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BIOTECNOLOGIE Cimmyt, la scienza contro la fame Semina sicura e zero OGM non esistono ENERGIA Il nucleare e l’Italia BONIFICHE Domina la cultura dell’emergenza CONFEDERDIA Coordinamento donne Piattaforma per il CCNL Rurale spazio M ensile di Agricoltura A limentazione e A mbiente OEP Notiziario Agricolo Spazio Rurale . Mensile . Ottobre 2004 . anno XLIX . n. 10 . Sped. Abb. Post. Comma 20 Lett. B Art 2 L. 23/12/96 N. 662 Filiale di Roma . 3 NOTIZIARIO AGRICOLO INSERTO Spazio Pesca & Acquacoltura AGRONOMI Una battaglia di libertà Inserto Federagronomi ZUCCHERO Canna contro Bietole BIOTECNOLOGIE Cimmyt, la scienza contro la fame Semina sicura e zero OGM non esistono ENERGIA Il nucleare e l’Italia BONIFICHE Domina la cultura dell’emergenza CONFEDERDIA Coordinamento donne Piattaforma per il CCNL AGRONOMI Una battaglia di libertà Inserto Federagronomi ZUCCHERO Canna contro Bietole

Mensile di AgricolturaAlimentazione eAmbiente · r icolo Spazio Rur al e. Mensil e. Ottobr e 20 0 4. anno X L IX . n. 1 0 . Sped. Ab b. P ost. Comma 2 0 Lett. B Ar t 2 L. 23/ 1 2/9

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BIOTECNOLOGIECimmyt,la scienza controla fameSemina sicurae zero OGMnon esistono

ENERGIAIl nuclearee l’Italia

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Azienda Agricola Tre Case: agronomia tradizionale, coltivazione integrata, gestione familiare dei proprietariStretti di Eraclea (Venezia), via Ancillotto n. 94 – telefono 0421.62.334 – fax 0421.62.335 – Sito internet: www.trecase.com – E-mail: [email protected]

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DIRETTORE RESPONSABILEVittorio Barreca

DIRETTORE EDITORIALEReno Fracasso

SVILUPPO E MARKETINGCristina Nati

HANNO COLLABORATOAlessandro Barreca ● Carmen Botto

Luciano Bozzato ● Alfio BraminiMichele Bungaro ● Enrico Ceotto ● Carlo Di Cesare

Maria Pia Di Pietro ● Giorgio MonacoLoredana Pesoli ● Stefania Ricciardi

Antonio Saltini ● Michele Umana

AGENZIEAgra ● Agrapress ● Anbinforma ● Ansa

SEGRETERIA DI REDAZIONESimona Nardella

FOTOArchivio O.E.P. Spazio Rurale

Cia ● Ismea ● MiPAF ● Natura e Paese (Vische)

IN COPERTINANiccolò Cannicci Il ritorno dalla fonte – 1861

GRAFICAFrancesco Mignano

FOTOLITO E STAMPAUnion Printing – Viterbo

ASSOCIATO ALLAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

OEP NOTIZIARIO AGRICOLO – SPAZIO RURALEMensile edito da Edizioni Spazio Rurale S.c.r.l.

Direzione, redazione e amministrazioneViale delle Medaglie d’Oro n. 201 – 00136 Roma

telefono 06.35.40.23.58 ric. aut. – telefax 06.35.40.23.59

Iscritto al n. 283/84 delRegistro della Stampa del Tribunale di Roma

Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione(R.O.C.) n. 2444

Sped. Abb. Post.

Prezzo per copiaItalia e Paesi UE: 3 euro – Paesi extra-UE: 6 euro

Arretrati: il doppio

AbbonamentiItalia: 30 euro

Estero UE: 45 euro – Estero extra-UE: 60 euro

Pubblicità direttaArticoli e fotografie anche se non pubblicati

non si restituisconoTutti i diritti sono riservati: vietata la riproduzione

in qualsiasi forma senza l’autorizzazione dell’editore

Chiuso in redazione il 20 settembre 2004

e-mail: [email protected]

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NOTIZIARIO AGRICOLO INSE

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AGRONOMIUna battagliadi libertàInsertoFederagronomi

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BIOTECNOLOGIECimmyt,la scienza controla fameSemina sicurae zero OGMnon esistono

ENERGIAIl nucleraree l’Italia

BONIFICHEDomina la culturadell’emergenza

CONFEDERDIACoordinamentodonnePiattaformaper il CCNL

AGRONOMIUna battagliadi libertàInsertoFederagronomi

ZUCCHEROCannacontroBietole

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AGRONOMIAE AMBIENTE

Erba medica per riciclareliquami zootecnici

Enrico Ceottopag. 46

REGOLAMENTOCE 383/2004

Un “Modello unico” per Dop e IgpAlfio Bramini

pag. 47

PRIMO PIANOSalveremo le bietole dalla canna?

Reno Fracassopag. 6

STAMPA ESTERApag. 36

LETTEREAL DIRETTOREpag. 48

RICORDO DIGIORGIO CILENTI

Michele Bungaropag. 50

PANORAMApag. 40

WWW.NATURALMENTEITALIANO.GOV.ITLa Strada del Marsala e

del Moscato di Pantelleriapag. 33

EDITORIALEUna Casa comune per gli agricoltori

Vittorio Barrecapag. 5

SPAZIOPESCA&ACQUACOLTURA

ALIMENTAZIONE & SALUTE

Attenti alle combinazioni alimentariCarmen Botto – Giorgio Monaco

pag. 25

EVENTI

Marinando 2004pag. 26

ATTIVITÀ ISTITUZIONALE

Il rilancio della pescaVittorio Barreca

pag. 27

SpazioRurale ● 10 ● 20044

SAGRA DEL LUVIUM“Semina sicura” e “Zero OGM”

non esistonoVittorio Barreca

pag. 12

COIIl destino di un Oliva

Vittorio Barrecapag. 17

ORTOFRUTTAIl “funerale dell’amata”

pag. 17

REGIONE SICILIAÈ Leontini il nuovo assessore agricolo

Michele Umanapag. 18

CONFEDERDIARicordo di Ernesto Polenghi

Luciano Bozzatopag. 8

Coordinamento donneLoredana Pesoli

pag. 22

I colletti verdi discutonola piattaforma per il CCNL

Luciano Bozzatopag. 23

BIOTECNOLOGIECimmyt, dove la scienza combatte

sulla frontiera della fameAntonio Saltini

pag. 10

L’8 settembre di un endemico “No”Reno Fracasso

pag. 14

ENERGIAIl nucleare e l’ItaliaMaria Pia Di Pietro

pag. 19

AGRICOLTURA& POLITICA

I tagli alle spese penalizzano il MiPAFWatchdog

pag. 9

Vermi e case chiuseReno Fracasso

pag. 16

ORDINE DEGLIAGRONOMI

Una battaglia di libertàVittorio Barreca

pag. 24

BONIFICHELa cultura dell’emergenza

continua a dominareVittorio Barreca

pag. 20

SPAZIOFEDERAGRONOMI

pag. 29

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L’autunno è subentrato ad un’esta-te che per gli agricoltori è sta-

gione di frutti e di fatica, ma anchedi angosce, per i pericoli di grandineo altre calamità distruttive e per lacollocazione sul mercato, a prezziremunerativi, delle loro produzioni.

Quest’anno, oltre ai consueti problemi, è esplosa la crisi profondadell’ortofrutta, da noi prevista con largo anticipo. Ma non siamomaghi. Ragioniamo soltanto, indossando la casacca della libertà edell’interesse unico della categoria degli agricoltori, a prescinderedalla Casa che ciascuno di loro abita.Abbiamo visto, in questo frangente, un ministro Alemanno tempe-stivo e preoccupato, chiamare a raccolta la filiera dell’Ortofrutta.Ebbene, cari agricoltori, quelli veri, quelli che lavorate duro in cam-pagna, Vi dico che nel pieno di una crisi veramente grave dell’orto-frutta, la “filiera” che non c’è continuava a parlare la lingua del bu-rocratese, del politichese delle parrocchiette. E ho visto un Aleman-no, attonito, preoccupato e quasi incredulo. E, subito dopo, ha vara-to alcuni interventi di emergenza per lenire le ferite degli agricoltori.È l’ultimo esempio vero e concreto che certifica l’assoluta man-canza di una Casa comune per gli agricoltori. Ed è questa la veraragione del declino forse irreversibile della nostra agricoltura, cheha molti colpevoli. Lo stesso ministro Alemanno, che è sembratoappiattito sulle posizioni di Coldiretti, non ha imposto una con-certazione preventiva obbligatoria tra le Confederazioni agricole,per avere una voce unica degli agricoltori.Caro ministro Alemanno, una vera riforma sociale sarebbe quelladi istituire una Casa Comune degli Agricoltori attraverso la qualeportare nel territorio servizi gratuiti di assistenza tecnica e ammini-strativa, semplificandone gli adempimenti. Una svolta, questa sì,davvero storica. E, quasi certamente, lobbies e politica Le farebbe-ro una opposizione feroce. Ma sono certo che, in quel caso, gliagricoltori che pestano la terra sarebbero tutti al suo fianco. E Leirinverdirebbe i fasti di grandi personaggi del passato realizzandouna rivoluzione di Destra Sociale che nessuna Sinistra, pseudo-so-ciale avrà mai la forza e la capacità di concepire e realizzare.Le riforme debbono migliorare la vita e i diritti di chi sta peggio. UnaCasa comune per gli agricoltori sarebbe uno strumento adeguato.

Agricoltura e Giustizia

Ma, l’autunno, porterà nel mondo agricolo qualche novità le-gata a vicende giudiziarie.

La prima è attesa il 13 ottobre data in cui il TAR del Lazio dovreb-be pronunciarsi sul ricorso del Consiglio Nazionale dell’Ordine deiDottori Agronomi e Forestali, che si è opposto ad un decreto delsottosegretario alla Giustizia, MicheleVietti, eletto nell’UDC,che ha commissariato l’Ordine (vedi servizio a pag. 24 e ancheSpazio Rurale n. 8/9, pag. 22).È una battaglia di libertà contro un provvedimento improvviso edi dubbia legittimità sul quale l’ex ministro Alfonso Pecoraro

Scanio ha presentato una interpellanza al ministro della GiustiziaCastelli, che tace.Sapremo se vincerà la ragione e la giustizia, cioè il rispetto delleregole e dell’ordine costituito oppure no.È pazzesco, però, pensare che gli ex democristiani massacrati e tor-turati da un giustizialismo d’assalto, ignobilmente travolti spesso in-giustamente da una giustizia politica di parte, possano solo pensaredi usare mezzi analoghi per difendere posizioni di dubbia legittimità.

La guerra sui fondi riservati

Anche in questo caso la “Giustizia” è chiamata a pronunciarsie la “sentenza” inciderà certamente su decisioni importanti e

assetti futuri.Il giorno dell’udienza decisiva sarà il 28 ottobre ed il GIP dovràpronunciarsi sul proscioglimento o rinvio a giudizio di AugustoBocchini, presidente di Confagricoltura indagato per la gestionedi fondi neri cosiddetti “riservati”.La decisione del GIP sarà determinante per le sorti di Bocchini,presidente scaduto e, forse, aspirante ad altri incarichi, e per quel-le di Confagricoltura che potrà riconfermarlo cambiando lo statu-to oppure darsi un nuovo presidente.

Giustizia e libertà

Un matrimonio difficile. Le sentenze emesse diventano, dopo,oggetto di analisi e discussione. E, a proposito di agricoltura,

sono certo che le discussioni sulla sentenza che riguarderà Boc-chini, qualunque essa sia, saranno molte e accese.Comprendo lo stato d’animo di chi attende, trepidante, di cono-scere il giudizio che inciderà fortemente sulla sua vita.E questo mi riporta curiosamente al caso di un ex ministro agrico-lo, Calogero Mannino.Ho già scritto in passato che è ritenuto ancora il migliore ministroagricolo dopo Marcora. Mannino è uomo colto, intelligente epolitico accorto, vicino ai problemi della gente.Mi chiedo perché è stato infamato da un’accusa dalla quale è statoprosciolto per insussistenza del reato di associazione mafiosa e, nelsuccessivo appello, condannato all’infamia sulla base delle stessecarte che lo avevano fatto dichiarare innocente. È possibile, cioè,una doppia lettura delle stesse carte. In questo caso non ha preval-so il vecchio motto “in dubbio, pro reo”. Perché? Mi chiedo datempo. E mi è venuto in mente che proprio Calogero Mannino, nellontano 1982, ad Agrigento, nel congresso regionale della Demo-crazia Cristiana della Sicilia, “fece fuori” Vito Ciancimino dallapolitica della DC siciliana, nel momento in cui Ciriaco De Mitalanciava il Rinnovamento. Una colpa grave da pagare con una ven-detta ordita da menti raffinate. E la vendetta, ora, è stata servita.È un po’ inquietante che coincida con due diverse sentenze sulle qualicertamente la Cassazione sarà chiamata a pronunciarsi definitivamente.E, nell’attesa, la libertà della persona è impedita e massacrata. Siconiuga così la giustizia con la libertà?

Vittorio Barreca

Una Casa comune per gli agricoltori

VittorioBarrecaVittorioBarreca

e d i t o r i a l ee d i t o r i a l e

Abbonarsi per un anno (11 numeri) a Spazio Rurale costa solo 30euroda versare sul c/c postale n.21312004 intestato a

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i combatte contro i sussidi allabietola ma l’obiettivo è aprire l’Unionealla canna. Non perché sia competitiva,ma perché c’è l’ha il Terzo mondo. Co-me i grani, come il pomodoro della Ci-na e domani il suo vino, contati i milio-ni di barbatelle di vite che quel conti-nente agricolo sta importando.L’offerta di certi prodotti agricoli dell’U-nione a 25, ma soprattutto di quelli ester-ni all’Unione, corrisponde, nel prezzo, aquella dei costi di produzione del sotto-sviluppo, dove talvolta resiste ancora laschiavitù. Un’offerta, per esempio, quel-la del mercato globale dello zucchero,molte volte dannosa per noi, avviati co-me siamo su un percorso economico li-beral-liberista di tipo suicida. Dentro unturbinìo di chiacchiere insulse, qualiquelle di certi invasati sul “globalismosolidale...”. Ci soffermiamo sulla globa-lizzazione dei mercati? Ma no! Parlere-mo soltanto di zucchero dell’Unione.Il passato (senza rimpianti) CommissarioFischler, prima di andarsene ha volutomettere mano all’OCM zucchero. E con-siderato che il suo prezzo è, a priori, al ri-basso per noi europei, essendo divenutoappetibile per chi lo intende “regalare” neiprossimi incontri WTO, Fischler si prepa-

rava a... “dare”. Come al solito: prima ditrattare o di ricevere. Infatti il Commissa-rio agricolo Fischler decadrà il 31 otto-bre, cosa ha preparato a noi bieticoltori?Riduzione della Quota nazionale, abbatti-mento della quantità di zucchero che usu-fruisce dei sussidi all’esportazione, ridu-zione del prezzo... ed altre amenità.

E le lobby dello zucchero? Noi bieticol-tori siamo ancora vivi anche grazie aloro. E non certo per merito delle co-siddette Organizzazioni Sindacali. Per isindacati nazionali agricoli saremmo an-cora al radicchio di Treviso. O giù di là.Che dire? Col calare dei prezzi delle bie-tole ci toccherà, paradossalmente, riaprirecerte fabbriche, chiuse a suo tempo perchédovevano andare...? Là, appunto, dovel’assistenzialità veniva pagata con i soldidello Stato. Tutto è possibile. Mentre orale fabbriche potranno restare dove a paga-re sarà solo lo zucchero. Dov’è la “trage-dia”? Nei tempi per raggiungere quella

“realtà-verità”, per gli ottimisti; nei modiincompatibili per il mercato globalizzato,per coloro che hanno perduto la fiducia.Mentre il Sud, paradiso dell’ortofrutta,California dell’Italia e benedizione per ilturismo, ha ricevuto come aiuto il mostroarrugginito di Taranto... e quanti inutilizuccherifici? E un apparato ortofrutticolomeno di un’unghia delle sue possibilità.Da Minerbio, l’amministratore delegatodell’Italia Zuccheri Daniele Bragaglia,ha informato il sottosegretario PaoloScarpa Bonazza che lo zuccherificio diPorto Viro (Contarina) doveva chiudere.Per un anno. Per la prossima campagna2004-2005. Ovvio, dice il Dott. Braga-glia, è una decisione indispensabile,contingente alla caduta delle semine2004 nell’area prossima a Contarina,mentre “l’interesse prospettico su que-sto stabilimento non cambia”.

SpazioRurale ● 10 ● 20046

PRIMO PIANO

Il presidente dell’ANB,Roncarati, accusa laColtivatori diretti ditradimento: mentre

concertava con la filierabieticola le modifiche da

chiedere alla UE, all’insaputadi tutti presenta a Fischler

un suo autonomo progetto diriforma dell’OCM zucchero

che aderisce nella sostanza enel principio al modello PAC.

Coldiretti-Abi, cherappresenta il 10% di

bieticoltori, dice sì a Fischlered è contro il 90% della filiera

bieticola. Come definire chisi comporta così?

S

SalveremoleBietoledallaCanna?

Reno Fracasso.

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Cari industriali. Conosciamo i vostri in-vestimenti riversati su tante strutture,ma la realtà non cambia. La realtà d’unmondo, il vostro industriale dello zucche-ro che chiude uno stabilimento per un fat-to stagionale. Perché non può permettersidi fare altrimenti, dando la misura dellavostra fragilità. E nostra. Eravamo abitua-ti, dopo 50 anni di conferimenti bietole aCervignano, a S. Michele al Tagliamento,a Ceggia, a Contarina, a credere che glizuccherieri si potessero permettere tutto.Ora dovremo fare i conti meglio, tutti. Apartire dal nostro Paese che, spesso, hacreduto di fare socialità nell’antieconomia,e produzione di zucchero nei bacini poveridi vocazione, ma ricchi di voti. In futurocoltiverà bietole chi nei propri terreni faràzucchero abbastanza. I prezzi sarannoquelli che saranno; per taluni buoni, peraltri inaccettabili per il poco zucchero ri-cavato dalle loro bietole. Le fabbriche? Segli industriali sapranno conservare i profit-ti, saranno in condizione, sopravvivendo,di venirci a prendere le bietole ovunquepotremo fare altrettanto (salvare i nostriprofitti). Da quella parte là, non temeremonessuno, come altrove, dove riusciamo arimanere competitivi. L’ANB (la nostrapiù brillante associazione) sarà testimonee sancirà questo fatto. Chi è imprenditorenon teme la sfida di altri imprenditori.Quando per entrambi ci sono le condizio-ni trasparenti, e non le contorsioni, le ma-nipolazioni o le azioni scellerate di alcunimanipolatori del pensiero dei contadini.

Si torna al mercato. Ci riferiamo almercato europeo dello zucchero che,notoriamente è un modo di dire. Per-ché il mercato dello zucchero in Europaè sempre stato lontano da noi produttoridi bietole. Vissuti fuori, dal dopoguerra,e dentro un protezionismo benevolo. Nonl’abbiamo scoperto ora; il pudore ci im-pediva di sbandierarlo... e l’interesse, vi-sto che siamo bieticoltori. Oggi purtrop-po quel salutare artifizio del buon prezzodelle bietole (per noi e per l’Europa) staimpallidendo. Per cui dovremo cercare“insieme” agli industriali, ecco la novità,di trovare una via d’uscita allo zuccherodel nostro paese, per allungare questa in-dispensabile fase di transizione. Metten-do alla gogna quanti mirassero, per vol-gari questioni di bottega, andare in Euro-pa per conto loro. Rimbalzando altrovela nostra colpevole lacerante divisione.

Circa l’industria: a pensarci, è la primavolta che usiamo questo taglio discretonei riguardi d’una industria normalmentedura con noi produttori. Come altre, pe-raltro. E dobbiamo confessare che allarealtà del presente e del prossimo futuro,ci ha portati con un certo distacco Danie-le Bragaglia, l’amministratore delegatodell’Italia Zuccheri in una riunione tenu-tasi nel Veneto alla fine di giugno. Nonci era mai capitato di sentire un uomodello zucchero, come Bragaglia, oppureun uomo delle istituzioni, parlare di zuc-chero con tanta freddezza. Finalmente!Possiamo dire, senza temere di caderenel masochismo o nell’incoscienza.

Si tratta d’un incontro tenutosi a San

Donà di Piave (VE) fra Zuccherieri ebieticoltori, tutti, grandi e piccoli, co-me si deve uniti da un solo interesse,quello di continuare a produrre bietolepiù a lungo possibile. Una vasta platea diinformati e di disinformati, come accade.Appunto, fra questi ultimi, un agricoltoresi alzò e disse: tenga presente Dott. Bra-gaglia che in questa zona il mais è forte-mente competitivo. O giù di là. Risposta:“faccia mais. Io devo difendere gli inte-ressi della mia società”. Parole dure chedanno il segno del cambiamento. Da unostato assistenziale che ci permetteva discherzare o di “chiedere” in libertà, certidi avere risposte flessibili, a un altro sta-to, nuovo per noi bieticoltori (e indu-striali) quello di essere costretti dopomezzo secolo ad affrontare il Mercato.Illuderci? Non conviene. Le frontierenon ci sono più ed il mercato è stato uni-ficato pur essendo lontanissima l’unitàdell’Europa. Prevarrà il concetto delle

d’altronde, se ognuno di noi, informato, sisofferma a pensare dove, in quale aree delnostro Paese talvolta si fa il latte, (dovenon c’è un filo d’erba) e dove, talvolta, sifanno le bietole (a 50 q.li di zucchero perha), è chiaro che con l’apertura delle fron-tiere dovremo prepararci a un ribalta-mento della situazione. L’Italia produce65-70 q.li di zucchero di media ha, laFrancia 90, la Germania 110; facile capi-re il destino dello zucchero in Europa,anche se sarà difficile credere che lo zuc-chero si concentri tutto in Germania. Que-sta la nostra battaglia del presente: con-tinuare a produrre. Al meglio, beninteso.

Carlo Alberto Roncarati, il brillantepresidente dell’ANB, definisce le pro-poste di riforma OCM del Commissa-rio Fischler ingiuste e inaccettabiliperché punitive per i bieticoltori, per ilnostro Paese agricolo e per i nostri part-ner industriali. Non abbiamo alcun dub-

zone vocate (non fu così – naturalmente– per il vigneto?). E si badi, non tantoper singole regioni, che sarebbe natura-le (mentre così non fu mai nel nostroPaese) ma per i diversi Paesi dell’Unione.

Anche perché non abbiamo ancora vi-sto un trattato che imponga un limiteproduttivo di “sicurezza” per ogni Pae-se. Come dire un regolamento che dica:l’Italia non deve produrre meno di 100milioni di q.li di latte. Oppure, l’Italia nonpuò produrre meno di 15 milioni di q.li dizucchero. Prepariamoci a trovarci di fron-te a ben altre situazioni, in cui il latte puòsparire dall’Italia. Come lo zucchero. In-concepibile? Mica tanto. Abbiamo volutol’Europa? L’Europa sarà anche questo. E

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bio. Decisivo è stato l’appuntamento del14 luglio dei Commissari europei. Le as-sociazioni bieticole avevano chiesto alGoverno di attivarsi per bloccare la deci-sione della Commissione, presentandoalla stessa la posizione italiana. Sostenu-ta dal concetto della difesa del principiodel diritto del nostro Paese di continuarea produrre. Fin qua il presidente Ronca-rati, i bieticoltori, le associazioni, il Go-verno... Meno la Coltivatori Diretti!Quella del Paolo Bedoni di Opeano, perintenderci. Il cui rappresentante se ne èdistaccato dalla definizione introduttivarelativa alla riforma: ingiusta e inaccetta-bile. Si è schierato invece a favore dellastessa, aderendo nella sostanza e nelprincipio al modello PAC. Ancora di più.La Coltivatori Diretti, continua il presi-dente Roncarati, aveva elaborato un suoautonomo progetto di riforma all’insapu-ta delle parti nazionali interessate, ementre stavano lavorando insieme a tuttigli altri. E prima ancora di finire lo sfor-zo collettivo, era già arrivato col suo car-toccio sul tavolo di Fischler. Il “Coldi-retto tirolese”, Ministro dell’Agricolturaprima e dopo essere stato fatto Commis-

sario. Un personaggio in costante osten-tazione della propria semplicità, mentre èsempre stato colmo di sé. Una rana gon-fia e stragonfia... finita con lo scoppiare.

Quel tale Ministro dell’Agricoltura au-striaco che abbiamo conosciuto benenel fine settembre 1994... quando in pie-na campagna elettorale per le politichedel suo paese ci invitò, nel lusso dell’Ho-tel Sacher di Vienna, noi, con un gruppodi giornalisti italiani. Perché mai? Perchiederci se c’era da fidarsi della nostra

Ministra “Nera”. Capace, l’anno dopo,nel gennaio ’95, secondo lui, di bloccarel’entrata dell’Austria nella Comunità Eu-ropea. Incredibile! La Poli Bortone, cioèBerlusconi che blocca l’Austria!... Il pri-mo di noi, il direttore del Secolo d’Italia,si offese, il secondo, un collega di Re-pubblica, s’indignò. La corrispondentedel Corriere della Sera, Antonella Bac-caro, disse: “Ridicolo!” ecc, ecc... ErnestZimmerl (permanent rappresentative ofAustria to FAO e Addetto Agricolo in Ita-lia) si defilò; l’amico del ministro, nostroamico, il potente Tosco Austriaco ConteAlceo Bulgarini Guts Verwalfung Har-degg “l’unico feudatario d’Austria con3.500 ha” si scostò dal gruppo per nonintervenire. Il sottoscritto, con scherzosoaccento toscano, rivolto al fiorentinoBulgarini, dichiarò: “Suvvia! Alceo, nonti dolere, i Coldiretti sono senza frontie-re”. Scompostamente, sghignazzammo.Fischler non capì, e noi tutti volgemmolo sguardo più giù, nel Danubio blù, doveuna lunghissima chiatta stracolma ditronchi d’albero scivolava silenziosamen-te a filo d’acqua verso Budapest.

Reno Fracasso

SpazioRurale ● 10 ● 20048

Ricordo di Ernesto PolenghiCONFEDERDIA

I l 4 luglio 2004 è mancatoErnestoPolenghi, Segreta-

rio della Confederdia di Paviae membro della Segreteria Ge-nerale della Confederdia.Scompare con Ernesto una fi-gura di grande spessore uma-no nonché professionale.Vogliamo qui ricordarlo ripor-tando il testo del suo inter-vento svolto nella nostra ulti-ma Assemblea Generale, te-nutasi a Rimini i l 15 e 16marzo del 2002, anche peruna testimonianza di ciò cheErnesto Polenghi è stato pernoi e di ciò che la Confeder-dia ha rappresentato per lui.

Luciano Bozzato

Quando ero ragazzo vo-levo fare il marinaio, il

capitano di lungo corso pervedere i paesi lontani e senti-re le vibrazioni del vento dimare e vivere dal vero quel

sogno che coinvolge la fanta-sia di molti quando si è bam-bini. Vivere per mare.Ho scelto un’altra via, un’al-tra vita, e mi è piaciuta so-prattutto per quei concetti chenon sono riportati sui libri,ma che vivendo a stretto con-tatto con la civiltà contadina,mi hanno spinto ad agire conimmediatezza, con dei ragio-namenti rapidi, con l’istintoed il rispetto del lavoro.Mi avete voluto ancora insie-me, mi è stato confermato ed ione sono lusingato, anche per-ché volevo staccare la spina,ma poi ho pensato che con unAmmiraglio come Bozzato, ilnostro Presidente, guideremoancora questa nave con laprua verso nuovi orizzonti,nuovi obiettivi affinché la no-stra, la nostra Confederdia co-sì meravigliosa, navighi verso itraguardi più gioiosi e di vivi-

bilità verso i nostri associati.Ho let to un giorno delDE.DI.PO.S che vuol direDE-Decollato, DI-Diretto,PO-Posizione attuale, S-Sti-mato all’arrivo.Nella mia vita di lavoro so dadove sono partito, ho chiare le

idee di che cosa desidero fare,sono cosciente della mia posi-zione attuale e per quanto ri-guarda lo stimato, condividol’obiettivo della Confederdiache è quello di non considerar-si mai arrivati e di avere laconsapevolezza che non ci sipuò che migliorare all’infinito.Oggi tutto gira attorno a deimegafoni di piazza, a giroton-di infiniti, non bisogna la-sciarci prendere dalle emozio-ni di queste sirene.Noi abbiamo il dovere di ri-flettere, scambiarci opinioni,incontrarci, abbandonare lepolemiche, so che questo co-sterà fatica, forse anche dolo-re e qualche ferita e non solomateriale, ma il nostro obbiet-tivo primario è di essere indi-pendenti, costa ad essere non“intricati” con qualcuno, maquesta, amici miei, è classe.

Ernesto Polenghi

Ernesto Polenghi, compiantosegretario della Confederdia

di Pavia e membro dellaSegreteria Generale.

In primo piano, da sinistra: Franz Fischler,commissario Ue uscente all’Agricoltura,

con Paolo Bedoni, presidente di Coldiretti.

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alle tabelle allegate al testo delD.L. n. 168/2004 si rileva che dai fondidel Bilancio del Ministero delle Politi-che Agricole e Forestali è stato decurtatoun importo pari a 158,38 milioni di eurola cui entità, in una graduatoria dei taglieffettuati, colloca il MiPAF al quinto po-sto fra quelli penalizzati.Tra le decurtazioni spicca per significatola riduzione di 103,55 milioni di euro (-25%) a carico del fondo investimenti inagricoltura e pesca che ormai rappresen-ta la “vita” del settore e quello di 50 mi-lioni di euro (-50%) a carico del fondo disolidarietà nazionale che, come tutti san-no, costituisce l’unica fonte di ristoroagli agricoltori dei danni alle colturecausati da fattori meteorologici avversi(siccità, grandine, alluvioni, ecc.).Se non era sufficiente prima, figurarsiadesso! Infatti, un decreto legge delmaggio scorso condiziona l’erogazionedegli aiuti per calamità alla condizioneche gli agricoltori avessero stipulato unapolizza di assicurazione contro tali rischi(cfr. Spazio Rurale n. 8/9 pag 45).

Ma pochi si sono adeguati mentre lamaggior parte non ha voluto pagare ipremi assicurativi giudicandoli costosi,fidando nel “Pantalone” che “qualcuno”avrebbe convinto ad assistere i “povericoltivatori”. E il ministro Alemanno si èfatto convincere a presentare un emenda-mento, veicolato da altra legge, per fareslittare al 2005 l’entrata in vigore del-l’obbligo previsto dal citato decreto.Se il fondo non bastava già prima a co-prire i danni reclamati, adesso che è statodimezzato e che si sono verificati i dannida grandine (Veneto, Lombardia), il Mi-PAF potrà dare, forse, e chissà quando,lo zerovirgolaqualcosa a tutti. Cioè ilquasi niente a tutti.Perché, ministro Alemanno, non dice dismetterla a chi La tira per la giacca?Se poi alla suddetta riduzione si sommaanche quella relativa alla decurtazione suiresidui di stanziamento, pari a 105 milio-ni di euro (-50%) e quella di AGEA (10milioni di euro) viene a determinarsi chela riduzione effettiva sul bilancio del Mi-PAF raggiunge la somma ragguardevole

di oltre 268 milioni di euro, destinata amettere in ginocchio l’attività del MiPAFper l’effetto freno che si determinerà.Infatti, rispetto alla disponibilità totale dibilancio, si tratta della più alta riduzionepercentuale a carico di un Ministero, con-siderato che si avvicina al 50% della suadotazione annuale di competenza. Al con-fronto, ad esempio, ben altra doveva esse-re la decurtazione a carico del ministerodelle Infrastrutture e dei Trasporti, che inbilancio registra iscrizioni di entità moltedecine di volte più elevata e che lamentaun taglio di soli 235 milioni di euro.Tutto ciò è forse frutto di un privilegioper il ministro Lunardi e di ostracismonei confronti del ministro Alemanno? Ese così è, per quale motivo?Proviamo a rispondere.I fondi al ministro Lunardi riguardanoinvestimenti in strutture ritenute fonda-mentali per lo sviluppo del Paese e per lequali il presidente Berlusconi ha assuntopubblico impegno con gli italiani.Di contro il ministro Alemanno non è ac-creditato di buoni rapporti con l’ex mini-stro dell’Economia, prof. Tremonti, e ilpresidente Berlusconi, che pure ama l’a-gricoltura, sa bene che concorre al Pro-dotto Interno Lordo in misura marginale.Da qui, la scelta conseguente sui tagli, chesono, comunque, una nuova penalizzazio-ne a carico del settore agricolo, un fortesegnale del ruolo modesto e della funzio-ne ormai quasi svanita del ministero inun declino che lo colloca in una posizio-ne di marginalità economica e sociale.Un’osservazione, infine, deve essere fat-ta sull’entità dei residui di stanziamentodel MiPAF, certamente anche in questocaso abnorme rispetto al totale delle do-tazioni annuali di bilancio. L’accumulodi residui di stanziamento rappresenta ilprimo e più appariscente segnale di inef-ficienza di un’amministrazione statale.È urgente che Alemanno intervenga percorreggere le disfunzioni e le strutturedel MiPAF e fargli recuperare efficienzae professionalità.Potrà così allontanare da sé il dubbio dimolti agricoltori che i tagli siano una pu-nizione proprio per il ministro.

Watchdog

9SpazioRurale ● 10 ● 2004

AGRICOLTURA& POLITICA

D

ITagli alle spesepenalizzano

ilMiPAF

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metà del secolo appena conclusochi esaminasse, sul planisfero alimenta-re, il fondamento dell’alimentazione deicontinenti, verificava che dei due miliar-di e mezzo di uomini viventi sulla Terra1,3 miliardi, abitanti in Asia, si alimenta-va di riso, 300 milioni, abitanti in Ame-rica Centromeridionale ed in Africa, sialimentavano di mais e di sorgo, 900 mi-lioni si alimentavano di frumento. Dopoi cinque decenni della più straordinariacrescita demografica della storia umanasul planisfero dell’alimentazione i confi-ni non sono più altrettanto netti: si puòasserire che del numero totale degli uo-mini, più che raddoppiato, 3 miliardi sicibano di riso, 1 miliardo di mais e disorgo, 2 di frumento. Ma l’esatta collo-cazione di paesi interi è incerta: i cittadi-ni degli Stati Uniti, storicamente partedell’area del frumento, consumanoquantità di pane esigue, mentre ogniamericano consuma ogni anno 8 quintalidi mais e di orzo, convertiti in carne divitellone, di suino e di pollo, mentre inCina ed in India i progressi della geneti-ca hanno creato varietà di frumento chepossono essere coltivate, nella stagioneasciutta, tra due colture successive di ri-so, e il pane è entrato con prepotenzanella dieta di paesi dove per millenni il

pranzo era costituito da una ciotola di riso.Tra i tre cereali chiave dell’alimentazio-ne mondiale è il frumento a conoscere,dagli ultimi decenni del Ventesimo seco-lo, un incontenibile crescendo di popola-rità, mentre l’anelito dell’Asia a variarela propria dieta introducendovi carne elatticini fa del mais, la chiave delle mo-derne produzioni zootecniche, il cerealedel futuro per la metà dell’umanità cheha iniziato a convertire la propria dietasecondo il modello occidentale. Tra i trecereali chiave della storia umana è quin-di il riso, oggi ancora la base dell’ali-mentazione di un essere umano su due,a mostrare i segni del declino.Sono sufficienti questi rilievi a spiegarel’importanza del Cimmyt, il Centro in-ternationàl de mejoramento de mais ytrigo. Il Centro internazionale per il mi-glioramento del mais e del frumento, ilpiù importante istituto di genetica appli-cata, per le due piante capitali del Globo,è collocato a El Batàn, sull’Altopianomessicano, a meno di mezz’ora dalla pe-riferia di Città del Messico. Il Cimmyt fa

parte del Cgiar (Consultive group on in-ternational agricolture research), la co-stellazione di istituti di ricerca agrono-mica finanziati dalla comunità interna-zionale, con i propri laboratori, i campisperimentali, le connessioni alla ricercaagronomica in tutti i paesi emergenti, econ l’organico di studiosi di trenta nazio-nalità differenti, e costituisce uno dei po-li della ricerca genetica mondiale.

Il Centro fu fondato, negli anni Qua-ranta, dalla Fondazione Rockfeller peraccrescere la produzione di cereali in unpaese, quale il Messico, nel quale i datidemografici mostravano l’inizio di un’ir-refrenabile crescita della popolazione,mentre la produzione agricola denunciavaun ristagno cui le forze nazionali eranoincapaci di ovviare. A dirigere il nuovoistituto fu designato Norman Borlaug, ungiovane agronomo dell’Iowa che a ElBatàn avrebbe creato i primi frumenti ataglia bassa ed a ciclo breve per i paesitropicali. Invitato, all’inizio degli anniSessanta, in India, dove una produzione

SpazioRurale ● 10 ● 200410

BIOTECNOLOGIE

A

È il maggiore centrodel mondo di applicazionedella genetica al frumentoe al mais. Fu creato dalla

Fondazione Rockfeller,che ne affidò la direzione a

Norman Borlaug, il qualevi selezionò i frumenti che

avrebbero evitato, in India,a metà degli anni Sessanta,

l’Apocalisse alimentare.Per il successo dell’impresala comunità internazionale

onorò del premio Nobel ilgenetista americano, che

vanta il titolo di padre dellaRivoluzione verde.

Cimmyt,dove laScienza

combatte sullafrontieradellaFame

Norman Borlaug con Antonio Saltini nel 2003 durante l’incontro presso l’Università di Bologna.

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di cereali stagnante imponeva di prevede-re, a metà del decennio, carestie apocalit-tiche, il giovane genetista americano con-vinse Indira Gandhi che i frumenti sele-zionati in Messico avrebbero consentitodi raddoppiare la produzione cerealicolanazionale. La signora Gandhi ascoltòl’uomo della scienza occidentale e, igno-rando le perplessità del Parlamento, chevedeva nella genetica occidentale un cor-po estraneo alla cultura indiana, ordinò diimportare le sementi suggerite da Bor-laug, che evitarono, lo attestano le cifre,la biblica carestia altrimenti inevitabile.Avere scongiurato la tragedia indiana assi-curò a Borlaug, nel 1970, il primo premioNobel assegnato ad un agronomo. Gli va-le anche il titolo di padre della Rivoluzio-ne verde, il grande balzo realizzato dalleproduzioni dei cereali fondamentali dopoche i criteri applicati in Messico per il fru-mento ed il mais sarebbero stati impiegati,nelle Filippine, per il miglioramento delriso. Dimostrando di meritare appieno ilNobel ed il titolo di padre della Rivolu-zione verde, Borlaug ha continuato ad es-sere presente a tutte le assise in cui si di-scutesse, a tutte le latitudini, dei mezzi perprodurre il cibo di cui hanno diritto tutti imembri della famiglia umana: novanten-ne ha presenziato, nel 2003, ad un semi-nario di genetica organizzato dalla Facol-tà di agraria dell’Università di Bologna.

Chi scrive fu ospite del Cimmyt nelmaggio del 2000. Maggio è in Messicoil mese in cui ha inizio la stagione dellepiogge, la prima visione del Centro fu

quella degli sconfinati campi sperimen-tali divisi in decine di migliaia di parcel-le, sulle quali centinaia di operai stavanoseminando le varietà di frumento e dimais previste dai piani sperimentali:nuovi incroci, selezioni, ceppi tradizio-nali di cui riprodurre la semente. Centi-naia di uomini e donne intenti ad infig-gere con un legno appuntito milioni disemi nella terra ancora arida: una visioneche le esigenze sperimentali, che per lepiccole parcelle impongono la seminamanuale, avvicinavano a quella degli in-dio al lavoro che dovette impressionareHernànCortes e la sua torma di avven-turieri arrivati a dissolvere l’ordine se-colare di una società fondata sul mais.La mia visita iniziò con un lungo collo-quio con il direttore generale, l’agronomoaustraliano TimothyReeves, che mispiegò che il Cimmyt non è solo un centrodi studi genetici, ma una grande fucina distudi agronomici: in tutti i continenti suiquali regna la povertà, specialmente nellearee tra i tropici, mi spiegò, la pressione diuna popolazione contadina di entità cre-scente e angustiata dal bisogno, costringead uno sfruttamento dei terreni al di là del-le capacità di conservazione della fertilità.La fame, sottolineò Reeves, è più crudeleproprio nelle aree in cui l’inclemenza delclima, grandi periodi di aridità seguiti dapiogge torrenziali, rende più difficile laconservazione della fertilità. In molti diquei paesi a metà del secolo scorso i cam-pi venivano ancora arati ricavando spaziaperti dalla foresta o dalla savana, che do-po alcuni anni di coltivazione avrebbero

ripreso possesso della terra, rigenerandonele forze consumate. La pressione demo-grafica rende impossibile, oggi, il riposoperiodico, e i contadini, costretti alla col-tura continua dei terreni, non dispongonodi mezzi diversi per ripristinarne la ferti-lità. Non hanno denaro, soprattutto, per unquintale solo di fertilizzanti, e spesso sonocostretti dalla miseria a bruciare, per cuo-cere la polentina di mais, lo sterco essic-cato dei bovini, distruggendo l’unico ferti-lizzante naturale di cui disporrebbero.La popolazione dei paesi collocati tra itropici crescerà ancora, concludeva Ree-ves, aumenterà, forse, di due miliardi.Aiutare quelle nazioni a produrre ali-menti è il compito più arduo che la co-munità internazionale abbia di fronte asé: purtroppo pare non esserne consape-vole, e senza la necessaria consapevo-lezza le armi di cui potremmo disporre,la genetica e l’agronomia, rischiano dinon venire utilizzate come sarebbe pos-sibile, di non prestare, quindi, il contri-buto che potrebbero assicurare.Conoscere le peculiarità del novero piùampio di varietà primitive di frumento edi mais, per ricombinarne i caratteri invarietà nuove che assicurino alle popola-zioni dei continenti dove impera la famecereali più produttivi, resistenti ai paras-siti, che nei paesi poveri non possono es-sere combattuti con gli antiparassitari,sempre più costosi, e che forniscano a chili consuma gli aminoacidi e le vitamineche chi non dispone che di un dollaro algiorno non può acquisire da fonti alimen-tari diverse dalla ciotola di polenta o dal-la tortilla. Sono le finalità istituzionalidel maggiore centro di genetica applicatadel mondo, un’istituzione che se solida-mente sostenuta dalla comunità interna-zionale potrebbe fornire un contributo ca-pitale per soddisfare i bisogni alimentaridell’umanità di domani. Mentre nei pae-si dell’opulenza, i soli che disponganodei mezzi per alimentare la ricercascientifica, tutti gli imbonitori, stregonie ciarlatani proclamano verso la ricer-ca genetica un’avversione che, propa-gata da una stampa che applaude tuttii demagoghi, giustifica l’esitazione concui i governi sostengono la cooperazio-ne agronomica internazionale. Conti-nuando a rinviare la tragedia planeta-ria che Norman Borlaug esorcizzò, inIndia, a metà degli anni Sessanta.

Antonio Saltini

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za lo zero as-soluto none s i s t e .Questo èl’antefatto

che spiega perché gliagricoltori in generale e i maiscoltori inparticolare sono stanchi di una situazio-ne nella quale è necessario fare chiarezza.Ecco quindi che Roberto Gillone, presi-dente dell’Associazione Natura e Paesedi Vische, accoglie le istanze di moltiagricoltori e organizza il convegno“Mais e OGM: una scelta difficile trascienza e politica”, che si è svolto la seradel 3 settembre a Vische, un piccolo co-mune agricolo in provincia di Torino.Dopo il saluto di Mario Pignochino, sin-daco di Vische, ha aperto i lavori il Prof.Lorenzo Silengo, Ordinario di biologiamolecolare dell’Università di Torino e pre-sidente del BioIndustry Park del Canavese,che ha svolto il tema “Biotecnologie, l’im-portanza dell’approccio science based”.Silengo ha sottolineato che i contrari agliOGM sostengono la necessità di conser-vare la biodiversità. Ma, con la biodiver-sità gli OGM non c’entrano proprio e,tanto per fare un esempio, ricorda che100 anni fa c’erano 104 tipi di pere. Og-gi, ce ne sono soltanto cinque. Lo stessodiscorso vale anche per il pomodoro.

anno scorso, in Piemonte, sono sta-ti distrutti circa 400 ettari di mais, apparte-nenti a 137 aziende agricole, perché il maisè risultato contaminato da OGM in percen-tuali comprese tra lo 0,02% e lo 0,11%.E così, l’intolleranza dei talebani Ghigo,governatore del Piemonte, e della Colti-vatori Diretti, ha imposto l’inutile distru-zione dei raccolti, mentre in Lombardia eVeneto il mais contaminato è stato acqui-stato dalle società sementiere. Infatti, su-perato il periodo della fioritura, cessa ilrischio di trasmisgrazione del polline e ladistruzione non serve più a niente. Di-struggere, invece, secondo i talebani, ser-ve per punire, per dare l’esempio, per ter-rorizzare gli agricoltori, per continuare asostenere le università del gusto e le ri-cercate prelibatezze di CarloPetrini e delsuo elitario Slow Food, in barba ai conta-dini e alla marea di cittadini che non fa laspesa con il catalogo dei “presidi” SlowFood da salvare, a prezzi da capogiro.Ebbene, quest’anno, nonostante il Mi-PAF abbia aumentato i controlli preven-tivi sui semi, estesi a circa il 30% dei lot-ti di sementi, e la Coltivatori Diretti ab-bia promosso con gran clamore la cam-pagna “Semina sicura”, garantendo zeroOGM nelle sementi di mais di una multi-nazionale, all’inizio di agosto 2004 sonostati scoperti ben due lotti di sementi contracce OGM. Sul fatto indaga l’arcinotodott. Guarinello della Procura di Torino.Voci non confermate stimano in 3.000ettari la superficie che risulterebbe con-taminata, cioè non zero OGM ma nelletolleranze UE.Imbarazzanti silenzi sostituiscono il cla-more dell’anno scorso. Difficile per la Col-diretti ammettere che “Semina sicura” èfallita e resta un’utopia, perché nella scien-

Non sono gli OGM ad aver ridotto lespecie coltivate di pere o pomodoro, male scelte fatte dagli agricoltori in funzio-ne del mercato, cioè delle richieste deiconsumatori. L’alternativa sarebbe pro-durre pere o pomodoro che nessunocompra più e che, probabilmente, dannoutili agricoli minori o insufficienti.A conferma di questa tesi, Silengo ri-corda che “50 anni fa gli agricoltoriscelsero e adottarono l’ibrido di maisnonostante la contrarietà di Coldiretti eConfagricoltura. Ricorda infine il gol-den rice di Ingo Potrykus, una varietàgm arricchita di vitamina ‘A’ che il tabùdi rischi fantasma impedisce perfino diregalare ai Paesi della malnutrizione edella morte per fame. E pensare che unsolo chicco di golden rice, dopo due an-ni, frutta due tonnellate di riso”.Sai quanti affamati si potrebbero sfama-re, ci chiediamo. E invece, no. Megliolasciarli morire piuttosto che farglimangiare riso GM, perché un rubicondoe magari arricchito idiota che ha poteresul sottosviluppo decide che la tipicità èmeglio degli OGM e così, come dicePotrykus, “nei Paesi in via di sviluppo500.000 bambini ogni anno diventanociechi e 6.000 muoiono ogni giorno percarenza grave di vitamina A”. Nessunoha smentito queste cifre, ma nessuno

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SAGRA DELLUVIUM

L’

‘‘SeminaSicura’’e‘‘ZeroOGM’’non esistono

Sono questi due fattiimportanti emersi al

convegno: “Mais e OGM:una scelta difficile tra scienza

e politica”. Un convegnosulla coltivazione del

granoturco tra gli agricoltoridi Vische, nel Canavese.

Il tavolo dei relatori.

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abbatte queste barriere e gli uominiignobili che ne sono responsabili.Tocca quindi a FilippoRossi, ricercatoredell’Istituto di Scienza degli alimenti edella nutrizione, della Facoltà di Agrariadell’Università Cattolica del Sacro Cuoredi Piacenza, che illustra gli “aspetti igieni-co nutrizionali degli alimenti genetica-mente modificati”. Si tratta di una ricercamolto dettagliata, densa di risultati, dicomparazioni, di specifiche tecniche moltoapprofondite che hanno consentito spuntiinteressanti. In conclusione, dice Rossi, ilmais gm è, in pratica, un mais corazzato.L’intervento di GianfrancoCorgiat, inrappresentanza della Sanità della Regio-ne Piemonte, è allineato alle posizionidel presidente Ghigo, e cioè tolleranzazero agli OGM. Corgiat ricorda il dirittodel consumatore di essere informato, esottolinea la mancanza di certezza, per-ché non è dimostrato che gli OGM nonfacciano male e a conferma di questa tesiricorda il caso di 40 anni fa, di medicinesbagliate. Per quanto riguarda la ricercascientifca ritiene legittimo che la politicainfluisca sulle scelte della Scienza.Il presidente regionale di CIA Piemonte,Attilio Borroni, con pacata moderazione,dichiara che, a differenza della Coldiret-ti, la CIA è attenta alle esigenze degliagricoltori e che le regole stabilite dal-l’Unione europea, possono essere, intan-to, un primo segnale di attenzione vera.Subito dopo, però, il presidente provin-ciale della Coltivatori Diretti, Carlo Got-tero, illustra la ormai nota posizione del-la sua Confederazione. Comincia defi-nendo opinabili gli interventi scientificidi Silengo e Rossi, ai quali, dice, con-trappone che “ci sono altri scienziati chela pensano in maniera diversa. A soste-gno della sua tesi esibisce un libretto diJeremyRifkin, economista agricolo ame-ricano. In nome del principio di precau-zione riprende l’intervento di Corgiatper convincere la platea che non è certo

che gli OGM non facciano male e che lemedicine sbagliate hanno già fatto danni.Prima di far proseguire gli interventi ilmoderatore del convegno, VittorioBar-reca, direttore di Spazio Rurale, ha volu-to sottolineare, a beneficio della platea,che “gli scienziati non ‘possono pensarlain maniera diversa’ ma debbono dimo-strare galileianamente, cioè con il lin-guaggio della scienza, ciò che afferma-no, altrimenti non sono scienziati, maopinionisti. Inoltre, il richiamo a medici-nali sbagliati che evoca il talidomide, di-ce il moderatore, induce il terrore mentrei ‘deformi’ nascevano anche nei secoliscorsi, quando non esistevano completa-mente il talidomide e gli OGM. Perquanto riguarda la ricerca, infine, bastaguardare al C.R.A., Consiglio per la Ri-cerca in Agricoltura, che da due anni nonagisce e sperpera miliardi pubblici”.Il Convegno procede quindi con l’inter-vento di ErcoleZuccaro, direttore diConfagricoltura provinciale di Torino.Dopo aver ricordato che per la distru-zione del mais dell ’anno scorso leaziende piemontesi hanno ricevuto il ri-storo del danno a titolo di anticipazione,che per sua natura è da restituire anchese la delibera della Regione Piemontenon dice quando, Zuccaro ricorda che“il Piano di controllo ministeriale ha de-notato presenza di OGM nel 3,6% deicampioni. Il risultato, certamente positi-vo, è dovuto alla fissazione di un limitedi rilevabilità tecnica dello 0,05%. L’a-spetto è di primaria importanza, perchéstatuisce per la prima volta in Italia chela ‘tolleranza zero’ è accantonata”. Ave-te capito bene. Zero OGM non esiste!Zuccaro descrive l’impatto degli OGMsui settori produttivi, visto che l’Italiaproduce solo il 10% del suo fabbisogno difarina di soia che con il mais è largamen-te utilizzata nell’alimentazione animale.E ricorda che secondo una recente indagi-ne di Nomisna “il 97% del valore dei

prodotti DOP italiani, ad esempio Granapadano e Parmigiano reggiano, provienedal settore zootecnico”. Ma per i prodottidi origine animale come carne, latte e for-maggi non c’è obbligo di indicare in eti-chetta se sono stati ottenuti partendo damangimi contenenti prodotti genetica-mente modificati. Essendo la farina disoia uno dei componenti base della dietadelle vacche da latte, è praticamente certoche i prodotti derivati dal latte, anche seDOP, non sono esenti da OGM. Ma lacosa, finora, non ha sconvolto nessuno.Zuccaro conclude invocando la libertà discelta, che deve riguardare non solo i con-sumatori, ma anche gli agricoltori e sotto-linea la posizione di Confagricoltura tesaad ottenere un quadro normativo comu-nitario quanto più possibile armonizzato.L’intervento conclusivo del convegno èstato svolto dal presidente dell’Associazio-ne Italiana Maiscoltori, MarcoAurelio Pa-sti, sul tema “Innovazione e proibizioni-smo: riflessi sulla coltivazione del mais”.Sintesi perfetta dello stato d’animo degliagricoltori costretti ad operare nell’im-possibilità di valutare le innovazioni econ i limiti del proibizionismo. Una ana-lisi molto dettagliata ed accurata che me-scolando semi di finti OGM (mais bian-co) e quelli non OGM (gialli) ripercorreil sistema di analisi delle sementi e delladivisione in lotti, che dimostra seppurempiricamente ma rispettando il “meto-do”, la scarsa affidabilità dei risultati.Illustrando le foto di un esperimento dalui realizzato nella sua azienda, ha susci-tato enorme interesse in tutti i presenti.Un intervento da agricoltore vero e da im-preditore che guarda con concretezza alleinnovazioni di cui però non è prigioniero.Come ogni buon imprenditore ne valu-terà la convenienza ed auspica una verapolitica italiana non difforme da quelladegli altri Paesi UE, per poter produrre ecompetere tutti con le stesse regole.Dopo un breve dibattito l’agricoltoreGiorgio Fidenato ha annunciato che ungruppo di agricoltori “trasversali” alleConfederazioni agricole, ha costituitoFUTURAGRA, una associazione persostenere la diffusione di corrette infor-mazioni sulle innovazioni e sulla ripre-sa della sperimentazione in Italia degliOGM in agricoltura.La conclusione è che sugli OGM ètempo di fare chiarezza, senza allarmi-smi né fondamentalismi. ■

13SpazioRurale ● 10 ● 2004

Il folto e attento pubblico del convegno.

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i stenta a credere, ma uno degli ar-gomenti più esplosivi con cui oggi si mi-surano i governi del mondo, è la sicurezzaalimentare. Purtroppo gli stessi governitrattano sempre più spesso i temi di tale si-curezza, adottando “visioni” e strategie in-

in modo contraddittorio. Infatti, mentre ipotenziali pericoli legati a una nuova tec-nologia tendono ad essere riconoscibili ericonosciuti, i vecchi rischi, ampiamentediffusi nel pianeta e che potrebbero essereridotti con l’introduzione di un nuovoprodotto, vengono spesso trascurati o ac-cettati. O ritenuti ineluttabili. Tanto è veroche il “Principio di Precauzione” superfi-cialmente osservato, potrebbe sembrarebuono. In quanto, un concetto teso a con-dizionare le imprese che presentano pro-duzioni dal potenziale pericolo per la sa-lute. Mentre, nei fatti quotidiani, lo stessoprincipio viene usato soltanto come unostrumento per bloccare, impedire, frenarelo sviluppo di nuove attività o di nuoviprodotti, forse più salubri. Per frenare losviluppo tout-court. Incredibile? Ma vero.Si noti poi che, per dovere di fare chiarez-za o minor confusione, la CommissioneEuropea, specie di balbettante don Ab-bondio, ha evitato di definire nei dettaglicosa sia il “Principio di Precauzione”. Fi-nendo così dalla padella nella brace fraroventi polemiche provenienti dalla dupli-ce sponda. Infatti, così come oggi vieneapplicato il “Principio di Precauzione”,non offre regole né parametri chiari per lasicurezza, né criteri per ottenere le auto-rizzazioni a “fare”: indipendentementedalla quantità e dalla varietà dei datiscientifici inoppugnabili a disposizione.

comprensibili ai più. O peggio, decisioniviziate da ideologismi d’ogni genere chele rendono ancora più dirompenti. Uno deicapisaldi di questo modo di pensare è il“Principio di Precauzione”. La cui sostan-za risiede nell’idea che le leggi degli Statidovrebbero limitare severamente quelleazioni che “potrebbero” comportare rischi,anche soltanto ipotetici o fantasiosi, perla salute dell’uomo, degli animali e del-l’ambiente. Tutto qua, nel minimo dellespiegazioni, col massimo della bizzarria.Ma mentre la cautela è doverosa per tutti,i sostenitori del “Principio di Precauzio-ne” finiscono nell’estremismo di tantizombi meccanici, perché si concentranosoprattutto sulla possibilità che le nuovetecnologie offrano “inevitabilmente” ri-schi estremi e incontrollabili. Quando, glistessi personaggi ideologizzati, dimenti-cano che gli uomini vivono da secoli inun mondo pieno di pericoli, che loro nonvedono e non sentono. Presi come sono aconsumare la cultura che producono nel-la loro maleodorante bottega zapatera.

Paura del nuovo. È vero: la pigrizia e latentazione di restare seduti sullo statusquo sono sentimenti umani comprensi-bili. Per quanto, l’imprinting culturale co-mune fra questi conservatori, la dica lun-ga. Ma la percezione del rischio che si af-fronta col “nuovo”, per costoro, si svolge

Nel vivo: la ormai vecchia “miscelaautoritaria” rappresentata dalla mo-ratoria europea nei confronti dellepiante geneticamente modificate sullabase del “Principio di Precauzione”, èstata a suo tempo motivata da preoc-cupazioni ambientali e sanitarie. An-che se tutti i comitati scientifici euro-pei hanno chiaramente affermato latotale sicurezza delle sementi sospese.Quale altro tribunale attendiamo? Quelloper distinguere le nostre angosce? Perrassicurarci sulle nostre sconfitte? Perriabilitare tutti i falliti della Storia?Per sottrarsi alle critiche sull’abuso del“Principio di Precauzione”, la Commis-sione Europea ha suggerito che si do-vrebbero soppesare benefici e rischi po-tenziali e che ogni decisione dovrebbe es-sere soggetta a revisione in base ai nuovidati scientifici. Urca! Che scoperta. Ma ilcaso degli alimenti geneticamente modi-ficati è la dimostrazione più evidente del-l’incapacità della Commissione di far ri-spettare questi criteri. Anche perché pos-siamo constatare che le nuove tecnichedel miglioramento genetico sono rappre-sentate da una pura e semplice estensioneo allargamento delle tecniche precedenti,storiche! Difatti, risulta ai “sapienti veri”,come dice il prof.Veronesi, che l’inser-zione di un gene in una pianta non la ren-de meno sicura, né per l’ambiente né

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BIOTECNOLOGIE

S

Bruxelles cancellala moratoria sugli OGM.

Precauzione senza principi.

L’8Settembredi un endemico‘‘No’’

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per i consumatori. Veronesi, il Prof. Ve-ronesi! Vale meno d’un “luciferino” (sifa per dire) Bedoni di Opeano?

Tanto che le piante geneticamente mo-dificate sono ormai coltivate su oltresessanta milioni di ettari: una superfi-cie quattro volte quella coltivabile intutta Italia. E, ogni anno, “ingredienti eparticelle geneticamente modificate sitrovano in oltre il 60% degli alimenti no-ti”, mentre non è mai stato riportato unsolo caso di danni causati dalle piante odai prodotti transgenici. Senza contareche la loro diffusione potrebbe consenti-re di produrre più cibo su meno terra,salvando milioni di ettari alle lavorazioniintensive. Le piante poi, resistenti allemalattie, hanno già ridotto l’utilizzo dianticrittogamici e antiparassitari da partedegli agricoltori e quindi anche l’inqui-namento delle falde acquifere. Mentre at-tivisti di ogni genere, militanti di un fon-damentalismo di tipo islamico semprepiù virulento e... funereo, ma soprattuttosenza specifica competenza in materia,hanno avuto un peso drammaticamentesuperiore a quello della comunità scienti-fica. Il cui parere, nel mondo civile, do-vrebbe essere fondamentale per tracciareun bilancio dei rischi e dei benefici dellenuove tecnologie. Infatti, appare chiaroche l’utopia della sicurezza totale, portaa trascurare i problemi reali. E la tenta-zione di correre dietro a questo miraggiorischia di consegnare alcune decisionifondamentali per lo sviluppo dell’uomoe per la sicurezza dell’ambiente, nellemani di gruppi e categorie in uno stato diangosciante fibrillazione, che mostranodi non aver alcun rispetto per i fatti. In-differenti al 2 + 2 uguale a 5!

E L’ULIVO DEL COMUNE DI VENE-ZIA? COL SUO SINDACO, COSTA,DELLA MARGHERITA? COSA DICE?COSA FA? UDITE! UDITE!

AGRICOLTORI DEL COMUNE DI VE-NEZIA. GRANDE POPOLO DI S.ERASMO E DEGLI ORTOLANI STO-RICI DEL CAVALLINO E DELLE ISO-LE DELLA LAGUNAASCOLTATE“IL TERRITORIO COMUNALE DI VE-NEZIA, ORA, GIOVEDÌ 30 LUGLIO2004, È STATO DICHIARATO PROIBI-TO AGLI OGM”.

“Da oggi Venezia è OGM FREE, nonsono molto convinto, ma pazienza”.Così il sindaco Ulivista della Margherita,Costa, ha annunciato, con una ironicapresa di distanza, che la giunta comunalesu proposta degli assessori all’AmbientePaoloCacciari (fratello “manifestino”del tenebroso Massimo), e quell’altro as-sessore alle Attività Produttive De Ga-speri, in accordo con la Coldiretti, ave-va appena adottato una delibera per di-chiarare il territorio comunale di Venezia“libero da OGM”. Nel rispetto del princi-pio di precauzione, per evitare contamina-zioni del terreno. Lo scopo è di promuo-vere la tutela dei consumatori e avviareuna campagna informativa sugli alimentibiologici e di qualità prodotti nel territo-rio. Voilà! Gli scienziati di Palo Alto.Berkley. California. Codice postale...?Isola della Giudecca. Che tempismo!

Cari amministratori Veneziani, ma che“antivedere”! Come si dice fra noi vene-ti. Chi l’avrebbe detto che questa sceltaimmane sarebbe stata presa 48 giorni pri-ma di quella di Bruxelles che ha cancel-lato la moratoria sugli OGM?

Il nostro parere. Dal Sindaco di Venezia(“coraggioso, temerario”), da un mar-gheritone com’è Costa, non pretendia-mo di più; meno che niente ci saremmoattesi dai vari accampamenti partiticisparsi fra le nostre isole semi abbandonatee insediati nel Comune della molte voltedefunta “Serenissima”. E meno ancora dalpovero Cacciari, il fratello minore del fi-losofo barbuto e sperduto fra le calli dellanostra città: non sapendo dove parare. Ela Coldiretti? Cosa c’entra con gli ammi-nistratori del Comune di Venezia? “Ci si èmessa per il bene dei suoi soci orticoltori

del bacino Lagunare”. Ci ha spiegato unvaghissimo “indistinguibile” prete (a suodire) nei paraggi di Punta Sabbioni, puntod’imbarco per il Lido di Venezia. “Tantiortolani, poveretti!”. Io stesso, loro colle-ga imprenditore ortofrutticolo a un tiro dischioppo dai loro splendidi orti, ma in unComune diverso, so bene cosa “avrei per-duto” con questa “bolla” comunale an-tieuropea, se coltivassi ortaggi da quelleparti: se si avverassero tali “verboten!”fascistoidi! I miei colleghi iscritti allaColtivatori Diretti lo sanno altrettanto?

Ciò che sappiamo, dall’8 settembre2004 con assoluta certezza e a consola-zione di tutti, Coldiretti lagunari com-presi, è che, le storiche “grida” di Manzo-niana memoria a confronto di queste delComune di Venezia, erano una cosa seria.Mentre: “Comune proibito agli OGM”,sono “grida” ridicole, vere protesi dell’as-surdo. E false, per decisione tardiva diBruxelles a causa dalla greppia UlivistaEuropea. Ed ora si tranquillizzi mio caromargheritone, rimanga pur scettico Sinda-co Costa, e paziente. Abbiamo davantiuna vita per ridere, fra noi e gli ortolani.In barba al loro sindacato dalla sicumerabulgara che, con tutti quelli là di “sini-stra” (cioè della destra conservatrice piùbecera), finirà per appendersi alla cannadel gas. Fra poco, quando apparirà la“legge sulla coesistenza” di Alemanno.Fra l’altro, evidentemente, provvisoria.Ed ora, al bando le polemiche e consolia-moci. Perché ben prima della fine dellamoratoria europea sugli OGM (8/9) resta,comunque, in questo mondo, l’eroismo ditanti sconosciuti da celebrare. Capaci diriscattare perfino quelli a cui auguriamodi finire bruciati all’inferno. E dunque inquesta epoca fanatica e cupa, parliamocon passione di questi eroi. Di uno alme-no di questi uomini che nessun cristianosi è mai sognato di fare Santo. Pressochénessuno ci ha pensato di citarlo, in chie-sa, nelle scuole, nelle false confraterniteno global, ecc. ecc... a cui sta tanto a cuo-re la fame nel mondo. Nessuno ha maiofferto una medaglia di bronzo a questoeroe. Nessuno lo ha benedetto dai pulpitidelle varie chiese dell’ipocrisia.

Si tratta di Norman E. Borlaug (senti-to nominare?) un uomo di cui voglia-mo ricordare la vita e una sua celeber-rima domanda. Un gigante, Norman

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Uno scorcio di Venezia, città “Ogm-free”.

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Borlaug. Il Padre riconosciuto dalmondo intero della Rivoluzione Verde.Ha cominciato il suo cammino dedican-dosi al miglioramento genetico del granoper la Rockfeller Foundation. Ha lavora-to in India e Pakistan verso la metà deglianni Sessanta in collaborazione con il go-verno messicano. Ha creato il CIMMYT(Centro Internacional de Mejoramientode Maìz y Trigo). Con le sue varietà nanead alta resa il Prof. Borlaug ha contribui-to a raddoppiare la produzione mondialedi cereali e ha vinto il premio Nobel perla pace nel 1970. Oggi all’età di 89 anni,insegna ancora alla Texas A&M Univer-sity. Là, il mondo dei più coscienti, arrivaspesso con voli charter per conoscerlo.(Venerarlo?). Il professore, lavora ancoraper la Sasakawa Africa Association conlo scopo di adattare al continente africa-no gli strumenti della Rivoluzione Verdeche tanto successo hanno avuto in Asia ein Sud America. NormanBorlaug, ovvia-mente, è coinvolto in prima persona neldibattito sugli organismi geneticamentemodificati. I suoi interventi in proposito,comparsi sulla stampa di tutto il mondo,rappresentano una condanna durissimadel movimento anti-transgenico. Unfiammifero per accendere il fuoco del-l’inferno a cui tanti saranno condannati.

E a noi agricoltori, comuni mortali,non serve altro. Ma proprio altro. Pos-siamo fare a meno di tutte le sentenzenegative o assolutive degli OGM daparte dell’universo scientifico mondia-le. Capirete quelle provenienti dalle piaz-ze! Ci basta la parola di Borlaug per sen-tirci autorizzati a credere agli OGM intutta coscienza. E fede. E a spernacchiaresonoramente e perdutamente tutti i detrat-tori dell’universo che li rifiutano. Ma in-somma: a chi dovremmo credere? Ai variPecoraro Scanio del menga? Al coltiva-tore diretto Paolo Bedoni di Opeano? Alpiccolo Cacciari di Venezia? Al furbettoMinistro dell’Agricoltura in carriera dipolitico puro, Alemanno? Noi crediamosoltanto a Borlaug, santo laico, mandan-do allegramente tutti a remengo. A spin-tonate. A partire da questa miserabile Eu-ropa zapatera, che l’8 settembre ha cerca-to di riscattarsi... briciole dopo briciole...

“Sbalordito”, “serenamente stupefatto”,Norman Borlaug si è posto tante doman-de per capire l’incomprensibile di questi

movimenti, di questi “principi senza pre-cauzioni” o di queste precauzioni senzaprincipi. Fra le tante domande che questogenio si è posto (dall’assoluta modestiadella nostra specializzazione agronomi-ca) abbiamo scelto questa sua curiosità.Ecco cosa incuriosisce Norman Borlaug.Silenzio! Parla Norman Borlaug:

C’è una domanda che faccio spesso aicritici delle moderne tecnologie agricole:come sarebbe stato il mondo senza questiavanzamenti tecnologici? Se la resa me-dia mondiale dei cereali fosse rimastaferma ai livelli del 1961 (1.531 kg per et-taro), per ottenere un raccolto di cerealipari a quello del 1999 (2,06 miliardi ditonnellate) ci sarebbe stato bisogno dicoltivare quasi 850 milioni di ettari inpiù di terra della stessa qualità. È ovvioche questo surplus di terra non era di-sponibile. E se anche lo fosse stato, pen-

sate all’erosione del suolo e alla perditadi foreste, praterie e altri ecosistemi na-turali che avremmo causato tentando diottenere rese così alte con le vecchie tec-nologie. Far girare all’indietro le lancet-te dell’orologio in agricoltura e limitarsia utilizzare metodi sviluppati per nutrireuna popolazione ben più esigua di quellaattuale, semplicemente non è possibile.

Post ScriptumPaolo De Castro, checché se ne dica, unUlivista per caso – come il suo “maestro”,peraltro, che pure ne è a capo – per bassacucina opportunistica e non perché “ere-de” preistorico del monaco Dossetti, in unsuo articolo sull’InformatoreAgrario di al-cuni mesi fa, ha dato una lezione a tutto ilsuo mondo. Sul tema O.G.M., beninteso.Una lezione a partire dall’idealista (si faper dire) Alemanno, passando per Bedo-ni di Opeano e finendo col “brutto” tene-broso nostrano PaoloCacciari. Col suo,di De Castro: “OGM è ora di fare chia-rezza”, PaoloDe Castro si merita di pren-dere il posto del governatore della Puglia.(Fitto, chi è?) E dimostra che sarà bendifficile che l’Ulivo, sic stantibus rebus,possa vincere le prossime politiche 2006.Quando l’Ulivo per essere all’altezza diconfrontarsi con Berlusconi dovrà met-tere insieme paraislamici come Diliber-to e giovani liberali come Paolo De Ca-stro. Forse appena se il brillante ex mi-nistro dell’Agricoltura divenisse un al-tro. Non più Paolo De Castro ma “CA-STRO” tout-court.

Reno Fracasso

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Vermi e case chiuseDa ragazzi, nelle terre grasse vi-

cino alla concimaie, o nelle ter-re torbose lungo i canali di bonifica,ogni volta che alzavi una pietra tro-vavi un lombrico; e più ne trovavipiù andavi a sollevare le pietre perriempire la scorta di lombrichi. Perandare a pescare, o per la sfida frachi ne sapeva trovare di più. Ora so-no cambiate le cose: su qualsiasi ter-reno ti trovi, perfino sulla sabbia, nonpuoi alzare una pietra che trovi un li-berale: il lombrico dei tempi moder-ni. Così vero che, i vecchi liberali, fra

tanto oblio del comunismo, archivia-zione del fascismo e trasloco in mas-sa nel liberalismo, si sentono spaesatie confusi. E sospettosi: perché, nellostesso tempo, non hanno mai vistotanti princìpi liberali calpestati. Salvole “case chiuse”, aperte dalla destraliberale di Cavour, chiuse circa un se-colo dopo dalla sinistra parlamentaredella “prima repubblica” che oggi –divenuta in blocco liberale – pare cistia ripensando. Sulle “case”. Libera-lizzarle o nazionalizzarle?

Reno Fracasso

Paolo De Castro, ex ministro dellePolitiche Agricole e Forestali.

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Il funerale si è svolto in Abruzzo, aCelano, ed ha idealmente riunito tuttigli ortofrutticoltori le cui produzioni,quest’anno sono state massacrate.Comincia da qui, forse, il crollo dellatanto celebrata politica di promozionedella tipicità e qualità fortemente vo-luta e perseguita dalla Coldiretti e dalMiPAF, della quale la CIA denuncia ilfallimento.E gli ortofrutticoli di Confagricoltura so-no contenti? Certamente no, dicono ilsimpatico ed estroverso Cav. Paolo Bru-ni, presidente di APO-CONERPO ed ilpresidente di UNAPROA, FabrizioMarzano. Ma il loro approccio nonsembra voler disturbare il manovratore.■

17SpazioRurale ● 10 ● 2004

Il destino di un OlivaC O I

Chi dorme non piglia pesci, diceun vecchio proverbio. Ma, tal-

volta, anche chi dorme, pesca.L’esempio più recente viene dal Mi-PAF, dove dodici anni fà approdòGianni Fontana, ministro dell’Agri-coltura da giugno ’92 a marzo ’93,con al seguito Franco Oliva, suo capoufficio stampa. La collaborazione conil ministro durò poco perché Oliva eraaffetto da una noiosa quanto evidentee imbarazzante forma di sonnolenza efu sostituito nel giro di due o tre mesi.Di lui si persero le tracce così comedell’ex ministro Fontana, che nell’e-poca tumultuosa di tangentopoli si di-mise ritirandosi dalla politica.Franco Oliva riappare ora alla ribalta,alla corte di Francesco Storace, go-vernatore del Lazio. Egli è infatti il di-rigente di area responsabile dell’uffi-cio di Bruxelles della Regione Lazio.Tale ufficio fa parte di una struttura uni-ca condivisa da alcuni anni tra le Re-gioni Abruzzo, Lazio, Marche, Toscanae Umbria che, governate tutte dal cen-trosinistra, avevano scelto una sede uni-ca con uffici autonomi. Nel 2000, però,

Abruzzo e Lazio sono passate alla coa-lizione di centrodestra che ha mantenu-to la struttura unica di rappresentanza.Ma i responsabili sono designati dachi governa. E Oliva rappresenta ilLazio di Storace.Voglio sinceramente sperare, per lui,che abbia risolto gli eventuali suoiproblemi di salute, ma di lui non cigiunge alcun segno di iniziative, atti-vità, partecipazioni a eventi, insommail silenzio di chi “non piglia pesci”.E invece, mi sbaglio! Perché propriopochi giorni fà, il 9 o 10 settembre

scorso, il MiPAF ha portato al Comi-tato Prodotti di Base la proposta dinomina di Franco Oliva a vice-diret-tore del COI – Consiglio Oleicolo In-ternazionale, su designazione del mi-nistro Alemanno.Ciò che però i lettori non sanno è chedopo aver perduto FaustoLuchetti,l’italiano direttore esecutivo del COI,grazie all’insipienza di Salvatore Pe-troli, direttore generale del MiPAF perle Politiche Agroalimentari in sede co-munitaria e internazionale, i nuovi ac-cordi prevedono che il direttore delCOI sia un magrebino e che per laUE andranno tre vice-direttori desi-gnati da Italia, Spagna e Grecia.La scelta dell’Italia è perfetta, quasistraordinaria. Chi meglio di un Olivapuò fare il vice-direttore del COI? Di-venterà un Oliva “schiacciata”? Ce la farà il nostro eroe a pescare unricco e importante incarico alla fac-cia di chi si rompe il mazzo a fareolive e olio?Dormite ragazzi, dormite tutti per-ché, come vedete, forse conviene.

Vittorio Barreca

Salvatore Petroli, direttore generale delMiPAF per le Politiche Agroalimentariin sede comunitaria e internazionale.

ORTOFRUTTAIl‘‘Funeraledell’Amata’’

a CIA ha celebrato il 20 set-tembre scorso il “funerale dell’amataagricoltura di qualità” ed ha dato “se-poltura” ai prodotti stagionali che nonhanno trovato la giusta remunerazionedel mercato.La causa della morte, secondo la CIA,è da attribuire ai prezzi irrisori offertiai produttori agricoli per frutta e ver-dura, che diventano invece prezzi ele-vatissimi per i cittadini, i quali limita-no gli acquisti o se ne astengono deltutto, innescando una profonda crisidei consumi.

L

Un momento della manifestazione.

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Innocenzo Leontini.

l governatore Totò Cuffaro, nel belmezzo della calura estiva, ha cambiato lasquadra di governo della regione Sicilia.Molti i volti nuovi, diverse le deleghe at-tribuite anche ai riconfermati.All’Agricoltura, dopo le dimissioni diGiuseppeCastiglione per incompatibi-lità con il mandato europeo, è andatoInnocenzo Leontini.A Castiglione, un ringraziamento non difacciata per il lavoro svolto, nonostantedalle colonne di questo giornale io lo ab-bia stimolato su alcuni problemi impor-tanti. Sono certo che Castiglione rappre-senterà bene le istanze degli agricoltorisiciliani pur nell’ambito dei poteri limi-tati del Parlamento europeo.A Castiglione succede il capogruppo diForza Italia, InnocenzoLeontini, un ragu-sano doc, che può realizzare in Sicilia unanuova cultura di governo dell’agricoltura.Ragusa, infatti, con le orticole di serra e apieno campo, con la zootecnia, con la en-comiabile laboriosità della sua gente, masoprattutto con la “praticata” centralitàdell’agricoltura in tutti i processi di svi-luppo e di crescita è la sola provincia si-ciliana candidabile a rappresentare unmodello di sviluppo agricolo e generaleesportabile in altre aree, se le condizio-ni del territorio siciliano e degli agricol-tori avranno la meglio sulle tendenzevolte al forzato abbandono della terra oa processi di rifeudalizzazione televisi-vamente tanto apprezzati e alla moda.Per prima cosa a Leontini tocca realizzare

la piena autonomia della Sicilia nel gover-no dell’agricoltura rispetto ai bizantinismidella normativa comunitaria e alle fasti-diose filiere della burocrazia nazionale,dove spesso si annidano stupidi e consoli-dati interessi di bottega delle massime or-ganizzazioni professionali, sempre prontea condividere, a danno degli agricoltori,balzelli del tipo “iscrizione Camera diCommercio” solo per “sistemare” qualcheelemento nei CdA degli enti camerali.All’assessore Leontini, la Sicilia agricolachiede il massimo di attenzione verso chilavora in campagna e contribuisce inmaniera determinante alla tutela del terri-torio e dell’ambiente oltre che allo svilup-po economico e sociale. L’attenzione dicui parliamo, non va affermata a parole,ma realizzata concretamente eliminandoil bubbone della lentocrazia degli appara-ti, così elefantiaci da superare in volumidi spesa il livello di risorse direttamentegoduto da chi lavora la terra. Certo saràpiù chic per un assessore regionale “appa-rire” a fianco dei vip momentaneamenteprestati all’agricoltura (in tempi di magraper altri investimenti) durante una ven-demmia notturna, “posare “ con una for-bice in mano fingendo di raccogliere ungrappolo d’uva. Sceneggiate che giovanoall’immagine degli attori e salvano le ap-parenze. Ma se dietro questi “provini”non si istituisce una taskforce impegnataad analizzare, volta per volta, quale utilee quanto torna nel bilancio aziendale de-gli agricoltori dalle leggi vecchie e nuove

che regolano l’agricoltura, il neo assesso-re vedrà solo la soddisfazione dei collettibianchi, ma sperimenterà la disaffezionedegli agricoltori, stanchi di sentirsi ripete-re sempre le stesse menate, come la qua-lità, la competitività, le certificazioni infi-nite del prodotto, i marchi numericamen-te inflazionati (europei, nazionali, regio-nali, comunali, provinciali... e di quartie-re) stanchi di sentirsi ripetere a parole chel’agricoltura e il turismo sono centraliper lo sviluppo della Sicilia. Strano che“centrali” non lo siano i protagonisti!!Leontini dovrà affrontare il problema del-l’acqua, esaminando con rigore le struttu-re dei consorzi di bonifica, analizzando icosti di funzionamento (se con le stesserisorse gli agricoltori non lo risolverebbe-ro da soli e in pochi anni...). Dovrà verifi-care se il riuso in agricoltura delle acquereflue depurate avrà un costo maggiorecon la gestione degli ATO (ambiti territo-riali ottimali), apparati previsti dalla leggeGalli, buoni solo a complicare il problemadella gestione delle acque e a “sistemare”con laute retribuzioni vecchi e nuovi ga-loppini elettorali. A danno, si intende, delreddito degli agricoltori e della competiti-vità del prodotto. Il nuovo assessore, sia-mo certi, vorrà sapere quante calamità na-turali, quanti danni alle strutture agricolenon sono stati risarciti agli agricoltori,esposti ad ogni genere di rischio e persinoalla vanificazione totale del lavoro svolto.Da Leontini ci aspettiamo un’analisi at-tenta sull’impatto sociale in Sicilia dellaregolamentazione comunitaria e nazio-nale, in considerazione delle particolaritàdell’isola rispetto a regioni più fortunateche possono contare su altri settori.Soprattutto desideriamo che l’assessoreragusano non confonda agricoltura edagroalimentare, agricoltori e CalistoTanzi, due soggetti distinti e distanti pernatura e per cultura. Lo ricordi, assesso-re, e auguri di buon lavoro.

Michele Umana

REGIONE SICILIA

I

ÈLeontiniil nuovoAssessoreAgricolo

Innocenzo Leontini.

La Cattedrale di Ragusa fa da sfondo aprodotti tipici dell’agroalimentare siciliano.

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19SpazioRurale ● 10 ● 2004

utti ricorderanno quanto avvennecirca un anno fa quando l’Italia rimasesenza energia elettrica. Molte derrate ali-mentari andarono perse, le sale operatoriefurono costrette all’inoperosità, gli ospe-dali entrarono in crisi. E ancora, molti ri-corderanno quando negli anni ’70 a causadella crisi petrolifera si “restò a piedi”.Oggi, queste situazioni potrebbero verifi-carsi ancora. E questo perché il costo delpetrolio continua ad aumentare rendendosempre più costoso produrre energia.L’alternativa potrebbe essere il nuclearema in Italia il veto ambientalista ne impe-disce la produzione. Ma non produrreenergia nucleare certo non “salverà” l’Ita-lia da un eventuale disastro, dal momentoche la stessa viene prodotta proprio alleporte di casa nostra (in Francia e Slove-nia). E non può essere il terrore a guidarele nostre scelte, perché anche il petroliopuò provocare ed ha provocato tragedieambientali di vaste proporzioni. Oggi, in-tanto, si fa sempre più pressante la neces-sità di produrre energia a costi più bassi.Per ribadire i vantaggi del nucleare e perinformare in maniera “diversa” l’opinio-ne pubblica, da alcuni anni l’Associazio-ne Italiana Nucleare (AIN) organizza del-le giornate di studio a tema.L’incontro di quest’anno dal tema “Oriz-zonti della Tecnologia Nucleare in Italia”si è svolto il 2 settembre scorso a Roma,organizzato in collaborazione con la rivi-sta 21mo Secolo – Scienza e Tecnologia.Ad introdurre i lavori è stato il prof. Rena-to AngeloRicci, presidente dell’AIN, cheha posto l’attenzione sulla “disinformazio-ne che regna in questo campo”. SecondoRicci “l’informazione ad arte che stata fat-

ta sul nucleare ha spaventato il pubblico eha generato la paura del nucleare”, e que-sto nonostante un guru dell’ambientalismocome Lovelock abbia rivisto, alla lucedell’evidenza scientifica, la sua posizioneantinucleare. Ma i dati sono chiari. “L’Ita-lia ha un fabbisogno energetico di 300GKWH (un milione di kilowatt x 1.000watt ora) e di questo ne produce il 16%!”.“Grazie soprattutto alla disinformazione eal disimpegno politico si è rinunciato al-l’energia nucleare – ha detto Ricci. Il ri-sultato è un sistema energetico che è il piùcostoso, instabile e inquinante del mondo.Il problema è politico. E intanto, si conti-nua a parlare di quello che in Italia non siè fatto, di quello che si potrebbe fare mache non si fa perché ormai è tardi. Pen-sando così non si arriverà mai a nulla.Questa incertezza rischia di perpetuarsi”.Ricci ha inoltre illustrato alcuni dati perdimostrare l’economicità dell’energia nu-cleare e che riguardano l’impegno delsuolo, i costi per realizzare un impiantoelettrico da 1.000MWE (1.000x1.000ki-

lowatt elettrico) e il costo al consumo di1 KWH. Il nucleare “vince” la sfida neiconfronti di carbone, olio e gas con 15 hadi area occupata, un costo per impiantodi 1400$KWE e un costo al consumo dilire 40 per KWH”. Nonostante questo,però, per Ricci “si continua a perseverarecon la chiusura al nucleare”.L’ing. PaoloFornaciari, vice presidentedell’AIN, si è invece soffermato su “L’Ita-lia e l’opzione elettronucleare”. “Secondola teoria di Hubbert tra il 2004 e il 2008la produzione mondiale non sarà più suffi-ciente al fabbisogno. Il problema era notoe atteso, e la decisione dell’OPEC di ri-durre la produzione è stato l’innesco. Ilproblema non è l’esaurimento delle risor-se ma il prezzo. Questo cambiamento hacausato gravi problemi internazionali, masoprattutto al nostro Paese perché è idro-carburi dipendente. E la proposta di libe-ralizzare e privatizzare l’energia, avanzatadal Governo, non è la soluzione, perché lenostre industrie non sono e non possonoessere competitive. Anche perché la pro-duzione dell’80% dei combustibili non èsul libero mercato ma legata ai cartelli.Liberalizzando o privatizzando, la ridu-zione dei costi si aggira intorno all’1 o2%. La scelta è, quindi, cambiare le fonti:carbone o nucleare e il nucleare è più pu-lito del carbone. E, il costo di produzionedel nucleare è circa 1/4 inferiore del pe-trolio. Inoltre, con la produzione dell’ener-gia nucleare le differenze tra Nord e Suddel mondo si possono livellare perché sipuò portare energia a tutti e a costi bassi”.Si è parlato inoltre della manutenzione edella dismissione delle centrali nucleari icui costi – è stato sottolineato – sonocompresi nella produzione. La giornata distudio ha visto la partecipazione di nume-rosi esperti del settore e ha fornito ulterio-ri informazioni al dibattito sul nucleare.

Maria Pia Di Pietro

ENERGIA

T

IlNucleare

e l’ItaliaSi è svolta il 2 settembrescorso la giornata di studioAIN 2004 nella quale sonostati illustrati i vantaggi delnucleare, unica alternativavalida al “caro” petrolio.

IlNucleare

e l’Italia

Dall’alto: la centrale nucleare del Garigliano,in provincia di Latina; l’ambientalista

Lovelock e l’articolo in cui difende l’enegrianucleare; Angelo Ricci; Paolo Fornaciari.

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i terrà, giovedì 7 ottobre a Roma,l’Assemblea 2004 dell’Associazione Na-zionale Bonifiche e Irrigazioni, ormai af-fermatosi come importante momento diconfronto con il mondo politico (e nonsolo) sui temi della salvaguardia idro-geologica del Paese e la tutela delle ri-sorse idriche. Ancora una volta, purtrop-po, non potrà mancare un forte richiamoalla consapevolezza di un “idoneo go-verno degli usi del suolo e una saggiapolitica di gestione del territorio fondatasulla prevenzione e sulla manutenzio-ne”; d’altronde la ridotta attenzione alleesigenze di sicurezza territoriale è testi-moniata non solo dalla modestia degliinvestimenti previsti nella Legge Finan-ziaria, ma addirittura dalla loro riduzio-ne, decisa in sede di manovra correttivaper il contenimento della spesa pubblica.Buone nuove, invece, per quanto riguar-da la gestione delle acque: si chiamaProgramma nazionale degli interventinel settore idrico, cui fa riferimento ilpresidente ANBI, Arcangelo Lobianco,nell’intervista che ci ha rilasciato.

All’assemblea del 2001 l’allora neoministro agricolo Alemanno denunciòche al Sud l’acqua è gestita comestrumento di potere ed impegnò sestesso ed il Governo ad un “grandesforzo” per la normalizzazionedell’assetto del territorio e dellagestione delle acque. Tre annidopo qual è la situazione?

Il Ministro ha mantenuto l’impegno. Do-verosamente voglio evidenziare la parti-colare sensibilità ai problemi del settoredimostrata dal Ministro per le PoliticheAgricole e Forestali, on. GiovanniAle-manno, il quale, sin dal 2002 ha assuntol’iniziativa di un “PROGRAMMA NA-ZIONALE PER L’APPROVVIGIONA-MENTO IDRICO IN AGRICOLTURAE PER LO SVILUPPO DELL’IRRIGA-

ZIONE”, che ha colto le diverse esigen-ze nel tempo sottolineate dall’ANBI.Tale programma, oltre a definire le lineedi azione e di intervento per la disponibi-lità delle risorse idriche in agricoltura,propone, fra l’altro, una strategia direttaad integrare in un unico contesto pro-grammatico le attività e le risorse finan-ziarie disponibili ricadenti nelle compe-tenze dei Ministeri delle Infrastrutture,dell’Ambiente, delle Politiche Agricole edelle Regioni interessate. Anche taleobiettivo indicato nel 2002 è stato perse-guito in sede di legge finanziaria 2004.

Da alcuni anni Lei lavora per daresoluzioni al problema delle risorseidriche, ma da tre anni a questa partemi sembra che Lei riceva dalla politicasolo molte assicurazioni. Cioè, parole.

Cosa succede? Le assicurazionipolitiche sono diventate atti concretio progetti finanziati?

Il Ministro Alemanno, del quale va ri-cordata ancora una volta la decisa presadi posizione in favore dell’uso dell’acquaper l’agricoltura dopo il consumo umanoin occasione della siccità del 2003 nelbacino del Po in contrapposizione a tesidiverse, nel condividere le esigenze pro-spettate ed a dimostrazione di una parti-colare attenzione e di una determinantevalutazione della rilevanza dei problemidelle acque nel settore agricolo, ha as-sunto l’iniziativa di proporre, in sede didisegno di legge Finanziaria 2004, nor-me specifiche per il finanziamento delProgramma irriguo nazionale unitamentealla esplicita previsione delle linee che in

SpazioRurale ● 10 ● 200420

BONIFICHE

Ci sono importanti novità perle risorse irrigue. Alla vigilia

dell’Assemblea nazionaleANBI, nostra intervista al

presidente Lobianco.

S

LaCulturadell’Emergenzacontinua a dominare

Arcangelo Lobianco, presidente nazionale dell’ANBI.

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tale programma erano state proposte sindal 2002 per una azione sinergica tra idiversi Ministeri interessati. Ne è deri-vata la previsione legislativa di un Pro-gramma idrico nazionale quale specifi-camente disciplinato all’art. 4, comma35, della Legge Finanziaria 2004.L’art. 4, commi da 31 a 38 disponeespressamente che per assicurare la pro-secuzione degli interventi infrastrutturalidi cui all’art.141, commi 1 e 3, della leg-ge 23.12.2000, n. 388, sono autorizzatilimiti di impegno quindicennali paria 50 mln di euro a decorrere dall’an-no 2005 e di 50 mln di euro dal 2006.

Sono state avviate nuove opere?La Legge Finanziaria 2004 dispone i fi-nanziamenti a decorrere dall’anno 2005.Il Ministero delle Politiche Agricole eForestali ha assunto peraltro la lodevoleiniziativa di predisporre un programmaoperativo costituito da un complesso diopere ritenute dalle Regioni le più ne-cessarie, per le quali ha richiesto ai Con-sorzi di bonifica i progetti esecutivi.Pertanto il programma delle opere irri-gue di rilevanza nazionale facenti partedel Programma idrico nazionale è com-posto, per quanto riguarda l’azione abreve termine, da un piano che compre-de opere per le quali esistono già i pro-getti esecutivi cantierabili. Conseguen-temente non appena le risorse potrannoessere utilizzate si darà inizio ai lavori.

In questo contesto che ruolo riesconoa svolgere oggi i consorzi di bonifica?

Atteso che è pacifico che la bonifica ècaratterizzata per l’attuale intersettoria-lità e polivalenza funzionale, cioè per es-sere costituita da un insieme di azioni edinterventi finalizzati alla difesa e conser-vazione del suolo, alla provvista, utiliz-zazione e tutela delle acque, alla salva-guardia ambientale, i Consorzi di Bonifi-ca e Irrigazione svolgono un ruolo fon-damentale per la realizzazione e gestionedi azioni per il governo del territorio edin particolare finalizzate alla sicurezzaterritoriale, ambientale ed alimentaremediante azioni ed interventi organica-mente interdipendenti e plurifunzionali.I Consorzi di Bonifica e Irrigazione, entipubblici a struttura associativa, a rappre-sentatività settoriale, retti dal principiodell’autogoverno dei soggetti interessati,sono da considerare, secondo la miglioredottrina costituzionalista, tra le istituzio-ni rientranti nell’ambito delle autonomie

funzionali e rappresentano una istituzioneche interpreta e valorizza il principio disussidiarietà che ha ricevuto rilevanza co-stituzionale con la recente riforma del Ti-tolo V, parte seconda della Costituzione.

E il ministero dell’Ambientecosa fa per l’acqua?

Il Ministro per l’Ambiente ha svolto unruolo importante per il Programma idri-co nazionale. La legge affidava al Mini-stro per l’Ambiente e per la Tutela delTerritorio l’iniziativa della redazione diconcerto con i Ministri dell’Economia edelle Finanze, delle Politiche AgricoleForestali, delle Infrastrutture e Traspor-ti di un programma nazionale di inter-venti nel settore idrico.Il Ministro dell’Ambiente e della tuteladel territorio, di concerto con gli altriMinistri testé indicati, ha puntualmentetrasmesso al CIPE tale programma ilquale comprende sia le opere rientrantinel programma delle infrastrutture strate-giche di competenza del Ministro delleInfrastrutture e Trasporti sia le specificheproposte di azioni e di interventi rien-tranti nelle competenze del Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territo-rio per il servizio idrico integrato e per ilriuso delle acque reflue sia gli interventinel settore irriguo proposti dal Ministerodelle Politiche Agricole e Forestali.Va ricordato che le competenze del Mi-nistero dell’Ambiente per il settore idri-co riguardano la tutela della qualità del-le acque e tutto il settore del servizio diacquedotto, fognatura e depurazione perla parte relativa alle competenze delloStato in tale settore.

turali, “suolo e acqua”, è rientrata tra itemi più importanti ai quali l’ANBI hadedicato da decenni particolare attenzio-ne con studi, audizioni e approfonditeproposte; il tutto per contribuire al for-marsi di una conoscenza e presa di co-scienza dell’urgenza di una moderna po-litica complessiva del territorio.Purtroppo si deve rilevare che si prose-gue in una politica “dell’emergenza” edel “rattoppo”: infatti solo le emergenze,che sono divenute quasi una costante,riescono a determinare attenzione per iproblemi della difesa del territorio.Tutti condividono la necessità che si passidalla cultura e dalla politica dell’emer-genza alla cultura e alla politica della si-curezza, attraverso la prevenzione e lamanutenzione: per la difesa del suolo per-mangono le preoccupazioni, per le risorseidriche si registrano, invece, soddisfazio-ne per le iniziative e i provvedimenti dicui si è reso promotore il Ministro Ale-manno che abbiamo prima ricordato.

È opportuno, in conclusione, ricordareche i Consorzi di bonifica italiani opera-no su oltre quindici milioni di ettari, pariai territori di pianura e buona parte diquelli collinari; tali enti gestiscono quasiduecentomila chilometri di canali e con-dotte con più di seicento impianti idrovoried un migliaio di impianti di sollevamentodelle acque a scopo irriguo. Va sottoli-neato che, in Italia, oltre un milione di et-tari non scolano naturalmente le acque e,quindi, necessitano dell’indispensabileopera degli impianti idraulici consortili;senza il loro quotidiano lavoro tornereb-

21SpazioRurale ● 10 ● 2004

Di chi sono le “colpe” dei ritardi?Abbiamo più volte evidenziato che lapolitica del territorio, con specifico rife-rimento al governo delle due risorse na-

bero ad essere territori acquitrinosi: dalbasso Veneto alla Campania, dalla Roma-gna al Lazio, dalla Maremma alla Puglia.

Vittorio Barreca

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l Coordinamento Donne della Con-federdia è realtà: se ne parlava da tempo,e la mia esperienza triennale, dopo circaventi anni in Confederdia, nella Commis-sione Nazionale per la Parità e le Pari Op-portunità fra Uomo e Donna presso laPresidenza del Consiglio dei Ministri, miconfermò nella convinzione di quanto fos-sero utili e preziose le opportunità date,nell’interesse generale, al contributo delledonne, ancora non sufficientemente rap-presentate e in maniera eccezionalmentebassa, rappresentanti, nella realtà italiana.È necessario rimediare a questo “gap” edare una corretta immagine del ruolo chele donne italiane sono riuscite a costruir-si, negli ultimi decenni, nonostante ledifficoltà della loro doppia-tripla presen-za, famiglia/lavoro/sociale, e che non levede ancora nei luoghi decisionali altret-tanto numerose, e perché no, preposte al-la gestione del potere, inteso, natural-mente, nella sua migliore accezione.Perché un Coordinamento Donne Confe-derdia; anzitutto perché la Confederdia,Organizzazione Sindacale più rappresen-tativa delle figure dei Dirigenti, dei Qua-dri e degli Impiegati dell’Agricoltura re-gistra, nei settori di appartenenza, la cre-scita e/o il consolidamento della presen-za femminile nella fascia più alta e qua-lificata del personale dipendente dalleaziende agricole; ha ritenuto quindi di ri-spondere alle istanze che le donne, concompetenza e capacità indicano, per lacrescita e lo sviluppo del settore, anchecon nuove modalità, attente alle esigenzedi quanti hanno responsabilità familiari,alle aspettative di qualità della vita pertutti, a sostegno di una diffusa e correttaapplicazione della legislazione vigente.Le donne italiane hanno, in termini “cul-turali”, operato il sorpasso; studiano piùdei maschi, ottengono risultati scolasticimigliori e più in fretta, nei concorsi pub-blici vantano posizioni eccellenti, in ognicompetizione a premio meritocraticosanno farsi valere. Però... sono più disoc-cupate, il mercato del lavoro non “inve-

ste” su di loro nei ruoli apicali, soffronodisparità retributive in difetto del 25-30% a parità di mansioni; configurano laprima generazione di giovani donne co-strette a scegliere tra lavoro e maternità(e scelgono spesso il lavoro, perché han-no sane ambizioni per le quali si impe-gnano, e perché sono, di fatto, perni eco-nomici della loro vita sia da single sianella coppia). Le loro competenze sonospesso mortificate; la maternità, ed il re-lativo carico di lavoro di cura, non è unaricchezza ma un problema, di cui devefarsi carico la singola donna, in assenzadi vere e sostanziali politiche di sostegnoalla famiglia, e di servizi. Vorrebberoquindi lavorare part-time ma allora nien-te carriera (aziende sempre più “avide”di tempo, divenuto metro di professiona-lità, anziché esserlo il risultato); se ilcongedo parentale lo chiede un padreviene quasi deriso; le aziende mancanodi fantasia e offrono occupazione preca-ria, anzichè soluzioni innovative; il wel-

fare ancora imposta la propria azione sumodelli di produzione fordisti, ormaiquasi completamente dismessi, nellecittà come in provincia, dove orari e tem-pi sono tanti, diversi, articolati; le solle-citazioni dall’Europa non trovano appli-cazione della richiesta di elevazione, en-tro il 2010, del tasso di occupazione fem-minile al 60% (l’Italia sfiora appena il42%; occorrerebbe favorire la costituzio-ne di circa 4.000.000 di posti di lavoro).La rivoluzione pacifica delle donne nelventesimo secolo ha segnato una modifi-cazione profonda nelle società occidentali,però insiste una difficoltà quotidiana chepesa su di loro e della quale non si parlaabbastanza; è la mancata condivisione dellavoro di cura che, maggiormente distri-buito, già risolverebbe molte delle con-traddizioni che ostacolano una serena rea-lizzazione delle pari opportunità; il tempodedicato a bambini, anziani, disabili resti-tuirebbe inoltre ai padri, ai figli, agli uo-mini, una ricchezza in sentimenti ed in

SpazioRurale ● 10 ● 200422

CONFEDERDIA

I

Un passo avantinel cammino delle

pari opportunità.

CoordinamentoDonne

CoordinamentoDonne

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rapporti umani troppo spesso disattesa.Un sindacato ha quindi oggi molte ecomplesse responsabilità; il suo ruolo diinterlocutore nei confronti delle istituzio-ni e della politica è cresciuto, pur mante-nendo il compito primario di favorirel’accesso al mercato del lavoro e renderlofruibile in tutti le sue modalità, garanten-do diritti fondamentali; nel nostro casonon cambierà un rapporto con l’azienda

fondato su una profonda conoscenza reci-proca e sulla ricerca di soluzioni adegua-te alla prosperità dell’impresa, che gene-ra certezza di lavoro per i dipendenti, manon potremo più prescindere da una otti-ca di “genere”; solo superando unosguardo neutro ai problemi, e sostituen-dolo con una percezione più esatta delleesigenze degli uomini e delle donne, co-niugando uguaglianza e differenze, sare-mo all’altezza del compito assegnatoci.Le difficoltà che le donne incontrano nelfar coesistere ruolo familiare e ruolo pro-fessionale è sintetizzabile in una battuta;se impegnamo un uomo e una donna inuna corsa immaginaria, chi avrà piùchances di vittoria, lui che corre libero olei, ansimante, seppure con qualche me-tro di vantaggio, con un bambino inbraccio e la borsa della spesa? Mi sembra che ci siano molti buoni moti-vi per impegnarsi nel CoordinamentoDonne della Confederdia; a Roma, ilprossimo 24 settembre, abbiamo organiz-zato un Convegno al quale sono invitateparlamentari e sindacaliste, donne impe-gnate nelle imprese e nelle professioni perparlare di Europa e di agricoltura, di lavo-ro e di conciliazione dei tempi, di presen-za delle donne nei luoghi decisionali dellapolitica e della società; vi aspettiamo.

Loredana PesoliCOORDINATRICENAZIONALE

DONNE CONFEDERDIA

23SpazioRurale ● 10 ● 2004

I colletti verdi discutonola piattaforma per il CCNL

I colletti verdi, rappresentati dalla Confederdia, Confederazione Italiana deidirigenti, quadri ed impiegati dell’agricoltura, stanno elaborando la piattafor-

ma, che dovrà essere inviata entro il 31 ottobre 2004, per il rinnovo del contrat-to collettivo nazionale dei dirigenti del settore che scadrà il 31 dicembre 2004.Il rinnovo del Contratto dirigenti presenta una sua apparente facilità di intesa,legata al ruolo che queste figure professionali occupano in azienda, per il qua-le si tende a dare minore importanza all’impegno e ai riconoscimenti sindacalicollettivi, ritenendo più concreto il momento, che peraltro non sempre avvie-ne, di una informale contrattazione individuale. Tale impostazione non tieneconto di come il Contratto collettivo dei dirigenti, più di ogni altro contratto,affronta l’alta professionalità nel rapporto di lavoro subordinato.Questo è uno spirito pesantemente presente nel mondo agricolo, soprattuttoin realtà private, che sottovalutano il peso di certificazione di professionalitàverso l’esterno che un contratto collettivo da sempre e comunque rappresentaper le categorie interessate.La Confederdia, che tutela con il Dir-Agri i dirigenti, è nel settore la Confe-derazione maggiormente rappresentativa della categoria in agricoltura; firma-taria del Contratto in oggetto fin dal 19 luglio 1949, considera l’impegnocontrattuale teso non solo al raggiungimento di un mero adeguamento retri-butivo, ma di un’intesa attenta alle innovazioni in atto, con contenuti propridi un rinnovo contrattuale a tutto tondo, comprensivo di prospettive concreteper il futuro, dando rilievo a temi quali l’aggiornamento professionale, leprestazioni integrative pensionistiche e sanitarie, le tutele per i periodi di ma-lattia ed infortunio e, non ultimo, la salvaguardia della professionalità e del-l’impegno posto in azienda, per riuscire a rispondere ad esigenze e diritti,certamente diversi tra loro, ma di eguale spessore, rispettivamente per la cre-scita professionale e per una “terza età” pienamente salvaguardata.Vi è dunque una legittima richiesta di tranquillità professionale, e non solo,dei dirigenti agricoli, necessaria anche a figure ad alta responsabilità, che, sesoddisfatta, avrà una ricaduta positiva anche sulla gestione stessa dell’azienda.Certamente l’aumento retributivo richiesto, pur con l’attenzione necessariaagli equilibri socio-politici del Paese, continuerà a perseguire l’obiettivo diun progressivo adeguamento della categoria a figure di pari professionalità,per una dovuta soddisfazione alla managerialità agricola.Quest’ultima, che spesso deve rappresentare in prima persona l’imprendito-rialità, ormai non si muove più in un ambito aziendale e localistico, ma sem-pre più deve rapportarsi a regole transnazionali ed apportare una dinamicitànecessaria per entrare in mercati sempre più ampi e complessi, con prodottiche siano espressione di qualità e sicurezza.A tutto ciò non si può rispondere seguendo una mera logica ragionieristicache certamente non tiene conto del valore aggiunto richiesto, pur essendoconsapevoli, peraltro, che difficilmente si potrà dare completa soddisfazionea chi nel proprio lavoro non mette solo professionalità, ma anche vocazione esoprattutto passione.In particolare, mi preme sottolineare che anche questa piattaforma si sta co-struendo, in linea con il carattere di autogestione, con il fattivo contributo deidirigenti presenti sul territorio, riscontro effettivo che l’essenza della nostraOrganizzazione sindacale non si debba esaurire solo in una, seppure storica,sigla ma deve essere vitalizzata da una effettiva gestione delle professionalitàinteressate, in un connubio tra rappresentanti e rappresentati.Voglio concludere con un messaggio al mondo imprenditoriale agricolo che segiustamente, soprattutto nel nostro Paese, rivendica la fine della marginalità eco-nomica del settore primario, non potrà prescindere dall’intendere il lavoro profes-sionalizzato e motivato, protagonista e quindi risorsa e non mero fattore di costo.

Luciano Bozzato

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I n un’epoca frenetica e disordinata co-me quella di oggi, l’alimentazione –

che per altro è elemento cardinale dellasalute dell’uomo – è disturbata dai ritmilavorativi della società attuale e forte-mente condizionata dai procedimentidell’industria alimentare che impongonoai consumatori, non sempre ben informa-ti, prodotti non proprio “naturali”.Un’altra ossessione dei giorni nostri facapo al sovrappeso e all’obesità, che an-ziché essere corretti con una buona e sa-na attività fisica impongono fantasiosediete che non fanno altro che squilibra-re il programma dietetico ideale.Il problema, in realtà, è complesso dalmomento che per raggiungere l’obietti-vo di una buona salute attraverso l’ali-mentazione bisognerebbe affrontarepresupposti di fisiologia e analisi deiprincipi nutritivi utili al mantenimentoottimale dei singoli individui.Un’unica premessa vogliamo fare allettore attento per introdurlo al nostrodiscorso di oggi.Gli alimenti in natura non sono mai for-mati da un solo principio nutritivo ma so-no un’aggregazione di vari principi. Tuttisappiamo che, per orientare bene la scel-ta degli alimenti, i cibi si dividono in pro-teine, carboidrati e grassi. La digestione èil processo attraverso il quale avviene latrasformazione degli alimenti nel tubo di-gerente di questi tre principi e l’assorbi-mento nel sangue per distribuirli a tuttigli organi. Non entriamo specificatamen-te nelle quantità (calorie) necessarie per

assicurare il fabbisogno quotidiano, maparliamo oggi delle combinazioni ali-mentari che permettono all’apparato di-gerente di compiere questo lavoro senzaaffaticarlo o addirittura provocare reazio-ni dannose. Mescolanze corrette, infatti,hanno tempi di assorbimento brevi e buo-na digestione mentre, al contrario, cattivecombinazioni vengono mal digerite, malassimilate, turbano il funzionamento del-l’apparato digerente producendo scorietossiche e dannose per l’organismo.Quali sono, dunque, queste cattivecombinazioni?1. Combinazioni fra cibi prevalente-mente amidacei (cereali e derivati, pata-te, zucche, castagne, ecc.) e cibi preva-lentemente proteici (formaggio e lattici-ni, uova, carne, noci, ecc.).Il motivo consiste nel fatto che gli amidiattivano il processo digestivo già nellabocca ad opera dell’amilasi salivare

(ptialina) che è attiva in ambiente neutroo lievemente acido (Ph 7-6,9). Un mag-gior tasso di acidità inattiva immediata-mente la ptialina; di conseguenza per di-gerire gli amidacei e derivati, l’azionedella ptialina che inizia in bocca dovreb-be continuare indisturbata anche nellostomaco (che per altro non secerne enzi-mi specifici per la digestione degli ami-di). Conseguentemente: digestione diamidacei ottimale vuol dire digestionenella bocca e a stomaco vuoto. Ma se noiingeriamo contemporaneamente delleproteine che devono essere digerite nellostomaco dall’acido cloridrico – che rap-presenta l’ambiente acido ideale tanto piùalto quanto più la proteina è concentrata– arrestiamo la digestione degli amidibruscamente: ne consegue che il famoso“panino al prosciutto” è veramente dele-terio. Se il pasto è contenuto, i due pro-cessi intersecandosi rallenteranno la nor-male digestione, ma se le quantità sono ineccesso nasceranno turbe da questa catti-va associazione reazioni, quali acidità distomaco, bruciori e malessere. La fer-mentazione degli amidi nel tubo digeren-te porterà alla formazione di acido aceti-co, alcool etilico e anidride carbonica conconseguente iperacidità e meteorismo ad-dominale. La putrefazione delle proteinenell’intestino ad opera dei microrganismipresenti svilupperà sostanze tossiche qua-li fenolo, indolo, scatolo e idrogenosolforato. Funzioni così altamente ecronicamente alterate provocherannouno stato di tossiemia generalizzata.

Spazio Pesca & AcquacolturaCoordinamento editoriale: Carlo Di Cesare

Hanno collaborato: Carmen Botto ● Giorgio Monaco ● Stefania Ricciardi

25SpazioRurale ● 10 ● 2004

Attenti allecombinazioni alimentari

No al “panino al prosciutto”, sì agli “spaghetti alle vongole”.E a cena, verdure e pesce, nutriente e più digeribile.

ALIMENTAZIONE & SALUTE

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S p a z i o P e s c a & A c q u a c o l t u r a

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Da quanto detto deriva che è sconsi-gliabile mescolare abitualmente nellostesso pasto amidi e proteine.2. Combinazioni fra sostanze amidaceee sostanze acide (aceto, condimentiacidi a base di succo di limone, succodi pomodoro, ecc.).Anche per gli acidi ingeriti viene salta-ta la tappa che inizia in bocca con laptialina con la conseguenza che tutto illavoro digestivo andrà a gravare sullaamilasi pancreatica.3. Combinazioni fra proteine e sostanzeacide.Come detto, la digestione delle proteineinizia nello stomaco ad opera della pe-psina attivata dall’acido cloridrico chenon può essere sostituito da altre sostan-ze acide come purtroppo si ritiene: eccoperché è consigliabile non ingerire so-stanze acide con le proteine.4. Combinazioni fra proteine e grassi.I grassi rallentano la secrezione iniben-do la digestione delle proteine; questamescolanza è da evitare mentre è consi-gliabile quella tra amidi e grassi (fettadi pane imburrata).

Questa rassegna potrebbe continuare mal’abbiamo voluta portare solo comeesempio scientifico di come siano im-portanti le combinazioni alimentari.

La “Settimana Azzurra di Marinando” èuna grande manifestazione pubblica di

teatro, cinema, animazione e didattica del-la quale sono protagonisti i ragazzi. Que-st’anno hanno partecipato 15 scolarescheprovenienti da Abruzzo, Campania, Lazio,Liguria, Marche, Sicilia e Veneto, per untotale di oltre 450 ragazzi e più di 50 inse-gnanti, che ogni sera, presso il teatro Romadi Ostuni, hanno presentato i lavori prepa-rati nel corso dell’anno scolastico 2003-2004. Per i ragazzi, la Settimana Azzurra èanche un vero e proprio soggiorno premio.“Da quando ho assunto la delega sul go-verno della pesca italiana, ritengo che lecampagne espressamente rivolte ai giova-ni costituiscano un elemento strategico difondamentale importanza per il nostro fu-turo” – ha affermato l’on. Paolo ScarpaBonazza Buora, sottosegretario al mini-

stero delle Politiche Agricole e Forestali.Scarpa Bonazza ha consegnato i premi deiconcorsi ai seguenti vincitori: per l’IX Fe-stival teatrale – Il pescatore in teatro –Coppa del Presidente della Repubblica ePremio Giuria Stampa all’Istituto Compren-sivo “G. Padalino” di Fano con Signori,siori, si differenzia; Premio speciale della

Giuria Ufficiale e Premio Giuria Giovanialla SMS “S. Pertini” di Savona con Vento,pietruzze, conchiglie, pezzettini d’osso; Pre-mio speciale della Giuria Ufficiale all’Isti-tuto Comprensivo “Michelini Tocci” di Ca-gli (PS) con Canzone marinara; per il V Vi-deofestival di Marinando – Coppa delPresidente della Repubblica all’IstitutoComprensivo “Polverigi” di Polverigi (AN)con Pescatori 2030; Premio Giuria Giovaniall’Istituto Comprensivo “Nereto” di Neretocon Col pesce si vive; Premio Giuria Stam-pa all’Istituto Comprensivo “E. De Amicis”di Selva di Progno con Le regole del gioco.A conclusione della manifestazione, Scar-pa Bonazza ha ricevuto la bottiglia colmadi messaggi, che rappresenta la speranzadelle nuove generazioni che continui il la-voro di salvaguardia del mare e di tutto ilmondo che in esso ed intorno ad esso vive.■

accompagnarlo alla pasta e al riso comepiatti unici, che rappresentano una dellepiù belle tradizioni della cucina mediter-ranea malamente contrapposta a piattifantasiosi, frutto forse anche di ignoran-za nutrizionistica (abbiamo visto presen-tare come accompagnamento a piatti dipesce cioccolato e zucchero!).Volete sentire l’acquolina in bocca e sen-tirvi confortati per una corretta alimenta-zione dalla nostra “tutela scientifica”?Preparatevi un piatto di “spaghetti, von-gole e peperoni”, “tortiglioni e moscardi-ni”, “seppie in zimino” e se volete impaz-zire di gioia gustatevi il famoso “denticealla ragioniera” (dentice, pomodori, cipol-la, peperone, rosmarino e olio nostrano).A prescindere da questo finale “caserec-cio”, la nostra informazione intende ri-spondere a quesiti quotidiani sulla sicu-rezza e la bontà dell’alimentazione itticache rientra senza dubbio tra gli atteggia-menti più positivi per il mantenimentodella salute in un periodo nel quale abitu-dini scorrette, pressioni industriali e catti-va educazione cercano di distruggerla.

Giorgio MonacoORDINARIO DI MEDICINA DEL MARE

UNIVERSITÀ “L A SAPIENZA” DI ROMA

Carmen BottoDOCENTE DI“CULTURE E TRADIZIONI

DEL MEDITERRANEO”UNIVERSITÀ “L A SAPIENZA” DI ROMA

Nel rispetto delle combinazioni alimen-tari corrette, dal momento che si fannotre pasti quotidiani e per chi lavoraquello serale rappresenta il più impor-tante, sarebbe opportuno che quest’ulti-mo fosse caratterizzato da un primopiatto a base di verdure anche cotte e daun secondo a base di proteine escluden-do gli amidacei che preferibilmente an-dranno consumati da soli a pranzo.Abbiamo più volte considerato che ilpesce, oltre al suo ricco contenuto di vi-tamine e sali minerali e alla potenteazione degli acidi Omega3 ha una ca-ratteristica unica nella alimentazionecome “acceleratore metabolico”. Questistessi acidi grassi polinsaturi con la ca-ratteristica di accelerare il metabolismofanno consumare più calorie e questofatto, oltre a rappresentare un ulteriorecontributo del pesce nelle diete dima-granti “serie”, allevia il lavoro dell’ap-parato digerente dal momento che leproteine del pesce rimangono nello sto-maco per un tempo assai inferiore (2ore) rispetto a quelle della carne (3-5ore). Erroneamente si ritiene che il pe-sce sia meno nutriente della carne men-tre in realtà è più facilmente digeribile.In base a quanto detto sarebbe preferibilenon abbinare il pesce ai legumi (ceci, fa-gioli, fave, piselli, lenticchie e soia) ma

ALIMENTAZIONE & SALUTE

E V E N T I

Marinando2004