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MARKETING SOCIALE alcune definizioni Per marketing sociale si intende la progettazione, la realizzazione ed il controllo dei programmi finalizzati ad aumentare laccettabilità di una causa o di un’idea sociale. Esso utilizza i concetti della segmentazione del mercato, della facilitazione, degli incentivi e della teoria dello scambio per massimizzare la risposta del gruppo obiettivo”. Viene definito anche come linsieme di attività intraprese da unorganizzazione per creare, mantenere e modificare gli atteggiamenti e i comportamenti collettivi in vista di valori socialmente condivisiIl marketing sociale può anche essere definito come l'utilizzo delle strategie e delle tecniche del marketing per influenzare un gruppo target ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso Il marketing sociale è unattività finalizzata a produrre cambiamenti sociali nellinteresse collettivo attraverso la promozione di idee e comportamenti Le origini del MKT sociale Il termine social marketing fu utilizzato per la prima volta nel 1971 da Kotler e Zaltman in un articolo del Journal of Marketing per descrivere lutilizzo dei principi e delle tecniche di marketing per promuovere una causa, unidea o un comportamento di interesse collettivo Nei decenni successivi, il crescente interesse e lutilizzo dei concetti, degli strumenti e delle pratiche del marketing sociale hanno spaziato dallambito della salute e della sicurezza pubblica a questioni riguardanti lambiente e la collettività. MKt sociale e Mkt noprofit Se ogni iniziativa di marketing sociale costituisce un esempio di marketing no profit, non è sempre vero linverso: vi sono infatti diversi tipi di organizzazioni senza fini di lucro che si servono dei principi e delle tecniche del marketing senza tuttavia intraprendere iniziative di marketing sociale. Alcune organizzazioni no profit, infatti, svolgono attività produttive che le rendono molto più simili alle imprese private (come le cooperative di consumo). Mkt sociale e societal mkt Mentre negli Stati Uniti la distinzione tra sociale societalsi è affermata attraverso l utilizzo di due attributi diversi, in Italia si continua ad utilizzare lespressione marketing sociale, comparsa per la prima volta nel 1973, con differenti significati in relazione ai contesti duso. Il societalmarketing affermacheilcompitodi unimpresa è quello di determinare i bisogni, i desideri e gli interessi dei mercati obiettivo e di procedere al loro soddisfacimento più efficacemente ed efficientemente dei concorrenti, secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della società(Kotler, 1986, p. 36). Ci si riferisce quindi, con questa accezione, al concetto di responsabilità sociale d’impresa.

MARKETING SOCIALE Alcune Definizioni

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MARKETING  SOCIALE  alcune  definizioni  Per  marketing  sociale  si  intende  “la  progettazione,  la  realizzazione  ed  il  controllo  dei  programmi  finalizzati  ad  aumentare  l’accettabilità  di  una  causa  o  di  un’idea  sociale.  Esso  utilizza  i  concetti  della  segmentazione  del  mercato,  della  facilitazione,  degli  incentivi  e  della  teoria  dello  scambio  per  massimizzare  la  risposta  del  gruppo  obiettivo”.  Viene  definito  anche  come  “l’insieme  di  attività  intraprese  da  un’organizzazione  per  creare,  mantenere  e  modificare  gli  atteggiamenti  e  i  comportamenti  collettivi  in  vista  di  valori  socialmente  condivisi”      Il  marketing  sociale  può  anche  essere  definito  come  l'utilizzo  delle  strategie  e  delle  tecniche  del  marketing  per  influenzare  un  gruppo  target  ad  accettare,  modificare  o  abbandonare  un  comportamento  in  modo  volontario,  al  fine  di  ottenere  un  vantaggio  per  i  singoli  individui  o  la  società  nel  suo  complesso      Il  marketing  sociale  è  un’attività  finalizzata  a  produrre  cambiamenti  sociali  nell’interesse  collettivo  attraverso  la  promozione  di  idee  e  comportamenti        Le  origini  del  MKT  sociale  Il  termine  social  marketing  fu  utilizzato  per  la  prima  volta  nel  1971  da  Kotler  e  Zaltman  in  un  articolo  del  Journal  of  Marketing  per  descrivere  l’utilizzo  dei  principi  e  delle  tecniche  di  marketing  per  promuovere  una  causa,  un’idea  o  un  comportamento  di  interesse  collettivo      Nei  decenni  successivi,  il  crescente  interesse  e  l’utilizzo  dei  concetti,  degli  strumenti  e  delle  pratiche  del  marketing  sociale  hanno  spaziato  dall’ambito  della  salute  e  della  sicurezza  pubblica  a  questioni  riguardanti  l’ambiente  e  la  collettività.        MKt  sociale  e  Mkt  noprofit    Se  ogni  iniziativa  di  marketing  sociale  costituisce  un  esempio  di  marketing  no  profit,  non  è  sempre  vero  l’inverso:  vi  sono  infatti  diversi  tipi  di  organizzazioni  senza  fini  di  lucro  che  si  servono  dei  principi  e  delle  tecniche  del  marketing  senza  tuttavia  intraprendere  iniziative  di  marketing  sociale.  Alcune  organizzazioni  no  profit,  infatti,  svolgono  attività  produttive  che  le  rendono  molto  più  simili  alle  imprese  private  (come  le  cooperative  di  consumo).      Mkt  sociale  e  societal  mkt  Mentre  negli  Stati  Uniti  la  distinzione  tra  “social”  e  “societal”  si  è  affermata  attraverso  l’utilizzo  di  due  attributi  diversi,  in  Italia  si  continua  ad  utilizzare  l’espressione  marketing  sociale,  comparsa  per  la  prima  volta  nel  1973,  con  differenti  significati  in  relazione  ai  contesti  d’uso.      Il  societalmarketing  affermache“ilcompitodi  un’impresa  è  quello  di  determinare  i  bisogni,  i  desideri  e  gli  interessi  dei  mercati  obiettivo  e  di  procedere  al  loro  soddisfacimento  più  efficacemente  ed  efficientemente  dei  concorrenti,  secondo  modalità  che  preservino  o  rafforzino  il  benessere  del  consumatore  e  della  società”  (Kotler,  1986,  p.  36).  Ci  si  riferisce  quindi,  con  questa  accezione,  al  concetto  di  responsabilità  sociale  d’impresa.                        

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Mkt  sociale  e  Mkt  commerciale  Sebbene  il  marketing  sociale  utilizzi  gli  stessi  principi  e  tecniche  del  marketing  commerciale,  esso  se  ne  differenzia  profondamente  rispetto  a  valori  e  finalità.    

• Una  differenza  fondamentale  riguarda  il  tipo  di  prodotto  venduto:  nel  marketing  commerciale  si  vendono  beni  e  servizi,  nel  marketing  sociale  “si  vendono”  idee/comportamenti  desiderati  e  condivisi.      

• Nel  marketing  commerciale  chi  vende  ricerca  generalmente  un  vantaggio  di  natura  economica;  nel  marketing  sociale  l’obiettivo  principale  è  invece  ottenere  un  beneficio  collettivo  per  i  destinatari  del  progetto.      

• Nel  marketing  commerciale,  incentrato  sulla  vendita  di  beni  e  servizi,  i  competitors  vengono  identificati  con  le  altre  imprese  che  offrono  prodotti/servizi  simili  o  che  intendono  soddisfare  bisogni  simili  dei  consumatori.  Nel  marketing  sociale,  focalizzato  invece  sulla  promozione  di  un’idea/comportamento,  la  competizione  riguarda  l’idea/comportamento  adottato  o  preferito  dal  gruppo  target  e  i  benefici  ad  esso  associati.      

• Nel  marketing  commerciale  il  criterio  primario  per  la  scelta  del  gruppo  obiettivo  cui  rivolgersi  è  quello  dei  volumi  di  vendita,  si  sceglie  cioè  il  gruppo  più  profittevole;  nel  marketing  sociale  i  gruppi  obiettivo  sono  scelti  in  base  a  una  serie  di  criteri,  tra  i  quali  la  disponibilità  al  cambiamento  da  parte  del  gruppo,  la  rilevanza  di  un  problema  sociale,  la  raggiungibilità  del  gruppo  obiettivo.      

Nonostante  le  differenze,  esistono  anche  molti  aspetti  comuni  ai  due  modelli  di  marketing.    • Criticità  dell’orientamento  al  cliente:  ciò  che  viene  offerto  dovrà  incontrare  l’

interesse  del  gruppo  target,  risolvere  un  suo  problema  o  soddisfare  un  suo  bisogno/desiderio.      

• Importanza  della  Teoria  dello  scambio:  il  gruppo  obiettivo  deve  percepire  dei  benefici  che  eguagliano  o  superano  i  costi  associati  al  comportamento  che  metterà  in  atto.      

• La  ricerca  di  marketing  viene  effettuata  lungo  tutto  il  processo:  solo  attraverso  la  ricerca  e  la  comprensione  degli  specifici  bisogni,  desideri,  credenze  e  atteggiamenti  del  gruppo  target  si  possono  progettare  strategie  efficaci.      

• Segmentazione  della  popolazione.  Le  strategie  devono  essere  attentamente  pianificate  sulla  base  degli  specifici  desideri,  bisogni,  risorse  e  comportamenti  dello  specifico  segmento  individuato.    

• Considerare  tutte  le  “4P”.  Una  strategia  vincente  richiede  un  approccio  integrato,  che  utilizzi  tutti  gli  strumenti  a  disposizione,  evitando  di  fare  affidamento  solo  sulla  pubblicità  o  sulla  comunicazione  persuasiva.      

• Misurare  i  risultati  ed  utilizzarli  per  migliorare.  I  feedback  che  si  ottengono  quando  si  misurano  i  risultati  di  un  progetto  di  marketing  devono  costituire  il  punto  di  partenza  per  il  miglioramento.        

 Gli  obiettivi  di  una  campagna  di  mkt  sociale  Cambiamento  cognitivo:  lo  scopo  è  quello  di  creare  consapevolezza  e  conoscenza,  generare  quindi  un  cambiamento  solo  a  livello  cognitivo.      Cambiamentod’azione:l’obiettivoèindurreil  massimo  numero  possibile  di  persone  a  compiere  una  specifica  azione  entro  un  determinato  periodo  di  tempo.  È  un  obiettivo  più  arduo  rispetto  al  precedente  perché  si  devono  fornire  delle  informazioni  e  sulla  base  di  queste  gli  individui  devono  essere  pronti  a  compiere  una  specifica  azione.    Cambiamento  comportamentale:  la  finalità  è  indurre  gli  individui  a  modificare  certi  aspetti  del  proprio  comportamento  per  la  salvaguardia  del  proprio  benessere.  Le  persone  devono  

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abbandonare  certe  abitudini  consuete,  apprenderne  nuove  e  mantenere  i  nuovi  modelli  di  comportamento.      Cambiamento  di  valori:  si  cerca  di  modificare  valori  e  opinioni  profondamente  radicati  che  alcuni  individui  presentano  rispetto  ad  alcuni  argomenti  o  situazioni.  È  in  assoluto  il  cambiamento  più  difficile  da  promuovere.        La  pianificazione  di  una  campagna  di  mkt  sociale  

• Le  fasi  della  pianificazione  di  una  campagna  di  marketing  sociale  ricalcano  il  processo  di  marketing  attuato  dalle  imprese  per  la  commercializzazione  di  prodotti  e  servizi.      

• La  gestione  del  processo  di  pianificazione  di  marketing  si  articola  in  alcune  fasi  essenziali:      

. 1)    analisi  del  macroambiente  e  del  microambiente;      

. 2)    sviluppo  del  piano  di  marketing;      

. 3)    implementazione  del  piano  di  marketing;      

. 4)    controllo  e  valutazione  dell’efficacia  dell’azione  di  marketing.        Le  ricerche  di  mkt  All’interno  di  questo  processo  un  ruolo  fondamentale  assumono  le  ricerche,  uno  degli  strumenti  principali  che  contraddistinguono  l’approccio  di  marketing.      Le  ricerche  di  marketing  intervengono  in  ogni  fase  del  processo  di  pianificazione,  attuazione  e  controllo,  fornendo  una  serie  di  dati  che  costituiscono  il  punto  di  riferimento  principale  di  ogni  decisione  e  che  riducono  l’incertezza  sui  risultati  delle  scelte  effettuate.      Devono  essere  svolte  prima  dell’inizio  del  programma  di  marketing  (ricerche  per  la  definizione  del  problema,  la  selezione  degli  obiettivi,  ecc.),  durante  l’attuazione  del  piano  (verifiche  sull’impatto  e  sul  corretto  svolgimento  dei  programmi  d’azione),  alla  fine  dell’azione  di  marketing  (ricerche  per  determinare  i  risultati  e  valutare  l’efficacia  del  piano).      La  ricerca  di  marketing  prevede:    -­‐    la  definizione  del  problema  e  lo  sviluppo  delle  ipotesi;      -­‐    il  disegno  di  ricerca;      -­‐    la  raccolta  dei  dati;      -­‐    l’analisi  dei  dati  e  l’interpretazione  dei  risultati.      Finalità  delle  ricerche  di  marketing:    -­‐    definire  gli  obiettivi  dell’azione  di  marketing    -­‐    individuare  barriere  e  benefici  connessi  alla  promozione  del  comportamento  desiderato;      -­‐    identificare  i  potenziali  “concorrenti”,  cioè  coloro  che  promuovono  il  comportamento  alternativo  a  quello  proposto;      -­‐    mettere  a  punto  un  piano  per  il  monitoraggio  e  la  valutazione  dei  risultati  della  campagna  di  marketing.      Esistono  tre  categorie  cui  ricondurre  le  diverse  modalità  di  ricerca  di  mercato  e  sono  le  ricerche  esplorative,  descrittive  e  correlazionali.                    

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Le  fasi  della  pianificazione  Analisi  del  macro  e  microambiente  L’obiettivo  di  questa  fase  preliminare  è  quello  di  approfondire  l’ambiente  economico,  sociale,  culturale,  politico,  la  domanda  e  la  concorrenza,  allo  scopo  di  individuare  potenziali  forze  (demografiche,  economiche,  tecnologiche,  politico-­‐legali  e  socio-­‐culturali)  in  grado  di  sostenere  le  idee,  i  comportamenti  e  i  valori  favorevoli  o  contrari  all’azione  di  marketing  sociale  che  si  vuole  realizzare.    Si  cerca  di  identificare  punti  di  debolezza,  punti  di  forza,  opportunità  e  minacce  del  micro  e  del  macro  ambiente  di  riferimento.  →  Fase  definita  SWOT  analysis    Questa  analisi  permette  di  definire  gli  obiettivi  specifici  del  progetto  e  di  scegliere  gli  utenti  target,  dei  quali  bisogna  conoscere  desideri,  abitudini,  credenze,  intenzioni  di  comportamento  attuali  e  potenziali,  sia  per  descriverli  correttamente,  sia  per  calibrare  gli  obiettivi  in  modo  che  siano  raggiungibili.      Sviluppo  di  un  piano  di  mkt  Dopo  aver  segmentato  il  mercato  in  gruppi  di  consumatori  omogenei  per  alcune  caratteristiche,  si  passa  alla  scelta  dei  gruppi  obiettivo  che  si  vogliono  raggiungere.      Il  passo  successivo,  anche  nel  caso  del  marketing  sociale,  è  quello  di  posizionare  il  “prodotto”  offerto  all’interno  di  ogni  segmento  (o  del  singolo  segmento  prescelto),  cioè  identificare  e  selezionare  i  vantaggi  competitivi  e  rendere  efficacemente  percepibile  al  consumatore  il  valore  dell’offerta  in  rapporto  a  quella  dei  concorrenti.  L’individuazione  di  un  vantaggio  competitivo  può  coinvolgere  qualsiasi  variabile  del  marketing  mix  e  impone  di  far  leva  sulla  comunicazione  per  evidenziare  e  far  conoscere  al  consumatore  il  valore  dell’offerta.      Dalle  scelte  strategiche  compiute  nella  fase  di  segmentazione  e  posizionamento  dipenderà  l’elaborazione  delle  tattiche  dei  programmi  di  azione  che  coinvolgono  l’insieme  degli  strumenti  di  marketing  mix.      Gli  elementi  del  marketing  mix  (prezzo,  prodotto,  distribuzione,  promozione)  rappresentano  gli  strumenti  che  consentono  di  tradurre  gli  obiettivi  e  le  decisioni  strategiche  in  specifici  programmi  d’azione,  in  funzione  dei  segmenti  obiettivo  prescelti.  Oltre  a  tali  elementi  tradizionali,  non  va  dimenticato  che  nel  caso  in  cui  siano  offerti  anche  dei  servizi,  si  devono  considerare  anche  altre  variabili,  quale  il  fattore  umano  (personale).      Le  scelte  effettuate  per  ogni  variabile  del  marketing  mix  devono  risultare  coerenti  e  integrate  tra  loro  per  garantire  l’efficacia  dell’azione  di  marketing.                                      

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Sviluppo  di  un  piano  di  mktsociale  Il  prodotto  Nel  marketing  sociale  il  prodotto  è  rappresentato  principalmente  da  un’idea  (ad  es.  il  fumo  fa  male),  offerta  al  fine  di  provocare  un  cambiamento  comportamentale  (ad  es.  smettere  di  fumare)  e  talvolta  insieme  ad  un  prodotto  tangibile  (ad  es.  una  gomma  da  masticare  alla  nicotina)  o  a  un  servizio  (ad  es.  gruppi  di  consulenza  e  aiuto  per  smettere  di  fumare).  Legare  un’idea  a  prodotti  concreti  e  servizi  consente  di  rendere  l’offerta  più  tangibile  e  attraente  agli  occhi  del  target  group  che  si  vuole  raggiungere.    Esistono  tre  livelli  che  è  utile  definire  in  fase  di  progettazione  del  prodotto:  il  core  product,  l’actual  product  e  l’augmented  product    Il  cuore  o  anima  del  prodotto  (core  product)  è  costituito  dai  vantaggi  che  l’utenza  desidera  o  si  aspetta  di  avere  in  cambio  dell’adozione  del  comportamento  proposto  nella  campagna.  Tali  vantaggi  dovranno  essere  promossi  e  costituire  l’elemento  centrale  della  campagna  di  marketing  sociale.  Oltre  a  considerare  i  benefici  derivanti  dall’adozione  del  comportamento  presentato,  andranno  anche  evidenziati  i  costi  del  comportamento  in  competizione  (ad  esempio  smettere  di  fumare  porta  a  migliorare  le  proprie  prestazioni  sportive,  a  respirare  meglio  –  benefici  associati  al  comportamento  desiderato  –  ma  anche  a  non  spendere  i  soldi  necessari  all’acquisto  delle  sigarette  –  costo  del  comportamento  alternativo  –  ).    La  proposta  e  l’importanza  di  rivedere  la  componente  “prodotto”  del  marketing  mix  in  termini  di  valore  percepito  dal  cliente  risale  a  Lauterborn  (1990),  che  suggerì  di  ridefinire  le  “4P”  del  marketing  mix  in  “4C”  (Consumer  Wants  and  Needs,  Consumer  Cost,  Convenience,  Communication),  dove  la  prospettiva  del  cliente  assume  un  ruolo  centrale.    Il  prodotto  reale  (actual  product)  è  il  comportamento  promosso,  l’oggetto  della  comunicazione,  ed  è  definito  in  maniera  specifica  (ad  esempio  in  una  campagna  per  la  prevenzione  delle  malattie  cardiovascolari,  fare  non  meno  di  30’  di  moto  al  giorno).  Tale  comportamento  è  necessario  per  ottenere  i  benefici  del  core  product,  per  questo,  al  fine  di  massimizzare  la  probabilità  di  successo  della  campagna  di  marketing  sociale  il  comportamento  reale  deve  essere  visto  come  uno  strumento  che  permetterà  agli  utenti  di  ottenere  per  loro  stessi  benefici  di  notevole  valore  percepito.  Fanno  parte  del  prodotto  reale  anche  eventuali  sponsor  e  slogan  adottati  per  promuovere  l’oggetto  della  campagna,  i  quali  influenzano  la  credibilità  del  messaggio  persuasivo,  a  sua  volta  funzione  dell’esperienza,  dell’affidabilità  e  della  gradevolezza  della  fonte.    Il  prodotto  esteso  (augmented  product)  è  l’insieme  di  tutti  i  beni  tangibili  e  dei  servizi  che  accompagnano  il  prodotto  vero  (ad  esempio  l’attivazione  di  una  linea  telefonica  a  sostegno  di  chi  vuole  smettere  di  fumare).  Essi  rappresentano  fattori  critici  di  successo  per  la  campagna  di  marketing  perché:    

• a)    favoriscono  l’eliminazione  di  eventuali  barriere  all’adozione  del  comportamento  desiderato  (ad  esempio  attraverso  mappe  dettagliate  del  servizio  di  trasporti  comunale  in  una  campagna  sulla  mobilità  sostenibile);      

• b)    sostengono  l’adozione  del  comportamento  nel  lungo  periodo  (ad  esempio  attraverso  un  software  per  stimare  i  risultati  attesi  dell’attività  fisica);      

• c)    promuovono  un’immagine  “vincente”  delle  persone  che  adottano  il  comportamento  proposto;      

• d)  creano  un  marchio  che  si  possa  ricordare  facilmente.            

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Sviluppo  di  un  piano  mkt  sociale  Il  prezzo    In  ogni  scambio  di  marketing  il  consumatore  sa  di  dover  pagare  un  prezzo  per  ottenere  il  prodotto,  cioè  ciò  che  viene  offerto  e  i  suoi  benefici.  Dal  punto  di  vista  del  consumatore  il  prezzo  è  rappresentato  sia  dai  costi  monetari  sia  dai  costi  non  economici  e  si  identifica  con  l’insieme  dei  costi  percepiti,  cioè  con  qualsiasi  tipo  di  risultato  negativo  che  secondo  il  consumatore  può  derivare  dallo  scambio.      Nel  marketing  sociale  i  costi  non  monetari  hanno  un’influenza  predominante  in  quanto,  solitamente,  per  l’adozione  di  un’idea  o  di  un  comportamento  non  viene  richiesto  un  pagamento  in  denaro.  È  quindi  importante  per  il  successo  della  campagna  di  marketing  sociale  riuscire  a  minimizzare  i  costi  percepiti,  che  costituiscono  delle  barriere  all’azione.      Secondo  Kotler  e  Lee  incentivi  e  controincentivi  di  tipo  monetario  e  o  psicologico  agiscono  su  comportamento  atteso,  come  utilizzare  gli  incentivi  per  aumentare  o  migliorare  l’appetibilità  del  nostro  core  product  o  per  ridurre  i  costi  monetari/psicologici  legati  al  comportamento  atteso,  e  agiscono  sui  comportamenti  alternativi  come  aumentare  i  costi  monetari  e/o  psicologici  dei  comportamenti  alternativi    L’aumento  e  la  riduzione  di  costi  monetari  è  pratica  frequente  nel  marketing  tradizionale    Nel  marketing  sociale  è  strategia  molto  comune  ridurre  o  azzerare  il  prezzo  degli  augmented  products  realizzati      Gemünden  ha  suggerito  alcune  modalità  per  ridurre  il  rischio  percepito  di  andare  incontro  a  perdite  durante  l’adozione  del  comportamento  desiderato:    1)    se  il  rischio  percepito  è  psicologico  è  necessario  sviluppare  prodotti  sociali  che  elargiscano  ricompense  psicologiche;      2)    se  il  rischio  percepito  è  di  natura  sociale  o  fisica  è  utile  far  sponsorizzare  la  campagna  rispettivamente  da  enti  prestigiosi  e  riconosciuti  per  il  loro  impegno  sociale  (ad  esempio  Greenpeace)  o  per  la  loro  competenza  medica  (ad  esempio  l’Associazione  Medici  Dentisti  Italiani);      3)    se  il  rischio  percepito  riguarda  l’utilizzo  di  un  servizio  o  di  un  bene  tangibile,  la  strategia  migliore  è  fornire  la  possibilità  di  provare  il  bene/servizio  stesso.        Sviluppo  di  un  piano  mkt  sociale  L’acessibilità  del  prodotto(distribuzione)  Nel  marketing  commerciale  ci  si  riferisce  generalmente  ai  canali  di  distribuzione  del  prodotto  e/o  al  luogo  in  cui  esso  viene  offerto.      Nel  marketing  sociale  essa  può  essere  definita  come  “il  luogo  e  il  momento  in  cui  il  gruppo  obiettivo  metterà  in  atto  il  comportamento  desiderato  e  riceverà  eventuali  oggetti  tangibili  e  servizi  ad  esso  associati”    L’accessibilità  del  comportamento  desiderato  e  dei  prodotti/servizi  ad  esso  collegati  deve  necessariamente  essere  considerata  da  chi  progetta  una  campagna  di  marketing  sociale.  L’efficacia  di  tali  campagne,  infatti,  è  molto  spesso  limitata  dalla  difficoltà  incontrata  dagli  utenti  nel  raggiungere  fisicamente  il  luogo  in  cui  agire  il  comportamento  desiderato  o  in  cui  usufruire  dei  suoi  “augmented  products”.  L’obiettivo  è  dunque  quello  di  facilitare  l’adozione  del  comportamento  desiderato.      Kotler  e  Lee  (2008)  hanno  recentemente  sviluppato  un  decalogo  delle  strategie  per  la  distribuzione  del  prodotto  sociale.    -­‐  Avvicinare  la  location.  In  una  campagna  sociale  per  la  sensibilizzazione  e  la  donazione  del  sangue,  potrebbe  essere  utile  predisporre  dei  laboratori  medici  mobili,  che  stazionino  vicino  a  centri  di  aggregazione,  dove  poter  effettuare  almeno  le  analisi  iniziali.    

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-­‐  Estendere  l’orario  in  cui  l’utente  designato  può  mettere  in  atto  il  comportamento  desiderato  o  usufruire  dei  prodotti/servizi  ad  esso  collegati.  Tale  strategia  è  alla  base  di  tutte  le  linee  telefoniche  attivate  per  supportare  le  campagne  di  marketing  sociale.    -­‐    Essere  presenti  al  momento  della  decisione.  Questa  strategia  è  talvolta  di  difficile  realizzazione,  non  è  infatti  possibile  essere  presenti  ad  esempio  durante  la  scelta  di  un  utente  di  bere  bevande  alcoliche  piuttosto  che  analcoliche  nel  corso  di  una  serata  in  discoteca.  Si  possono  tuttavia  predisporre  degli  accorgimenti,  quali  ad  esempio  la  possibilità  per  gli  utenti  di  effettuare  un  controllo  del  tasso  alcolemico  all’uscita  della  discoteca.      -­‐    Rendere  la  location  più  attraente.  Un  esempio  classico  e  allo  stesso  tempo  disatteso  nel  nostro  Paese  è  la  barriera  all’utilizzo  delle  biciclette  per  gli  spostamenti  quotidiani  dovuta  all’assenza  di  una  rete  di  piste  ciclabili  realmente  attraente.  Tali  piste,  per  essere  attraenti,  dovrebbero  il  più  possibile  proporre  percorsi  brevi,  interconnessi  e  distanti  dal  traffico  automobilistico  di  massa.      -­‐  Superare  le  barriere  psicologiche  legate  alla  distribuzione.  Spesso,  tra  le  barriere  più  difficili  da  superare,  vi  sono  anche  la  timidezza  o  la  vergogna;  aderire  infatti  ad  una  campagna  di  marketing  sociale  implica  l’ammissione  di  aver  avuto  in  passato  comportamenti  socialmente  indesiderabili.  Per  tale  motivo  può  essere  utile  predisporre  un  primo  contatto  impersonale,  anonimo  o  riservato,  come  avviene  ad  esempio  presso  l’associazione  “Alcolisti  anonimi”.      -­‐    Essere  più  accessibili  della  concorrenza.  Uno  dei  fattori  che  hanno  guidato  il  successo  delle  iniziative  di  car-­‐pooling  negli  Stati  Uniti  è  stata  la  possibilità  di  utilizzare  corsie  e  parcheggi  riservati  ad  alto  valore  percepito.      -­‐    Rendere  il  comportamento  concorrente  più  difficile.  Un  esempio  concreto  in  proposito  è  rappresentato  dalla  decisione,  tanto  contestata  quanto  efficace,  dello  Stato  di  Washington  (USA)  di  vietare  il  fumo  nel  raggio  di  5  metri  dall’ingresso  di  locali  pubblici.  A  seguito  di  ciò,  si  è  rilevato  nel  2005  che  nello  Stato  di  Washington  fumava  solo  il  17,6%  della  popolazione,  uno  dei  tassi  più  bassi  degli  USA.      -­‐    Essere  presenti  dove  gli  utenti  target  fanno  compere  o  si  ritrovano.  Ad  esempio,  campagne  di  sensibilizzazione  sugli  effetti  dannosi  del  fumo  potrebbero  essere  utilmente  collocate  nei  centri  commerciali,  nei  cinema,  nei  bar  e  nei  centri  di  aggregazione  giovanili  quali  gli  oratori  o  le  piazze  cittadine.      -­‐  Integrarsi  con  i  canali  di  distribuzione  esistenti.  Ad  esempio,  per  attività  educative  che  riguardano  i  giovani  è  particolarmente  opportuno  coordinarsi  con  i  “canali  di  distribuzione”  educativa  più  efficaci,  dunque  la  scuola  e  la  famiglia.  Una  recente  campagna  per  la  prevenzione  degli  incidenti  stradali  e  la  promozione  della  sicurezza  alla  guida  ha  utilizzato  la  scuola  come  canale  distributivo  di  numerosi  cd-­‐rom  multimediali  che  informano  sui  principali  motivi  alla  base  dell’incidentalità  stradale.                              

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Sviluppo  di  un  piano  mkt  sociale  La  Promozione  Nel  marketing  sociale  le  attività  di  comunicazione  svolgono  un  ruolo  predominante  in  quanto  l’obiettivo  delle  campagne  consiste  inizialmente  nel  diffondere  informazione  e  nel  sensibilizzare  gli  individui  su  di  un  problema  sociale  specifico,  in  modo  da  creare  i  presupposti  necessari  per  la  modifica  di  idee  e  comportamenti.      Le  azioni  di  promozione  sono  quindi  comunicazioni  persuasive  finalizzate  a  motivare  l’utenza  designata  all’azione.      Gli  elementi  da  considerare  in  questa  fase  dello  sviluppo  del  piano  di  marketing  sono  quelli  tipici  della  comunicazione  persuasiva:  la  fonte,  il  contenuto  del  messaggio,  i  canali  di  comunicazione.    Le  fonti  del  messaggio  persuasivo  possono  essere  diverse  e  complementari:  sponsor,  partner,  testimonial.    Le  fonti  del  messaggio  persuasivo  Lo  sponsor:  Può  essere  un’organizzazione  non  profit  (come  ad  es.  il  Corpo  dei  Vigili  del  Fuoco  che  sponsorizza  una  campagna  per  la  prevenzione  degli  incendi  boschivi).    Può  essere  un’organizzazione  a  scopo  di  lucro  (ad  es.  la  campagna  “ENI  30%”  che  nel  2007  ha  promosso  24  consigli  per  ridurre  il  consumo    domestico  di  energia  fino  al  30%).    Lo  sponsor  è  spesso  utilizzato  per  fornire  credibilità  al  messaggio.  Il  partner:  Spesso  presentato  attraverso  la  formula  “in  collaborazione  con  ...”,  viene  considerato  dall’utente  come  uno  degli  “autori”  della  campagna  e  sembra  avere  un  coinvolgimento  maggiore  nell’iniziativa  rispetto  allo  sponsor.    Il  Testimonial:  Conferisce  al  comportamento  promosso  prestigio,  carisma,  potere  e  o  fascino.  Il  contenuto  del  messaggio  persuasivo  Serve  a  definire:    1)  cosa  devono  fare  gli  utenti  (definire  con  precisione  i  comportamenti  da  mettere  in  atto);    2)  cosa  devono  sapere  gli  utenti  (ad  esempio,  diffondere  dati  statistici  relativi  al  comportamento  promosso);    3)  in  cosa  devono  credere  gli  utenti  (relativo  al  cambiamento  delle  credenze,  è  un  obiettivo  molto  ambizioso)      Il  messaggio  può  far  leva  su  contenuti  razionali  o  su  contenuti  emotivi.  La  scelta  di  un  messaggio  di  tipo  emotivo  piuttosto  che  razionale  rimanda  alla  questione  sull’efficacia  di  tali  comunicazioni,  in  particolare  degli  annunci  che  utilizzano  l’umorismo  e  soprattutto  quelli  che  cercano  di  indurre  sentimenti  di  paura  e  di  ansia  (fear  appeals).                                

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Controllo  e  valutazione  del  piano  di  mkt  sociale  Permette  di  verificare  l’efficacia  ed  efficienza  del  piano  di  marketing.      È  importante  monitorare  in  corso  d’opera  lo  svolgimento  del  piano  di  marketing  per  riuscire  a  modificare,  qualora  necessario,  gli  elementi  che  non  si  dimostrino  efficaci  rispetto  al  piano  stesso,  impedendo  che  i  risultati  si  sviluppino  secondo  linee  non  desiderate.      A  conclusione  dell’intervento  è  senz’altro  utile  valutare  in  che  misura  si  è  raggiunto  ciò  che  ci  si  era  prefissato  e  se  si  è  riusciti  a  raggiungere  gli  obiettivi  relativi  al  cambiamento  di  conoscenze,  atteggiamenti,  comportamenti  e  valori.      Vi  sono  due  principali  momenti  di  controllo  e  valutazione:    1)    monitoraggio  →  durante  lo  svolgimento  del  piano  di  marketing,  al  fine  di  verificare  l’andamento  del  programma  stesso,  ovvero  ciò  che  può  essere  migliorato  e  corretto;      2)    valutazione  →  alla  fine  del  programma,  che  rappresenta  il  momento  in  cui  vengono  compresi  i  risultati  che  si  sono  ottenuti  e  il  raggiungimento,  o  meno,  degli  obiettivi  prefissati.      A  volte,  preliminarmente  a  tali  momenti,  può  essere  prevista  un’ulteriore  occasione  di  valutazione,  definita  pre-­‐test  o  test  di  mercato  su  scala  ridotta.  Essa  dà  vita  ad  un  programma  che  costituisce  una  sorta  di  anticipazione  di  quello  vero  e  proprio,  che  poi  verrà  realizzato  eliminando  le  azioni  emerse  in  questa  fase  come  meno  efficaci.    Il  piano  di  valutazione  e  controllo  richiede  un’attenta  riflessione  in  merito  a  5  principali  aspetti:  1)    scopodellamisurazione;    2)    oggettodellamisurazione;    3)    strumenti  per  la  misurazione;    4)    momenti  per  la  misurazione;    5)    costidellamisurazione.      La  misurazione  può  essere  finalizzata  a  valutare  il  conseguimento  degli  obiettivi,  a  suggerire  eventuali  misure  correttive  nella  strategie  del  marketing  mix,  ad  aumentare  i  finanziamenti,  ad  allocare  le  priorità  in  modo  più  efficace,  a  suggerire  lo  sviluppo  di  un  piano  di  miglioramento  delle  componenti  deboli  ma  importanti,  a  migliorare  progetti  futuri.      Oggetto  della  misurazione  sono  anche  l’impatto  della  comunicazione  e  l’analisi  dei  costi  e  dei  profitti  ottenuti  dalla  campagna.      Ci  sono  diverse  misurazioni:    Misure  dei  risultati  a  breve  termine:  si  propongono  di  valutare  se  siano  stati  raggiunti  o  meno  obiettivi  volti  al  cambiamento  affettivo,  cognitivo,  al  cambiamento  di  atteggiamenti  o  delle  intenzioni  comportamentali.      Misure  dei  risultati  a  lungo  termine:  si  propongono  di  valutare  il  cambiamento  a  livello  comportamentale,  valoriale,  sociale,  nonché  rispetto  alla  soddisfazione  del  consumatore.      Misure  di  impatto:  misurano  i  risultati  osservabili  essenzialmente  nel  lungo  periodo  e  costituiscono  la  categoria  di  misurazioni  maggiormente  costosa  ed  impegnativa  anche  sul  piano  metodologico.  Tali  misure  richiedono  un  attento  controllo  delle  variabili  che  potrebbero  contribuire  alla  risoluzione  del  problema  sociale.  Cruciale  appare  infatti  riuscire  a  definire  in  quale  misura  i  cambiamenti  riscontrati  possano  essere  stati  determinati  dal  piano  di  marketing  sociale  realizzato  o  piuttosto  da  altri  fattori  esterni  legati  all’azione  di  forze  ambientali  o  ad  altri  attori  sociali      Le  tecniche  di  cui  ci  si  può  avvalere  sono  diverse  e  spesso,  per  il  controllo  dei  risultati,  vengono  utilizzate  in  combinazione.      Queste  possono  essere  ricondotte  a  metodi  qualitativi  –  focus  group,  colloqui,  interviste  non  strutturate,  osservazione  –,  a  metodi  quantitativi  –  questionari  auto  e/o  etero  somministrati,  interviste  strutturate,  interviste  telefoniche  –  e  possono  prevedere  l’utilizzo  di  gruppi  di  controllo.      Nelle  campagne  di  marketing  sociale  la  fase  del  controllo/monitoraggio  è  generalmente  più  difficile  rispetto  a  quella  attuata  nel  marketing  commerciale,  dato  che  più  complessa  è  la  definizione  dei  criteri  di  misurazione  efficaci  o  di  obiettivi  esprimibili  in  termini  quantitativi      

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Un  piano  di  mkt  sociale  per  eliminare  lo  stigma  associato  alla  malattia  mentale:  influenzare  gli  attori  politici  Questo  progetto  è  stato  sviluppato  e  finanziato  nel  2006  dallo  Stato  di  Washington,  in  materia  di  salute  mentale.  Tale  sezione  si  focalizza  sulle  modalità  con  cui  influenzare  gli  attori  politici  a  portare  avanti  gli  obiettivi  del  progetto.    Lo  scopo  dell’iniziativa  è  quello  di  ridurre  lo  stigma  che  accompagna  la  malattia  mentale  e  le  barriere  che  essa  crea  in  ambito  lavorativo,  familiare,  all’interno  del  sistema  di  assistenza  sanitario  e  nella  comunità  in  generale.      Il  focus  è  posto  sul  tentativo  di  incrementare  la  consapevolezza  che  le  persone  che  hanno  avuto  esperienza  di  una  malattia  mentale  possono  “guarire”  e  vivere  una  vita  appagante  e  produttiva.        Analisi  della  situazione  SWOT  Analysis.    -­‐    Strenghts  (punti  di  forza):  diffusione  di  iniziative  che  affrontano  la  tematica  a  più  livelli,  recenti  interventi  legislativi  volti  a  favorire  l’equità  di  trattamento  tra  tutti  i  cittadini  ed  incremento  nell’erogazione  di  fondi  in  materia  di  salute  mentale.      -­‐    Weaknesses  (punti  di  debolezza):  budget  limitato,  scarso  consenso  rispetto  all’utilizzo  del  marketing  sociale  per  questa  tipologia  di  progetti.      -­‐    Opportunities  (opportunità):  possibilità  di  accedere  a  dei  fondi,  approvazione  del  progetto  da  parte  del  Governatore  dello  Stato  in  cui  è  stata  promossa  l’iniziativa,  curiosità  del  mondo  politico  sull’iniziativa.      -­‐    Threats  (Minacce):  tempi  limitati,  presenza  di  progetti/staff  concorrenti,  scetticismo  sul  fatto  che  il  marketing  possa  essere  un  metodo  legittimo  per  promuovere  il  cambiamento  sociale.      Questa  iniziativa  è  stata  costruita  sulla  base  del  modello  teorico  di  riferimento  di  Patrick  Corrigan,  professore  di  Psichiatria  alla  Northwestern  University,  le  cui  ricerche  suggeriscono  un  modello  di  cambiamento  dello  stigma  target-­‐specifico,  in  cui  vengono  identificati  ed  influenzati  i  gruppi  che  hanno  il  potere  di  modificare  lo  stigma  e  di  promuovere  un  cambiamento  in  positivo.  Infatti,  questa  sezione  si  rivolge  agli  attori  politici,  uno  dei  gruppi  più  influenti  coinvolti  nel  progetto  (l’intero  piano  di  marketing  include  altre  sezioni  che  sono  rivolte  sia  ai  fruitori  che  agli  operatori  del  servizio  di  salute  mentale).      Il  profilo  del  mercato  obiettivo  I  Legislatori  dello  Stato  responsabili  delle  politiche  sociali  e  dei  fondi  da  utilizzare  per  l’iniziativa.      I  funzionari  delle  Agenzie  di  Stato  che  fissano  le  regole  per  i  rimborsi  relativi  ai  tipi  di  servizi  coperti  dai  finanziamenti.      I  funzionari  locali  responsabili  delle  politiche  locali  e  dell’allocazione  dei  fondi  a  chi  fornisce  servizi  a  livello  regionale.        Obiettivi  e  scopi  della  campagna  di  mkt  Con  questo  progetto  si  vuole  influenzare  i  politici  a:    

• promulgare  leggi  che  vadano  nella  direzione  del  recupero  sociale  e  del  cambiamento  del  modello  esistente  di  salute  mentale;      

• assegnare  fondi  già  esistenti  come  risorse  finalizzate  ad  una  riabilitazione  di  persone  con  disturbi  mentali  che  comporti  un  minor  bisogno  di  interventi  di  crisi;      

• interpretare,  secondo  una  visione  orientata  alla  riabilitazione,  le  regolamentazioni  che  riguardano  persone  affette  da  problemi  mentali;      

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• assicurare  finanziamenti  adeguati  per  lo  sviluppo  di  servizi  di  salute  mentale  orientati  alla  riabilitazione;      

• sostenere  le  opportunità  d’inserimento  lavorativo  dei  fruitori  dei  servizi  di  salute  mentale.      

Obiettivi:    • eliminare  linguaggi  e  visioni  “stigmatizzanti”  e  sostituirli  con  linguaggi  e  percorsi  

che,  al  contrario,  favoriscano  il  recupero  e  il  reinserimento  di  tali  soggetti;      • fissare  almeno  4  incontri  con  i  politici  locali  per  discutere  del  progetto;      • fissare  almeno  6  incontri  con  i  Legislatori  di  Stato  e  almeno  5  incontri  con  i  Funzionari  

delle  Agenzie  di  Stato  con  la  stessa  finalità;      • incrementare  la  consapevolezza  che  le  persone  che  hanno  avuto  esperienza  di  una  

malattia  mentale  possono  “guarire”  e  vivere  una  vita  appagante  nella  comunità.        Barriere  del  mercato  obiettivo,  benefici  e  concorrenza  Barriere:  Le  barriere  principali  percepite  nei  confronti  dei  comportamenti  desiderati  comprendono:  a)  la  mancanza  di  conoscenza  sulle  malattie  mentali  e  su  ciò  che  riguarda  i  fondi/risorse  disponibili  per  finanziare  programmi  e  attività  che  promuovano  il  recupero  di  chi  è  affetto  da  disturbo  mentale;  b)  l’erronea  credenza  che  le  persone  con  disturbi  mentali  costituiscano  per  la  comunità  una  fonte  maggiore  di  pericolo  rispetto  alle  persone  che  non  hanno  tali  disturbi.    Fattori  motivanti:  storie  “di  successo”  di  persone  che  si  sono  riprese  completamente  da  tali  disturbi  e  la  prova  che  il  modello  riabilitativo  funziona  ed  è  un  modo  efficiente  di  spendere  i  soldi  delle  tasse.    Comportamenti  concorrenti:  la  paura  diffusa  e  gli  stereotipi  che  portano  a  privilegiare  gli  interventi  di  crisi/d’urgenza  rispetto  ai  programmi  orientati  alla  riabilitazione      Posizionamento  Il  piano  di  marketing  si  propone  di  veicolare,  attraverso  la  costituzione  di  un  centro  per  operatori  ed  utenti  dei  servizi  di  salute  mentale,  opportune  informazioni  sulla  riabilitazione,  sulle  modalità  di  riduzione  dello  stigma  associato  alla  malattia  mentale,  nonché  dare  testimonianza  dell’esistenza  di  storie  di  successo.      Si  propone  dunque  di  associare  al  progetto  il  valore  di  uguaglianza  volto  a  favorire  la  pari  opportunità,  nell’inserimento  nella  vita  della  comunità,  delle  persone  che  hanno  avuto  dei  disturbi  mentali.        Strategie  di  mkt  mix  7.1)  Prodotto    

• -­‐    Core  product:  incrementare  la  conoscenza  sul  tema  della  malattia  mentale  e  sul  Progetto  di  cambiamento  della  salute  pubblica  dello  Stato  di  Washington.      

• -­‐    Actual  product:  adottare  i  migliori  modelli  di  riabilitazione  e  promuovere  la  raccolta  di  fondi  a  favore  dei  servizi  orientati  al  recupero/riabilitazione  ed  alla  condivisione  di  esperienze  tra  persone  accomunate  dallo  stesso  problema.      

• -­‐    Augmented  product:  incontri  e  testimonianze  che  mettano  in  evidenza  l’esistenza  di  storie  di  successo  e  l’efficacia  del  modello  di  riabilitazione  adottato  nel  progetto;  opuscoli  informativi  sugli  sforzi  in  atto  nello  Stato  di  Washington  per  modificare  il  modello  di  salute  mentale.      

7.2)  Prezzo    Incontri  ed  opuscoli  saranno  gratuiti.  Riconoscimenti  e  premi  onoreranno  le  figure  politiche  che  contribuiranno  alla  riabilitazione  ed  alla  riduzione  degli  stereotipi  sui  disturbi  mentali.    

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7.3)  Distribuzione  Gli  incontri  saranno  programmati  su  tutto  il  territorio  dello  Stato  in    luoghi  ed  orari  che  siano  convenienti  per  gli  attori  politici.    Si  prevede,  inoltre,  la  stesura  congiunta  da  parte  degli  operatori  e  degli  utenti  del  centro  di  salute  mentale  di  opuscoli  che  costituiscano  per  i  politici  fonte  credibile  di  informazione  sulla  malattia  mentale,  sulla  resilienza  e  sullo  stigma  e  che  diano  evidenza  empirica  relativamente  al  fatto  che  i  modelli  di  recupero  funzionano,  possono  essere  economici  e  sono  un  buon  investimento.    Tali  opuscoli  saranno  disponibili  su  Internet.  Inoltre,  dei  libricini  sulle  finalità  del  progetto  saranno  spediti  per  posta  individualmente  ai  politici  e  saranno,  inoltre,  a  disposizione  di  tutti  coloro  che  parteciperanno  agli  incontri.    7.4)  Promozione    Gli  incontri  saranno  sponsorizzati  tramite  newsletter.  Un’agenzia  di  informazione  si  occuperà  di  sponsorizzare  i  riconoscimenti  ed  i  premi  previsti  per  i  politici  e  di  condurre  degli  incontri  a  livello  editoriale  al  fine  di  discutere  sulla  trasformazione  del  modello  di  salute  pubblica.  Il  ruolo  dei  media  sarà  quello  di  ridurre  la  paura  della  comunità  per  la  malattia  mentale  e  di  instillare  la  fiducia  nelle  possibilità  di  riabilitazione.      Piano  di  controllo  Scopi  e  destinatari  della  valutazione:  i  destinatari  sono  principalmente  gli  attori  politici.  Il  centro  di  salute  mentale  sviluppato,  in  particolare,  dovrà  misurare  i  cambiamenti  nelle  conoscenze  riguardo  la  salute  mentale  e  le  possibilità  di  riabilitazione,  riguardo  la  consapevolezza  che  le  persone  affette  da  disturbi  possono  vivere  pienamente  nella  comunità;  misurerà  anche  la  disponibilità  dei  politici  nel  modificare  le  regolamentazioni  e  i  finanziamenti  da  destinare  ai  servizi  di  riabilitazione.  Il  team  di  marketing  utilizzerà  i  risultati  di  queste  misurazioni  per  determinare  le  linee  di  continuità,  di  miglioramento  e  di  espansione  delle  strategie  messe  in  atto  dal  centro  e  dagli  attori  politici.      Output  measures:  comprendono  il  numero  degli  incontri  svolti  con  i  politici,  il  numero  di  opuscoli  distribuiti,  il  numero  di  incontri  editoriali  svolti,  il  numero  di  articoli  ed  editoriali  stampati,  le  storie  di  successo  messe  in  onda  dai  media.        Piano  di  valutazione  Misure  relative  al  risultato  riguardano  altresì  il  numero  degli  attori  politici  partecipanti  agli  incontri,  le  visite  al  sito  web  che  sponsorizza  il  progetto,  l’incremento  nella  conoscenza  delle  malattie  mentali,  del  progetto  dello  Stato  di  Washington  e  la  diminuzione  degli  atteggiamenti  e  delle  credenze  stereotipici  dei  politici  partecipanti  agli  incontri.      Come  e  quando  misurare:    -­‐  si  valuterà  gli  aspetti  legati  alla  conoscenza  tramite  questionari  da  distribuire  prima  e  dopo  gli  incontri  ai  partecipanti  del  mondo  della  politica;    -­‐  si  rileverà  la  presenza  di  eventuali  cambiamenti  nelle  politiche,  nelle  regolamentazioni  e  nei  fondi  relativi  alla  salute  mentale;    -­‐  i  media  monitoreranno  il  numero  di  lettere  mandate  agli  editori  sul  progetto,  la  diminuzione  o  meno  delle  rappresentazioni  stereotipiche  negli  articoli  scritti,  la  presentazione  di  articoli  di  giornale  riguardanti  la  riabilitazione,  e  la  diffusione  da  parte  dei  media  delle  notizie  riguardanti  l’assegnazione  di  riconoscimenti  ai  politici  che  si  sono  impegnati  nel  progetto.                    

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La  responsabilità  Sociale  d’impresa  Bowen  la  definisce  come:  «La  responsabilità  delle  Imprese  si  riferisce  all’obbligo  per  gli  imprenditori,  dirigenti  e  quadri  di  perseguire  quelle  politiche,  di  prendere  quelle  decisioni,  o  di  seguire  quelle  linee  d’azione  che  sono  desiderabili  in  funzione  degli  obiettivi  e  dei  valori  della  nostra  società.»    Carroll  aggiunge  «La  Responsabilità  Sociale  delle  Imprese  comprende  le  aspettative  economiche,  giuridiche,  etiche  e  discrezionali  che  la  società  ha  nei  confronti  delle  organizzazioni  in  un  dato  momento  storico.»    Questo  modello  valuta  la  responsabilità  sociale  dal  punto  di  vista  del  comportamento  globale  delle  imprese,  tentando  di  bilanciare  obiettivi  di  tipo  economico  ed  obiettivi  sociali.    La  commissione  Europea  la  definisce  come:  «La  Responsabilità  Sociale  delle  Imprese  è  l’integrazione  su  base  volontaria,  da  parte  delle  imprese,  delle  preoccupazioni  sociali  ed  ecologiche  nelle  loro  operazioni  commerciali  e  nei  loro  rapporti  con  le  parti  interessate.  Essere  socialmente  responsabili  significa  non  solo  soddisfare  pienamente  gli  obblighi  giuridici  applicabili,  ma  anche  andare  al  di  là  investendo  ‘di  più’  nel  capitale  umano,  nell’ambiente  e  nei  rapporti  con  le  altre  parti  interessate.»    La  Commissione  Europea  propone  un  nuova  definizione  di  CSR,  intesa  come  ‘responsabilità  delle  imprese  per  il  loro  impatto  sulla  società’.      «Il  rispetto  della  legislazione  applicabile  e  dei  contratti  collettivi  tra  le  parti  sociali  rappresenta  un  presupposto  necessario  per  far  fronte  a  tale  responsabilità.  Per  soddisfare  pienamente  la  loro  responsabilità  sociale,  le  imprese  devono  avere  in  atto  un  processo  per  integrare  le  questioni  sociali,  ambientali,  etiche,  i  diritti  umani  e  le  sollecitazioni  dei  consumatori  nelle  loro  operazioni  commerciali  e  nella  loro  strategia  di  base  in  stretta  collaborazione  con  i  rispettivi  interlocutori».      STAKEHOLDER  Freeman  definisce  stakeholder  «qualsiasi  gruppo  o  individuo  che  può  influenzare  o  è  influenzato  dal  raggiungimento  degli  obbiettivi  dell’organizzazione».      Anche  i  concorrenti  possono  essere  considerati  parti  interessati,  per  la  loro  capacità  di  influenzare  l’impresa  e  i  suoi  stakeholder.      Un  esempio  pratico  Anche  nel  contratto  collettivo  del  settore  bancario,  sin  dal  rinnovo  del  2005,  è  possibile  trovare  importanti  riferimenti  a  tali  problematiche.  In  un  apposito  capitolo  viene  infatti  chiarito  che  «Le  parti  individuano  come  valori  condivisi  la  tutela  della  salute,  della  sicurezza  e  la  dignità  delle  lavoratrici  e  dei  lavoratori  sui  luoghi  di  lavoro,  il  rispetto  dell’ambiente,  e  concordano  sulla  necessità  di  consolidare  e  diffondere  comportamenti  e  applicazioni  consapevoli  e  coerenti».    «non  tutte  le  aziende  possono  costruire  interamente  la  propria  proposta  di  valore  sulle  questioni  sociali  [...]  ma  l’aggiunta  di  una  dimensione  sociale  alla  proposta  di  valore  offre  una  nuova  frontiera  nel  posizionamento  competitivo».    Risulta  assai  limitante  e  non  coglie  del  tutto  la  portata  innovativa  della  filosofia  della  responsabilità  sociale  d’impresa.                    

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Responsabilità  sociale  D’impresa  Cenni  storici  A  partire  dalla  seconda  metà  degli  anni  ’90,  le  Nazioni  Unite  hanno  invitato  le  grandi  imprese  e  le  organizzazioni  produttive  a  definire  accordi  commerciali  che  contemplino  e  tutelino  i  diritti  umani  di  base,  quelli  dei  lavoratori  ed  il  rispetto  dell’ambiente.  Tutto  ciò  per  perseguire  non  solo  la  creazione  di  una  piattaforma  contrattuale  equa  ed  ecologica,  ma  anche  l’avvento  di  un  preciso  impegno  verso  il  mondo.  L’espressione  impiegata  per  definire  tali  aspetti  è  Responsabilità  Sociale  d’Impresa.    In  termini  generali,  si  può  dire  “che  un’impresa  è  socialmente  responsabile  quando,  consapevole  dell’influenza  che  esercita  nella  società,  se  ne  fa  carico  concretamente  e  adotta  comportamenti  che  rispondono  alle  aspettative  di  rispetto  dell’ambiente,  di  sicurezza  e  di  miglior  qualità  di  vita  dei  lavoratori,  dei  consumatori  e  della  società”  La  responsabilità  sociale  sta  diventando  un  tema  di  grande  attualità,  ma  anche  e  soprattutto  una  sfida  per  le  imprese  in  quanto,  far  proprio  volontariamente  questo  approccio,  significa  incidere  in  profondità  sull’insieme  dei  modelli  di  gestione  dell’impresa,  significa  cioè  adottare  un  nuovo  paradigma  di  corporate  governance  in  cui  diventano  centrali  il  rapporto  con  gli  stakeholder  e  i  principi  del  miglioramento  continuo  e  dell’innovazione  gestiti  con  regole,  presidi  e  garanzie  precise.        RSI  evoluzione  storica  del  concetto  Il  concetto  di  responsabilità  sociale  risale  ai  primi  decenni  del  XX  secolo  quando  negli  USA,  per  effetto  del  governo  Roosvelt,  si  sviluppa  un  rinnovato  fervore  verso  i  problemi  sociali.  All’individualismo  economico  che  aveva  caratterizzato  la  fine  dell’800  subentra  un  maggior  senso  della  collettività  e  la  constatazione  di  un’inscindibile  interdipendenza  fra  l’impresa  e  l’ambiente  sociale  in  cui  essa  opera.      Già  negli  anni  ’20,  i  manager  delle  prime  grandi  corporation  americane  -­‐  General  Electric  in  testa  –  si  rendono  conto  di  condizionare  con  le  loro  azioni  e  decisioni  non  solo  la  vita  dei  loro  azionisti,  ma  anche  quella  dei  loro  dipendenti,  dei  loro  clienti  e  della  società  più  in  generale.      Nel  1947  questa  consapevolezza  si  traduce  nel  primo  codice  etico  d’impresa.  È  il  “Credo”  con  cui  Johnson  &  Johnson  sintetizza  la  propria  filosofia  di  gruppo  affermando  esplicitamente  di  avere  precise  responsabilità  verso  tutti  i  propri  interlocutori:  dagli  azionisti  ai  medici,  dalle  infermiere  ai  pazienti,  ai  clienti,  ai  dipendenti,  fino  alla  comunità  in  generale.      Negli  anni  ’70  i  discorsi  sull’etica  e  sulla  responsabilità  sociale  d’impresa  si  moltiplicano,  non  solo  a  seguito  di  una  serie  di  scandali  che  coinvolgono  diverse  grandi  aziende  statunitensi,  ma  anche  ad  opera  di  alcuni  movimenti  sociali  che  iniziano  a  battersi  per  la  tutela  dei  consumatori,  per  la  difesa  dell’ambiente,  per  la  sicurezza  sul  posto  di  lavoro.      Negli  stessi  anni  (1979)  Carrol  elabora  la  piramide  della  Corporate  Social  Responsibility,  in  base  alla  quale  la  responsabilità  sociale  d’impresa  si  realizza,  in  ordine  di  priorità,  prima  a  livello  economico,  poi  a  livello  legale  in  termini  di  conformità  alla  legge,  quindi  in  termini  etici  legati  alla  conformità  ai  valori  e  alle  norme  sociali  e,  infine,  in  termini  di  volontarismo  e  attività  filantropiche  che  implicano  investimenti  discrezionali  a  favore  della  collettività.    Negli  anni  ’70  nasce  anche  il  concetto  di  Social  Responsiveness,  che  rappresenta  un’interpretazione  avanzata  della  responsabilità  sociale  in  base  alla  quale  l’impresa  non  solo  agisce  nel  senso  auspicato  dalla  società,  ma  anticipa  addirittura  le  istanze  sociali  incorporandole  nella  propria  strategia  d’impresa.      Negli  anni  ’80  gli  studi  in  materia  si  moltiplicano  e  nasce  la  Stakeholder  Theory,  elemento  fondante  delle  attuali  strategie  di  gestione  e  di  comunicazione  della  responsabilità  sociale.  A  fornire  una  definizione  condivisa  di  stakeholder  è  Freeman  che  li  definisce  “individui  o  

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gruppi  di  individui  che  sono  influenzati  o  che  possono  influenzare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di  impresa”,  distinguendoli  in  stakeholder  primari  (azionisti,  dipendenti,  clienti  e  fornitori)  e  stakeholder  secondari  (mass  media,  movimenti  d’opinione  e  di  difesa  del  cittadino,  gruppi  sociali,  associazioni  locali),  in  funzione  dell’indispensabilità  o  meno  del  loro  apporto  alla  sopravvivenza  dell’impresa.      È  a  partire  dagli  anni  ’90  che  dai  modelli  teorici  si  passa  ai  comportamenti  pratici  con  il  moltiplicarsi  dei  codici  etici  non  solo  nelle  imprese  degli  USA,  ma  verso  il  finire  del  decennio,  anche  in  quelle  italiane:  nel  1998  le  Ferrovie  dello  Stato  pubblicano  il  loro  primo  codice  etico.      Nel  2000  il  segretario  delle  Nazioni  Unite  Kofi  Annan  vara  il  Global  Compact,  un  Codice  di  comportamento  basato  su  9  principi  cui  aderiscono  le  maggiori  imprese  multinazionali  che  si  impegnano  formalmente  a  diffondere  i  valori  della  responsabilità  sociale  d’impresa  in  tutti  i  Paesi  del  mondo.      La  Corporate  Social  Responsibility  trova  terreno  fertile  in  Europa.  Nel  2001  l’Unione  Europea  pubblica  il  Libro  Verde  Promuovere  un  quadro  europeo  per  la  responsabilità  sociale  delle  imprese  e  lancia  una  vasta  campagna  di  sensibilizzazione  volta  a  promuovere  l’integrazione  volontaria  della  responsabilità  sociale  nella  gestione      strategica  delle  imprese.      Modelli  aziendali  di  Responsabilità  sociale  e  implicazioni  sulla  comunicazione  d’impresa  Per  comprendere  meglio  l’impatto  della  responsabilità  sociale  sulle  strategie  di  comunicazione  dell’impresa  abbiamo  ricondotto  a  tre  i  numerosi  modelli  interpretativi  offerti  dalla  letteratura.  Ognuno  dei  tre  modelli  aziendali  coincide  con  un  diverso  e  più  evoluto  modo  di  considerare  l’impegno  sociale  delle  imprese  ed  ognuno  di  essi  ha  implicazioni  di  comunicazione  diverse.    Il  modello  liberistico:  Modello  basato  sugli  stakeholder  in  cui  l’impegno  sociale  ulteriore  (che  va  cioè  oltre  il  dettame  di  legge)  non  è  connesso  alla  missione  d’impresa,  anche  se  può  contribuire  in  maniera  significativa  alla  sua  immagine.      Secondo  questo  approccio  la  responsabilità  sociale  dell’impresa  è  di  incrementare  il  profitto.  Questo  approccio  può  anche  essere  interpretato  nei  termini  per  cui  le  imprese  dovrebbero  impegnarsi  nel  sociale  solamente  a  condizione  che  ciò  contribuisca  alla  finalità  primaria  dell’impresa,  che  è  quella  di  creare  valore  nel  lungo  periodo  per  i  suoi  azionisti.      In  questo  modello,  tipico  della  cultura  anglosassone,  la  comunicazione  si  esplicita  soprattutto  in  progetti  di  mecenatismo  e  filantropia  posti  in  essere  da  Fondazioni  d’Impresa.      È  il  modello  classico  del  grande  mecenatismo  americano  che  oggi  conta  nuovi  protagonisti,  tra  cui  Bill  e  Melinda  Gates,  co-­‐fondatori  di  Microsoft  e  della  omonima  Fondazione  che  da  sola  ogni  anno  eroga  a  scopo  benefico  diversi  milioni  di  dollari.    Il  Modello  Duale:  È  il  modello  basato  sulla  teoria  degli  stakeholder,  in  cui  il  successo  dell’impresa  si  gioca  a  due  livelli:  quello  del  profitto  economico  e  quello  del  successo  sociale.      La  responsabilità  sociale  è  vista  come  integrazione  necessaria  al  risultato  economico.      La  comunicazione  della  responsabilità  sociale,  in  questo  modello,  si  esprime  nello  sviluppo  di  relazioni  sistematiche  di  medio-­‐lungo  periodo  fra  l’impresa  e  i  suoi  stakeholder  interni  ed  esterni  finalizzate  allo  sviluppo  di  legittimità,  reputazione  e  fiducia.      Tale  prospettiva  è  quella  attualmente  dominante.      Il  Modello  della  “cittadinanza  sociale”:  Prevede  che  le  imprese  siano  responsabili  verso  le  società  di  cui  fanno  parte.  Le  aziende  operano  grazie  ad  una  legittimazione  pubblica  al  fine  di  perseguire  in  modo  costruttivo  i  bisogni  della  società.    

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In  questo  modello  l’impegno  sociale  è  inseparabile  dal  modo  di  fare  impresa  e  la  responsabilità  sociale  diventa  la  modalità  per  esercitare  il  ruolo  di  ente  intermedio  in  una  prospettiva  di  sussidiarietà.        Comunicazione,  reputazione  e  fiducia:  elementi  essenziali  dei  processi  di  responsabilità  sociale  In  tutte  le  imprese  la  comunicazione  gioca  un  ruolo  cruciale.  La  comunicazione  è  una  fase  fondamentale  del  processo  di  responsabilità  sociale  perché:    -­‐    apre  canali  stabili  e  duraturi  di  relazione  con  gli  interlocutori  interessati  all’impresa,  cioè  gli  stakeholder;      -­‐    massimizza  i  vantaggi  derivanti  dall’adozione  di  strategie  e  comportamenti  socialmente  responsabili  per  costruire  rapporti  fiduciari  e  durevoli  con  gli  stakeholder;      -­‐  crea  reputazione.    La  reputazione  è  qualcosa  di  differente  dall’immagine  e  di  molto  complesso  da  costruire.  L’immagine  è  legata  alla  capacità  dell’impresa  di  gestire  nel  breve  termine  le  impressioni  dei  suoi  interlocutori,  mentre  la  reputazione  è  qualcosa  di  radicato  nel  modo  di  agire  dell’impresa  ed  è  parte  integrante  della  sua  identità.      La  reputazione  è  la  percezione  di  affidabilità  che  un’impresa  si  è  creata  e  si  guadagna  solo  con  il  persistere  nel  tempo  di  comportamenti  etici:  la  reputazione,  quindi,  passa  sempre  attraverso  un  processo  di  responsabilità  sociale  ed  è  un  fenomeno  che  può  essere  letto  solo  nel  lungo  periodo  e  solo  attraverso  processi  di  comunicazione  coerenti.      Sviluppando  una  reputazione  positiva  le  imprese  creano  fiducia.  La  fiducia,  a  sua  volta,  rappresenta  la  risorsa  principale  per  la  gestione  di  relazioni  collaborative  tra  gli  stakeholder.      Reputazione,  fiducia  e  comunicazione,  insieme,  consentono  all’impresa  di  conquistare  vantaggi  concreti  ad  almeno  tre  livelli:    1)    quello  dei  comportamenti  d’acquisto;    2)    quello  delle  decisioni  di  investimento;    3)    quello  della  fedeltà  dei  propri  collaboratori.      1)  Comportamenti  e  decisioni  d’acquisto:  reputazione,  fiducia  e  comunicazione  irrobustiscono  la  preferenza  e  la  fedeltà  dei  consumatori  per  una  marca.  Un’indagine  del  Censis  condotta  nel  2003,  ad  esempio,  ha  rilevato  che  più  della  metà  degli  italiani  sarebbe  disposta  a  pagare  di  più  per  acquistare  prodotti/servizi  di  aziende  che  adottano  sistemi  di  produzione  che  non  danneggiano  l’ambiente  e  la  salute  dei  consumatori  o  che  si  sono  distinte  per  il  loro  impegno  in  campo  sociale  o  per  l’attenzione  nei  confronti  delle  condizioni  di  lavoro  dei  dipendenti.  Il  consumatore  responsabile  può  dunque  premiare  le  aziende  etiche  con  il  suo  comportamento  d’acquisto  solo  a  patto  che  ne  sia  consapevole,  cioè  che  questa  eticità  gli  venga  comunicata  in  modo  chiaro  e  trasparente  attraverso  un’adeguata  comunicazione.    2)  Mercato  dei  capitali  e  decisioni  d’investimento:  come  vi  sono  consumatori  (il  45%  secondo  una  ricerca  condotta  da  Astra  Demoskopea)  che  si  dichiarano  disposti  a  pagare  anche  di  più  per  un  prodotto  socio-­‐eco  compatibile,  così  vi  sono  risparmiatori  assai  favorevoli  ad  investimenti  socialmente  responsabili,  cioè  ad  acquistare  titoli  di  aziende  che  rispettano  l’ambiente,  la  salute,  la  dignità  delle  persone  e,  soprattutto,  dei    risparmiatori.    3)  Fedeltà  e  performance  aziendale:  la  teoria  dell’identità  sociale  afferma  che  l’autostima  dell’individuo  è  condizionata  dall’immagine  e  dalla  reputazione  del  gruppo/organizzazione  di  cui  fa  parte.  I  collaboratori  di  un’impresa  si  sentono  quindi  più  gratificati  e  motivati  se  appartengono  ad  un’organizzazione  con  un’elevata  legittimazione  sociale,  come  rileva  il  Corporate  Social  Responsibility  Monitor  2003  di  Eurisko.  Anche  in  

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questo  caso  è  chiaro  che  i  comportamenti  socialmente  responsabili  dell’impresa  devono  essere  comunicati  ai  dipendenti  attuali  perché  questi  ne  possano  trarre  motivazione  e  ai  dipendenti  potenziali  perché  questi  possano  essere  attratti  dall’impresa.      Un  paradigma  per  la  comunicazione  d’impresa  Nel  paradigma  classico  che  attribuisce  all’impresa  solo  la  responsabilità  di  produrre  valore  economico,  la  comunicazione  si  muove  dentro  il  territorio  dell’immagine,  cioè  del  modo  in  cui  l’impresa  è  percepita  dal  pubblico  dei  consumatori  e  dei  clienti  dai  quali  l’impresa  cerca  di  essere  apprezzata  per  i  suoi  asset  tangibili  di  prodotto  ed  intangibili  di  marca.      Quando  invece  la  responsabilità  dell’impresa  non  è  più  solo  economica,  ma  diventa  anche  sociale,  la  comunicazione  esce  dal  territorio  dell’immagine  e  del  rapporto  esclusivo  azienda-­‐  mercato  ed  entra  nel  territorio  più  complesso  del  rapporto  impresa-­‐società  e  quindi  delle  relazioni  con  tutti  coloro  che  sono  interessati  all’impresa  e  dai  quali  l’impresa  cerca  di  essere  apprezzata  per  la  sua  capacità  di  rispondere  alle  attese  etico-­‐  sociali-­‐ambientali.      Nello  scenario  appena  descritto  la  comunicazione  e  i  processi  di    comunicazione  assumono  caratteristiche  del  tutto  peculiari:    a)  Valori  come  radici.  “In  ogni  iniziativa  industriale  non  c’è  valore  del  successo  economico  se  non  c’è  anche  impegno  nel  progresso  sociale”:  con  questo  spirito  Merloni,  esempio  eccellente  di  responsabilità  sociale,  sviluppa  una  comunicazione  coerente  all’interno  e  all’esterno  ispirata  ai  valori  di  innovazione,  competitività,  anticipazione  dei  bisogni,  attenzione  e  rispetto  delle  persone  e  dell’ambiente.  I  valori  che  ispirano  l’orientamento  strategico  di  responsabilità  sociale  costituiscono  la  più  importante  fonte  d’identificazione  all’interno  dell’impresa  e  la  prima  fonte  di  legittimazione  esterna.  La  tesi  che  sostiene  che  valori-­‐guida  eticamente  fondati  debbano  essere  il  riferimento  per  tutte  le  iniziative  di  comunicazione  d’impresa,  quindi,  trova  piena  conferma  quando  si  parla  di  responsabilità  sociale  d’impresa.    b)  Comunicazione  simmetrica  e  ascolto.  La  comunicazione  relativa  alla  responsabilità  sociale  d’impresa  è  sempre  una  comunicazione  a  due  vie,  un  dialogo  costante  tra  l’impresa  e  i  suoi  stakeholder  in  funzione  della  necessità  di  contemperare  i  diversi  interessi.  È  una  comunicazione  fortemente  simmetrica,  centrata  sull’ascolto  continuo  delle  attese  degli  stakeholder  -­‐  che  si  realizza  attraverso  l’analisi  e  la  ricerca  sociale  -­‐  finalizzato  ad  ottenere  un  posizionamento  dinamico  dell’impresa  rispetto  a  queste  attese.  L’ascolto  degli  stakeholder  e  la  gestione  di  un  dialogo  costante  con  questi  è  parte  integrante  del  processo  di  comunicazione  della  responsabilità  sociale.    c)  Approccio  sistemico.  La  comunicazione  di  responsabilità  sociale  è  un  processo  che  coinvolge  tutti  gli  stakeholder  d’impresa.  Con  gli  stakeholder  l’organizzazione  instaura  relazioni  simmetriche  a  due  vie  tenendo  conto  del  fatto  che,  in  molti  casi,  si  tratta  di  soggetti  interessati  ad  una  relazione  non  effimera.    d)  Dalle  promesse  ai  comportamenti  concreti.  Comunicare  la  responsabilità  sociale  d’impresa  non  significa  fare  dichiarazioni  velleitarie  né  creare  aspettative  che  potrebbero  anche  andare  deluse.  Significa  invece  divulgare  i  comportamenti  effettivamente  messi  in  atto  dall’impresa  a  vantaggio  dei  propri  stakeholder,  della  società  e  dell’ambiente.  In  altre  parole,  dietro  la  comunicazione  ci  devono  essere  programmi  e  progetti  sociali  concreti  e  la  comunicazione  di  tali  progetti  e  programmi  deve  essere  sostenuta  da  precisi  indicatori  che  permettano  di  misurarne  l’efficacia.    e)  Dal  target  agli  stakeholder.  Quando  si  entra  nel  territorio  della  responsabilità  sociale  si  abbandona  il  concetto  di  target  e  si  adotta  il  concetto  di  stakeholder.  La  domanda  cruciale  che  si  pone  chi  si  occupa  di  comunicazione  riguarda  come  e  con  quali  stakeholder  si  deve  

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relazionare  l’impresa;  è  infatti  irrealistico  pensare  che  un’impresa  possa  relazionarsi  con  tutti  i  portatori  d’interesse,  a  qualsiasi  titolo  e  nello  stesso  modo.  Abbiamo  già  visto  come  la  letteratura  di  management  offre  una  classificazione  che  distingue  tra  stakeholder  primari  e  secondari  in  funzione  del  tipo  di  rapporto  che  li  lega  all’impresa.  Esiste  tuttavia  una  seconda  classificazione  di  stakeholder  più  utile  per  chi  poi  deve  concretamente  relazionarsi  e  comunicare  con  questi.    Secondo  questo  approccio  bisogna  innanzitutto  distinguere  tra  influenti  e  stakeholder.  Sono  influenti  tutti  gli  individui  e  i  gruppi  che  consapevolmente  o  inconsapevolmente  possono  influenzare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  dell’impresa;  sono  invece  definiti  stakeholder  tutti  i  soggetti  consapevoli  di  avere  un  diritto  ad  interloquire  con  l’impresa  (dirigenti,  dipendenti,  azionisti,  principali  fornitori,  istituzioni,  media  di  riferimento,  sindacati,  distributori,  ...)    Vengono  quindi  identificati  tre  livelli  di  stakeholder:    

• 1)    Stakeholder  influenti.  Sono  quei  soggetti  che  si  considerano  rilevanti  per  l’impresa  e  che  l’impresa  riconosce  come  tali,  capaci  cioè  di  influire  direttamente  sul  raggiungimento  dei  suoi  obiettivi  ritardandoli  o  accelerandoli  (ad  esempio  i  dipendenti).  Nei  loro  confronti  per  l’impresa  sarà  funzionale  aprire  una  relazione  diretta  e  gestita  con  un  modello  comunicativo  molto  simmetrico  ed  essenziale.      

• 2)    Stakeholder  non  riconosciuti.  Soggetti  che  consapevolmente  si  considerano  portatori  d’interesse  verso  l’impresa  ma  che  non  vengono  considerati  tali  dall’organizzazione  ed  ai  quali,  quindi,  l’organizzazione  non  riconosce,  o  non  riconosce  ancora,  un  titolo  ad  interloquire  (ad  esempio  gli  ambientalisti  negli  anni  ‘70).  Nei  loro  confronti  sarà  necessario  avviare  una  fase  di  analisi  e  valutazione  del  loro  peso,  della  loro  influenza  e  delle  variabili  che  condizionano  l’apertura  di  una  relazione  con  l’impresa.      

• 3)  Influenti  non  stakeholder.  Soggetti  non  consapevoli  e  non  verosimilmente  interessati  ad  interloquire  con  l’organizzazione,  che  tuttavia  l’impresa  considera  rilevanti  ai  propri  fini  e  con  i  quali  decide  di  aprire  un  sistema  di  relazione.  Nei  loro  confronti  sarà  opportuno  adottare  modelli  comunicativi  molto  coinvolgenti,  che  attirino  la  loro  attenzione  e  che  li  persuadano  a  diventare  stakeholder.    

f)  Il  confine  più  delicato.  Vi  sono  ancora  molte  imprese  italiane,  anche  di  grandi  dimensioni,  che  promuovono  moltissime  attività  sociali  senza  tuttavia  comunicarle,  nella  convinzione  che  investire  per  comunicare  il  proprio  impegno  nel  sociale  possa  essere  sbagliato  se  non  addirittura  poco  etico.  A  fronte  di  queste  convinzioni  sono  sempre  più  numerosi  coloro  che  pensano  che  questa  riservatezza  non  solo  non  sia  un  vantaggio,  ma  che  addirittura  sminuisca  il  valore  delle  comunicazioni  poste  in  atto.  Per  altri,  addirittura,  comunicare  ciò  che  si  fa  è  un  imperativo  irrinunciabile  della  cittadinanza  d’impresa.  Se  dunque  investire  per  comunicare  il  proprio  impegno  sociale  è  un  dovere  per  l’impresa,  resta  da  definire  l’entità  di  tale  investimento:  esiste  un  delicato  equilibrio  tra  la  rappresentazione  completa  delle  iniziative  sociali  e  l’utilizzo  di  tali  iniziative  a  fini  pubblicitari.  È  proprio  nella  ricerca  di  questo  delicato  confine  che  sta  una  delle  principali  sfide  dei  comunicatori  d’impresa.    g) Dall’output  all’outcome.  Nel  paradigma  classico  della  comunicazione  la  misurazione  dei  risultati  è  legata  principalmente  al  concetto  di  output  e  si  riferisce  al  prodotto  finale  di  determinate  azioni  comunicative  e  quindi  all’impatto  quantitativo  generato  (numero  dei  contatti,  numero  e  valore  degli  articoli  pubblicati,  ...).  Nel  paradigma  della  comunicazione  sociale  la  misurazione  degli  output  non  è  più  sufficiente.  Occorre  saper  valutare  anche  gli  outcome,  cioè  gli  effetti  indiretti  dell’attività  di  comunicazione  e  quindi  l’impatto  qualitativo  in  termini,  ad  esempio,  di  efficacia  e  di  utilità.  La  valutazione  degli  output  può  

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prescindere  dal  coinvolgimento  degli  stakeholder  di  riferimento;  la  valutazione  degli  outcome,  invece,  comporta  in  ogni  caso  il  loro  coinvolgimento  attraverso  interviste,  questionari,  sondaggi  di  opinione,  ecc...  Richiede  inoltre  di  fissare  obiettivi  specifici  ed  indicatori  ad  hoc  per  ciascuna  categoria  di  stakeholder  riconosciuta  dall’impresa  come  tale  e  ritenuta  influente.      Governare  le  relazioni  con  gli  stake  holder:  metodologia  operativa  Richiedendo  un  attento  governo  dei  sistemi  di  relazione  dell’impresa  considerata  nella  sua  globalità,  la  responsabilità  sociale  pone  in  primo  piano  la  funzione  di  relazioni  pubbliche  cui  compete  tale  governo,  che  si  concretizza  nel:    -­‐    tenere  sotto  controllo  le  dinamiche  dei  sistemi  di  relazione  tra  l’organizzazione  e  i  suoi  stakeholder,  adottando  metodologie  di  rilevazione  periodica  che  permettano  di  valutare  le  performance  relazionali  rispetto  agli  obiettivi  perseguiti  dall’impresa;      -­‐    coordinare  e  gestire  tutti  i  sistemi  di  relazione  e  le  attività  di  comunicazione  con  gli  stakeholder  dell’impresa.    Gli  studiosi  di  relazioni  pubbliche  hanno  individuato  una  metodologia  operativa  che  consente  di  razionalizzare  le  diverse  fasi  in  cui  si  articola  il  governo  delle  relazioni  con  gli  stakeholder.  La  metodologia,  denominata  Gorel,  riprende  un  modello  elaborato  da  James  Gruning,  docente  di  relazioni  pubbliche  all’Università  del  Maryland,  e  si  articola  in  10  fasi.      LA  METODOLOGIA  GOREL:  1)  Visioning.  Consiste  nell’identificazione  delle  finalità  che  stanno  alla  base  dell’esistenza  di  un’organizzazione:  la  missione  (cosa  facciamo  e  cosa  siamo  oggi),  la  visione  (chi  vogliamo  essere  e  dove  vogliamo  essere  in  futuro),  la  strategia  (come  intendiamo  passare  dalla  missione  alla  visione),  i  valori  guida  (quali  regole  condivise  intendiamo  applicare).  In  questa  fase,  che  solitamente  è  affidata  al  vertice  dell’organizzazione,  il  ruolo  delle  relazioni  pubbliche  è  quello  di  affiancamento  e  coordinamento  delle  diverse  funzioni  aziendali.    2)  Identificazione  e  ascolto  degli  stakeholder.  Ogni  impresa  ha  verosimilmente  stakeholder  diversi  e  l’obiettivo  delle  relazioni  pubbliche  in  questa  fase  è  innanzitutto  quello  di  identificarli  e  poi  di  individuare  le  loro  aspettative  riferite  agli  obiettivi  dell’impresa.  Il  loro  ascolto  può  avvenire  “a  tavolino”  (analisi  documentale)  o  in  maniera  attiva  attraverso  interviste,  focus  group  e  altri    strumenti  d’indagine.    3)  Identificazione  degli  obiettivi  aziendali.  Diversi  dagli  obiettivi  di  comunicazione,  le  relazioni  pubbliche  sono  comunque  chiamate  a  contribuire  al  loro  raggiungimento.    4)  Individuazione  delle  variabili  (sociali,  politiche,  economiche,  tecnologiche,  ambientali)  che  possono  influenzare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  d’impresa.  Va  precisato  che  solo  alcune  di  tali  variabili  devono  essere  indicate  come  prioritarie  e  che  solo  alcune  di  queste  possono  essere  influenzate  da  una  attività  di  relazioni  pubbliche  consapevole  e  programmata.    5)  Selezione,  per  ogni  obiettivo,  degli  influenti  non  stakeholder.  L’impresa  li  considera  importanti  ai  fini  del  raggiungimento  dei  propri  obiettivi  e  per  questo  cercherà  di  trasformarli  in  stakeholder  attraverso  una  strategia  di  relazioni  pubbliche  e  di  comunicazione.    6)  Individuazione  dei  messaggi  chiave  della  comunicazione.  Per  essere  efficaci  dovranno  essere  familiari  e  provenienti  da  una  fonte  credibile.    7)  Test  preliminare  dei  messaggi  chiave.  È  una  fase  decisiva  perché  consente  di  definire  obiettivi  quali-­‐  quantitativi  specifici  rispetto  all’attività  di  comunicazione.    8)  Strategia  operativa.  In  questa  fase  si  decidono  le  risorse  disponibili,  le  modalità,  i  canali,  i  tempi  e  gli  strumenti  necessari  per  comunicare  con  gli  stakeholder  e  con  gli  influenti.  Molte  imprese,  sbagliando,  collocano  l’intervento  delle  relazioni  pubbliche  solo  a  partire  da  questa  

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fase,  con  il  risultato  che  lo  stesso  intervento  rischia  di  essere  poco  efficace,  se  non  addirittura  inutile,  non  potendo  essere  gestito  correttamente  né  a  livello  di  stakeholder  né  a  livello  di  messaggi.    9)  Trasferire  i  messaggi  agli  influenti.  Fase  che  prende  avvio  dopo  la  definizione  degli  obiettivi  specifici  della  comunicazione  e  la  definizione  della  strategia  operativa.  Questa  fase  viene  gestita  con  gli  strumenti  operativi  specifici  delle  relazioni  pubbliche.  Va  precisato  comunque  che  non  esiste  un  unico  modello  operativo  di  trasferimento  dei  messaggi  perché  ogni  organizzazione  ha  esigenze  specifiche  e  sviluppa  iniziative  specifiche  di  relazione  con  gli  stakeholder  e  gli  influenti,  sempre  però  in  base  a  programmi  determinati  e  in  funzione  degli  obiettivi  prefissati.    10)  Ascolto,  verifica  del  raggiungimento  dei  risultati  e  loro  misurazione.  La  verifica  fornisce  elementi  utili  per  rivisitare,  aggiornare,  mettere  a  punto  il  processo  di  governo  delle  relazioni  (dal  visioning  all’ascolto  degli  stakeholder,  dalla  definizione  degli  obiettivi  all’analisi  delle  variabili,  ...).      Gli  stakeholder  pubblici  e  sociali  Fra  tutti  gli  stakeholder  d’impresa  ve  ne  sono  due  particolarmente  rilevanti  ai  fini  della  comunicazione  di  responsabilità  sociale:  si  tratta  degli  enti  pubblici  e  della  società  civile  organizzata  nelle  diverse  forme  “not  for  profit”  (dalle  associazioni  di  volontariato  alle  organizzazioni  non  governative).      Con  questi  due  stakeholder  le  imprese  che  si  pongono  come  “attori  sociali”  interagiscono  sempre  più  spesso  sia  su  scala  locale  che  globale,  in  omaggio  ai  nuovi  modelli  di  management  che  cercano  di  contemperare  le  logiche  d’impresa  con  le  logiche  delle  scelte  pubbliche,  i  problemi  di  produzione  con  i  problemi  di  allocazione  della  ricchezza,  i  criteri  di  efficienza  con  i  criteri  di  equità.      In  ambiti  quali  la  tutela  dell’ambiente,  la  solidarietà  sociale,  la  cooperazione  allo  sviluppo  e  la  promozione  delle  pari  opportunità  vi  è  una  significativa  convergenza  tra  le  strategie  sociali  delle  imprese  e  l’intervento  del  settore  pubblico      Credibilità  della  comunicazione  La  comunicazione  di  Responsabilità  sociale  d’impresa  (CSR)  è  credibile  solo  quando:    -­‐    vi  è  coerenza  tra  gli  interventi  di  responsabilità  sociale  e  i  comportamenti  dell’impresa;      -­‐    vi  è  coerenza  tra  business  dell’impresa  e  interventi  di  CSR;      -­‐    gli  interventi  sono  misurati,  misurabili  e  continui.      Gli  strumenti  di  comunicazione  e  le  fonti  d’informazione  ritenute  più  efficaci  e  credibili  per  informarsi  e  valutare  le  politiche  di  responsabilità  sociale  delle  imprese  sono  tutti  quelli  garantiti  da  terzi,  dunque  le  certificazioni,  i  marchi  di  qualità,  i  premi  e  i  riconoscimenti  conseguiti.  Anche  la  costituzione  di  Fondazioni  d’Impresa  è  considerata  un  efficace  indicatore  di  credibilità  in  ragione  dell’impegno  e  dell’investimento  concreto  che  essa  comporta.  Hanno  valore  analogo  i  documenti  di  Bilancio  sociale  e  i  Codici  di  comportamento,  le  cui  informazioni  sono  considerate  credibili  in  quanto  sistematiche  e  continuative  e  in  quanto  richiedono  investimenti  concreti  da  parte  delle  imprese.  Seguono  poi  le  campagne  di  raccolta  fondi  a  favore  di  enti  non  profit.    I  criteri  di  efficacia  degli  strumenti  d’informazione  sono:  -­‐  Garanzia  di  veridicità  da  parte  di  soggetti  terzi  -­‐  Dimostrazione  di  credibilità  attraverso  investimenti  concreti  in  CSR  e  azioni  tangibili  -­‐  Continuità  e  sistematicità  della  comunicazione    Le  determinanti  della  fiducia  Gli  enti  pubblici  e  le  organizzazioni  non  profit  considerano  maggiormente  degne  di  fiducia  le  imprese  socialmente  responsabili  con  cui  hanno  già  avuto  esperienze  positive  o  di  cui  soggetti  terzi  possono  garantire  la  veridicità  dei  comportamenti.      

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Un’ulteriore  garanzia  di  affidabilità  è  offerta  dalla  condivisione  di  progetti  tra  l’impresa  e  altre  Amministrazioni  Pubbliche  o  organizzazioni  non  profit.      Altri  fattori  determinanti  sono  lo  sviluppo  di  investimenti  specifici  nella  relazione,  la  reputazione  dell’impresa,  il  suo  orientamento  al  cliente,  il  fatto  che  l’impresa  possa  ricavare  vantaggi  dalla  relazione  con  l’ente  pubblico  o  con  l’organizzazione  non  profit.      L’esplicitazione  delle  motivazioni  che  inducono  l’impresa  a  porre  in  essere  strategie  di  responsabilità  sociale  è  considerata  un  importante  fattore  di  trasparenza.  È  considerata  prioritaria  ai  fini  dell’affidabilità  anche  l’esplicitazione  dei  programmi.      E  i  criteri  per  accrescere  la  fiducia  sono:  -­‐  Partnership,  collaborazione,  condivisione  -­‐  Garanzie  di  soggetti  terzi  -­‐  Investimenti  specifici  nella  relazione  con  gli  stakeholder  sociali  -­‐  Orientamento  al  cliente  -­‐  Esplicitazione  delle  motivazioni  alla  CSR    Le  determinanti  delle  partnership  I  due  stakeholder  sociali  si  dichiarano  disposti  a  porre  in  essere  azioni  di  CSR  in  partnership  con  le  imprese  quando  queste  esplicitano  i  risultati  dei  propri  progetti  attraverso  indicatori,  ovvero  quando  leggono  concretezza  e  trasparenza  nei  comportamenti  d’impresa.      Tale  trasparenza  può  essere  garantita  anche  dall’indicazione  delle  risorse  assegnate  ai  progetti,  dei  principi  di  governance  e  dei  programmi.      Enti  pubblici  ed  organizzazioni  non  profit  prestano  infine  molta  attenzione  al  concreto  e  visibile  impegno  dimostrato  dalle  imprese  nei  confronti  della  comunità  locale,  dei  dipendenti  e  dei  consumatori.      E  i  criteri  di  scelta  del  parter  sono:  -­‐  Trasparenza  nella  misurazione  dei  risultati  e  nell’impiego  delle  risorse  investite  -­‐  Attenzione  ai  diritti  della  comunità  locale,  del  personale,  dei  consumatori  -­‐  Esplicitazione  dei  programmi  e  dei  criteri  di  governance      Il  Codice  Etico  Una  delle  domande  più  comuni  che  ci  si  pone  in  tema  di  responsabilità  sociale  è  da  dove  far  partire  il  processo.  La  risposta  che  trova  maggior  consenso  è  che  ogni  processo  di  responsabilità  sociale  debba  partire  dall’interno.  Le  aziende  sono  infatti  composte  da  persone  ed  è  sull’atteggiamento  etico  dei  singoli  che  si  basa  e  può  realmente  sostenersi  tale  orientamento.      Ecco  perché  uno  dei  pilastri  della  CSR  è  rappresentato  dai  codici  etici  e  dai  codici  di  comportamento  attraverso  i  quali  l’azienda  esplicita  e  codifica  i  propri  impegni  e  le  proprie  responsabilità  nella  gestione  degli  affari  e  nei  confronti  di  tutti  gli  stakeholder.      Costituito  inizialmente  da  codici  di  settore  o  di  categoria,  si  diffonde  solo  verso  gli  anni  ’80/’90  del  secolo  scorso  negli  Stati  Uniti  a  seguito  dell’approvazione  di  un  insieme  di  norme  specifiche  destinate  a  stroncare  la  corruzione  politica  e  i  reati  manageriali.  Le  imprese  statunitensi  cominciano  dunque  ad  adottare  in  modo  massiccio  codici  etici  e  compliance  programmes  interni  che  diventano  strumenti  operativi  di  gestione  aziendale.      In  Europa  la  pratica  si  è  diffusa  solo  molto  recentemente,  soprattutto  per  via  della  spinta  esercitata  dalle  imprese  americane  sulle  loro  controllate  o  sulle  aziende  con  cui  avevano  instaurato  relazioni  d’affari.      Oggi  la  Commissione  europea  rilancia  l’importanza  del  codice  etico  definendolo  “uno  strumento  innovativo  ed  importante  per  promuovere  i  diritti  fondamentali  dell’uomo,  del  lavoro  e  del  territorio  e  una  buona  politica  contro  la  corruzione”  (Bruxelles,  2  luglio  2002).      Il  codice  etico  può  quindi  essere  definito  come  la  dichiarazione  dell’insieme  dei  diritti,  dei  doveri  e  delle  responsabilità  dell’impresa  nei  confronti  di  tutti  i  suoi  stakeholder:  è  l’esplicitazione  delle  politiche  aziendali  in  materia  di  etica  d’impresa  e  delle  norme  di  comportamento  alle  quali  i  lavoratori  devono  attenersi.      

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Il  volontariato  d’impresa  Una  delle  pratiche  migliori  attraverso  la  quale  l’impresa  può  comunicare  concretamente  il  proprio  orientamento  sociale  è  il  volontariato  d’impresa,  termine  con  il  quale  si  indica  il  coinvolgimento  del  personale  nella  comunità,  cioè  la  partecipazione  attiva  e  concreta  dei  lavoratori  alla  vita  della  società  locale  con  l’incoraggiamento  e  il  supporto  dell’azienda.      Poiché  la  risorsa  più  importante  di  un’impresa  sta  nel  suo  patrimonio  di  competenze,  di  conoscenze  e  di  energia  personale,  sono  sempre  più  numerose  le  aziende  che  esplicitano  il  loro  ruolo  sociale  non  soltanto  attraverso  contributi  finanziari  al  mondo  della  solidarietà,  ma  mettendo  a  disposizione  di  quest’ultimo  aiuto  pratico  e  know  how      Nato  agli  inizi  degli  anni  ’80,  il  fenomeno  del  volontariato  d’impresa  sta  diventando  una  delle  espressioni  più  tipiche  della  socialità  delle  aziende,  soprattutto  all’estero.  Il  fenomeno  può  assumere  due  configurazioni:  Programmi  autogestiti  dai  dipendenti:  sono  riconosciuti  e  sostenuti  dall’azienda  mediante  il  riconoscimento  ai  dipendenti  di  un  monte  ore  lavoro  da  dedicare  ad  azioni  di  volontariato  (banche  del  tempo),  la  donazione  di  prodotti  che  traggono  origine  dalle  richieste  dei  dipendenti,  il  sostegno  a  cause  sociali  individuate  dai  dipendenti,  ...      Programmi  impostati  dall’azienda:  si  tratta  di  distacchi  del  personale  focalizzati  su  problemi  reali  della  comunità  che  vanno  ad  integrare  i  tradizionali  programmi  di  formazione  interna.  Ci  si  riferisce  al  “distacco  di  transizione”,  ovvero  alla  gestione  di  un  progetto  di  medio  periodo  (da  6  a  24  mesi)  in  una  organizzazione  non  profit  concepito  per  accompagnare  una  fase  delicata  di  transizione  dei  dipendenti  dell’impresa  o  per  prepararne  il  pensionamento.  Sempre  in  questa  categoria  si  collocano  la  “missione  di  sviluppo”,  che  consiste  nel  realizzare  un  progetto  specifico  all’interno  di  una  non  profit  per  acquisire  nuove  competenze,  il  “mentoring-­‐tutoring”,  che  è  il  supporto  individuale  fornito  allo  scopo  di  aiutare  soggetti  deboli,  la  presenza  in  organi  direttivi  di  organizzazioni  non  profit,  ...        Il  cause  related  mkt  Il  cause  related  marketing,  o  marketing  legato  alle  cause  sociali,  è  quell’attività  commerciale  in  cui  le  imprese,  le  organizzazioni  non  profit  o  le  cause  di  utilità  sociale  formano  una  partnership  al  fine  di  promuovere  un’immagine,  un  prodotto,  un  servizio,  traendone  reciprocamente  vantaggio.      Così  inteso  il  marketing  sociale  si  differenzia  dalla  pura  e  semplice  filantropia  perché  privilegia  il  rapporto  commerciale  legato  al  prodotto  ed  implica,  nel  suo  sviluppo,  il  ricorso  a  tutte  le  tecniche  e  discipline  della  comunicazione  commerciale:  pubblicità,  eventi,  ufficio  stampa,  marketing  relazionale,  direct  marketing,  ecc.      Circa  i  fattori  di  successo  di  un’azione  di  cause  related  marketing  è  possibile  individuare  6  elementi  chiave:    -­‐    Pianificazione  e  preparazione.  Per  avere  buoni  risultati  anche  in  quest’area  occorre  investire  tempo,  fatica  e  risorse  economiche.  Occorre  innanzitutto  trovare  il  partner  più  adatto  alle  proprie  esigenze  e  maggiormente  in  sintonia  con  i  valori  dei  clienti/consumatori.  Se  infatti  non  vi  è  correlazione  tra  i  valori  della  causa  sociale  sostenuta  dall’impresa  e  i  valori  dei  clienti/consumatori  dell’impresa  stessa  l’azione  non  avrà  molto  successo.  Si  devono  inoltre  definire  gli  obiettivi,  i  preventivi  di  spesa  e  i  tempi  di  attuazione.      -­‐    Negoziazione  della  partnership  e  del  programma.  In  questa  fase  tutti  devono  individuare  il  reciproco  vantaggio.      -­‐  Sigla  dell’accordo  formale  in  cui  vengono  definite  con  chiarezza  le  reciproche  responsabilità  ed  obbligazioni.  Tra  gli  elementi  importanti  da  tenere  presenti  nella  stesura  dell’accordo  vi  sono:  lo  scopo  principale  della  partnership,  i  diritti  di  proprietà  intellettuale,  

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i  ruoli  e  le  responsabilità,  la  durata  dell’accordo,  il  piano  di  attività  e  i  tempi  di  attuazione,  i  processi  di  approvazione,  le  clausole  di  conclusione  dell’accordo  compresa  la  strategia  di  uscita  nel  caso  in  cui  il  risultato  non  fosse  quello  atteso.    -­‐  Gestione  del  programma.  Presupponeunachiara  definizione  di  ruoli  e  responsabilità  operative  e  l’attivazione  di  un  flusso  costante  di  comunicazione  fra  le  parti.    -­‐    Comunicazione  del  programma.  È  la  fase  più  delicata:  la  comunicazione  deve  infatti  essere  efficace,  basata  su  principi  condivisi  e  coerente  con  il  sistema  di  valori  dei  partner  e  con  l’area  di  business  dell’impresa.  La  strategia  di  comunicazione  ottimale  è  quella  che  utilizza  in  modo  integrato  più  strumenti  di  comunicazione,  da  quelli  di  massa  come  l’advertising  a  quelli  più  relazionali  ed  interattivi  come  le  relazioni  pubbliche.      -­‐    Misurazione  e  valutazione  dei  risultati.  Fase  essenziale  se  si  vuole  avere  un’efficace  gestione  dell’azione  di  cause  related  marketing  e  se  si  desidera  poterla  modificare  in  base  alla  realtà  operativa.        Corporate  giving  e  fund  raising  In  questi  ultimi  anni  stiamo  assistendo  anche  in  Italia  al  proliferare  d’interventi  del  mondo  imprenditoriale  a  favore  dello  sviluppo  sociale,  della  salvaguardia  dell’ambiente,  del  recupero  e  della  rivalutazione  del  patrimonio  culturale,  dello  sviluppo  della  ricerca  scientifica.  Un  numero  sempre  maggiore  di  imprese  offre  alle  organizzazioni  non  profit  impegnate  in  questi  settori  sia  contributi  in  denaro,  sia  beni,  servizi  e  assistenza  del  proprio  personale  specializzato.      Questi  interventi  rientrano  nella  categoria  della  filantropia,  una  delle  dimensioni  più  semplici  in  cui  si  può  esprimere  la  responsabilità  sociale  di  una  impresa.      La  donazione,  o  “corporate  giving”,  secondo  la  dizione  anglosassone,  così  come  la  partecipazione  ad  operazioni  di  raccolta  fondi  a  favore  di  enti  non  profit  o  di  cause  sociali,  rappresenta  infatti  uno  strumento  d’immediata  efficacia  per  ridistribuire  alla  comunità  parte  della  ricchezza  economica  che  l’attività  di  impresa  ha  generato  anche  grazie  al  contributo  indiretto  della  comunità  stessa.      Normalmente  si  tratta  di  interventi  di  pura  beneficienza  e  di  azioni  di  liberalità  che  non  hanno  una  finalità  commerciale  diretta  per  l’impresa.  Diversamente  da  quanto  avviene  nelle  azioni  di  cause  related  marketing,  il  soggetto  beneficiario  della  donazione  non  ha  alcun  obbligo  di  propagandare  il  prodotto,  il  marchio  o  il  nome  del  donatore  e  chi  dona  acquista  solo  il  diritto  di  poter  rendere  pubblico,  se  lo  desidera,  il  proprio  contributo  economico  alla  realizzazione  dell’iniziativa.      Secondo  una  ricerca  condotta  dalla  società  di  ricerche  Avanzi  nel  2002,  oltre  il  90%  delle  grandi  società  per  azioni  operanti  in  Italia  hanno  effettuato  donazioni  a  favore  di  iniziative  a  carattere  sociale  con  interventi  rivolti  principalmente  ad  azioni  umanitarie,  iniziative  di  solidarietà  ed  opere  di  restauro  artistico  e  monumentale.  I  motivi  alla  base  di  questi  comportamenti  filantropici  sono  il  ritorno  d’immagine  e  la  promozione  della  responsabilità  sociale  d’impresa.      Alla  base  dei  comportamenti  di  corporate  giving  delle  imprese  vi  è  quindi  la  volontà  di  contribuire  allo  sviluppo  della  comunità  senza  tuttavia  perdere  la  preziosa  occasione  di  promuovere  l’identità  e  l’immgine  dell’impresa.      Normalmente  si  tratta  di  interventi  di  pura  beneficienza  e  di  azioni  di  liberalità  che  non  hanno  una  finalità  commerciale  diretta  per  l’impresa.  Diversamente  da  quanto  avviene  nelle  azioni  di  cause  related  marketing,  il  soggetto  beneficiario  della  donazione  non  ha  alcun  obbligo  di  propagandare  il  prodotto,  il  marchio  o  il  nome  del  donatore  e  chi  dona  acquista  solo  il  diritto  

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di  poter  rendere  pubblico,  se  lo  desidera,  il  proprio  contributo  economico  alla  realizzazione  dell’iniziativa.        La  Certificazione  La  necessità  di  dare  una  risposta  concreta  ai  cittadini,  ai  consumatori  e  agli  investitori  sempre  più  preoccuati  dai  fenomeni  della  globalizzazione  e  dalle  trasformazioni  industriali  di  grande  portata,  sta  spingendo  le  imprese  a  migliorare  gli  strumenti  di  gestione  e  di  comunicazione  delle  proprie  performance  etiche.  Tra  questi  strumenti,  i  principali  sono  rappresentati  dalle  certificazioni  ambientali  e  sociali,  cioè  da  quei  riconoscimenti  ufficiali,  garantiti  e  rilasciati  da  soggetti  imparziali,  che  danno  visibilità  agli  sforzi  compiuti  dalle  imprese  per  raggiungere  prestazioni  etiche  superiori  a  quelle  richieste  dai  semplici  adempimenti  legislativi  previsti  dai  Paesi  in  cui  operano.    La  certificazione  ambientale  Le  imprese,  in  tutti  i  Paesi  industrializzati,  stanno  adottando  sistemi  di  gestione  ambientale  per  affrontare  con  maggiore  efficienza  e  sistematicità  i  problemi  e  le  opportunità  in  campo  ecologico  e  di  tutela  dell’ambiente.      L’integrazione  della  gestione  ambientale  nella  gestione  complessiva  dell’azienda  è  uno  dei  punti  fondamentali  della  responsabilità  sociale  d’impresa  ed  è  comunicata  soprattutto  attraverso  le  certificazioni  della  serie  Iso  14100  e  attraverso  il  regolamento  Emas  (sistemi  di  ecogestione  e  audit)  760/2001  cui  possono  accedere  tutte  le  organizzazioni  con  un  livello  di  rendimento  ambientale  corrispondente  almeno  agli  standard  legali  applicabili.  Inoltre,  il  British  Standard  Institutional  nel  1999  ha  varato  la  norma  Ohsas  18001  (Occupational  Health  and  Safety  Assessment  Series)  che  rappresenta  un  riferimento,  riconosciuto  a  livello  internazionale,  per  la  certificazione  di  un  sistema  di  gestione  per  la  sicurezza  e  la  salute  sui  luoghi  di  lavoro.  In  particolare,  la  norma  definisce  i  requisiti  necessari  per  l’adozione  di  pratiche  gestionali  sistematicamente  orientate  alla  sicurezza  e  alla  salute  sul  lavoro.      La  certificazione  sociale  Lo  strumento  di  gestione  e  di  comunicazione  più  importante  è  la  certificazione  SA  8000,  una  sigla  che  significa  Social  Accountability  (cioè  la  responsabilità  sociale)  e  che  rappresenta  il  primo  standard  diffuso  a  livello  internazionale  sulla  responsabilità  sociale  d’impresa.  Lo  standard  verifica  che  le  condizioni  di  lavoro  siano  giuste  e  umane  e  che  sia  all’interno  dell’azienda  che  tra  i  suoi  fornitori  è  bandita  ogni  forma  di  sfruttamento  dei  lavoratori.      La  SA  8000  è  una  norma  molto  flessibile:  la  possono  applicare  le  organizzazioni  di  qualsisasi  settore  merceologico  sia  dei  Paesi  in  via  di  sviluppo  che  dei  Paesi  industrializzati,  sia  aziende  di  piccole  che  di  grandi  dimensioni,  sia  enti  pubblici  che  privati.      La  SA  8000  è  una  certificazione  della  quale  l’Italia  va  fiera  sia  per  numero  di  certificazioni  (siamo  primi  al  mondo)  sia  per  risultati  conseguiti  in  termini  di  reputazione  e  fiducia.