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Cooperativa Editoriale Etica Anno 14 numero 117. Aprile 2014. € 4,00 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento Contiene I.R. Peso speculativo Il cibo è un business in mano a pochi colossi. I produttori sono schiacciati Finanza > Allarme immobiliare: le banche italiane ed europee ne hanno le tasche piene Economia solidale > Transition town: il futuro è sostenibile se scritto dal basso Internazionale > Fratelli di inflazione: Argentina e Venezuela sulla stessa barca Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità BEATRICE DE BLASI

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità€¦ · del’ ab on t bollettino ... no le americane Archer Daniels Midland Company (ADM), Bunge Limited (nata però in

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| ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 || ANNO 12 N. 96 | FEBBRAIO 2012 | valori | 1 |

CooperativaEditoriale EticaAnno 14 numero 117. Aprile 2014.€ 4,00

Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB TrentoContiene I.R.

Peso speculativoIl cibo è un business in mano a pochi colossi. I produttori sono schiacciati

Finanza > Allarme immobiliare: le banche italiane ed europee ne hanno le tasche pieneEconomia solidale > Transition town: il futuro è sostenibile se scritto dal bassoInternazionale > Fratelli di inflazione: Argentina e Venezuela sulla stessa barca

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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| sommario |

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I

Il Forest Stewardship Council® (FSC®) garantisce tra l’altroche legno e derivati non provengano da foreste ad altovalore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da areedove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.Involucro in Mater-Bi®

dossier Cibo per speculare 6L’alfabeto del cibo globale 8La cattiva lezione del benessere 10La scommessa nel piatto in cui mangi 12Usa ed Europa. La lunga strada verso la regolamentazione 14

globalvision 16

finanzaeticaImmobiliare alla resa dei conti. Tra crediti e svalutazioni 19Eco-mutui tra ambizione francese e ritardo italiano 22Mt.Gox & Bitcoin. The day after 24La voglia di banca (etica) contagia la Spagna 26

numeridellaterra 28

economiasolidaleYes, we can. La transizione parte dal basso 31Sviluppo sostenibile: siamo parte di una rete 34La lunga corsa del riciclo: il settore vale più di vino e tessuti 36

socialinnovation 40

internazionaleHermanos de inflación. Argentina e Venezuela in caduta libera 43Usa, l’ecologia risorge alle elezioni di mid-term 46Mozambico, nuova terra di conquista 49

consumiditerritorio 51

altrevoci 52

bancor 54

In una risaia indiana una donna col suoenorme carico. India, terra di riso doveNavdanya, organizzazione fondata dalpremio nobel Vandana Shiva, promuoveagricoltura sostenibile, biodiversità,tutela della sovranità alimentare e difesadei diritti dei piccoli agricoltori. [foto di Beatrice De Blasi di Mandacarù - Altromercato]

Lettere, contributi, informazioni, promozione,Per informazioni sugli abbonamenti scrivete a [email protected] nostri uffici sono aperti dal lunedì al giovedì, dalle 9.00 alle 13.30 Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67479116

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ABBONAMENTI 2014Valori [10 numeri]

aprile 2014mensilewww.valori.itanno 14 numero 117Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005editoreSocietà Cooperativa Editoriale EticaVia Napo Torriani, 29 - 20124 Milanopromossa da Banca EticasociFondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale,Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza,Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa,Federazione Trentina della Cooperazione, Circom soc. coop.consiglio di amministrazioneAntonio Cossu, Donato Dall’Ava, Maurizio Gemelli,Emanuele Patti, Marco Piccolo, Sergio Slavazza, Fabio Silva([email protected]).direzione generaleGiancarlo Roncaglioni ([email protected])collegio dei sindaciMario Caizzone, Danilo Guberti, Giuseppe Chiacchio (presidente).direttore editorialeMariateresa Ruggiero([email protected])direttore responsabileAndrea Di Stefano ([email protected])caporedattoreElisabetta Tramonto ([email protected])redazione ([email protected])Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milanohanno collaborato a questo numero:Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Alberto Berrini, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, LucaMartino, Valentina Neri, Andrea Veccigrafica, impaginazione e stampaPublistampa Arti graficheVia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento)fotografie e illustrazioniBeatrice De Blasi; archivio Fairtrade Italia;Böhringer friedrich, Fabio Rodrigues Pozzebom/ABr,Presidencia de la N. Argentina, Rjcastillo(http://commons.wikimedia.org); Transition Town Totnes

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, nonè stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

Annuali BiennaliOrdinario cartaceo- scuole, enti non profit, privati Euro 38 Euro 70- enti pubblici, aziende Euro 48 Euro 90Only Web Reader Euro 28 Euro 50Cartaceo+Web Reader Euro 48 Euro 85

fotoracconto 01/06

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dossier a cura di Matteo Cavallito e Corrado Fontana

L’alfabeto del cibo globale > 8

La cattiva lezione del benessere > 10

La scommessa nel piatto in cui mangi > 12

La lunga strada verso la regolamentazione > 14

fotoracconto 03/06

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Il cibo è sempre più un mero business. Un mercato in mano a pochi colossi che schiacciano i piccoli produttori

Cibo per speculare

Etiopia, due uomini al tavolo di essiccazione del caffè affondano la mani tra i chicchi per rimescolarli e valutare lo stato del processo.[foto Beatrice De Blasi di Mandacarù, cooperativa del circuito equosolidale Altromercato]

La speculazione sulle materie prime fa il resto: i prezzi dipendono dalle Borseinternazionali non dal lavoro nel campo

BEATRICE DE BLASI

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dossier | cibo per speculare |

L’alfabetodel cibo globalediCorrado Fontana

| 8 | valori | ANNO 14 N. 117 | APRILE 2014 |

Dal potere del prezzo...E in un mercato globale del cibo in cuisempre di più conta l’elemento finanzia-rio di fissazione dei prezzi (lo vedremomeglio più avanti), e sempre meno il va-lore del lavoro nel campo o in stalla, ilruolo di queste compagnie si sta espan-dendo. Un ruolo che deriva naturalmen-te da un peso economico enorme: la FAO(Food Agricultural Orgnization) stimache dalle importazioni di materie primealimentari (le cosiddette commodities) si

sono ricavati 1,09 trilioni di dollari (un tri-lione vale mille miliardi di dollari) nel2013. Ma non solo. Perché il peso di questecompagnie condiziona tutte le fasi dellafiliera, in diversi modi. Se è vero che l’85%di tutti gli alimenti è consumato vicino adove viene prodotto, i pochi soggetti ingrado di trattare volumi elevati di mate-rie prime per trasformarle ed esportarledominano il commercio globale con unasproporzionata influenza sui prezzi cui iproduttori si devono piegare. Tanto piùche gli stessi lotti di soia, grano, mais, ecc.possono essere fatti oggetto di più tran-sazioni sul mercato azionario, variandoulteriormente di prezzo.

Secondo uno studio della Ong Oxfamdel 2012, il potere di condizionamento diABCD (le chiameremo così per brevità) siesprime perciò con gli agricoltori, con iquali contrattano direttamente, ma an-che con i grandi impianti di stoccaggio etrasformazione (spesso di proprietà dellestesse ABCD), cui gli agricoltori, inseritiin un sistema di produzione industrializ-zato, consegnano i prodotti: «In definiti-

In un mercato del cibosempre più globalizzato, tra spoliazioni di terra e speculazione finanziariasulle materie primealimentari, emergonoquattro colossimultinazionali e i piccolisoffrono, se non percorronole vie meno battute

A,B, C, D. Iniziamo dalle prime lettere dell’alfabeto per continuare aparlare di cibo e di sistema agroalimentare mondiale (vedi ancheValori 115, di dicembre 2013/gennaio 2014). Sono anche le iniziali

del nome di quattro multinazionali che da sole controllano il 75% del merca-to di soia e cereali e circa il 90% di quello del grano, ovvero le materie primedi base dell’alimentazione della maggioranza delle persone sul Pianeta. So-no le americane Archer Daniels Midland Company (ADM), Bunge Limited(nata però in Olanda) e Cargill, oltre alla francese Dreyfus (soprattutto la suaemanazione, con sede nei Paesi Bassi, Louis Dreyfus Commodities), corpo-rations gigantesche, che, tutte insieme, raggiungono un fatturato che supe-ra il Pil di moltissimi Paesi sviluppati al mondo: nel 2013 ADM ha dichiaratoricavi per 89,8 miliardi di dollari, Cargill addirittura 136,7; nel 2012 Bunge haavuto ricavi per 61,3 miliardi di dollari mentre LD Commodities per 57,1.

Quattro assi pigliatuttoARCHER DANIELS MIDLAND COMPANY (ADM)

Opera su oltre 270 siti produttivi con circa 27mila dipendentiin più di 60 Paesi. È specializzata nel commercio di grano esemi oleosi trattati per diventare materie intermedie destinateall’industria alimentare, delle bevande e dei mangimi per animali. È uno dei maggiori produttori di farina di soia, di olio di soia e di palma, sciroppo di fruttosio. Nel 2012 era il secondo più grande produttore di etanolo degli Stati Uniti, e un grande fornitore di biodiesel per l’Unione europea.

BUNGE LIMITED

È il maggior commerciante di soia del mondo, ma tratta anche cereali e fertilizzanti. Recentemente, ricorda EcoNexus nel rapporto Agropolydel 2013, è diventato il più grande acquirente di cannada zucchero e produttore di etanolo in Brasile. In alcuni Paesi come il Vietnam è l’unico trasformatoredi soia. Ha circa 35mila dipendenti e opera in 40 nazionidel mondo.

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| dossier | cibo per speculare |

va ABCD dominano il mercato interno el’esportazione dei principali Paesi espor-tatori, soprattutto nelle Americhe», scri-ve Oxfam. E stanno espandendo la loropresenza «in Paesi in cui erano predomi-nanti le imprese statali, tra cui Australia,Russia e Cina».

Una situazione che, stando alle paroledel professor Alessandro Banterle, docen-te di Economia e politica alimentare all’U-niversità statale di Milano, rischia di ri-guardarci sempre più: «Fino a 15 o 20 annifa l’Europa era un mercato molto protetto,grazie ad una politica agricola comunita-ria che, per tutelare il settore, ha semprecondotto una strategia di sostegno deiprezzi: questi, all’interno della Comunitàeuropea, erano fissati dalle istituzioni e ri-manevano abbastanza indipendenti dalleoscillazioni internazionali. Tale meccani-smo è stato progressivamente abolito, ri-portando il prezzo comunitario a livello diquello internazionale, basato sul mercatodelle commodities agricole».

... al potere sulle personeQuello di ABCD e di molti altri protagoni-sti del sistema globale del cibo, si configu-ra insomma come una sorta di strapote-re economico-finanziario e commerciale.

Ma cresce in maniera inquietante se la di-sponibilità della terra sfugge a chi la abitae la coltiva (Bunge, multinazionale con se-de nel paradiso fiscale delle Bermuda, dasola controllerebbe 280 mila ettari) e se ta-li soggetti arrivano a dirigere l’attività e lavita dei coltivatori. Oxfam riporta il coin-volgimento di ABCD nell’offerta di pro-grammi sanitari per i produttori america-ni, di mutui mirati agli agricoltori percomprare case mobili, e collaborazioni conaltre aziende del cosiddetto “agribusiness”per promuovere particolari pacchetti tec-nologici (Cargill con Monsanto; ADM conNovartis e Syngenta).

Cargill offre servizi di consulenza eguida per i contadini, e il rischio che ciò sipossa trasformare nella spinta a coltiva-re ciò che serve al mercato globale (equindi alla società) è alto: «Bisogna inter-venire sugli incentivi che provocano di-storsioni – ricorda Stefano Masini, re-sponsabile ambiente di Coldiretti –, pensoad esempio a quelli sulla produzione dibiocarburanti che, sotto forma di un aiu-to per contrastare il cambiamento clima-tico, hanno determinato un mutamentonell’utilizzo del terreno, tanto che negli

Stati Uniti circa un terzo della coltivazio-ne di mais è destinata a questo fine. E poibisogna intervenire in tema di tecnologie,con particolare attenzione all’introduzio-ne degli organismi geneticamente modi-ficati, che determinano una distorsionedel mercato: abbiamo società internazio-nali quotate in Borsa che scommettonosugli Ogm per creare la dipendenza deiPaesi più poveri desiderosi di fare redditosui mercati esportando mangimi e mate-rie prime, ma depredando il territorio econtinuando a sacrificare i bisogni di cibodelle comunità locali».

Certo il sistema agroalimentare in ge-nerale non è fatto solo da ABCD e si com-pone, come precisa il professor Banterle, diagricoltura, industria alimentare, distribu-zione e ristorazione. Ma data la dimensio-ne e l’influenza di queste corporations (cheproducono un vero oligopolio su alcunisettori), l’allerta rimane sul diffondersi dilogiche di riduzione dei costi tipiche dell’e-conomia di scala espressa dalle multina-zionali: «Per ridurre i costi – sottolinea Masini – si fa presto: non si pagano i lavo-ratori, si inquina l’ambiente e si avvianoiniziative commerciali poco corrette».

CARGILL

È il maggiore dei quattro per dimensioni, leader delmercato di grano, di cui controlla gran parte delleesportazioni da Nord e Sud America. Opera in 67 Paesicon 142mila dipendenti. Ha interessi nei mangimi peranimali e nella trasformazione e nel commercio di materie prime alimentari, ma anche nel settoreenergetico e dei trasporti, sul mercato dei crediti di carbonio e nell’industria farmaceutica, e perfino nella produzione di sale chimico per la manutenzioneinvernale delle strade. Non è quotata in Borsa.

LOUIS DREYFUS

Compagnia di origine alsaziana, grazie alla suaemanazione specializzata in commodities è leader del commercio mondiale di cotone e riso, secondo nella negoziazione e lavorazione di zucchero ebiocarburanti, terzo al mondo nel commercio di grano,mais, zucchero, e succo d’arancia, quinto nel campo dei semi oleosi. Ma non è da meno nel commercio di metalli, gas naturale e carbone; mantenendointeressi nel campo dei prodotti finanziari, della petrolchimica, dell’energia, e in campoimmobiliare. Opera in 90 Paesi con oltre 30miladipendenti. Non è quotata in Borsa.

Alessandro Banterle,professore di Economiae politica alimentarepresso l’Università̀degli studi di Milano.

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Globesity è una formula giornali-stica, ma sintetizza con efficaciala relazione tra globalizzazione

delle transazioni finanziarie e commer-ciali sul cibo e diffusione dell’obesità chene deriva. Perché l’obesità oggi ispira

campagne internazionali di contrasto,riuscendo drammaticamente a convive-re, spesso nello stesso Paese, con fame emalnutrizione. Dall’obesità deriva un in-nalzamento dei tassi di diabete, e soprat-tutto il rischio di malattie cardiache e ic-tus (13 milioni di morti l’anno), primonemico dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms). E intanto, mentre gliStati Uniti – terra d’origine dei fast food esede di gran parte delle dieci corporationsleader nella produzione di cibi e bevandeipercaloriche (PepsiCo vende più di 10 mi-liardi di dollari di patatine fritte l’anno) –hanno visto dal 2009 al 2012 una tendenzaalla stabilizzazione dei tassi di obesità, al-trove il fenomeno è in espansione.

dossier | cibo per speculare |

Stati Uniti oversizeA guardare i dati dei Centers for DiseaseControl and Prevention (CDCP) – orga-nismi di controllo e prevenzione sanita-ria – il quadro americano descrive unacrescita della percentuale di bambiniobesi tra 6 e 11 anni, passata dal 7% del1980 a quasi il 18% nel 2012; e quella dei ra-gazzi (12-19 anni) dal 5% a quasi il 21%. Inpratica nel 2012 più di un terzo dei bam-bini e degli adolescenti americani era insovrappeso o obeso, circa il doppio del1995. Ben il 31,8% degli adulti statuniten-si è ormai considerato clinicamente obe-so, cioè oltre la soglia dell’indice di massacorporea fissata dall’Oms a 30 (un indicemedio corretto è intorno al 21,5), e la que-stione non riguarda solo la salute: all’au-mento dell’obesità corrisponde menoproduttività e costi superiori di assicura-zione sanitaria, calcolati a livello mon-diale (FAO 2013) in 3.500 miliardi di dolla-ri l’anno (circa il 5% del Pil globale).

Ecco quindi il perché delle campagnein cui la first lady Michelle Obama pro-muove l’attività fisica tra i giovani, e imotivi per cui l’ex sindaco di New YorkMichael Bloomberg pose un divieto divendita ai formati troppo grandi di bibi-te, o l’amministrazione di San Franciscofece guerra all’Happy Meal di McDonald.Iniziative limitate, che però hanno con-tribuito a orientare diversamente l’opi-nione pubblica. Di contro la corazzata deiristoranti fast food americani, secondo ilrapporto Fast Food Facts 2013, ha speso

ancora 4,6 miliardi di dollari in pub-blicità rivolta ai minori nel 2012(+54% di pasti per bambini tra il2010 e il 2013). Eppure qualche lie-ve rallentamento dei profitto in

patria comincia a vedersi. Da qui lavolontà di caccia a nuovi – e magari

meno informati – consumatori, che simostra con un allargamento del mer-

cato sul piano globale, resoevidente da alcuni datidello US Census Bureau:l’America ha esportato1,47 milioni di tonnel-late di fruttosio nel2012 (+1450% rispettoal 1995), sostanza base

per gran parte del cosid-

La cattiva lezionedel benesserediCorrado Fontana

Molte pessime abitudini alimentaridell’Occidente ricco contagiano i Paesi in via di sviluppo, terra di conquista per le multinazionali del food and beverage ipercalorico. E così al dramma della fame si aggiunge l’obesità killer

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PERCENTUALE DI POPOLAZIONE ADULTA OBESA NEL MONDO

FONTE: W

ORLD OBESITY FEDERATION

0 6 12 18 24 %

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| dossier | cibo per speculare |

detto junk food o cibo-spazzatura, menocostosa dello zucchero e capace di dareminor senso di sazietà.

Export di cattive abitudini E così tra le prime vittime dell’obesità c’èoggi, ad esempio, il vicino Messico – can-didato da molti a un futuro di crescita lu-minosa –, con addirittura il 32,8% di adul-ti obesi. Un dato attuale la cui originesarebbe legata per alcuni analisti al 1996,con l’entrata in vigore del famoso NAFTA(l’accordo nordamericano per il liberoscambio stretto con USA e Canada), cheportò all’aumento di oltre il 1200% delleimportazioni di fruttosio (high-fructosecorn syrup) dagli USA. Un boom cui il Mes-sico ha cercato di porre il freno tassando lebevande ad alto contenuto calorico, mal’appello dei raffinatori americani di mais(da cui si ricava il fruttosio) all’Organizza-zione mondiale del commercio (WTO)avrebbe bloccato l’iniziativa.

Il dito puntato dei Paesi che “ingrassa-no” è perciò sempre più diretto verso bibi-te gassate, dolci, snack e “i luoghi di spac-cio” per antonomasia di molti di questialimenti: i fast food. Per senso comune,naturalmente, ma anche perché uno stu-dio dell’University of East Anglia (UEA) edel Centre for Diet and Activity Research(CEDAR) ci dice che i bambini che vivonoin aree circondate da ristoranti del generehanno più probabilità di essere in sovrap-peso o obesi. Nel mondo il numero di adul-ti obesi o in sovrappeso è salito a 1,5 mi-liardi, la grande maggioranza dei quali sitrova nei Paesi in via di sviluppo. La Cinasi sta accorgendo del problema solo di re-cente: se nel 2003 il 27,8% dei bambini su-perava le linee guida dell’Oms per gli stan-dard di peso, oggi sarebbe oltre il 10% dellapopolazione cinese a risultare obeso; inIndia un quarto delle donne che abitanonelle città sono in sovrappeso o obese, ri-spetto a meno di una su 10 tra quelle chestanno nelle zone rurali. E per concluderecoi bambini, nel 2010 quelli stimati in so-vrappeso e obesi nei Paesi in via di svilup-po erano 35 milioni; circa 8 milioni quellinei cosiddetti “Paesi ricchi”; mentre inAfrica ad avere questo problema è giàl’8,5% dei più piccoli, contro una mediamondiale intorno al 6,7%.

I concorrenti di ADM, Bunge, Cargill e Dreyfus stanno crescendo: nuovi traderglobali (cioè società di intermediazione e dedite alle transazioni commerciali) o soggetti che puntano solo ora alle materie alimentari. Come Glencore, la multinazionale anglo-svizzera che sta affiancando le commodities agricole aiminerali, o le asiatiche Olam (con sede a Singapore) e Charoen Pokphand Group(Hong Kong), o compagnie di più recente costituzione (Gavilon, 2008; Libero, 2010;United Grain Company, 2009). Ma oltre ai trader, il mercato del cibo ha tra i suoiprotagonisti assoluti anche le cosiddette “10 sorelle”, multinazionali con decine di sottomarchi che identificano gran parte del cibo trasformato e confezionato cheacquistiamo e consumiamo: Associated British Foods (ABF), Coca-Cola, Danone,General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez International (ex Kraft Foods), Nestlé,PepsiCo e Unilever. Le 10 sorelle, al centro della campagna della ong Oxfam Scopri il marchio, «generano collettivamente entrate superiori a 1,1 miliardi di dollari al giorno e impiegano, direttamente e indirettamente, milioni di persone. Fannoparte di un settore il cui giro d’affari è stimato intorno ai 7.000 miliardi di dollari». E Oxfam le ha valutate, sulla base di 7 parametri (trasparenza aziendale;trattamento delle lavoratrici nella filiera produttiva; rispetto dei diritti dei bracciantiagricoli; trattamento economico e commerciale dei piccoli produttori agricoli;rispetto dei diritti d’accesso alla terra e all’acqua, e loro uso sostenibile; attenzionealla lotta al cambiamento climatico attraverso la riduzione delle emissioni di gasserra e un sostegno agli agricoltori) e ne ha tratto una pagella. I voti più bassi a Danone (per il poco rispetto dei diritti d’accesso alla terra e il trattamento dellelavoratrici nella filiera produttiva) e Kellog’s (per lo scarso rispetto dei diritti deiproduttori agricoli). Le pagelle sul sito www.behindthebrands.org

OXFAM DÀ I VOTI ALLE 10 SORELLE

LE REGINE DEL FAST FOOD

Ristoranti 2012 TOTALE USA CINA ITALIA NUMERO PAESI

Mc Donald’s 35.692 >14.000 >1.700 456 118

Burger King 11.531 >7.000 86 91 73

Yum! Brands(Kfc, Pizza Hut,Taco Bell...)

39.014 >18.000 >5.700 - 125

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L’inizio della storia ha una dataconvenzionale: il 1636. Lo sfondoè l’Olanda del tempo e l’oggetto

del desiderio è il fiore che di quel Paese ètuttora il simbolo più conosciuto: il tuli-pano. Sul finire di quell’anno, dicono gli

storici, la domanda dei suoi bulbi conobbeuna crescita improvvisa e incontrollataprovocando l’impennata del prezzo. Ilcommercio, per chi operava nel settore,poteva essere molto redditizio, ma i rischi,ovviamente, erano enormi (la bolla, non a

caso, si sarebbe sgonfiata qualche mesepiù tardi). Come difendersi, ci si chiedeva,dalla volatilità di un fiore che oggi valevadieci e che domani avrebbe potuto esserevenduto o acquistato a 20? La risposta laoffrirono i contratti differiti di acquisto.Chi li sottoscriveva si impegnava ad ac-quistare il bulbo a un prezzo definito auna certa data così da cautelarsi in caso dieccessivi rialzi. Ma il problema era che icontratti future o forward, come li chia-

dossier | cibo per speculare |

La scommessanel piatto in cui mangidiMatteo Cavallito

| 12 | valori | ANNO 14 N. 117 | APRILE 2014 |

«L’intermediazione speculativa dei mercati finanziari globaliha un impatto a livello locale: fa prigioniero l’agricoltore in una gabbia di prezzo, che lo porta a produrre in modomarginale», spiega Stefano Masini, responsabile Ambiente di Coldiretti. «Se le operazioni speculative impongono il prezzodi una commodity – e già si vede nel linguaggio la distanza con l’agricoltore – questi beni destinati all’alimentazioneperdono distintività, qualità, utilità e funzionalità per diventaregeneri su cui investire risorse e ottenere speculazioni di Borsa:in questo contesto il produttore è costretto a vendere sullabase di un prezzo internazionale, con ripercussioni tanto

sui contadini e allevatori del Nord del mondo quanto su quellidel Sud del mondo. Nel Sud, dove non ci sono margini, affamale persone, mentre nel Nord, in cui l’agricoltura è più attrezzata,comporta una contrazione dei redditi. Molte delle rivolte di massa che si sono verificate degli ultimi anni sono statedovute all’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, e gli agricoltori ne sono stati vittima, perché non più in grado di produrre in modo utile rispetto alla formazione di un redditoequo. Ci sono delle scelte semplici da fare. La cosa piùimmediata – che però al momento non viene fatta – è quella di vietare la speculazione sulle materie prime alimentari». C.F.

DALLA BORSA AL CAMPO

Alla base delle scommesse finanziarie ci sono i contratti futures. Saliti allaribalta nel XVII secolo con i tulipani olandesi, sono utilizzati ancora oggi. Quelli sulle materie prime hanno un giro d’affari da 1.900 miliardi di dollari

ARCHIVIO FAIR TRADE

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meremmo oggi, erano a loro volta benicommerciabili. Con i tulipani a 10, per dir-ne una, un contratto che fissava un prez-zo di 15 a distanza di una settimana avreb-be offerto al suo possessore un grandevantaggio qualora, nello spazio di queisette giorni, il valore di mercato del tuli-pano (oggi lo chiameremmo sottostante)avesse raggiunto quota 20 oppure 25 omagari 30. E se per superare quota 15 ilbulbo di tulipano non avesse impiegatouna settimana intera ma solo uno o duegiorni? La cessione del contratto, dicevala logica, avrebbe garantito un profitto si-curo e immediato. Il principio di base è es-senzialmente questo. Perché le opportu-nità non mancano mai e, in definitiva, sisa, scambiare pezzi di carta (oggi lo fa-remmo con un click su una tastiera) è piùsemplice e meno costoso che acquistarematerialmente una massa di bulbi da tra-sportare e conservare in una serra.

Derivati e speculazioneLa speculazione finanziaria sulle com-modities, incluse quelle alimentari, fun-ziona oggi nello stesso modo scontandoperò l’esplosione incontrollata dei con-tratti derivati. Dieci anni fa, dicono i da-ti della Banca dei regolamenti internazio-nali, i futures sulle materie prime (oroescluso) valevano 952 miliardi di dollari.All’ultimo aggiornamento, giugno 2013, ilcontrovalore sfiorava quota 1,9 trilioni. Laproliferazione dei titoli esalta ovviamentela volatilità dei prezzo dei sottostanti, per-ché i derivati, ovviamente, servono in pri-mo luogo a piazzare scommesse. Che, perle materie prime alimentari, negli ultimianni, sono state orientate decisamente alrialzo. Lo evidenzia il Food Price Index del-la FAO, un paniere che misura il costo del-le materie prime alimentari. Negli ultimi15 anni l’incremento evidenziato dall’indi-ce (vedi in questa pagina) è statoclamoroso: nel corso del 2008, il dato ha re-gistrato il primo picco storico oltre quota200 punti (+121% rispetto al valore del2000) per poi andare incontro a un calo e auna successiva risalita fino all’aggiorna-mento del primato nel 2011 (229,9 punti,+156% rispetto al dato di inizio millennio).Oggi siamo oltre i 208 punti, uno dei valo-ri più alti di sempre. Sull’esplosione dei

prezzi pesano fattori “tipici” di domanda,come la crescita delle economie emergen-ti all’inizio del XXI secolo o lo sviluppo deibiocarburanti. Ma il fattore derivati ha co-munque accelerato i movimenti. Nel giu-gno del 2008, nell’anno del primo storico

picco delle food commodities e del petro-lio, l’ammontare dei contratti futures sul-le materie prime (metalli preziosi esclusi)aveva raggiunto, secondo l’analisi dellaFederal Reserve Bank of St. Louis, i 2,13 tri-lioni di dollari.

GRAFICO

«L’industria alimentare a livello europeo è alquanto frammentata, con la presenzadi molte micro e piccole imprese», spiega Alessandro Banterle, professore ordinariodi Economia e politica alimentare presso l’Università di Milano. «Rispetto ad altrisettori, in quello dell’industria alimentare in Europa la fascia delle grandi imprese,pur essendo rilevante, non determina una struttura oligopolistica, in quanto anche le piccole imprese giocano un ruolo di estrema importanza. La situazione, checaratterizza tutta l’Europa, appare ancora più accentuata in Italia, dove è presenteun altissimo numero di imprese con addetti inferiori a 10 o a 50. In Italia manca,piuttosto, la fascia di imprese di dimensione intermedia, determinando, quindi, una situazione di bipolarismo strutturale. [...] Un aspetto nuovo nel settore agro-industriale è quello dello sviluppo delle agro-energie, per cui una parteconsistente di aree agricole viene destinata a questa produzione, con una crescenteimportanza anche in Europa, sul modello di quanto avviene negli Stati Uniti. Le produzioni energetiche sottraggono superficie alla produzione agro-alimentare,che diminuisce la propria disponibilità, e influenzano i prezzi dei prodotti agricoli. Va tuttavia detto che la destinazione agro-energetica dei terreni regge solo in presenza di contributi pubblici: in Europa e anche in Italia è sovvenzionato chiproduce biocombustibili e, in particolare, biogas. [...] I piccoli produttori sono quelli che risentono di più delle oscillazioni di questi prezzi, soprattutto se si considerano quei produttori che trattano merci standardizzate sul mercatointernazionale (le commodities, ndr), e che, quindi, percepiscono maggiormente la competizione globale, facendo più fatica a rimanere sul mercato. Viceversa, i piccoli produttori che riescono a diversificare la propria produzione, magaripuntando sulla filiera corta o sulla cosiddetta quarta gamma (ad esempio le insalateconfezionate, ndr), o sull’agriturismo, sono in grado di reagire meglio alle oscillazionidei prezzi sul mercato». C.F.

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I PREZZI DELLE COMMODITIES AGRICOLE 2000-2014

FONTE: FAO, FOOD PRICE INDEX MARZO 2014, W

WW.FAO.ORG

Cereali Oli vegetali Zucchero Food Price Index

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Il problema si chiama “limite di posi-zione”, vale a dire l’esposizione mas-sima che un soggetto, tipicamente

una società finanziaria, può detenere sulfronte dei contratti derivati che hanno co-me sottostante le materie prime. Tradot-to: il livello di speculazione legalmenteconsentita. I contratti futures e forwardnascono in origine come strumenti assi-curativi contro l’oscillazione dei prezzi. Glioperatori li acquistano per cautelarsi e co-prirsi dal rischio. Una strategia che nelmercato è nota come hedging. Ma il pro-blema è che allo stato attuale della rego-lamentazione, l’accesso a questi contrattiè sostanzialmente libero. Come a dire chechiunque, anche una banca d’affari cheopera solo marginalmente nel mercato“fisico” (o non vi opera per nulla), ha lapossibilità di acquistare derivati a scopopuramente speculativo.

Il fatto è che una forte concentra-zione favorisce inevitabilmente la ca-pacità di pochi soggetti di influenzare iprezzi di mercato. Secondo quanto di-chiarato al Congresso dall’hedge fundmanager Michael Masters (fondatoredella società Masters Capital Manage-ment LLC, di Atlanta, Georgia, un quartodi miliardo di dollari in assetgestiti), nell’a-prile del 2008, in corrispondenza con i pic-chi dei prezzi, i fondi di investimento ame-ricani attivi nel settore avevano assunto ilcontrollo del 35% di tutti i contratti futu-res sul mais presenti nel mercato. Per lasoia e il frumento, ricorda un rapporto del-la Ong britannica World Development

Movement (WDM) citando la testimo-nianza di Masters, le percentuali salivanorispettivamente al 42 e al 64%. Il tutto, ov-viamente, senza considerare i contrattiover-the-counter, ovvero quelli scambia-ti nelle piazze finanziarie non regola-mentate. Tra il 2010 e il 2012, ha sostenu-to il WDM, le speculazioni di questo tipoavrebbero garantito ad appena cinquebanche –Goldman Sachs, Barclays, Deut-sche Bank, JP Morgan e Morgan Stanley –guadagni totali per 2,2 miliardi di sterli-ne (al cambio attuale 3,6 miliardi di dol-lari). Un motivo sufficiente per interve-nire e cambiare le regole del gioco.

La nuova Mifid europeaL’Europa ci ha provato di recente. A gen-naio, dopo tre anni e mezzo di discussio-ne e trattativa, l’Ue ha infatti trovatol’accordo sulla riforma della direttivaMifid (Markets in Financial InstrumentsDirective) realizzando, almeno sulla car-ta, quella che il Financial Times ha defi-nito «la più grande riforma dei mercati fi-nanziari dal 2008». Nel piano rientra un

po’ di tutto, dall’high frequency tradingal-le dark pools, comprese le operazioni sullecommodities. Nel dettaglio, i regolatoridovrebbero avere la facoltà di fissare li-miti alle posizioni detenute dagli operato-ri impendendo a questi ultimi un ricorsoillimitato ai titoli derivati. L’intesa è ora alvaglio dell’Esma (European Securitiesand Markets Authority) e deve essere an-cora convertita in legge. Ma la sensazioneè che il processo avviato sia ormai irre-versibile. «Possiamo essere sicuri che nonci saranno colpi di mano dell’ultimo mi-nuto» spiega a Valori Sven Giegold, euro-deputato tedesco e portavoce dei Verdi alParlamento europeo per i temi finanziari,anche se, ammette, «occorrerà stare at-tenti a come la normativa sarà applicata alivello di regolamenti dall’Esma e a come

Usa ed EuropaLa lunga stradaverso la regolamentazionediMatteo Cavallito

I futures nascevano comeassicurazioni control’oscillazione dei prezzi. Il problema è che chiunquepuò comprarli per speculare

Limitare l’uso speculativo dei derivati sulle commodities. L’Europa ci prova con la nuova Mifid, gli Usa con il Dodd-Frank.Segnali incoraggianti, ma manca l’approvazione definitiva

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questi regolamenti saranno poi ri-spettati nelle Borse». Ma quel cheè certo, aggiunge, è che «per quan-to riguarda l’Europa questa nor-mativa ha in sé tutte le caratteri-stiche per limitare la speculazionesulle materie prime agricole» an-che se, ovviamente, sarà necessa-rio «approvare norme simili an-che a livello mondiale».

Usa e Dodd-FrankIl problema è aperto anche perchéil nodo principale resta, almenoparzialmente, irrisolto. Gli StatiUniti hanno introdotto il princi-pio di limitazione delle posizioninel Dodd-Frank Act, la maxi leggedi riforma regolamentare dei mer-cati finanziari. Il provvedimento èstato firmato dalla Casa Biancanel 2010 ma da allora non è ancoraentrato pienamente in vigore vi-sto che non tutte le sue norme at-tuative sono state approvate. Nel2012, per altro, una sentenza diuna corte federale ha bloccato lanorma sui limiti accogliendo la ri-chiesta avanzata da due associa-zioni di categoria: l’InternationalSwaps and Derivatives Associa-tion e la Securities Industry andFinancial Markets Association.Da allora la Commodity FuturesTrading Commission (CFTC), l’a-genzia che dovrebbe scrivere lenorme definitive in proposito,non ha ancora concluso i suoi la-vori. In questo contesto, ovvia-mente, prolifera il lobbismo. Afebbraio, in particolare, il Com-modity Markets Council (CMC),un’associazione di Washington,ha inviato una lettera proprioalla CFTC invitandola a «riconsi-derare e rivedere» la propriaproposta ed «evitare l’intera ri-definizione dell’attuale regime».Tra i soggetti rappresentati dal-la CMC ci sono anche i signoridelle materie prime agricole Ar-cher Daniels Midland, Cargill eLouis Dreyfus Commodities.Ha collaborato Mauro Meggiolaro

Il clamoroso boom delle materieprime alimentari ha prodotto neglianni enormi ricadute sul mercato e con esse una lista di grandibeneficiari. Tra questi ci sonoovviamente loro, i grandi operatori delsettore con i loro azionisti e manager(due categorie che, inevitabilmente,spesso si sovrappongono), per i qualiil rialzo dei prezzi ha rappresentatouna clamorosa occasione di guadagno. Per capirlo bastaguardare all’esempio offerto dallesocietà quotate a cominciare dallaArcher Daniels, le cui azioni sonoscambiate dal 1983 alla Borsa di NewYork. Negli ultimi 15 anni il valore del suo titolo è schizzato alle stelle,evidenziando un primo picco neldicembre del 2007 quando, nel pienodel boom delle commodities, il valoremedio delle sue azioni ha superato i 40 dollari registrando un incredibile+396% rispetto alla quotazione delgennaio 2000. A partire dal 2008 il titolo è andato incontro a una fortediscesa, in linea con il maxi calo degliindici sperimentato con lo scoppiodella crisi finanziaria. Una sorta di “effetto Lehman” che ha sconvoltoin pratica tutti i mercati, commoditiescomprese. La ripresa delle piazzefinanziarie e la risalita dei prezzi dellematerie prime hanno contribuito al successivo rilancio. Molto simile l’andamento del titoloBunge, scambiato a Wall Streetdall’agosto del 2001. Nel gennaio2008, il valore medio dell’azione ha toccato i 117 dollari con un incremento del 554% rispetto allaprima media mensile registrataall’esordio. Un prezzo mai più toccatonegli anni seguenti. Sorprendente

il confronto con l’andamento medio del mercato. In corrispondenza del primo piccodelle commodities, lo S&P 500 e il Dow Jones, due dei principali indici del mondo,avevano registrato un incremento dell’11% e del 27% circa rispetto ai valori di inizio2000. Rispetto alle prime sedute del millennio, i due indici hanno guadagnato oggi il 32% e il 47%. Nello stesso periodo la performance di Bunge Limited ha fattosegnare un grandioso +330%. Archer Daniels ha fatto ancora meglio facendo registrareun +416% tra il valore del gennaio 2000 e quello di inizio marzo 2014. M.Cav.

WALL STREET, IL TRIONFO DELLE FOOD COMMODITIES

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FONTE: YAHOO FINANCE, FINANCE.YAHOO.COM. MARZO 2014, MEDIE MENSILI