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1 I FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ODONTOSTOMATOLOGICHE E MAXILLO FACCIALI Master interdisciplinare di I Livello in Patologie dell’Articolazione Temporo-Mandibolare:diagnosi e terapia Direttore: Prof. Piero Cascone Tesi di Master: TEST FISICI E KINESIOLOGICI NELL’INCOORDINAZIONE CONDILODISCALE Relatori: dott. Giovanni Falisi dott. Marco Papa Candidati: dott. Costantino Vacros Matricola n. 1363838 dott. Fabio Luigi Depino Matricola n.923118 Anno Accademico 2009 - 2010

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I FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

DIPARTIMENTO DI

SCIENZE ODONTOSTOMATOLOGICHE E MAXILLO FACCIALI

Master interdisciplinare di I Livello in

Patologie dell’Articolazione Temporo-Mandibolare:diagnosi e terapia

Direttore: Prof. Piero Cascone

Tesi di Master:

TEST FISICI E KINESIOLOGICI

NELL’INCOORDINAZIONE CONDILODISCALE

Relatori: dott. Giovanni Falisi dott. Marco Papa

Candidati: dott. Costantino Vacros

Matricola n. 1363838 dott. Fabio Luigi Depino Matricola n.923118

Anno Accademico 2009 - 2010

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Premessa

L’incoordinazione condilo discale ( internal derangement) dell’articolazione temporo mandibolare è

una patologia biomeccanica, caratterizzata da un’alterata posizione spaziale del disco articolare

rispetto al condilo mandibolare. Essa è contraddistinta, quando sono presenti cause perpetuanti, da

una naturale evolutività che comporta una sequela di quadri anatomo patologici e clinici

ingravescenti a seconda del grado di compromissione che le componenti articolari hanno raggiunto.

Di seguito i principali quadri clinici.

a) Lussazione della mandibola: si intende con questo termine la completa perdita dei fisiologici

rapporti articolari tra i complesso condilo discale e la fossa glenoidea del temporale durante il

movimento di massima apertura della bocca, con l’impossibilità di un fisiologico ritorno alla

posizione di chiusura.

b) Dislocazione riducibile del disco articolare: alla base vi è un alterato rapporto anatomico e

funzionale tra il condilo mandibolare e il disco articolare che si manifesta con l’epifenomeno

acustico denominato click. Questa fase è caratterizzata dalla dislocazione antero-mediale del disco

articolare e conseguente alterazione dei fisiologici rapporti morfofunzionali tra disco, condilo e

zona bilaminare.

c) Dislocazione irriducibile del disco articolare (closed lock): di solito è un’evoluzione della

dislocazione riducibile, rappresenta la perdita completa dei rapporti condilo-disco con dislocazione

completa antero mediale.

d) Osteoartrosi localizzata: è caratterizzata dalla comparsa di fenomeni osteo-degenerativi a

livello dell’ATM (4).

Introduzione

Per un’accurata diagnosi dell’incoordinazione condilo discale dell’Articolazione Temporo-

Mandibolare (ATM) è necessaria la raccolta di dati anamnestici (anamnesi fisiologica, anamnesi

patologica remota e prossima) e l’esame obiettivo con ispezione generale e particolare (ispezione

extra- ed intra-orale) con lo scopo di valutare e misurare i movimenti mandibolari, analizzare il

tavolato occlusale (guide dentarie, bilanciamenti ed iperbilanciamenti, disclusioni), palpazione della

muscolatura masticatoria e paramasticatoria, auscultazione (rilevazione di rumori articolari, crepitii,

fruscii, sfregamenti e scatti)(1,10), ed esame posturale.

Inoltre, sono necessari esami strumentali. Tra i più importanti sono: esami radiografici (OPT,

Telecranio Laterale, TC conebeam, RMN) e analisi elettrognato-mio-sono-grafici(1,4).

Per completare il quadro di ausili diagnostici esistono una serie di test fisici, funzionali e

kinesiologici che vanno inseriti a metà fra anamnesi, esame obiettivo e imaging radiologico.

Tra i test che vengono utilizzati a livello diagnostico possiamo riconoscere tre categorie.

1) test dell’articolato dentario;

2) test di manipolazione funzionale;

3) test kinesiologici

Relativamente a questi test con questo studio abbiamo inteso descriverne le modalità d’uso e

indagare, attraverso un lavoro di revisione della letteratura, l’affidabilità e validità scientifica,

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ponendo in parallelo quelli d’uso più comune, come quelli di manipolazione funzionale, con quelli

kinesiologici, certamente meno diffusi nella pratica quotidiana.

Materiali e metodi

Per la classificazione e la descrizione dei test ci siamo serviti dei testi di riferimento per ciascuna

tipologia. Per quanto riguarda la verifica della loro affidabilità e validità scientifica abbiamo

effettuato una revisione dei lavori scientifici pubblicati negli ultimi diciotto anni utilizzando come

motore di ricerca Pub Med. Le parole chiave da noi immesse nel motore di ricerca sono state:

internal deragement and physical tests, internal derangement and orthopedic tests, internal

derangement and kinesiologic tests.

Classificazione e descrizione dei test dell’articolato dentario e

dei test di manipolazione funzionale

1) Test dell’articolato dentario

Sono test che in verità non indagano specificatamente sulla situazione articolare dell’ATM, ma che

cercano di valutare la situazione occlusale dell’individuo, in particolare la sua possibile instabilità,

allo scopo di comprendere un eventuale nesso con la presenza di un incoordinazione condilo discale

o genericamente di disordini temporo mandibolari.

a) Test del fremitus

Appoggiando il polpastrello di un dito su una coppia di denti antagonisti in occlusione si avvertirà

un fremito particolare nel momento dell’ingranamento dentario se tali denti presentano un contatto

prematuro.(1)

b) Test di serramento simmetrico

Ponendo bi - manualmente le dita sui masseteri del paziente, lo si invita a serrare fortemente i denti,

partendo da un lievissimo contatto interarcate. Una contrazione asimmetrica indica che vi è

instabilità occlusale. La presenza di eventuale dolore, uni o bilaterale, indica invece un ipertono

corrispondente della muscolatura masticatoria (omolateralmente nelle forme unilaterali).(1)

c) Test della provocazione di Krogh-Poulsen

Avendo individuato, durante l’ispezione intraorale, sulle superfici occlusali dei denti faccette di

usura o comunque irregolarità sospette, con situazioni che possono essere riprodotte affrontando

anche in maniera abnorme i due tavolati occlusali (ad esempio una interferenza iperbilanciante

sull’ultima coppia di molari di un lato durante la lateralità contro laterale), si obbliga il paziente ad

assumere tale posizione di contatto, forzatamente, per circa un minuto. Il risveglio o l’accentuazione

della sintomatologia algica accusata depone per un problema di tipo occluso-muscolare, che proprio

in quel contatto parafunzionale trova una delle sua cause patogenetiche determinanti di sovraccarico

muscolare (1).

d) Test della libera cinetica e del ricentramento.

Utilizzando dei divaricatori buccali per uso fotografico, dopo aver fatto chiudere al paziente i denti

in massima intercuspidazione abituale, si segnerà con un pennarello indelebile sugli elementi

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dentari inferiori, una linea verticale, in corrispondenza della linea interincisiva superiore. Si

procederà quindi ad indurre un decondizionamento neuro-muscolo-recettoriale minimale,

posizionando degli spessori (rulli di cotone) tra le arcate dentarie. Quindi si chiederà al paziente di

serrare a livello dei diatorici in modo massimale su due spessori per alcuni minuti. Dopo il

serramento, si farà aprire al massimo la bocca, mentre verranno tolti gli spessori. Dalla massima

apertura, si chiederà al paziente di chiudere lentamente le arcate dentarie, senza però portare in

contatto gli elementi dentari antagonisti. Verrà quindi suggerito di eseguire più volte questo

movimento di apertura massimale e di chiusura, senza che in nessun caso si tocchino i denti

antagonisti. Il movimento di apertura e chiusura, ripetuto più volte, ci consentirà di valutare se vi è

ancora una corrispondenza con la direttrice segnata sugli elementi dentali o se invece si sono

evidenziate delle direttrici di chiusura diverse da quelle rilevate in massima intercuspidazione. A

questo punto si chiederà al paziente di chiudere la bocca portando i denti a sfiorarsi e

progressivamente e molto lentamente a chiudere, ricercando la massima intercuspidazione abituale.

Questo studio dinamico consentirà di valutare, se dopo aver svincolato la mandibola dai contatti

occlusali ed aver indotto una disinformazione neuro-muscolo recettoriale minimale, passando dalla

“Libera Cinetica e con il Test del Ricentramento” alla massima intercuspidazione dentale, si

evidenziano delle discordanze e/o delle interferenze con precontatti devianti, deflettenti e/o

distalizzanti che guidano e/o costringono la mandibola in posizioni scorrette, con delle componenti

vettoriali anomale a livello condilo discale. Per evidenziare meglio gli eventuali precontatti e/o

interferenze, si potrà far uso di carte di articolazione che marcheranno i punti o le aree di contatto

prematuro. Se per esempio dopo il test della Libera Cinetica Mandibolare e del Ricentramento si

verificasse l’esistenza di un’interferenza occlusale, deflettente o deviante la mandibola verso un

lato, con una probabile deviazione condilare ed un carico vettoriale anomalo associato

contestualmente ad una sintomatologia articolare alla stessa ATM , con molta probabilità potrà

essere correlata la stessa sintomatologia al rilevamento clinico occlusale oggettivo (2). In presenza

di simmetria del terzo inferiore del viso e mancata centratura delle linee di simmetria mediane

superiore ed inferiore (interincisive dentali o, per affollamento e/o migrazioni, dei frenuli rispettivi),

talvolta il movimento di apertura procura un ricentramento dei parametri suddetti, con riconquista

di una migliore simmetria facciale a bocca aperta. Tale dato depone per la presenza di un contatto

deflettente mandibolare, che viene in genere scavalcato da uno schema muscolare che si è ormai

andato condizionando e adattando, rinforzato da una occlusione abituale patologica. Il problema è

ancora su base funzionale e non scheletrica stabilizzata e la prognosi è favorevole per un buon

recupero, tramite riposizionamento mandibolare, degli aspetti muscolari, articolari e dentari della

disfunzione (1) .

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2) Test di manipolazione funzionale

Movimenti attivi. Apertura, chiusura, movimenti laterali e protrusivi della mandibola eseguiti dal

paziente. Utilizzando dei divaricatori buccali per uso fotografico, si osserveranno i movimenti di

protrusiva, di lateralità, laterotrusiva e mediotrusiva, precontatti e deviazioni che guidano la

mandibola in posizione scorretta. Nel movimento di protrusiva si osserverà il valore della guida

incisiva, se consente una disclusione dei settori posteriori o se vi sono interferenze, precontatti, che

alterano ed escludono la guida, oppure delle abrasioni degli incisivi, o ancora delle alterazioni

posizionali del gruppo frontale che impediscono la normale dinamica disclusiva mandibolare. Nei

movimenti laterotrusivi e mediotrusivi si valuterà il valore della guida canina, se la disclusione

laterale è di gruppo, oppure avviene a livello dei premolari o dei molari, se vi sono delle

interferenze o precontatti che ostacolano o alterano tali movimenti (2).

Le varianti ottenute dai test sono: massima apertura della bocca (MMO), misurata in millimetri tra

gli incisivi e corretta in caso di chiusura errata; le tre categorie di MMO ≥40, ≥30 e ≤40, ≤30 mm,

che rappresentano rispettivamente i movimenti normali, moderatamente ristretti e gravemente

ristretti (Helkimo, 1974); registrazione dell’intensità del dolore in una scala da 0 a 3 (assente, mite,

moderato o grave); e la registrazione dell’intensità dello scatto e della crepitazione in una scala da 0

a 2 (assente, scarsamente udibile, chiaramente udibile)(3)

Movimenti passivi. Si fanno eseguire con paziente in sufficiente grado di rilassamento muscolare.

Servono a valutare la trattabilità della muscolatura masticatoria, l’elasticità muscolo legamentosa e

l’allineamento delle componenti articolari.

a) Test dell’elasticità finale (end feel).

Forzando delicatamente ma con fermezza

l’apertura della bocca con due dita (pollice –

indice) poste a forbice fra gli incisivi, si

apprezza la possibilità di un ulteriore

incremento passivo della massima apertura e

la sensazione obiettiva di elasticità (1).

Normalmente esiste una certa elasticità

articolare che permette di ottenere 1 o 2mm di

ulteriore apertura (4). Se la manovra è

possibile ma dolorosa, si tratta di una

limitazione di origine muscolare o se

l’apertura è molto ridotta di origine psichica.

Se invece non c’è incremento e si apprezza

rigidità, si è in presenza di un blocco

meccanico di tipo artrogeno ( ad esempio un

locking discale) (1).

b) Test del gioco articolare (joint play). E’ un movimento passivo del complesso condilo disco

verso il basso (trazione) e verso avanti / indietro e verso lateralmente / mediamente (traslazione)

mentre i muscoli masticatori sono rilassati (5) e segue i dettami della mappa del dolore articolare

elaborata da Rocabado (4) (11). Si impugna fermamente con una mano l’emimandibola, con il

pollice sul piano occlusale e le altre dita sotto la branca orizzontale, mentre le dita dell’altra mano si

pongono sulla zona articolare omolaterale, per apprezzare con la mobilizzazione forzata il grado di

elasticità dei tessuti molli intra e peri-articolari (capsula, ligamenti) ed eventuali alterazioni di

allineamento fra i capi articolari ed i disco. Viene valutato sostanzialmente in distrazione,

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esercitando col pollice la forza verso il basso; ed in traslazione, esercitando una forza latero mediale

ed in avanti. La presenza di irregolarità artrocinematiche e/o di dolore depongono per una patologia

a partenza articolare. E’ anche facilmente apprezzabile se presente la lassità legamentosa (1).

c) Test della compressione articolare.

Impiega una tecnica manuale simile al test di

trazione e traslazione (6,7). In una situazione

di modica apertura della bocca, l’operatore

pone il pollice di una mano sul margine degli

incisivi inferiori e le restanti dita sul bordo

inferiore della mandibola. Con le dita

dell’altra mano in corrispondenza dell’angolo

mandibolare, dal lato da testare, esercita una

forza verso l’alto (1). I tessuti discali e

capsulari posteriori e laterali sono ben

innevati dai recettori del dolore del nervo

auricolo - temporale e dei nervi temporale

profondo e massetere profondo branche del 5°

nervo craniale. Nessun dolore è suscitato

durante questo test in pazienti in buona salute.

In una situazione di recente de-piazzamento

del disco senza riduzione, il tessuto retro

discale diventa sensibile alla compressione tra

il condilo e la fossa temporale. Poiché questo

tessuto è bene servito da recettori per il

dolore, questa compressione può suscitare

dolore (6,8), indice di patologia intracapsulare

(sinovite, retrodiscite, pousses artrosica) (1).

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d) Test dinamico (contro lieve resistenza). Con esso si esamina la funzionalità e la presenza di

algie muscolari e articolari (2). Può essere eseguito in maniera attiva o passiva. Impugnando la

mandibola del paziente, o sostenendogli bi manualmente il mento, lo si invita, ad un grado di

apertura di circa 1 cm, a compiere movimenti di apertura, chiusura, lateralità o protrusione

contrastandoli con una lievissima forza; ovvero si manipola la mandibola nelle suddette direzioni,

inducendo il soggetto a non opporre resistenza. La comparsa di dolore durante il test indica che vi è

una patologia articolare, ma non esclude che vi sia anche patologia muscolare (1).

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e) Test statico (contro forte resistenza).

Anch’esso esamina funzionalità e algie

muscolari e articolari come il test dinamico

(2) ed è attivo o passivo, si esegue nelle stesse

condizioni del test precedente e ne è la logica

continuazione. Si contrasta quindi fortemente

o si invita a resistere altrettanto fortemente

durante i movimenti mandibolari, cioè si

induce il paziente ad usare energicamente la

sua muscolatura. Il test deve durare circa 30

sec. per ogni movimento. La comparsa del

dolore è indice di patologia squisitamente

miogena (1).

f) Test del bastoncino. E’ anch’esso utile nel

distinguere il dolore miogeno da quello

artrogeno. Si pone uno spessore (ad esempio

un abbassalingua o un rullo di cotone) tra i

molari di un lato e si invita il paziente a

serrare fortemente per 8-10 sec.. In questo

modo si sovraccaricano i muscoli elevatori

omolaterali e l’articolazione contro laterale.

La comparsa di dolore depone quindi per una

sofferenza ipsilaterale della muscolatura; se il

dolore è contro laterale si ha una sofferenza di

qualche componente interna di quella

articolazione (1).

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g) Test contro protrusione. Si effettua ad un grado intermedio di apertura, imprimendo una forza

retrusiva al mento ed invitando il paziente a resistere. L’accentuazione o la comparsa di dolore

depongono per uno spasmo dello pterigoideo laterale, capo inferiore, o per una infiammazione della

regione retro discale. Se è interessato il capo superiore dello pterigoideo laterale, non vi è dolore

contro protrusione, quanto piuttosto serrando semplicemente i denti (1).

h) Test contro protrusione con spessore. Nelle stesse condizioni di prima, il paziente resiste

quando uno spessore (rullo di cotone, abbassalingua) viene inserito tra gli ultimi molari

omolateralmente. Se il dolore permane contro resistenza, la causa è legata all’ipertono del capo

inferiore dello pterigoideo laterale; se si attenua o scompare, è dovuto alla retrodiscite: in

quest’ultimo caso, senza resistenza, il dolore si attenua comunque per lo spessore che impedisce

l’ingranamento dentario. Il capo superiore dello pterigoideo, se interessato, resta invece dolente

anche senza resistenza alla retrusione, semplicemente facendo serrare sullo spessore stesso. Si può

così completare la diagnosi differenziale fra questi tre aspetti sintomatologicamente simili (1).

Discussione

Affidabilità e validità dei test di manipolazione funzionale

Un test è considerato affidabile quando la variazione delle oscillazioni casuali dovute a errori nella

misurazione è relativamente piccola. Un test è valido quando identifica correttamente persone con o

senza determinate patologie. L'affidabilità e la validità presentano concettualmente una

connotazione positiva; una procedura di misurazione che risulta affidabile e valida può raggiungere

un riconoscimento scientifico. Negli ultimi decenni i test di manipolazione funzionale sono stati

oggetto di ricerca particolarmente da parte della cosiddetta scuola olandese con l’intento di

verificarne affidabilità e validità scientifica nonché precisione nella diagnosi dei TMD. Di seguito

una breve revisione della letteratura.

Nel 1993 Lobezoo e coll. nell’ambito di una ricerca su sei test ortopedici (Movimenti attivi,

Apertura passiva , Test di trazione e traslazione, Compressione, Test contro resistenza statico

per il dolore, Palpazione ) concludevano che i test relativi ai movimenti attivi erano i più utili per

distinguere tra coppie di sottogruppi, in particolare tra pazienti con incoordinazione condilo –

discale e pazienti con osteoartrosi, ed erano i migliori per distinguere tra pazienti con

incoordinazione condilo discale con o senza riduzione. Affermavano anche che la palpazione e

l’apertura passiva erano utili per distinguere tra pazienti TMD e soggetti controllo e tra pazienti con

disordini muscolari o articolari, mentre i test di compressione e il joint play test giocavano un ruolo

minore nel distinguere tra sottogruppi di pazienti con disordini articolari.

Inoltre i rumori articolari e la localizzazione del dolore, determinati attraverso i movimenti attivi, la

palpazione e i test di compressione, erano di maggior valore per distinguere tra pazienti con

disordini articolari da quelli con disordini muscolari. (5).

Nel 1994 ancora Lobezoo e coll. in una ricerca sull’affidabilità dei test succitati ritenevano che la

presenza/assenza del dolore possa essere determinata meglio attraverso la combinazione dei 5 test

che verificano la funzione del sistema masticatorio. Concludevano che erano affidabili per valutare

i segni e i sintomi artrogenici, ma anche che il clinico dovrebbe prestare attenzione a risultati

erronei dei test nella valutazione del dolore di origine miogena mentre l’affidabilità dei test nel

gruppo miogeno e artrogenico combinato aveva un valore moderato nella maggior parte dei casi (3).

Nel 1995 De Wijer e coll. in uno studio sempre sui sei test funzionali sopra citati concludevano che

più variabili determinate durante i movimenti attivi potevano essere misurate con soddisfacente

affidabilità, mentre le variabili determinate da altri tests (trazione, traslazione e resistenza) non

erano misurabili con lo stesso grado di affidabilità. Raccomandavano ai clinici di calibrare le loro

tecniche regolarmente in modo da migliorare l’affidabilità dei risultati nella pratica quotidiana. (7).

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Hesse e coll. nel 1997 incentravano le loro ricerche sui test contro resistenza statici e dinamici.

Secondo la loro ricerca i test dinamico e statico per il dolore, come parte dell’esame clinico,

giocano un ruolo importante poiché danno un’indicazione sull’origine del dolore, se principalmente

articolare o muscolare. In pratica più dolore durante il test dinamico indica primariamente un dolore

di origine articolare, mentre un eguale livello di dolore o più dolore durante il test statico indicano

primariamente un dolore di origine muscolare. In genere i pazienti con dolore articolare indicavano

dolore all’ATM durante il test dell’apertura passiva della bocca, la palpazione dell’ATM, i tests di

trazione e traslazione e qualche volta durante la compressione dell’articolazione, mentre i pazienti

con dolore muscolare indicavano dolore o nessun dolore nei muscoli durante l’apertura passiva

della bocca e il test di trazione e traslazione (Joint play). Questi pazienti indicavano dolore durante

la palpazione dei muscoli e nessun dolore durante il test di compressione. In ogni modo, poiché il

test statico di provocazione del dolore risulta capace di suscitare dolore nell’apparato muscolo

tendineo, l’interpretazione dei risultati di questo test può essere confusa quando l’ATM è sensibile

alla compressione. Perciò un test di compressione aggiuntivo è necessario per la corretta

interpretazione dell’origine del dolore (6).

Nel 2000 Visscher e coll. effettuavano una ricerca in parallelo su questi test usandoli sia sul sistema

cranio mandibolare sia sulla colonna cervicale (movimenti attivi e passivi del sistema cranio –

mandibolare, test dinamici e statici contro resistenza del sistema cranio mandibolare, palpazione del

sistema cranio mandibolare, movimenti attivi e passivi della colonna cervicale, test dinamici e

statici contro resistenza del tratto cervicale della colonna vertebrale, palpazione dei muscoli della

colonna cervicale). Giungevano alla conclusione che il massimo dolore verificatosi durante i test

dinamici e statici discrimina meglio degli altri test tra persone con o senza sintomatologia dolorosa

cranio mandibolare o cervico spinale. Concordavano con lo studio del 1997 che durante il test

dinamico le strutture articolari sono testate per il dolore, mentre durante il test statico sono le

strutture muscolari ad essere testate. Aggiungevano però che i movimenti attivi e passivi migliorano

il potere discriminante dei test dinamici e statici. (8)

Sempre Visscher nel 2009 in uno studio ha determinato l’accuratezza e la precisione dei test clinici

sul dolore TMD, affermando tra l’altro che per la conferma di un sospetto dolore da TMD è meglio

fare affidamento su una positività dei test dinamico-statici, mentre per convalidare l’assenza di

dolore da TMD , è bene fare affidamento sull’esito negativo dell’esame secondo le linee guida dei

Research Diagnostic Ctriteria RDC/TMD. (9)

Test kinesiologici

Kinesiologia applicata (KA) all’odontoiatria: principi di base

La kinesiologia applicata è una disciplina essenzialmente diagnostica, con risvolti terapeutici, nata

tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 ad opera di un dottore in chiropratica, G.J.

Goodheart.

Scopo della KA è fare diagnosi (dis)funzionale precisa sui meccanismi patogenetici che stanno alla

base del problema del paziente, misurare la tolleranza biologica del singolo individuo (capacità di

adattamento del paziente nei confronti dei vari stress che lo bersagliano) e scegliere-indirizzare le

terapie classiche nel modo più efficace possibile.

Le catene muscolari

Assunto di base della kinesiologia è che il nostro sistema muscolare è organizzato in catene

aponeurotiche che, partendo dall’alto, discendono, coinvolgendo muscoli di vari distretti; ciò

permette la trasmissione di eventuali plus o minus di tensione (19). Sono le aponeurosi e le loro

espansioni ad essere gli elementi unificatori dell’intero sistema muscolare. Lo squilibrio del corpo

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non è causato primariamente dai muscoli ipertonici ma dall’ipotonicità. Partendo da questo assunto

alcuni autori hanno individuato vari sistemi di catene muscolari.

Per mantenere l’equilibrio il sistema nervoso centrale elabora milioni di informazioni al secondo

grazie a un complesso meccanismo di controllo in cui si integrano informazioni di origine visiva,

tattile propriocettiva e vestibolare.

I propriocettori sono recettori muscolo-tendinei, articolari e labirintici, che recepiscono lo stimolo

che nasce all’interno dell’organismo.

Nella propriocezione si distinguono una componente cosciente, comprendente la sensazione della

posizione e del movimento articolare, e una componente incosciente (archipropriocezione) che

coinvolge le strutture più primitive del sistema nervoso (18)). Il sistema muscolo scheletrico è

primariamente influenzato dal sistema archipropriocettivo, in grado di informare al altissima

velocità i centri nervosi a livello del midollo spinale e del tronco encefalico. La regolazione

posturale necessita però di integrarsi con altre afferenze sensoriali di origine visiva e vestibolare.

Per esempio per entrare nel nostro campo, secondo lo Stefanelli (18), la deviazione laterale della

mandibola produce un’inibizione dei muscoli flessori anteriori controlaterali e di quelli estensori

posteriori omolaterali della coscia, esattamente come la copertura dell’orecchio.

Correlazione tra postura e TMD-id. Vari studi mostrano una correlazione tra postura e TMD. Tra gli altri, Munhoz WC e Marques AP

in uno studio del 2009 (15) hanno inteso verificare la possibile relazione tra la postura globale del

corpo e l’incoordinazione condilo discale dell’ATM (TM-id) attraverso la comparazione di 30

soggetti che presentavano tipici segni di TMJ-id con 20 soggetti in buona salute, usando l’analisi

delle catene muscolari su foto standardizzate dove venivano individuati punti di repere.

I risultati del loro studio mostrano una più alta frequenza di spalle sollevate e di cambiamenti nella

catena muscolare antero - interna dell’anca nel gruppo test, senza trovare ulteriori significative

differenze tra il gruppo test e quello di controllo.

La catena antero - interna dell’anca è costituita da muscoli iliaco, psoas maggiore e minore,

pettineo, gracile e adduttori grande, lungo e corto. L’accorciamento di questa catena può portare ad

aumento della lordosi lombare, flessione rotazione mediale o adduzione dell’anca, e ginocchio

valgo.

Inoltre il gruppo test era stato suddiviso in tre sottogruppi, in accordo con l’indice Helkimo di

gravità dei disordini temporo mandibolari. Nessun significativa differenza statisticamente rilevante

è stata trovata tra i sottogruppi. Comunque era notata una tendenza nel sottogruppo con il più grave

grado di disfunzione, di presentare la postura della testa e della spalle in avanti e un aumento della

lordosi lombare.

In accordo con l’analisi fatta in questo, come in uno studio precedente sullo stesso campione,

Munhoz e Marquez hanno elaborato le seguenti considerazioni generali.

- TMD-id sono spesso associati a deviazioni posturali della testa, della colonna cervicale, delle

spalle, della regione pelvica e dell’anca, che sono più facilmente individuate dall’analisi qualitativa.

La più grande concentrazione di deviazioni posturali nelle regioni adiacenti al sistema temporo

mandibolare, trovata in questi studi, suggerisce che tali regioni sono più spesso anatomicamente e

funzionalmente connesse a tale sistema. Le deviazioni in regioni discendenti in direzione cranio –

caudale potrebbero essere secondarie, più debolmente connesse ai TMD.

- La postura del corpo non è casualmente alterata nei soggetti con TMD articolari o misti (con

componente muscolare oltre che articolare) , ma segue specifici modelli.

- Questa è una tendenza, benché non statisticamente significativa, che alcune di queste deviazioni

posturali, sono più frequenti in soggetti con grave TMD, specialmente se a causa dell’esacerbazione

della componente miogena. Questo suggerisce, ma non determina, che le deviazioni posturali sono

la conseguenza di TMD, non la causa. Lo studio citato conclude che studi supplementari con un

campione più ampio includente soggetti con vari gradi di gravità di TMD potrebbero giungere a

conclusioni più precise sulla relazione tra gravità di TMD e postura del corpo.

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Il test muscolare.

La KA si configura come una serie di test manuali in chiave bioenergetica e clinica delle interazioni

neuromuscolari tra le catene posturali cinetiche in risposta a stressore di varia natura (Perseo).

La verifica muscolare manuale è il procedimento che permette di valutare la capacità del paziente di

contrarre uno specifico muscolo “isolato” contro l’”opposizione” e la “resistenza” dell’esaminatore

in un dato timing.

Secondo Pelosi (16) qualsiasi muscolo, purché normo-funzionante può essere utilizzato per

l’effettuazione di un test muscolare.

Il muscolo indicatore forte è uno strumento di lettura che permette analisi di tipo generale. Esso è in

grado di fornire una valutazione di tutte le componenti del sistema, evidenziando i diversi problemi

corporei, solo se questi sono importanti per l’economia generale del sistema.

Il muscolo indicatore debole può essere utilizzato solo come rilevatore della funzionalità del

sistema specifico correlato e mai come indicatore generico.

Uno dei test usati più comunemente è il test di rotazione interna dei piedi (test sui muscoli

rotatori dell’anca). E’ un test posturale dinamico che si esegue con il paziente in posizione di

allineamento posturale (paziente in posizione di neutralità, sdraiato, occhi socchiusi, sguardo su un

punto fisso del soffitto).

Serve a verificare l’ampiezza del movimento di massima rotazione interna degli arti inferiori che da

un punto di vista muscolare ci permette di valutare la simmetria del tono dei muscoli rotatori

esterni dell’anca e da un punto di vista articolare la mobilità del femore a livello dell’articolazione

coxo-femorale (16). In genere è utilizzato per distinguere se il problema è di tipo ascendente o

discendente, cioè l’origine di un problema.

Ad esempio se viene riscontrato un ipertono a destra (piede in su), si pone il braccio destro flesso

con la mano che tocca la spalla controlaterale e si ripete il test: se i piedi vanno in pari (test

positivo) questo indica che il problema è al di sopra di C2 e perciò discendente.

Se ponendo il braccio sinistro dietro la nuca e il test rimane positivo c’è anche un problema di tipo

ascendente. Se invece ponendo il braccio sinistro dietro la nuca l’ipertono rimane (test negativo) il

problema è solo di tipo discendente (Autet 1985),

Test di rotazione interna dei piedi (test sui muscoli rotatori dell’anca)

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Test sul muscolo tensore della fascia lata

Verifica delle variabili introdotte nel corso del test muscolare.

La verifica delle variabili di sistema (challenge) consiste sostanzialmente nel registrare eventuali

variazioni di resistenza al test muscolare del paziente sottoposto a visita prima e dopo aver inserito

dei cambiamenti nel suo stato, che possono, per esempio, consistere nell’aprire o chiudere la bocca

o applicare un bite. Il challenge può essere strutturale, biochimico o psico-emozionale (19).

Il challenge indica la direzione terapeutica se in grado di ri-normalizzare il muscolo e sconsiglia

l’altra manovra terapeutica, se invece crea un quadro disfunzionale.

Localizzazione terapeutica o disfunzionale (therapy localisation, TL).

E’ un metodo introdotto da Goodheart, usato in associazione al test muscolare, che rivela dove si

trova il “problema” senza specificare cosa non funziona (20). Lo si deve quindi abbinare ad altri

procedimenti diagnostici, per poter trarre le conclusioni finali.

Nella localizzazione disfunzionale di fatto succede che, quando un paziente tocca una zona che è in

disfunzione, si verifica una variazione della sua resistenza al test muscolare precedentemente

eseguito.

Quando un muscolo, apparentemente non associato a un riflesso o ad un altro fattore, viene usato

per valutare la localizzazione terapeutica, lo si chiama muscolo “indicatore”.

Secondo Stefanelli l’ipotesi più plausibile per spiegare la TL è che il contatto effettuato dal paziente

tramite l’attivazione dei meccanocettori, accresca la stimolazione afferente proveniente dalla zona

di contatto e ne aumenti la rappresentazione a livello del tronco cerebrale, del cervelletto e della

corteccia. Tali variazioni di rappresentazione centrale si manifestano come cambiamenti dello stato

di integrazione centrale dei neuroni delle via motorie discendenti e quindi dei motoneuroni “alfa”.

L’effetto della TL sulla contrazione muscolare sarebbe legato al modello di energia

elettromagnetica del corpo, confermato dal fatto che essa cambia quando cambia la conduttività.

La zona di cute o mucosa sovrastante un muscolo, un viscere o un punto riflesso disfunzionale

sarebbe elettricamente perturbata. Tale zona dermo neuro distrofica sarebbe in uno stato di

iperpolarizzazione e costituirebbe un vero e proprio segnale di allarme elettrico che scatenerebbe

una reazione a catena: per trasferimento su un muscolo precedentemente forte, questa perturbazione

elettrica lo indebolirebbe, modificandone il potenziale di contrazione.

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Se si inietta un qualsiasi anestetico direttamente nella zona interessata, l’effetto sul muscolo

indicatore non si manifesta, poiché si blocca l’attività dei neuro mediatori periferici e centrali della

nocicezione.

La positività della TL non è da intendersi solo come indebolimento di un muscolo “forte” derivante

dall’applicazione della TL, ma anche come rafforzamento di un muscolo “debole”

conseguentemente all’identificazione di un disturbo da parte della TL.

La tecnica della localizzazione terapeutica o disfunzionale applicata ai DTM

I test muscolari relativi alle ATM eseguiti insieme alla Localizzazione Disfunzionale possono

essere eseguiti bilateralmente.

Normalmente con una TL sull’ATM il muscolo indicatore forte non si deve indebolire. La

debolezza indica che probabilmente c’è un problema nell’articolazione stessa.

In presenza di una positività, cioè di un indebolimento del muscolo indicatore, si procederà a

ripetere il test monolateralmente in modo da individuare se un solo è positivo o tutti e due.

Il test si esegue prima a bocca chiusa e poi a bocca aperta per verificare eventuali differenze nel test

muscolare.

Per quanto riguarda l’ATM Stefanelli usa come muscolo indicatore il muscolo tensore della fascia

lata, facente parte della catena anterolaterale, bilateralmente, in condizioni di normotonia. Altri

(Ferreri) usano il muscolo gluteo medio della catena postero laterale. Altri ancora (Petrucci) usano

il test di rotazione interna dei piedi.

Procedure pratiche secondo Stefanelli (18): picchiettare bilateralmente l’ATM per stimolare i

meccanocettori e quindi aumentare la sua rappresentazione corticale;

- TL bilaterale sulle ATM con bocca lievemente aperta. Se il muscolo indicatore cede, significa che

c’è una patologia intrinseca di tipo infiammatorio e/o degenerativo;

- TL bilaterale sulle ATM con bocca aperta al massimo. Se il muscolo indicatore cede vi sono due

possibilità:

mandibola universale: problema di compressione sinfisaria provocato da traumi, chirurgia,

edentulie posteriori protesi circolari e/o scheletrate. L’apertura massimale della bocca causa

debolezza di tutti i muscoli sotto il diaframma, a differenza dello spasmo dei muscoli pterigoidei:

sintomi: cefalea, astenia, vertigini e acufeni, disturbi digestivi e intestinali (legati a sindrome della

valvola ileocecale con disbiosi intestinale quasi sempre associata), infezioni urinarie croniche,

borsiti, tunnel carpale ernia discale;

spasmo dei muscoli pterigoidei: fasci inferiori del muscolo pterigoideo esterno per ipercontrazione,

muscolo pterigoideo interno per stiramento;

-TL bilaterale sulle ATM associata movimento di lateralità. Il muscolo indicatore cede, a conferma

dello spasmo dei muscoli pterigoidei;

- TL bilaterale sulle ATM associata a protrusione mandibolare. Il muscolo indicatore cede: il

problema si trova a livello dei fasci anteriori del muscolo temporale;

-TL bilaterale sulle ATM associata a retrusione mandibolare. Il muscolo indicatore cede: il

problema si trova a livello dei fasci posteriori del muscolo temporale.

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Localizzazione terapeutica sull’ATM

Test di rotazione interna dei piedi effettuato insieme a una localizzazione terapeutica sull’ATM

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Discussione

I test chinesiologici in relazione ai TMD sono affidabili e validi?

In letteratura vari lavori scientifici danno risultati e conclusioni contrastanti sulla validità e

affidabilità dei test muscolari usati in chinesiologia.

Per esempio Cuthbert SC e Goodheart GJ Jr (12) in una revisione della letteratura del 2007

concludono che i test muscolari manuali usati da chiropratici, fisioterapisti e neurologi hanno

mostrato essere di utilità clinica ma che la loro definitiva validazione e applicazione scientifica

richiede una verifica che utilizzi sofisticati modelli di ricerca nell’area della neurofisiologia,

biomeccanica, prove controllate casuali e analisi statistiche.

Haas M, Cooperstein e R, Peterson D. (14) nello stesso anno contestano tali conclusioni e

affermano che l’evidenza scientifica fino ad oggi non supporta l’uso dei test muscolari per la

diagnosi di malattie organiche o di condizioni precliniche o subcliniche.

Sono molto pochi i lavori che si sono occupati della validazione scientifica di questi test in

relazione ai disturbi temporo mandibolari. Uno di questi è del 2005 (13) ad opera del gruppo di

lavoro della prof.ssa Michelotti dell’Università di Napoli e aveva lo scopo di verificare l’affidabilità

e la validità di due test chinesiologici.

Sono stati reclutati per questo lavoro 41 studenti dell’università di Napoli. I soggetti venivano

sottoposti ad esame funzionale per TMD, eseguito da un dentista addestrato, in accordo con l’Asse I

dei Research Diagnostic Criteria per TMD. La proporzione di soggetti con dolore mio fasciale e de-

piazzamento anteriore del disco trovata nel campione si adattava a precedenti stime sulla prevalenza

di TMD nella popolazione generale. Dopo di che venivano sottoposti al test di diseguaglianza della

lunghezza delle gambe e al test di rotazione interna dei piedi da parte di un chiropratico esperto, da

parte di un dentista esperto su queste metodiche e da parte di un dentista generico addestrato in un

giorno.

In conclusione è stato verificato nel lavoro che la diseguaglianza nella lunghezza delle gambe e

l’asimmetria nella rotazione interna dei piedi sono altamente frequenti in una popolazione di

studenti.

I risultati di questo studio indicano che l’accordo tra dentisti e chiropratico nell’esecuzione di questi

test, benché meglio che casuale, era in genere poco, particolarmente per il test della rotazione

interna del piede, e indicano quindi una scarsa affidabilità e uno scarso sostegno clinico dall’uso di

questi test in odontoiatria.

La sensibilità e la specificità di questi test di discriminare tra pazienti con TMD e soggetti sani era

sotto la soglia accettabile. La validità diagnostica dei test di misurazione veloce visuale delle gambe

per discriminare tra pazienti con TMD e soggetti in buona salute era pertanto molto bassa.

Quindi la valutazione visuale della differenza di lunghezza delle gambe e la rotazione interna dei

piedi erano considerati test inaffidabili e non validi per la diagnosi di TMD.

I risultati di questi test usati in odontoiatria dovrebbero pertanto essere interpretati con cautela,

soprattutto quando le decisioni cliniche possono portare a trattamenti dentali irreversibili. Lo studio

tra l’altro invitava a considerare i dati presenti come conclusioni preliminari a cui sarebbe

necessario rispondere con un più ampio campione, misure e molteplici esaminatori.

Conclusioni

I test di manipolazione funzionale sono ormai entrati nella pratica quotidiana di chi si occupa di

patologie dell’A.T.M.. Hanno dimostrato attraverso un discreto numero di studi scientifici la loro

affidabilità e validità. In genere la presenza/assenza del dolore può essere determinata meglio

attraverso la combinazione dei test che verificano la funzione del sistema masticatorio.

In particolare gli studi esaminati hanno dimostrato che i test relativi ai movimenti attivi sono i più

utili per distinguere tra pazienti con incoordinazione condilo discale con o senza riduzione e tra

pazienti con incoordinazione condilo – discale e pazienti con osteoartrosi. Inoltre i test dinamico e

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statico contro resistenza, come parte dell’esame clinico, giocano un ruolo importante poiché danno

un’indicazione sull’origine del dolore se principalmente articolare o muscolare.

Al contrario gli studi effettuati fino ad ora sui test kinesiologici hanno portato a risultati controversi

sulla loro affidabilità e validità. E’ anche vero che questi test vengono utilizzati insieme ad altro

tipo di valutazioni per avere un quadro clinico del paziente nel suo complesso; è quindi difficile fare

uno studio statistico su una massa di soggetti che hanno ognuno una propria individualità clinica

con caratteristiche che è impossibile standardizzare. Inoltre questi test vengono utilizzati da vari

operatori sanitari (chiropratici, fisioterapisti, osteopati, ecc…) soprattutto per verificare se un

eventuale problema è connesso ad altri nell’organismo o se vi sono situazioni di compenso in altri

distretti del corpo.

BIBLIOGRAFIA

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