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Maurizio CALAMO '"
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L'Occidente e l'!slam, tra dialogo e conflitto
CULTURA
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CENNI STORICI suu'ISLAM
L'islamismo è attualmente la religione di circa un miliardo di persone, ed il
più grande stato islamico è l'Indonesia. L'appartenenza all'Islam comporta un
.insieme di credenze e pratiche religiose specifiche, la comunanza di alcuni ele-
menti di una cultura e di una civiltà ed una determinata identità politica o comu-
nitaria. Questo ci consente di affermare che l'Islam è nello stesso tempo una reli-
gione, una cultura ed una comunità. La tradizione islamica è caratterizzata da una
profonda continuità storica, ma presenta un'enorme varietà di manifestazioni.
Le origini
La religione islamica fu rivelata al profeta Maometto intorno al 600 dall'ar-
cangelo Gabriele, che gli trasfuse la vera parola di Dio. L'intera rivelazione fu rac-
colta nel Corano, compilato dopo la morte di Maometto, avvenuta nel 632.
Maometto era nato alla Mecca, città dell'Arabia occidentale, esempio tipico
dell'eterogenea società del tempo, caratterizzata dalla compresenza di politeisti,
cristiani, ebrei e di monoteisti che non appartenevano ad alcuna comunità reli-
gIosa.In questa realtà inevitabilmente lacerata da conflitti, Maometto portò una
riaffermazione in lingua araba dell'esistenza di un unico Dio onnipotente, Allah,
creatore dell'universo; un Dio che esigeva buone azioni e buoni pensieri dalle sue
creature, e che le avrebbe giudicate nel giorno del giudizio ricompensandole o
punendole per l'eternità.
L'espansione arabo,.islamica nel Medio Oriente si verificò subito dopo la
morte del Profeta: nel 641 furono conquistate la Siria, la Palestina e l'Egitto, men-
tre nel 656 l'Iran.
Le conquiste arabe non comportarono, tuttavia, un'islamizzazione immedia-
ta del Medio Oriente, che si realizzò invece tra il X e l'XI secolo.
J I fond4menti
Il Corano definl i precetti della nuova religione e divennero forme distintive
dei mussulmani i cinque pilastri dell'Islam: la professione di fede nell'unico Dio,
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Maurizio CALAMO
..la preghiera, le elemosine, il pellegrinaggio alla Mecca, l'osservanza del digiuno di
ramadan.Il Corano fissò anche la legislazione relativa alla famiglia, ratificando il clan
patriarcale preesistente, controbilanciando il divorzio e la successione ereditaria,che favorivano i maschi, con un insegnamento etico che prescriveva rispetto e
considerazione del prossimo e riaffermava il pieno valore della donna come esse-
re umano.
La dottrina religiosa divenne ben presto oggetto di analisi da parte di studiosi
e discepoli che finirono, nell'immensa varietà del mondo mussulmano, per dare
vita a varie fazioni politiche.
Distinzioni ancor oggi presenti, come quella tra i sunniti' e gli sciiti.
I sunniti, in particolare, elaborarono una serie di orientamenti del vivere
quotidiano, giungendo ad un codice di comportamento del buon mussulmano,la c:d. shari'a, la "Legge", caratterizzato dal rispetto dei precetti teologici. Tali
comportamenti erano però accompagnati da un ideale- di moderazione e dalla
sollecitazio~e a vivere nel mondo senza esser schiavi, tenendo semprepresente
la vita a venire.
All'esterno dell'area sunnita, quale prima sfida all'lslam normativo, si formò
la shi'a ("partito"), cui aderirono coloro che sostenevano le rivendicazioni di All,
genero ~ Maometto, e dei suoi discendenti, unici califfi legittimi. Gli apparte-
nenti a tale fazione, detti "sciiti", attribuirono grandissimo rilievo alla guida spiri-
tuale, l"'imam", ritenuto di natura divina ed espressione di Allah.
Ancora oggi l'imam studia il Corano per comprenderne il significato appa-
rente e quello nascosto, e gli sciiti sono tuttora in attesa del Dodicesimo imam
nasco~to, figura emblematica e mitica dell'interiorizzazione sciita.
Se quindi gli sciiti ritengono che la vera religione consista nella fedeltà alla
"imam", si sentono delusi dal mondo, ne avvertono la corruzione, aspettano il
ritorno del messia ed anelano la redenzione, i sunniti accettano la vita di questo
mondo, considerato terreno dell~J disciplina religiosa.
Attualmente circa il 90% dei mussulmani sono sunniti e il 10% sono scii-
ti, anche se questi ultimi sono la grande maggioranza in.Iran (50%), in Iraq e in
Libano.
1155
CULTURA
.Il XX secolo e l'esperienza del11ran
La prima guerra mondiale portò alla nascita di'un nuovo sistema politico di
Stati nazionali di tipo laico anche nel Medio Oriente. Il nazionalismo divenne dot-
trina quasi universale della lotta politica contro il dominio coloniale. Tuttavia 1'1-
slam conservò la sua importanza come base della società civile e della religiosità
privata, continuando cosl a costituire, implicitamente, il reale fondamento dell'i-
dentità nazionale.
Il tratro più rilevante dell'lslam moderno è la circostanza di essere diventato
il punto di riferimento di una serie di movimenti di opposizione che propugnano
il rovesciamento degli Stati laici e la loro sostituzione con Stati islamici. I primi di
questi movimenti si formarono negli anni trenta e quaranta, crescendo notevol-
mente negli anni settanta, e propugnarono un ritorno all'unione tra Stato e società
realizzata da Maometto ed una piena adesione ai principi del Corano ed agli inse-
gnamenti del Profeta.
L'obiettivo oggi è quello di creare una solidarietà sociale e di costruire un'au-
tentica comunità musulmana basata sulla fratellanza e sulla giustizia; a tal fine,
sino ai giorni nostri, si sono moltiplicati i gruppi religiosi, le scuole, le istituzioni
di beneficenza, le cooperative. L'intento, dunque, è quello di una reislamizzazione
globale della società e la creazione di un' economia, di una giustizia e di un' ammi-
nistrazione islamiche.
La caratteristica saliente di questi movimenti è pertanto la spinta arovescia~
re i governi esistenti; al riguardo "tipica" è stata l'esperienza dell'Iran.
La rivoluzione in Iran del 1978/79, uno degli episodi più importanti del-
l'ultimo quarto del secolo scorso, ha avuto ripercussioni sul piano internazionale
che ancor oggi non mancano di produrre effetti.
Lo Scià Reza Pahlavi, salito al trono nel 1941, aveva dovuto fronteggiare
subito il clero sciita ed in particolare Khomeini che, per la sua avversione al siste-
ma monarchico, fu ben presto inviato in esilio.
Dall'Iraq il religioso iniziò una furiosa campagna contro il monarca, impo-
stata sui principi dell'lslam e sulla denigrazione dello Scià.
A seguito delle violente manifestazioni e scontri in tutto il Paese, lo Scià fu
costretto all'esilio il 16 gennaio 1979, e Khomeini rientrò in Iran il successivo 31
1156
Maurizio CALAMO
.gennaio. *
L'Iran, come sancito anche in un referendum, divenne una Repubblica Isla-
mica; tuttavia da quel momento non ci fu più spazio per tutte quelle forze demo-
cratiche, socialiste e di ispirazione etnica che tanto avevano contribuito al succes-
so della rivoluzione.
Il nuovo assetto costituzionale del Paese instaurava una particolare ed origi-
nale forma di diarchia nella quale accanto ad una forma di potere di tipo tradizio-
nale rappresentata dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, si accompa-
gnava un parallelo potere di ispirazione religiosa, presieduto da una "Guida Supre-
mi' e coadiuvato dal "Consiglio dei Guardiani". A tali ultime cariche era, ed è tut-
tora, demandato l'effettivo esercizio dei principali poteri della Repubblica Islami-
ca, con un ruolo poco più che d'esercizio e di gestione per le cariche istituzionali
del Presidente e del Parlamento.
Quale oggi la situazione in Iran?
Le recenti elezioni del febbraio 2004 hanno segnato la sconfitta dei "rifor-
matori" eletti nel 2000; si è trattato però di una sconfitta annunciata, dopo l~ can-
cellazione di 2500 candidati riformisti ad opera del Consiglio dei Guardiani.
LE RAGIONI DEL CONFLI1TO
Estremismo e fondamentalismo
La breve storia appena tracciata consente di ritenere che tra i fondamenti del-
l'Islam non vi sia la spietata violenza terrorista che tanto invade i mass-media e che
tanto~ a ragione, colpisce la nostra anima. Se il rischio può essere quello di giun-
gere a pericolose forme di razzismo e di discriminazione, è necessario non avere
paura della diversità, ma anzi conoscerla per capirla. Ogni volta che si nega la
conoscenza e l'ascolto, si afferma l'estremismo e il fondamentalismo.
Interroghiamoci, allora, sul significato di questi termini.
Per estremismo intendiamo le manifestazioni -specialmente quelle attinen-
ti alla sfera politièa -più illiberali del massimalismo, del radicalismo e dell'intran-
sigenza, spesso accompagnate dall'eversione e dalla violenza, sia quest'ultima pale-
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CULTURA
,se o clandestina.
Più difficile è circoscrivere il concetto di fonclamentalismo, il quale rispec-
chia complesse radici sociali, politiche, economiche, culturali e, naturalmente, reli-
giose, ma non è di per sé sinonimo di intolleranza, violenza o sopraffazione, anche
se viene sovente ed impropriamente assimilato a queste ultime. Il fondamentali-
smo che trae origine da un testo sacro costituisce un programma di azione socio-
politica in senso lato e si propone come guida per la vita spirituale dei credenti. In
tutte le sue manifestazioni, il fondamentalismo si confronta con la sfera dei non
credenti, senza però mirare allo scontro violento o all'imposizione del proprio
credo.
Quando il fondamentalismo d~genera in forme d'intolleranza e d'imposi-
zione sarebbe comunque preferibile parlare di radicalismo 'religioso. Va infine tenu-
to presente che la religione può essere vissuta e praticata come fede, cioè come rap-
porto soggettivo della creatura (il credente) con il Creatore, oppure come ideolo-
gia. Nel secondo caso, si verifica lo straripamento della sfera religiosa in quella
politica. Ne deriva l'esigenza di distinguere nettamente il fondamentalismo, o
meglio il radicalismo religioso, dal semplice estremismo politico.
Possiamo infine parlare di estremismo o di fondamentalismo "degenerativo",
caratterizzato dal ricorso di numerosi gruppi subnazionali -talvolta appoggiati da
Stati sostenitori -alla cosiddetta "guerra asimmetrica", che nella sostanza punta allo
sfruttamento dei punti deboli di un avversario più potente, come macroscopicamen-
te dimostrato dai noti fatti dell'Il settembre 200 l. Tale estremismo e fondamentali-
smo degenerativo costitUisce la grande minaccia alla sicurezza nazionale.
Quando si discorre di fondamentalismo si pensa sempre ai musulmani, e
questo può rappresentare un grave errore di prospettiva storica, poiché il fonda-
mentalismo è nato tra i cristiani protestanti statunitensi nel 1898.
Esiste anche un fondamentalismo ebraico e indù, e c'è infine, nel nostro
Occidente, un fondamentalismo di tipo laico, vera e propria indisponibilità a giu-
dicare la serietà delle ragioni religiose. Anch'esso è una forma di fondan1entalismo
e di fanatismo, perché rientra nel concetto di fondamentalismo la chiusura totale
alle ragioni degli altri.
Sono movimenti a carattere fondamentalista quelli che procedono al reclu-
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Maurizio CALAMO
.tamento degli adepti facendo leva sui sentimenti di frustrazione, di odio, di ini- -
micizia, ossia, in ultima analisi, sulla non-conoscenza.
Il radicalismo religioso, anch'esso occasionalmente riscontrabile in numero-
se professioni fideistiche e praticato solo da estremisti, è invece una degenerazione
del fondamentalismo e spesso comporta iniziative violente e sopraffazioni in nome
della religione. Il radicalismo islamico, indiscutibilmente espressione minoritaria
di quella religione, costituisce la maggiore minaccia a livello di estremismo politi-
co-confessionale.
Al di là dei fattori spirituali e culturali, sia l'attivismo islamico moderato,
sia il radicalismo islamico, pur nella loro sostanziale dicotomia, costituiscono in
ragguardevole misura, una reazione ad una serie di problemi materiali contin-
genti, fra cui si distinguono e continueranno a distinguersi gli aspetti deleteri
dell'andamento economico, sociale e demografico di diversi Paesi musulmani,
la corruzione dilagante negli apparati statali, la conseguente crisi di legittimità
governativa e la frustrazione sempre crescente della popolazione giovanile. La
scelta, in particolare, di strumenti non convenzionali per istituire governi con-
fessionali nei singoli Stati musulmani e per respingere allo stesso tempo l'in-
quinamento occidentale incrementa l'aggressività delle numerose aggregazioni
radicali o radicalizzanti e ne allarga la sfera di azione al di là dei confini del
mondo tradizionalmente islamico.
In questo contesto incide pesantemente a livello psicologico, coinvolgendo
emotivamente anche i moderati, il noto, annoso e irrisolto conflitto israelo-pale-
stinese. Nel 1947 è emanata dall'ONU la prima, e fondamentale, risoluzione, la
numero 181, con cui si stabilisce la divisione del territorio della Palestina: Stato
ebraico da una parte e Stato palestinese dall'altra.
Le vicende che si sono succedute, ed il pensiero va alla Guerra dei Sei Gior-
ni del 1967 e a quella del Kipur del 1973, hanno certamente messo in moto il fon-
damentalismo islamico dando il via alla islamizzazione della questione palestinese
e facendo crescere i movimenti radicali, quali Hezbollah e Hamas.
In particolare, la Guerra dei Sei Giorni ha rappresentato un motore per il
fondamentalismo islamico poiché l'aspetto religioso è diventato ideologicamente
l'unica alternativa in grado di unire i palestinesi e gli arabi, unico elemento di
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CULTURA
identità forte rispetto ai diversi nazionalismi. ..
Il conflitto ebraico-palestinese ha un rilievo maggiore anche a causa della
mancata mediazione dell'Europa, che anzi in molti casi ha sostenuto la causa
nazionale palestinese.
Al-Qaida e lattentato dell']] settembre 200]
In tempi più recenti l'attenzione si è maggiormente concentrata sulla rete di
"al-Qaidà'. Al riguardo sappiamo che, oltre ad avere una propria struttura gerar-
chica ed operativa, essa funge da elemento di raccordo finanziario, logistico e ope-
rativo per una serie di formazioni semiautonome o indipendenti presenti in ogni
continente. Cellule o elementi appartenenti a questa rete operano in circa 60 Paesi
non solo islamici, ma anche occidentali. Lo smantellamento dell'Emirato Islami-
co dell'Mghanistan (dove al-Qaida verosimilmente aveva stabilito una sorta di
quartiere generale presso il regime dei Taleban), a seguito dell'intervento militare
americano, ne ha sicuramente ridotto, ma non annullato le capacità e le potenzia-
lità. In ogni caso, anche se dovesse scomparire in quanto tale, al-Qaida ha traccia-
to un modello organizzativo multidimensionale con fini politico-confessionali
riproducibile o adattabile secondo le esigenze. A prescindere dall'apporto finan-
ziario iniziale del ben noto Osama bin Laden e dalle capacità imprenditoriali da
lui fattivamente messe a disposizione, l'attivismo radicale islamico, sia a livello
locale che internazionale, gode comunque di finanziamenti occulti provenienti da
fonti private. La situazione è poi aggravata dal fatto che, per considerazioni ine-
renti ad interessi di sicurezza interna, le monarchie conservatrici islamiche tenta-
no incautamente di tenere a bada i propri sudditi radicali contribuendo al finan-
ziamento delle attività dei medesimi all'estero, anche se non necessariamente o
direttamente quelle violente. La stessa considerazione vale per la consuetudine, di
promettere risarcimenti ai familiari di coloro che muoiono per la fede, eufemismoper attivisti violenti e, in particolare, per attentatori suicidi che di regola colpisco-
no vittime inermi.
C'è poi la tendenza ad imitare il fanatismo dei radicali islamici da parte di
elementi estremisti d'impostazione laica, anche se culturalmente appartenenti alla
stessa fede, come si evince nel caso degli attentati suicidi dei palestinesi della Bri-
1160
Maurizio CALAMO
gata Martiri di al-Aqsa, da non confondersi con le formazioni radicali islamiche -quali Hamas o Jihad Islamica Palestinese. -
In questi casi, siamo di fronte ad una situazione in cui sono sfruttati in chia-
ve radicale i precetti dell'lslam.
I tragici fatti dell'undici settembre 2001 hanno, inoltre, mostrato un terro-
rismo diverso da quello "solito" palestinese poiché, pur riproponendone gli ele-
menti fondamentali, quali, ad esempio, l'antimperialismo americano o l'opposi-
zione alla mondializzazione, quanto verificatosi ha spezzato ogni collegamehto con
questioni di tipo territoriale, locale o nazionale. L'undici settembre ha fatto pren-
dere coscienza agli occidentali dell'internazionalizzazione della questione islamica.
In quest'ambito, poi, si è ribaltato il rapporto tra islamismo e modernità, che è l'e-
lemento culturale di fondo che si pone alla riflessione dell'Occidente. È possibile
che sia avvenuta un'islamizzazione della modernità, e Bin Laden l'ha dimostrato,
sia rispetto al metodo e alla logistica che usa, sia nel profondo rapporto che c'è tra
islamismo e cultura moderna. Elemento che sinora era mancato totalmente al ter-
rorismo palestinese iniziato negli anni settanta.
Il terrorismo attuale ha una vasta penetrazione, va al di là dellocalismo, e
pone il nodo dei rapporti tra modernità e Islam, a partire da categorie proprie e
non importate dall'Occidente.
Non bisogna accettare però la teorizzazionedello scontro di civiltà: l'islami-
smo radicale ha cambiato metodo di approccio sttategico e pone all'Occidente il
problema di una sua nuova collocazione, di un rapporto diverso nei confronti del
Terzo e del Quarto mondo.
L'OccidenteA questo punto dobbiamo chiederci se vi sia una qualche responsabilità del-
l'Europa e dell'Occidente per non aver far tutto il possibile, e di continuare a non
farlo, per rasserenare il mondo mussulmano.
Non possiamo non pensare alla recente guerra, portata contro l'Iraq.
L'lslam ha alle sue spalle rapporti contraddittori con l'Occidente. Fra il Set-
tecento e il Novecento, i Paesi arabi hanno subito una forte attrazione verso il
mondo occidentale, interessati dalla potenza militare e tecnologica che quel
1161
CULTURA
mondo rappresentava. Al contempo, sono tuttavia rimasti profondamente con- ..
vinti che la loro cultura, dal punto di vista spirituale, religioso -ma anche artisti-
co, letterario, estetico -fosse infinitamente superiore a quella occidentale. L'in-tento era semplicemente quello di cercare di capire il segreto della potenza occi-
dentale.
L'lslam è invece una religione che favorisce profondamente la realpolitik, la
politica di potere e la politica di forza. È proprio per questo che il mondo musul- -,--'
mano è rimasto affascinato dall'occidente e, allo stesso tempo, anche profonda-
mente deluso da esso. Si aspettava che la cultura e la tecnologia occidentali l'a-
vrebbero riportato (l'lslam) al ruolo di civiltà-guida che ha avuto per molti secoli,
tra il Medioevo e l'età moderna, invece tutto ciò non si è realizzato.
I musulmani si sono cosi resi conto che il mondo occidentale li ha usati per
i suoi fini -ultimo in ordine di tempo quello dell'energia petrolifera -e questo ha
generato un contraccolpo, una caduta delle illusioni, ha provocato il nascere di
frustrazioni, di rancori, che sono evidentemente alla base dello sviluppo dei movi-
menti fondamentalisti.
Il petrolio, non dimentichiamolo, ha molto penalizzato il mondo arabo, pur
arricchendolo. L'Iraq è un grande produttore di petrolio ed è uno dei paesi chiave
della produzione petrolifera di quell'area chiamata "area del Golfo". L'Iraq ha poi
una situazione geografica che determina un collegamento con altre aree estrattive,
come quella del Mar Caspio e dell'Asia centrale. Non si deve dimenticare, allora,
che l'Europa come la Cina dipendono per 1'80% delle importazioni petrolifere dal
Golfo, mentre gli Stati Uniti dipendono soltanto per il 12%.
Ciò ha indotto qualcuno a ritenere che la guerra statunitense in un territo-
rio di questo genere sia indirettamente anche un episodio di guerra non certo mili-
tare, ma economica, finanziaria e industriale anche nei confronti dell'Europa e
della Cina.
Il discorso è reciproco. Molti paesi musulmani e arabi sono interessati al rap-
porto con l'Europa, e gli Stati Uniti hanno la preoccupazione di poter venire iso-
lati, temono che i Paesi europei, alcuni Paesi asiatici come l'Iran, l'India o la Cina
finiscano col favorire un rapporto con l'Europa piuttosto che con loro.
Per il mondo arabo anche questo conflitto può apparire quindi "provocato"
1162
Maurizio CALAMO
.dall'Occidente per esclusivi fini economici, commerciali e di politica estera, e ..
comunque un conflitto "subito".La "delusione" islamica verso l'Occidente continua senza, d'altra parte, che
l'Occidente sia riuscito a proporre sistemi- democratici credibili ed adattabili alle
esigenze islamiche.
IL DIALOGO NECESSARIO
La seco/4rizzazione del novecentoL'Occidente e l'Europa in particolare devono accettare il confronto con il
mondo islamico, senza forme di "fondamentalism~)aico" o di "neo-colonialismo".
Certamente è forte oggi l'attenzione per il fenomeriQ religioso islamico (purtrop-
po anche per i drammatici eventi terroristici verificatis~ ma anche per le altre reli-
gioni e per i profondi valori che esse rappresentano. \.
Questo sembra essere un'inversione di tendenza ris~etto alla forte secolariz-\
zazione del novecento. \.Il secolo scorso aveva, infatti, fatto forza sulla laicità è sui nazionalismi, ma
si è trattato di un modello che è entrato in crisi già negli ultimi decenni.
In America Latina si è sviluppata la teologia della liberazione, che ha fatto
del cristianesimo un elemento per la rivoluzione sociale, e in Europa Giovanni
Paolo II, eletto Papa nel 1978, ha riaffermato la grande valenza del cristianesimo
e dei suoi valori, facendo del cristianesimo stesso una base per la resistenza al pote-
re comunista in Polonia. In Israele, nello stesso periodo si era verificata una ripre-
sa dei partiti religiosi.Nel guardare un po' a ritroso questi avvenimenti, che sono già storia pur se
ancora vicini, sembra quasi che anche la ripresa dei convincimenti religiosi abbia
finito per acuire le divergenze e quindi i conflitti.
Infatti, non v'è dubbio che le religioni monoteiste finiscano inevitabilmente
per avere una deriva integralista, forse proprio per la pretesa esclusivistica della
verità che tutte le accomuna.
L'impegno comune, dell'Occidente e del mondo arabo, deve essere quindi
1163
CULTURA
imperniato sulla necessità di conoscere, per capire quello che unisce e per non farsi ..
prendere troppo da quello che divide.
Già nel Novecento i mondi religiosi hanno compreso di non poter vivere a
prescindere dall'esistenza degli altri. La Chiesa cattolica con il Concilio VaticanoII, conclusosi nel 1965, parlava esplicitamente di dialogo con ebrei, musulmani e
con le religioni orientali. Ancora prima del Concilio, in Italia il sindaco di Firen-
ze, Giorgio La Pira, aveva promosso dal 1955 incontri tra gli esponenti di comu-
nità religiose. Per La Pira, il Mediterraneo doveva essere il "lago del dialogo", ed
occorreva porre in relazione diretta la pace con il dialogo tra le religioni, e la guer-
ra come possibile conseguenza di forze religiose in contrasto. Giovanni Paolo II,
pur portatore di un forte messaggio di identità cristiana, ha sorpreso tutti nel 1986
visitando, primo Papa, la sinagoga di Roma, e poi, sempre nel 1986, organizzan-do l'incontro tra le religioni ad Assisi. Lì si è affermato con forza che il dialogo non
ha di mira l'unificazione delle religioni, né l'identificazione di una verità comune.
Il dialogo è convivenza, è conoscenza, non deve mirare a convertire ma a trasfor-
mare.
L'iniziativa italiana durante il semestre europeo
Oggi tante sono le iniziative sia religiose che laiche a favore della costruzio-ne di un costruttivo dialogo, a fronte di una cultura che sempre più contrappone
l'integralismo ed il terrorismo di alcuni al pregiudizio e alla chiusura totale di chisi sente, a ragione, minacciato.
Tra queste iniziative, di eccezionale rilevanza è stata quella assunta dal nostro
Paese nell'ambito delle attività svolte in occasione della presidenza italiana dell'U-
nione Europea. In particolare il Ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, ha pro-
mosso, a livello di Conferenza dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea, un
Convegno dal titolo "11 dialogo interreligioso, quale fattore di coesione sociale in
Europa e strumento di pace nell'area mediterraneà', svoltosi a Roma ad ottobre del
2003.Il Ministro Pisanu non è nuovo a questa sensibilità poiché già nel 1973, era
stato tra i fondatori dell' Associazione dei parlamentari euro-arabi che tanto ha
contribuito a favorire il dialogo tra il Cristianesimo e l'Islam.
1164
Mau~io CALAMO
Nel suo interevento di apertura dei lavori del citato convegno, il Ministro ,.
Giuseppe Pisanu ha evidenziato come la mobilità umana sia ormai uno dei tratti
salienti della globalizzazione, visto che "... oggi un abitante della terra su trenta-
cinque e un immigrato, uno straniero".
Per noi la vicinanza con l'Islam si è fatta maggiore proprio a seguito dell'im-
migrazione, anche se dobbiamo constatare come in Europa l'immigrazione faccia
ormai paura. Eppure, proprio in senso opposto va il messaggio del convegno: l'Eu-
ropa del Terzo millennio deve essere aperta al mondo, strutturarsi come "società
apertà', richiamando le sue migliori tradizioni culturali e religiose, e la sua conce-
zione laica dello stato democratico.Il dialogo è un cammino difficile, fatto di passaggi diversificati, ma che a
vario titolo interessano tutti, almeno gli uomini di buona volontà. La politica deve
fare la sua strada, favorendo l'integrazione degli immigrati e la convivenza con le
nostre culture.Ha detto, al riguardo, il Ministro Pisanu che «.. .10 Stato democratico deve
aprire agli immigrati la porta a due ante dei diritti e dei doveri" pur mantenendo
il diritto di esigere l'adesione ai suoi ordinamenti civili e politici. L'impegno alla
ricerca e al dialogo deve essere condiviso ad accettato da tutti, nel rispetto delle
leggi del vivere democratico. Sul punto il Ministro Pisanu è sempre stato fermo e
chiaro. Ricordiamo l'intervista rilasciata al giornalista Magdi Allam pubblicata nel
2003: ".. .dinanzi al terrorismo islamico la risposta non può essere che ferma. Una
guerra da sferrare con tutti i mezzi di prevenzione e contrasto di cui disponiamo,
cominciando da un obiettivo cruciale ed ambizioso: liberare le moschee d'Italia...
dai predicatori della violenza, dai reclutatori della violenza, dai reclutatori della
guerra santa e dagli agenti di interessi stranieri nel nostro Paese".
Per tutto quello che non è terrorismo, il dialogo interreligioso, con partico-
lare riferimento a quello fra le tre grandi religioni monoteistiche, può e deve esse-
re, almeno nel medio periodo, la strada per nuovi rapporti e pacifiche convivenze.
Ebrei, cristiani e musulmani da millenni intrecciano le loro vicende nel Mediter-
raneo e, come già intuiva Giorgio La Pira, occorre promuovere la riunificazione
dei "tre rami della famiglia di Abramo".Il Ministro Pisanu 'ha inoltre evidenziato come "... una società aperta è
1165
CULTURA
chiusa unicamente agli intolleranti. È aperta al maggior numero possibile di iden- -
tità, al maggior numero possibile di tradizioni. È chiusa, pena la dissoluzione, sol-
tanto alla inciviltà dei violenti che rifiutano le regole dello Stato di diritto e non
riconoscono i valori della tolleranza, dell'antirazzismo e della solidarietà".
A conclusione della Conferenza sono state lanciate a livello europeo due pro-
poste, la "carta europea per il dialogo interreligioso" e il "Porum europeo per il dia-
logo interreligioso tra i governi europei e le religioni".
L'impegno europeoLa cultura del dialogo porterà i suoi frutti in Europa, e per questo l'Unione
Europea è chiamata a svolgere un ruolo difficile, ma necessario, anche perché in
Europa, non dimentichiamolo, ci sono 17 milioni di musulmani.
Il dialogo interreligioso trova un suo spazio nella dichiarazione n.ll del Trat-
tato Europeo di Arnsterdam che sancisce: "L'Unione Europea rispetta e non pre-
giudica lo statUs di cui godono, in virtù del diritto nazionale, le Chiese e le Asso-
ciazioni o Comunità religiose negli Stati membri. L'Unione Europea rispetta altre-
si lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali".
Anche l'Islam d'Europa deve essere fautore di un dialogo liberale per riusci-
re ad integrarsi in Europa e con l'Europa; deve essere un Islam liberale e modera-
to poiché qualsiasi forma di fanatismo o di radicalismo religioso è in contrasto con
la tradizione liberale religiosa dell'Europa ed in tal caso il dialogo è destinato al fal-
limento.
La lezione dell'Il settembre 2001 dimostra che l'estremismo religioso è
anche ispiratore di terrorismo e violenza. I musulmani devono attraverso il dialo-
go e l'accettazione della modernità, rinunciare agli arcaismi ed agii atteggiamenti
di chiusura che sono fonte di malintesi storici e di allontanamento fra culture, se
non addirittura di scontri fra civiltà.
L'Islam deve vivere la propria essenza spirituale con la modestia dell'afferma-
zione e con la tolleranza, altrimenti il rischio della "fobià' dell'lslam e del rifiuto
totale dello stesso Islam è inevitabile.
All'Europa spetta il compito di operare una scelta precisa in favore di un
Islam moderno che non imponga e non ci imponga i suoi valori e le sue esigenze
1166
Maurizio CALAMO
.in antitesi dei valori umanistici e di tolleranza dell'Europa. *
L'immagine dell'lslam oggi nel mondo è cosl negativa che tutti i responsabi-
li musulmani devono impegnarsi per ritrovare i ricchi valori che hanno dato lustro
alla civiltà umanistica dell'lslam.La Commissione europea ha da tempo riconosciuto l'importanza del dia-
logo con le Comunità religiose in Europa ed il Presidente Prodi organizza regolar-
mente incontri con gruppi di lavoro europei nonché con altri gruppi rappresenta-
ti a Bruxelles.!-,Europa deve garantire sempre due importanti condizioni. lnnanzitutto
deve1ii1pegnarsi per costruire una società basata su pari diritti ed opportunità e poi
deve mirare a realizzare una società fondata sul rispetto da parte di tutti coloro che
la compongono di valori primari quali i diritti umani, l'eguaglianza fra uomini e
donne e le libertà fondamentali, previsti dalla Carta dei diritti fondamentali del-
l'Unione Europea.-La Carta stessa fornisce la base necessaria per promuovere l'integrazione ed
il dialogo in Europa, a livello sociale, culturale e religioso.
La Carta custodisce l'impegno dell'Unione al rispetto delle diversità, siano
esse culturali, religiose o linguistiche. Secondo la Carta ognuno ha diritto di espri-
mere liberamente il proprio pensiero, la propria coscienza e la propria religione.
È cosl necessario riaffermare l'impegno alla tolleranza ed al rispetto delle
diversità, con la conseguente condanna dei principi opposti di intolleranza e del
fanatismo. La Carta infatti ripudia il razzismo e la xenofobia in quanto diametral-
mente opposti a tutto ciò per cui l'Europa si batte in termini di dignità umana,
cittadinanza, comprensione e rispetto reciproci.In questo momento di grande timore di estremismo e di fondamentalismo è
importante incoraggiare l'interazione fra culture e religioni diverse all'interno della
nostra società, e questo ancor più nel caso delle comunità di immigrati nell'Unio-
ne sulle quali l'opinione pubblica tende sempre più a far ricadere la colpa del senso
di insicurezza che molti cittadini europei attualmente provano.L'integrazione degli immigrati costituisce forse la più grande sfida della
politica comune in materia di asilo e immigrazione. Un'integrazione ben riuscita
giova sia agli immigrati che alle società che li ospitano, mentre un'integrazione non
1167
CULTURA
riuscita può portare all'emarginazione, all'alienazione, alla discriminazione ed al ..
conflitto religioso.
Gli Stati membri dell'Unione devono quindi assumere un ruolo gUida nel-
l'elaborazione di politiche di integrazione, per quanto la collaborazione alla defi-
nizione di tali politiche dovrebbe coinvolgere la società civile e le sue organizza-
zioni, ivi comprese quelle degli immigrati stessi.
Perché questo si realizzi occorre promuovere il dialogo e quello interreligio-
so, in particolare per prediligere i temi dell'etica morale e quelli della teologia.
Occorre guardare al futuro piuttosto che evocare di continuo i conflitti passati,
ponendo sempre la persona umana al centro dell'attenzione per difenderne la
dignità, per garantirne la libertà nelle espressioni religiose ed insegnare a tutti il
rispetto per quelle degli altri.
L'esperienza franceseLa cultura del dialogo ha prodotto positivi risultati già in Francia dove dal
2003 è operante la Consulta francese del culto musulmano, organo rappresentati-
vo e interlocutore presso i Pubblici poteri. Tale organizzazione (che conta cinque
milioni di musulmani, in rapprese~tanza di 62 nazionalità) è nata a seguito dell'e-
manazione di due leggi organiche, che hanno consentito ai musulmani e all'im-
migrazione musulmana di organizzarsi.La prima legge, che risale al 1975, ha consentito all'immigrazione di rag-
grupparsi riunendo le famiglie, e ciò ha dato origine ad una seconda e terza gene-razione di giovani musulmani nati in Francia. La legge del 1981 ha consentito ai
musulmani francesi e non di organizzarsi in associazioni e quindi di costruire
moschee e luoghi di culto. È riconosciuto il diritto a decidere in maniera parteci-
pativa le questioni legate alle cariche religiose, alla formazione dei religiosi, ai cimi-
teri musulmani, ai luoghi di culto ed alle feste religiose.
L'esperienza francese deve far riflettere circa l'opportunità di creare istanze
rappresentative del culto musulmano attraverso processi simili.
L'impegno italiano "i
Qual è il dialogo possibile in Italia? :..ii1
1168
Maurizio CALAMO
Oggi in Italia ci sono un milione di mussulmani provenienti dall'Mrica, dal- *
l'Europa e dall'Asia, distribuiti tra gruppi di confraternite, gruppi mistici (Coreis
e Ami), gruppi delle moschee (Ucoii e Fratelli mussulmani), gruppi degli Stati
arabi e quelli radicali (Istituto culturale di viale Janner, UMI e Partito islamico). A
questi dobbiamo aggiungere anche i diecimila italiani "convertiti".
Questi dati danno tuttavia contezza del fenomeno che non può certo defi-
nirsi come irrilevante nello svolgimento della vita del Paese, ed anzi recenti fatti di
cronaca anche giudiziaria ci inducono ad osservare con molta attenzione, al fine di
elaborare possibili itinerari di reciproco confronto e dialogo.
Al riguardo il Ministro dell'Interno Pisanu ha espresso in maniera chiara e
lungimirante il suo pensiero: ".. .l'Italia deve realizzare due obiettivi, il primo dia-
logare costruttivamente con la stragrande maggioranza dei musulmani pacifici, edil secondo isolare gli estremisti e piegarli alla ragione con le buone o con le catti-
ve maniere...". Occorre poi definire una nuova disciplina normativa sulla libertà
di religione per ".. .gettare le basi giuridiche per il riconoscimento di un islam ita-
liano e per garantire al meglio il normale svolgimento delle pratiche religiose. Ma
l'islam dovrà riconoscere e rispettare i nostri ordinamenti, la laicità dello Stato, il
valore insostituibile delle istituzioni democratiche".
Occorre pertanto sostenere forme di convivenza pacifica con il milione di
musulmani oggi presenti in Italia, nella serena consapevolezza che solo 50 mila fre-
quentano abitualmente le moschee e solo una parte di essi è esposta alla predica-zione estremista. Per questo il Ministro dell'Interno pensa alla "... costituzione di
una consulta islamica presso il Ministero dell'Interno, che non avrà la pretesa di
rappresentare democraticamente tutti i musulmani italiani, ma potrà dare voce ailoro problemi ed alle loro esigenze, anche in materie di pratiche religiose che fanno
parte del loro abituale costume di vita (luoghi di culto dignitosi e sicuri, macella-
zione, assistenza religiosa negli ospedali, aree di sepoltura nei cimiteri) ".È l'impegno sereno e moderato per la costruzione di un "islam italiano",
compatibile con le nostre leggi e i nostri valori, inteso come dovere essenzialmen-te morale da consegnare alle generazioni future, libere, almeno loro, dal pregiudi-
zio e dall'intolleranza.
Rispettare le grandi tradizioni religiose, coglierne la spiritualità, non vuoI
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CULTURA
dire, per l'Italia e per l'Europa, perdere la propria identità cristiana, ma anzi signi-
fica far crescere il rispetto per la cultura, per il pensiero e per il pluralismo, nella
serena convinzione che tutto ciò è una riserva non da poco per il futuro del
mondo.
La diversità non è mai un ostacolo, anzi rinunciare alla diversità significa ren-
dere tutto uguale, scambiabile e quindi sradicato. Pluralismo non significa mai
assenza di convinzioni vere, né estraneità.
Ma per questo è necessario praticare a tutti i livelli l'arte del dialogo.
È l'arte della profondità spirituale, del confronto con i problemi odierni, ma
è anche l'arte dell'incontro umano.
Non a caso e in maniera profonda Vinicio de Moraes scrive "caro amico, la
vita è l'arte dell'incontro".
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