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Alcuni risultati teorici di Metodi Matematici per l’Ingegneria dimostrati durante le esercitazioni Indice 1 Il teorema di de l’Hˆ opital 1 2 Sulla trasformata di Laplace 4 2.1 La trasformata unilatera di Laplace delle potenze ad esponente naturale ................................ 4 2.2 La trasformata di Laplace della gaussiana ............. 8 3 Decomposizione in fratti semplici di funzioni razionali a coeffi- cienti reali 11 3.1 Decomposizione in fratti semplici complessi e formula di Hermite 11 3.2 Decomposizione di funzioni razionali reali ............. 15 3.2.1 Generalit` a ........................... 15 3.2.2 Poli del primo ordine ..................... 18 3.2.3 Poli del secondo ordine .................... 19 3.2.4 Poli d’ordine superiore .................... 21 3.3 Applicazione della decomposizione al calcolo della L -antitrasfor- mata .................................. 21 4 Sulla trasformata di Fourier 23 4.1 La trasformata di Fourier della gaussiana ............. 23 4.2 La trasformata di Fourier del decadimento esponenziale ..... 25 1 Il teorema di de l’Hˆopital Il Teorema di de l’Hˆopital 1 ` e un risultato noto dal corso di Analisi I: esso con- sente in alcuni casi di eliminare le forme indeterminate 0 0 e che si presentano nel calcolo del limite di un rapporto. Pi` u precisamente, se sono assegnate due funzioni f,g funzioni reali definite in un intorno di x 0 b R ed ivi derivabili, e se g(x),g 0 (x) 6= 0, allora l’esistenza di 1 Questo risultato prende il nome da Guillaume Fran¸cois Antoine, marchese de l’Hˆopital (1661-1704), anche se probabilmente esso fu scoperto da Johann Bernoulli (1667-1748). 1

Metodi Matematici Per l'Ingegneria

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Alcuni risultati teorici di

Metodi Matematici per l’Ingegneria

dimostrati durante le esercitazioni

Indice

1 Il teorema di de l’Hopital 1

2 Sulla trasformata di Laplace 42.1 La trasformata unilatera di Laplace delle potenze ad esponente

naturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42.2 La trasformata di Laplace della gaussiana . . . . . . . . . . . . . 8

3 Decomposizione in fratti semplici di funzioni razionali a coeffi-cienti reali 113.1 Decomposizione in fratti semplici complessi e formula di Hermite 113.2 Decomposizione di funzioni razionali reali . . . . . . . . . . . . . 15

3.2.1 Generalita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153.2.2 Poli del primo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183.2.3 Poli del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.2.4 Poli d’ordine superiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

3.3 Applicazione della decomposizione al calcolo della L -antitrasfor-mata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

4 Sulla trasformata di Fourier 234.1 La trasformata di Fourier della gaussiana . . . . . . . . . . . . . 234.2 La trasformata di Fourier del decadimento esponenziale . . . . . 25

1 Il teorema di de l’Hopital

Il Teorema di de l’Hopital1 e un risultato noto dal corso di Analisi I: esso con-sente in alcuni casi di eliminare le forme indeterminate 0

0 e ∞∞ che si presentanonel calcolo del limite di un rapporto.Piu precisamente, se sono assegnate due funzioni f, g funzioni reali definite inun intorno di x0 ∈ R ed ivi derivabili, e se g(x), g′(x) 6= 0, allora l’esistenza di

1Questo risultato prende il nome da Guillaume Francois Antoine, marchese de l’Hopital(1661-1704), anche se probabilmente esso fu scoperto da Johann Bernoulli (1667-1748).

1

limx→x0f ′(x)g′(x) assicura (sia se f(x)→ 0 e g(x)→ 0, sia se g(x)→ ±∞) l’esisten-

za di limx→x0f(x)g(x) e l’uguaglianza tra i due limiti.

La dimostrazione di questo risultato e un po’ laboriosa: infatti bisogna passareattraverso il Teorema di Cauchy sugli incrementi finiti e lavorare con le succes-sioni convergenti verso x0.

Il risultato del marchese vale anche nel caso di funzioni di variabile complessa;in particolare sussiste il seguente:

Teorema 1.1 (de l’Hopital)Siano z0 ∈ C ed f, g funzioni olomorfe in un intorno circolare D(z0; r) := z ∈C : |z − z0| < r di z0.Supponiamo inoltre che f(z0) = 0 = g(z0) e che g non sia identicamente nullain D(z0; r), di modo che il limz→z0

f(z)g(z) si presenti in forma indeterminata 0

0 .In tali ipotesi esistono entrambi i limiti

limz→z0

f(z)g(z)

(1.1)

limz→z0

f ′(z)g′(z)

(1.2)

e si ha:

limz→z0

f(z)g(z)

= limz→z0

f ′(z)g′(z)

(1.3)

Osservazione 1.1:Vista l’olomorfia di g in D(z0; r) il punto z0 e uno zero isolato di g; pertan-to, a patto di restringere ulteriormente le nostre considerazioni ad un intornoD(z0; ρ) con ρ ≤ r2, possiamo ipotizzare che g non abbia altri zeri in D(z0; r).Cio importa che possiamo considerare definita in tutto D(z0; r) \ z0 la fun-zione ϕ(z) := f(z)

g(z) .Analogamente, possiamo supporre che la derivata g′ non abbia zeri in D(z0; r)\z0 in modo che la funzione ψ(z) := f ′(z)

g′(z) sia definita anch’essa in tuttoD(z0; r) \ z0. ♦

Osservazione 1.2:A differenza della versione reale, nella versione complessa del teorema di del’Hopital non c’e affatto bisogno di richiedere che esista il limz→z0

f ′(z)g′(z) . Infatti,

come vedremo nella dimostrazione, l’esistenza di tale limite, cosı come quelladel limz→z0

f(z)g(z) , viene “gratis” dall’ipotesi di olomorfia di f e g.

Quindi l’essenza della versione complessa del teorema di de l’Hopital sta nel-l’uguaglianza (1.3) (che e una semplice regola di calcolo) e non nell’affermazionedell’esistenza dei due limiti (1.1) e (1.2). ♦

Dimostrazione. Se f ha uno zero d’ordine infinito in z0, ossia se f e identica-mante nulla in D(z0; r), allora il teorema e banalmente vero.

2Cio non lederebbe la generalita del risultato, in quanto l’avere limite e una proprietalocale.

2

Supponiamo allora che entrambe f, g abbiano in z0 uno zero d’ordine finito;detti p, q ∈ N i numeri naturali che rappresentano l’ordine di z0 come zero dif e g rispettivamente, possiamo scrivere gli sviluppi di f, g in serie di Taylorintorno a z0 come segue:

f(z) = (z − z0)p+∞∑n=0

f (n+p)(z0)(n+ p)!

(z − z0)n (1.4)

g(z) = (z − z0)q+∞∑n=0

g(n+q)(z0)(n+ q)!

(z − z0)n (1.5)

pertanto la funzione ϕ(z) si puo esprimere come:

ϕ(z) =(z − z0)p

(z − z0)q·∑+∞n=0

f(n+p)(z0)(n+p)! (z − z0)n∑+∞

n=0g(n+q)(z0)

(n+q)! (z − z0)n

=(z − z0)p

(z − z0)q·

1p!f

(p)(z0) +∑+∞n=1

f(n+p)(z0)(n+p)! (z − z0)n

1q!g

(q)(z0) +∑+∞n=1

g(n+q)(z0)(n+q)! (z − z0)n

=q!p!· (z − z0)p

(z − z0)q·f (p)(z0) +

∑+∞n=1

p!(n+p)!f

(n+p)(z0)(z − z0)n

g(q)(z0) +∑+∞n=1

q!(n+q)!g

(n+q)(z0)(z − z0)n.

(1.6)

Ricordando che f (p)(z0) 6= 0 6= g(q)(z0) e che gli addendi delle serie (uniforme-mente convergenti)

∑+∞n=1

p!(n+p)!f

(n+p)(z0)(z−z0)n e∑+∞n=1

q!(n+q)!g

(n+q)(z0)(z−z0)n sono nulli in z0, passando al limite per z → z0 nei membri estremi della(1.6) troviamo:

limz→z0

ϕ(z) =q! · f (p)(z0)p! · g(q)(z0)

limz→z0

(z − z0)p

(z − z0)q

=

0 , se p > qf(p)(z0)g(q)(z0)

, se p = q

∞ , se p < q

.

(1.7)

Con calcoli analoghi ai precedenti e ricordando che se f [risp. g] ha in z0 unozero d’ordine p [risp. q] allora f ′ [risp. g′] ha in z0 o uno zero d’ordine p − 1[risp. q − 1] oppure ha f ′(z0) 6= 0 [risp. g′(z0) 6= 0], otteniamo:

ψ(z) =(q − 1)!(p− 1)!

· (z − z0)p−1

(z − z0)q−1·f (p)(z0) +

∑+∞n=1

(p−1)!(n+p−1)!f

(n+p)(z0)(z − z0)n

g(q)(z0) +∑+∞n=1

(q−1)!(n+q−1)!g

(n+q)(z0)(z − z0)n;

(1.8)

tenendo presente che tutti gli addendi delle serie (uniformemente convergenti)∑+∞n=1

(p−1)!(n+p−1)!f

(n+p)(z0)(z− z0)n,∑+∞n=1

(q−1)!(n+q−1)!g

(n+q)(z0)(z− z0)n sono nulliin z0 e ricordando che f (p)(z0) 6= 0 6= g(q)(z0), passando al limite la (1.8)

3

troviamo:

limz→z0

ψ(z) =(q − 1)! · f (p)(z0)(p− 1)! · g(q)(z0)

limz→z0

(z − z0)p−1

(z − z0)q−1

=

0 , se p > qf(p)(z0)g(q)(z0)

, se p = q

∞ , se p < q

.

(1.9)

Le (1.7) e (1.9) stabiliscono che i limiti (1.1)-(1.2) esistono entrambi ed un loroconfronto ci porta a concludere che in ogni caso vale l’uguaglianza (1.3), comevolevamo.

2 Sulla trasformata di Laplace

Vogliamo illustrare due procedimenti: uno volto a fornire una formula esplicitaper il calcolo della trasformata unilatera di Laplace delle potenze ad esponentenaturale; l’altro al calcolo esplicito della trasformata di Laplace di un’importantefunzione (che si incontra sovente in Calcolo delle Probabilita).Di entrambi i risultati verrano fornite due dimostrazioni, che mettono in lucediversi aspetti della teoria delle funzioni olomorfe.

2.1 La trasformata unilatera di Laplace delle potenze adesponente naturale

Ricordiamo che una funzione x : R → R e dotata di trasformata unilatera diLaplace o di L -trasforma unilatera quando l’integrale3:∫ +∞

−∞u(t)x(t) · e−st d t =

∫ +∞

0

x(t) · e−st d t (2.1)

converge per almeno un σ ∈ C: in tal caso l’assegnazione X(s) :=∫ +∞0

x(t) ·e−st d t definisce una funzione olomorfa almeno nel semipiano definito dalla limi-tazione Re s > Reσ chiamata trasformata unilatera di Laplace od L -trasforma-ta unilatera di x e denotata anche col simbolo Lu[x].Quello che ci preme stabilire e la seguente formula:

Teorema 2.1Siano n ∈ N ed s0 ∈ C.La funzione x(t) := tnes0t e dotata di trasformata unilatera di Laplace nelsemipiano definito dalla limitazione Re s > Re s0 e tale trasformata e definitadall’assegnazione:

Lu[tnes0t](s) =n!

(s− s0)n+1per Re s > Re s0 (2.2)

3Qui e nel seguito con il simbolo u denotiamo la funzione gradino unitario, ossial’applicazione di R in R che assegna:

u(t) :=

0 , se t < 0

1 , se t ≥ 0.

4

Come detto nell’introduzione, forniamo due dimostrazioni: la prima basatasul Principio d’Identita delle funzioni analitiche, la seconda sulle proprietadell’integrale di una funzione complessa di variabile reale4.

Dimostrazione 1: Dividiamo la dimostrazione in quattro passi.

Passo 1: la funzione tnes0t e dotata di trasformata unilatera di Laplace co-munque si fissi n ∈ N definita in Re s > Re s0.Invero si ha: ∣∣∣∣∫ +∞

0

tne(s0−s)t d t∣∣∣∣ ≤ ∫ +∞

0

tn|e(s0−s)t|d t

=∫ +∞

0

tneRe(s0−s)t d t(2.3)

e l’ultimo integrale converge assolutamente [risp. diverge] non appena Re s >Re s0 [risp. Re s ≤ Re s0] per noti risultati di confronto.Pertanto la funzione tnes0t e dotata di trasformata unilatera di Laplace nelsemipiano definito dalla limitazione Re s > Re s0.

Passo 2: la formula (2.2) vale per s, s0 ∈ R con s > s0.Procediamo per induzione.Innanzitutto notiamo che la (2.2) vale per n = 0, in quanto restituisce l’usualetrasformata della funzione es0t; cio costituisce la base dell’induzione.Proviamo ora il passo induttivo, ovvero mostriamo che se la formula (2.2) valeper un n ∈ N allora essa rimane valida per n+ 1.Il primo membro della (2.2) scritto per n+ 1 restituisce:

Lu[tn+1es0t](s) =∫ +∞

0

tn+1e(s0−s)t d t ; (2.4)

visto che s, s0 sono reali, possiamo calcolare l’integrale a secondo membro della(2.4) integrando per parti con fattore finito tn+1: abbiamo:

Lu[tn+1es0t](s) =[tn+1 · 1

s0 − se(s0−s)t

]+∞0

− n+ 1s0 − s

∫ +∞

0

tne(s0−s)t d t ;

(2.5)tenendo presente che s = Re s > Re s0 = s0 il secondo membro di (2.4) diviene:

Lu[tn+1es0t](s) =n+ 1s− s0

·Lu[tnes0t](s) . (2.6)

L’ipotesi induttiva assicura che la (2.2) vale per n, cosicche possiamo sostituireLu[tnes0t](s) = n!

(s−s0)n+1 nel secondo membro di (2.6) ed ottenere:

Lu[tn+1es0t](s) =(n+ 1)!

(s− s0)n+2(2.7)

di modo che la (2.2) vale anche per n+ 1.

4cfr. R. Fiorenza-D. Greco (1997), Lezioni di Analisi Matematica - vol. primo, Liguori,cap. 10, §2

5

Passo 3: la formula (2.2) vale per s0 ∈ R ed s ∈ C con Re s > s0.Notiamo che entrambi il primo ed il secondo membro della (2.2) sono funzioniolomorfe nel semipiano definito dalla limitazione Re s > Re s0 = s0. Per quantoprovato nel Passo 2 le due funzioni Lu[tnes0t](s) e n!

(s−s0)n+1 coincidono sullasemiretta S := s ∈ C : Re s > s0 ed Im s = 0.La semiretta S ha punti di accumulazione nel semipiano Re s > s0, quindi peril Principio d’Identita delle Funzioni Analitiche5 le due funzioni coincidono intutto il semipiano.

Passo 4: la formula (2.2) vale per s, s0 ∈ C con Re s > Re s0.Posto s0 = σ0 + jω0, per quanto mostrato nel Passo 3 abbiamo:

Lu[tneσ0t](s) =n!

(s− σ0)n+1(2.8)

per Re s > σ0.Per la proprieta di traslazione6 possiamo scrivere:

Lu[tnes0t](s) = Lu[tneσ0t · ejω0t](s)

= Lu[tneσ0t](s− jω0)

=n!

[(s− jω0)− σ0]n+1

=n!

(s− s0)n+1

(2.9)

per Re s > Re s0 e cio e quanto volevamo.

Osservazione 2.1:Volendo sfruttare in altro modo la proprieta di traslazione, si possono provarei Passi 1-3 per s0 = 0 per poi estendere la validita della (2.2) al caso s0 6= 0come fatto nel Passo 4. ♦

Dimostrazione 2: Innanzitutto notiamo che, per ogni n ∈ N ed ogni s0 ∈ C, lafunzione tnes0t e dotata di trasformata unilatera di Laplace (cio si prova come

5E detto Principio d’Identita delle Funzioni Analitiche il seguente teorema:

“Siano f, g : Ω → C funzioni olomorfe nell’aperto connesso Ω. Le seguentiproposizioni sono equivalenti:

1. f = g identicamente in Ω;

2. esiste un z0 ∈ Ω tale che per ogni n ∈ N risulti f (n)(z0) = g(n)(z0);

3. esistono un z0 ∈ Ω ed un r > 0 tali che D(z0; r) ⊆ Ω e che risulti f(z) =g(z) per z ∈ D(z0; r);

4. l’insieme z ∈ Ω : f(z) = g(z) ha un punto di accumulazione z0 ∈ Ω.”

6E detta proprieta di traslazione della trasformata unilatera di Laplace quella espressa dalseguente teorema:

“Se x : R→ R e una funzione dotata di trasformata unilatera di Laplace nelsemipiano Re s > α allora, comunque si fissi s0 ∈ C, la funzione x(t)es0t e dotatadi trasformata unilatera di Laplace nel semipiano Re s > α+ Re s0 e risulta:

Lu[x(t)es0t](s) = Lu[x(t)](s− s0) .”

6

nel Passo 1 della Dimostrazione 1).

Per mostrare che vale la (2.2), fissiamo s0 ∈ C e procediamo per induzione.La (2.2) vale per n = 0, giacche in tal caso restituisce la trasformata dellafunzione es0t; questa e la base dell’induzione.Proviamo ora il passo induttivo, ovvero mostriamo che se la formula (2.2) valeper un n ∈ N allora essa rimane valida per n+ 1.Abbiamo per definizione:

Lu[tn+1es0t](s) =∫ +∞

0

tn+1e(s0−s)t d t ; (2.10)

possiamo integrare per parti il secondo membro di (2.10) prendendo come fattorefinito tn+1: in tal modo otteniamo:

Lu[tn+1es0t](s) =[tn+1 · e(s0−s)t

s0 − s

]+∞0

+n+ 1s− s0

∫ +∞

0

tne(s0−s)t d t

=[tn+1 · e(s0−s)t

s0 − s

]+∞0

+n+ 1s− s0

·Lu[tnes0t](s) ;

(2.11)

ove il termine in parentesi quadre e da intendersi come segue:[tn+1 · e(s0−s)t

s0 − s

]+∞0

= limR→+∞

[tn+1 · e(s0−s)t

s0 − s

]R0

= limR→+∞

Rn+1 · e(s0−s)R

s0 − s.

(2.12)

Calcoliamo il limite al terzo membro di (2.12): per ogni fissato R > 0 abbiamo:

0 ≤∣∣∣∣Rn+1 · e(s0−s)R

s0 − s

∣∣∣∣ = Rn+1 |e(s0−s)R||s0 − s|

=Rn+1

|s0 − s|· eRe(s0−s)R

(2.13)

e, visto che Re(s0 − s) < 0, per il teorema “dei carabinieri” otteniamo:

limR→+∞

∣∣∣∣Rn+1 · e(s0−s)R

s0 − s

∣∣∣∣ = 0 ;

da cio segue che:[tn+1 · e(s0−s)t

s0 − s

]+∞0

= limR→+∞

Rn+1

s0 − s· e(s0−s)R = 0 . (2.14)

Sostituendo la (2.14) nella (2.11) e ricordando l’ipotesi induttiva , troviamo:

Lu[tn+1es0t](s) =n+ 1s− s0

·Lu[tnes0t](s)

=n+ 1s− s0

· n!(s− s0)n+1

=(n+ 1)!

(s− s0)n+2

(2.15)

e cio vuol dire che la (2.2) vale per n+ 1.

7

2.2 La trasformata di Laplace della gaussiana

Ricordiamo che una funzione x : R → R e dotata di trasformata di Laplace, oche e L -trasformabile, se e solo se l’integrale:∫ +∞

−∞x(t) · e−st d t (2.16)

converge per almeno un σ ∈ C: in tal caso l’assegnazione X(s) :=∫ +∞0

x(t) ·e−st d t definisce una funzione olomorfa almeno nel semipiano definito dalla lim-itazione Re s > Reσ chiamata trasformata di Laplace od L -trasformata di x edenotata anche col simbolo L [x].

Quello che vogliamo dimostrare e che la funzione definita in R dall’assegnazionex(t) := e−t

2(e detta anche funzione di Gauss7 o gaussiana) e dotata di trasfor-

mata di Laplace e fornire una formula esplicita per tale trasformata.Per fare cio bisogna innanzitutto ricordare un risultato (che si stabilisce contecniche di Analisi II8):

Lemma 2.1La funzione x(t) := e−t

2e assolutamente integrabile in R e risulta:∫ +∞

−∞e−t

2d t =

√π (2.17)

Cio detto, enunciamo il:

Teorema 2.2La funzione di Gauss e L -trasformabile e si ha:

L [e−t2](s) =

√π · e s

24 per s ∈ C . (2.18)

Anche in questo caso proponiamo due dimostrazioni: la prima basata ancorauna volta sul Principio d’Identita; la seconda basata sul Teorema Integrale diCauchy9.

Dimostrazione 1: Dividiamo la dimostrazione in tre passi.

Passo 1: la funzione di Gauss e L -trasformabile.Notiamo che comunque si fissi s ∈ C si ha:∣∣∣∣∫ +∞

−∞e−t

2· e−st d t

∣∣∣∣ ≤ ∫ +∞

−∞e−t

2· e−Re st d t (2.19)

e l’integrale a secondo membro esiste finito, poiche la funzione integranda e con-tinua in R ed infinitesima d’ordine infinitamente elevato in ±∞.Pertanto la funzione di Gauss e L -trasformabile e la sua trasformata di Laplacee definita in tutto C.

7Johann Carl Friedrich Gauss (1777-1855), princeps mathematicorum.8cfr. D. Greco (1967), Complementi di Analisi, Liguori, cap. IX, §3.9Augustin-Louis Cauchy (1789-1857).

8

Passo 2: la (2.18) vale per s ∈ R.Fissato s ∈ R, abbiamo t2 + st = (t+ s

2 )2 − s2

4 cosicche:

L [e−t2](s) =

∫ +∞

−∞e−(t2+st) d t

=∫ +∞

−∞e−(t+ 2

2 )2 · e s24 d t

= es24 ·∫ +∞

−∞e−(t+ s

2 )2 d t ;

(2.20)

facendo la sostituzione τ = t+ s2 , l’integrale che figura all’ultimo membro della

(2.20) diventa: ∫ +∞

−∞e−(t+ s

2 )2 d tτ=t+ s

2=∫ +∞

−∞eτ

2d τ (2.21)

ed il Lemma 2.1 assicura che tale integrale vale esattamente√π; sostituendo

quanto trovato nella (2.20) troviamo:

L [e−t2](s) =

√π · e s

24 (2.22)

che e la (2.18) nel caso s ∈ R.

Passo 3: la (2.18) vale per s ∈ C.Le due funzioni L [e−t

2](s) e

√π · e s

24 sono olomorfe in tutto C e coincidono

sulla retta S := s ∈ C : Im s = 0 (asse reale) per quanto provato nel Passo2; per il Principio d’Identita delle funzioni analitiche le due funzioni coincidonoin tutto C e percio la (2.18) vale per ogni s ∈ C.

Dimostrazione 2: Innanzitutto notiamo che la funzione di Gauss e dotata ditrasformata di Laplace, la quale e definita in tutto C (cfr. Passo 1 della Di-mostrazione 1).

Proviamo la (2.18) sfruttando il Teorema Integrale di Cauchy.Come gia notato nella dimostrazione precedente abbiamo:

L [e−t2](s) = e

s24 ·∫ +∞

−∞e−(t+ s

2 )2 d t

= es24 ·∫ +∞

−∞e−[(t+Re s2 )+j Im s

2 ]2 d t(2.23)

facendo il cambiamento di variabile τ = t+Re s2 nell’integrale all’ultimo membro

possiamo scrivere:

L [e−t2](s) = e

s24 ·∫ +∞

−∞e−[τ+j Im s

2 ]2 d τ

= limR→+∞

es24 ·∫ R

−Re−(τ+j Im s

2 )2 d τ ;(2.24)

9

facendo il cambiamento di variabile σ = τ+j Im s2 nell’integrale al terzo membro

della (2.24) troviamo:

L [e−t2](s) = lim

R→+∞es24 ·∫ R+j Im s

2

−R+j Im s2

e−σ2

dσ , (2.25)

cosicche per calcolare L [e−t2](s) dobbiamo calcolare l’integrale che figura al

secondo membro della (2.25).Consideriamo la funzione e−σ

2: essa e olomorfa in tutto il piano complesso e

percio, comunque fissiamo un dominio D di classe C1 a tratti, per il TeoremaIntegrale di Cauchy troviamo:∫

+∂D

e−σ2

dσ = 0 ;

se, per fissato R > 0, calcoliamo l’integrale precedente lungo la frontiera delrettangolo DR avente vertici R,R+ j Im s

2 ,−R+ j Im s2 ,−R otteniamo:∫ R

−Re−σ

2dσ +

∫ R+j Im s2

R

e−σ2

−∫ −R+j Im s

2

−Re−σ

2dσ =

∫ R+j Im s2

−R+j Im s2

e−σ2

dσ(2.26)

e notiamo che al secondo membro di (2.26) figura proprio l’integrale che comparesotto il segno di limite in (2.25): pertanto, per calcolare il limite in (2.25) occorree basta determinare il valore dei tre limiti seguenti:

limR→+∞

∫ R

−Re−σ

2dσ , (2.27)

limR→+∞

∫ R+j Im s2

R

e−σ2

dσ , (2.28)

limR→+∞

∫ −R+j Im s2

−Re−σ

2dσ . (2.29)

Visto che l’integrale in (2.27) e calcolato lungo l’asse reale, si ha σ = x e dσ = dxe per il Lemma 2.1 troviamo:

limR→+∞

∫ R

−Re−σ

2dσ =

√π ; (2.30)

d’altra parte, per fissato R > 0, tenendo presente che gli integrali in (2.28)-(2.29)sono calcolati lungo segmenti paralleli all’asse immaginario cosicche σ = ±R+jye dσ = d y abbiamo:∣∣∣∣∣

∫ ±R+j Im s2

±Re−σ

2dσ

∣∣∣∣∣ ≤∣∣∣∣∣∫ Im s

2

0

∣∣∣e−(R2−y2±2jRy)∣∣∣d y∣∣∣∣∣

= e−R2·∫ Im s

2

0

e−y2

d y

≤ e−R2·∫ Im s

2

0

d y

= Ims

2· e−R

2

10

di modo che risulta:

limR→+∞

∣∣∣∣∣∫ ±R+j Im s

2

±Re−σ

2dσ

∣∣∣∣∣ = 0 (2.31)

ed i limiti (2.28)-(2.29) sono entrambi nulli.Infine, ricordando le (2.25)-(2.26), le (2.30)-(2.31) importano:

L [e−t2](s) =

√π · e s

24 (2.32)

che e quel che volevamo.

3 Decomposizione in fratti semplici di funzionirazionali a coefficienti reali

Ricordiamo che una funzione F : C → C e detta razionale se essa si esprimecome rapporto di due funzioni polinomiali P e Q con Q non identicamente nulla;se le funzioni polinomiali P,Q hanno coefficienti reali, la funzione razionale F edetta reale (o,piu correttamente, a coefficienti reali).Evidentemente una funzione razionale F (s) := P (s)

Q(s) , se non si riduce ad un’ap-plicazione costante, presenta solo singolarita polari e solo nei punti che sono zeridi Q non compensati da zeri d’ordine non minore di P .

3.1 Decomposizione in fratti semplici complessi e formuladi Hermite

Una funzione razionale del tipo:

F (s) :=c

(s− s0)m, (3.1)

ove c, s0 ∈ C e m ∈ N, e detta fratto semplice (nel campo complesso).Il risultato che enunciamo e fondamentale10:

Teorema 3.1 (Decomposizione in fratti semplici)Sia F (s) := P (s)

Q(s) una funzione razionale con grad(P ) = p < q = grad(Q); sianoinoltre s1, . . . , sN ∈ C i poli di F rispettivamente d’ordine M1, . . . ,MN .Esistono e sono univocamente determinate esattamente

∑Nn=1Mn costanti c1,1,

10Cfr. R. Fiorenza-D. Greco (1995), Lezioni di Analisi - volume primo, Liguori, cap. 7,§11.I.

11

. . ., c1,Mn, c2,1, . . ., c2,M2 , . . ., cN,1, . . ., cN,MN

∈ C non tutte nulle tali che:

F (s) =N∑n=1

Mn∑m=1

cn,m(s− sn)m

=N∑n=1

cn,1s− sn

+cn,2

(s− sn)2+ . . .+

cn,Mn

(s− sn)Mn

=c1,1s− s1

+c1,2

(s− s1)2+ . . .+

c1,M1

(s− s1)M1+

+c2,1s− s2

+c2,2

(s− s2)2+ . . .+

c2,M2

(s− s2)M2+ . . .

+cN,1s− sN

+cN,2

(s− sN )2+ . . .+

cN,MN

(s− sN )MN

(3.2)

La formula a secondo membro di (3.2) si chiama decomposizione in fratti semplicidi F .

Osservazione 3.1:Se grad(P ) = p ≥ q = grad(Q) eseguendo l’algoritmo della divisione tra poli-nomi si riescono a determinare due polinomi R, P tali che P = P · Q + R,grad(P ) = p− q, grad(R) < q e che risulti:

F (s) = P (s) +R(s)Q(s)

(3.3)

In tal caso si puo scomporre in fratti semplici la funzione razionale R(s)Q(s) secondo

il Teorema 3.1 ed ottenere per F la rappresentazione:

F (s) = P (s) +N∑n=1

Mn∑m=1

cn,m(s− sn)m

; (3.4)

tale rappresentazione di F come somma di un polinomio e di fratti semplici eunivocamente determinata. ♦

Ricordando che ogni funzione del tipo 1(s−sn)m con m > 1 e dotata di primitiva

1(1−m)(s−sn)m−1 olomorfa C \ sn e notando che la somma di fratti semplicidel tipo 1−m

(s−sn)m−1 e una funzione razionale, possiamo affermare che sussiste ilseguente:

Teorema 3.2Siano F (s) := P (s)

Q(s) una funzione razionale con grad(P ) = p < q = grad(Q);siano inoltre s1, . . . , sN ∈ C i poli di F rispettivamente d’ordine M1, . . . ,MN .Se qualche Mn e maggiore di 1, esistono e sono univocamente determinate esat-tamente N costanti c1,1, c2,1, . . ., cN,1 ∈ C ed un’unica funzione razionale

F (s) := P (s)

Q(s)tali che:

F (s) =N∑n=1

cn,1s− sn

− dd s

[F (s)

](3.5)

e che ogni sn sia per F un polo d’ordine ≤Mn − 1.

12

Dimostrazione. Supponiamo, senza ledere la generalita che M1, . . . ,MK > 1con K ≤ N : in tal caso decomponendo F in fratti semplici troviamo:

F (s) =N∑n=1

cn,1s− sn

+K∑n=1

Mn∑m=2

cn,m(s− sn)m

=N∑n=1

cn,1s− sn

+K∑n=1

Mn∑m=2

− dd s

[cn,m

(m− 1)(s− sn)m−1

]

=N∑n=1

cn,1s− sn

− dd s

[K∑n=1

Mn∑m=2

cn,m(m− 1)(s− sn)m−1

] (3.6)

che e la tesi non appena poniamo:

F (s) :=K∑n=1

Mn∑m=2

cn,m(m− 1)(s− sn)m−1

=K∑n=1

Mn−1∑h=1

cn,h+1

h(s− sn)h. (3.7)

La (3.5) e detta formula di Hermite11 per F .

Osservazione 3.2:L’ipotesi che esista qualche Mn > 1 puo anche essere eliminata dal Teorema3.2; pero in tal caso si perde l’unicita della funzione F .Infatti se ogni Mn = 1 la decomposizione di F in fratti semplici e del tipo:

F (s) =N∑n=1

cn,1s− sn

e si puo scrivere la formula di Hermite per F prendendo come F (s) una qualsiasiapplicazione costante. ♦

Una volta scoperto che ogni funzione razionale puo essere rappresentata comecombinazione lineare di fratti semplici, viene naturale porsi il problema di de-terminare i coefficienti della decomposizione in fratti semplici.Ebbene i coefficienti della decomposizione in fratti semplici si determinano ri-correndo al calcolo di alcuni residui integrali, come ora mostriamo.Cominciamo con un esempio:

Esempio 3.1: Per semplicita prendiamo una funzione razionale F con due polis1, s2 d’ordine rispettivamente 1 e 3, di modo che possiamo scrivere la decom-posizione:

F (s) =c1,1s− s1

+c2,1s− s2

+c2,2

(s− s2)2+

c2,3(s− s2)3

. (3.8)

Vogliamo calcolare i coefficienti che figurano in (3.8).Cominciamo da c1,1: a tal uopo notiamo che il secondo, il terzo ed il quar-to addendo al secondo membro di (3.8) sono funzioni olomorfe intorno ad s1,mentre il primo addendo non e altro che il termine corrispondente alla potenza

11Charles Hermite (1822-1901).

13

1s−s1 dello sviluppo in serie di Laurent di F intorno alla singolarita s1; quindiil coefficiente c1,1 nella (3.8) coincide con il residuo integrale di F in s1:

c1,1 = Res (F (s); s1) .

Mutatis mutandis, lo stesso discorso vale per c2,1, per il quale si trova l’espres-sione:

c2,1 = Res (F (s); s2) .

Ora, poniamoci il problema di calcolare c2,2. Moltiplicando m.a.m.12 la (3.8)per s− s2 si ottiene:

(s− s2)F (s) =c1,1(s− s2)s− s1

+ c2,1 +c2,2s− s2

+c2,3

(s− s2)2; (3.9)

i primi due addendi al secondo membro di (3.9) sono regolari in s2, mentreil terzo ed il quarto addendo sono i termini corrispondenti alle potenze 1

s−s2 ,1

(s−s2)2 nello sviluppo in serie di Laurent di (s−s2)F (s) intorno alla singolaritas2: da cio, come sopra, segue che:

c2,2 = Res ((s− s2)F (s); s2) .

In modo analogo possiamo riconosce che il coefficiente c2,3 e dato da:

c2,3 = Res((s− s2)2F (s); s2

).

Riprendendo un ragionamento generale, possiamo affermare che sussiste il:

Lemma 3.1Siano F , s1, . . . , sN , M1, . . . ,MN come nell’enunciato del Teorema 3.1, dimodo che la (3.2) fornisca la decomposizione in fratti semplici di F .I coefficienti cn,m che figurano nella decomposizione di F sono dati da:

cn,m = Res((s− sn)m−1F (s); sn

). (3.10)

Dimostrazione. Fissiamo ν ∈ 1, . . . , N e µ ∈ 1, . . . ,Mν.Se µ = 1, allora discende immediatamente dalla (3.2) e da un ragionamentosimile a quello fatto in esempio che:

cn,1 = Res (F (s); sν) .

Se invece µ > 1, moltiplicando m.a.m. la (3.2) per (s− sν)µ−1 troviamo:

(s− sν)µ−1F (s) =N∑n=1

Mn∑m=1

cn,m(s− sν)µ−1

(s− sn)m

=∑

n=1,...,N ed n 6=ν

Mn∑m=1

cn,m(s− sν)µ−1

(s− sn)m

+ cν,1(s− sν)µ−2 + cn,2(s− sν)µ−3 + . . .+ cν,µ−1

+cν,µs− sν

+cν,µ+1

(s− sν)2+ . . .+

cν,Mν

(s− sν)Mν−µ

12m.a.m. sta per membro a membro.

14

di modo che, come nell’Esempio 3.1, otteniamo:

cν,µ = Res((s− sν)µ−1F (s); sν

).

Lasciando ν e µ liberi di variare otteniamo la tesi.

Osservazione 3.3:Notiamo che le formule (3.10) sono applicabili alla determinazione “manuale”della decomposizione solo se i poli non sono troppi e se essi hanno ordini ra-gionevolmente piccoli; in particolare, le (3.10) sono facilissime per poli del primoordine ed appena piu complesse per poli del secondo ordine (cosa che capitasovente negli esercizi!). ♦

Osservazione 3.4:Quanto osservato nell’Esempio 3.1 e provato nel Lemma 3.1 ci consente diprecisare le tesi dei Teoremi 3.1 e 3.2: in particolare, nella tesi del Teorema3.1 possiamo aggiungere che si ha sicuramente c1,M1 , . . . , cN,MN

6= 0; mentrein quella del Teorema 3.2 si puo precisare che i punti s1, . . . , sN sono poliesattamente d’ordine M1 − 1, . . . ,MN − 1 per F .

Infatti, per fissato ν ∈ 1, . . . , N, le due sommatorie in cui si divide la decom-posizione in fratti semplici:

F (s) =Mν∑m=1

cν,m(s− sν)m

+∑

n=1,...,N e n6=ν

cn,m(s− sn)m

(3.11)

forniscono, rispettivamente, la parte singolare e la parte regolare dello sviluppoin serie di Laurent di F intorno ad sν ; ne consegue che, essendo sν un polod’ordine Mν , il coefficiente cν,Mν

e necessariamente non nullo.

Invece, dalla (3.7) e da quanto appena detto circa i coefficienti cn,Mn , segueimmediatamente che ogni sn e un polo d’ordine Mn − 1 per F . ♦

3.2 Decomposizione di funzioni razionali reali

3.2.1 Generalita

Consideriamo ora il caso di funzioni razionali reali; in tal caso i polinomi P,Qsono reali e la funzione razionale F ha la proprieta espressa dal seguente:

Lemma 3.2Ogni funzione razionale reale F e tale che per ogni s ∈ C risulti:

F (s) = F (s) . (3.12)

Dimostrazione. Per comodita dividiamo la dimostrazione in due passi.

Passo 1: la (3.12) vale per Q(s) = 1.Se Q(s) = 1 allora F (s) = P (s) e un polinomio reale: posto P (s) =

∑pn=0 ans

n,

15

ricordando le proprieta del coniugio abbiamo:

P (s) =p∑

n=0

ansn =

p∑n=0

ansn

=p∑

n=0

ansn =p∑

n=0

ansn

= P (s)

(3.13)

Passo 2: la (3.12) vale nel caso generale.Acquisita la (3.12) per polinomi reali, le proprieta del coniugio implicano che:

F (s) =P (s)Q(s)

=P (s)Q(s)

= F (s)

(3.14)

come volevamo.

Dal Lemma 3.2 segue immediatamente il:

Lemma 3.3Siano P un polinomio reale non nullo e ζ ∈ C.Il numero ζ e uno zero d’ordine M per P se e solo se ζ e uno zero d’ordine Mper P .

Dimostrazione. Visto che P (ζ) = P (ζ) per la (3.13), e evidente che risultaP (ζ) = 0 se e solo se P (ζ) = 0.Quanto appena provato ci consente di affermare che ζ e uno zero di P se e solose P e divisibile per (s − ζ) · (s − ζ), ossia se esiste un polinomio P tale cheP (s) = (s− ζ) · (s− ζ) · P (s): cio consente di provare che gli ordini di ζ e ζ comezeri di P coincidono.Infatti se ζ e uno zero d’ordine M allora P e divisibile per (s − ζ) · (s − ζ)esattamente M volte, cioe esiste un polinomio P che non ha ζ tra i suoi zeritale che:

P (s) = (s− ζ)M · (s− ζ)M · P (s) ; (3.15)

da cio segue che ζ e uno zero per P d’ordine ≥M .Notiamo che:

(s− ζ)M · (s− ζ)M =[(s− ζ) · (s− ζ)

]M=[(s− Re ζ)2 + (Im ζ)2

]M (3.16)

sicche il polinomio (s − ζ)M · (s − ζ)M e reale; da quanto appena detto e dal-l’algoritmo della divisione tra polinomi reali segue che il polinomio P in (3.15)e anch’esso reale.Se, per assurdo, ζ fosse uno zero d’ordine > M , allora il polinomio P a secondomembro di (3.15) dovrebbe essere divisibile per s − ζ ma non per s − ζ il che,dato che P e reale, e in palese contrasto con quanto acquisito all’inizio delladimostrazione.

16

Pertanto l’ordine di ζ come zero di P e uguale ad M .

Mutatis mutandis, si dimostra che se ζ e uno zero d’ordine M allora anche ζ euno zero d’ordine M e cio e quanto volevamo.

Ne consegue che le radici complesse di un polinomio reale “vanno a coppie”, nelsenso che un polinomio reale o ha tutti zeri reali, oppure ha sempre un numeropari di zeri complessi a due a due coniugati e dello stesso ordine; ovviamente ladisgiunzione e esclusiva.

Esempio 3.2: Ad esempio, i polinomi P1(s) = s2 − 1, P2(s) = s2 + 1, P3(s) =s3−s2+2s−2 hanno rispettivamente due radici reali (±1), due radici complesseconiugate (±j), una radice reale e due complesse coniugate (1,±j

√2).

Se F (s) := P (s)Q(s) e una funzione razionale reale con grad(P ) < grad(Q), possiamo

scrivere la decomposizione in fratti semplici di F secondo la (3.2):

F (s) =N∑n=1

Mn∑m=1

cn,m(s− sn)m

.

Osservazione 3.5:Se F e reale con una coppia di poli complessi coniugati, diciamoli sh ed sk, alloratali poli hanno lo stesso ordine (ossia Mh = Mk) e per ogni m ∈ 1, . . .Mh icoefficienti ch,m e ck,m sono coniugati , come ora mostriamo.

Supponiamo, per assurdo, che i due poli complessi coniugati abbiano ordinidiversi e senza ledere la generalita supponiamo che Mh < Mk; in tal caso lo zerosh del denominatore Q(s) e compensato dallo zero sh di P (s) piu di quanto nonlo sia lo zero coniugato sk: cio significa che il polinomio P ha due zeri coniugatish ed sk che non hanno lo stesso ordine, il che e impossibile per il Lemma 3.3.Pertanto i poli coniugati sh ed sk hanno lo stesso ordine M .Fissato m ∈ 1, . . . ,M, calcoliamo il coefficiente ck,m: tenendo presente comesi comportano col coniugio gli operatori di derivazione rispetto ad s ed s13,abbiamo:

ck,m = Res ((s− sk)mF (s); sk)

= lims→sk

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1[(s− sk)mF (s)]

= lims→sh

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1[(s− sh)mF (s)]

= lims→sh

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1

[(s− sh)mF (s)

]= lims→sh

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1[(s− sh)mF (s)]

= lims→sh

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1[(s− sh)mF (s)] ;

(3.17)

13Invero si ha d fd s

(s) = d fd s

(s). Per ricorrenza si stabilisce una relazione analoga per glioperatori d’ordine superiore.

17

facendo nel limite all’ultimo membro il cambiamento di variabile s = σ eritornando alla variabile s otteniamo:

ck,m = lims→sh

1(M −m)!

· dM−m−1

d sM−m−1[(s− sh)mF (s)]

= Res ((s− sh)mF (s); sh)= ch,m

(3.18)

che e quanto volevamo. ♦

Osservazione 3.6:Se F e una funzione reale con tutti poli reali, i coefficienti cn,m che figuranonella decomposizione in fratti semplici di F sono tutti reali; invero, prendendoF valori reali per s ∈ R, anche il secondo membro della (3.2) ha da prenderevalori reali per s ∈ R e cio accade solo se i coefficienti cn,m sono tutti reali. ♦

Osservazione 3.7:I coefficienti cn,m corrispondenti ai poli reali di una funzione razionale reale Fsono necessariamente reali anche se F ha poli complessi.Cio si puo riconoscere ripetendo il ragionamento fatto nell’Osservazione 3.5:infatti detto sn un polo reale d’ordine Mn per F , per ogni m = 1, . . . ,Mn

abbiamo:

cn,m = Res((s− sn)m−1F (s); sn

)= Res

((s− sn)m−1F (s); sn

)= Res

((s− sn)m−1F (s); sn

)= cn,m ,

cosicche cn,m e reale. ♦

3.2.2 Poli del primo ordine

Supponiamo che la funzione razionale reale F (s) := P (s)Q(s) (con grad(P ) <

grad(Q)) abbia N poli del primo ordine; diciamo inoltre s1, . . . , sν , con ν ≤ N , ipoli complessi a due a due coniugati ordinati in modo che s2 = s1, . . ., sν = sν−1

e diaciamo sν+1, . . . , sN gli evenutali poli reali.Visto che ν o e zero o e un numero pari, la decomposizione di F in fratti semplicisi puo scrivere:

F (s) =

ν2∑

h=1

c2h−1,1

s− s2h−1+

c2h,1s− s2h

+N∑

n=ν+1

cn,1s− sn

, (3.19)

con la convenzione che la prima sommatoria sia nulla se ν = 0.Nella (3.19) abbiamo diviso i poli in due sommatorie, mettendo quelli complessinella prima e quelli reali nella seconda; inoltre abbiamo messo come addendiconsecutivi nella prima sommatoria le coppie di fratti semplici corrispondenti adue poli complessi coniugati.Per l’Osservazione 3.5 i coefficienti c2h−1, c2h,1 relativi ai poli s2h−1 = s2h

18

sono coniugati: cio vuo dire che, posto per ogni h = 1, . . . , ν2 :

αh := Re c2h−1,1 e βh := Im c2h−1,1 (3.20)σh := Re s2h−1 e ωh := Im s2h−1 , (3.21)

la decomposizione (3.19) puo essere messa nella forma:

F (s) =

ν2∑

h=1

αh + jβh(s− σh)− jωh

+αh − jβh

(s− σh) + jωh+

N∑n=ν+1

cn,1s− sn

;

sommando a due a due gli addendi della prima sommatoria si trova infine larappresentazione:

F (s) = 2

ν2∑

h=1

αh(s− σh)− βhωh(s− σh)2 + ω2

h

+N∑

n=ν+1

cn,1s− sn

. (3.22)

Abbiamo cosı stabilito il:

Teorema 3.3Sia F una funzione razionale reale avente solo poli del primo ordine.Nella decomposizione in fratti semplici di F compare un addendo del tipo c

s−s0in corrispondenza di ogni polo reale s0 ed un addendo del tipo 2 α(s−σ0)−βω0

(s−σ0)2+ω20

incorrispondenza della coppia di poli complessi coniugati σ0 ± jω0.Inoltre i coefficienti c, α, β sono dati rispettivamente da:

c = Res(F (s); s0

)(3.23)

α = Re Res(F (s);σ0 + jω0

)e β = Im Res

(F (s);σ0 + jω0

). (3.24)

3.2.3 Poli del secondo ordine

Supponiamo che la funzione razionale reale F (s) := P (s)Q(s) (con grad(P ) <

grad(Q)) abbia N1 poli s1, . . ., sN1 del primo ordine ed N2 poli s′1, . . ., s′N2

del secondo ordine; tra questi, diciamo s1, . . . , sν ed s′1, . . . , s′µ quelli complessi

coniugati (ordinati in guisa che s2 = s1, . . . , sν = sν−1 e s′2 = s′1, . . . , s′µ = s′µ−1)

di modo che i rimanenti siano tutti poli reali.Applicando la formula di Hermite e ricordando il Teorema 3.3, possiamoscrivere la decomposizione in fratti semplici di F come segue:

F (s) = 2

ν2∑

h=1

αh(s− σh)− βhωh(s− σh)2 + ω2

h︸ ︷︷ ︸A

+N1∑

n=ν+1

cn,1s− sn︸ ︷︷ ︸

B

+ 2

µ2∑

k=1

α′k(s− σ′k)− β′kω′k(s− σ′k)2 + (ω′k)2︸ ︷︷ ︸

C

+N2∑

n=µ+1

c′n,1s− s′n︸ ︷︷ ︸

D

− dd s

[N2∑n=1

cn,2s− s′n

]︸ ︷︷ ︸

E

(3.25)

19

in cui:

A e il contributo dei poli complessi coniugati del primo ordine, sicche σh,ωh, αh e βh sono dati dalle (3.20) e (3.21) in corrispondenza di s2h−1;

B e il contributo dei poli reali del primo ordine, sicche cn,1 = Res(F (s); sn

)a norma della (3.10);

C e il contributo di primo grado dovuto ai poli complessi coniugati del sec-ondo ordine, percio σ′k, ω′k, α′k e β′k sono dati dalle (3.20) e (3.21) incorrispondenza di s′2k−1;

D e il contributo di primo grado dovuto ai poli reali del secondo ordine,percio c′n,1 = Res

(F (s); s′n

)per (3.10);

E e il contributo di secondo grado dovuto a tutti i poli del secondo ordinescritto nella forma di Hermite, quindi c′n,2 := Res ((s− s′n)F (s); s′n) anorma della (3.10).

La funzione razionale F che compare sotto il segno di derivata in (3.25) presenta,a norma del Teorema 3.2, solo poli del primo ordine in s′1, . . ., s′N1

; pertantoessa puo essere decomposta in fratti semplici seguendo il Teorema 3.3: postoper k = 1, . . . , µ2 :

γ′k := Re c′2k−1,2 e δ′k := Im c′2k−1,2 (3.26)

di modo che c2k−1,2 = γ′k + jδ′k, si ha:

F (s) = 2

µ2∑

k=1

γ′k(s− σ′k)− δ′kω′k(s− σ′k)2 + (ω′k)2

+N2∑

n=µ+1

cn,2s− s′n

. (3.27)

Possiamo sintetizzare quanto finora detto nel seguente:

Teorema 3.4Sia F una funzione razionale reale avente solo poli d’ordine ≤ 2.Nella decomposizione in fratti semplici di F compare:

1. un addendo del tipo cs−s0 in corrispondenza di ogni polo reale s0;

2. un addendo del tipo 2α(s−σ0)−βω0(s−σ0)2+ω2

0in corrispondenza di ogni coppia di poli

complessi coniugati σ0 ± jω0;

3. un addendo del tipo − dd s

[d

s−s0

]in corrispondenza di ogni polo reale s0

del secondo ordine;

4. un addendo del tipo − dd s

[2γ(s−σ0)−δω0

(s−σ0)2+ω20

]in corrispondenza di ogni coppia

di poli complessi coniugati del secondo ordine σ0 ± jω0.

20

Inoltre i coefficienti c, α, β, d, γ, δ sono dati rispettivamente da:

c = Res(F (s); s0

), (3.28)

α = Re Res(F (s);σ0 + jω0

)β = Im Res

(F (s);σ0 + jω0

) , (3.29)

d = Res((s− s0)F (s); s0

), (3.30)

γ = Re Res((s− (σ0 + jω0))F (s);σ0 + jω0

)δ = Im Res

((s− (σ0 + jω0))F (s);σ0 + jω0

) . (3.31)

3.2.4 Poli d’ordine superiore

Ripetendo quasi parola per parola i discorsi fatti nelle sezioni precedenti edapplicando la formula di Hermite in maniera ricorsiva, si riconosce valido ilseguente.

Teorema 3.5Nella decomposizione in fratti semplici di una funzione razionale reale F com-paiono esattamente:

1. N0 addendi del tipo c1s−s0 , − d

d s

[c2s−s0

], . . ., (−1)N0−1 dN0

d sN0

[cN0s−s0

]in cor-

rispondenza di ogni polo reale s0 d’ordine N0;

2. M0 addendi del tipo 2 α1(s−σ0)−β1(s−σ0)2+ω2

0, −2 d

d s

[α2(s−σ0)−β2(s−σ0)2+ω2

0

], . . ., (−1)N0−12·

dM0

d sM0

[αM0 (s−σ0)−βM0

(s−σ0)2+ω20

]in corrispondenza di ogni coppia di poli complessi

coniugati σ0 ± jω0 d’ordine M0.

Inoltre i coefficienti ck, αh e βh sono dati rispettivamente da:

ck = Res((s− s0)k−1F (s); s0

)k = 1, . . . , N0 , (3.32)

αh = Re((s− (σ0 + jω0))h−1F (s);σ0 + jω0

)βh = Im

((s− (σ0 + jω0))h−1F (s);σ0 + jω0

) h = 1, . . . ,M0 . (3.33)

3.3 Applicazione della decomposizione al calcolo della L -antitrasformata

La decomposizione in fratti semplici e utilissima quando si deve risolvere il prob-lema del calcolo della L -antitrasformata di funzioni razionali reali: infatti laformula di Hermite (3.5) o le sue particolarizzazioni (3.22) ed (3.25)+(3.27) resti-tuiscono una funzione razionale “spezzettata” in addendi di cui, singolarmente,gia si conosce la L -antitrasformata; pertanto per calcolare l’antitrasformatadella funzione di partenza basta applicare la linearita, antitrasformare i singoliaddendi ed infine sommare i risultati.

Forniamo alcuni esempi.

21

Esempio 3.3: Sia F (s) = s2

(s+1)(s2−4s+4) e calcoliamo L −1[F ](t).Per prima cosa notiamo che F ha due singolarita polari:

s1 = −1 polo reale del primo ordines2 = 2 polo reale del secondo ordine

quindi la decomposizione in fratti semplici di F e del tipo:

F (s) =c1,1s+ 1

+c2,1s− 2

− dd s

[c2,3s− 2

].

Calcoliamo i coefficienti:

c1,1 = Res(F (s);−1) =19

(3.34)

c2,1 = Res(F (s); 2) = lims→2

dd s

[s2

(s+ 1)(s− 2)

]=

89

(3.35)

c2,2 = Res ((s− 2)F (s); 2) =43

(3.36)

cosicche abbiamo:

F (s) =1

9(s+ 1)+

89(s− 2)

− dd s

[4

3(s− 2)

].

Per la L -antitrasformata troviamo:

L −1[F ](t) =19L −1

[ 1s+ 1

](t) +

89L −1

[ 1s− 2

](t)

− 43L −1

[d

d s

[ 1s− 2

]](t)

=19

u(t)e−t +89

u(t)e2t +43

u(t)te2t

Esempio 3.4: Calcoliamo la L -antitrasformata di Y (s) = (s−1)e−2s

(s+1)2(s2+2s+2) .Per prima cosa notiamo che il fattore e−2s non gioca alcun ruolo importantein quanto se ne va in una traslazione dell’antitrasformata; pertanto all’inizio lotralasciamo e consideriamo solo la funzione razionale F (s) = s−1

(s+1)2(s2+2s+2) .La F ha tre poli:

s1 = −1 polo reale del secondo ordine ,s2 = −1 + j polo complesso del primo ordine ,s2 = −1− j polo complesso del primo ordine ;

pertanto la decomposizione in fratti semplici di F e del tipo:

F (s) =c1,1s+ 1

+ 2α(s+ 1) + β

(s+ 1)2 + 1+

c1,2(s+ 1)2

,

22

ove abbiamo ricordato che σ = Re(−1 + j) = −1 ed ω = Im(−1 + j) = 1.Calcoliamo i coefficienti:

c1,1 = Res(F (s);−1) = lims→1

dd s

[s− 1

(s+ 1)(s2 + 2s+ 2)

]= 1

c1,2 = Res((s+ 1)F (s);−1) = −2

c2,1 = Res (F (s);−1 + j) = −12− j⇒ α = −1

2e β = −1

cosicche abbiamo:

F (s) =1

s+ 1− 2

(s+ 1)2+−(s+ 1) + 2(s+ 1)2 + 1

.

Antitrasformando troviamo:

L −1[F (s)](t) = L −1[ 1s+ 1

](t)− 2L −1

[ 1(s+ 1)2

](t)

+ L −1[−(s+ 1) + 2

(s+ 1)2 + 1

](t)

= −u(t)e−t − 2 u(t)te−t − u(t)e−t cos t+ 2 u(t)e−t sin t

= −u(t)e−t 1 + 2t+ cos t− 2 sin t

e conseguentemente:

L −1[Y (s)](t) = L −1[F (s)e−2s](t)

= L −1[F (s)](t− 2)

= −u(t− 2)e−(t−2) −3 + 2t+ cos(t− 2)− 2 sin(t− 2) .

4 Sulla trasformata di Fourier

Presentiamo il calcolo di due trasformate notevoli: quello della funzione di Gausse quello di una funzione esponenzialmente decrescente all’infinito.

Ricordiamo che, comunque si fissi una funzione x(t) ∈ L1(R), per ogni ω ∈ Resiste finito (anzi, e assolutamente convergente) l’integrale:∫ +∞

−∞x(t)e−jωt d t ; (4.1)

la funzione ω 7→∫ +∞−∞ x(t)e−jωt d t si chiama F -trasformata o trasformata di

Fourier di x(t) e si denota col simbolo F [x(t)](ω).

4.1 La trasformata di Fourier della gaussiana

Vogliamo mostrare che la funzione di Gauss, ossia quella definita in R mediantel’assegnazione x(t) := e−t

2, e sommabile e calcolare l’espressione esplicita per la

trasformata F [e−t2](ω).

Dimostriamo il:

23

Lemma 4.1La funzione di Gauss e in L1(R) e risulta:

F [e−t2](ω) =

√πe−

ω24 . (4.2)

Osservazione 4.1:Notiamo una forte somiglianza tra la (4.2) e la (2.18), che fornisce la trasformatadi Laplace della gaussiana.Cio, come vedremo nella dimostrazione, non e affatto casuale e deriva dalparticolare legame tra le due trasformate. ♦

Dimostrazione. Dividiamo la dimostrazione in due passi.

Passo 1: la funzione di Gauss e L1 in R.Evidentemente e−t

2 ∈ C0(R), quindi e−t2

e integrabile secondo Riemann in ogniintervallo compatto [a, b] ⊆ R; inoltre essa e positiva per ogni valore di t, sicche|e−t2 | = e−t

2.

Pertanto per dimostrare che e−t2 ∈ L1(R) ci basta far vedere che esiste finito

l’integrale improprio di Riemann∫ +∞−∞ e−t

2d t; dato che∫ +∞

−∞e−t

2d t := lim

r→+∞

∫ 0

−re−t

2d t+ lim

R→+∞

∫ R

0

e−t2

d t

= limr→+∞

∫ r

0

e−t2

d t+ limR→+∞

∫ R

0

e−t2

d t

per provare che l’integrale improprio e finito occorre e basta mostrare che efinito il limR→+∞

∫ R0

e−t2

d t.Tenendo presente che e−t

2e un infinitesimo d’ordine infinitamente elevato in

+∞ si puo determinare14 un ρ > 0 tanto grande che risulti:

∀t ≥ ρ, e−t2

= |e−t2| ≤ 1

t2

e cio implica che per R > ρ vale la maggiorazione:∫ R

0

e−t2

d t ≤∫ ρ

0

e−t2

d t+∫ R

ρ

1t2

d t

=∫ ρ

0

e−t2

d t+[−1t

]Rρ

=∫ ρ

0

e−t2

d t+1ρ− 1R.

Dato che la funzione integrale X(R) :=∫ R0

e−t2

d t e strettamente crescentein [0,+∞[ (ha derivata positiva!), per il Criterio di regolarita per le funzioni

14Basta applicare la definizione di limite alla relazione limt→+∞e−t

2

1/t2= 0.

24

monotone e le proprieta dell’estremo superiore si ha:∫ +∞

0

e−t2

d t = limR→+∞

∫ R

0

e−t2

d t = supR∈[0,+∞[

∫ R

0

e−t2

d t

≤∫ ρ

0

e−t2

d t+ supR∈[0,+∞[

1ρ− 1R

=∫ ρ

0

e−t2

d t+1ρ− infR∈[0,+∞[

1R

=∫ ρ

0

e−t2

d t+1ρ< +∞

come volevamo.

Passo 2: vale la (4.2).Ricordiamo che se il semipiano di convergenza della trasformata di Laplace di unsegnale x(t) ∈ L1(R) contiene l’asse immaginario, tra L [x(t)](s) ed F [x(t)](ω)vale la relazione:

F [x(t)](ω) = L [x(t)](jω) . (4.3)

La (4.3) applicata alla trasformata (2.18) fornisce direttamente:

F [e−t2](ω) = L [e−t

2](jω)

=√πe

(jω)2

4

=√πe−

ω24

che e la (4.2).

4.2 La trasformata di Fourier del decadimento esponen-ziale

Vogliamo fornire l’espressione esplicita della trasformata di Fourier della fun-zione x(t) = e−|t|, detta decadimento esponenziale.Dunque dimostriamo il:

Lemma 4.2La funzione decadimento esponenziale e in L1(R) e si ha.

F [e−|t|](ω) =2

1 + ω2. (4.4)

Dimostrazione. Anche stavolta dividiamo la dimostrazione in due passi.

Passo 1: il decadimento esponenziale e in L1(R).Procedendo allo stesso modo usato per dimostrare il Passo 1 della Dimostrazione4.1, possiamo affermare che e−|t| e in L1 se e solo se esiste finito l’integraleimproprio di Riemann

∫ +∞−∞ e−|t| d t; visto che:∫ +∞

−∞e−|t| d t = lim

r→+∞

∫ r

0

e−t d t+ limR→+∞

∫ R

0

e−t d t

25

per dimostrare la finitezza dell’integrale improprio occorre e basta provare finitoil limR→+∞

∫ R0

e−t d t.Tenendo presente che e−t e un infinitesimo in +∞ d’ordine infinitamente elevato,possiamo trovare un ρ > 0 tanto grande che:

∀t ≥ ρ, e−t ≤ 1t2

;

da cio, dal Criterio di regolarita per le funzioni monotone e dalle proprietadell’estremo superiore segue che:∫ +∞

0

e−t d t ≤∫ ρ

0

e−t d t+1ρ< +∞ ,

che e quanto volevamo.

Passo 2: vale la (4.4).Visto che possiamo rappresentare la x(t) come segue:

x(t) = u(t)e−t + u(−t)et , (4.5)

per la linearita e la proprieta di riflessione15 della trasformata di Fourier trovi-amo:

F [x(t)] = F [u(t)e−t](ω) + F [u(−t)et](ω)

= F [u(t)e−t](ω) + F [u(t)e−t](−ω) ,(4.6)

da cui segue immediatamente che per calcolare la trasformata che ci interessaoccorre e basta calcolare esplicitamente F [u(t)e−t](ω). Procediamo percio alcalcolo aiutandoci con la definizione: abbiamo:

F [u(t)e−t](ω) =∫ +∞

0

e−t · e−jωt d t

=∫ +∞

0

e−(1+jω)t d t

= limR→+∞

∫ R

0

e−(1+jω)t d t

= limR→+∞

[−1

1 + jωe−(1+jω)t

]R0

=1

1 + jω.

Pertanto:F [e−|t|](ω) =

11 + jω

+1

1− jω=

21 + ω2

come volevamo.

15Con proprieta di riflessione intendiamo la seguente uguaglianza:

F [x(−t)](ω) = F [x(t)](−ω) .

26

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