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Qual è la linea ascendente e quale quella discendente?

Master macchina

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Qual è la linea ascendente e quale quella discendente?

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Che cos’è la tecnica?

Che relazione c’è tra uomo e tecnica?

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<<Privo di apparato sensoriale, privo d’armi, nudo, embrionale in tutto il suo habitus, malsicuro nei suoi istinti, l’uomo è l’essere che dipende esistenzialmente dall’azione.>>

Arnold Gehlen, L’uomo nell’età della tecnica, 1957

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Orme nella Valle di Laetoli, Tanzania, 3.600 millenni fa.

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<<Dal punto di vista morfologico –a differenza di tutti i mammiferi superiori- l’uomo è determinato in linea fondamentale da una serie di carenze, le quali di volta in volta vanno definite nel preciso senso biologico di inadattamenti, non specializzazioni, primitivismi, cioè carenze di sviluppo: e dunque in senso essenzialmente negativo. Manca in lui il rivestimento pilifero, e pertanto la protezione naturale dalle intemperie; egli è privo di organi difensivi naturali, ma anche di una struttura somatica atta alla fuga; quanto ad acutezza dei sensi è superato dalla maggior parte degli animali e, in una misura che è addirittura un pericolo per la sua vita, difetta di istinti autentici e durante la primissima infanzia ha necessità di protezione per un tempo incomparabilmente protratto.>>

Arnold Gehlen, L’Uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, 1940

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<<La differenza tra l’animale e l’uomo non è nella presenza o nell’assenza dell’anima… ma nella differente dialettica tra il corpo e l’ambiente. L’animale si adatta all’ambiente naturale, l’uomo vi si rapporta per trascenderlo… L’anima è tutta qui, nella capacità umana di oltrepassare l’ambiente naturale per darsene uno virtuale…

Il senso della tecnica è tutto qui, nel riconoscere al di là dell’ambiente attuale un ambiente possibile...>>

Umberto Galimberti, Psiche e Techne

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Apertura del ventaglio corticale. La liberazione della volta (in nero) comporta nell'homo sapiens (f) un'apertura sempre più ampia della regione media corrispondente alla corteccia della motilità volontaria e alle zone associative. Leroi Gourhan, Il gesto e la parola, 1964

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Immagine corticale della motilità volontaria nell'uomo che evidenzia l'enorme importanza della mano e degli organi del linguaggio (parte bassa della faccia, lingua, laringe).

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<<Ogni tecnologia tende a creare un nuovo ambiente umano. La scrittura e il papiro creano l’ambiente sociale che abbiamo in mente quando parliamo degli imperi dell’antichità. La staffa e la ruota creano ambienti assolutamente nuovi di immensa portata. Un ambiente tecnologico non è soltanto un contenitore passivo di uomini, bensì un processo attivo che rimodella gli uomini al pari delle altre tecnologie.>>

Marshall McLuhan, Galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, 1962

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<<Il ‘messaggio’ di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani. La ferrovia non ha introdotto nella società né il movimento, né il trasporto, né la ruota, né la strada, ma ha accelerato e allargato le proporzioni di funzioni umane già esistenti creando città di tipo totalmente nuovo e nuove forme di lavoro e di svago. […] L’aeroplano, dal canto suo, accelerando la velocità dei trasporti, tende a dissolvere le città, le organizzazioni politiche e le forme associative proposte dalla ferrovia, indipendentemente dall’uso che se può fare.

[…] ‘il medium è il messaggio’, perché è il medium che controlla e plasma le proporzioni e la forma dell’associazione umana. I contenuti, invece, cioè le utilizzazioni, di questi media possono essere diversi, ma non hanno alcuna influenza sulle forme dell’associazione umana.>>

Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, 1964

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<<Ho coniato il termine psicotecnologia per definire una tecnologia che emula, estende o amplifica le funzioni senso-motorie, psicologiche o cognitive della mente. (…) In effetti, il telefono, la radio, la televisione, i computer e gli altri media concorrono a creare ambienti che, insieme, stabiliscono ambiti intermedi di elaborazione di informazioni. Sono questi gli ambiti delle psicotecnologie. La televisione, per esempio, è un immaginario collettivo proiettato all’esterno dei corpi della gente, tale da aggregarsi in un processo relativamente coerente e convergente.>>

Derrick de Kerckhove, Brainframes, 1991

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<<Introiettare l’alfabeto nel cervello è stato come installare un programma eccezionalmente potente in un computer eccezionalmente potente –il programma alfabetico ha sostituito alcune delle principali funzioni operative della mente occidentale.>>

Derrick de Kerckhove, Brainframes, 1991

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<<L’ipotesi è che l’alfabeto abbia ricoperto un ruolo determinante nel porre in primo piano la temporizzazione e la sequenzializzazione, vale a dire le due funzioni fondamentali dell’emisfero sinistro del cervello umano. Nel lungo termine ciò ha portato a quella fiducia tipicamente occidentale nella razionalità e alla razionalizzazione di ogni esperienza, compresa quella della percezione spaziale.>>

Derrick de Kerckhove, Brainframes, 1991

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<<Perché l’alfabeto dovrebbe avere qualcosa a che fare con lo spazio? Come oggi Internet, l’alfabeto è stato ed è una tecnologia centrale dell’elaborazione umana dell’informazione. La sua applicazione influisce non solo sul contenuto dell’informazione, ma anche sulla struttura della sua elaborazione. […]

Una mente allenata dalla lettura ad analizzare il testo potrebbe ragionevolmente essere incoraggiata a trasportare queste capacità analitiche per analizzare lo spazio. La capacità di lettura della mente ha semplicemente cambiato gli equilibri basilari della visione.>>

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<<Attraverso l’alfabetizzazione, l’inclinazione alla rappresentazione viene rinforzata e specializzata poiché i lettori devono tradurre il testo nelle immagini rappresentate dalle parole. […]

L’immaginazione è il potere di creare immagini nella propria mente. Questo è ciò che facciamo quando leggiamo. L’interpretazione di un testo ci richiede un esercizio costante delle nostre capacità immaginative. […]

Come lettori, impariamo a rappresentare ed internalizzare il campo visivo riproducendolo nell’immaginazione. […]

I lettori dell’alfabeto possiedono due spazi al prezzo di uno: uno dentro la loro testa, e l’altro, fuori. >>

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<<Oggi il nostro oltremodo esclusivo spazio interno è stato sfidato e forse già ristrutturato dai media elettronici, TV, radio, computer e Internet. Insieme, essi costituiscono il cyberspazio. Tecnicamente, radio e televisione non “appartengono” al cyberspazio, ma adesso che essi sono compresi nel World Wide Web, essi forniscono il contesto e il supporto all’ambiente cognitivo che è propriamente il cyberspazio.

C’è una nuova continuità tra la mente privata e il mondo, ma c’è anche una nuova connettività tra le menti private nel mondo. Uno schermo connesso è più che una “finestra sul mondo”, è un proiettore ed una mano direttamente nel mondo. E’ anche il portale attraverso cui le menti interagiscono e lasciano tracce comuni. >>

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<< …sta avvenendo uno sviluppo psicologico radicalmente nuovo: la formazione della mente connettiva.>>

Derrick de Kerckhove, L’Architettura dell’Intelligenza, 2001

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Sulla storia della macchina, sul digitale e sui circuiti...

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Il primo calcolatore elettronico programmabile: l'Eniac, costruito a partire dal 1942 presso l'Università della Pennsylvania.

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Nei calcolatori digitali le quantità numeriche da elaborare vengono introdotte nella macchina in forma discreta, cioé i numeri sono rappresentati da componenti meccanici o elettrici che assumono un numero finito di stati. A tale scopo, possono essere utilizzate palline di un abaco, ruote dentate che assumono un numero finito di posizioni, circuiti elettrici aperti o chiusi, ecc.

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Il passaggio cruciale tra la tecnologia meccanica e quella elettronica non è legato semplicemente all’impiego della corrente elettrica, o all’introduzione di un particolare dispositivo elettronico (come, ad esempio, i relè, le valvole termoioniche, o il transistor), quanto alla rappresentazione dell’informazione numerica con segnali elettrici: l'era del calcolatore elettronico si apre nel momento in cui l’informazione numerica comincia ad essere rappresentata ed elaborata mediante segnali elettrici.

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I componenti elementari con cui vengono realizzate i computer sono costituiti da semplicissimi circuiti, denominati porte logiche, facilmente realizzati con alcuni interruttori e pochi fili di collegamento.

Il segreto dell'enorme potenza di calcolo dei moderni calcolatori è invece affidato a due fattori: l'altissimo numero di circuiti elementari che combinati insieme consentono di realizzare enormi reti di calcolo (le cosiddette reti logiche) dalle funzionalità via via più complesse; la straordinaria velocità con cui vengono aperti e chiusi gli interruttori di tali circuiti.

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Il bit è la più piccola unità di informazione e designa uno dei due stati che codificano le informazioni all'interno dei computer: la presenza oppure l’assenza di un segnale elettrico. Il passaggio della corrente elettrica con l'interruttore chiuso e la lampadina accesa rappresenta il simbolo 1, mentre il non passaggio di corrente elettrica con l'interruttore aperto e la lampadina spenta rappresenta il simbolo 0. Il funzionamento dei circuiti elettrici di tutti i calcolatori moderni è basato su questi due stati elementari.

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I due stati elementari: 0 (circuito aperto) e 1 (circuito chiuso).

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Le porte logiche possono essere realizzate mediante circuiti elettrici molto semplici combinando in modo opportuno diversi interruttori. Nella figura sono illustrate le porte logiche AND e OR realizzate con semplici interruttori e lampadine.

Porta AND: solo quando entrambi gli interruttori sono chiusi (cioè nello stato 1), la lampadina si accende.

Porta OR: se almeno uno dei due interruttori è chiuso (cioè nello stato 1), allora la lampadina si accende.

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l'interruttore di corrente elettrica costituisce il "mattone" elementare utilizzato per manipolare le informazioni e con esso vengono realizzate in definitiva tutte le reti logiche. Poiché la velocità con cui un interruttore si apre o si chiude (detto tempo di commutazione) condiziona in modo rilevante la velocità di calcolo del computer, dall'invenzione dei primi calcolatori ad oggi si è cercato di migliorare questo meccanismo rendendolo sempre più veloce. Inoltre, la necessità di elaborare grandi quantità di informazioni ha imposto anche l'esigenza di compattare in spazi ristretti un numero sempre più grande di interruttori.

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La commutazione di questo tipo di interruttore deve essere eseguita manualmente e pertanto risulta inadeguato per la realizzazione di un calcolatore. Quello che manca ad un simile dispositivo è il controllo automatico mediante un segnale elettrico per far passare l'interruttore da uno stato all'altro (commutazione).

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Il relè elettromeccanico è il meccanismo più semplice che consente di automatizzare l'apertura e la chiusura di un interruttore e, per questa ragione, è stato il primo componente scelto per realizzare le reti logiche nei calcolatori.

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Un passo molto importante verso la miniaturizzazione dei circuiti elettronici derivò dall'invenzione del transistor che permise, a partire dagli anni ’50, di rendere molto più piccoli i circuiti logici necessari per il funzionamento del calcolatore.

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Nel 1958 l'ingegnere americano J.C. Kilby aprì l'era della miniaturizzazione dei circuiti elettronici riuscendo a combinare diversi componenti elettronici (transistor, diodi, resistenze, ecc.) su una piastrina di silicio di dimensioni più piccole di un francobollo. La produzione industriale dei circuiti integrati a partire dal 1961 costituisce la chiave di volta che porterà alla realizzazione di calcolatori poco ingombranti, sempre più potenti e al tempo stesso sempre più economici.

Nel 1971, tre ingegneri della Intel progettarono e costruirono il primo microprocessore, cioè un’intera unità di calcolo (la CPU) in un singolo circuito integrato.

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Scheda di calcolatore Olivetti (1970) con numerose porte logiche realizzate mediante transistor e particolare delle porte a transistor.

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Sulla macchina e l'interfaccia

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Nel 1945 Vannever Bush scrive ‘As we may think’ e delinea le caratteristiche del Memex: una macchina per agevolare il pensiero attraverso il recupero dell’informazione su base associativa.

La macchina è una specie di scrivania pensata per mettere istantaneamente a portata di mano dell'operatore documenti e materiali su qualsiasi soggetto che sia stato trasferito in microfilm.

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Ispirato alla nozione dei legami associativi del memex, è il termine HYPERLINK coniato nel 1963 dal filosofo Ted Nelson. Se hyperlink sono connessioni tra testi secondo sequenze non lineari, IPERTESTO è una nuova forma di scrittura non sequenziale, che affida cioè al lettore il compito della composizione del testo. Combinando l’idea del memex con le ricerche sull’augmentation of human intellect di Engelbart (oNLine System), Nelson sviluppa l’idea di un ipertesto aperto che collegasse tutte le informazioni del pianeta: XANADU.

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Nel 1965 nasce il PDP-8 il primo minicomputer commerciale, abbastanza piccolo da stare su una scrivania.

Dimensione, velocità e prezzo permettono la diffusione del computer in centinaia di laboratori e uffici.

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Nel 1966 Ivan Sutherland inventa l’head-mounted display un apparato a forma di elmetto capace di immergere l’utente in un mondo simulato tridimensionale: l’uomo riusciva così a conquistare un territorio la cui forma e natura fosse interamente frutto della propria tecnica ed immaginazione.

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Nel 1968 Douglas Engelbart presenta l’oNLine System: bitmapping e manipolazione diretta dei dati realizzano le basi dell’interfaccia grafica e del personal computer. Per la prima volta il monitor non è più semplicemente una superficie di visualizzazione di linee di codice, ma è uno spazio bidimensionale costituito da una griglia di pixel corrispondenti a bit di informazione. Specularmene, per la prima volta i dati assumono una collocazione fisica: lo spazio delle informazioni si localizza sullo schermo.

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Nel 1970 Alan Key sviluppa l’interfaccia grafica e cioè l’idea che ad uno schermo ‘mappato’ potessero corrispondere dei segni che fossero a loro volta metafora di ciò che normalmente sta nel nostro spazio: primo tra essi il desktop, la scrivania. Come sulle nostre scrivanie si sovrappongono fogli e documenti, così Kay trasformò l’intuizione di Engelbart delle finestre come partizioni dello schermo in un sistema di sovrapposizione di piani…

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Nel 1980 Scott Fisher, in collaborazione con Tom Zimmerman, inventa un’ulteriore appendice o protesi tecnologica capace di dare piena tattilità alla ‘presenza virtuale’: il dataglove ovvero la possibilità di toccare e prendere cose e oggetti in un ambiente virtuale.

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Nel 1991 Daniel Sandin e Thomas DeFanti realizzano il CAVE Automatic Virtual Environment un sistema immersivo tridimensionale multi utente basato su retro proiezioni dove un osservatore guida, oltre ad occhiali per la visione stereoscopica, indossa un sensore di posizione che permette al computer di adattare via via la visione ai movimenti dell’osservatore.

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Researchers investigate details of an astronomical simulation in the CAVE at the Los Alamos SuperComputing Center.

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A formulare per primo l’ipotesi che attraverso le nuove tecnologie digitali fosse possibile creare un nuovo tipo di spazio, è Myron Krueger. Dopo gli studi in scienze informatiche Krueger comincia ad elaborare delle installazioni che attraverso un insieme di videocamere, sensori, schermi e computer, rispondono ai gesti e i movimenti degli spettatori, creando un’originale forma di feedback tra spazio macchine e persone. Krueger nomina questi ‘circuiti’ responsive environments: ambienti sensibili o ambienti reattivi.

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Nasce l’idea di una possibile nuova identità dello spazio radicata nella tecnologia elettronica, l’idea che l’ambiente costruito –così come l’ambiente naturale- possa divenire sensibile.

Si tratta di una svolta radicale, ovvero di una prospettiva sullo spazio, e sull’architettura, che per la prima volta propone una concezione ‘organica’ del costruito in una prospettiva propriamente cibernetica e cioè in una prospettiva di simulazione del comportamento dei sistemi viventi.

Una prospettiva saldamente radicata in un orizzonte di ricerca tecnologica.

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Sulla rete

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I centri nevralgici del Paese come avrebbero potuto comunicare dopo una guerra nucleare?

“On Distributed Communications Networks” Paul Baran, 1964

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“The distributed network structure offered the best survivability…”da Atlas of Cyberspaes http://www.cybergeography.org

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La rete non doveva avere alcuna autorità centrale… Perché questo avvenisse era assolutamente necessario che tutti i nodi fossero indipendenti, avessero una pari gerarchia e fossero capaci di originare, passare e ricevere i messaggi.

I messaggi a loro volta sarebbero stati scomposti in pacchetti opportunamente targati per non perdersi lungo la via e ogni pacchetto separatamente indirizzato verso la propria destinazione. Soltanto una volta raggiunta la meta finale i diversi moduli sarebbero stati finalmente ricomposti.

Se per qualsiasi motivo si fosse verificato un blocco lungo una della arterie della rete, il pacchetto sarebbe stato immediatamente re-indirizzato per una strada meno accidentata.

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Una prima descrizione del tipo di interazioni sociali che avrebbero potuto essere attivate dal networking, viene dagli scritti diJ.C.R. Licklider del MIT, del 1962 sul concetto di "Galactic Network".

Licklider descrive una interconnessione globale tra i computer esistenti attraverso cui chiunque potesse velocemente accedere a dati e programmi da qualsiasi luogo.

Licklider fu il primo responsabile del programma sul networking promosso dal DARPA.

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• 1962 Il Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti finanzia l’Advanced Research Projects Agency (ARPA) il programma che getterà le basi della prima rete tra computer ARPANET

• 1965 Con il supporto dell’ARPA viene realizzata la prima connessione a grande distanza tra un TX-2 al MIT e il Q-32 a Santa Monica attraverso linea telefonica

• Il sistema conferma che è possibile utilizzare i cavi telefonici per la trasmissione dati

• Problema centrale è che le macchine, sia pure con sistemi operativi differenti, devono parlare la stessa lingua…

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•1969 Nasce la prima rete

• UCLA il cui team si nomina Network Working Group e individua l’obiettivo della ricerca come sviluppo di un ‘protocollo comune’ chiamato NCP (Network Control Protocol)

• Stanford Research Institute (SRI), con Doug Englebart e il suo progetto “Augmentation of Human Intellect”

• La University of California, Santa Barbara (UCSB) che lavora su problemi di grafica connessi alla rappresentazione di informazioni scientifiche

• Università dello Utah, con Ivan Sutherland e la sua ricerca sui metodi di rappresentazione grafica

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ARPANET 1971

ARPANET 1975

Diagramma di multinetwork 1977

Anche in questo stadio iniziale, la ricerca sul networking si concentra su due questioni centrali: le modalità tecnologiche di interconnessione e le possibilità di utilizzo della connettività.

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@ Information/Knowledge SharingNel 1972 viene sviluppato il primo software di posta elettronica, nato a partire dal bisogno degli sviluppatori di ARPANET di un facile meccanismo di coordinamento dei messaggi.

Da quel momento l’email diviene la più importante applicazione di rete per più di dieci anni, aumentando esponenzialmente il traffico “people-to-people”, modificando radicalmente le forme di comunicazione e di collaborazione, sollecitando una nuova forma di scambio dinamico di idee molto più veloce e operativo rispetto al meccanismo della pubblicazione accademica.

Il precedente, è il meccanismo del “Request for Comments” (RFC), nato nel 1969 con le prime connessioni, come meccanismo veloce di distribuzione e condivisione delle idee.

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• 1978 Il progetto ARPANET è completato

“This ARPA program has created no less than a revolution in computer technology and has been

one of the most successful projects ever undertaken by ARPA.

The full impact of the technical changes set in motion by this project may not be understood for

many years.”

-- da ARPANET Completion Report, January 3, 1978

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• 1982 Il codice di comunicazione TCP/IP diviene di fatto uno ‘standard’. Il codice funziona in due fasi. Il Transmission Control Protocol seziona all'origine i messaggi in diversi pacchetti, per poi ricomporli in unità una volta arrivati a destinazione. L'Internet Protocol ha il compito di fare da postino, e da postino poliglotta: è lui che ha la responsabilità dell'indirizzamento delle singole porzioni di dati attraverso nodi multipli e networks spesso diversi

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• 1990 Riprendendo le intuizioni di Vannevar Bush sulla memoria associativa e di Ted Nelson sull’ipertesto, come sistema di scrittura non sequenziale, Tim Berners-Lee elabora un sistema di ipertesto capace di funzionare in Internet, chiama il suo software Web

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• 1993 Nasce MOSAIC il primo browser per Macintosh e PC che permette una navigazione multimediale tra testi immagini video e suoni

• in soli 18 mesi gli utenti, professionali e non, creano più di 3 milioni di pagine di informazioni multimediali

• cominciano a nascere sistemi che passano in rassegna senza sosta il Web per indicizzare e razionalizzare le risorse che vi si possono trovare.

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Un concetto chiave della storia di Internet riguarda il fatto che esso non fu progettato per una applicazione ma piuttosto come una infrastruttura generale a partire dalla quale nuove applicazioni potessero essere concepite.

Nato nel tempo dei grandi computer da laboratorio, è sopravvissuto nell’era dei personal computer e oggi si confronta con l’interconnessione diffusa, o ‘ubiquitous computing’, e la comunicazione portatile o ‘nomadic computing’-laptop, palmari, cellulari…

Nato come meccanismo di condivisione di dati e risorse, si è trasformato in una forma di altro spazio…

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“La storia della creazione e dello sviluppo di Internet è quella di una straordinaria avventura umana…

Essa fornisce anche un sostegno all’idea che la cooperazione e la libertà di informazione abbiano una capacità conduttiva dell’innovazione superiore a quella della concorrenza e dei diritti di proprietà…

I protocolli TCP/IP su cui è stata costruita ARPA-INTERNET erano aperti e liberi. Come lo erano, negli anni settanta, il sistema operativo UNIX e i protocolli UUCP. E, ancora, lo erano i protocolli modem… il server e il browser World Wide Web, il browser Mosaic e il primo browser commerciale Netscape Navigator.” Manuel Castells

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Sulla connettività mente macchina

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La possibilità di conoscere e gestire la natura elettrica del corpo è alla base di una strumentazione che comincia a realizzare il controllo neurale del calcolatore.

L’obiettivo è quello di realizzare un’interfaccia che non preveda, come mouse e tastiera, l’uso delle mani, ma realizzi la connessione fra circuiti elettrici del computer e impulsi elettrici del corpo.

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L’interfaccia neurale consiste in uno scambio di dati diretto tra computer e sistema nervoso.

Il sistema procede attraverso tre fasi:

• acquisizione dei segnali bioelettrici (EMG, EOG, EEG, EKG)

• elaborazione dei segnali per il riconoscimento dei pattern

• mappatura dei risultati dell’elaborazione e codificazione degli output per il controllo di altri strumenti elettronici.

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La natura elettrica del sistema nervoso

–la base per il diretto controllo neurale del computer–

è nota dal 1849 quando il fisiologo tedesco Emil Heinrich Du Bois-Reymond riportò la scoperta di minute scariche elettriche generate dalla contrazione dei muscoli del proprio braccio.

I segnali elettrici dei muscoli sono chiamati elettromiografici, o EMG.

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Un altro approccio al controllo del computer con segnali biologici dipende da un altro fenomeno elettrico del corpo umano: il potenziale elettrico dell’occhio.

I circuiti elettronici possono rilevare i sottili cambiamenti di tensione sulla faccia di una persona al movimento degli occhi.

Questi impulsi sono chiamati segnali elettrooculografici, o EOG.

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Nel 1929 lo psichiatra tedesco Hans Berger coniò il termine “elettroncefalogramma” o EEG per descrivere la registrazione della differenza di potenziale delle cellule nervose della corteccia cerebrale rilevata attraverso elettrodi posti sul capo.

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L’attività elettrochimica del cervello si manifesta attraverso “onde elettromagnetiche”. La frequenza di tali onde, calcolata in ‘cicli al secondo’, o Hertz (Hz), varia a seconda del tipo di attivita’ in cui il cervello e’ impegnato e puo’ essere misurata con apparecchi elettronici. Gli scienziati suddividono comunemente le onde in “quattro bande”, che corrispondono a quattro fasce di frequenza e che riflettono le diverse “attivita’ del cervello”.

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Onde Beta

Hanno una frequenza che varia da 13 a 30 Hz e sono associate alle normali attivita’ di veglia, quando siamo concentrati sugli stimoli esterni. Le onde beta sono infatti alla base delle nostre fondamentali attivita’ di sopravvivenza, di ordinamento, di selezione e valutazione degli stimoli che provengono dal mondo che ci circonda. Per esempio, leggendo queste righe il vostro cervello sta producendo onde beta. Esse, poi, ci permettono la reazione più veloce e l’esecuzione rapida di azioni. Nei momenti di stress o di ansia le beta ci danno la possibilita’ di tenere sotto controllo la situazione e dare veloce soluzione ai problemi.

Onde Theta

La loro frequenza e’ tra i 3 ed i 8 Hz e sono proprie della mente impegnata in attivita’ di immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa. Tendono ad essere prodotte durante la meditazione profonda. Il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno (cioe’, quando si sogna). Nelle attivita’ di veglia le onde theta sono il segno di una conoscenza intuitiva e di una capacita’ immaginativa radicata nel profondo. Genericamente vengono associate alla creativita’ e alle attitudini artistiche.

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Onde Alpha

Hanno una frequenza che varia da 7 a 13 Hz e sono associate a uno stato di coscienza vigile, ma rilassata. La mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde Alpha dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso. Sono tipiche, per esempio, dell’attività cerebrale di chi è impegnato in una seduta di meditazione, yoga, taiji.

Onde Delta

Hanno una frequenza tra 0,1 e 3 Hz e sono associate al piu’ profondo rilassamento psicofisico. Le onde cerebrali a minore frequenza sono quelle proprie della mente inconscia, del sonno senza sogni, dell’abbandono totale.

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Dal BioMouse della BioControl Systems, al Brain Wave Visual Analyser della IBVA Technologies, al Mind Drive della Altered States, al MindSet della AquaThought Foundation, oggi sono disponibili sul mercato diversi tipi di analizzatori di onde cerebrali compatibili con normali pc ed in grado di permettere tanto un semplice controllo neurale del monitor attraverso l’azionamento di un cursore quanto l’interazione con ambienti virtuali complessi.

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La possibilità di utilizzare lo spazio virtuale come spazio di convergenza tra spazio oggettivo e soggettivo, ovvero tra un ambiente dato e la sua modificazione in tempo reale attraverso la presenza mentale del soggetto, sta già diventando un attivo campo di sperimentazione.

Nel Mind Garden di Paras Kaul la frequenza dell’onda cerebrale determina direttamente l’esperienza che il soggetto fa del giardino, modificandone la forma, i suoni e i colori ovvero l’insieme degli eventi multimediali che caratterizzano l’ambiente immerisivo.

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Jhoan Wessberg e Miguel Nicolelis, Duke University Medical Cennter, controllo neurale di un arto robotico tramite chip da innesto cerebrale, 2001.

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Argus, retina artificiale, Univercity of Southern California, 2005

Una microcamera wireless montata su occhiali trasmette le informazioni visive ad un chip posizionato dietro l’orecchio, questo le trasforma in impulsi elettrici, facendole poi arrivare agli elettrodi della retina mediante un cavo posto sottopelle. Gli elettrodi stimolano i fotoricettori a cui il danno impediva di funzionare: il segnale proveniente dalla telecamera può così raggiungere il nervo ottico e infine il cervello.

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Vagus Nerve Stimulator, Cyberonics

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John Donoghue, Brown University, Brain Gate System, 2004

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Matthew può ora usare l’email, cambiare i canali della tv, giocare con i videogame, accendere e spegnere la luce della stanza, disegnare e manovrare un braccio meccanico.

Gli impulsi motori del suo cervello, che non raggiungono più i suoi arti, prendono corpo sul monitor del computer.

“All’inizio era come se pensassi di muovere il mouse con la mia mano, ora non più:sposto il cursore direttamente col pensiero” M.Nagel

Il suo cervello ha ‘assimilato’ il sistema e aggirato il guasto…

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Se, come affermano gli studi più recenti, il cervello riesce a fornire una risposta stabile nonostante la sua natura in continua evoluzione perché sembra contenere una sorta di ‘modello interno’ del mondo, che esso paragona costantemente alle nuove esperienze verificando così quali segnali provenienti dall’ambiente possono essere ignorati e quali invece vanno incorporati e usati per aggiornare il proprio modello… dunque se è questo il rapporto in continua evoluzione tra la mente e il mondo, la possibilità di una protesi virtuale –ovvero esterna e lontana dal corpo- non soltanto implica come detto una modificazione radicale di questo modello interno, ovvero delle mappe neuronali, ma apre le nostre prospettive di ricerca verso un’incognita radicale…

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“…se un elemento esterno ed altro dal corpo può essere incorporato nel modello interno

del cervello, come verrebbero ‘rappresentate’ protesi virtuali svincolate dalle leggi della

fisica e dal così detto reale?” Nicolelis

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