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01/03/2015 Maturare in Cristo Past. Rosario Mascari Or la speranza non confonde, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Romani 5:5). Nel momento in cui nasciamo di nuovo, l’amore di Dio viene seminato nei nostri cuori e la speranza, in termini di aspettativa fiduciosa, non crea alcun tipo di confusione. Non abbandonare il terreno del nostro cuore a se stesso contribuirà ad una sana crescita del seme sparso per mezzo dello Spirito Santo. Or tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole” (1 Corinzi 12:11). Larga parte del mondo evangelico ha spesso posto particolare enfasi sui doni spirituali, in quanto manifestazione della potenza di Dio, trascurando l’importanza dei frutti dello Spirito. È importante sottolineare la differenza tra frutti e doni. Mentre i frutti hanno bisogno di essere coltivati e curati con particolare attenzione, essendo essi il riflesso ed il risultato della crescita spirituale, i doni sono elargizioni, regali distribuiti da Dio a Suo piacimento. Essi sono il risultato di un’iniziativa divina che nulla ha a che fare con lo sforzo umano. L’apostolo Paolo, nella sua epistola ai Corinzi, rimprovera loro il fatto di essere pieni di doni ma scarsi, immaturi, in termini di frutti, di carattere. Per meglio comprendere tali concetti, pensiamo ad un albero di Natale ed ad un arancio. L’albero di Natale non ha faticato, non è stato soggetto a particolari cure od agli effetti dello scorrere delle stagioni, eppure si ritrova dei doni ai suoi piedi. L’arancio, invece, produce un frutto che è il risultato di un processo laborioso ancorato al tempo ed alla resistenza al variare degli agenti metereologici. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli (Giovanni 15:7-8). Ci riconosceranno dai frutti, non dai doni. Attenzione alla troppa concentrazione per il carisma a discapito della testimonianza. Torniamo a permettere che il seme dell’amore di Dio possa crescere dentro di noi producendo frutti maturi. Ciò si tradurrà in cristiani che, più che dalle parole, si distingueranno dai fatti. Se dimoriamo in Lui, se stiamo con Lui, potremo portare frutto; solo Gesù e la relazione intima con Lui genera un carattere simile al Suo. Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22). Nove è il numero dei frutti e nove sono anche i doni. Gesù è stato il Maestro, l’esempio per eccellenza della coniugazione tra doni e frutti dello Spirito. Analizzando il verso, sorge spontanea una domanda: perché dal singolare “il frutto dello Spirito è”, l’apostolo Paolo passa ad un’elencazione, ad un plurale? Il frutto in questione è composto da spicchi. Il più importante di essi è l’amore. Primo frutto: amore. In tale contesto, si fa riferimento all’amore “agapeo”: l’amore di Dio che da senza aspettare nulla in cambio, che nulla ha a che vedere con l’amore “eros” o “phileo”. Si tratta dell’amore scandaloso di Gesù reso evidente in vari episodi, tra i quali ricordiamo: Gesù che ha tanto desiderato ed aspettato di celebrare la Pasqua con tutti i discepoli, tra i quali Giuda Iscariota che l’avrebbe poi tradito, Gesù che guarisce Malco, Gesù che omaggia salvezza al ladrone in croce e via discorrendo. Tale amore è già stato sparso nei nostri cuori “(…) perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” e si traduce in servizio, in azioni disinteressate verso il prossimo. Un amore che

Maturare in Cristo

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Past. Rosario Mascari

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01/03/2015

Maturare in Cristo

Past. Rosario Mascari

“Or la speranza non confonde, perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito

Santo che ci è stato dato” (Romani 5:5). Nel momento in cui nasciamo di nuovo, l’amore di Dio viene

seminato nei nostri cuori e la speranza, in termini di aspettativa fiduciosa, non crea alcun tipo di

confusione. Non abbandonare il terreno del nostro cuore a se stesso contribuirà ad una sana crescita del

seme sparso per mezzo dello Spirito Santo.

“Or tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in

particolare come vuole” (1 Corinzi 12:11). Larga parte del mondo evangelico ha spesso posto particolare

enfasi sui doni spirituali, in quanto manifestazione della potenza di Dio, trascurando l’importanza dei frutti

dello Spirito. È importante sottolineare la differenza tra frutti e doni. Mentre i frutti hanno bisogno di

essere coltivati e curati con particolare attenzione, essendo essi il riflesso ed il risultato della crescita

spirituale, i doni sono elargizioni, regali distribuiti da Dio a Suo piacimento. Essi sono il risultato di

un’iniziativa divina che nulla ha a che fare con lo sforzo umano. L’apostolo Paolo, nella sua epistola ai

Corinzi, rimprovera loro il fatto di essere pieni di doni ma scarsi, immaturi, in termini di frutti, di carattere.

Per meglio comprendere tali concetti, pensiamo ad un albero di Natale ed ad un arancio. L’albero di Natale

non ha faticato, non è stato soggetto a particolari cure od agli effetti dello scorrere delle stagioni, eppure si

ritrova dei doni ai suoi piedi. L’arancio, invece, produce un frutto che è il risultato di un processo laborioso

ancorato al tempo ed alla resistenza al variare degli agenti metereologici.

“Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto. In questo è

glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli” (Giovanni 15:7-8). Ci

riconosceranno dai frutti, non dai doni. Attenzione alla troppa concentrazione per il carisma a discapito

della testimonianza. Torniamo a permettere che il seme dell’amore di Dio possa crescere dentro di noi

producendo frutti maturi. Ciò si tradurrà in cristiani che, più che dalle parole, si distingueranno dai fatti. Se

dimoriamo in Lui, se stiamo con Lui, potremo portare frutto; solo Gesù e la relazione intima con Lui genera

un carattere simile al Suo.

“Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine,

autocontrollo” (Galati 5:22). Nove è il numero dei frutti e nove sono anche i doni. Gesù è stato il Maestro,

l’esempio per eccellenza della coniugazione tra doni e frutti dello Spirito. Analizzando il verso, sorge

spontanea una domanda: perché dal singolare “il frutto dello Spirito è”, l’apostolo Paolo passa ad

un’elencazione, ad un plurale? Il frutto in questione è composto da spicchi. Il più importante di essi è

l’amore.

Primo frutto: amore. In tale contesto, si fa riferimento all’amore “agapeo”: l’amore di Dio che da senza

aspettare nulla in cambio, che nulla ha a che vedere con l’amore “eros” o “phileo”. Si tratta dell’amore

scandaloso di Gesù reso evidente in vari episodi, tra i quali ricordiamo: Gesù che ha tanto desiderato ed

aspettato di celebrare la Pasqua con tutti i discepoli, tra i quali Giuda Iscariota che l’avrebbe poi tradito,

Gesù che guarisce Malco, Gesù che omaggia salvezza al ladrone in croce e via discorrendo. Tale amore è già

stato sparso nei nostri cuori “(…) perché l'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito

Santo che ci è stato dato” e si traduce in servizio, in azioni disinteressate verso il prossimo. Un amore che

inonda il nostro spirito facendoci vedere le persone esattamente come Dio le vede, con i Suoi occhi.

L’amore agapeo freme per fare agli altri ciò che egli stesso vorrebbe ricevere.

Secondo frutto: gioia, l’amore che si rallegra. Non si può gioire senza l’amore di Dio. L’invidia definisce la

situazione opposta. Tale gioia è fondata sulla ferma consapevolezza dell’amore di Dio verso di noi,

argomentazione inconfutabile. Dio ci ha salvati e lo ha fatto per l’eternità. La gioia del Signore da forza,

quando l’essenza dell’amore viene percepita, esso genera gioia. Il sentimento di rigetto non produce gioia.

L’inganno del diavolo si sostanzia, infatti, nel far sentire i figli di Dio rigettati da Lui. Egli fa in modo che

venga messo in dubbio l’amore di Dio verso noi. Quando Satana tentò nel deserto Gesù, il figlio di Dio, mise

in discussione la Sua identità. La certezza dell’amore di Dio produce gioia.

Terzo frutto: pace, l’amore che riposa. La traduzione dal greco è “irene” ma, considerando che l’apostolo

Paolo pensava in ebraico, qui pare evidente che la pace in oggetto sia “Shalom”. Il nostro Dio è un dio

d’ordine. Il disordine si traduce in guerra. La pace di Dio produce ordine. La vera pace che è dentro di noi,

porta un ordine divino. Quando Gesù rincontrò i suoi, la prima cosa che disse loro fu: “Pace a voi!”. Il riposo

è una necessità ed in assenza di esso non viene smaltito ciò che di carnale, di tossico, c’è in noi.

Quarto frutto: pazienza, l’amore che sopporta. La pazienza si concretizza nel saper attendere i tempi di Dio

senza scoraggiamento e senza cercare scorciatoie per arrivare alla meta. L’impazienza produce azioni

contrarie alla volontà di Dio e può essere mortale in quanto porta a compiere scelte diaboliche. La scelte

dettate dall’impazienza vengono prese considerando ciò che oggi ci appetisce, senza essere in grado di

controllare le future conseguenze di tali scelte. La pazienza si riferisce alla capacità di credere e di attendere

con speranza che non scoraggia. Pazienza è perseveranza che si rifiuta di cedere.