infantili o giovanili fantasie di ‚far sparire il fratello disabile‛, e i sensi di

colpa che immaginiamo ad esse connessi. A partire da queste osservazioni, è

possibile che le incongruenze rilevate nelle risposte siano collegate a vissuti

profondi, che la domanda ha indirettamente sollecitato, creando il bisogno di

schermarsi.

La tabella 19 riporta la categorizzazione delle domande a risposta aperta B7 e B9, che

completano le B6 e B8.11 Le risposte dei compilatori sono state classificate, laddove

possibile, in categorie di cui viene indicata la frequenza numerica di risposta. accoglie

l’elenco delle risposte scritte per esteso dai compilatori rispetto alle domande B7e B9

B7. Aspetti in cui intervieni Frequenze B9. Scelte di vita in cui sei coinvolto Frequenze

gestione quot/cure personali 53 tutte 38

gioco/svago/tempolibero/vacanze 39 aspetti formativi/educativi 19

aspetti sanitari/visite mediche 21 aspetti sanitari/visite mediche 14

quando i genitori non ci sono 19 gioco/svago/tempolibero/vacanze 14

trasporto 13 consigli 14

eventuali necessità o problemi 12 nessuna 13

relazioni con l'esterno 11 percorso formativo 13

Tutti 7 gestione pratica e logistica 10

aspetti comportamento/educativi 7 al bisogno o quando mi coinvolgono 6

compagnia 6 Coinvolto nelle scelte senza potere decisionale 6

gestione dei soldi 6 Aspetti educativi 6

spostamenti/aspetti fisici 5 amministrative/scelta dei Centri Diurni 6

studio/compiti 5 supporto psicologico 4

dialogo/ascolto 4 situazioni problematiche 3

attività burocratiche 3 aspetti lavorativi 3

aspetti emotivi 2 Vestiario 2

Niente 2 Per il futuro 2

attività creativa 1 Decisioni famigliari 1

non risponde 37 Non risponde 47 Tabella 19: raccolta degli aspetti su cui intervieni e delle scelte di vita in cui sei coinvolto

Da questi dati vorremo sottolineare i seguenti aspetti:

I fratelli e sorelle di persone con disabilità sono coinvolti in una gran varietà di

compiti, impegni, ruoli e scelte di vita dei loro fratelli disabili.

11

Ringraziamo per la raccolta e classificazione dei dati di queste tabelle la tirocinante Chiara Carrara

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La natura delle attività dipende sicuramente dalla propria personalità e carattere,

ma soprattutto dal funzionamento dal sistema famiglia e dai rapporti tra i suoi

sottosistemi (vedi cornice teorica). Nei riquadri sopra evidenziati in colore lilla, e in

numerosi commenti di cui alcuni riportati per esteso qui di seguito, si coglie come

il loro intervento è mediato dai ‚gradi di libertà‛ che lasciano i genitori.

“ I miei genitori mi chiedono dei consigli quasi su tutto ma poi la decisione finale è la loro” “mi coinvolgono in eventuali scelte quotidiane per le quali ritengono di dovermi chiedere un parere” “ vengo coinvolto su tutto ma giustamente per ora la decisione finale spetta i miei genitori” “non sono coinvolta nelle scelte”.

Queste testimonianze illustrano molto chiaramente questa non libertà. Alcuni

fratelli considerano e vivono con ‚naturalità‛ questi eventi, altri invece con molta

rabbia e impotenza:

“sono coinvolta in tutte le sue scelte quando mia mamma non si oppone, ed è successo e sicuramente succederà ancora (quante discussioni, litigi, per poi non arrivare a niente perché le istituzioni non sono presenti)”

Lo spazio è quindi limitato dalle premesse dei genitori e dalle aspettative che essi

hanno su quello che deve essere fatto o come deve essere gestita la situazione e le

relazioni tra i loro figli.

Un altro aspetto collegato a questa analisi riprende gli aspetti del feed-back che la

società in generale e alcune persone o servizi rimandano a questi fratelli o sorelle.

Simonetta Isella -Presidente dell’AIPD di Bergamo- in uno dei tanti incontri di

lavoro-, raccontava che i fratelli che aveva incontrato le avevano riportato che a loro

non viene riconosciuto il merito per l’impegno che danno nella gestione familiare

della disabilità dei loro fratelli e sorelle; sono contributi che vengono spesso dati per

scontato, e invece ‚le medaglie vengono date al genitore!‛. Questo di fatto potrebbe

essere un altro dei motivi per cui le domande B6, B7, B8, B9, B10 mostrano risultati

apparentemente contraddittori.

Un ulteriore aspetto che influenza sia il coinvolgimento che la soggettività del

vissuto ad esso collegato è la gelosia che può provare un fratello ‚normodotato‛

nei confronti di suo fratello/sorella disabile e della disabilità stessa, che richiamano

entrambe molto tempo e investimento da parte dei genitori. La situazione del

fratello normale, proprio perché ‚normale‛, si presuppone che non abbia bisogno

della stessa intensità nel coinvolgimento.

Per finire con questo elenco di possibili ipotesi, aggiungiamo quella relativa al tipo

di disabilità che, come riportato nella cornice teorica, ha un effetto che abbiamo

definito diretto sulla relazioni e sui vissuti degli altri fratelli. Se le manifestazioni

comportamentali, reattive, emotive, relazionali, espressive sono compromesse in

modo tale da non facilitare, ma ostacolare la creazione di una relazione più serena e

condivisa, i compiti possono pesare di più anche se le incombenze sono

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‚oggettivamente poche o nulle. Se invece questi aspetti sono meno compromessi, la

relazione col disabile è più fluida e naturale e i compiti e i ruoli pesano di meno

anche se si fa di più: molto o abbastanza.

Alla domanda B12, ‚conosci la diagnosi della disabilità di tuo fratello/sorella?‛ , le risposte si

sono distribuite nel seguente modo:

si e la ricordo 148 85%

si ma non la ricordo 7 4%

No 3 2%

non so rispondere 5 3%

non valido 0%

Vuoto 11 6% Tabella 20: Conosci la diagnosi di tuo fratello o sorella disabile

Con una maggioranza (85%) di chi la conosce e la ricorda (tabella 20 e grafico 19).

Grafico 19: Conosci la diagnosi?

DIAGNOSI RIPORTATE

S. di Down 72 41%

Trauma da parto 17 10%

Trauma cranico in seguito a incidente 12 7%

Tetraparesi spastica 12 7%

Distrurbi psichici 6 3%

Epilessia abbinata ad altre patologie 6 3%

Ritardo mentale /oligofrenia/ebefrenia 4 2%

Autismo 3 2%

Emiparesi 2 1%

Idrocefalo con drenaggio 2 1%

Spina bifida 1 1%

S. di Angelman 1 1%

S. di Cohen 1 1%

S. di West 1 1%

S. di Lesch-Nyhan 1 1%

S. di Franceschetti 1 1%

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Encefalopatia degenerativa 1 1%

Sclerosi Tuberosa 1 1%

Atassia congenita 1 1%

Encefalopatia Mioclonica 1 1%

Meningite post vaccino 1 1%

Encefalopatia dovuta a pertosse trascurata 1 1%

Diagnosi non specificata 17 10%

Diagnosi descritta attraverso i sintomi 9 5%

174 Tabella 21: Diagnosi riportate nei questionari

In questo elenco di diagnosi è notevole la superiorità numerica delle diagnosi di Sindrome

di Down. A riguardo sarebbe interessante approfondire se questa differenza è dovuta al

coinvolgimento diretto e molto intenso dell’Associazione Italiana Persone di Bergamo in

questo progetto o/e ad altri fattori. Questi ultimi possono essere legati al tipo di disabilità

provocata dalla sindrome stessa e alle conseguenze e influenze che essa fa emergere

all’interno delle famiglie con fratelli/figli affetti da trisomia 21.

Si è notata una notevole differenza nella descrizione del fratello disabile quando la

disabilità viene diagnosticata alla nascita rispetto a quando è acquisita lungo la vita per un

trauma da parto, un incidente o per gli effetti di vaccini o malattie contratte nella vita. La

presenza di rabbia e di altri sentimenti ed emozioni di impotenza, così come di una

narrazione di tipo ‚prima e dopo‛ l’evento traumatico (Benini, Erba e Heredia, 2005) emergono

chiaramente nelle descrizioni che hanno fatto dei loro fratelli con disabilità. Le altre

diagnosi che sembrano essere associate a sensazioni di rabbia e impotenza sono le

patologie psichiatriche soprattutto se connesse a comportamenti incontrollabili.

Per l’analisi della domanda B11, ‚Descrivi tuo fratello o sorella disabile con parole semplici‛ si

rimanda ad una lettura più approfondita perché complessa. Diventa necessario classificare

il tipo di linguaggio usato nella descrizione ed incrociare queste caratteristiche con il tipo

di disabilità, la diagnosi, il genere, l’età del compilatore, il titolo di studio e altro.

3. Modulo C: La scoperta della disabilità

“Difficile dirlo ad una bambina di otto anni che non voleva vedere differenze con gli altri neonati… Non saprei, non credo che ci sia un modo semplice per dirlo”

“Ho sei anni in più di mio fratello quindi quando è nato lui e quando si è saputo dei suoi problemi ero piccola e non ho mai pensato se i miei genitori avessero dovuto dirmelo in un altro modo, quindi penso che per loro sia stato il modo migliore”

Come già specificato questo modulo mira ad approfondire la comunicazione della

diagnosi.

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Modalità Frequenza Percentuale

siamo cresciuti insieme, era evidente 94 54%

capito da solo 26 15% 69%

mi è stato detto senza averlo chiesto 21 12%

Altro 20 11% 23%

chiesto a qualcuno 2 1%

non so / non ricordo 8 5%

Vuoto 3 2%

Tabella 22: Com'è avvenuta la comunicazione della diagnosi

Grafico 20: Com'è avvenuta la comunicazione della diagnosi Il 54% dei compilatori riporta che la comunicazione di diagnosi è avvenuta con quella

modalità che nella cornice teorica connotavamo come la ‚comunicazione della diagnosi

naturale‛.

“Quando è nata ero piccola. Immagino mi sia stato spiegato ma non ricordo questi momenti. Crescendo ho imparato a conoscere la sua disabilità

In questi casi la comunicazione in famiglia passa attraverso la quotidiana presenza degli

eventi e non necessariamente attraverso la verbalizzazione. Il 54% delle risposte indica

‚siamo cresciuti insieme ed era evidente‛, che implica una comunicazione implicita. Se

accorpiamo questa alternativa di risposta con ‚l’ho capito da solo‛, che di fatto è quello che

avviene quando la comunicazione è implicita , si arriva ad un 69% delle risposte.

“Non mi è stato detto nulla perché siamo cresciute insieme. SIAMO SORELLE GEMELLE‛

Nella revisione dei questionari si è notato che la scelta ‚altro, specificare‛ è accompagnata

dalla descrizione dell’evento nel quale si è venuti a conoscenza della diagnosi. Ad esempio

la risposta “era la mia prima comunione e mamma e papà me l'hanno detto‛, riportata appunto

in ‚altro, specificare‛ potrebbe essere accorpata al ‚mi è stato detto‛. Riconsiderando le

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risposte in questo modo si arriva in blocco ad un 23 % di persone che ricordano di aver

ricevuto una precisa comunicazione, dei quali il 12% esplicita che è venuto a saperlo

senza averlo chiesto e un 11% che entra a descrivere l’evento.

Alle domande C2 ‚Se l’hai saputo da qualcuno, da chi‛ e C3 ‚avresti voluto saperlo in un altro

modo‛ l’alto numero di non risposte può far pensare che, visto che la maggior parte delle

comunicazioni di diagnosi sono avvenute implicitamente, sia molto difficoltoso per chi

risponde portare alla consapevolezza l’evento e il processo (vedi cornice teorica) della

comunicazione. Se è di fatto implicito in che modo il compilatore lo può rendere esplicito?

Ai fini di un questionario?

Dall’altra parte sono domande che riflettono due preconcetti di fondo:

1. che la comunicazione della diagnosi avviene in un momento preciso (rischio da noi

corso ai fini della semplificazione delle domande dopo il pre-test, con l’obiettivo di

poterle adeguare alla natura quantitativa dello strumento), cosa contraddittoria, per

lo meno apparentemente, con ‚la naturalità di una comunicazione perché ci si convive‛,

quindi implicita e automatica. Forse questo tema necessita più di ogni altro di un

contesto qualitativo e di ascolto per poter essere approfondito.

2. L’altro aspetto sottostante è che, come emerge dal lavoro coi genitori di persone con

disabilità e da alcune analisi pubblicate sul sito www.siblings.it, la persona avrebbe

voluto venire a cononscenza della diagnosi in un altro modo.

qualcuno della famiglia 32% Si 4%

un esterno 7% No 59%

non valido 0% non so 11%

Vuoto 61% non valido 0% Tabella 23: Da chi hai saputo la diagnosi Tabella 24: Avresti voluto saperlo in un altro modo?

Grafico 21: Avresti voluto saperlo in un altro modo?

Il tema della comunicazione della diagnosi sta suscitando in questi ultimi tempi l’interesse

dei ricercatori. Molti sono gli studi che mettono in correlazione una ‚buona

comunicazione di diagnosi‛ con maggiori possibilità di affrontare positivamente il

processo di elaborazione successiva (si veda cornice teorica), e raggiungere un miglior

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adattamento alla situazione. Tuttavia le varie pubblicazioni prendono in considerazione la

comunicazione di diagnosi ai genitori, avvenuta per lo più in ambiente sanitario. Le

risposte alle domande del questionario su questo tema, e le numerose non risposte, danno

adito al pensiero che i preconcetti che ci hanno guidato, e che permeano la ricerca su

questo tema, siano generati da una traslazione di vissuti, tematiche, processi rilevabili tra i

genitori. I dati emersi sembrano aprire la strada a una direzione di ricerca che sfiora

soltanto la comunicazione come atto linguistico o come episodio o evento comunicativo, per

soffermarsi sulla comunicazione come processo di costruzione di un elaborato personale,

famigliare, istituzionale della disabilità vissuta nella quotidianità della vita famigliare.

Boscolo e Bertrando (1993) nel loro saggio ‚I tempi del tempo‛ parlano della

presentificazione del passato, rammentandoci che ‚il passato è evocato nel presente all’interno

della relazione che instauriamo, con noi stessi, con le nostre fantasie, con il nostro mondo interiore e

nella relazione con gli altri…‛ (p. 147, Boscolo e Bertrando, (1993). E’ allora forse in questa

relazione dialettica tra presente, passato e futuro che dobbiamo cercare il senso delle non

risposte alle domande sulla comunicazione della diagnosi. L’informazione sulla disabilità

del fratello o sorella, ricevuta in modo esplicito o implicito, assume i contorni della

relazione con il sé, con il proprio mondo interiore, con il proprio contesto di vita, e si

ricostruisce continuamente perché continuamente alimentata dal vissuto di queste

relazioni. Se un ricordo preciso c’è, può essere vago e sfumato o preciso e netto ma in ogni

caso non può essere messo in discussione anche se lo si vorrebbe. La disabilità è un fatto

certo e clinicamente accertato, la sua oggettività non lascia scampo alla possibilità di

modificare il passato nel presente. Molte sono le frasi riportate sui questionari (si veda

sopra) che sembrano tracciare questa linea di demarcazione (riportare??)

Laddove il momento della comunicazione di diagnosi è un ricordo vivo e netto, e forse

dove c’è un ‚prima‛ da ricordare che la comunicazione di diagnosi ha interrotto,

l’immaginario di una comunicazione di diagnosi diversa si apre alla presentificazione di

un futuro desiderato. Ciò accade ad esempio in relazione a disabilità derivanti da trauma

cranico per incidente: i fratelli riportano che avrebbero voluto che i medici nel comunicarla

avessero dato più speranze di recupero e/o guarigione.

“Mi sarebbe piaciuto che i medici visitandolo mi avessero detto o dato una speranza di guarigione, per sapere che avrebbe potuto vivere un'esistenza diversa” “Mi sarebbe piaciuto sapere che ci sarebbero state più possibilità di recupero per lui avrei fatto qualsiasi cosa, inoltre non sopportavo i medici e i fisioterapisti che si rassegnavano alle sue condizioni, quando invece qualcosa si stava ancora muovendo” “Fondamentalmente della sindrome di Cohen ne sono a conoscenza da poco tempo. Da piccola si pensava avesse solo la sordità come handicap. Durante la crescita e lo sviluppo si è manifestatala sordità. Era però più semplice da accettare la sordità che la sindrome, poiché lasciava sperare”

“che fosse solo una cosa transitoria e tutto tornasse come era nei primi due anni di vita‛

Riportiamo altre frasi di chi avrebbe voluto saperlo in altro modo:

“Avrei voluto che i miei genitori parlassero. Solo parlassero! Perché il silenzio lascia libero accesso ai pensieri negativi, alla paura” “ avrei voluto sentirmi dire dopo la sua nascita che lui era un bambino sano e senza problemi”

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“mi sarebbe piaciuto avere meno frasi fatte tipo: poverina che disgrazia, tenetela in casa che fa paura. “mi sarebbe piaciuto che mi dicessero con amore che mia sorella è un dono di Dio e quindi con tutti i diritti di tutti noi … e non solo un costo per la società

“è cresciuta con noi e per noi è normale così com'è. Ci sarebbe piaciuto solo saperlo chiaramente dall'inizio”

Le tabelle 25 e 26 coi grafici corrispondenti riportano i dati sulle domande ‚Con chi ne hai

parlato la prima volta in famiglia‛ e ‚con chi al di fuori della famiglia‛, dove si possono

osservare la prevalenza dei genitori come figure di riferimento in famiglia e di amici e

fidanzati al di fuori di essa. Sono particolari i dati di ‚nessuno/era così/mai parlato‛ della

tabella 25 perché riportano le analisi su esplicitate sulla comunicazione implicita in

famiglia intorno al tema della disabilità.

Nella tabella 26 compaiono nella scelta ‚altri, specificare‛ i parenti che avrebbero dovuto

comparire nella tabella 25 all’opzione di risposta ‚parenti‛. Questo dato è interessante,

poiché i ‚parenti‛, oltre ad avere scarsa rilevanza, vengono collocati all’esterno della

famiglia, intesa quindi come famiglia nucleare

Tra i personaggi che compaiono come interlocutori privilegiati della scuola, sono da

evidenziare le insegnanti della scuola elementare.

Padre 38%

Madre 62%

fratello maggiore 6%

fratello minore 2%

Parente 0%

nessuno / era così / mai parlato 21%

Tabella 25: Con chi hai parlato in famiglia

Amici 52%

Insegnante 10%

Materna 0

Elementari 13

Medie 3

Superiori 0

Università 0

Medico 4%

figura oratorio 2%

Fidanzato 10%

altri di cui 7 parenti (nonni zii cugini 11%

Nessuno 0% Tabella 26: Con chi hai parlato fuori della famiglia

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Grafico 22a e 22 b: Con chi ne hai parlato

Sono pochi (4%) i fratelli che segnalano l’alternativa ‚medico‛, presumibilmente in

relazione al momento della comunicazione della diagnosi, o a momenti in cui hanno

accompagnato il proprio fratello alle visite. Gli ‚amici e i fidanzati‛ che compaiono possono

essere il primo indicatore di tutto il questionario che accenna alla vita sociale e affettiva di

questi fratelli e sorelle. Possono rappresentare quel tipo di relazioni intime nelle quali

diventa possibile condivide i propri segreti. Possono rappresentare quei momenti di

confidenza, di scambio affettivo, di ricerca di sostegno e di condivisione, che tra le tante

cose, possono aver veicolato la condivisione della disabilità del fratello e i vissuti ad essa

collegati.

“…non mi importa il giudizio altrui e non vado e non andavo in giro con un cartello con scritto

“ho una sorella Down” ma a chi mi chiedeva ho sempre detto “ho due sorelle e un fratello”

Questa frase descrive la complessità del rapporto con il ‚mondo esterno‛: il giudizio,

sentito al punto da dover essere volutamente ignorato; l’immagine del cartello che

richiama in modo forte l’idea dello stigma sociale (la ‚stella di David‛); il segreto che

diventa la parte non detta di una verità nascosta o sommersa: non si dice una bugia ma,

semplicemente, quando qualcuno chiede informazioni su fratelli e sorelle il pensiero

inevitabilmente corre alla diversità del fratello/sorella, e le parole si fermano prima.

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Dai dati della tabella 27 e dal grafico 23 qui sotto riportati, si possono intravedere

cambiamenti culturali dovuti molto probabilmente agli effetti che ebbe sulle famiglie e sul

dialogo la ‚rivoluzione sociale‛ del ’68 . Chi oggi ha 28 anni o meno è figlio dei figli dei

coautori di questo cambiamento. E’ figlio dei figli dei ‚sessantottini‛. La filosofia che da

quell’epoca emergeva e che si consolidò in quegli anni, dai dati rilevati sembra favorire il

dialogo e l’uscita dall’isolamento famigliare nel quale erano relegati prima le famiglie.

Parlare delle cose e non solo viverle. Le caselle della tabella 27 e le colonne

dell’istogramma del grafico 23 in giallo ne sono l’evidenza con la scelta ‚detto senza averlo

chiesto‛. Sarebbe interessante scoprire quali altri fattori sociali, culturali, storici e politici

hanno inciso nel cambiamento descritto. La legge sull’integrazione scolastica ha

sicuramente contribuito a scardinare l’isolamento delle famiglie ed è ipotizzabile che, se

cominciò ad essere applicata alla fine degli anni’70, gli effetti sociali si siano cominciati a

percepire in modo significativo una generazione dopo.

da solo l'ho

chiesto senza averlo chiesto cresciuti

insieme non lo so Altro

1996-1991 0% 0% 33% 33% 33% 0%

1986-1991 18% 0% 27% 45% 5% 5%

1981-1986 8% 4% 19% 50% 15% 4%

1976-1981 17% 3% 20% 37% 0% 23%

1971-1976 17% 0% 4% 58% 0% 21%

1966-1971 19% 0% 0% 67% 0% 14%

1961-1966 28% 0% 0% 72% 0% 0%

1951-1961 5% 0% 10% 70% 5% 10%

1900-1951 20% 0% 0% 40% 20% 20%

Tabella 27: Incrocio tra anno di nascita e “come hai saputo la prima volta della diagnosi di tuo fratello/sorella”s

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Grafico 23: distribuzione per anno di nascita di “come hai saputo la prima volta della disabilità di tuo

fratello/sorella”

4. Moduli D e E: I compagni di scuola e il contesto lavorativo

Dalla tabella 28 e grafico 24 appare evidente che non ci sono differenze significative tra

quanto si racconta o si viene a sapere, rispetto alla disabilità del fratello, nei contesti

scolastici e lavorativi. Anzi le percentuali sono notevolmente alte e simili: l’adulto giovane

e l’adulto sceglie di . Al lavoro lo fa nel 73% dei casi .

Si tende a pensare che nell’età evolutiva è difficile fare a meno del fatto che i compagni lo

vengano a sapere, poiché generalmente i bambini vivono nello stesso quartiere o paese dei

compagni di scuola. Di fatto nel 32% (tabella 28) dei casi ne sono venuti a conoscenza in

modo ‚naturale‛: perché lo conoscevano.

I compagni di scuola I colleghi di lavoro

si 79% 73%

no 2% 4%

non lo so 6% 3%

non ricordo 4% 0%

Vuoto 9% 20% Tabella 28: “i tuoi compagni di scuola/le persone con cui lavori sanno/sapevano dell’esistenza di tuo

fratello/sorella?”

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Grafico 23: “i tuoi compagni di scuola/le persone con cui lavori sanno/sapevano dell’esistenza di tuo

fratello/sorella?”

I compagni di scuola I colleghi di lavoro

parlato io 47% 59%

lo conoscono o l'hanno visto 32% 25%

non so 13% 1%

altro 5% 1%

ne hanno parlato i miei genitori 1% 0% Tabella 29: “Come ne sono venuti a conoscenza?”

Grafico 24: “Come sono venuti a conoscenza?”

Per l’interpretazione dei dati relativi al ”come ti sei sentito/ti senti” in questi ambienti sociali di

riferimento rispetto alla disabilità del fratello o sorella, abbiamo classificato le risposte in due

categorie: vissuti positivi, che comprende le scelte contento, compreso, a mio agio, appoggiato;

vissuti negativi che include le scelte triste, incompreso, a disagio, deriso (nel contesto scolastico),

osteggiato (nel contesto lavorativo) (tabella 30 e grafico 26).

A scuola coi compagni Nell’ambiente lavorativo

vissuto positivo 53% 67%

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vissuto negativo 23% 6%

libero di parlarne 35% 43%

non libero di parlarne 7% 3%

indifferente 13% 10%

non ricordo 10% 0%

altro 5% 5% Tabella 30: Come sei sentito o ti senti?

Grafico 25: Come ti sei sentito o ti senti?

Da questi dati emerge la prevalenza di “vissuti positivi” e la sensazione di poterne parlare

liberamente con una leggera differenza tra l’ambiente scolastico e quello lavorativo. I vissuti

negativi sono però più presenti nell’esperienza scolastica che in quella lavorativa, con una

differenza di ben 17%. I dati “non ricordo” corrispondo per lo più ai compilatori di età avanzata

che hanno vissuto la scuola tanti anni fa.

6) Modulo F: Osservazioni

Il dato raccolto in risposta alla domanda F1, ‚ti hanno mai raccontato o spiegato di quali servizi

usufruisce tuo fratello/sorella?‛ (tab. 31) si pone come ulteriore conferma di osservazioni

sottolineate in precedenza: tra i fratelli e le sorelle che hanno risposto al questionario molte

sono le persone coinvolte e sensibili, partecipi della vita dei propri fratelli disabili. Il 74%

di fratelli che dichiarano di conoscere in maniera adeguata i servizi di cui usufruisce il

fratello o la sorella disabile ne è ulteriore conferma.

si, in maniera adeguata 74%

sì, ma superficialmente 10%

no, ma mi interesserebbe 1%

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no e non mi interessa 1%

altro 7%

non valido 0%

vuoto 7%

totale 100% Tabella 31:”Ti hanno raccontato o spiegato di quali servizi usufruisce tuo fratello/sorella?”

Grafico 26: Ti hanno raccontato i servizi che usufruisce tuo fratello

A fronte di quest’ultimo dato, e della generale rilevazione dell’alto grado di

coinvolgimento dei fratelli, stupisce che più della metà dei compilatori (90 su 174) non

risponda alla domanda successiva, F2: ‚Ci sono argomenti, attenzioni, aspetti che a tuo avviso

andrebbero presi in considerazione con fratelli o sorelle di persone con disabilità?‛. Delle 84

persone che rispondono, in 6 sembrano fraintendere la domanda e utilizzano lo spazio di

risposta per indicare atteggiamenti e comportamenti che i fratelli ‚sani‛ dovrebbero tenere

nei confronti dei fratelli disabili:

“vivere con loro il maggior tempo possibile, spronarli fin da piccoli in tutte le attività sia motorie che psicologiche, amarli come se fossero normali e non permettergli di approfittare della loro disabilità”

“non vergognarsene mai, sono persone umane non animali e sono venute al mondo per regalare alla loro famiglia tanto amore”

“a mio avviso qualsiasi persona abbia una piccola o grave disabilità si vuole sentire trattato non diversamente dagli altri e quindi occorre metterli a proprio agio in ogni situazione”

Con le dovute cautele che ogni ipotesi merita, potremmo pensare che i fratelli, assuefatti al

pensarsi come ‚quelli che si prendono cura‛, fatichino ad accedere a un immaginario che li

vede ingaggiati, questa volta, come bisognosi di cure e attenzioni.

Riportiamo di seguito tutte le risposte raccolte, raggruppate in categorie:

argomenti, attenzioni, aspetti che andrebbero presi in frequenze

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considerazione futuro 16 sostegno, accompagnamento 11 sostegno alla famiglia 7

sostegno psicologico 2 confronto tra pari 9 confronto 3 “formazione” su tematiche specifiche 8 Informazioni su servizi, leggi, diritti etc. 9 servizi 4 sensibilizzazione culturale 4 sensibilizzazione dei genitori 2 Interventi di “sollievo” 2

Maggiore coinvolgimento di tutti i membri della famiglia

2

altro

7

Nessun aspetto

4 Tabella 32: Ci sono argomenti, attenzioni, aspetti che a tuo avviso andrebbero presi in considerazione con fratelli

o sorelle di persone con disabilità

La risposta che ricorre maggiormente riguarda comprensibilmente la preoccupazione per

il futuro.

“nella società tutto è lasciato alla persona, al nucleo familiare la sanità, le istituzioni finito il loro compito sociale lasciano tutto e a te resta il malato in carico da gestire, curare, proteggerlo, senza un domani CHE SARA' DI NOI?”

In parallelo sembra emergere con forza che i bisogni maggiormente sentiti non riguardano

il supporto ‚materiale‛ ma interessano l’area emotiva: solo 4 persone, sul totale,

richiedono maggiori servizi, dato che stupisce, pensando alla distribuzione per età del

campione e all’attuale offerta di servizi per disabili adulti. La necessità di interventi di

sollievo viene citata solo da due compilatori, mentre la richiesta di informazioni sui servizi

esistenti, su come accedervi, sulla legislazione e i diritti in materia di disabilità, viene

sottolineata da 9 persone.

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Maggiori sono invece le proposte di intervento rispetto alla percezione di un bisogno

legato ad aspetti emotivi e di vissuto. Le parole sostegno, confronto, supporto, declinate in

modi differenti, ricorrono spesso nelle parole dei fratelli: sostegno alla famiglia, sostegno

morale, sostegno nelle fasi dell’adolescenza, supporto psicologico, confronto con chi vive o

ha già vissuto la stessa situazione. Qualcuno cita direttamente un vissuto di solitudine, che

forse il ricercato sostegno potrebbe lenire.

“essere fratelli di un disabile non è una cosa così terribile perché l'affetto per lui è più grande e il legame con lui si sente più forte però non è facile e nessuno ti aiuta ad essere un buon fratello per un disabile” “tantissimi, difficile scriverli la solitudine nella quotidianità e il futuro (anche se chi nel campo ti dice di non pensare al futuro, ma di andare avanti giorno per giorno) e soprattutto la sofferenza emotiva”

“più attenzione a come vivono la situazione fratelli o sorelle in particolare durante la fase pre e adolescenziale” “organizzare momenti ed occasioni di incontro,mutuo aiuto e supporto,soprattutto a favore di ragazzi che vivono momenti di sviluppo molto complessi e sensibili,come l'adolescenza e la pre-adolescenza”

In particolare la possibilità di confrontarsi con chi vive la stessa situazione viene

identificata come aspetto rilevante. Anche le voci che abbiamo riportato come

‚sensibilizzazione culturale‛ (informare gli altri, far comprendere la disabilità) potrebbero

essere emerse a partire da un vissuto emotivo di solitudine, o di incomprensione:

“ci vorrebbe più sostegno e comprensione da parte della società perché che se ne dica la gente vive sempre al di fuori della famiglia che ha un disabile in casa”

Sullo stesso registro le poche ma intense richieste di maggiore attenzione da parte dei

genitori:

“si dovrebbe parlare di più dei fratelli, aiutarli a condividere i vari sensi di colpa, del dovere e

far capire ai genitori che non c'è solo il figlio disabile e che anche gli altri hanno i loro problemi”

Alla voce ‚formazione su tematiche specifiche‛ sono state raccolte per lo più richieste di

approfondimento su aspetti legati alla disabilità - affettività, inserimento sociale, tutela -

che diversi fratelli propongono al fine di intervenire meglio in favore del fratello disabile,

per ‚sapere come fare‛. Altri individuano tra le tematiche degne di approfondimento

aspetti più personali e di vissuto, come le emozioni che vivono i fratelli di una persona

disabile, la vergogna, il confronto con gli atteggiamenti degli altri verso il disabile.

Alla voce ‚altro‛ sono state raccolte risposte generiche, quali ‚si, molti aspetti‛.

Vi sono infine 4 questionari in cui troviamo la risposta ‚no‛: ‚no, perché il mio caso non è

grave‛, ‚no per ora‛.

Riflessioni

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Dalla presente prima indagine sui vissuti delle sorelle e fratelli di persone con disabilità

emergono molte considerazioni. Alcune in questo primo report sono state introdotte, altre

hanno bisogno di maggiore tempo e lavoro statistico (incroci, correlazioni, analisi di

multivariate, ecc.). Consapevoli che tempi così stretti di analisi dei risultati (due settimane)

abbiano potuto creare delle limtazioni di profondità, presentiamo questo primo report

sintetico, come da contratto stabilito, sotto la forma di una prima lettura che servirà di

base al lavoro da seguire.

Come si coglie dai risultati di questo lavoro, la realtà, o meglio, le realtà dei fratelli e

sorelle di persone disabili è complessa e profonda, ma preme per essere vista e presa in

considerazione. Come si accennava già, abbiamo un alto numero di questionari arrivati

oltre la chiusura dell’inserimento dati (che era già in sé stata spostata nel tempo vista la

risposta) e la richiesta di molti servizi di essere coinvolti nel percorso. Questa risposta è

indicatore di un bisogno sentito sia dalle persone che dalle organizzazioni, ma non ancora

preso in carico se non in maniera sporadica.

Per la realizzazione di questa relazione si sono costantemente messe sullo stesso piano gli

aspetti quantitativi che quelli qualitativi. Due filoni complementari che hanno favorito

questa prima lettura descrittiva di alcuni aspetti legati alla relazione tra fratelli e sorelle

quando uno di essi e disabile e gli aspetti narrativi, soggettivi e di vissuto legate alle

domande aperte o alle alternative di risposta ‚altro specificare‛.

Il mondo parallelo o sommerso di questi altri fratelli (vedi cornice teorica), le implicazioni

sulla loro vita, gli effetti diretti (vedi analisi sulle domande sul coinvolgimento personale

nella gestione -dalla B6 alla B10-) e gli effetti indiretti (vedi analisi sulle domande relative ai

moduli C,D e E) della disabilità del fratello o sorella, gli aspetti legati alla comunicazione ed

elaborazione della diagnosi, l’assunzione delle responsabilità in corso di vita (e come esse

cambiano), i ruoli che in famiglia assumono rispetto alla disabilità così come le difficoltà a

fare valere i loro modi di intervenire agli occhi di genitori -che tendono a totalizzare

l’intervento e a prediligere modi che rispettino queste loro aspettative-. Come questi

aspetti, tanti altri sono emersi e possono essere ancora sviluppati. Aspetti di gestione,

legali, burocratici, sociali, educativi, relazionali, psicologici che influenzano il loro vissuto.

Tra questi ultimi emergono sia aspetti positivi di accettazione e di sensazione di normalità

nella naturalità del quotidiano di una famiglia che evolve così come invece per altri si

colgono la rabbia, la vergogna, il desiderio di cancellare questa verità e poter vedere il loro

fratello o sorella senza la disabilità, ecc.

Il dato legato al alto numero (in proporzione) di questionari compilati da persone residenti

nel Comune di Dalmine ove da 4 anni esistono spazio di incontro e confronto per fratelli e

sorelle di disabili, fa pensare che se questa realtà viene presa in considerazione ci sono

degli effetti sulla vita individuale e sociale di questi fratelli e sorelle. Come se iniziative di

quel tipo potessero veicolare non sono un aspetto di condivisione dei vissuti e conseguenti

elaborazioni meno traumatiche, ma ricadesse anche sulla legittimità sociale che

implicitamente viene data alla loro condizione.

Questa cornice di legittimità e di legittimizzazione può dare senso a iniziative come

questa che ha promosso la Provincia di Bergamo. Da questi primi risultati e da quelli che

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si elaboreranno in futuro sulla base di questo lavoro, la Provincia può contribuire alla

costruzione di una cultura dell’accoglienza e della legittimizzazione che favorisca l’uscita

dall’isolamento, dal silenzio e dalla solitudine provocate dallo stigma sociale che non solo pesa

sul disabile ma pesa anche sui suoi famigliari. E trai famigliari no solo sui genitori ma

anche sulla vita dei fratelli e sorelle che spesso vengono lasciati fuori dalle analisi e dagli

interventi.

Bibliografia

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Allegato No.1 :

Questionario definitivo

Provincia di Bergamo Settore Politiche Sociali

ESSERE FRATELLI DI PERSONE CON DISABILITÀ

In collaborazione con Associazione Italiana Persone Down

Coordinamento Bergamasco per l’Integrazione Confcooperative-Federsolidarietà

Centro Isadora Duncan

INFORMAZIONI GENERALI SUL QUESTIONARIO

Il questionario è rivolto a tutti i maggiorenni che hanno un fratello o una sorella con disabilità.

Poiché possono rispondere persone di età molto diverse, alcune domande potrebbero riportare a esperienze di un passato lontano. Può capitare che il ricordo sia un po’ vago, ma qualunque tua indicazione è comunque utile.

Tutte le domande sono importanti, ma non è obbligatorio rispondere. Se non conosci la risposta, non ti ricordi, o preferisci non rispondere passa oltre.

Se hai più di un fratello con disabilità puoi scegliere di riferirti ad uno di loro o di compilare più di un questionario.

Ricorda che solo alle domande in cui le possibili voci di risposta sono indicate da caselle quadrate puoi indicare più di una risposta.

- RESTITUIRE ENTRO IL 15 giugno 2009 via fax al numero 035/387659 oppure per posta elettronica all’indirizzo [email protected] oppure riconsegnando il cartaceo alla persona che ve l’ha consegnato

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A - Informazioni generali su chi risponde al questionario

A1. Anno di nascita __________

A2. Genere:

1 maschio 2 femmina

A3. Comune di residenza ___________________________________ A4. Principale attività

1 studente 2 lavoratore dipendente/coordinato 3 lavoratore autonomo 4 disoccupato 5 casalinga 6 altro, specificare: _____________________________________

A5. Titolo di studio

1 scuole elementari 2 scuole medie 3 scuole superiori 4 formazione Tecnica 5 laurea 6 altro, specificare: _____________________________________

A5. Con chi vivi oggi

1 con la famiglia di origine (genitori e fratelli) 2 con il partner, 3 con il partner e con i figli 4 da solo 5 altro, specificare ______________________________________

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B - Informazioni sulla famiglia di origine

B1. Informazioni sui tuoi genitori

anno di nascita

vivente?

eventuali informazioni che ritieni significativo segnalare

(separazione, divorzio, malattie importanti, ecc.)

abita con te

sì no sì no

madre

padre

B2. Informazioni sui tuoi fratelli (tutti)

anno di nascita

genere con disabilità vivente?

abita con te

maschio femmina sì no si no si no

B3. Chi si occupa maggiormente di tuo fratello o sorella con disabilità?

1 padre 2 madre 3 io 4 altri fratelli o sorelle maggiori di me 5 altri fratelli o sorelle minori di me 6 non lo so 7 altri, specificare _________________________________________

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B4. Chi è il suo tutore o amministratore di sostegno?

1 padre 2 madre 3 io 4 altri fratelli o sorelle maggiori di me 5 altri fratelli o sorelle minori di me 6 non lo so 7 altri, specificare _________________________________________

B5. Se chi si occupa di tuo fratello/sorella non potesse più farlo, chi se ne farebbe

carico?

1 io 2 altri fratelli o sorelle maggiori di me 3 altri fratelli o sorelle minori di me 4 altri parenti 5 amici 6 un’istituzione/Ente pubblico 7 non voglio pensarci 8 non lo so 9 non abbiamo mai parlato di questo 10 non è un mio problema 11 altro, specificare _________________________________________

B6. Quanto dai una mano nella gestione quotidiana di tuo fratello o sorella?

1 molto 2 abbastanza 3 poco 4 per niente 5 non ci ho mai pensato 6 non lo so

B7. Quali sono quegli aspetti in cui intervieni? ________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________ B8. Quanto intervieni o decidi nelle scelte relative alla vita di tuo fratello o sorella?

1 molto 2 abbastanza 3 poco 5 per niente 6 non ci ho mai pensato 7 non lo so

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B9. Quali sono le scelte in cui sei coinvolto?

_______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ B10. Questi compiti o responsabilità influenzano la tua vita quotidiana?

1 molto 2 abbastanza 3 poco 5 per niente 6 non ci ho mai pensato 7 non lo so

B11. Descrivi tuo fratello o sorella disabile con parole semplici (caratteristiche, qualità, difficoltà).

_______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ B12. Conosci la diagnosi della disabilità di tuo fratello /sorella?

1 sì, e la ricordo 2 la sapevo ma non la ricordo 3 no 4 non so rispondere

B13. Se hai risposto sì, scrivila per come la ricordi

_______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________

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C - La scoperta della disabilità

C1. Come hai saputo la prima volta della disabilità di tuo fratello/sorella?

1 l’ho capito da solo 2 ho chiesto a qualcuno 3 mi è stato detto da qualcuno senza averlo chiesto 4 siamo cresciuti insieme ed era evidente 5 non lo so / non mi ricordo 6 altro, specificare: ___________________________________________________

C2. Se l’hai saputo da qualcuno, da chi?

1 da un membro della mia famiglia 2 da una persona esterna, specificare: ___________________________________

C3. Avresti voluto saperlo in un altro modo?

1 sì 2 no 3 non lo so

C4. Se hai immaginato una situazione diversa, racconta brevemente come e cosa ti

sarebbe piaciuto ti venisse detto a riguardo di tuo fratello/sorella? (da parte di chi, quando, in che modo, ecc.)

_______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________

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C5. Con chi ne hai parlato la prima volta nella tua famiglia?

1 con il papà 2 con la mamma 3 con un fratello/sorella maggiore 4 con un fratello/sorella minore 5 con un parente, specificare: __________________________________________ 6 con nessuno / era così, non ne abbiamo mai parlato

C6. Con chi ne hai parlato la prima volta al di fuori della tua famiglia?

1 con amici/amiche 2 con un’insegnante (della 2a materna / 2b elementari / 2c medie / 2d superiori / 2e università) 4 con un medico 5 con figure dell’oratorio, specificare: ____________________________________ 7 con il fidanzato/a 8 con altri, specificare: _______________________________________________ 6 con nessuno

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D - I compagni di scuola

D1. I tuoi compagni di scuola sanno o sapevano dell’esistenza di tuo fratello /

sorella?

1 sì 2 no 3 non lo so 4 non ricordo

D2. Come ne sono venuti a conoscenza?

1 gliene ho parlato io 2 gliene hanno parlato i miei genitori con il mio consenso 3 gliene hanno parlato i miei genitori senza il mio consenso 4 lo conoscono / era così, non ne abbiamo mai parlato 5 non ricordo 6 altro, specificare: ________________________________________________

D3. Se i tuoi compagni lo sapevano, come ti sei sentito nei loro confronti? (segna solo le voci in cui ti riconosci)

1 compreso 2 incompreso 3 appoggiato 4 deriso 5 contento 6 triste 7 a mio agio 8 a disagio 9 libero di parlarne 10 non libero di parlarne 11 indifferente 12 non ricordo 13 altro, specificare: ________________________________________________

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E – Contesto lavorativo (Rispondere solo se lavori)

E1. Le persone con cui lavori, sanno della disabilità tuo fratello/sorella?

1 sì 2 no 3 non lo so

E2. Se sì, come ne sono venuti a conoscenza?

1 gliene ho parlato io 2 lo conoscono 3 l’hanno visto 4 non lo so 5 altro, specificare: ________________________________________________

E3. Se i tuoi colleghi lo sanno, come ti senti nei loro confronti?

1 compreso 2 incompreso 3 appoggiato 4 osteggiato 5 contento 6 triste 7 a mio agio 8 a disagio 9 libero di parlarne 10 non libero di parlarne 11 indifferente 12 non ricordo 13 altro, specificare: ________________________________________________

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F – Osservazioni

F1 I tuoi genitori, o altre persone, ti hanno mai raccontato o spiegato di quali servizi

usufruisce tuo fratello/sorella?

1 si, in maniera adeguata 2 sì, ma superficialmente 3 no, ma mi interesserebbe saperne di più 4 non e non mi interressa 5 altro, specificare: __________________________________________________

F2 Ci sono degli argomenti, delle attenzioni, degli aspetti che a tuo avviso

andrebbero presi in considerazione con fratelli o sorelle di persone con disabilità?

_______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________