Matalotta Siracusana - Bucatini - Lombardo, Emanuele

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cucina

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  • Collana Leco del gustoRicette siciliane fatte in casa

    Matalotta siracusanaBucatini e pesce in brodo

    Una ricetta tradizionale di Siracusa

    a cura di Emanuele Lombardo

  • Copyright 2013 Emanuele LombardoTutti i diritti riservati

  • Questo libro dedicato a tutti gli amanti dellacucina buona, sana e nutriente: a tutti coloro

    che sono capaci di sentire quello che c, al dil degli ingredienti, allinterno di un piatto

    cucinato con amore.

  • Sommario

    Una ricetta, un viaggio, un raccontoImparare a valutare la freschezza del pesceMatalotta siracusanaIngredienti per 4 porzioniDescrizione del procedimentoIngredientiProcedimentoLa pastaIl piatto finitoLeco del gusto il romanzoCapitolo primoCapitolo secondo

  • Una ricetta, un viaggio, unracconto.

    La Sicilia uno scrigno inesauribile di ricettetradizionali capaci di sorprendere perleleganza e per lequilibrio dei sapori.

    La cultura gastronomica che nei secoli fioritain questa terra bellissima figlia della suastoria. Paradossalmente, per, la grazia,larmonia e la ricchezza delle ricette sicilianesono il frutto di secoli di violenze perpetrate adanno della popolazione: un passato in cui lemaggiori potenze del Mediterraneo sicontendevano il controllo dellisola e ledominazioni straniere si alternavanonelloppressione degli abitanti.

  • La povert e la precariet della vita del ceto pibasso della societ, che rappresentava lamaggioranza della popolazione, ha da semprespinto i siciliani alla ricerca di soluzionisemplici, economiche e il pi possibilegustose, al problema dellapprovvigionamentodel cibo.

    In una terra in cui spesso ai popolani erapersino vietato raccogliere la legna da ardereper riscaldarsi durante linverno, le unicherisorse di sostentamento consentite eranoquelle offerte spontaneamente dalla Natura.

    Che la cucina siciliana di casa nascadallesigenza di mettere a frutto le pocherisorse reperibili nel territorio circostante, dimostrato dalla semplicit e dallunicit di unamiriade di ricette spesso note solo nei piccolicentri urbani in cui, secoli addietro, essefurono inventate.

  • Cos, oggi che la Scienza ci insegna adapprezzare il valore dei cibi poco trasformati,poveri di grassi e di sale e ricchi invece di fibrae di antiossidanti naturali, lantico ingegnodelle madri siciliane diventa leredit pipreziosa dellisola. Limpegno caparbio diqueste donne nel trovare la combinazione pigustosa di pochi poveri ingredienti, per offrireun pasto gradevole ai propri figli, ha posto lefondamenta della Dieta Mediterranea, unmodello alimentare che la Scienza moderna haclassificato fra i migliori per la tutela dellasalute umana.

    I pilastri di questa dieta sana e gustosa sono:

    - luso quasi esclusivo dellolioextravergine di oliva come grasso dacondimento;

    - il consumo frequente di pesce fresco;

  • - labbondanza di antiossidanti naturalipresenti, ad esempio, nei vegetaliintensamente colorati;

    - labitudine al consumo di cereali e dilegumi, ricchi di fibra, di carboidratidella migliore qualit e, se assunti incombinazione fra loro, capaci perfino difornire allorganismo proteine dalvalore biologico paragonabile a quellodelle carni animali.

    Questo breve libro dedicato a descrivere unaricetta tipica della tradizione marinara diSiracusa, splendida citt che si affaccia sulmare cristallino della costa orientale dellaSicilia.

    Di seguito troverete la descrizione, passo dopopasso, di unottima ricetta a base di pesce, unapreparazione che fornisce allo stesso tempo undelizioso condimento per la pasta e un ottimo

  • secondo piatto.

    Al gusto delicato di questa ricetta si abbinano ipregi nutrizionali del pesce azzurro.

    Questo libro illustrato appartiene alla collanaLeco del gusto RICETTE SICILIANEFATTE IN CASA e vi accompagner allascoperta di un modo nuovo di apprezzare isapori della cucina tradizionale.

    Fra le delicate sfumature dellaroma di questopiatto, chi lo vorr potr ascoltare Leco delgusto, una voce che non ha suono, ma che hatanto, davvero tanto, da raccontare.

    Per aiutarvi a vivere lesperienza meravigliosadi accogliere il dono damore lasciato in questaricetta dalle generazioni del passato, alla fine diquesto libro abbiamo pubblicato i primi duecapitoli del romanzo Leco del gusto, unastoria damore ambientata in Sicilia negli anni

  • della seconda guerra mondiale. La versione e-book del romanzo disponibile su Amazon.it.La versione cartacea di questa bellissima storiasi pu invece ordinare [email protected] o tramite il sitohttp://www.ecodelgusto.com.

    Buona lettura e buonissima degustazione.

    Emanuele Lombardo

  • Imparare a valutare lafreschezza del pesceLelemento pi pregiato della ricetta che quidescriviamo il pesce fresco.

    Sebbene sia ovviamente possibile preparare lostesso piatto usando del pesce congelato, ladifferenza in termini di resa sensoriale delpiatto finito incommensurabile.

    Come ingrediente da cucina, ogni variet dipesce ha le proprie qualit e, se cucinato nellamaniera pi adatta, pu davvero costituirelelemento chiave per il successo di un buonpranzo.

    Il pesce, tuttavia, un alimento facilmentedeperibile e la probabilit di acquistare dellamateria prima scadente alta se non se ne

  • conoscono le caratteristiche tipiche.

    Servirsi di un fornitore affidabile senzaltro ilprimo passo verso un buon acquisto. Il secondo dedicare il tempo necessario allosservazionedelle caratteristiche del pescato, prima dicomperarlo.

    Di seguito descriviamo le caratteristiche chepermettono di distinguere a vista il pescefresco da quello avariato o di scarsa qualit.

    TurgoreIl pesce un animale acquatico e come tale ilsuo organismo contiene una quantit dacquasuperiore a quella normalmente presente negliorganismi terrestri. Il turgore delle sue carni,dunque, un indice di freschezza. Se il pesceha un aspetto avvizzito, molto probabilmente poco fresco.

    Occhio

  • Un buon indicatore del contenuto di acqua delpesce, e quindi del suo grado di freschezza, locchio. Se la lente che riveste locchio delpesce si presenta convessa e alta, questo segno che il pesce ancora ben idratato equindi abbastanza fresco. Man mano che iltempo passa, nonostante la refrigerazione,locchio tende a disidratarsi e cos prima la sualente si appiattisce e poi diventa perfinoconcava. In questo caso il pesce da scartare.Un altro indicatore, a livello dellocchio, datodal colore della pupilla, che deve apparire di unnero intenso. Nel pesce avariato le proteinedisciolte nel liquido del cristallino dellocchiotendono a coagulare formando ammassiopalescenti. La pupilla, di conseguenza,apparir grigia e spenta.

    ColoreI pesci sono animali dai colori brillanti.Persino quelli meno pigmentati, appena pescati

  • hanno un bellaspetto argentato e brillante. Conil passare del tempo, specialmente in cattivecondizioni di conservazione, la loro pelle tendea diventare opaca e secca.

    SquameNel pesce fresco le squame aderisconoperfettamente al corpo dellanimale. Nel pescemal conservato o pescato da lunga data, essetendono a seccarsi e a staccarsi dalla pelle,diventando pi evidenti.

    OdoreIl pesce freschissimo odora gradevolmente dimare. Con poche eccezioni, il pesce fresco nonha un odore intenso. Molte sostanze volatili,invece, sono prodotte dalla fermentazione edalle reazioni di putrefazione promosse dallacarica batterica esistente allinterno e sullasuperficie del pesce stesso. Con il procederedel tempo le strutture cellulari del pesce sideteriorano aprendo varchi allinvasione dei

  • tessuti da parte dei microrganismi.Conseguentemente le reazioni di degradazionesi fanno sempre pi intense e lodore di pescetende a diventare pi forte e pi sgradevole.

    Di seguito riportiamo la fotografia di un pesceevidentemente avariato.

  • La fotografia seguente, invece, rappresenta unpesce fresco, ottimo come materia prima per laricetta della Matalotta siracusana.

  • Matalotta siracusanaRicetta di Siracusa Sicilia orientale

  • La splendida citt di Siracusa ha unantica

  • tradizione marinara e la sua gastronomia tipicaoffre una variet straordinaria di ricette a basedi pesce. Il nome dialettale di questo piattocos semplice da preparare, matalotta, derivadalla parola francese matelot, che significamarinaio. Questo termine, insieme a moltealtre parole del dialetto siciliano, ci ricordadella dominazione borbonica della Sicilia chesi protrasse dal 1734 al 1816.

    Di seguito trovate la descrizione dettagliata,passo dopo passo, della preparazione di questadeliziosa ricetta, corredata anche da una riccagalleria fotografica.

  • Ingredienti per 4 porzioni- 1 kg di pesce fresco, pulito e ridotto

    in tranci- 1 cipolla rossa affettata a spicchi

    sottili- 4 spicchi daglio pelati- 1 ciuffetto di prezzemolo- 1 pugno di olive nere condite al

    peperoncino- 1 pugno di capperi sotto sale- 300 g di passata di pomodoro- olio extravergine di oliva q.b.- 200 ml di vino bianco.

  • Descrizione delprocedimentoGli accorgimenti che descriviamo di seguitoservono a evitare il surriscaldamento degliingredienti oltre la soglia che causerebbe ladegradazione dei preziosi antiossidanti. Larosolatura in olio extravergine doliva vacondotta piuttosto velocemente. Lo scopo diaggiungere in successione, e non tutti insieme,gli ingredienti da soffriggere appuntomantenere bassa la temperatura dellolio finoallaggiunta della salsa che, essendo ricca diacqua, porter la temperatura di cottura intornoai 100 gradi centigradi.

    In una pentola, a fuoco lento, mettete arosolare laglio e il prezzemolo in abbondanteolio extravergine di oliva. Un minuto dopo

  • aggiungete la cipolla rossa. Quando questacomincia ad ammorbidirsi, e prima checominci a imbrunire, aggiungete le olive e icapperi. Continuate per pochi secondi arosolate il tutto delicatamente, poi aggiungetela passata di pomodoro. Questo abbasser latemperatura dellolio e aiuter a far s che ilpiatto finito non abbia sapore di fritto.Continuate a cuocere il tutto per altri dueminuti, mescolando di tanto in tanto con uncucchiaio di legno, e poi aggiungete i tranci dipesce. Se usate pesci di piccola taglia poteteaggiungerli semplicemente eviscerati e lavati.Lasciate cuocere il pesce con gli altriingredienti per due minuti minuti, poiaggiungete un bicchiere di vino bianco. Senecessario aggiungete acqua bollente, ma solofino a coprire il pesce. Il brodo una parteimportante della ricetta, perch costituisce unottimo condimento per la pasta. Abbiate quindicura di mantenere in pentola una quantit di

  • liquido tale da avere, a fine cottura, brodo asufficienza. Salate a piacimento, tenendo contodel fatto che le olive e i capperi sono di normaingredienti molto salati e tendono gi ainsaporire il piatto.Mescolate bene e lasciate in cottura per dieciminuti a fuoco vivace. Infine abbassate lafiamma per gli ultimi cinque minuti. LaMatalotta un condimento perfetto per glispaghetti e per i bucatini, mentre il pesce puessere consumato come delizioso secondopiatto.

  • Galleria fotografica

  • Ingredienti

  • Per preparare questa Matalotta siracusanaabbiamo usato una Lampuga (Coryphaenahippurus) un pesce pelagico noto anche comeCorifena cavallina e chiamato Lambuca neldialetto siracusano. Questo delizioso pesce menzionato nel bel romanzo davventuraambientato in Sicilia Leco del gusto(http://www.ecodelgusto.com/) di cui trovate iprimi due capitoli alla fine di questo libroelettronico.

  • Vino bianco. Ne usiamo 200 ml e poiaggiungiamo dellacqua bollente nel caso chequesto non sia sufficiente a coprire il pescedurante la cottura.

  • Prezzemolo fresco e profumato.

  • Olive nere. Qualcuno preferisce usare le oliveinfornate, quelle secche rappresentate nellaprossima fotografia. Noi preferiamo di granlunga quelle in salamoia, condite conpeperoncino: attribuiscono un saporestraordinario al piatto finito.

  • I capperi salati contribuiscono al tipico aromamediterraneo della ricetta.

  • La cipolla rossa, oltre che gradevolmentesaporita, ricca di antiossidanti checombattono lazione dei radicali liberi(molecole che contribuisconoallinvecchiamento dellorganismo umano).

  • Per la nostra Matalotta siracusana abbiamousato un profumatissimo aglio rosso di Nubia(Trapani).

  • Lolio extravergine di oliva uno dei pilastridella Dieta Mediterranea. I suoi pregi siesaltano al massimo quando lo si consumacrudo.

  • La passata di pomodoro fatta in casacontribuisce ad arrotondare e ad addolcire ilsapore finale della ricetta. Esistono diverseversioni della Matalotta siracusana, nellequali si impiega una quantit minore di salsa dipomodoro, oppure la si sostituisce con delpomodoro fresco tagliato a cubetti. Qualcuno,addirittura, preferisce la versione in bianco,senza pomodoro.

  • Procedimento

  • Il pesce, se di grosse dimensioni, va ridotto intranci. Maggiore lo spessore dei tranci, pilunghi i tempi di cottura richiesti. Il pesce,tuttavia, un alimento che non richiede, dinorma, lunghi tempi di riscaldamento peressere pronto.

  • Mettete laglio e il prezzemolo a soffriggereper primi in abbondante olio extravergine dioliva.

  • Aggiungete la cipolla rossa prima che lagliocominci a imbrunire.

  • Predisponete un pentolino con acqua bollente.Vi servir alla fine, da aggiungere fino a coprireil pesce con il liquido di cottura, se il vinobianco non dovesse bastare.

  • Aggiungete le olive e i capperi e continuate arosolare. Questa ulteriore aggiunta contribuira mantenere bassa la temperatura dellolio.Anche il rimescolamento continuo con uncucchiaio di legno contribuir a ridurre isurriscaldamenti.

  • Aggiungete la salsa di pomodoro e continuate amescolare.

  • il momento di aggiungere il pesce.Mescolate con delicatezza per evitare didanneggiare troppo i tranci.

  • Il vino bianco va aggiunto adesso. Se esso non sufficiente a coprire il pesce per la cottura,sar meglio aggiungere dellacqua bollente dalpentolino che avete predisposto in precedenza.

  • La pastaLa Matalotta siracusana vi fornir dellottimobrodo per condire spaghetti o bucatini. Abbiatecura di scegliere una pasta di buona qualit.Essa esalter i pregi del vostro brodo di pesce.

  • Noi abbiamo usato degli ottimi bucatinipreparati con semola di grano duro siciliano,uno dei migliori in Europa.

  • Mettete a cuocere la pasta in modo che i tempidi cottura siano coordinati con quelli dellaMatalotta. La Matalotta pu aspettare qualcheminuto che la pasta sia cotta, ma, viceversa, bene che la pasta non aspetti che la Matalottasia pronta. Se state leggendo questo libro initaliano molto probabile che sappiatebenissimo come cucinare la pasta. Se per non cos, raccomandiamo di aspettare che lacquabolla vigorosamente prima di mettere la pastain pentola, e di salare senza esagerare,soprattutto se il condimento la gustosaMatalotta che stiamo descrivendo.

  • Il piatto finito

  • Scolate la pasta e disponetela su piatti fondi.Usando un mestolo (un coppino, direbbero isiracusani) aggiungete il brodo della vostraMatalotta alla pasta. Questo piatto delizioso vaconsumato ben caldo.

  • Il pesce che avete cucinato sar un ottimosecondo piatto, in armonia con il primo cheavete servito.

    Vi suggeriamo di abbinare a queste pietanze unbuon vino bianco siciliano: fresco, aromatico enon frizzante.

  • Leco del gusto il romanzo

    ... Tocc la superficie con le labbra equella, calda e ruvida, gli lasci, comeun bacio, un velo di farina sulla bocca.

  • Infine laddent e chiuse gli occhi.

    Da Leco del gusto, di EmanueleLombardo

    Leco del gusto editore

    ISBN: 978-88-905950-1-1

    Leco del gusto un romanzodavventura, una storia damore, unviaggio in Sicilia negli anni dellaSeconda Guerra Mondiale.

    La trama

    Jean un soldato belga che combatte alfianco degli inglesi. un artista, ma nondipinge, n scrive poesie. La sua arte

  • nasce da un dono bizzarro della Natura,la sinestesia: nella sua mente lepercezioni dei cinque sensi sintreccianoe si mescolano. Per ogni sapore chesente in bocca, con gli occhi egli vedeanche un colore. Per ogni odore eglisente anche un suono. Il tutto, nel suoanimo creativo, si organizza a formareun quadro, un racconto, e cos mangiareinsieme a lui una vera poesia:

    Era un artista della gastronomia, chepennellava con i suoni e con il gustodei cibi. Nella sua voce si ammiravanoi colori dei paesaggi che solo luivedeva e i suoi versi si potevanotoccare, incarnati dal cibo sullatavola.

  • Quando il destino lo porta ad affrontarela guerra, col suo carico assurdo dimorte e di distruzione, questa specialesensibilit si rivela una condanna aunangoscia profonda.

    Sperduto in una terra lontana, perritrovare se stesso e il suo amore dovrascoltare

    Leco del gusto.

  • Capitolo primoRoger! Mon Dieu, Roger!, grid Jean,ma il vento gli ricacci la voce in gola,costringendolo a inghiottire quellorroremuto e disarmante. Roger Meiers, ilcapitano, un istante prima gridava perincoraggiarlo, anche lui appeso al buiocome Jean, mentre le pallottole glifischiavano accanto e foravano il suoparacadute.In battaglia era sempre stato il suoriferimento. Mille volte Jean lo avevavisto rischiare la vita per salvare uncompagno e sempre lo aveva vistotornare sano e salvo, preoccupato solodi trovare, nellinferno di ferro e di

  • fuoco, un medico per soccorrere il suouomo ferito. Aveva quasi cominciato apensare che le pallottole gliscivolassero addosso, senza maiscalfirlo. Adesso, invece, penzolavainerme, simile a un fantoccio, in baladel vento e sempre pi lontano. Morto.Sotto di s, Jean vedeva lo scintilliodelle raffiche di mitra punteggiare lacampagna e, mentre inesorabilmentescendeva verso il proprio destino, udivasempre pi forte il ruggito spietato dellearmi. Poi un colpo gli lacer il braccio eil dolore lancinante lo gett nel panico.Mentre il vento lo separava dagli altriparacadutisti, allontanandolo dal restodella squadra, la sua coscienza fugg.

  • Una luce abbagliante sfond il buio e ilsapore amaro e forte di un ricordocominci a scorrere nella sua bocca,come un racconto.

    Jean, tesoro, ti prego!No, no! Il mostro verde... Aiuto!Succedeva sempre cos. Aveva cinqueanni e una testolina riccioluta e biondae, ogni volta che lo costringevano adassaggiare i cavoletti di Bruxelles, Jeanpiangeva terrorizzato. Si dimenava, sidivincolava dalle braccia dellamarchesa e sgusciava sotto il tavolo pernascondersi dal mostro verde.Inutilmente sua madre, la marchesa deLongville, aveva provato a convincere ilmarchese: evidente, caro, li detesta!

  • Perch insistete con questa tortura?Siamo i maggiori produttori di tutto ilBelgio, non una ragione sufficiente?Questi ortaggi domani faranno la suafortuna. In un modo o nellaltro dovrimparare ad apprezzarli. soloquestione di tempo, vedrete. Presto siabituer.Era il 1925 e a quellepoca la parola diun padre era legge. La marchesa sapevabenissimo che in realt si trattava di unaquestione di principio e che suo maritonon intendeva cedere ai capricci delfiglio. La questione, per, assumevasempre pi laspetto di una persecuzionee, nonostante il passare del tempo, ilmostro verde continuava a infestare la

  • loro mensa.Dove sto sbagliando con lui?, sichiese un giorno il marchese, frustratodai continui fallimenti.Forse non si tratta soltanto di parlargli.Forse dovreste ascoltarlo.Incrociando le braccia e premendolepensoso contro il petto, per la primavolta il marchese si rese conto di nonaver mai nemmeno considerato lipotesidi ascoltare il punto di vista di Jean. ancora un bambino prov aobiettare. gi una persona, lo incalz lamarchesa.Quella sera, a tavola, il marchesechiam Jean a s. Il bambino si alz dal

  • suo posto e gli trotterell incontro. Ilpadre lo prese in braccio e lo mise asedere sulle sue ginocchia. Poi ordin aicamerieri che gli portassero deicavoletti di Bruxelles crudi.Vedendoli Jean cominci ad agitarsi, maimmediatamente il marchese lorassicur: Stasera no, Jean. Questa seranon dovrai mangiarli. Guardali. Vogliosoltanto che tu li guardi.Ne prese due e li fece rotolare fra le ditadella sua mano: Sono solo degliortaggi, vedi? Saranno anche un poamari, vero, ma non sono certo deimostri. Perch ne hai paura?Jean li osserv serio: Lo so, pap, enon di loro che ho paura!

  • No? E allora di che cosa hai paura? il mostro, pap, il mostro verde chesale sul tavolo quando me li fatemangiare che mi spaventa da morire!Un mostro che sale sul tavolo?Credevo che i mostri verdi fosseroquesti!No, pap. I cavoletti rimangono sulpiatto e non gridano. Il mostro verdeinvece grande, si muove e grida, gridaforte... e io ho paura, scoppi apiangere, e non riesco a mangiarli!.Si pieg sul tavolo e nascose il viso frale braccia incrociate, mentre il suopianto rivelava tutta la sua vergogna e lasua sincera disperazione.Un fulmine a ciel sereno: i marchesi si

  • guardarono a vicenda turbati. Unacreatura verde che sale sul tavolo? Jeansoffre di allucinazioni!. Lapreoccupazione della marchesa divennevera e propria ansia.Chieder il parere di un medico:convocher il dottor Valadier, domanistesso, la rassicur il marchese.La tenuta dei marchesi era lontanissimadalla citt. La carrozza dello psichiatraimpieg tutta la mattina per raggiungerla.La struttura sorgeva al centro delle loroterre, tra fitti boschi e ampiappezzamenti di terreno coltivato. Sudue lati di un ampio cortile siaffacciavano due palazzi, di cui il pigrande era la dimora dei marchesi.

  • Larchitettura, elegante e sobria,sinseriva con armonia nel paesaggio dicampagna.I miei ossequi marchese, un onoreessere vostro ospite!Lei il benvenuto, dottore, grazie diessere venuto subito. Il miomaggiordomo sistemer i bagagli neglialloggi che le ho fatto preparare. Apranzo avr occasione di conoscere ilmio Jean.Il pranzo si svolse in unatmosferaconviviale. Il dottor Valadier si presentcome un vecchio amico di famiglia e sicomport come un simpatico e spiritosovecchietto: gli fu facile conquistare lafiducia del bambino.

  • Quel pomeriggio il marchese condusse ilproprio ospite a visitare ledificio pipiccolo, che faceva angolo con ilpalazzo principale. Non appena lusciosi schiuse, un profumo delizioso liinvest in pieno e il dottore si ritrovimmobile, rigido, tra incanto e sorpresa.Lintero edificio era un laboratorio dipasticceria. In una cucina grande comeun salone, una decina di pasticcieri simuoveva con grazia e coordinazione, inun silenzio che sembrava suonare. Ilmarchese era un cultore dellarte dellacioccolata e ai propri ospiti amavariservare uno spettacolo per gli occhi eper il palato. Nellelegante degustazioneorganizzata dai suoi maestri

  • cioccolatieri, le raffinate preparazioni sialternavano a piccoli sorsi di viniliquorosi. Le note armoniose di quegliaromi evocavano intense emozioni e ilmedico si sent rapire daquellesperienza straordinaria del gusto.Quella del marchese era una vera epropria forma darte.Il giorno successivo il dottor Valadiertrascorse lintera giornata con il piccoloJean. La sera, a cena, chiese al marchesedi far servire una ricetta a base dicavoletti di Bruxelles, per osservare ilcomportamento del bambino. Al primoboccone, ingoiato controvoglia, Jeanfece unespressione terrorizzata ecominci a dimenarsi energicamente: il

  • mostro verde era tornato. Riusc adivincolarsi dalla presa del padre e sirifugi sotto lo strascico della tovaglia.Il dottor Valadier lasci che si calmassee, quando nel salone fu tornato ilsilenzio, chiese ad alta voce di portarvia il piatto. Poi chiam Jean a s condolcezza e con il permesso dei genitorilo condusse in giardino. Stettero unoraa parlare, poi tornarono in casa. Jeanaveva del tutto perso lappetito e fuaccompagnato a letto per la notte.Dottore, che cosa ci dice? Ha vistocome si comporta? in grado diformulare una diagnosi?S, mi sono fatto unidea abbastanzaprecisa, ma ho bisogno di una conferma.

  • Potete descrivermi il comportamento diJean quando assaggia la vostracioccolata?No, non posso, rispose il marchese.Jean non lha mai assaggiata. Ho fattodi tutto per tenerlo lontano dal nostrolaboratorio. Come le ho mostrato, perme quella della cioccolata unarte eritengo che Jean sia ancora troppopiccolo per comprenderla. Non facciomai degustare la cioccolata in casa, masoltanto nel palazzo del laboratorio. Ineffetti Jean non sa nemmeno che cosa siala cioccolata.Il marchese aveva in casa il sogno diqualunque bambino: una intera fabbricadi cioccolata, ma non aveva mai lasciato

  • che suo figlio vi si avvicinasse. Il dottorValadier ne fu sorpreso, ma la situazionegli offriva uno spunto interessante.Abbiamo una preziosa occasione,disse.In che senso?Eccellenza, credo sia arrivato per Jeanil momento di conoscere il dolcissimosegreto di questa casa. Vorrei chedomani, nel pomeriggio, ci facesseservire una tazza della sua squisitacioccolata e vorrei che Jean la gustasseinsieme a noi.Che cosa centra la mia cioccolata conle allucinazioni di mio figlio? si chieseil marchese un po innervosito allideadi infrangere una delle regole pi rigide

  • della sua casa. Poi, curioso di saperecome questo avrebbe potuto aiutarli arisolvere il problema di Jean,acconsent. Il pomeriggio del giornodopo ordin di servire quattro tazzedella sua migliore cioccolata fondente.Per la prima volta dalla nascita di Jeanlavrebbero gustata nel piccolo salottoal piano terreno delledificio principale.Mentre gli adulti chiacchieravano, Jeanstava in ginocchio sulla seduta di unlargo sof, con le spalle rivolte allaporta. Giocava con una locomotiva dilegno lungo il bordo della spalliera.Ciuuu! Ciuuuuuu!, fischiava ogni tanto.

    A un tratto, lentamente, la porta si apr.Un profumo denso e scuro precedette la

  • comparsa di un carrello dargento. Su diesso quattro ciotole di porcellanaaccoglievano, cremosa e densa, lamigliore cioccolata fondente che inBelgio si fosse mai servita. Il profumoche emanava era cos intenso egradevole che al dottor Valadier persinola spigolosa poltrona dantiquariato sucui sedeva sembr pi comoda. Ilmarchese annus laria con orgoglio edemozione. Anche la marchesa, semprecos composta, non pot trattenere unsussulto di sorpresa per linattesocambiamento dellatmosfera. Perqualche istante le loro menti si perseroin quel vortice profumato.

    Jean.

  • Si erano scordati di Jean. Quasiallunisono si voltarono a guardarlo. Ilbambino era immobile, le sopraccigliacontratte in unespressione concentrata ele spalle ancora rivolte alla porta. Tuttitacevano mentre il profumo corposo erotondo della cioccolata saturava lastanza.Chi che suona?, domand Jean.Che vuoi dire?, si scosse la marchesa.Dallarrivo della cioccolata, gli unicisuoni che si erano uditi erano il leggerocigolio del carrello e un delicatotintinnio di tazzine.Da dove arriva questa musica?, chiesedi nuovo Jean.Musica?, fece sorpreso il marchese,

  • Voi sentite della musica?Il dottor Valadier, con un gesto garbatodella mano, fece cenno di attendere. la cioccolata, disse poi rivolto a Jean,Ti piace? bella, rispose il bambinocontinuando a fiutare laria. Sembra unviolino, ma ha una voce pi scura.I marchesi erano confusi e preoccupati:Jean sentiva quei suoni con il naso?Volete spiegarci?, chiesero quasi incoro.Fra un attimo. Jean non ha ancoraassaggiato la sua cioccolata.Poi, rivolto al maggiordomo: Prego,Philippe, volete servire al nostrogiovane assaggiatore questa buona tazza

  • di cioccolata?Non solo il profumo, ma anche laspetto,scuro, morbido e denso, di quella cremacalda prometteva delizie al palato. Jeansi mise a sedere mentre Philippepoggiava la sua tazza sul tavolino.Ah! Ecco, marrone!, esclam.Come la musica. Questo colore per pi lento.Il marchese fece per chiederespiegazioni, ma di nuovo con un gestogarbato il dottore lo mise a tacere.Coraggio, assaggiala, disse albambino. Bada, per: calda.Jean prelev un po di quella cremascura osservandola con curiosit. Peralcuni secondi la superficie mantenne

  • impresso il segno che il cucchiaino viaveva scavato, poi morbidamente tornuniforme. Mentre il bambino soffiavaper non bruciarsi, gli sguardi deigenitori seguivano ogni suo gesto: senzaaccorgersene, aprirono entrambi labocca insieme a lui.Jean ebbe appena il tempo di premere lalingua contro il palato che fu colto da unvistosissimo fremito. Il gusto carico evariegato di quella cioccolata lo spinseallindietro, facendolo cadere supino. Ilsuo corpicino si ritrov disteso sullaseduta del divano e per un attimosembr colto da una crisi epilettica. Laconfusione dei genitori si mut interrore.

  • Mio Dio, dottore, che succede?, gridla marchesa piegandosi verso il figlio.Dottore!, esclam spaventato anche ilmarchese.A vederlo disteso, con gli occhi sgranativerso lalto e le mani che si muovevanoconvulsamente, i marchesi ebbero moltapaura.Sta bene, non temete!, li tranquillizzil dottore sottovoce.Dopo quella crisi repentina, il volto diJean si era rasserenato. Sembrava rapitoin estasi, assorto a guardare, l,proiettata sul soffitto, una realt chenessun altro riusciva a scorgere. Cosa gli sta succedendo? sussurr lamarchesa.

  • Sinestesia. solo sinestesia, lebisbigli il dottore. malato?No, sano come un pesce.Ma perch continuate a bisbigliare?,chiese il marchese.Per non disturbarlo.Pu spiegarsi meglio, per cortesia?Comincio a essere molto confuso. Primapareva che avesse delle convulsioni,mentre adesso mi sembra che abbiadelle visioni. normale tutto ci?No, non normale, ma non neanchepatologico.Ma insomma, di che cosa si tratta?Vostro figlio affetto da sinestesia. un fenomeno della mente pi diffuso di

  • quanto si pensi. Alcuni musicisti hannocomposto opere grandiose, grazie aldono della sinestesia. Questo terminederiva dalla parola greca synasthesis:sensazione simultanea, a sua voltacomposta dal termine syn- cioinsieme- e asthesis ciosensazione.Ma che cos che mio figlio senteinsieme?, chiese la marchesa.Le percezioni dei suoi cinque sensi.Jean le mescola: un sapore pu farglivedere un colore e quello che per noi soltanto un odore a lui pu sembrareanche un suono.Questa cosa ha a che fare con il mostroverde?, chiese il marchese de

  • Longville, che cominciava a capire.Certamente! Ne la causa. Vedete,quando Jean percepisce il gusto amarodei cavoletti di Bruxelles, i suoi occhivedono un colore. Secondo me Jean nonvede davvero il mostro di cui parla, masemplicemente una grossa chiazza verdedavanti a s. poi la sua mente chetrasforma quellimmagine in un mostro,per via della sensazione sgradevolecausata in lui dal gusto dei cavoletti. importante che capiate una cosa: ilmostro una creazione della suafantasia, ma limmagine che Jean vede assolutamente reale. Lui, il colore verdesul tavolo, lo vede davvero.E adesso che cosa gli capitato?

  • Perch fa cos?Mi aspettavo una reazione particolareda parte sua: per questo non mi sonopreoccupato. Le combinazioni diprofumi e di sapori della vostracioccolata sono straordinarie, pensatequale effetto possano aver avuto su Jean,con la sua sensibilit esaltata.Jean, intanto, giaceva conunespressione beata, gli occhi semprerivolti al soffitto.Cosa ne dici, Jean, ti piaciuta lacioccolata?, gli chiese il dottore.Gli vuole bene!, rispose il bimboindicando il soffitto con il ditino.Nessuno si aspettava quella risposta.Anche alla luce delle spiegazioni del

  • dottor Valadier non se ne riusciva acapire il senso.Chi che vuole bene... e a chi vuolbene?, chiese allora la marchesa.Quelluomo, al suo tavolino. Lo hacostruito lui: ci ha lavorato tutti i giorni,fino a quando non lo ha finito... e adessoche pronto gli dispiace lasciarlo.Guarda come lo accarezza... con la manocontrolla se sia ancora ruvido... anzi,spera che sia ruvido, cos puricominciare a lavorarci. come sefosse suo figlio... lo ha fatto lui e adessogli vuole bene.Anche il dottore fu molto colpitodallesperienza che Jean descriveva: erauna sorta di allucinazione, mediata dal

  • sapore e dai colori che il bambinopercepiva, ma aveva il senso compiutodi un racconto.Dottore, dobbiamo preoccuparci?,chiese il marchese.Non c nulla da temere. Al contrario,dovreste essere felici. Vostro figlio capace di godere la vita in un modo piprofondo di come possiamo fare noi.Secondo me, lartigiano e il tavolinosono le immagini che la sua mente haripescato, come in un sogno a occhiaperti, per rappresentare le emozioniche gli ha dato la cioccolata.In effetti, Jean va spesso al laboratoriodel nostro falegname: starebbe ore aguardarlo lavorare. Ma che cosa pu

  • avere un falegname in comune con lacioccolata?Beh, il racconto di Jean non parlasoltanto di un falegname. Al contrario, iltema centrale lamore. Jean devessererimasto colpito dalla passione con cui ilvostro falegname lavora il legno. Questasensazione di gioia e di amore si risvegliata in lui quando ha assaggiato lacioccolata. cos che Jean ce lhadescritta: un atto di amore che siesprime con la creazione.La creazione, ma certo!, il marchesesillumin. La passione, lamore che siesprime nella creazione! Mio figlio ungenio, un genio della criticaculinaria!

  • Fu cos che si concluse la visita deldottor Valadier alla residenza deimarchesi de Longville: con laprescrizione a smettere di costringere ilpiccolo Jean a mangiare i cavoletti diBruxelles. Il bambino gli fu grato pertutta la vita.Il dottore lasci i marchesi in uno statodanimo molto diverso da quello in cuili aveva trovati: la marchesa erasollevata per aver saputo che il suobambino non solo non era malato, maaveva una sensibilit superiore a quelladelle altre persone. Sarebbe senzaltrodiventato un poeta, un artista, un uomoromantico; il marchese de Longville siconvinse che Jean era gi grande

  • abbastanza per essere introdotto aisegreti dellarte della cioccolata e daquel giorno cominci a condividere conlui tutti i momenti che dedicava a questaattivit. Non soltanto gli permetteva dipartecipare alle degustazioni cheorganizzava per i suoi ospiti, ma inseraddirittura, allinterno del cerimoniale,uno spazio in cui Jean aveva il compitodi commentare il gusto della cioccolatacon la sua sensibilit.Fu cos che Jean si abitu a concentrarsinellascolto delle note sussurrate da tuttii cibi che assaggiava, non soltanto dallacioccolata. Quando mangiava, prima lasua mente godeva dei colori e dei suonigenerati in lui dalla sinestesia e poi li

  • montava insieme a formare un quadro,un racconto.Era un artista della gastronomia, chepennellava con i suoni e con il gusto deicibi. E siccome nessun artista purinunciare a esprimersi, ma la sua arteera invisibile, chiusa allinterno dellasua mente, Jean impar a narrarla:mangiare insieme a lui divent una verapoesia. Nella sua voce si ammiravano icolori dei paesaggi che solo lui vedevae i suoi versi si potevano toccare,incarnati dal cibo sulla tavola.

  • Capitolo secondoOgni uomo artefice del propriodestino, dice il proverbio.Nel 1939 Jean era diventato un ragazzoalto e forte, riccioluto e biondo comequando era bambino. Anche i capelli deimarchesi de Longville erano biondi, ingiovent, ma nessuno dei due aveva maipotuto vantare una capigliatura cosriccia e allegra. Erano molto pi lisciloro, nella chioma e nel carattere.Jean, un vero vulcano di idee e di amoreper la vita, se avesse veramente potutoessere lunico artefice del propriodestino, non sarebbe mai partito per laguerra, mai.

  • Il primo settembre del 1939, laGermania nazista invase la Polonia.Dopo due giorni Gran Bretagna, Francia,Australia e Nuova Zelanda ledichiararono guerra. Alla fine del mese,lUnione Sovietica invase la PoloniaOrientale e si stagli a Est controlavanzata tedesca.Il 10 maggio del 1940, la Germaniainvase lOlanda, il Lussemburgo e ilBelgio. Jean aveva ventanni quando ciaccadde, ma non era l.Alcune settimane prima, a marzo,quando ormai era chiaro il progettotedesco di espansione, Jean prese unadecisione importante: salut i suoigenitori, la sua casa, la vita che aveva

  • sperato e part. Simbarc di notte, dinascosto, per andare in Gran Bretagnaad arruolarsi nellesercito alleato ecompiere un destino che non avevascelto. Non c fuga dalla guerra,quando la guerra mondiale, e non cmodo di nascondersi. Puoi solocombattere o morire. Jean decise dicombattere e part, con lo zaino pieno dilacrime e con una sola certezza: nullasarebbe mai pi stato lo stesso.La guerra una brutta cosa. Questo fusempre il suo unico commento sullememorie che gli aveva lasciato laguerra. Lui della guerra aveva visto tuttoe in guerra aveva conosciuto tantiragazzi come lui. Alcuni li aveva

  • conosciuti in Gran Bretagna duranteladdestramento. Aveva voluto fare ilparacadutista perch diceva che quelloera lunico modo per fare qualcosa didivertente in guerra. Altri li avevaconosciuti al fronte e anche quelli eranouguali a lui: alti, bassi, forti, fragili,vivi.E morti. Uguali a lui, che si sentiva vivoalla fine di ogni assalto; uguali a lui chesi sentiva morto, a ogni colpo chesparava.Il sapore amaro della guerra, Jean losentiva davvero, in bocca; il tanfo deicadaveri, lui lo ascoltava, come ungemito angosciante.Un giorno, giovanissimo veterano, fu

  • inviato a paracadutarsi con altri quattrouomini oltre le linee nemiche, in Sicilia.Lincarico era Raccogliereinformazioni strategiche per colpireobiettivi logistici. La loro era una dellenumerose missioni preliminari a quellache sarebbe passata alla storia come lapi imponente azione militare che sifosse mai compiuta nelle acque delMediterraneo: loperazione Husky,ovvero lo sbarco in Sicilia poi avvenutoil 10 luglio 1943.Cinque uomini!, url il colonnelloquella notte, per esortarli. Dieci occhiper cercare, dieci mani per agire.Cinque cuori per combattere!Dieci gambe per correre!, bisbigli

  • Jean al compagno che gli stava accanto.Sapevano che con ogni probabilit nonsarebbero mai tornati, ma sorrisero.Erano tutti giovanissimi. Partito dallecoste della Tunisia, laereo che litrasportava avrebbe dovutoparacadutarli in piena notte in una zonadi montagna, sullEtna. L si sarebberocongiunti a un movimento clandestinoindipendentista, di matrice radical-socialista, che compiva nellisola leuniche azioni di guerriglia partigiana.Quella missione fu semplicemente undisastro.Durante il sorvolo del territorio etneolaereo fu avvistato e colpito, ma primadi precipitare riusc ad allontanarsi una

  • cinquantina di chilometri in direzionesud. Fin nella campagna siracusana,lungo la costa. Prima dello schianto, idue piloti e la pattuglia, sette uomini intutto, si lanciarono con i paracadute. Adattenderli, soldati tedeschi e truppefasciste: un mortale coro di armi dafuoco.Adesso Jean era l, appeso al vuoto,ferito e incapace di governare la discesadel suo paracadute, in bala del vento.Il dolore al braccio richiam la suacoscienza e nel buio della notte torn ins. Aveva perso di vista tutti gli altri:atterrati prima di lui, i suoi compagni sierano dispersi nella campagna. Inlontananza, scorse le torce degli

  • inseguitori che si organizzavano perbraccare i sopravvissuti.Stordito, disorientato e ferito, finalmentetocc il suolo. Udiva i latrati dei cani egli spari. Non conosceva il luogo in cuisi trovava e non aveva idea di doveandare a nascondersi. Una cosa sola gliera estremamente chiara: persopravvivere doveva allontanarsi il pipossibile e doveva trovare un rifugioutile prima che sorgesse il sole.Corri, Jean! Corri!, si ripeteva. Corsecon tutte le forze che aveva, nellasperanza di trovare un fiume, una forestain cui addentrarsi per far perdere letracce. Macch. Si trovava sempre inmezzo ad appezzamenti di terreno

  • recintati da muretti a secco. Spazi vuoti,senza lombra di un nascondiglio utile.Gli spari e i latrati, per, si facevanosempre pi lontani, finch non li ud pi.Corri, Jean! Corri!, continuava aripetersi, ma le gambe cominciarono acedere. Nel suo delirio si vedeva dispalle, gi lontano, sparire oltre ilprossimo muretto a secco, ma la faticaera troppa e le sue gambe sindurirono.No, Jean! Non qui! Non adesso! Non inaperta campagna!, avrebbe ringhiato frai denti stretti per il dolore, se avesseavuto abbastanza fiato. E invece no, nonne aveva pi di fiato. Cadde allindietrotentando di scavalcare lennesimomuretto. Stava per rialzarsi, cercando

  • nelle braccia la forza che gli mancavanelle gambe, quando ud dei passi dicorsa che venivano nella sua direzione:Da quella parte, presto! Sono atterratil in fondo, saranno cinque o sei.Muovetevi!. Era una squadra fascista.Correvano a dare man forte alle truppetedesche che braccavano i paracadutistialleati. Rimase immobile, trattenne ilrespiro. In cinque gli passarono proprioaccanto, correndo al di l del murettoche non era riuscito a scavalcare.Provenivano dalla direzione verso cuistava correndo. Se non fosse caduto,probabilmente ci sarebbe andato asbattere contro. Quando sent che sierano allontanati abbastanza, raccolse le

  • ultime forze. Nello scavalcare quelmuretto, baci le pietre bianche su cuipoggiava le mani. Salt e si trov in unastradina sterrata che correva tra dueterreni recintati. Lattravers e scavalcanche il muro a secco successivo, manel momento in cui tocc terra le forzegli mancarono del tutto e cadde, stavoltacon la faccia a terra. Strisci per alcunimetri e poi si arrese. Rimase l svenuto,sotto un ulivo, in bala degli eventi,privo di coscienza e di speranza. Nonsapeva quanto avesse corso n dovefosse arrivato, ma per fortuna non losapevano neanche i fascisti, i quali nonavevano unidea esatta del numero dinemici che stavano inseguendo.

  • Allalba del giorno dopo un bastone dilegno di mandorlo gli tocc il capo.Nemmeno lo sent. morto. italiano?No, questi vestiti gli italiani non ce lihanno. inglese, forse, oppure americano! S, per me americano, per morto, questo certo... non si muove.Devo correre a dirlo a pap.Il piccolo Luciano, Cianuzzu lochiamavano, dieci anni, capelli rossi eocchi verdi, con quelle lentiggini sulviso sembrava un irlandese. Erasiciliano, invece, come i suoi genitori,Pippo e Maria, e come sua sorellaConcetta. Adesso correva veloce versocasa per avvertire suo padre che avevatrovato un americano con la faccia a

  • terra, morto.La notizia non era buona. Vivo o morto,un americano nel loro terreno eracomunque un problema. Pippo si fecescuro in volto. Bisognava andare avedere per capire come comportarsi. Dicorsa Pippo, Luciano e Concettauscirono di casa nella luce fredda delmattino, sperando di non essere visti.Jean, lamericano, era ancora doveCianuzzu lo aveva trovato, per non eramorto. La sua fronte infatti non erafredda, ma al contrario scottava difebbre: era svenuto.E adesso che facciamo, pap?, chieseConcetta spaventata.E che dovremmo fare? Questo non pu

  • restare qua. Chiamiamo i fascisti eglielo consegniamo.Ma che sei pazzo?, Cianuzzu si alz inpiedi impettito. Lamericano lhotrovato io e me lo tengo io!Scimunito, lo zitt Concetta. Ma sipu sapere che cosavete in testa? Lodiamo ai fascisti?... Me lo tengo io? Mache cosa credete che sia questo, unpupo? Questo un cristiano ! Se lodiamo ai fascisti quelli lo ammazzano. Ea te, cosa pensi che diranno: Grazie?Guardategli il braccio. Perde sangue.Gli hanno gi sparato.E allora che cosa facciamo? Ce loportiamo a casa? Mi sa che nonpossiamo fare altro. Pippo sospir

  • preoccupato per il guaio in cui si stavaandando a cacciare. Ma come portarloin casa senza rischiare di essere visti? Edove nasconderlo? Il sole era ancorabasso e nei campi attorno non si vedevanessuno. Decise di mandare Cianuzzu aprendere una carriola e un grosso saccodi juta. Il ragazzino, pensando Chebello! Che bello! Alla fine ce lo teniamonoi!, fil dritto a casa e fu di ritorno ilprima possibile con quello che il padregli aveva chiesto.Lo scomodo carico fu issato e poggiatoalla meglio sulla grossa carriola diferro. Lo coprirono col sacco di juta e lospinsero fino a casa. Quando senza fiatoarrivarono al baglio, al cortile, Pippo si

  • accorse che avevano fatto tutta la stradacon un braccio e con uno stivale delsoldato americano ben visibili, al difuori della copertura. Tanto valevaportarmelo in braccio!, pens,Speriamo bene!In casa la signora Maria aveva giorganizzato tutto: aveva sgomberato lacantina, aveva preparato un letto con unvecchio materasso, lenzuola pulite ecoperte di lana, e aveva gi messo sulfuoco dellacqua per lavare le ferite delsoldato.Quelle sono le lenzuola che haricamato tua madre per il corredo diConcetta, not Pippo.E allora? Volevi che si coricasse per

  • terra, povero ragazzo?E come sapevi che era vivo? Cianuzzuaveva detto che era morto.Me lo ha detto lui quando venuto aprendere la carriola.Ma che bisogno cera di usare lelenzuola del corredo di Concetta?,borbott serio Pippo.Guardalo: potrebbe essere figlionostro. Deve avere la stessa et diConcetta. Se lo salviamo ci pensi quantosar felice sua madre? Se mai un giornomio figlio avesse bisogno, io vorrei chefosse trattato cos.Mezza parola.A casa di Pippo non cera molto. Pippoera un agricoltore esperto e un buon

  • lavoratore, ma in tempo di guerra avevadifficolt a sfamare ogni giorno lafamiglia. Sopravvivevano sfruttandoquei frutti della terra che i militari nonpotevano requisire: erbe selvatiche,cardi, lumache e funghi. Pippo avevaanche insegnato a Cianuzzu a cacciareconigli e uccellini, ma non accadevaspesso che potessero mangiare dellacarne. Nonostante ci, decisero diaccogliere e di nascondere quellospitesconosciuto, straniero e politicamentepericoloso.La cantina in cui Jean fu sistemato erainterrata sotto la casa: una stanza buiacon le pareti di roccia. Si raggiungevatramite una scaletta cui si accedeva da

  • una porticina bassa. Nei tempi felici visi conservavano i vini, i formaggi e lasalsiccia secca. Adesso, invece, ceranosolo attrezzi da lavoro coperti dipolvere. Nel suo letto Jean sudava edelirava.Pippo mand Concetta dal farmacista ele disse di chiedergli, fingendo cheservissero per Cianuzzu, deldisinfettante e dellaspirina, in cambiodi alcuni lavori in campagna che ilfarmacista non gli aveva ancora pagato.Maria si prese cura di Jean per tutto ilgiorno e per tutta la notte successiva,aiutata da Concetta. Pippo invecesorvegliava quello che succedeva fuori:temeva che qualcuno venisse a cercare

  • lamericano proprio a casa loro.Nemmeno lui quella notte riusc adormire.La mattina dopo Jean si risvegli. Lafebbre era sparita.Con lui, in quel momento, cera Concettae fu lei la prima cosa che Jean vide,nella luce bassa di una candela. Per unsecondo, riemergendo dal suoprolungato stato di incoscienza, prima diriuscire a mettere a fuoco il viso dellaragazza, Jean credette di essere a casasua, in Belgio.Maman! disse con la voce serena eintorpidita di chi si sveglia una mattinadi festa. Poi, subito dopo, si ridest deltutto. Fu come rivivere, concentrate in un

  • istante, le amare esperienze che gliavevano graffiato lanima da quandoaveva lasciato il Belgio: linizio dellaguerra, laddio ai suoi genitori, gli amiciche aveva visto morire. Ricord ilterrore durante il disastro aereo, il colpoche gli aveva morso il braccio. Tutto ilcarico dellassurdit in cui il mondostesso era sprofondato gli franaddosso, tutto l, nel momento in cuiriprese conoscenza. Dopo un dolcissimoe brevissimo sogno, un calcio nellostomaco.Pianse amaramente. Pianse piano, prima.Poi, trovando un coraggio che glimancava ormai da anni, lasci fluiretutto il suo dolore attraverso lo squarcio

  • che aveva nel cuore. E cos pianse forte,finalmente.Concetta, che gli sedeva accanto, anchese non capiva il francese, quella parola,Maman!, quella s, laveva capita. Eaveva capito anche tutto il resto. Era undono della sinestesia di Jean. Dato chenessuno poteva comprendere davveroci che lui provava, spinto da undisperato senso di solitudine, il suocorpo aveva sviluppato una mimicastraordinariamente espressiva. Le sueincomprensibili sensazioni fisichedipingevano sul suo volto tutte lesfumature delle sue emozioni. Era cosche trascinava chi gli sedeva accantonella sua estasi colorata, quando gustava

  • un buon cibo o un ottimo vino. E fu cosche trascin con s il cuore di Concetta,nella pece del suo dolore pi buio.Concetta condivise quella pena enorme,gli si inginocchi accanto e gliaccarezz il viso per consolarlo.Quando Pippo e Maria entrarono, litrovarono entrambi in preda a un piantoangosciante: Jean disteso come loavevano lasciato e Concetta inginocchio, con la mano di lui strettasulle labbra in un lunghissimo bacio.Maria abbracci Concetta e la port incasa, mentre Pippo si chin su quelgiovane soldato affranto. Gli pose unamano sulla fronte e cerc di consolarloparlandogli come a un figlio, in dialetto

  • siciliano.Avanti, figlio mio, gli disse. Deviessere forte. una fortuna che tiabbiamo trovato noi e non i fascisti. Seti avessero trovato quelli, loro s che tiavrebbero fatto piangere.Jean si calm e respir profondamente.Apr gli occhi e disse: Grazie assai,voscienza. In dialetto siciliano.A quelle parole, Pippo fece un salto sulposto per la sorpresa: Ma che minchiasei siciliano?, url.Maria spunt di colpo dalla porta dellacantina.Che fu?E che ne so? Io gli stavo parlando perconsolarlo, ma pensavo che non mi

  • capisse. E invece questo non solo mi hacapito, ma mi ha risposto pure!Ma che siciliano?, gli chiese Maria.Jean aveva gli occhi impastati dilacrime, ma sorrise divertito. Con labocca asciutta e senza le forze permuoversi, riusc soltanto a far segno dino con la testa. Troppa energia cisarebbe voluta, in quel momento, perspiegare loro che Santo, il falegname alservizio di suo padre, nel cuilaboratorio per tutta linfanzia avevatrascorso ore e ore, era siciliano. Da luiaveva imparato a capire e a parlare illoro dialetto. Anche per questo era statomandato in Sicilia a prendere contatticon le forze della resistenza. Poi, un

  • giorno, forse glielo avrebbe spiegato.Adesso aveva sete e tanta fame.Dice che ha sete. E anche fame.Buon segno, disse Maria, significache si sente meglio.Brutto segno , invece, fecesorridendo Pippo, perch qua nonabbiamo niente da dargli.Smettila! Dove si mangia in quattro sipu mangiare anche in cinque. Mangerle stesse cose che mangiamo noi.Lambuche!, esclam Pippo, e feceruotare i pugni tenendogli indici e i pollici estesi.Lambuche vanno benissimo!, disseJean con un filo di voce e scoppi aridere, facendo poi una smorfia di

  • dolore per la ferita che aveva albraccio.La lambuca, come la chiamano inSicilia, un pesce azzurro che si pescanel Mediterraneo, ma in alcune zonedellisola si usa dire Lambuche!quando si vuol dire che non c niente.Lo stesso significato nella mimicasiciliana ha il gesto che Pippo avevafatto con le mani. E Jean laveva capito.Aveva imparato anche questo da Santo,il falegname. Pensando a lui e al periodofelice della sua infanzia, Jean avevaritrovato per un attimo il sorriso.

    Nel corso dei giorni seguenti Jeancominci a riprendersi.Doveva restare segregato in cantina, per

  • ragioni di sicurezza, e quindi vivevacostantemente al buio. Bench la casafosse isolata, al centro di una vastacampagna, il pericolo di essere scopertiera troppo grave e non si potevanocorrere rischi. Di lui si occupavanoMaria e Concetta, mentre Pipposcendeva solo ogni tanto a descriverglila situazione esterna e a studiare unpiano per la sua fuga. Cianuzzutrascorreva molto tempo a scherzare conil suo americano. Risero a crepapelle,quella volta che Cianuzzu gli confid diaver sempre invidiato un compagnetto discuola per il bel soldatino di piomboche possedeva. Adesso lui ne avevaaddirittura uno che pesava ottanta chili.

  • Che rabbia non poterglielo andare adire!Il giorno in cui fu evidente che Jeanaveva riacquistato quasi completamentele forze, Pippo e Maria chiamaronoConcetta e le proibirono, da l in avanti,di scendere in cantina. Non diederospiegazioni e Concetta non ne chiese: laragione era evidente. Una ragazza perbene non poteva certo entrare e usciretranquillamente dalla camera di ungiovanotto. Da quella di un moribondo,transeat, ma da quella di un soldatoalleato alto, biondo e bene in forzeproprio no! Quella era tutta unaltrastoria.Allorecchio di Concetta, nonostante se

  • le aspettasse da tempo, le parole diPippo e di Maria suonarono come irintocchi lenti, gravi e irregolari di unacampana a morto. Jean le aveva lasciatoun segno indelebile nel cuore. Sentivache per la prima volta era davveroentrata in contatto con un altro essereumano. Aveva tenuto il suo cuore inermee abbandonato tra le proprie mani eaveva potuto guardarci dentro nelmomento della sofferenza pi grande. Inquei lunghi istanti Concetta avevacreduto di conoscerlo da sempre: unuomo limpido, in un mondo assurdo ecrudele. Da allora non era quasi piriuscita a pensare ad altro e pian pianoaveva confessato a se stessa di essersi

  • innamorata di lui. Sapeva di amarlo, masapeva anche che lo avrebbe lasciatoandar via senza nemmeno confidargli ciche provava. Un americano o un belga,era lo stesso: suo padre non lo avrebbemai accettato in famiglia. No, non osavanemmeno sperare. Ma vederlo, vederloancora una volta, sedergli accanto,questo s, lo avrebbe voluto. E mentrenascondeva questi pensieri nel segretodel proprio cuore, allo stesso tempocercava di rubare unimmagine di luiogni tanto: un braccio, uno stivale, i suoicapelli biondi. Dava unocchiataattraverso la porticina quando Pipposcendeva a parlare con Jean o quandoMaria andava a portargli quel poco che

  • cera per sfamarsi: pane duro e verdureselvatiche bollite.Un giorno, a tavola, Pippo parl moltoseriamente. Jean se ne doveva andare ese ne sarebbe andato presto. Ormai perlui avevano fatto tutto ci che potevano:pi si prolungava la sua permanenza epi crescevano i rischi per loro.Domani Jean uscir dalla cantina. Isuoi occhi devono riabituarsi alla luce,altrimenti non andr lontano. Rimarr incasa e non passer mai accanto allefinestre. Rester qui altri due giorni, duegiorni soltanto. Poi, di notte, se neandr, seguendo le indicazioni che gli hoprocurato. E che il Signore loaccompagni, a lui e a noi.

  • Giubilo! Questo Concetta non se loaspettava: Jean stava per lasciarli, vero, ma lei avrebbe avuto loccasionedi rivederlo. Due giorni! pens e astento riusc a non urlare di gioia.Mentre Pippo spiegava ci che sarebbesuccesso, i volti di tutti esprimevanolansia per il rischio che si sarebbecreato. Al contrario lespressione diConcetta si faceva sempre pi radiosa.Le sue mani si mosseroinconsapevolmente a sistemare i capellie ad aggiustare il vestito. Pippo e Mariacompresero i suoi sentimenti. Siscambiarono uno sguardo dintesa:avrebbero voluto rimproverarla peressersi infatuata scioccamente di un

  • soldato di passaggio, ma non le disseronulla.Non cera nulla da dire, nessuno daconvincere: il sentimento di Concettanon aveva speranza. Nel migliore deicasi Jean se ne sarebbe andato e non loavrebbero mai pi rivisto. La guerraaveva gi deciso per loro.Concetta per decise che non avrebbelasciato andare luomo della sua vitasenza dedicargli il pi alto gestodamore che potesse esprimere in quellecondizioni. Il giorno dopo usc di casala mattina presto. A mezzogiorno, primache Pippo permettesse a Jean diriemergere dalla cantina, Concetta eragi tornata, portando un cesto di vimini

  • coperto da un tovagliolo di lino bianco.Che cosa hai trovato?, le chieseMaria.Niente di speciale, rispose, mentaselvatica, salvia, nipitella e quattroasparagi. Si avvicin al proprio letto eripose il cesto dentro il piccolomobiletto sgangherato che le faceva dacomodino.Jean, uscendo dalla cantina, fuabbagliato dalla pur scarsa luce chefiltrava dalle finestre socchiuse. And asedersi in un angolo della stanza in cuiavrebbero pranzato. Quella stessa stanzafungeva anche da camera da letto pertutta la famiglia.Concetta apparecchi la tavola. Sulla

  • tovaglia pose cinque piatti di ceramicavecchi e scheggiati. Davanti a questidispose cinque bicchieri di vetro. Posun cucchiaio di ferro accanto a quattrodei cinque piatti. Poi sistem con curauna forchettina dargento a capotavola,accanto al quinto piatto.Perch hai preso la forchettinadargento di tua nonna?, le chiesePippo. Lo sai che quella tutta la tuadote? Valla a posare, muoviti!Tu con la guerra ti sei abbrutito, glirispose Concetta. Quand statalultima volta che abbiamo avuto ospitia pranzo? E quando capiter di nuovo?Se non la usiamo adesso, che cosa celabbiamo a fare questa forchetta?

  • Stringendo le spalle, Pippo si and asedere a un capo della tavola: In unmodo o nellaltro in questa casa hosempre torto io.Jean fu invece invitato a sedersiallestremo opposto, dove Concettaaveva sistemato tutta la propria dote:una forchettina dargento. Maria eCianuzzu si sedettero luno accantoallaltra, su un lato lungo della tavola.Concetta si mise a servire. And alfornello a legna su cui bolliva il solitobrodo di verdure selvatiche. Con unostrofinaccio di cotone prese il pentolonecaldo per il manico e con un grossomestolo di legno and subito a mescereuna porzione abbondante di quel brodino

  • diluito nel piatto di suo padre.Che modi sono questi? E poi vieni adire a me che mi sono abbrutito? Nonvedi che abbiamo un ospite a tavola?Devi servire lui per primo!Che centra? Tu sei mio padre e iosempre a te devo servire per primo,rispose lei con naturalezza. Poi, sidiresse verso Maria e le vers nel piattounaltra mestolata abbondante di brodo.Ma allora sei scimunita!, alz la vocePippo. Guarda che adesso davvero mifai fare brutta figura con lunico ospiteche ci capita dopo tanti anni. Vai aservire a Jean, vai a servire!Che centra? Lei mia madre e iosempre a lei devo servire dopo di te,

  • replic Concetta, senza scomporsi erapidamente vers nel piatto di Cianuzzuunaltra bella mestolata di brodo.A questo punto Pippo sirrit:Grandissima maleducata, ma allora melo fai apposta?Che centra?, si strinse nelle spalle. che ormai ero qua, accanto al piattodi Cianuzzu.Sorprendendo tutti torn al fornello alegna e pos il pentolone. Senza voltarsisi diresse al suo comodino. Si muovevain modo stranamente aggraziato:sembrava che i suoi piedi poggiasserosu un cuscinetto daria. Apr lanta delcomodino come se fosse lo scrigno di untesoro e ne estrasse il cestino di vimini

  • che viaveva riposto poco prima.Nel silenzio della stanza un leggerissimofruscio batt laria quando Concettatolse il tovagliolo di lino. Poggi quelcestino accanto al piatto di Jean che laguardava stupito.Pippo, Maria e Cianuzzu eranoammutoliti: in un istante quella ragazzadi campagna, laria stanca e consumatadalla miseria, si era tramutata in unangelo. Le sue mani, con gesti morbidi eben misurati sinfilarono nel cestino e neestrassero un piatto con due cavagne dicanna piene di ricotta fresca. Una eradecorata con foglie di salvia, laltra confoglie di menta selvatica. Tra di esse

  • spuntava a mo di decorazione un ciuffodi nipitella. Accanto alle cavagne eranodisposti degli asparagi selvatici, cotti eben irrorati di olio extravergine doliva.Su di essi cinque grosse olive verdi.Le mani bianche di Concetta sparirononuovamente nel cestino di vimini eriemersero posando accanto al piatto diJean una piccola e fragrante forma dipane caldo fatto in casa.In quel silenzio stupito, il profumo dellaricotta sembr una sinfonia di campane afesta.Labbondanza e la grazia con cuiConcetta aveva preparato quel piatto,seppur con semplicissimi ingredienti,strideva con lo squallore dei piatti di

  • tutti gli altri. Tutti guardavano conlacquolina in bocca.Dove hai preso questo ben di Dio?,avrebbe voluto chiederle Maria, ma poisi ricord che Concetta era rientrata acasa senza la giacca di lana con cui erauscita la mattina presto. Cap chelaveva barattata con quel piatto diricotta alla fattoria pi vicina.Ma non possibile!, esclam Jean.Tutto questo soltanto per me? Seimolto gentile, ma non posso accettare.Si alz per distribuire quelle delizie fratutti loro: Avanti, passatemi i piatti eprendiamone un po ciascuno...Le parole di Jean animaronolatmosfera: Certo!, Giusto!, Bravo

  • Jean!, Amen!, esultarono tutti, estesero le mani verso il suo piatto.Quellentusiasmo generale fu spentodallurlo potente di Concetta: No! Tuttiseduti!, ordin. Prese il piatto e lorisistem al posto di Jean.Che centra?, disse poi tornandoangelica e soave. Tu sei lospite e pernoi lospite sacro! Assaggia: questa ricotta. Lho preparata per te! Io... perte. Il suo sguardo innamorato dissedavanti a tutti le parole che le sue labbranon osavano pronunciare.Certo, lospite sacro !, blaterPippo. Poi aggiunse sottovoce Botta disale!Jean fu costretto ad accettare. Sollev il

  • piatto e se lo avvicin al naso. Chiusegli occhi e lo ascolt, come gli piacevafare.

    Prati verdi e gialli, sotto un cielo terso,al confine con la spiaggia. Salata evivace una risacca leggera glimassaggiava i piedi con la sabbiaruvida: la nipitella e le olive. Un ventofresco asciugava il sudore sulla fronte:questa era la menta. Pi lontano vacchescure, campanacci di vitelli: la salvia.Lodore della canna delle cavagnefrusciava di cespugli bassi e di macchiamediterranea e, a meno di un passo dalui, cos vicino da sentirne tutto ilcalore, un enorme cavallo baio: laricotta e gli asparagi, intensi, lenti,

  • avvolgenti. Una sensazione di piacevoleleggerezza lo pervadeva dalla testa allecaviglie, mentre i suoi piedi sembravanoaver messo le radici nella sabbia.Vedeva se stesso dritto in piedi con lebraccia aperte, a respirareprofondamente la gioia di quel momento,ma i suoi piedi si erano fatti di piombo enon poteva schiodarli dal punto in cuierano: due mani invisibili e forti lotrattenevano l.

    Era ancora assorto nellascolto degliaromi della campagna e non avevatoccato cibo. Pippo, Maria e Cianuzzuora lo guardavano coi cucchiai pieni dibrodo sospesi a mezzaria. Ma che cosastava facendo? Non aveva fame? Che

  • cosa aspettava a mangiare?Concetta invece era estasiata. Jean stavaveramente facendo onore ai suoisacrifici, godendosi ogni sfumatura delprofumo di quel piatto povero madelizioso.Jean appoggi il piatto nuovamente sullatavola. Prese unoliva in mano, richiusegli occhi e se la fece rotolare coipolpastrelli sul mento e sulle tempie.Era morbida e sensuale, come unacarezza sul viso.Se quella non la mangi la puoi dare ame, disse Pippo.Jean si ridest Come?Lascia stare, fece Maria, continua a...mangiare.

  • Jean finalmente pos loliva sul piatto eprese in mano la forchettina dargento.Prelev un po di ricotta e di asparagi.Delicatamente, con laltra mano vi posesopra due foglioline di menta. Nerespir ancora il carattere rustico emediterraneo e poi li mise in bocca.A terra, fu scaraventato subito a terra.Urtando il pavimento la spalliera dilegno fece un botto forte. Jean erarimasto in posizione seduta, ma adessopoggiava sulla schiena. Aveva il collocontratto per sollevare il capo da terra ele gambe appoggiate alle caviglie dellasedia. Stringeva gli occhi abbagliato esbatteva convulsamente le palpebre.Aiuto pap, morto!, grid Cianuzzu.

  • Bedda matri, chi fu?, anche Maria eraterrorizzata.Ma che hai messo in quel piatto?, urlPippo in faccia a Concetta. Ma com?I fascisti non sono riusciti adammazzarlo e tu lo vuoi avvelenare?Concetta era disperata Madre mia, checosa ho fatto? Jean che coshai? Checosa ti successo?Niente, non niente. State tranquilli. solo la mia sinestesia, avrebberisposto, se solo fosse stato in grado disentirli, ma non poteva. La melodiafrenetica di un piffero gli rimbalzava nelcervello, mentre sotto di lui la risacca siera fatta pi aspra. Il cavallo che primapascolava placido ora simpennava e

  • scalciava con violenza. Provava adallontanarsi, per evitare quegli zoccoli,ma i suoi piedi rimanevano saldamentefissati al terreno. Gli sembrava che unavoce emergesse dal suolo cui eraancorato e gli gridasse Resta!. Visseun intenso istante di paura e siabbandon a quel travolgente vortice disapori.Dopo quellesplosione improvvisa, ilritmo si addolc e la musica del pifferoacquist il timbro melodioso di unarpa.Anche il cavallo e la furia del mare siplacarono. Sent la risacca tornare adaccarezzargli i piedi. Un calore intensoe piacevolissimo gli scald lo sterno.Aveva appena ingoiato la ricotta.

  • buonissima! Non ho mai assaggiatonulla di simile! ... straordinaria!Si rialz strofinandosi gli occhi, semprecon lo sguardo abbagliato. Continuava asbattere le palpebre: sembrava drogato.Tutti lo guardavano a bocca aperta.Era matto? Fino a un attimo primasembrava in preda alle convulsioni,mentre adesso era l, in piedi, con lariasoddisfatta di chi ha goduto un piacereintenso e sconvolgente. straordinaria, davvero! Doveteassaggiarla!No, meglio di no... sai cos? Mi passata la fame, disse Pippo, che nonera ancora sicuro di cosa sua figliaConcetta avesse messo in quel piatto.

  • Dimmi piuttosto, figliolo, perch seifinito a terra? Ti sei sentito male?Beh... questo un po difficile daspiegare a chi non mi conosce. undono strano che ho: diciamo che a me ilcibo... parla.Bedda matri! Questo pazzo !, pensPippo preoccupato, e si pent di averloportato in casa. Cosera pi pericoloso,la rappresaglia dei fascisti o un folle cheparla con la ricotta?Lo so io che cos successo, disseMaria, questa laspirina!Jean sorrise: No, non quello. unacosa che mi succede da quando eropiccolo, ma unesperienza cos fortelho provata soltanto unaltra volta, in

  • Belgio.E che cosa ti ha detto la ricotta diConcetta?Come fare a spiegarglielo? Si concentrun attimo: Non che il cibo mi parli aparole. Mi racconta di s e del luogo dacui proviene, questo s, ma lo fa conimmagini e suoni. Ho sentito una musicabellissima.E che coshai visto?, gli chieseConcetta, che si sentiva ancora pirapita da quel ragazzo cos strano eromantico.Un paesaggio stupendo..., esord. Lasua voce assunse il tono strano esognante con cui trascinavalimmaginazione della gente. Concetta

  • non pot trattenere un profondo sospirodamore. Jean fissava il vuoto emuoveva le mani come per dipingerenellaria i colori del paesaggio chedescriveva. Un prato al confine con laspiaggia; margherite gialle; il mare chemi bagnava i piedi... da quella parteanimali al pascolo; un profumo fresco diprimavera e, proprio davanti a me, unbellissimo cavallo, con le mani neplasmava le forme. Allinizio c statoun violento trambusto e ho avuto paura.Per questo sono caduto a terra. Provavoa scappare ma non riuscivo a muovere ipiedi dal punto in cui ero. Sentivo unavoce, dentro di me, che mi chiedeva direstare. Poi tutto si calmato e

  • latmosfera tornata meravigliosa: hosentito il mare che mi accarezzava ipiedi. Alla fine la ricotta mi ha scaldatoil petto.

    Svergognata!, esplose Pippo. Quelleparole avevano un tono fin tropposensuale per le sue orecchie. Che cosasono questi cavalli che metti nellaricotta?Pap io niente ho fatto! Solo un po diricotta gli ho portato!Silenzio! Non si accarezzano i piedidei giovanotti con la ricotta!Ma pap...Zitta! Con te facciamo i conti dopo. Etu, Jean, torna subito in cantina. Mi pareche per oggi un giretto in campagna te lo

  • sei fatto, no? Torna gi ch tuttaquestaria fresca in una volta ti pu faremale.

    CopyrightUna ricetta, un viaggio, un raccontoImparare a valutare la freschezza del pesceMatalotta siracusanaIngredienti per 4 porzioniDescrizione del procedimentoIngredientiProcedimentoLa pastaIl piatto finitoLeco del gusto il romanzoCapitolo primoCapitolo secondo