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PICCOLA BIBLIOTHIKI 13

Merini Biography

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R.Redivo biography of the italian poet Alda Merini

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PICCOLA BIBLIOTHIKI 13

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Riccardo Redivo

Alda Merini

Asterios EditoreTrieste

Dall’orfismo alla canzoneIl percorso poetico (1947-2009)

Prefazione di Pino Roveredo

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Prima edizione: novembre 2009

Asterios Editore è un marchio editoriale di © Servizi Editoriali srl

Via Donizetti, 3/a34133 Trieste

tel: 0403403342 - fax: 0406702007e-mail: [email protected]

www.asterios.it

I diritti di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento totale o parziale

con qualsiasi mezzo sono riservati.

ISBN: 978-88-95146-32-4

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“Perché la pazzia, amici miei, non esiste. Esistesoltanto nei riflessi onirici del sonno e in quel ter-rore che abbiamo tutti, inveterato, di perdere lanostra ragione.”

“Il manicomio è stato un formidabile punto diosservazione.”

“Scrivere e credere è un modo come un altro permorire.”

“Il volume del canto m’innamora:come vorrei io invadere la terracon i miei carmi e che tremasse tuttasotto la poesia della canzone.”

Alda Merini

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Indice

Prefazione di Pino Roveredo, 11Nota dell’autore, 15Introduzione, 17

CAPITOLO I

Merini rifiutataArchivio Corti e incontro con la poetessa:

esperienze, riflessioni, apporti, 31 CAPITOLO II

Biografia, biografieBiografia, 40

Autobiografia, 46Cronologia, 54

CAPITOLO III

Il primo periodo, 59CAPITOLO IV

Il silenzio e il secondo periodo, 83CAPITOLO V

Il terzo periodo e l’oralità1. Un lento e sotterraneo procedere, 105

2. L’oralità, 134Conclusioni, 157

GUIDA BIBLIOGRAFICA

Opere di Alda Merini, 170Articoli, interventi, presenze in antologie, 187

Altri materiali meriniani, 200Bibliografia critica, 209

Sitografia, 233Bibliografia generale, 234

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Prefazione

Ho letto il corso, percorso, ricerca e lavoro di RiccardoRedivo, e ho infilato le sue righe dentro gli occhi del mio“non sapere”, guadagnando una conoscenza che ho infi-lato nella mia mente profana, e dentro una referenza dichi, nonostante i volumi scritti e pubblicati, è consapevo-le di avere poca esperienza e nessun titolo letterario davantare.Ho letto il percorso di Redivo, concedendomi il piacere

di entrare nella vita di quella che io ritengo, per forzaemozionale, la più grande poetessa, artista e musicistadella parola che io abbia mai incrociato, e cioè, AldaMerini.

Innanzitutto, sin dalle prime righe, è nato in me il dub-bio contradditorio del… Ma se Alda Merini avesse vissu-to l’anonimato della massaia, la tranquillità di un benes-sere nobiliare, o l’ansia della donna in carriera, ecco, noilettori ed estimatori della sua scrittura, avremmo potutogodere lo stesso della sua poesia? O per assurdo dobbia-mo ringraziare la sua “sofferenza” che ha poi partorito lamaestosità della sua opera?...Io, come la signora Merini, il manicomio l’ho conosciu-

to, vissuto, subito, ed era un manicomio con le mura alte,i portoni pesanti, le bastonate dell’infermiere, i farmacipotenti come un martello, e con tutte le infamità di chiesercita un “mestiere” e potere, scordandosi il cuore fuoridalla coscienza. In quel luogo tragico, ingiusto, orrendo,ho incontrato un’infinità di voci e scritture, e tutti indos-

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savano l’angoscia stretta di Alda Merini. C’era chi scrive-va nel delirio, chi declamava poesie senza musica dai lettidi contenzione, chi ingiuriava l’esistenza soffocato dentrole camicie di forza, e chi rinunciava al rammarico e almuscolo pisciandosi la vita addosso. Sì, perché in quelluogo senza Cristo e senza cielo, si entrava con l’agitazio-ne della vita, e si usciva, se si usciva, con la tristezza dellamorte.Nel manicomio, o nella casa dei matti, sono passato io,

è passata Alda Merini, e sono passati milioni e milioni diingiusti internamenti. Siamo passati ed abbiamo attra-versato la rivoluzione della Libertà Terapeutica, qualcu-no c’ha ballato sopra, altri, tanti, troppi, hanno continua-to a frequentare la strada pesante dell’indifferenza. E’passato anche Franco Basaglia, portandosi dietro duecolpe imperdonabili: quella di essere nato troppo tardi edi essere morto troppo presto.Un percorso, quello di Alda Merini, che Redivo raccon-

ta con grande rispetto, estrema educazione e sensibilità,toccando le tappe e gli inciampi del tragitto umano e arti-stico. Si racconta della “Merini rifiutata”, perché la suascrittura viene inizialmente giudicata di scarsa qualità oscarso interesse artistico in favore di una comunicabilitàterapeutica utile alla poetessa ma non al lettore. Maiannotazione fu più maldestra!Ma per fortuna il talento non s’impara, perché è un

dono della vita, spesso assegnato per una legge di com-pensazione a quelli che la vita, la devono sopportare colpeso dell’ingiustizia. No, il talento non s’inventa, e losanno bene i vari Pasolini, Spagnoletti, Manganelli,David Turoldo, Giorgio Raboni, Salvatore Quasimodo,che per primi hanno avuto il piacere di sorprendersi gliocchi e l’animo, per quella scrittura trattata come ilmuscolo indispensabile per aggrapparsi alla vita.Scritture che iniziano con un premio ricevuto a soli diecianni da Maria Josè del Belgio, che la riconosce come lamiglior piccola poetessa italiana, gratificandola anche

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PREFAZIONE 13

con un “Libretto della Cassa di Risparmio” di mille lire, eche poi continuano, respirano, e si mantengono con imorsi di una vita che si ribalta, si rialza, ribalta ancora…Scritture di amori effimeri, mariti ingrati e distratti,

compagni veloci, che riempiono i fogli chiusi dentro leserrature che sorvegliano il divieto di vivere. Scrittureche attraversano i tempi e le correnti cantate e decantatedalle bocche buone dei critici, e che io qui non descrivo(lo fa molto bene Riccardo Redivo), perché io posso par-lare unicamente di emozione, emozioni… Parlare di quel-la emozione, emozioni, che passano all’incasso quandoconsumano le poesia della signora Alda Merini, questadonna che sembra avere una mano baciata da quel Dioche non riconosce, e che quando ti entra ti accende ilcuore, ti segna il brivido, ti scuote il pianto, ti sospende ilfiato, ti firma l’umore, e ti ripulisce gl’angoli bui dell’ani-ma con la bellezza di un amore.

Pino Roveredo

Se mai scomparissipresa da morte snella,costruite per me

il più completo canto della pace!

Ché, nel mondo, non seppiritrovarmi con lei, serena, un giorno.

Io non fui originatama balzai prepotentemente

dalle trame del buioper allacciarmi ad ogni confusione.

Se mai scomparissinon lasciatemi sola;blanditemi come folle!

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Nota dell’autore

Il presente lavoro ha avuto i suoi primi passi nella ricer-ca universitaria e, dopo ampliamenti, migliorie e corre-zioni è approdato alla veste attuale. La sua gestazionelunga ha ‘compromesso’ alcuni elementi che, da origina-li o non ancora sollevati, sono stati evidenziati da altri:ciò è un bene perché significa che qualcosa nei confrontidella poetessa milanese si sta muovendo. Naturalmente,oltre agli elementi noti, indicati con le molte citazioni, inquesta ricerca sono state evidenziate soprattutto le zonemeriniane non ancora espresse o poco segnalate.Esistono pochissimi libri che affrontino una seria ricer-

ca sull’opera della poetessa (attualmente non più di due);contribuire al moltiplicarsi degli studi è un buon motivoper scrivere: pochi paletti fanno una via, e se si percorreuna strada non vedo perché non segnalarla. Questa gravemancanza aumenta se si tiene presente il grande succes-so (mediatico, editoriale, commerciale) che la poetessasta da un po’ di tempo a questa parte vivendo.Inoltre, è mia volontà mettere un po’ d’ordine nel

“caso” e nel “mistero” Merini, di cercare in questa figuraqualche costante, qualche punto certo o parzialmentecerto (e in questo una piccolissima garanzia la offrel’Accademia benché asserisco che tutte le colpe e i pregisiano di chi scriva).Ad esaurire questi generali motivi ne lascio per ultimo

il più importante, quello della mia ricerca nel più ampiouniverso della poesia contemporanea italiana affinchépossa capire il presente e almeno avvicinarmi al futuroculturale di questa nazione. In fin dei conti un saggio cri-tico è una prova d’amore; e il motore di questa ricerca èil mio amore verso la poesia che, in questo momento sto-rico, s’incarna in Alda Merini, una donna che ha amato

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tanto e che tuttora tanto ama, senza forse ricevere ciò cheha sempre dato e ancora da.

P.S. Durante la preparazione per la stampa del presentesaggio, Alda Merini è deceduta. Mi è parso giusto, neiconfronti della poetessa e nei confronti della mia ricerca,non toccare alcunchè del testo e continuare a considera-re presente una figura che non dovrebbe morire. Inoltre,non interrompendo o modificando la stampa, mi per-metto di far di quest’opera l’ultimo libro su Alda Merinivivente e il primo su Alda Merini scomparsa.Gli unici dati da “integrare” sono nella biografia: la

poetessa è deceduta il primo novembre del 2009, proprioil giorno dei Santi — Giuliano Grittini mi disse il giornodopo: “la Merini non cessa di scherzare nemmeno dopola morte”.

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Introduzione

Un ritratto esauriente della vita della poetessa milanese èquasi impossibile. Difficile è il reperimento dei dati bio-grafici come luoghi, tempi e nomi (rintracciabili solonelle poche e brevi introduzioni ai suoi libri); difficilediscernere, nelle dichiarazioni della stessa Merini, ciòche è veramente stato da ciò che lei ha reinventato poichéparla della propria vita come fosse leggenda. Da questomotivo, il mitizzare la propria vita, le proprie esperienzedistorcendone i fatti e la realtà, deriva un’altra difficoltà:separare la vita dall’arte o l’arte dalla vita, per la poetes-sa dei Navigli, è cosa del tutto impossibile. L’intera operameriniana è autobiografica, e ciò che nell’arte dellaMerini è cantato non si sottrae mai alla sua presenza, allesue esperienze, alle sue emozioni, alle sue impressioni sulmondo che la circonda. La vita si confonde nell’arte eviceversa: ciò che viene cantato in verità è la vita stessa,con gli amori e le sofferenze che questi le hanno provoca-to. La Merini, parlando della propria vita, si comporta daartista; dal dato reale passa ad uno artificiale, e questopassaggio avviene per svariati motivi: dall’autocelebra-zione alla poca memoria, dalla voglia di stupire allavolontà di colmare un vuoto con l’immaginazione e, spes-so, con la fantasia. Tutto questo porta la poetessa a vede-re i ricordi sfumati e pieni di un’aura mitica immaginatada lei e poi da lei creduta reale. Così narra della propriavita in modo non veritiero.Le carte dell’Archivio Corti confermano la problemati-

cità biografica. A questo Centro di ricerca sulla tradizio-

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ne manoscritta di autori moderni e contemporaneidell’Università di Pavia la Merini spediva un eclettico ecospicuo materiale personale. I numerosi invii si spiega-no col fatto che tale centro era stato voluto dalla semio-loga Maria Corti, grande amica della poetessa e, a volte,sua mecenate. La Merini riuniva poesie non riviste, poe-sie scritte di getto, o trovate chissà dove, in buste chemandava poi alla Corti; questa situazione si ripetevaanche quotidianamente (“Maria ebbe giorno dopo giornocarte e poesie della mia vita”1). Qualche volta, quando laCorti reputava fosse giunto il momento, faceva pubblica-re o aiutava a far pubblicare le poesie da lei ritenute piùvalide, ma non tutte. Non tutte per due importanti moti-vi: il primo perché la Merini incontrò, come scrive laCorti, la “madama follia”, e il secondo perché, per uscireda tali incontri, su suggerimento dei medici, dovette ini-ziare a scrivere per guarire. Ecco perché poteva “accade-re che di centinaia di testi poetici […] solo per un certonumero arrivi[asse] l’ora della poesia”2. Alla Corti veni-va in mente “l’immagine del terreno di una solfatara:immergi il bastone qui e spruzza fuori il gas solforoso; loimmergi più in là e non viene fuori niente”. Per tale moti-vo ho chiamato il capitolo dedicato alla ricerca e allo stu-dio dei manoscritti meriniani al fondo pavese “Merini

1. In l’immaginazione n.195, febbraio 2003, ora in Antenate bestie damanicomio, Manni, pretesti n.348, settembre 2008, p. 77.2. Nella Nota introduttiva di Maria Corti presente nella prima edizionede La Terra Santa, All’Insegna del Pesce d’Oro, collana Acquario n.128,Milano 1984 [ma 20 febbraio 1983, come si legge nel colophon], pp. 64,tiratura 1000 copie numerate. Nella Nota dell’Editore si legge: “Leprime trenta poesie sono state pubblicate sul n.4 de ‘Il cavallo di Troia’(inverno-primavera 1982-1983)”; la silloge poetica è stata pubblicataanche nell’introvabile La Terra Santa e altre poesie, a c. e intr. GiacintoSpagnoletti, Laicata, 1984 [con alcune modifiche] e in Vuoto d’amore,a c. e intr. Maria Corti, Einaudi, Collana di poesia 224, 2002 (I ed.1991), pp. 136. Ora è raccolta in La Terra Santa, Libri Scheiwiller,Poesia n.60, pp. 172, III ed. giugno 2003 (I ed. maggio 1996), da cuid’ora in poi farò riferimento nelle citazioni. La frase cit., come la suc-cessiva, è a p. 163.

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rifiutata”, perché molte poesie non sono state accolte inalcuna pubblicazione e probabilmente mai lo saranno,per la succitata scarsa qualità o scarso interesse artisticoin favore di una comunicabilità terapeutica utile alla poe-tessa ma non al lettore.La suddivisione del percorso poetico di Alda Merini da

me individuata, e che proporrò tra breve, ha il pregio diessere piuttosto evidente: dal percorso artistico si evincechiaramente la presenza di una cesura netta – dovutaall’internamento manicomiale – del suo modus operan-di. Nessuno, finora, ha mai delineato tale percorso inmaniera chiara e significativa, e il motivo non lo conoscoancora. Può darsi che questa mancanza sia dovuta allascarsa attenzione critica che la Merini ha ricevuto, poichépochi libri su di lei, qualche breve introduzione ai suoilibri o pochi accenni nelle antologie non bastano adapprofondire un’autrice come lei, densa di religiosità,autobiografismo, erotismo, ricca di metafore, contraddi-zioni e di così grande successo. Benché queste ultimetematiche menzionate siano le caratteristiche principalidella poetica di Alda Merini, la poesia meriniana è “infondo principalmente poesia d’amore”3: a dire ciò è laCorti, che ha sempre ben compreso l’universo poeticodell’autrice, grazie all’acutezza d’ingegno ma anche gra-zie alla conoscenza personale che aveva di lei. In altreparole e “in fondo, quella della Merini, è nuda poesia d’a-more”4. La maggior parte delle poesie di Alda Merinigravitano attorno all’amore, ma è un amore vario e mul-tiforme: esso è astratto, simbolico, sessuale, amicale,divino; insomma è un amore che copre tutto, generale.Sebbene la produzione artistica degli esordi sia intrisa

3. Dall’Introduzione di Maria Corti all’antologia meriniana Fiore dipoesia. 1951-1997, a c. e intr. Maria Corti, Einaudi, Tascabili n.519,1998, p. X.4. Dalla prefazione di Benedetta Centovalli presente in La volpe e ilsipario. Poesie d’amore, disegni di Alberto Casiraghy, a c. BendettaCentovalli, postfazione di Simone Bandirali, Rizzoli, Piccola BibliotecaLa Scala, p. 6.

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di religione cristiana, a parlare non è una fedele, nelsenso più comune del termine, bensì una persona chesemplicemente riflette sul divino e soprattutto una per-sona che a questo divino si oppone, alterandone l’identi-tà cristiana per una religione personale. In questa perso-nalis religio molti hanno visto la prova di un misticismostraordinario che però nessuno ha mai approfonditoveramente e che più avanti si cercherà di chiarire. Per orabasti dire che è un misticismo molto discutibile e più inpotenza che in atto. I toni di questa prima produzionesono sì religiosi, ma sono espressi in modo sibillino,enigmatico, oscuro. Tale caratteristica verrà individuatada Pasolini, nel lontano 1953, come la principale dellaMerini e inserita in quella linea orfica di cui lei è l’ultimaesponente preceduta dai poeti Comi e Pierri.Il primo periodo terminerà bruscamente a causa dell’in-

ternamento psichiatrico della poetessa. La degenza mani-comiale la segnerà terribilmente e in tutto, compreso lapoesia. La nuova pesante esperienza le impedirà di scrive-re per quasi vent’anni (1962-1980), e il suo rifiorire artisti-co, era quasi inevitabile, subirà significativi cambiamenti.All’aurorale religiosità la Merini sostituirà una forma poe-tica narrativa. Il nuovo cambiamento, che è piuttosto unatrasformazione personale poiché non tutto si perde, sipalesa sotto una forma epica che la poetessa è stata costret-ta spontaneamente a utilizzare. Come forma epica meri-niana intendo la narrazione del proprio vissuto manico-miale in ricordi e sensazioni mitizzati, in fatti vissuti dallaMerini e trasformati in leggenda, in una sorta di epopeadell’“avventura” del manicomio (con personaggi che ritor-nano – medici e degenti –, leitmotiv – la sofferenza comequella di Cristo e la legge mosaica –, bene e male, e insom-ma tutta quegli eroi e quelle avventure degne di esserericordate proprio per la loro eccezionalità). Questa partico-lare epicità è confermata dall’uso epitetico di non pochiaggettivi ricorrenti nelle stesse raccolte.Questo secondo periodo inizia nel 1980 e con il passa-

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re degli anni subirà un cambiamento, molto meno radi-cale di quello precedente. Per ciò non si può parlare pro-priamente di un terzo periodo, ma di un periodo in cuialcune caratteristiche si esasperano e in cui altre si allon-tanano. Tutt’al più il periodo in questione può esser chia-mato terzo periodo solo se si tengono presenti alcunerecenti opere. Ad eccezione degli otto libri5 (su undici)della collana “I libri di Arnoldo Mosca Mondadori” (usci-ti dal 2001 al 2009), l’aumentata e ora sterminata moleproduttiva della Merini non ha avuto molte modifiche,semmai ha avuto riusciti ampliamenti; inoltre dal 1986ha iniziato la produzione in prosa. L’opera in prosa nonsarà oggetto di questa ricerca, ma verrà segnalata spora-dicamente per motivi chiarificatori, che alle volte aiute-ranno a disbrogliare alcune questioni e altre a complica-re ulterioremente l’analisi, e motivi di completezza (novi-tà letteraria, interpretazioni dell’autrice, etc.); allo stessomodo non saranno presi in esame le poche composizioniin dialetto o in francese6.Si deve ora affrontare una delle problematiche più

importanti e più spinose: la follia. Il concetto di follia, chene racchiude in sé molti altri, è, mi sembra ovvio, di diffi-cile definizione. Per la poetessa follia è sinonimo di liber-tà7: con questa più volte ripetuta affermazione si protegge

5. Nove se si considera il libro che raccoglie cinque di queste opere,Mistica d’amore, Frassinelli, collana Poesie, ottobre 2008, pp. 300.6. Essendo tali composizioni poche, le segnalo qui un’unica volta: IlMaritozzo ovvero Il matrimonio combinato. Atto unico, a c. GiuseppeD’Ambrosio Angelillo, Acquaviva, ottobre 2008, pp. 16 (milanese mac-cheronico); Sunt una dona senza resistenza, in Dés Cartes (Descartes),con uno scritto di Camillo de Piaz e immagini di William Xerra,Edizioni Vicolo del Pavone, dicembre 2003, p. 19 (milanese macchero-nico); La mia visina, Lettera a Franco Loi, Ai Carabinieri, in Le zolled’acqua, a c. Luigi Maino, Montedit, I Gigli (poesia), maggio 1993, pp.33-37 (milanese); La sorcière, Adieu, in La volpe e il sipario, op. cit.,pp. 89-90 (francese); non poche frasi in milanese si trovano in La sco-pata di Manganelli. Romanzo, a c. Giuseppe D’Ambrosio Angelillo,Acquaviva, maggio 2009, pp. 93.7. Tale concetto è stato qualche anno fa confermato (il 23.05.05 inMCS.

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per permettersi atteggiamenti, forme, posizioni che sareb-bero molto più che audaci. La Merini così può scegliersi ilterreno che vuole e operare senza alcuna barriera. La folliacome libertà, però, non è solo un escamotage inventato, osuggerito da altri, per poter dire quello che le viene inmente: essa è data anche dalla sua patologia.Se, in ciò che si è definito primo periodo, la follia fon-

dendosi con la religiosità, col potenziale mistico, perde dichiarezza identificatoria, nel terzo e con qualche traccianel secondo tale follia emerge in tutta la sua singolarità.L’anacoluto, l’irrazionalità logico-sintattica, gli errorigrammaticali e soprattutto il deragliamento semanticoche sposta o addirittura cambia il significato che unafrase, un verso aveva inizialmente (si inizia con A perarrivare a C senza passare da B) sono prove stilistiche diquesta presenza. Tali prove si disseminano, a mio parere,senza essere avvertite consapevolmente dalla poetessa.In più, nel terzo periodo sicuramente e in generale anchenel secondo, questa componente di “scorrettezza” è statafavorita nel suo manifestarsi da un’altra componente,quella orale. Questa sua speciale oralità porterà la Meriniad improvvisare poesie, alle volte anche eccellenti, inqualsiasi posto e a richiesta (cosa che ha sollevato, ovvia-mente, molte critiche).Per quanto riguarda il carattere autobiografico deside-

ro evidenziare nuovamente che tutta la sua produzioneartistica è la proiezione del suo stato d’animo e dei suoivissuti che rivivono nella sua arte. Ogni sua poesia è rife-rita alla propria esperienza e, anche laddove sembriinventare, il riferimento alle esperienze personali è difacile individuazione: “la poesia di Alda Merini […] non èfatta per rappresentare l’anima altrui, ma la propria”8.

Il diario speciale - Smemorie, conversazioni con Alda Merini e altrevite, Canale 5, 23:40/01:20) in un’intervista televisiva di MaurizioCostanzo dalla seguente dichiarazione: “per me folle significa libero”.8. Da Giuseppe De Marco, Le stagioni dell’epifania poetica di AldaMerini, Ed. Ripostes, gennaio 1995, p. 35.

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Della copiosa mole di opere meriniane affronterò,come già accennato, solamente l’opera in versi e non toc-cherò quindi ciò che verso non è. Questa scelta è motiva-ta soprattutto da due fattori: il primo è che, non solo perchi scrive, la poetessa riesce meglio in poesia che non inprosa, credo soprattutto perché in quest’ultima si dimo-stra piuttosto “infantile”, cioè con una scrittura elemen-tare e, ad eccezione del Diario (forse spiegabile con l’aiu-to degli amici letterati), con una evidente leggerezza, perquanto riguarda composizione e sintassi, che molto spes-so conduce ad esiti contradditori e divergenti; il secondoè che è prolifica nel modo più estremo (un centinaio dilibri e quasi mille libricini); quindi, delle prose, degli afo-rismi, delle lettere e, insomma, di tutto il materiale pro-sastico non verrà detto niente se non alcune particolaritào caratteristiche pertinenti alla presente indagine. Molticritici e molti curatori si sono lamentati di questa iper-produttività, come ad esempio Maria Corti nella suaintroduzione a Vuoto d’amore,9 che lascia un po’ tuttiinterdetti perché non sempre la qualità si percepisce intutta questa quantità. In più, se a questa mole produttivasi affiancassero anche gli interventi della poetessa in altrilibri (introduzioni, prefazioni, postfazioni, nate soprat-tutto dalla notorietà mediatica e non certo dalla capacitàcritica) ci sarebbe spazio per molti altri saggi, anche se didubbia utilità. Da questa considerazione abbastanzanegativa passerò ad un’altra, sempre negativa, maimportante per comprendere il suo universo: la Merininon è di scarsa cultura ma non ne è di molta. Se ne accor-se già Giacinto Spagnoletti nel ’5010 e se ne accorgeran-

9. Op. cit. pp. V-X; ma lamentele di ciò si hanno anche in La poesialuogo del nulla. Poesie e parole con Chicca Gagliardo e Guido Spaini,Piero Manni, Pretesti 65, luglio 1999, p. 13; in La fisica del senso,Andrea Cortellessa, Fazi, Le Terre/Scritture, giugno 2007, (che parla di“bibliografia […] incontrollabile”, p. 610) e in molte interviste.10. In Antologia della poesia italiana 1909-1949, a c. GiacintoSpagnoletti, Parma, Guanda, 1950, cit. come testimonianza all’internode Le satire della Ripa, Edizioni Laboratorio Arti Visive, Taranto,

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no in molti più tardi; ma forse proprio questo è l’elemen-to che ha aiutato la Merini, assieme alla sua follia, a rom-pere gli schemi, ed a creare il ‘caso’ Merini, in cui lo stes-so Pasolini si dichiara disarmato11, poiché ciò che èimportante è fermarci “al dono dell’essenza poetica”12.Solitamente per un buon poeta ci vuole buona cultura,ma per la Merini è diverso; lei è un unicum. Ciò che aiuta,ed ha aiutato la Merini in questo quadro di cultura gene-rale, è l’oralità, l’arte o solamente il respiro e l’intonazio-ne della parola che le esce dalla bocca; e in questo laMerini è molto potente. La maggior parte della sua cul-tura la deve alla cerchia di intellettuali e letterati da leifrequentata, da adolescente in poi, a Milano. L’orecchio,cioè la capacità di ascoltare e assorbire in toto il parlatoaltrui, le ha aiutato la voce, cioè la capacità orale in cui leisi è ora “specializzata”, consapevolmente o inconsapevol-mente. Non è un caso che spesso faceva, e continua afare, reading di poesia, registrando anche, e con ottimirisultati; questo non esula da noi, poiché crea un legameinscindibile col ruolo di mistica della parola, soprattuttoper la Merini degli ultimi tempi, più orale che mai.A queste due note negative se ne deve aggiungere un’al-

tra negativa, l’ultima: la Merini non ha senso critico.Questa puntualizzazione non è solo mia, ma viene anchedalla Corti, che parla addirittura dell’“utilità di un lavorodi selezione che deve essere proprio non dell’autrice ma

marzo 1983 e ora nella ‘Nota bibliografica’ presente in La Terra Santa,Scheiwiller, op. cit., pp. 165-166.11. In un articolo apparso su Paragone, V, 60, dicembre 1954 e ora rac-colto in Saggi sulla letteratura e sull’arte, Pier Paolo Pasolini, a c.Walter Siti, intr. Cesare Segre, Mondadori, i Meridiani, 1999, “Saggigiovanili”, p. 580; per completezza riporto la frase, che però deve esse-re contestualizzata, nel senso che Pasolini si riferiva al primissimoperiodo poetico della Merini: “Ché di fonti per la […] Merini non si puòcerto parlare: di fronte alla spiegazione di questa precocità, di questamostruosa intuizione di una influenza letteraria perfettamente conge-niale [Campana, George, Trakl], ci dichiariamo disarmati”.12. In Antologia della poesia italiana 1909-1949, op. cit., ora in LaTerra Santa, Scheiwiller, op. cit., p. 166.

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di un critico serio”13. Quest’assenza di senso critico,dovuta alla sua indole, al suo carattere e al suo vissuto,qualche volta scompare lasciando testimonianza di enor-me razionalità e riflessione. Ma questa rara testimonian-za si manifesta sempre a sprazzi e mai in tutta un’opera,se non forse nelle sue prime opere dopo l’internamento,quelle degli anni ’80, e in rari altri casi (un esempio note-vole e lampante di lavoro critico, o comunque di una sor-veglianza linguistica per asciuttezza e contenuto è illibretto Anche la donna può avere un pensiero14, unaraccolta di aforismi, dettati via telefono “in tre quartid’ora” ad un amico, talmente ben fatti, impeccabili, chenon è possibile escludere una riflessione a monte dellacomposizione e della “stesura orale”). A complicare ulte-riormente il quadro è l’incomprensibilità, a detta di edi-tori, curatori e mia, della sua grafia che causa errori ditrascrizione che generano non-sense non voluti dall’au-trice ma dovuti all’editore, per scelta o per sbaglio: cisono molti esempi in cui il soggetto, in prima persona, èmaschile ma l’intenzione dell’autrice era al femminile;oppure poesie che, scritte a penna o a macchina, nonhanno i punti finali o hanno le virgole nel posto sbaglia-to, che la poetessa non ha corretto e che gli editori hannolasciato, oppure corretto (riuscendo addirittura a esclu-dere – o dimenticarsi? – un verso, oppure ad alterare lacomposizione metrica di una poesia rifiutando endecasil-labi ritenuti “brutti” per trasformarli in versi liberi). Manon basta. Un altro elemento, che complica il labirintoprocedurale della stesura finale, è la grande e confusaquantità di varianti che si hanno di una stessa poesia, intutti i periodi tranne l’ultimo, poiché in quello ciò cheviene detto una volta non viene ripetuto più né più rivi-sto: già nel 1987 la poetessa milanese scrisse che la poe-sia è “canto senza ripensamenti”15.

13. Nell’intr. a Vuoto d’amore, op. cit. p. X.14. A c. Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, Acquaviva, febbraio 2002, pp.87; la cit. seg. è a p. 87.

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Insomma, spesso il merito o demerito della strutturadelle poesie meriniane va all’editore, che sovente è ilcuratore: quasi tutte le opere dal secondo periodo in poiche il lettore conosce non sono altro che “una serie dicampionature […] «arbitrarie», che non recano tantol’impronta della volontà dell’autrice quanto quella delgusto, delle predilezioni, del punto di vista critico di chile ha messe insieme a partire da un materiale enorme enon di rado poco decifrabile”16. E, ovviamente, lo stessoproblema sussiste quando non scrive su carta ma detta avoce, poiché l’ordine dei versi dipende non dall’autricema dal trascrivente; una caratteristica, questa dell’orali-tà, che raggiungerà esiti straordinari in quello che hoindividuato come terzo periodo (che in fondo è l’esaspe-razione del secondo periodo). Asserisco che, dopo la ‘reli-giosità mistica’ e l’erotismo, dopo l’esperienza manico-miale e la follia che infonde l’intera poetica meriniana,l’oralità è la caratteristica più forte, e la più attuale. Moltodel successo che lei ha conquistato dopo essere compar-sa al “Maurizio Costanzo Show” nel ’92, è dovuto al mododi porsi e soprattutto proporsi con la voce. In fondo que-sta particolarità era già presente quando veniva accosta-ta, negli anni cinquanta, alla Pizia. La sua capacità oraco-lare di una volta si è trasformata nella capacità diimprovvisare, persino a richiesta, poesie complesse,anche sconclusionate, ma in grado di accattivarsi l’udito-rio, le persone vicine o il pubblico, con sorprendentimetafore, con accostamenti inaspettati o vocaboli inu-

15. Dal testo intitolato “La mia poesia” e inserito alle pp. 7-9 de FogliBianchi. 23 inediti, nota di Elio Bartolini, Ed.Biblioteca Cominiana,«Nuovi testi di poesia», a c. Bino Rebellato e Enzo Mazza, Cittadella(PD), 1987, pp. 40 (tiratura non indicata), ora in La Terra Santa,Scheiwiller, op. cit., p. 167.16. Da “Un urlo nel silenzio «Poesia non venirmi addosso»”, articolo diGiovanni Raboni, Corriere della sera, 22 settembre 2001; ora in Lapoesia che si fa. Critica e storia del Novecento italiano. 1959-2004,Giovanni Raboni, a c. Andrea Cortellessa, Garzanti, Collana Saggi,2005, pp. VII + 415.

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INTRODUZIONE 27

suali. Non stupisce, come approfondirò più avanti, che lastraordinaria e attuale oralità sia stata compresa, a voltecarpita, da molti musicisti e cantautori.Per comprendere l’universo meriniano necessitano

ancora ulteriori delucidazioni. La poetessa ripropone, spe-cie nei saggi e nelle interviste, numerose contraddizioni.Accade qualche volta che le sue affermazioni risultino nonvere, ma credo senza che ne avesse avuto intenzione; ècome se mescolasse i ricordi con il sapere e l’invenzione. Acausa delle molte interviste e delle sue molte presenze indiversi ambiti, strettamente culturali o di intrattenimentotelevisivo, farò un solo esempio. In Reato di vita17 leiafferma: “Leggo nel suo Nuovo commento [opera diManganelli] uscito postumo una confessione straordina-ria. Manganelli mi chiese virtualmente di entrare in pos-sesso della mia cartella clinica e parla di questo brivido didisonore”: se si legge il libro di Manganelli, non si trovaneppure un riferimento o una lontana allusione a ciò; talefalsa affermazione fa pensare, almeno a me, ad una mesco-lanza tra ciò che ha letto e ciò che ha sentito, forse, da qual-cun altro o da Manganelli stesso. Comunque è una mia illa-zione e non è mia volontà ‘smascherarla’ nelle sue dichia-razioni, ma rendere chiaro che anche questa, la mescolan-za tra ricordi e invenzione, è una caratteristica che, assie-me ad altre, forma quel caso unico che è Alda Merini.L’opera meriniana, in tutte le sue manifestazioni ma

maggiormente nella poesia, si può suddividere in treparti. È una suddivisione resa necessaria dall’agire dellapoetessa e dal suo entourage: in tutti gli scritti si possonodistinguere libri che chiamo completi, in cui l’autrice hascritto e rivisto ciò che ha pubblicato o è stata consigliata(ma è una mia conclusione) a rivedere, se non addiritturacorretta, dagli amici, editori e curatori; la seconda parte ècomposta dagli scritti che chiamo incompleti, dove l’in-completezza è data dal prevalere del contenuto sulla

17.Reato di vita. Autobiografia poetica, a c. Luisella Veroli, AssociazioneCulturale Melusine, Milano 1994, cit. a p. 47.

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forma, cioè dove un’idea, un’immagine o un concetto sonostati espressi in maniera immediata ma senza un benchéminimo controllo finale, senza un qualche rimaneggia-mento della materia grezza; il risultato sono poesie nonrivedute, non levigate e, appunto per questo, incomplete epoco soddisfacenti. In questa seconda parte, sebbene inminor grado, può trovarsi anche il prevalere inverso, cioèquello della forma sul contenuto; comunque sta a signifi-care un risultato, una poesia esplicitamente non rivista.Esiste infine quella parte di mezzo che consiste di scrittiche chiamo semicompleti, in cui la mano dell’autrice, odel curatore o dell’editore, ha creato parti complete che sialternano a quelle incomplete, dando un risultato scon-certante: in quest’ultima parte le vette sono accompagna-te dalle pianure e anche dai dirupi. In altre parole, nellaproduzione artistica meriniana, l’alto, nel senso di buonariuscita dell’arte, è sia separato dal basso sia alternato adesso. Se i primi scritti, in cui l’autrice non era ancora statasconvolta dalla malattia oppure ne era appena uscita e sifaceva in qualche modo aiutare, fanno parte del primogruppo, gli ultimi suoi scritti possono invece rientrare nelterzo. Certo, tutto ciò con le dovute eccezioni e precauzio-ni. Poi, quel che mi preme sottolineare è che tale triparti-zione si è delineata per una sorta di evoluzione della follia,o comunque di un suo divenire: una “follia artistica”, nelsenso di artisticamente controllata, dove le poesie sonochiare, ovverosia univoche, o perlomeno guidate o,insomma, per usare un concetto caro a Thürlemann, inqualche modo in grado di suscitare “la modalizzazione delsoggetto”18 leggente; sono composizioni in qualche modo

18. Da Il compianto di Mantegna della Pinacoteca di Brera o: il qua-dro fa l’osservatore, di Felix Thürlemann, in Leggere l’opera d’arte, ac. L. Corrain e M. Valenti, Esculapio, 1991, p. 82. Thürlemann parlaperò di arti visive e di “opere costitutive dell’osservatore”, che sono“quelle opere che sono in grado, con mezzi interni al quadro, di susci-tare, o per lo meno di contribuire a suscitare, la modalizzazione del sog-getto osservante, necessaria per un’adeguata ricezione” (ibi.). In questocaso, ovviamente, il quadro, inteso come opera artistica, è la poesia.

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INTRODUZIONE 29

razionali nella loro irrazionalità. Tale razionalità sorpreseanche il docente di psicopatologia dell’università diMilano Stefano Fiorelli (presso cui la Merini era in cura daoltre cinque anni) che lo disse nella prefazione a Destinatia morire. Poesie vecchie e nuove19 del 1980, l’opera cheruppe il suo ventennale silenzio: “quando mi ha conse-gnato le bozze del suo volumetto io sono rimasto sconcer-tato: come aveva potuto redigere un libro, con quale luci-dità di pensiero? Io sono psicologo e posso comprenderecerto come da un caos interiore possa nascere la lineapurissima della poesia, ma il fenomeno Merini mi ha sem-pre sconcertato” (vale insomma il vecchio aforisma nicia-no: “bisogna avere in sé il caos per partorire una stella chedanzi”). Si possono usare anche le parole di VittorioStrada a proposito di Delitto e castigo20: “La follia («l’o-scuramento della ragione» di cui parla Raskol’nikov) deveuscire dalla prigione della propria solitudine e, facendosiresponsabile della propria verità, si riscatta nel suo oppo-sto, cioè in ragione, nel massimo di ragione”, per laMerini, una follia “razionalizzata” dalla ragione (il paral-lelo tra Dostoevskij e la Merini sarebbe fecondissimo maanche facondissimo, e farebbe uscir di tema, anche se iparallelismi mi tentano: Pietroburgo/Navigli, Golgota,sofferenza prima e dopo il delitto/l’amore…). Ebbene, daquesta follia controllata si passa ad una semicontrollatache arriva alla volte al non-sense, alla sconclusione, siagrammaticale che logica, all’irrazionalità dell’irraziona-le21. Questa involuzione di cui ho appena parlato è però ingenerale, non è netta né così drastica, e non prevede l’e-

19. Destinati a morire. Poesie vecchie e nuove, Alda Merini, pref.Stefano Fiorelli e una Lettera a Gentilucci di Alda Merini, Antonio LalliEditore, novembre 1980, pp. 64; cit. in La Terra Santa, Scheiwiller, op.cit., p. 160.20. Il problema di Delitto e castigo, in Tradizione e rivoluzione nellaletteratura russa, Einaudi, 1980, p. 45.21. In un’intervista riportata su un libro a lei dedicato (Nata il 21marzo, a c. Lorella De Bon, Terresommerse, marzo 2006, p. 5) laMerini riesce a dire che “sicuramente ne capirete più voi che mi legge-te, anche perché la Merini non si capisce mica…”

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sclusione dell’autocontrollo critico della poetessa per lesue ultime opere, quelle lontane dal suo esordio e a noicontemporanee.Per concludere, credo opportuno riportare una risposta

datami da Grittini22, il suo fotografo di fiducia che, allamia constatazione che non esistevano fino ad allora saggisulla Merini (perché avevo iniziato a chiedergli dellaMerini e lui continuava a darmi dettagli della sua vita odi possibili incontri con persone che la conoscevano)rispose: “Beh”, ma rendo la frase più libera, “la poeticadella Merini è interpretazione”; a questa affermazionepuò accostarsi la frase che la Merini stessa mi disse neldicembre 2003, a proposito del “segreto” della sua poe-sia: “È come capire, voler sapere perché gli occhi azzurrisono così”. Però, se “l’interpretazione è personale”, ioaffiancherei, non tanto per smentire queste frasi ma pernon perdere l’intento scientifico del presente studio, oltreal già menzionato Thürlemann, una frase di Eco23:“Interpretare un testo significa spiegare perché questeparole possono fare varie cose (e non altre) grazie almodo in cui vengono interpretate”, altrimenti risultavero il pensiero di “Todorov (che sta citando Lichtenberga proposito di Böhme)”, secondo cui “un testo sarebbesolo un picnic dove l’autore porta le parole e i lettori ilsenso.”

22. Incontro avvenuto attorno alla seconda settimana del dicembre2003; la stessa data vale anche per la successiva frase della Merini.23. In Interpretazione sovrinterpretazione, Umberto Eco, Bompiani,1995, p. 34.

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CAPITOLO I

Merini rifiutata

Archivio Corti e incontro con la poetessa: esperienze, riflessioni, apporti

Al mio arrivo al Fondo Manoscritti del Centro di ricercasulla tradizione manoscritta di autori moderni e con-temporanei dell’Università di Pavia, fondato dalla semio-loga e critica letteraria Maria Corti, mi sono trovato difronte a un vero e proprio mare di scritti della Merini.Tali scritti, sotto forma di dattiloscritti, manoscritti, car-teggi, libretti e opuscoli, e non sempre su supporti carta-cei normali, quelli adatti cioè alla scrittura, ma anche peresempio su fazzoletti di carta o su poster, hanno fatto sìche, all’inizio, mi smarrissi e temessi che i dieci giorni24

da me richiesti per l’approfondimento della tesi nonbastassero, anche per il semplice motivo che gli scrittinon avevano un ordine, se non vagamente cronologico.Poi però, dovendo in qualche modo immergermi in que-sto mare, mi decisi, com’era abbastanza ovvio, di iniziaredalle cose che apparivano più importanti, quali pubblica-zioni rare, opuscoli e le prime poesie manoscritte che sipotevano reperire. Benché il numero delle ore non fosseingentissimo per quella mole cartacea, e grazie all’aiutodel funzionario e dell’operatore di biblioteca, ne vennifuori con una buona veduta d’insieme, sebbene ad alcunecartelle, zeppe di lettere, abbia dovuto rinunciare.

24. Ridottisi a sette per i giorni di chiusura. Il periodo del mio soggior-no pavese e della frequentazione del Fondo Manoscritti dell’Universitàdi Pavia va dal 28 marzo al 6 aprile 2003.

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All’inizio ho incontrato, negli svariati tipi di foglio,poesie che non testimoniavano tanto un poeta, quantouna persona che, con il foglio, avesse una condizione dicolloquialità, alle volte più riflessiva che artistica, e ciòm’insospettì, facendomi arrivare a pensare che la Merinifosse una costruzione fatta da critici esperti. Ma già dallafine del primo giorno riconobbi che in mezzo a queste‘riflessioni poetiche’, alle volte dei veri e propri deliri,c’erano le poesie, o meglio, le varianti di poesie che poisarebbero state pubblicate nelle raccolte meriniane, epiù ancora altre, per ora inedite, che erano alla loroaltezza. Da ciò conclusi che c’era stata un’opera di sele-zione e di aiuto da parte di critici, soprattutto da parte diMaria Corti. Giunto a questa conclusione e tornato nellastanza dove venivo ospitato, mi misi alla ricerca delleprefazioni e delle introduzioni che mi potevano spiegarequalcosa, o segnalare almeno una traccia di comprensio-ne. E ci riuscii, e ovviamente grazie alla Corti, dellaquale trovai una segnalazione a proposito dei mano-scritti meriniani:

“La mia scelta [a proposito della raccolta La TerraSanta], concordata con l’autrice, avvenne su un dattilo-scritto di oltre un centinaio di testi, non tutti alla stessaaltezza, a dire la verità. Ma è questa un’altra caratteristicadell’operazione poetica della scrittrice, spinta dagli stessimedici, per ragioni terapeutiche a mettere tutto su foglio,donde l’opportunità della selezione ai fini artistici”25.

La semiologa amica della Merini continua chiarendoancora meglio la problematica e parlando proprio dellaraccolta dei manoscritti pavesi:

“Le poesie inedite di questo volume [Vuoto d’amore]si trovano in manoscritti o dattiloscritti del FondoManoscritti […]; ma probabilmente anche nei cassetti di

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25. Dall’ intr. Maria Corti a Vuoto d’amore, op. cit., p. VIII. Le due cit. ss.sono a p. X.

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vari scrittori e amici della Merini, data la sua tendenza adistribuire abbondantemente, anche via postale, i propritesti prima della stampa. A volte il processo si complicain quanto a diverse persone sono offerte diverse stesuredello stesso testo. […] Capita che la Merini a volte nonmigliori i suoi testi toccandoli a freddo, dato il tipo dipoesia istintiva ed epifanica in lei frequente”.

E ancora, arrivando al nocciolo della questione:

“Va segnalato che nel Fondo pavese molti, anzi moltis-simi sono ancora i testi poetici inediti […] Per anni laMerini si è abituata a scrivere di getto a scopo liberatorio:ne nascono testi ora di alto valore, ora di carattere comu-nicativo. Di qui l’utilità di un lavoro di selezione che deveessere proprio non dell’autrice ma di un critico serio”.

Quindi la mole si giustifica con la terapia, e non soloquella ma anche la scrittura narrativa affiorata dopo l’in-ternamento manicomiale, che ancora oggi si mostra. Ilconsiglio della cura _ la scrittura come terapia _ è diventa-ta un’abitudine a scrivere poesie, e si è accentuata in que-sti ultimi tempi, dando risultati eterogenei e molto alterniin fatto di qualità. Va segnalato però che già a quindici annisi sentì dire dai medici di leggere, e sempre per curarsi26.Questo vuole dire che ha sempre scritto per stare bene?Forse; può essere che lo scrivere abbia in lei sempre agitocome sfogo, ma ai primi tempi, quelli del pre-internamen-to, la poesia si sviluppava chiaramente nella sua particola-re religiosità, mentre in un secondo tempo, quello del post-

CAP. 1. MERINI RIFIUTATA 33

26. Che leggere non sia scrivere è lapalissiano, ma leggere non significaannullare la possibilità di scrittura (che forse le è stata comunque con-sigliata in quegli anni); dalla seguente dichiarazione, misteriosa ma l’u-nica su questo fatto, non si può rinunciare a credere che lei non abbiacominciato a scrivere su consiglio dei medici: “Afflitta da una tremendacecità isterica, un giorno il dottor G. alle Molinette ebbe una pensata:mi mise in mano un libro e mi ordinò brutalmente di leggere. Lo guar-dai negli occhi e nacque dentro di me ‘La presenza di Orfeo’…”, daReato di vita, op. cit., p. 22.

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internamento, la poesia si è sviluppata in volontà di comu-nicazione eliminando le precedenti oscurità.Tutto, o quasi, il notevole materiale che la Merini inviava

aveva a che fare con la propria produzione artistica o con lapropria vicenda personale: poesie, prose, librettini, edizioniprivate, corrispondenze varie, articoli, recensioni su alcunesue opere o di alcuni suoi amici. Non c’era un ordine chevenisse rispettato: si poteva trovare in una busta degli anninovanta poesie del secondo marito, il poeta Michele Pierri,degli anni cinquanta; oppure uno scambio epistolare conQuasimodo negli anni cinquanta in buste degli anni ottanta;si potevano trovare libretti o poesie edite o inedite senza indi-cazioni di data se non quelle del timbro postale che, per leragioni appena viste, dicevano ben poco. L’ingentissimomateriale è composto più da lettere che da poesie: nelle lette-re trapela una Merini amica, sempre grata a chi le scrive, mavi si può scorgere anche una Merini infantile o adolescenzia-le. Infantile soprattutto perché molte lettere possono averetoni dolci ed elogiativi e tante altre possono averne di amari ed’invettiva.Molto del materiale presente al Fondo pavese è quindi

inedito per volontà della Corti. Abbiamo visto che lasemiologa aveva sempre auspicato un lavoro critico e diselezione nei riguardi di questa sterminata produzioneprivata. Il materiale privato, dopo la morte della Cortiavvenuta nel febbraio 2002, non ha trovato più un centrodi raccolta, ed è finito in mano a una grande quantità dieditori e tipografi pronti a pubblicare qualsiasi cosa dellapoetessa, senza un benché minimo senso critico o un pic-colissimo lavoro intellettuale nella sua presentazione.Una constatazione piuttosto ovvia è che la suddetta pro-liferazione di opere, operette, librettini, libercoli et simi-lia della Merini, dal gusto alle volte quasi volgare impo-sto da certi editori, è dovuta al successo mediatico che lapoetessa ha acquistato da quando, nel 1992, è comparsaper la prima volta alla nota trasmissione televisiva diMaurizio Costanzo. Stando ai media televisivi la poetessa

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risulta essere quasi l’unico poeta italiano, e non a casomolto spesso è stata chiamata “la più grande poetessa ita-liana” (alcune volte seguito da “contemporanea” altre da“del ‘900”). Non che non si possa essere d’accordo, maquesto merito a me sembra essere stato messo dai mediapiù per mancanza di altri nomi noti a loro che per quali-tà comprovate. Il vero problema, che qui solo si solleva, èche se i media parlano “troppo”, la maggior parte dei cri-tici letterari tace. In questo senso deve intendersi l’affer-mazione di Giancarlo Majorino a proposito della poesiameriniana che “può disturbare gli esperti e sedurre gliinesperti”27: “l’impossibilità che spesso si avverte, diseparare l’Alda Merini delle cronache – la singolaritàdella sua poesia e del suo ‘personaggio’ – dall’AldaMerini della poesia”28 fa si che la maggior parte dei cri-tici ‘di professione’ tendano a non rischiare e quindi anon prendere posizione. È una specie di secondo rifiuto,opposto al precedente. Insomma, “L’impressione genera-le è che […] manca un reale interesse per i testi”29.Ritornando alla questione della proliferazione delle

opere, essa risulta problematica soprattutto per il fattoche in queste discutibili pubblicazioni possano trovarsipoesie che valgano l’acquisto e siano di una perfezionestrabiliante o di un’intuizione profonda. Per fortuna laquestione ha le dovute eccezioni: alcuni, pochi, amici(intellettuali o editori) sono riusciti a preservare le quali-tà migliori della poetessa e a farle emergere in certi suoilibri. È soprattutto a questi che noi guardiamo.L’ultima cosa da dire riguarda il mio incontro con la poe-

tessa. Parlare del mio colloquio con lei non significa certo

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27. In Poesie e realtà 1945-2000, Giancarlo Majorino, Marco TropeaEditore, Le Querce, novembre 2000, p. 242.28. In Il multiforme universo della poesia di Alda Merini, SilviaDipace, Prospettiva Editrice, maggio 2008, p. 37; e ancora: “Esiste,insomma, un ‘caso’ Merini, che inceppa l’analisi critica e crea un po’ diconfusione” (p. 39).29. In Roberta Alunni, Alda Merini L’«io» in scena, Società EditriceFiorentina, monografia 1, dicembre 2008, p. 114.

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parlare di intervista, se per intervista s’intende unadomanda seguita da una risposta almeno parziale ocomunque inerente l’argomento richiesto. Con la Merininon si può dialogare, poiché fa monologhi (non so daquanto tempo, ma sicuramente già dal 1994, anno in cuivenne pubblicato il libro Reato di vita30), e sente ledomande in un modo tutto suo. È come se rispondesse aduna seconda domanda presente nella domanda appenaposta, e sconosciuta al richiedente. Probabilmente è a que-sta caratteristica che Ambrogio Borsani si riferisce quandoafferma che “Chi conosce e frequenta Alda Merini sa cheogni momento della vita viene da lei vissuto due volte.Prima nella realtà, poi nella sua proiezione fantastica”31:lo scarto tra questi due mondi è breve. Non è né un glissa-re né un travisare, bensì è come avere un orecchio che alte-ri la domanda. Per spiegare questa particolarità può forseessere utile una frase, che utilizzo come suggerimento, diGiorgio Manganelli, personaggio a lei caro e da lei ricorda-to più volte come grande maestro: “Essere distratti quan-do si cattura una parola che sembra illuminante, e deviarestranamente il discorso, così che chi ci intrattiene noncapisca che mai si abbia in mente.”32

Alle volte però tracce di lucidità logica nella risposta alledomande fatte ci sono, ma sono molto sporadiche e comun-que brevi. Non esiste, che io sappia, un’intervista chiara elogica, cioè con tutti i crismi consueti, che vada dall’inizioalla fine. Questo è un problema, che io preferisco chiamarecaratteristica, sollevato da molti; quando non sollevatosalta naturalmente agli occhi di chi non si fa depistare dallariposta orfica, misterica, o semplicemente ‘sbagliata’ dellapoetessa. Lamentele di ciò si hanno in molti autori; unesempio per tutti è in Paolo Mattei, il quale afferma che

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30. Op. cit.31. Dalla “Nota” di Ambrogio Borsani in Delirio amoroso, il melangolo,Nugae 40, gennaio 1997 (I ed. 1989), p. 109.32. In La notte, Adelphi, Biblioteca Adelphi n°326, settembre 1996, p.25.

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“Nella vita di Alda Merini bisogna entrare in punta di piedi.Anche perché, se sospetta che vuoi rubarle il segreto, il suosegreto di poeta, è pronta a innalzare le sue barriere”33, eriporta alcuni versi della poetessa: “Se qualcuno cercasse dicapire il tuo sguardo/Poeta difenditi con ferocia/il tuosguardo sono cento sguardi che ahimè ti hanno/guardatotremando”34. Continua poi così:

“La Merini riesce infatti a reinventare anche un generetutto sommato vecchio come quello dell’intervista. Tu […]vuoi parlare della follia […] come forma di esilio; lei, dopoaverti ascoltato con calma, ti risponde chiedendoti se percaso hai qualcosa da mangiare […] E se provi di nuovo aseguire la tua logica - spieghi, ti affanni, lasci capire chehai letto i suoi libri e vorresti fare un po’ d’ordine fra tante,opposte, sollecitazioni - la vedi appannarsi e farsi semprepiù distante. È un pessimo segno, se continua così nel girodi pochi minuti si perde la sua attenzione. E allora è lafine. Molto meglio assecondare i suoi ritmi un po’ illogici”-ed è ciò che fanno tutti- “e proprio per questo, a tratti,geniali. Poi si può sempre rimettere ordine a posteriori, inquella rete di caos e disordine che sono le sue risposte. Unlabirinto all’interno del quale non sempre è agevole orien-tarsi. Può accadere di tutto […] intimando: ‘Ma questa èun’intervista oppure, con tutte queste domande, lei vuolerubarmi il mestiere?’”35.

Dove non deraglia dai consueti canoni, rispondendocosì alla domanda, la poetessa risponde spesso con breviincisi, che suonano come sentenze e che tagliano qualsia-si ulteriore sviluppo di comunicazione; succede spessoquando le domande siano da lei considerate sempre le

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33. Da Esuli. Dieci scrittori fra diaspora, dissenso e letteratura, pre-sentazione di Gustaw Herling, Paolo Mattei, minimum fax, maggio1997, p. 185 (nel capitolo “Alda Merini: la pazza della porta accanto”)[saggio apparso anche nella rivista Poesia n.107, giugno 1997 col titolo“Prigioniera della libertà”].34. Da Lo sguardo del Poeta, In Vuoto d’amore, op. cit., p. 3.35. Da Esuli, op. cit., pp. 189-190.

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stesse o risultino scottanti. Questi quasi apoftegmi sonodi vario tipo: si va dallo scherzoso allo schernevole, dalserio al tragico, dal delizioso al volgare. Quattro breviesempi:

1) D: “Cosa dice ai nuovi poeti?” R: “Non scrivete!” D:“Ma cosa devono fare?” R: “Suicidarsi!”36

2) D: “Di fronte a un obiettivo si mette subito in posa,si diverte” R: “Sono una donna dal clic facile”37.3) D: “Allora crede nell’al di là?” R: “Mio marito ce l’ha

un al di là. Io no.”38

4) “Una per strada mi chiede: ‘Che cos’ha lei più dime?’. Ho detto: ‘Signora, il seno’.”

Infine, un’altra caratteristica, anche questa comprovatada me, è la sua enorme generosità, testimoniata da più omeno tutte le persone che sono andate a trovarla. La suagenerosità si manifesta nell’elargizione di doni, di tutti itipi: si va da una tastiera a una fotografia, a innumerevolipoesie. Chi scrive, per esempio, ha ricevuto da lei unagigantografia (47x65cm), fatta dal suo fotografo di fiduciaGrittini, che la ritrae assieme ad un mastino, fuori da unbar. Comunque, i suoi doni sono oggi soprattutto poesie, eoggi è un periodo che vede accentuata la caratteristicaorale, espressa principalmente attraverso telefonate39.

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36. Dal mio incontro con lei avvenuto a metà dicembre 2003.37. Da un’intervista trovata sulla rete, ora irreperibile, che non riportané il nome dell’intervistatrice né la data (comunque stimabile, da variindizi, attorno la fine del 2004).38. Dall’intervista fatta il 16 settembre 2002 da Silvia Dipace, in Il mul-tiforme universo della poesia di Alda Merini, op. cit., p. 100 (la cit. ss.è a p. 102).39. In più parti dei fogli pavesi si trova testimonianza delle ingenti bol-lette telefoniche e della difficoltà a pagarle; si parla pure di chiusure deltelefono e di bollette di milioni di lire (il fatto è stato anche riferito inpubblico dalla poetessa durante la già cit. trasmissione di MaurizioCostanzo MCS. Il Diario speciale).

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CAPITOLO II

Biografia, biografie

Essendo la poetessa vivente, biografie su di lei che sianoin qualche modo complete non esistono. Alcune traccebiografiche sono riportate nei suoi libri ma, ad esclusio-ne delle due introduzioni di Maria Corti a Vuoto d’amore(1991) e a Fiore di poesia40 (1998), sono insufficienti;risultano non solo insufficienti ma anche fuorvianti i datie le vicende biografiche, rintracciabili nelle interviste onegli articoli che la riguardano, soprattutto a causa dellasuperficialità di molti giornalisti o critici, che confondo inomi delle figlie, i luoghi, le opere e le date. Le introdu-zioni della semiologa, benché affidabili, non sono peròmolto estese e la biografia è seguita in parallelo alle operedella poetessa, per un risultato biobibliografico. Per cuisarò costretto ad estrapolare dalle introduzioni dellaCorti le notizie utili ad un quadro generale della vita dellaMerini. Per comprendere ancora meglio la vita della poe-tessa sarà utile, in un secondo tempo, vedere come leistessa vede o ricorda la propria vita, raccontandola comefosse leggenda41. Seguirà in ultimo uno specchietto bio-

40. Nella seconda introduzione la Corti ripropone spesso le stesse paro-le della prima; c’è però da segnalare che questa seconda affronta operecronologicamente posteriori e quindi non affrontate in quella prece-dente.41. Come si vedrà al punto II del presente cap., mi riferisco alle sue dueopere Reato di vita, op cit., e Sono nata il ventuno a primavera, a c.Piero Manni, Manni Editore, Pretesti 225, marzo 2005, pp. 101.Giustamente Andrea Cortellessa parla di Legenda Sanctae Alda (Lafisica del senso, op. cit., p. 161) e la Alunni di ricordi “teatralizzati” (inAlda Merini L’ «io» in scena, op. cit., p. 27).

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ALDA MERINI40

grafico che, se non avrà la completezza (la poetessa è vivae i dati disponibili oscuri e contradditori) avrà almenol’affidabilità e la rigorosità cronologica.La particolare anormalità della Merini sembra divenire

normale (cioè voluta e decisa chiaramente) quando con-statiamo che conosciamo di lei solo quello che lei vuolfarci sapere: “La cosa a cui bisogna stare attenti, quandouno si confessa in pubblico, è quello che non sta confes-sando”42. Non ci sono veri testimoni che raccontino(tranne le accennate sporadiche dichiarazioni di qualcu-no) i vari aspetti della sua vita. È lei a tessere le tramedella sua biografia che diventa così (quasi) sempre auto-biografia per bocca e penna di altri.

1. Biografia

Alda Merini è nata a Milano il 21 marzo 1931 da una fami-glia in cui il padre lavorava alle Assicurazioni GeneraliVenezia e la madre era casalinga. Nella famiglia c’era giàuna sorella maggiore e arriverà un fratello minore. LaMerini ha frequentato le scuole professionali all’IstitutoLaura Solero Mantegazza, cercando poi inutilmente difarsi ammettere al liceo Manzoni perché respinta in ita-liano. Attorno a questo periodo incomincia a studiare ilpianoforte e a quindici anni a scrivere le prime poesie:“Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, passò qualche poe-sia ad Angelo Romanò, che a sua volta le passò a GiacintoSpagnoletti, giustamente considerato il vero scopritoredella Merini” (Corti, 1991, p. VI). La futura poetessacominciò a frequentare nel 1947 la casa di quest’ultimodiventando così parte della sua cerchia di amici, che com-prendeva scrittori, poeti, letterati fra cui: GiorgioManganelli, Luciano Erba, Davide Turoldo, Maria Cortied altri ancora. Proprio durante il 1947 venne internataper un mese a Villa Turro, una clinica psichiatrica priva-

42. Da Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione,J.D.Salinger, Einaudi, Nuovi Coralli 382, 1998, p. 140.

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 41

ta, poiché “incontrò le prime ombre nella sua mente”(ibi.). Alla sua uscita trovò alcuni amici, soprattuttoManganelli e Corti, che le consigliarono dei medici. Nel1950 Spagnoletti pubblicò, per la prima volta, due suepoesie nell’Antologia della poesia italiana 1909-194943

che divennero quattro nel 1951 in Poetesse delNovecento44. Dopo la partenza di Manganelli da Milano,nei primi anni ‘50 la Merini intrattenne rapporti di ami-cizia e di lavoro con Salvatore Quasimodo. Nel 1953sposò Ettore Carniti, “proprietario di alcune panetteriemilanesi” (ivi p.VII). In quello stesso anno esce il suoprimo volume, La presenza di Orfeo45, che sarà seguito,nel ‘55, da Nozze romane46 e da Paura di Dio47; lo stes-so anno vedrà la nascita della prima figlia, Emanuela. Laraccolta successiva Tu sei Pietro48, del 1961, è dedicatanon all’apostolo ma al medico curante della figlia, Pietroappunto. Dal 1965 ha inizio l’internamento al manicomioPaolo Pini di Milano che prosegue fino al 1972 con alcu-ni brevi ritorni in famiglia che vedono anche la nascitadella seconda figlia, Barbara. Segue un’alternanza dimalattia e salute fino al 1979 quando, “a detta dellaMerini stessa, lei torna a scrivere e soprattutto dà l’avvioai testi poetici più intensi” (ivi p.VIII), quelli raccolti ne LaTerra Santa49. Nel 1981 le muore, dopo una lunga e

43. Op. cit.44. Poetesse del Novecento, Scheiwiller, 1951.45. La presenza di Orfeo, Schwarz, quinto quaderno della collana dipoesie «Campionario», gennaio 1953, pp. 36 (tiratura 1000 cp. num.);ora in La presenza di Orfeo, Libri Scheiwiller, «Poesia» n. 50, giugno2003 (I ed. settembre 1993), da cui d’ora in poi citerò.46.Nozze romane, Schwarz Editore, XIII volume della collana «Dialoghicol Poeta», 1955; ora in La presenza di Orfeo, Scheiwiller, op cit.47. Paura di Dio, All’Insegna del Pesce d’Oro, collana «SerieLetteraria», 21 marzo 1955; ora in La presenza di Orfeo, Scheiwiller, opcit.48. Tu sei Pietro. Anno 1961, a c. Mario Costanzo, Vanni Scheiwiller,All’Insegna del Pesce d’Oro, «Lunario», 21/03/1962, pp. 52 (tiratura500 cp. num.); ora in La presenza di Orfeo, Scheiwiller, op. cit.49. Op. cit.

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penosa malattia, il marito Ettore. Rimasta sola, la Meriniaffitta una camera ad un pittore, Charles, e cominciano leinterminabili telefonate al poeta tarantino MichelePierri, “ammiratore della sua poesia” (ibi.). Dopo dueanni di tribolazioni in questo “labirintico triangolo: ilmarito morto, il pittore presente, il poeta tarantino lon-tano” (ivi p. IX), sposa, alla fine del 1983, il poeta Pierri esi trasferisce a Taranto. Poco prima, grazie all’aiuto dellaCorti, che può “testimoniare la generale ottusa indiffe-renza degli editori” (ivi p. VII), riuscì a pubblicare unaparte delle poesie che poi formeranno La Terra Santasulla rivista Il cavallo di Troia. A La Terra Santa, cheracconta in versi l’esperienza manicomiale, si possonoaccostare per tematica il diario L’altra verità50 del 1986e il Delirio amoroso51 del 1989, che raccontano la stessaesperienza ma in prosa.Al periodo tarantino (ottobre ‘83 - luglio ‘86) risalgono

alcune poesie che appaiono prima in “autoedizioni”, avolte introvabili (come Rime petrose52, Le più belle poe-sie53, La gazza ladra, Per Michele Pierri54), poi quasitutte vengono raggruppate in diverse raccolte. Nel luglio1986, la Merini ritorna a Milano dopo aver trascorso aTaranto un periodo alquanto oscuro, soprattutto perchélei poco ne parla, in cui rivisse ancor più terribilmente gliorrori del manicomio. A Milano va in cura dalla dotto-ressa Rizzo e riprende pian piano la vita normale, grazieanche alla pubblicazione, su interessamento diScheiwiller, de L’altra verità. “Per sua fortuna e nostraletizia Alda Merini negli ultimi anni Ottanta e nei primianni Novanta riprende quota, scrive, avvicina gli amici diun tempo” (Corti, 1998, p. XIV) e affianca la prosa alla

50. L’altra verità. Diario di una diversa, Libri Scheiwiller, Prosa n.2,maggio 1986, pp. 128. Alcuni passi di questo libro uscirono, prefati daGiorgio Manganelli, nel settembre 1983 sulla rivista Alfabeta.51. Op. cit.52. Autoedizione, 1983, pp. 38, ora in La Terra Santa, Scheiwiller, op. cit.53. Autoedizione, 1983.54. Queste ultime due opere compaiono in Vuoto d’amore, op. cit.

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 43

poesia con L’altra verità, Delirio amoroso già menziona-ti Il tormento delle figure55, La pazza della porta accan-to56 e altri libri ancora. L’affiancamento dei due generiaumenterà per la presenza di entrambi nella stessa rac-colta (si veda ad esempio Ipotenusa d’amore, La paludedi Manganelli o Il monarca del re, Un’anima indoci-le57). Per la stessa casa editrice di queste ultime treopere, La vita felice, esce nel 1993 Titano amori intorno,in cui si celebra l’uomo di questo periodo, Titano appun-to, un barbone che la poetessa ospita in casa. La frequen-tazione al caffè-libreria “Chimera”, nell’area dei Navigli,con amici letterati, intellettuali e artisti, la porterà adelargire loro molti dattiloscritti “tormentati graficamenteperché scritti su una oramai vecchia macchina da scrive-re priva di nastro” (Corti, 1998, p. XVII). La raccoltaBallate non pagate58, che contiene poesie composte dal1989 al 1994, si ricollega a questa atmosfera “difficile einsieme indimenticabile, che era già desto[a] nel secoloXIII con Bonvesin da la Riva” (ibi). Queste poesie sono lospecchio delle esperienze della Merini e in loro vi si cantal’angoscia per la morte di cari amici (Manganelli, Titano,Pierri e Roberto Volponi). La Corti termina il resocontointroduttivo dando conto dell’opera La volpe e il sipa-rio59 in cui “si rivela […] costantemente applicata la tec-nica della poesia che nasce di getto per via orale e altritrascrivono” (ivi p. XVIII). Io posso aggiungere solo duecose ancora. La prima è la scomparsa di persone a leimolto care, dalla grande amica Corti al grande amicoScheiwiller. La seconda è che, dal ‘9260 in poi, la Merini

55. il melangolo, nugae 6, 1990, pp. 87.56. A c. Chicca Gagliardo e Guido Spaini, Bompiani, Tascabili Bompianin.375 Romanzi e Racconti, 1995, pp. 158.57. Tutte opere pubblicate presso l’editore La vita felice, le prime duedel 1992 e la terza del 1996.58. Einaudi, collezione di poesia n.252, 1995, pp. 112.59. Girardi Editore, 1997, con una tiratura di 333 copie fuori commer-cio; la raccolta sarà ristampata con lo stesso titolo solo nel novembre2004 presso la Rizzoli, Piccola Biblioteca La Scala, pp. 103.

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diventerà un fenomeno mass-mediatico che la farà esse-re, dal 2000 al 2005, il poeta più venduto in Italia61. Inquest’arco di tempo (dal 1992 a oggi) tutti la vorranno etutti o quasi lei accontenterà: dalle apparizioni in televi-sione (in primis con Maurizio Costanzo, che la fece cono-scere al grande pubblico, ma anche con Gigi Marzullo econ Vincenzo Mollica) alle innumerevoli intervisteapparse sui quotidiani più importanti d’Italia. Non credosia però utile fare un elenco delle persone celebri che leiha conosciuto perché spesso non le frequenterà più dopogli incontri. Questo prestarsi al pubblico, salvo nei perio-di in cui la salute cagionevole le fa disdire gli impegni, hacome conseguenza un aumento esponenziale delle opere.Questa sorta di invasione meriniana, già accennatanell’Introduzione, si spiega con un fatto molto importan-te e solo parzialmente nuovo (poiché alcune tracce pos-sono vedersi nelle opere del passato): mi riferisco allacaratteristica dell’oralità e della conseguente facilità di‘poetizzare’ il parlato, che già la Corti aveva segnalatocome caratteristica di questi ultimi tempi. A questo fattosi aggiunga la pressione di amici editori (da NicolaCrocetti a Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, ai ‘microedi-tori’) nel pubblicare qualsiasi foglio o parola della poe-tessa. Un caso limite si può vedere in La poesia luogo delnulla62, in cui una poesia non ha un inizio né una fine epare veramente un delirio. Con la conoscenza acquisitadel materiale cartaceo al Fondo Manoscritti

60. Anno in cui è apparsa per la prima volta al Maurizio Costanzo Showper presentare la seconda edizione de L’altra verità.61. Dato ricavato dalla tabella di una articolo di Enzo Golino intitolato“I cantieri della poesia” e apparso su «La Repubblica» il 24 marzo2005. In un sondaggio più recente (“Topo ten della poesia. Leopardimeglio di Dante e Alda Merini batte Petrarca”, in www.panorama.it,Cultura e società, 18.04.08, fatto dalla Società Dante Alighieri) siriscontra che Alda Merini è al 10° posto come “poeta più amato dagliitaliani” e l’unico vivente.62. Op. cit.; la poesia in questione ha nel suo incipit una prova di ciò: enon bastasse debbo anche lavare (p. 32).

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 45

dell’Università di Pavia posso asserire che la poesia inquestione è incompleta e molto probabilmente uno deitanti fogli volanti che la poetessa era solita regalare e cheun critico letterario serio, quale la Corti, avrebbe sicura-mente rifiutato per una pubblicazione o almeno avrebbecaldeggiato l’autrice a rivederla.Segnalo qui di seguito alcuni nomi di amici, che spesso

si confondono in amanti, che lei cita nelle dediche o neparla alle interviste: Giuliano Grittini, il già citato foto-grafo personale delle poetessa nonché suo amico,Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, amico scrittore chediventerà anche un piccolo editore, Acquaviva, dei suoifogli (piccolo solo perché non conosciuto e che con lei hapubblicato già più di una ventina di libri), J. ManuelSerantes Cristal, che, come lei dice, “mi assiste durante lemie bestemmie e le mie preghiere, che è diventato ilsecondo volto di Alda Merini”63, Alberto Casiraghi, scrit-tore, editore, disegnatore ed amico, con cui condividerà ilibriccini pregiati (vicini a quota mille!) delle edizioniPulcinoelefante e altri libri che lui illustrerà64, e tutti gliamici a noi sconosciuti che forse mai conosceremo mache hanno orbitato e orbitano attorno alla sua casa.

63. Dalla pref. dell’autrice stessa a Dés Cartes (Descartes), op. cit., p. 5.64. Si veda ad esempio L’anima innamorata, Frassinelli, I Libri diArnoldo Mosca Mondadori, 2000, Titano amori intorno, op. cit., maanche Aforismi e magie, Rizzoli, Bur La Scala, 1999 (opera che scegliealcuni brani dalle Edizioni Pulcinoelefante).

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2. Autobiografia

La Merini parla spesso, se non esclusivamente, di sé, e lenotizie della sua vita sono rintracciabili nelle opere diprosa e nelle molte interviste da lei rilasciate. Però unsolo libro è nato chiaramente come autobiografico, ed èReato di vita65 che qui di seguito sintetizzerò. Comeaccennato nel capitolo precedente, non ci si dovrà stupi-re se si troveranno dati contradditori, mancanze e aporie(tralascio le informazioni già date come ad esempio ladata di nascita e dei matrimoni, e cercherò di seguire unordine cronologico). Il passato e i vissuti vengono moltospesso da lei mitizzati, poetizzati e trasformarti in unavita da leggenda66.La madre, figlia di insegnanti di Lodi, non aveva volu-

to studiare ma aveva avuto gran buon senso e buona cul-tura. Il padre, intellettuale molto raffinato e buon tenore,era un assicuratore ed era figlio di un conte di Como e diuna contadina di Brunate; egli sapeva educare i figli e fuil primo maestro della Merini (le insegnò a leggere, ascrivere e, più avanti, i “segreti della matematica”). Daateo il padre si convertì al cattolicesimo per sposare lamadre di Alda. A cinque anni, sotto insistenza della figlia,il padre le dovette regalare un vocabolario e a otto aveva“mandato a memoria l’intera Divina Commedia”, facen-

65. Op. cit. Va inoltre ricordato che da poco è uscito il libro Sono natail ventuno a primavera. Diario e nuove poesie, op. cit., che è purtrop-po un ottimo esempio di come la Merini sia diventata agli occhi dell’e-ditore un grande affare: il libro è quasi un collage di vecchie dichiara-zioni, o affermazioni non nuove, e poesie già edite che si spacciano perpubblicabili perché seguite da “nuove poesie” che in totale sono 19.Sull’onda del nome si fanno tante cose e non credo all’insaputa dell’au-trice. Per un esempio peggiore si veda nella mia bibliografia finale illibro Canto Milano (2007), non a caso dello stesso editore.66. Due gli esempi dove esplicitamente parla di ciò: “La poesia è leg-genda specie in età giovanile” (in La presenza di Orfeo, Scheiwiller, op.cit., p. 8) e, riferendosi ai suoi cambiamenti, “Così l’uomo diventa leg-genda e la leggenda uomo” (Reato di vita, op. cit., p. 38).

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 47

dosi colpire dalle illustrazioni del Doré, e anche “tutta laDelly […] ma il mio entusiasmo era rivolto a Tolstoij,Dostoevskij, Victor Hugo e André Gide” (cosa che, chiscrive, dubita fortemente, vuoi per l’età e vuoi per la testi-monianza di parecchie contraddizioni). La madre eramolto restia nel permettere a questa figlia di leggere; perquesto motivo la futura poetessa dovette leggere dinascosto, ma “soffrii terribilmente di questi sforzi men-tali e soprattutto cominciai a sentire i primi sensi dicolpa”. Questa madre era “una madre fascista”, deditaalla disciplina e all’ordine, era molto bella e per questomotivo ammirata e invidiata dalla Merini. Nel periodoadolescenziale nasce un “blocco forse derivante” dai “vetitremendi” della “madre ad amare gli altri invece che ilFascio Littorio”. Nonostante che la madre fosse stata“felicissima a dare la sua fede al duce”, il padre non accet-tò di aderire al fascismo e fu mandato al confino.A dieci anni67 la Merini riceve da “Maria José del

Belgio […] il premio per la miglior piccola poetessa ita-liana”68, che consisteva in “un libretto della Cassa diRisparmio di mille lire”. Così la Merini descrive se stessa in quegli anni: “Di

natura malinconica, sempre un po’ vile nei confrontidella prepotenza dei coetanei, mi ero creata la mia imma-ginazione segreta e una inveterata solitudine che piùtardi avrebbe generato la mia nevrosi”, e ancora: “Mimancava l’effusione degli altri bambini e finii per ada-giarmi in una vita contemplativa, quasi sacrificale”. Anove anni s’innamora del coetaneo Roberto, figlio di unviolinista della Scala, con cui voleva scappare di casa; mail fatto venne scoperto e la vigilanza della madre, per evi-tare lo scandalo, aumentò. A questo ragazzo furono dedi-cate le prime liriche “scopiazzate”, come lei stessa dice,dal Corrierino dei Piccoli, imparando così “l’endecasilla-bo dalle didascalie dei vari Corrierini”69, sebbene “i

67. Che sono “otto” in Sono nata il ventuno a primavera, op. cit., p. 14.68. In ibi. parla di “diploma di poeta”.

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modelli di cultura [rimanessero] pur sempre i libri” delpadre.Nel frattempo continuava ad avere amori e a sedici

anni scappò con un fornaio. “Disgraziatamente tutti imiei amori si risolvevano in una frode romantica perchéle mie compagne riuscivano sempre a portarmi via iragazzi e cominciai a soffrire di quelle strane crisi diabbandono di cui ancora soffro”. Durante il primo bombardamento su Milano nasce il

fratello e dopo il secondo bombardamento (ottobre 1943)la famiglia deve lasciare la città per riparare nel novarese(“Fu quello stato di cose che decise poi della mia nevro-si”70) dove la Merini alternerà il lavoro di mondina conlo studio del pianoforte. Benché “Gli spaventi provati, noisenza dimora, il sovraccarico di mio fratello […] fecero sìche m’incupissi sempre più” e anche se “Noi, nella casa difortuna di Trecate, accampati in qualche modo in un’uni-ca stanza, ci arrangiavamo alla meno peggio”, tuttavia,per l’oramai dimostrata contraddittorietà della poetessa,“furono anni felici”. La famiglia ritorna a Milano a piedie “approda sul Naviglio”71, in “uno scantinato accanto

69. Una segnalazione a esempio delle sue molteplici contraddizioni: aotto anni aveva detto di “aver mandato a memoria l’intera DivinaCommedia”, ma ora afferma di aver imparato l’endecasillabo dalCorrierino dei Piccoli, che in realtà è in ottonari; come se non bastasse,in Sono nata il ventuno a primavera, op. cit., dirà di aver “imparato amemoria la prima cantica” (p. 16). Inoltre, in Antenate bestie da mani-comio, op.cit., p. 52, citando gli ottonari del Corrierino afferma:“memorizzavo quegli endecasillabi”; l’errore metrico contagia anche icritici (ad es. la Alunni non se ne accorge, in Alda Merini. L’«io» inscena, op. cit., p. 11). E ancora: lo scopritore ufficiale, GiacintoSpagnoletti, scriveva in un’analisi su di lei che “ha letto finora pochi enon sempre buoni libri, e ignora del tutto, per esempio, la DivinaCommedia” (in Antologia della poesia italiana (1909-1949), op. cit.,ora in La Terra Santa, Scheiwiller, op. cit., pp. 165-166).70. Molteplici, contradditori e non affidabili sono i motivi indicati dallapoetessa di Milano per la sua malattia, una malattia che molto spesso èdivenuta un’entità, un’idea, un concetto subito idealizzato…71. Per tutta la vita la Merini abiterà “sul Naviglio”, ad eccezione delperiodo manicomiale e di quello tarantino. Nonostante ciò, lei ricuserà

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 49

alla casa di Giacinto Spagnoletti”. Lì rimase fino a sedicianni. Proprio grazie a Spagnoletti entrerà a far partedella “prima società poetica”:

“Spagnoletti, pieno di premure, mi aprì la sua casa […]Io ero la più giovane di quei poeti e la meno istruita, e mifu data la Storia della letteratura del De Sanctis. Lascelta dei testi da leggere fu dunque influenzata dalleindicazioni di Manganelli, Spagnoletti, Erba, Camillo DePiaz, Turoldo, Quasimodo che, di volta in volta, mi rac-comandavano le loro letture preferite. Potei così interio-rizzare la cultura di quei grandi personaggi e conoscerlinell’intimo.”

assieme ad altri importanti personaggi milanesi dell’epo-ca, come Anna Banti, Violetta Besesti, le sorelleMaruccelli, le sorelle Fontana, Maria Luisa Spaziani.Segue poi una segnalazione importante: “Se è vero cheSpagnoletti fu il primo a scoprire la mia poesia (andavaleggendo le mie liriche per i salotti letterari con oh dimeraviglia), fu la contessa Borletti a pagare sessantamilalire ad Arturo Schwarz per la prima stampa”.Oltre a riuscire a viaggiare per tutta l’Italia grazie al

padre, la Merini veniva ospitata per tre mesi all’anno aMeana di Susa, in Val d’Aosta, dagli zii. Lo zio, tenentecolonnello e spadaccino, aveva tenute da caccia grandi ealla sua casa “convergevano i duchi d’Aosta, i blasonati,Hemingway, Dogliotti, Mangiarotti, mia cugina alla lon-tana Nanda Pivano”72, la nota americanista da pocoscomparsa.

più volte la definizione di “poetessa dei Navigli” e non solo perché “nonmi garba proprio. Il Naviglio non è quello di una volta” (da Confessionedi un poeta. Racconti, a c. Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, Acquaviva,dicembre 2006, p. 61). A questo proposito si segnala un suo libro (Lezolle d’acqua, op. cit.) che riporta sotto il nome la dicitura: “poetessa aiNavigli” e in un’introduzione (Baldanza della cenere, Zanetto Editore,aprile 2007, p. 5) è definita: “la musa dei Navigli”.72. In Sono nata il ventuno a primavera, op. cit., p. 14, afferma pas-sasse anche Croce.

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ALDA MERINI50

A quindici anni era stata “mandata a Torino per unagrave anoressia, iniziata durante la guerra a causa dellavera fame che si era provata ed aggravatasi per il dolorecausatomi dall’interruzione degli studi ordinati” dallamadre, poiché era nato il “fratello e non c’era da mangia-re per tutti. I miei zii mi fecero curare dai migliori neuro-logi di Torino, ma non volevo guarire. Afflitta da una tre-menda cecità isterica” si riprese dopo un mese circa73. Inquesto periodo incontra Manganelli, che “malgrado fossegià sposato […] aveva paura di toccarmi e non sapevacome dirmi che mi voleva bene”. Manganelli l’affidò allecure di Fornari; ma i tre poi litigarono e Manganelli, “nonriuscendo ad ottenere un divorzio consensuale dallamoglie e vedendosi portar via la figlia, fuggì da Milano”.“Per consolarmi della fuga di Manganelli finii tra le brac-cia di Quasimodo che, riuscendo ad amare tre o quattrodonne alla volta, era più permissivo”.Le parole che usa in questa autobiografia per descrive-

re la sua cerchia di amici di quel tempo sono particolari econtraddittorie se accostate ad altre sue. Non vogliosegnalare il confronto con questi contradditori giudizima riporto semplicemente qualche frase a loro dedicata:“David Maria Turoldo […] come me fu un avido sognato-re. […] dopo vari miei tentativi di piegare David a sentir-si santo, quel mio continuo chiedergli grazia finì per irri-tarlo. Non voleva assolutamente essere considerato unuomo diseguale, diverso”; “Pasolini era scattante, simul-taneo, apparentemente duro di cuore […] era fattivo,volitivo, tempestoso […]” segue una frase che la coglie inflagrante ma forse involontaria invenzione: “Più tardi

73. In ivi pp. 17-18 c’è un’altra sua variante che riporto perché impor-tante: “ho fatto una poderosa cura dimagrante a base di…non mangia-re, per cui mi sono guadagnata un esaurimento nervoso e sono cadutain un’anoressia potente che poi ho curato con lo shock da insulina. […]Mi è venuta la grande cecità isterica, non ci vedevo più; per circa treanni sono stata cieca e ho girato per tutti gli oculisti […]”; qui si dubitadi un periodo così lungo di malattia oppure va riferito ad anni prece-denti, ma ulteriori tracce non se ne trovano.

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 51

Nelo Risi gli propose [a Pasolini] la messa in scena delDiario, ma non se ne fece nulla”; è invenzione poichéPasolini morì nel 1975 e a quel tempo la Merini frequen-tava ancora il manicomio di Milano e il suo libro non eraancora uscito.Successivamente, per volontà soprattutto della madre,

sposa Ettore Carniti benché il suo proposito fosse quellodi entrare in convento. Il marito, spesso ritenuto da alcu-ni il fautore del suo internamento, viene qui difeso dallapoetessa, sebbene in alcune dichiarazioni ne parli moltomale74; anche qui i suoi giudizi sono contradditori.Con la frase seguente, considerata da me fra le più

adatte alla conoscenza del mondo merinano, la poetessainizia a parlare del suo internamento: “per me il manico-mio è stato un formidabile punto di osservazione”; e con-tinua: “malgrado tutta la mia preparazione culturale, ciòche mi ha salvata è stato lo stupore, la capacità di stupir-mi, più che arrabbiarmi, di fronte alla perdita di dignitàdell’essere umano”. Poi si trovano asserzioni che solleva-no ulteriori dubbi, come ad esempio: “Ho accettato ilmanicomio perché mio padre non credeva in Dio, noncredeva negli uomini” e “Quando mia madre morì trovaiun sostituto alla sua protezione nel manicomio, chedivenne la mia seconda casa, la mia seconda madre. Nonè stata una frattura, ma una continuità della mia vitareale”. Più che dubitare, poco si capisce e forse proprionon le si crede; infatti alcune righe dopo riesce a dire“Tutto sommato ero una bambina felice, talmente feliceche spesse volte piangevo e pregavo Dio di castigarmi”,per terminare con “Quando mi ritrovai in manicomio,ogni tortura mi sembrava adatta al caso e chiedevo soc-corso solo quando rischiavo di morire”.Grazie a Spagnoletti la poetessa conobbe Michele

74. Tra le varie dichiarazioni segnalo una sicura poiché sentita in primapersona (nella conferenza tenutasi a Trieste il 22 aprile 2002 al CircoloCulturale S. Caterina da Siena): “mio marito era un alcolista che mi hasempre maltrattata”.

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ALDA MERINI52

Pierri, un poeta di Taranto, fondatore dell’“AccademiaSalentina e amico di Maria Corti, Ungaretti, Quasimodo,chirurgo valentissimo”, che diverrà, dopo la morte diEttore, suo secondo marito. La futura coppia si era senti-ta per telefono per quattro anni e per telefono i due deci-sero di sposarsi benché non si fossero mai visti. A far sìche i due si sposassero fu lo stabilirsi in casa sua diCharles, uno “sciupafemmine” che non pagava l’affitto emangiava “a sbafo”: “Pierri, saputa la cosa, mandò untelegramma con scritto ‘ti sposo subito’” portandola viada Milano. Tramite un padre G. i due futuri coniugi siconfideranno il reciproco amore e grazie a lui riuscirà aconvincere Ettore “a rassegnarsi alla morte” e a lasciarla“andare sposa a questo grande vecchio, che poi miaccompagnò per l’ultima parte, la conclusione, della miaseconda ricaduta della follia”.Scesa a Taranto, per quattro anni fu “sposa felice” ben-

ché Michele fosse gelosissimo: “con un gesso faceva cer-chiolini intorno alle sedie per vedere se qualcuno eravenuto a trovarmi […] e io languivo nella più nera solitu-dine”. Il marito tarantino “continuava a fare il paragonetra me e la povera signora Pierri, sicché un giorno, mala-ta di nevrosi e di nostalgia di Milano, me ne tornai nellamia casa sul Naviglio”, trovando giovani che la amavanoper la sua poesia e vecchi che si ricordavano del suointernamento.Il “Portinaio” è una figura che viene spesso citata dalla

Merini come mostruosa ma non è mai definita chiara-mente75. In un’autobiografia, come il libro in questione,è lecito pensare di poter trovare una descrizione in qual-che modo chiara, ma non è così: “Ho durato fatica in tuttiquesti anni a cercar di capire se il Portinaio intrigante ePadre R.76, avessero visitato il mio corpo oltre che la mia

75. Di lui ne parla con i suoi soliti modi: accenni allusivi, sottintesi sco-nosciuti, parole forti e parole oscure.76. Più di una poesia è indirizzata a questo uomo di chiesa. PadreRiccardo, questo il suo nome completo, non corrispose all’amore dellapoetessa, almeno non nel modo che lei avrebbe voluto.

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 53

mente, ma non ho avuto risposte soddisfacenti, solo deri-sioni e ammiccamenti” e ciò fa subito capire che moltequestioni e moltissimi dubbi rimarranno sempre irrisolti(“Se allora potevo scrivere pagine ispirate era perché ilDivino, di cui nel delirio mistico facevo esperienza, io lovedevo incarnato in padre R. e il turpe individuo che dinotte mi violentava si incarnava nella figura delPortinaio”).“Ecco comparire accanto a me Titano […] barbone di

accezione parigina” che lei ospiterà, amerà, odierà, glilascerà per un po’ la casa e gli dedicherà molte poesie.L’autobiografia qui termina77. Altre e successive tracce

(auto)biografiche sono sparse nelle poesie, nelle intervi-ste, nelle prose seguite a Reato di vita e formano un labi-rinto che non ha uscite o che al contrario ne ha troppe: laschematicità del paragrafo successivo, che confido facciaun po’ di chiarezza sul materiale incandescente dellaMerini, è stata creata per questo motivo.

77. Va precisato che l’autobiografia è solo la prima parte del libro Reatodi vita, op. cit.; a questa sezione seguono delle poesie, poi degli atti diun seminario e si conclude con due interviste.

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3. Cronologia

Da queste due biografie e dai dati biografici sparsi, dis-ponibili nelle molte opere della poetessa milanese, hotratto la seguente sintesi che agevolerà la consultazionebiografica.

1931 Il 21 marzo nasce a Milano Alda Merini da NemoMerini e [?]. Ha una sorella maggiore di nome Anna.1943 Durante il secondo bombardamento su Milano,avvenuto il 14 ottobre, la famiglia Merini è costretta alasciare Milano e recarsi a Novara assieme al fratello Ezionato da poco (1942).Anni quaranta. A guerra finita, la famiglia Merini rien-tra a Milano.La Merini frequenta le scuole professionali all’IstitutoLaura Solero Mantegazza, tentando, senza riuscirci, dientrare al Liceo Classico. Attorno ai quindici anni comin-cia a scrivere le prime poesie che vengono notate dall’in-segnante di latino Silvana Rovelli e che, con una catena diconoscenze, arriveranno a Giacinto Spagnoletti, suo uffi-ciale scopritore.1947 Da questa data comincia a frequentare la casa diSpagnoletti e le persone che vi circolano, fra cui GiorgioManganelli, Luciano Erba, Davide Turoldo, Maria Corti ealtri. In quest’anno si manifestano i primi sintomi dellamalattia mentale che la porteranno ad un ricovero di unmese. Alla sua uscita trova alcuni amici (soprattuttoCorti e Manganelli) che la aiutano e le consigliano deimedici. Con Manganelli l’amicizia si trasforma in amore(fino al ’49).1950 Esce grazie a Spagnoletti l’Antologia della poesiaitaliana 1909-1949 che vede pubblicate due poesie dellapoetessa. L’anno dopo, queste due poesie più altre duesaranno pubblicate dall’editore Scheiwiller in Poetessedel Novecento.Anni ‘50 La cerchia degli amici di Spagnoletti, ora amici

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 55

anche della Merini, si allarga comprendendo CarloBetocchi, Camillo De Piaz, Pier Paolo Pasolini, GiovanniRaboni e altri. Instaura un rapporto di amicizia e di lavo-ro con Salvatore Quasimodo che durerà fino al ‘53.1953 Sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panet-terie di Milano. Esce La presenza di Orfeo.1954 Muore la madre.1955 Muore il padre, nasce Emanuela ed escono Pauradi Dio, Nozze romane.1958 Nasce la secondogenita Flavia. Quasimodo inseriràalcune liriche della poetessa nel volume Poesia italianadel dopoguerra.1961 Esce Tu sei Pietro.1965/72 Viene internata al manicomio Paolo Pini diMilano e, nei parziali ritorni in famiglia, dà alla luce altredue figlie, Barbara e Simona.1972/79 Questi anni vedono un alternarsi di periodi dimalattia e salute fino al 1979, anno in cui la poetessa rico-mincia a scrivere poesie, successivamente raccolte inDestinati a morire (1981), La Terra Santa (1983), Ilvolume del canto (1991), Lettere al Dottor G (2008). 1980 Esce Destinati a morire.1981 Il marito Ettore Carniti muore il 7 luglio dopo unalunga agonia. Affitta una camera al pittore Charles e ini-zia una comunicazione telefonica, che si protrarrà perdue anni, con il poeta tarantino Michele Pierri, che infinesposerà.1983 Escono La Terra Santa (febbraio) e alcuni passi,prefati da Manganelli, de L’altra verità (settembre);sposa in ottobre Michele Pierri, anche lui al secondomatrimonio, e si trasferisce a Taranto. Le poesie di que-sto periodo saranno raggruppate in Rime petrose e Lepiù belle poesie, che usciranno nello stesso anno, e in Lagazza ladra e Per Michele Pierri (raccolte successiva-mente in Vuoto d’amore, 1991).1984 Esce La Terra Santa e altre poesie.1985 Vince il Premio Cittadella (per La Terra Santa).

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1986 Torna a Milano dopo un periodo di internamentopassato a Taranto, ben peggiore di quello già subito. AMilano si cura con la psichiatra Marcella Rizzo e rico-mincia a scrivere e soprattutto a frequentare gli amici diun tempo, fra cui Scheiwiller che le pubblica, nello stessoanno, L’altra verità, il suo primo testo in prosa.1988 Il 24 gennaio muore il marito Michele Pierri. Escela raccolta poetica Testamento, curata da GiovanniRaboni.1989/90 Durante l’inverno frequenta, nell’area deiNavigli, il caffè-libreria “Chimera” dove era solita offriredattiloscritti agli amici e agli avventori. Le poesie saran-no poi raggruppate nelle Ballate non pagate (1995) chele farà vincere il Premio Viareggio nel 1996. Due prosesaranno presto pubblicate: Delirio amoroso (1989) e Iltormento delle figure (1990).1990 Esce Il tormento delle figure. Giorgio Manganellimuore il 28 maggio 1990; questa esperienza sarà all’ori-gine de La palude di Manganelli o il monarca del re(1992).1992 Compare per le prima volta in televisione alMaurizio Costanzo Show per le presentazione dellaseconda edizione de L’altra verità (il conduttore sarà poiricordato nella Lettera a Maurizio Costanzo, 1995).Questo fatto avrà notevoli ripercussioni nella vita dellapoetessa (altre volte comparirà in televisione) e in qual-che modo anche nella sua opera. Nasce (gennaio) unfiume editoriale (900 libriccini!) per l’amico scrittore edisegnatore Alberto Casiraghi nelle sue EdizioniPulcinoelefante che si protrarrà per almeno due lustri.Esce La palude di Manganelli o il monarca del re.1993 Esce Titano amori intorno, opera dedicata al clo-chard Titano che ospita a casa, che amerà e da cui verràabbandonata. Le è assegnato Il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la Poesia.1994Muore Paolo Volponi, grande amico delle poetessa.Esce Reato di vita.

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CAP. 2. BIOGRAFIA, BIOGRAFIE 57

1995 Escono Ballate non pagate, Lettera a MaurizioCostanzo, La pazza della porta accanto. Riceve il vitali-zio Bacchelli. L’attrice Licia Maglietta adatta e porta inscena Delirio amoroso.1996 Escono La vita felice. Sillabario, Un’anima indoci-le. Vince il Premio Viareggio con Ballate non pagate.1997 Assegnazione del Premio Procida – Elsa Morante.1998 Maria Corti cura l’antologia Fiore di poesia.1999 Assegnazione del Premio della Presidenza delConsiglio dei Ministri – Settore Poesia. Nell’ottobremuore l’amico editore Vanni Scheiwiller.2000ca Le comparizioni in televisione vanno scemandoa causa della salute della poetessa ma vanno aumentan-do, in verità già da fine anni ‘90, i libriccini fatti con lepoesie dettate al telefono o i fogli da lei donati agli ospitidella sua casa.2000 Esce L’anima innamorata e Superba è la notte.Riceve l’onorificenza di «Commendatore del Lavoro».2001 Esce Corpo d’amore. È candidata dal Pen Club alNobel per la Letteratura.2002 In febbraio muore Maria Corti. Esce Magnificat.2003 Esce La carne degli angeli. Riceve l’Ambroginod’oro da parte della città di Milano.2004 Nel marzo è ricoverata all’Ospedale San Paolo perdolori all’anca. Da questa esperienza nasce Il poemadella croce, che esce nel novembre dello stesso anno.Riceve l’onorificenza del Presidente della Repubblica aiBenemeriti della Cultura.2005 Escono Uomini miei, Le briglie d’oro (giugno), Nelcerchio di un pensiero (ottobre). Esce il CD Poema dellacroce di Giovanni Nuti, con cui la poetessa avvia un soda-lizio che dura ancora, partecipando a volte agli spettacoli.2006 Escono Canzone dell’ultimo amore (febbraio),Alda & io (aprile) e l’importante Cantico dei Vangeli(ottobre).2007 A gennaio viene esclusa dalla 57esima ediz. del“Festival della Canzone Italiana” di Sanremo la canzone

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Sull’orlo della grandezza, scritta dalla poetessa perGiovanni Nuti. Escono Canto Milano, il CD GiovanniNuti canta Alda Merini. Rasoi di seta (Maggio), La neranovella (agosto), Francesco (settembre), Colpe d’imma-gini (novembre). L’Università di Messina le conferisce lalaurea honoris causa in Teorie della comunicazione e deilinguaggi.2008 Continuano a susseguirsi i reading ai concerti diGiovanni Nuti. In aprile è intervistata nella trasmissionetelevisiva di Paolo Bonolis “Il senso della vita”. EsconoSonetti d’amore e angeliche pene (marzo), Lettere al dot-tor G (agosto), Antenate bestie da manicomio (settem-bre), Mistica d’amore (ottobre).2009 Durante la serata inaugurale della 59esima ediz.del “Festival della Canzone Italiana” di Sanremo (feb-braio), viene letta dal presentatore Paolo Bonolis la poe-sia Caro Sanremo. Sempre a febbraio escono i brani Ilregno delle donne (musicato da Nuti) e Il nero e il bacio(di Niki Nicolai e Stefano Di Battista). In aprile è ospitesu “Italia 1” al “Chiambretti Night” e in maggio esce Lascopata di Manganelli. A settembre esce Padre mio, sicostituisce a Milano il Comitato Pro Nobel Alda Merini“Pronome” e alla “65a Mostra Internazionale del Cinemadi Venezia” viene presentato il documentario Una donnasul palcoscenico di Cosimo Damiano Damato. È statoannunciato Memorie di una donna felice (Acquaviva) e anovembre, oltre a ricevere il “Premio Trieste Poesia2009” assegnatole a settembre, dovrebbe uscire Mi chia-mo Alda Merini (Manni).

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CAPITOLO III

Il primo periodo

La produzione poetica iniziale di Alda Merini è religiosa.Le prime poesie si presentano come un colloquio conun’entità che solo poche volte ha a che fare con la religio-ne cattolica. Più in generale, la religione che si palesa èun cristianesimo personale, alterato dall’interrogarsi sul-l’esistenza e da un modo quasi colloquiale di interagire eporsi col divino. Soprattutto per quest’ultimo fattore, lapoetessa è stata avvicinata spesso, ma grossolanamente,al misticismo, che ora si affronterà per chiarire e per dis-sipare, ove possibile, gli eventuali dubbi. L’approccio divedere Alda Merini una mistica è un approccio superfi-ciale che non rende giustizia alla verità seppure, nel cer-care di dare una definizione alle prime poesie meriniane,soprattutto a una lettura poco attenta, si è tentati diinscriverla nel filone mistico. A mio parere, la Merinidella prima produzione, e in maggior grado in quelladella seconda, non rientra nella corrente del misticismo,ma tutt’al più se ne avvicina. Ora si vedrà il perché.Marco Vannini, uno dei più autorevoli studiosi di misticaspeculativa, nel definire che cosa sia la mistica affermadue cose. La prima cosa è di

“riportare il termine ‘mistica’ al suo senso greco origi-nario, nel quale esso non era sostantivo, ma aggettivo di‘teologia’, e indicava perciò una scienza di Dio, un dis-corso su Dio […] chiuso, riservato, riguardo al qualesono opportuni il silenzio, la quiete. La segretezza, ilsilenzio, la quiete, cui la teologia mistica rimanda, nonsono però affatto da intendersi nel senso di esoterismo,o di rivelazioni private; tutto ciò è, anzi, negato dallamistica”78.

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È quindi un discorso di principio filologico, sempreutile e spesso obbligatorio per la ricerca del significatovero, originario. La seconda cosa è dare una vera e pro-pria definizione: “Intendiamo […] per ‘mistica’ l’espe-rienza dell’Uno, ossia dell’unità profonda […] tra uomo eDio”; questa breve ma centrata definizione allontana lapoetessa milanese dal misticismo poiché ella, con il Diocristiano o con il divino più in generale, non ha un’unitàprofonda, un legame proprio. La Merini non spartisceniente con Dio, poiché interrogarlo, parlargli e lodarlonon la rende unita a lui. Il rapporto è sempre quello di unsoggetto che comunica con un Dio senza che quest’ultimocontraccambi in qualche cosa. Insomma, non c’è unionenon c’è scambio. Vannini, più avanti, approfondisce ulte-riormente: “Nella rimozione della volontà personale, nel-l’estinzione di ogni desiderio e contenuto, il mistico sache la sua volontà è diventata volontà di Dio, il suo intel-letto è diventato l’intelletto di Dio, dunque il suo io èdiventato l’io di Dio”79, ma la poetessa non rimuove lapropria volontà, anzi, la afferma prepotentemente, arri-vando a volte ad un rapporto conflittuale. Vero è che mol-tissime sono le possibili definizioni di mistica e mistici-smo: qui si è voluto seguire quella originaria, benché chiscriva crede che in qualche modo un certo misticismo lesi possa rintracciare, ma un misticismo assai diverso daquello originario, e più in potenza che in atto. Mi spie-gherò tra breve. Tutta la produzione meriniana scaturi-sce da ciò che la poetessa vive, dalla sua esperienza con-creta, mentale e soprattutto dal suo specifico stato d’ani-mo, che le fa da lente in ogni occasione; e l’occasione èper lei la vita stessa, la “sua sola fons autentica, la vitavissuta e sofferta”80. Già dalla prima poesia, che compa-

78. Dall’Introduzione a Storia della mistica occidentale, Mondadori,Oscar Storia n.373, febbraio 2005 (I ed. ottobre 1999, ma col titolo Ilvolto del Dio nascosto, Mondadori, Civiltà e religione), p. 9 (corsivodell’autore). La cit. ss. è a p. 10.79. Ivi p. 11.