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IV Meditazione d’Avvento – Pontificio Ateneo Sant’Anselmo – Pbro. Walter Perelló “Te diré mi amor, Rey mío, con una mirada suave, te lo diré contemplando tu cuerpo que en pajas yace. Ti dirò il mio amore, mio Re, con uno sguardo soave, te lo dirò contemplando il tuo corpo che sulla paglia giace. Te diré mi amor, Rey mío, adorándote en la carne, te lo diré con mis besos, quizás con gotas de sangre.” Ti dirò il mio amore, mio Re, adorandoti nella carne, te lo dirò con i miei baci, magari con gocce di sangue. (Poema composto a Burlada (Navarra) a dicembre 1978 introdotto nella Liturgia delle ore come inno quotidiano dei Vespri del tempo di Natale così in Spagna come in America Latina) Abbiamo già cominciato le ferie maggiori dell’avvento in cui la Chiesa ci introduce direttamente alla memoria della nascita di Gesù... alla celebrazione del mistero dell’incarnazione... alla contemplazione del corpo che riposa sulle paglie... all’adorazione del notro Re, adorato nella carne. Il vangelo che verrà proclamato ogni giorno nelle nostre celebrazioni è la chiamata concreta ad accogliere il mistero di un Dio che, essendo il cercatore instancabile dell’uomo, si lascia scoprire dallo sguardo semplice di coloro che hanno l’umiltà e la povertà sufficenti per prendere sul serio il compito di trovare il Dio d’Israele, il Messia promesso, l’irraggiungibile... nella carne... non al di là..., non oltre la carne... ma nella carne. Nelle eucaristie di Ieri e di oggi abbiamo sentito il parallelo tra l’annuncio della nascita del Figlio dell’Altissimo, e quella di colui che sarà chiamato il suo profeta. Domani e dopo domani saranno le donne a regalarci la gioia dell’incontro tra i due testamenti... E sarà l’abbraccio, la voce, il canto e il salto ad esprimere la gioia dell’incontro... Da sempre, ma da quel momento in particolare, è la concretezza della carne ciò che rende possibile la fecondità dell’incontro con la Parola fatta uomo... Se l’avvento è stato la paziente attesa con cui il popolo viene educato da Dio, sarà lo stesso atto d’incarnazione, lo stesso atto di farsi uomo, ciò che educherà anche oggi il suo popolo... Dio stesso ha voluto unire indissolubilmente la rivelazione del suo amore alla nostra capacità di accoglierla.

Meditazione Avvento, Sant'Anselmo

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IV Meditazione d’Avvento – Pontificio Ateneo Sant’Anselmo – Pbro. Walter Perelló

“Te diré mi amor, Rey mío, con una mirada suave, te lo diré contemplando tu cuerpo que en pajas yace. Ti dirò il mio amore, mio Re, con uno sguardo soave,

te lo dirò contemplando il tuo corpo che sulla paglia giace.

Te diré mi amor, Rey mío, adorándote en la carne, te lo diré con mis besos, quizás con gotas de sangre.” Ti dirò il mio amore, mio Re, adorandoti nella carne,

te lo dirò con i miei baci, magari con gocce di sangue.

(Poema composto a Burlada (Navarra) a dicembre 1978 introdotto nella Liturgia delle ore

come inno quotidiano dei Vespri del tempo di Natale così in Spagna come in America Latina)

Abbiamo già cominciato le ferie maggiori dell’avvento in cui la Chiesa ci introduce direttamente alla memoria della nascita di Gesù... alla celebrazione del mistero dell’incarnazione... alla contemplazione del corpo che riposa sulle paglie... all’adorazione del notro Re, adorato nella carne.

Il vangelo che verrà proclamato ogni giorno nelle nostre celebrazioni è la chiamata concreta ad accogliere il mistero di un Dio che, essendo il cercatore instancabile dell’uomo, si lascia scoprire dallo sguardo semplice di coloro che hanno l’umiltà e la povertà sufficenti per prendere sul serio il compito di trovare il Dio d’Israele, il Messia promesso, l’irraggiungibile... nella carne... non al di là..., non oltre la carne... ma nella carne.

Nelle eucaristie di Ieri e di oggi abbiamo sentito il parallelo tra l’annuncio della nascita del Figlio dell’Altissimo, e quella di colui che sarà chiamato il suo profeta. Domani e dopo domani saranno le donne a regalarci la gioia dell’incontro tra i due testamenti... E sarà l’abbraccio, la voce, il canto e il salto ad esprimere la gioia dell’incontro... Da sempre, ma da quel momento in particolare, è la concretezza della carne ciò che rende possibile la fecondità dell’incontro con la Parola fatta uomo... Se l’avvento è stato la paziente attesa con cui il popolo viene educato da Dio, sarà lo stesso atto d’incarnazione, lo stesso atto di farsi uomo, ciò che educherà anche oggi il suo popolo... Dio stesso ha voluto unire indissolubilmente la rivelazione del suo amore alla nostra capacità di accoglierla.

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IV Meditazione d’Avvento – Pontificio Ateneo Sant’Anselmo – Pbro. Walter Perelló

È veramente bella la liturgia quando riesce ad essere l’espressione del desiderio più profondo dell’uomo, ma non quell’uomo astratto che a volte appare nelle nostre prediche, ma quell’uomo al plurale... quegli uomini e donne che hanno nel petto un grido non facilmente esprimibile... Non è per caso quel grido muto ciò che ha risuonato nelle nostre chiese dicendo... “Se tu squaciassi i cieli e scendessi”?... Saranno anche le magnifiche antifone di questi giorni una maniera solenne e sensibile di fare l’eco all’attesa del vecchio Israele, sì, ma piutosto all’attesa di questo nuovo Israele che continua ad aspettarre la sua Sapienza, il suo Àdonai, la sua Radice, la sua Chiave, il suo Sole, il suo Re, il suo Emmanuel... Continua ad aspettare... ma non perchè non sappia chi è Lui, o perchè Egli non sia venuto... ma perchè il cuore veramente umano mai smette di aspettare, mai abbandona il desiderio. Lo sanno molto bene quelli amano e chi si lasciano amare.

Lo sa Maria che nella liturgia di questi ultimi giorni di Avvento viene presentata come quella donna che ha saputo rispondere adeguatamente all’invito di Dio, ha permesso a Dio di prendere carne, ha creduto che non era illogico un amore capace di un tale annietamento. Non è per caso che le “antifone O” vengano cantate prima e dopo il Magnificat... Ci mostrano così che è Maria la prima a credere in colui che aspettava Israele... Dio si è ricordato delle sue parole e ha fatto come aveva promesso... Ecco la nostra certezza, la nostra speranza e il nostro impegno.

Ringraziamo Dio perchè ha parlato, ma perchè ha parlato così, attraverso la sua Parola fatta carne... Nella celebrazione del giorno di Natale, la proclamazione del vangelo sarà il modo concreto di ricordare a Dio che ha parlato così come dice il Prologo di Giovanni... e sarà per noi l’impegno di non soffermarci mai in questa continua memoria che rende possibile la vita. Come succede ogni volta che la chiesa celebra, anche questi giorni di Natale verrano fecondati dalla memoria che Dio e il suo popolo ne fanno: Si ricordi Lui di essere il Dio-con-noi... ci ricordiamo noi di essere il popolo cercatore del suo volto. Questa è l'opera da fare nella storia, questa è l’opera da fare nella liturgia...

Dicevamo prima che se c’è un modello di vita cristiana, un modello di discepolato, non può che essere Maria, che con il suo FIAT ha dato un corpo a Cristo... Un FIAT che non è stato un consenso astratto, solo mentale e in generale, ma ben concreto e corporeo; ecco perchè è per noi un modello:

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anche noi cristiani siamo invitati a dare un corpo al Verbo... cioè a fare possibile l’incontro con il Dio-con-noi, a fare corporea, e perciò ecclesialmente concreta, l’esperienza che ha dato senso alla nostra esistenza.

Un Dio che ci viene incontro e ci provoca nella carne, non può lasciarci indifferenti davanti agli uomini che Lui ha scelto come santuari in cui abitare... ma, come il Verbo non si è fatto carne nella generalità dell’umanità, ma nella concretezza di un uomo... Pure così la chiamata ad amare i piccoli non si riferisce a un amore universale perchè astratto, ma a un amore capace di condividere con i fratelli e di rendere raggiungibile “ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato del Verbo della vita”

Tra qualche giorno, chi presiederà l’eucaristia farà dire a tutta la chiesa: “In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale.” (Prefazio di Natale III)

Con gli occhi già pronti a contemplare il corpo di un Dio fatto uomo, e con il desiderio di ritrovare il senso della nostra vita quotidiana e di portare ad essa le conseguenze del mistero che celebriamo, lasciamo che sia un teologo ad esprimere la nostra preghiera: “Aiutaci, Signore, dacci il regalo di poter radunarci un’altra volta come si deve, che riflettiamo ed esaminiamo come dobbiamo venire al tuo incontro, giacché la tua venuta è adesso già imminente... che la nostra celebrazione del Natale non sia ridotta a un teatro sterile, ma che al contrario, sia un splendente, serio e gioioso incontro con te” (Karl Barth, 1962, carcere a Basilea)

Roma, 20 Dicembre 2011 Pbro. Walter Perelló

Dioc. Rafaela – Argentina Teologia Sacramentaria