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Provincia di Ravenna in Faenza Museo Internazionale delle Ceramiche

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Viale Baccarini, 19

48018 Faenza (Ra)

tel. 0546 697311

fax 0546 27141 - 697318

e-mail: [email protected]

http://www.micfaenza.org

Museo Internazionale delle Ceramiche

Il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, fondatonel 1908 da Gaetano Ballardini, è nel suo genere la più

grande raccolta al mondo. Nelle sue raccolte è documen-tata la storia e la cultura della ceramica nei cinque con-tinenti attraverso i secoli, dall'antichità classica fino ai giorni nostri. Accanto alla grande produzione italiana

ed europea dal Basso Medioevo al Rinascimento, dalSeicento all'Ottocento, importanti sezioni sono dedicate

al Medio e all'Estremo Oriente, all'America precolombiana,all'Africa, all'Asia. La ceramica del Novecento, italiana e internazionale, è rappresentataanche da artisti universalmente riconosciuti tra i quali Picasso, Matisse, Chagall,Leoncillo, Fontana, Martini. Notevoli le sezioni della ceramica popolare delle varie regioniitaliane, come quelle dei prodotti industriali di design. Da sottolineare anche la sezionedella grande biblioteca specializzata, quelle del restauro e della didattica.

Provincia di Ravenna

in Faenza

Museo Internazionaledelle Ceramiche

Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza

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Museo Internazionaledelle Ceramiche

in Faenza

testi di

Gian Carlo Bojani

Provincia di Ravenna

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Pubblicazione realizzatasotto l’egida dell’Istituto per i Beni Artistici,Culturali e Naturalidella Regione Emilia-Romagna

Collana diretta da: Gianfranco CasadioSettore Beni e Attività Culturalidella Provincia di Ravenna

Testi: Gian Carlo BojaniCorredo bibliografico: Lorella RanziSelezione apparati fotografici e didascalie:Elisabetta Alpi, Brunetta Guerrini Cura redazionale: Jolanda Silvestrini, Eloisa Gennaro

Progetto editoriale: Image (Ravenna)Coordinamento: Tiziano FioriniArt director: Massimo CasamentiProgetto grafico: Rita RavaioliLogo del Sistema Museale: Marilena BeniniReferenze fotografiche: Archivio fotografico del MICFotolito e stampa: Arti Grafiche Stibu

© Copyrigth 2000 Provincia di RavennaPiazza Caduti per la Libertà, 2/4 - 48100 Ravennae Museo Internazionale delle Ceramiche in FaenzaVia Campidori, 2 (sede amministrativa) - 48018 Faenza (Ra)

È vietata la riproduzione non espressamenteautorizzata anche parziale o ad uso internoo didattico con qualsiasi mezzo effettuata

All rigths reserved/Printed in ItalyFinito di stampare nel mese di giugno 2001

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IndiceScheda 6/7

Premessa 9

1. Origine e sviluppo del Museo 10

2. La maiolica – o faenza smaltata – attraverso i secoli a Faenza 16

3. La ceramica a Faenza nel XX secolo 38

4. Il Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea 43

5. Per una visita al Museo 50

6. Una Biblioteca specializzata 60

7. Un Laboratorio per “Giocare con l’Arte” 62

8. Il Laboratorio di Restauro 65

9. Le più importanti mostre degli ultimi anni 67

10. Glossario dei termini tecnici e decorativi 74

Bibliografia 78

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Museo Internazionale delle CeramicheViale Baccarini, 1948018 Faenza (Ra)

tel. 0546 697311fax 0546 27141 - 697318

e-mail: [email protected]://www.micfaenza.org

Orario invernale:1 novembre - 31 marzodal martedì al venerdì 9.00 / 13.30,sabato 9.00 / 13.30, 15.00 / 18.00, domenica e festivi9.30 / 13.00 - 15.00 / 18.00

Orario estivo:1 aprile - 31 ottobredal martedì al sabato9.00 / 19.00domenica e festivi9.30 / 13.00 - 15.00 / 19.00

Il museo è chiuso:lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 15 agosto, 25 dicembre

Per visite guidate rivolgersi a:Pro Loco I.A.T.Piazza del Popolo, 148018 Faenza (Ra)tel. e fax 0546 25231

Ingresso Museo.

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Come si arriva al Museo:Per chi proviene dall'autostrada il museo si può raggiungere dirigendosi verso il centro dellacittà: superato il cavalcavia e piaz-zale Sercognani si svolta a destrain viale IV Novembre, arrivati al primo semaforo sulla sinistra si imbocca viale Baccarini dove al numero civico 19 si trova

il Museo delle Ceramiche. Dall'autostrada si arriva al museo in 6-7 minuti. Per chi proviene in treno il museo è nei pressi della stazioneferroviaria. Usciti dalla stazione siprocede sempre diritto percorren-do il viale, si supera il semaforo e siarriva all'ingresso del museo collo-cato a sinistra nell'area verde.

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Le superfici

> Situazione antecedente il progetto(situazione fino al 1982)

Esposizionesezioni ceramiche retrospettive 1.790sezione ceramiche moderne 1.780Uffici, Biblioteca, Laboratori 1.177Totale 4.784

> Superficie ad oggi mq 9.955

> Superfici di progettoEsposizione

sezioni ceramiche retrospettive 3.872sezione ceramiche moderne 4.265altre sezioni (piastrelle, c. avanzati ecc.) 822mostre temporanee (ex chiesa) 492ingresso 431

9.882Depositi 1.860

11.742

Laboratorio di restauro 964Biblioteca 1179Servizi collaterali 706Uffici 462Totale (superficie disponibile alla fine dei lavori) 15.053

Terrazzi e cortili 2.749

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PremessaLa storia della ceramica ha origini antichissime, tali da confondersi con

quelle stesse dell’uomo. È una storia di una attività dell'uomo fondamental-mente gelosa ed appartata, costituita da un ripetersi di conoscenze tecniche,gestualità e materiali, ma anche perdite e recuperi periodici e costanti delletradizionali pratiche di lavoro ma anche storia di scoperte, di novità. Scopertee riscoperte sia di oggetti d’uso più svariato sia di opere d’arte, da parte diumili ed anonimi artigiani e di celebri artisti.

Faenza è uno dei luoghi privilegiati del far ceramica da tempo immemo-rabile, e ha dato il nome internazionalmente a quest’arte con la “faenza”,una terracotta invetriata, smaltata, ingobbiata, entrata nel vocabolario dimoltissime lingue. Anche a voler considerare l’introduzione del tornio elettri-co, del forno elettrico e a gas, oggi computerizzati, che hanno sostituito neltempo l’azione del piede e l’uso della legna e determinato la scomparsa ditante abitudini e riti, nelle botteghe artigiane della città romagnola si posso-no ancora trovare gestualità e pratiche che Cipriano Piccolpasso da Casteldu-rante annotava e schizzava nel Cinquecento nella sua opera didascalica Li tre libri dell’arte del vasaio.

Il panorama ceramico faentino trova poi in una realtà multiforme la sua particolare caratterizzazione, a partire dal suo famoso Museo Interna-zionale delle Ceramiche, con scuole, laboratori, enti promotori.

Il Museo fu detto “Internazionale” sin dall’inizio perché intendeva met-tere a confronto la produzione faentina e italiana con quella delle maggiorifabbriche estere, per trarne indicazioni e incentivi a un rilancio della ceramicache era entrata in grave crisi tra Otto e Novecento. Così il nucleo originale delMuseo, mediante donazioni e acquisti, si configurava anche come contenito-re ed espositore di ceramica contemporanea, artigianale, industriale e artisti-ca, in una sorta di “stanza commerciale” dove le varie manifatture italianepotevano esporre le novità della loro produzione, e fare del Museo un puntodi scambi, diffusione, promozione del prodotto. In quest’ottica particolare, il Museo di Faenza si definì e crebbe come Museo non soltanto nell’accezio-ne più comunemente intesa, e cioè come centro per la divulgazione oltre chedi conservazione e di studi, ma come una istituzione con strutture di ricercatali da rivitalizzare un così antico mestiere e innestarlo nell’attualità, nellaproiezione nel futuro con l'utilizzo di tecniche avanzate.

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a destra:Sala didattica.

1. Origine e sviluppodel Museo

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Il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza è stato fondatonel 1908 da Gaetano Ballardini. L’esposizione con la quale in quell’anno la città di Faenza celebrò il terzo centenario della nascita del concittadi-no Evangelista Torricelli, inventore del barometro, raccolse nelle sale dell’ex convento di San Maglorio - che poi ospitarono il Museo - prodot-ti di molte manifatture italiane ed europee accanto ad esemplari di antiche fornaci, soprattutto italiane. Chiusa l’esposizione, i doni degliespositori costituirono il punto di partenza del Museo Internazionale. Esso ebbe il patrocinio di illustri personalità della cultura e dell’arte,d’ambito nazionale e internazionale, che ne facilitarono il decollo. Il comitato locale intanto, in uno statuto approvato con Regio Decreto il 19 luglio 1912, creava le basi per il futuro sviluppo.Così recita lo statuto:

1. Il Museo Internazionale di Faenza (ceramiche) è stato fondato in Faenza da un Comitato italiano, qui riunitosi nel settembre 1908, per iniziativa di alcuni membri del Comitato per l'Esposizione torricelliana, del Comitato per la 1a Mostra romagnola d'arte e della direzione della società per il risveglio cittadino.

2. Esso è retto da detto comitato, che ha facoltà di aggregarsi altri membri, senza limite di numero.

3. L'amministrazione e la disposizione delle collezioni spettano ai cinque membri residenti in Faenza, che eleggono nel loro seno un direttore, un tesoriere, un bibliotecario. In caso di rinuncia o di decesso dei medesimi, il consiglio comunale provvederà alla lorosostituzione.

4. Un Comitato internazionale ne patrocina in Italia e all'estero gli interessi morali e materiali.

5. Il Museo è eretto in ente morale autonomo sotto il patronato del Comune di Faenza, a cui è devoluta la proprietà delle collezioni, per garantirne il perpetuo uso pubblico e l'inalienabilità.

6. È finalità del Museo: a) raccogliere e disporre sistematicamente i tipi della produzione ceramica italiana e straniera, interessanti sotto l'aspetto dell'arte, della tecnica, della tradizione, mediante la cooperazione delle fabbriche nazionali ed estere e dei privati collezionisti; b) mettere in relazione le fabbriche con la pubblicazione di uno speciale bollettino; c) indire mostre internazionali periodiche di ceramiche, interessanti l'uno o l'altro punto dell'arte, della tecnica, dell'uso pratico; d) raccogliere pubblicazioni in modo da offrire agli studiosi un materiale bibliografico di critica, di

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storia, di arte, di tecnologia ceramica; e) disporre una rappresentazione oggettiva dello sviluppo della ceramica - arte, tecnica, uso, tradizione - mediante una collezione di oggetti retrospettivi; f) divulgare il gusto della decorazione ceramica, in modo da intensificarne l'uso estetico e razionale nella casa, nella applicazione architettonica; g) indire concorsi internazionali per la produzione, sotto l'aspetto d'arte e di tecnica, di oggetti di determinato uso pratico; h) sottoporre all'esame di congressi internazionali di ceramica le questioni che interessano l'arte, la letteratura e bibliografia ceramica, la legislazione (invenzioni e brevetti) e la tecnica; i) stabilire una terminologia internaziona-le scientifica, per evitare l'anfibologia nelle discussioni di critica storica e nei trattati tecnici; j) farsi promotore di una scuola pratica di ceramica in Faenza che, ad integrazionedelle finalità del Museo, sia intesa all'elevamento intellettuale e tecnico dei ceramisti; k) proporre e favorire ogni altra iniziativa che rientri nelle finalità del Museo.

da sinistra,

Sala Oriente.

Sala ‘900.

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A sorreggere tale programma fu istituito da Gaetano Ballardini un Comitato italiano e un Comitato internazionale con corrispondenti. Il Comitato italiano era composto da personalità quali: Felice Barnabei,Leonardo Bistolfi, Giacomo Boni, Galileo Chini, Vincenzo Giustiniani,Francesco Malaguzzi Valeri, Aurelio Minghetti, Paolo Orsi, Tito Pasqui,Giovanni Piancastelli, Vittorio Pica, Corrado Ricci e Giulio Aristide Sarto-rio. Nel Comitato internazionale ricordiamo fra i tanti altri: Otto v. Falke,Albert Van De Put, Bernard Rackham, Hans St. Lerche, Josè Queiroz,Gaston Migeon, Alexandre Bigot, Henry Wallis.Le raccolte di ceramiche al Museo, in un’ampia campionatura di docu-mentazione mondiale, si sono arricchite via via nel tempo attraversoacquisti ma soprattutto mediante donazioni, e sulla stessa linea si è pro-ceduto dopo gli ingenti danni dell’ultimo conflitto mondiale che distrus-se ambienti e raccolte. Tra i contributi generosi che hanno consentito dicolmare le molte gravi perdite prodotte dalle distruzioni belliche meritauna particolare menzione la donazione Mereghi, esposta in un’unicasala per desiderio del donatore.

Accanto alla Sezione delle Nazioni - nucleo iniziale più consistentedel Museo - si raccolsero esemplari di manifatture e di artisti viventi italiani, riuniti nel 1926 nella Mostra permanente della moderna cerami-ca italiana d’arte. Nel 1916 fu fondata la Sezione dell’antica maiolicaitaliana e, sempre nello stesso anno, s’iniziò quella delle ceramichepopolari delle varie regioni italiane. Nel 1919 si ordinarono le ceramiche dell’Estremo Oriente. Accanto a queste vennero a configurarsi altresì le seguenti sezioni: quelle didattiche, per lo studio d’attribuzione per il restauro e le analisi di laboratorio, consistenti nei frammenti di scavodelle maioliche italiane; quelle delle ceramiche preistoriche e del mondoclassico; quella del Medio Oriente, delle regioni mediterranee lungo

7. Il Museo provvede ai suoi scopi: a) con l'uso gratuito dei locali ceduti dal Comune di Faenza; b) col sussidio annuo di L. 500 elargito dal Comune di Faenza; c) coi sussidi deiMinisteri di agricoltura, industria e commercio e della pubblica istruzione; d) coi concorsidegli enti locali; e) coi proventi delle entrate nei giorni non festivi; f) coi proventi della ven-dita dei cataloghi e delle riproduzioni; g) coi proventi ordinari delle oblazioni degli amatori e dei fautori dell'opera; h) coi doni di oggetti, libri, stampati, ecc., che gli pervengono daicorpi ufficiali e dai privati, così nazionali che stranieri; i) con ogni altro mezzo, sia ordinarioche straordinario, che possa essere a sua disposizione.

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il corso dei secoli, arricchite nel 1930 con la donazione dell’orientalistadottor Fredrik Robert Martin di Stoccolma. Con alcuni doni via via si formò anche una documentazione della ceramica precolombiana.La ceramica italiana contemporanea continuò ad essere documentata a partire dagli anni ‘30 con i Concorsi annuali del “Premio Faenza”, che dagli anni ‘60 divennero internazionali, permettendo così di acquisire opere di artisti e di manifatture di tutto il mondo. Dal 1989 i concorsi internazionali sono divenuti biennali.

Dagli anni ‘70 ad oggi diverse migliaia di nuove opere sono venutead accrescere il patrimonio museale sia per donazioni sia per acquisti.Da segnalare dagli anni ‘80 alcune importanti donazioni di ceramicaantica, moderna e contemporanea di: Galeazzo Cora, piemontese dive-nuto cittadino di Firenze, Angiolo Fanfani fiorentino, Pietro Bracchinifaentino, Francesca Tucci Bonardi romana, Gian Tomaso Liverani, faenti-no divenuto cittadino romano, Marisa Gasparini in Brunori di Modena,l’Associazione Amici del Museo Internazionale delle Ceramiche inFaenza costituitasi nel 1978. Notevole incremento ebbero negli anni la Biblioteca specializzata, la Fototeca specie per la maiolica italiana, la raccolta di documenti riguardanti l’arte della maiolica italiana.

Dal 1913 viene pubblicata la rivista bimestrale Faenza, repertorio di studi storici dell’arte della ceramica, e una serie di volumi di storiadella ceramica, di carattere anche didattico, oltre a volumi annuali sulle diverse Collezioni del Museo dalla prima metà degli anni ‘80.Dal 1979 funziona un Laboratorio didattico per la ceramica, ideato da Bruno Munari, al quale convergono le scuole materne, elementari e medie prevalentemente del territorio faentino, ma che vede la parteci-pazione a corsi speciali anche di insegnanti e ceramisti italiani e stranie-ri, e i cui sviluppi sono strettamente collegati alla Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Bologna.

Nel 1996 ha preso avvio l’Istituzione Museo Internazionale delleCeramiche in Faenza, mentre è prossimo lo sviluppo in Fondazione. Essa ha lo scopo di proiettare il Museo stesso in un futuro di maggioreautonomia gestionale secondo il nuovo modo di considerare i musei fra risorse pubbliche e private oltre che rinnovarlo secondo le nuovestrategie anche tecnologiche di gestione amministrativa, scientifica,didattica e promozionale.

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Sala contemporaneadei Premi Faenza. Nel maggio 2001, in occasione della 52a edizione del “Premio

Faenza”, vengono inaugurate le rinnovate sezioni della ceramica romana, del Vicino Oriente Antico e dell’Islam.

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2. La maiolica- o faenza smaltata -attraverso i secoli a Faenza

Ciotola con motivi geometrici, fitomorfi e scritta “NANNA”. Maiolica, Faenza, prima metà del sec. XV. Tipologia Italo-moresca (inv. 15608)

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Se è documentato dai reperti di scavo che Faenza aveva fabbriche diceramiche almeno fin dal I secolo avanti Cristo, e ciò può stare a indicareun’attività legata alle particolari argille del fiume Lamone sulle rive del qualela città romagnola sorge, poco si sa ancora di ciò che avvenne nell'AltoMedioevo e fino al XII secolo circa. La fama che Faenza deve alla sua cerami-ca, se pur nulla sorge a caso e d'improvviso ma di norma dopo lunga sedi-mentazione proprio come avviene per le migliori argille - e la civiltà cinese celo insegna - si diffonderà soltanto con il Rinascimento.

La qualità della ceramica faentina è nel tipo della cosiddetta "maiolica"o "faenza smaltata" per il rivestimento vetroso reso opaco dall'ossido di sta-gno. Un prodotto che dal Medioevo, probabilmente già dalla fine del Due-cento, conoscerà un lungo percorso di successivi perfezionamenti tecnici, e insieme di mutamenti e varietà morfologiche come di reperti coloristici efigurativi che durerà sin verso la metà del Quattrocento, da quando è presu-mibile prenda avvio la sua ampia commercializzazione e la notorietà per rag-giungere l'apice nel Cinquecento.

All'inizio, in epoca medievale, dal Duecento al Trecento sino agli inizi delQuattrocento nel periodo cosiddetto "arcaico", si trovano boccali di variesagome e dimensioni (cilindriche, troncoconiche, piriformi), scodelle, coppet-te su piede, albarelli (contenitori cilindrici per spezie, da farmacia) con ornatigeometrici, fitomorfi, zoomorfi, epigrafici e araldici in bruno, verde, turchinosul bianco di smalto o in riserva sul fondo a graticcio.

Una più ampia gamma di forme, soprattutto di forme aperte come cio-tole, piatti e scodelle, è desumibile da una serie di frammenti recuperati dalsottosuolo del centro storico di Faenza. Tuttavia è da presumere, consideratala preziosità del vasellame smaltato, che esso avesse una produzione e unacommittenza assai ristretta: mentre è soltanto il boccale per vino o per acquaad apparire in netta prevalenza sulle altre forme.

Non è un caso, d'altra parte, che in concomitanza al prodotto smaltatove ne sia un altro assai meno costoso, la ceramica ingobbiata - o "faenza"ingobbiata dipinta o graffita e invetriata, cosiddetta per il sottile rivestimentoterroso bianco o giallino - in cui le forme aperte (scodellotti, ciotole, catini,piatti, assieme a brocche, boccali e boccaletti) sono di gran lunga più nume-rose di quelle che si trovano nella "faenza" smaltata. Contemporaneamentec'è anche un vasellame da tavola e da cucina semplicemente invetriato - o"faenza" verniciata - di argilla rossa ricoperta da un vetro trasparente per

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togliere la permeabilità, essendo l'argilla porosa e quindi non adatta a contenere liquidi, talora con decori a filetti d'ingobbio.

Questi ultimi due tipi prodotti, che potevano uscire specie in questoperiodo dalla stessa bottega che produceva maiolica - e qui occorrerebbepoter distinguere se la nomenclatura data ai vari vasai (figuli, orciolai, vasella-ri) stesse a significare diversità di produzione - saranno sempre prodotti a Faenza sino alle soglie del nostro secolo, e generalmente per uso urbano e del contado. E le stesse forme si manterranno per buona parte inalteratelungo i secoli. Non a caso Ennio Golfieri, riferendosi alla fabbrica del"Bianchetto" (ingobbiatura di terra bianca) del Missiroli a Faenza in Porta Imolese della seconda metà del XVIII secolo e a una fornace delleCappuccine verso le mura di Porta Montanara sempre in Faenza e della stessa epoca, lamenta che:

Un aspetto dunque sommerso, documentato tuttavia nelle raccolte delMuseo, e che sta generalmente alla base di ogni centro importante di produ-zione pur tuttavia senza caratterizzarlo, ove in tale caratterizzazione si consi-deri non solo il semplice fattore estetico quanto quello più specificatamenteproduttivo e d'impresa commerciale di ampie proporzioni. In tal senso è assaisignificativo quel che notavo sopra, cioè il progressivo perfezionamento delprodotto smaltato faentino dalla fine del Medioevo al Cinquecento, vicendache aprì appunto ai vasai faentini più vasti mercati.

"Fabbriche come queste di ceramiche popolari... furono nella Faenza del Sette e dell'Otto-cento assai più numerose e attive di quel che si creda e se la storiografia ceramica non ne ha fatto finora particolare menzione, ciò è dovuto al fatto che da noi si è sempre puntato a valorizzare solo gli aspetti più nobili dell'arte ceramica".

a sinistraBoccale con decoro geometrico.Maiolica, Faenza, seconda metà del sec. XIV. Tipologia arcaica (inv. 11358)

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inizioQuattrocento

Piatto decorato da leone rampante e motivi fitomorfi. Maiolica, Faenza, inizi del sec. XV.Tipologia zaffera in rilievo (inv. 4136)

a sinistraBoccale con raffigurazione di Fillide e Aristotele. Maiolica, Faenza, seconda metà del sec. XIV. Tipologia arcaica (inv. 19132)

Alle soglie del Quattrocento, se le forme della maiolica paiono mantenersi per gran parte inalterate (boccali, brocchette e piatti), lo smalto diviene più spesso, più brillante e così più vivaci e variati i colorinegli oggetti della cosiddetta "famiglia verde", "famiglia a zaffera in rilievo","famiglia italo-moresca" (per i colori dominanti o i motivi decorativi di deriva-zione orientale), che recano ornati a figura umana, monogrammi, imprese,stemmi, fogliami, animali, arpie. Ma sarà con il vasellame della"famiglia floreale gotica" verso la metà del Quattrocento che - assieme al mutare

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delle forme dei boccali, dei piatti, dei piattelli, diremmo a una incipiente rinnovata progettazione - la qualità dello smalto e la varietà e brillantezza dei colori diverranno segno di una ormai matura padronanza tecnica e l'avvioall'autonomia di un magistero. Non a caso s'apparentano a queste forme i segni della diffusione dei canoni rinascimentali, che oltre a essere di caratte-re estetico mostrano una tensione di qualità tecnologica. Col moltiplicarsicosì dei decori a foglie, fiori, animali, simboli religiosi, stemmi, raffigurazioniantropomorfe - che paiono ampliare la loro destinazione a più diversificatacommittenza come quella monastica e borghese - la tavolozza diviene 'calda'coi suoi turchini, verdi, viola, arancioni. Da questo momento il passo è brevissimo al grande spiegamento del fenomeno, che si rifletterà anche suimercati del Veneto e delle Marche, dell'Umbria e dell'Abruzzo tanto che sipervenne a vietarne ai faentini l'accesso o a gravarli di forti gabelle. Nel 1471Maestro Gentile di Maestro Antonio Fornarini, di cui è rimasta una "vacchet-ta" o libro dei conti, dipinge tutta una fornitura da farmacia, cioè 31 orcettea un soldo l'una e 20 albarelli a tre quattrini l'uno per Guglielmo, il quale poi

Piatto con motivi fitomorfi e trigramma “IHS” al centro.Maiolica, Faenza, secondametà del sec. XV. TipologiaGotico floreale (inv. 6628)

a destraBoccale con lettera goticaentro medaglione e motivigeometrici. Maiolica, Faenza,seconda metà del sec. XV.Tipologia Gotico floreale (inv. 7485)

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"mandò tutte queste robbe aCexena a uno spiciale...". Que-sto Maestro Gentile, oltre adaverci lasciato la nomenclaturaassociata spesso alle indicazionidei rispettivi ornati ben indivi-duabili, permette anche di farsiun'idea delle numerose botte-ghe operanti allora in Faenza eper molte delle quali egli lavora-va quale pittore. La 'qualità'faentina va dalla leggerezzadelle argille, sempre più depura-te, alla perfezione degli smalti,alla raffinatezza delle forme edei colori. Sono oggetti dellecosiddette "famiglie della pal-metta persiana" o "del melo-grano", della "famiglia a pennadi pavone" e dei sempre più dif-fusi "motivi rinascimentali" edei primi motivi a "istoriato".Sono dischi o targhe murali dicarattere religioso, pillolieri,taglieri, piatti e piattelli, vasi,gamelii, coppe di varie dimen-sioni, plastiche a targhe devo-zionali, a calamai, a nicchie,vere e proprie sculture; ancora boccali e albarelli.

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fineQuattrocento

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Al 1487 è datato il pavimento della cappella Vaselli o di San Sebastianoin San Petronio a Bologna, che rappresenta la summa del repertorio faentinodell'epoca e che con la rappresentazione e l'iscrizione del suo autore "PetrusAndrea de Favencia, (urcellarius et seu pictor faventinus)", noto per altro dadocumenti d'archivio, sta a significare un segno 'umanistico' di grande rilievotenuto anche conto dell'anonimato cui in genere si lega l'artigianato e inspecie quello ceramico. Se Petrus Andreas è ancora vivo nel 1522 e risultamorto nel 1543, significa che vive il momento di grande espansione dellamaiolica faentina. Non è certo un caso che proprio in questo tempo, nei fogli del Codice Leicester (foglio 10 R) tra il 1504 e il 1506, Leonardo si riferisse a una località calancosa e di raccolta fra Marradi e le porte di Faenza in questi termini:

"Come le radici settentrionali di qualunque Alpe non sono ancora petrificate; e questo si vedemanifestamente dove i fiumi che le tagliano, corrono inverso settentrione li quali taglian nell'altezza dei monti le falde delle pietre vive; e nel congiungersi colle pianure le predette falde son tutte di terra da fare boccali, come si mostra in vai di Lamone fare al fiume Lamonenell'uscire dal monte Appennino, far lì le predette cose nelle sue rive".

sotto da sinistra

Ciotola a pareti baccellate decorata da motivo “ad occhio di penna di pavone” e stemma della famiglia faentinaViarani al centro. Maiolica, Faenza, fine del sec. XV.Tipologia Rinascimentale (inv. 14891)

Piatto decorato con motivi detti “alla palmetta persiana” e busto muliebre (Bella) al centro. Maiolica, Faenza, fine del sec. XV.Tipologia Rinascimentale (inv. 30510)

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inizioCinquecento

Verso la fine del Quattrocento e nei primi decenni del Cinquecento unprodotto di largo consumo come il vasellame da tavola avverte un notevolis-simo ampliamento di mercato: sono piatti, piattelli, tondini, taglieri, ciotole,albarelli nel decoro del blu su bianco della cosiddetta "famiglia alla porcella-na", che si modellano sulle porcellane cinesi Ming e sulle "damaschine". È uno dei prodotti che, rispettando la qualità dello smalto nella sveltezza deltratto pittorico, forse in maggior quantità si trova negli scavi e che probabil-mente intendeva da una parte far concorrenza al diffondersi - pur tra fami-glie di ceto elevato - della ceramica orientale, dall'altra inserirsi con profitto in un prodotto alla moda diffondendone a largo raggio e con molto minor

Ciotola con motivi decorativi“alla porcellana”. Maiolica, Faenza, inizio del sec. XVI (inv. 7849)

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spesa l'immagine. Nell'accordo che il 20 aprile del 1530 i principali maestrifaentini della corporazione dei maiolicari fanno davanti al notaio Nicola Torel-li, si trova che gli "scodellini a porcellana" si debbono fare "soldi 4 al cento", il prezzo più basso della serie dei prodotti. Questo conferma che il tipo eracorrente, a buon prezzo e molto diffuso.

A confronto gli esemplari dell'eletto istoriato del cosiddetto "stile bello",

oltre che a non avere preminentemente destinazione d'uso se non quellod'oggetto d'arte e d'arredo, pur riflettendo una osmosi sempre più diffusatra le arti e specie con la pittura, per il tramite dell'incisione che con la recen-te scoperta della stampa s'andava diffondendo sino a divenire un vero e pro-prio mercato della riproducibilità dell'arte, rimanevano un prodotto d'ecce-zione e riservato veramente a pochi.

Nello stesso tempo svariati sono i tipi e notevolissima appare anche la produzione - considerata la percentuale sul resto del vasellame di scavo,emerso dal sottosuolo del centro storico di Faenza - di tondini, taglieri, ciotole, scodelle, piatti e piattelli, fiasche, vassoi, albarelli, brocche con decori policromi a festoni, grottesche, frutta, fiori, fogliami e geometrizzazioni sull'azzurrino o turchino, il cosiddetto "berettino", di varie tonalità del fondo.Da questo momento inizia a diventare veramente arduo poter stabilire levarietà delle forme quando, con gli esemplari del cosiddetto "stile fiorito",

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da sinistraPiatto decorato da motivi “a grottesche” ed al centro bustomaschile “TOLOMEO”. Maiolica“berettina”. Faenza, prima metàdel sec. XVI (inv. 7353)

Coppa traforata (“crespina”) decorata al centro da un putto con croce in mano. Maiolica, Faenza, seconda metà del sec. XVI (inv. 15218)

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pare diffondersi per la modellazione l'uso degli stampi come per le fruttiere -le cosiddette "crespine" - spesso ornate al pari di albarelli e vasi di variedimensioni a "quartieri", e cioè disegnate a sezioni dai fondi diversamentecolorati l'uno dall'altro con sovrapposti fogliami o grottesche. Nel contempo,come produzione più corrente, appaiono i servizi da tavola per gli ordinimonastici dalle brocche alle scodelle ai piatti di varie forme e dimensioni,ornati a geometrizzazioni, a girali, raggiere, fogliame stilizzato e a foglie d'ulivo, le cui tipologie permarranno a lungo e in qualità anche scadente sinoal Seicento.

Verso la metà del Cinquecento avviene nella produzione ceramica faentina una novità di eccezionale rilievo. È l'adozione dello smalto biancocome dominante - diciamo così - coloristica, mentre la tavolozza policromasinora squillante per tonalità si riduce a poche tracce rapide, diluite di turchi-no, giallo e arancio, sia nelle scene che rinnovano l'"istoriato" sia nei motiviad amorini, a stemmi e a fogliame, nei modi denominati da Gaetano Ballardi-ni "del compendiario" e cioè a disegno sommario. Ma al solo "bianco allat-tato" come lo definisce Cipriano Piccolpasso, il didascalico cinquecentesco de Li tre libri dell'arte del vasaio, spesso si limita la realizzazione d'interi servizi. Giorgio Vasari, nelle Vite, del Verrocchio, di Girolamo della Genga e di Battista Franco scrive:

A questa produzione d'impronta preindustriale, che si protrarrà fino a tutto il Seicento, e le cui caratteristiche saranno adottate da centri ceramicidi gran parte d'Europa, si deve soprattutto la grande notorietà di Faenza el'adozione del termine faenza = faïence per quel tipo di prodotto tout-court.E ciò a tal punto che spesso nei documenti d'archivio di varie regioni italianesi è portati a confondere i prodotti con la città romagnola o coi suoi vasai,quando sono citati i faenzari, la faenza o le faenze.

Quali alchimie fossero alla base di un tale risultato tecnico e formale, èdetto da Carlo Grigioni nel libretto La bottega del vasaio del bel tempo:

"... le migliori terre e più belle sono quelle di Casteldurante e di Faenza che per lo più le migliorisono bianchissime e con poche pitture e quelle nel mezzo o intorno, ma vaghe e gentili affatto...".

metà Cinquecento

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"Così dunque si è ottenuto il marzacotto o fritta, che, mescolatonelle debite proporzioni allo stagnoossidato e al piombo darà, con la cottura, il bianco opaco, lo smaltostannifero che caratterizza la veramaiolica" (in Faenza, 1937).

È questa una delle preparazionipiù delicate, la fondamentaleanzi in tutta la lavorazione dellaceramica. Dell'importanza che vi annettevano le fabbrichefaentine ci è stata conservatauna rara, preziosa testimonianzain un contratto del 20 febbraio

1540, col quale la direzione di una delle maggiori fabbriche faentine - e pre-cisamente quella di Francesco Mezzarisa - si assicura, per la durata di cinqueanni, l'opera di uno specialista, cioè del faentino Maestro Pietro di FrancescoZambalini. Egli lavorerà per questa sola e non per altra fabbrica e suo compi-to sarà quello di "concordare" tutto il colore bianco del quale avrà bisognoper tutto quel tempo l'officina del Mezzarisa.

Si tratta di una fabbrica delle più produttrici di Faenza, e il lavoro delloZambalini non doveva essere una sinecura. E non era nemmeno troppo lau-tamente compensato, perché riceveva non più di trenta lire l'anno.

"Concordare il bianco", cioè fare, come si esprimevano i maiolicari delCinquecento, l'accordo del piombo e degli altri componenti con lo stagno. E che si tratti di operazione delicata e fondamentale lo dice esplicitamente il Piccolpasso, per il quale la riuscita

Anzi la preparazione dello smalto stannifero, cotto, polverizzato e trasformato in poltiglia per immergervi il biscotto è così essenziale che passa in seconda linea la stessa preparazione dei colori.

Se dunque alla base di quella che è stata definita da Giuseppe Liverani la "rivoluzione dei bianchi" è una estrema capziosità di sperimenta-zione tecnica - forse non scevra dall'influenza e competitività col candore

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"nasce dal buon governo di chi l'ha nelle mani e soprattutto - egli aggiunse - io lodo il cuocere due volte il suo accordo".

Grande piatto con scena biblica“Eliodoro cacciato dal tempio”.Maiolica, Faenza, maestro delservizio V numerato, 1590-1610(inv. 18658)

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e la trasparenza delle porcellane orientali che sempre più si diffondevano in Europa, e di cui in Italia vanamente si cercavano proprio in questo lasso di tempo nelle Corti e nelle officine i segreti - con essa le varietà delle formedivengono innumerevoli.

Col procedere del tempo e fino a gran parte del Seicento, per l'influenza del Manierismo prima e poi del Barocco, si trovano fra l'altro: crespine abborchiate, sbalzate e traforate, piatti e conche lisce o modellate,saliere le più curiose, versatori bizzarri modellati a figure antropomorfe e zoo-morfe, lampade a sospensione, calamai monumentali del tipo "microarchi-tetture", vassoi, anfore, salsiere, catini, vasi da farmacia, rinfrescatoi per le bevande, trofei a forma di obelischi, catini da barba, fiasche sul tipo diquelle da pellegrino, e così via. Spesso tali oggetti recano stemmi gentilizi o prelatizi, e sul retro la sigla della fabbrica che peraltro è riscontrabile anchenel vasellame non decorato a policromia.

Coppia di saliere a foggia dinavicella decorata da stemmafam. Garzoni. Marchio VRAF.Faenza, bottega VirgiliottoCalamelli, 1525-1574 (inv. 14301-14302)

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Dello stesso spirito dei "bianchi", nel Cinque e nel Seicento, sono poi i capi in smalto turchino intenso, con le 176 mezzette e mezzettine (boccali)che a Virgiliotto avevano commissionato le suore di San Vitale di Bologna,dello stesso tipo che, a leggeri decori di foglie con le iniziali di religiose, si trovano nelle raccolte del museo faentino.

Verso la fine del Cinquecento si diffonde poi il genere della targa devo-zionale, soprattutto a "faenza" dipinta in policromia nel genere "istoriato"ma anche modellata, di larghissima diffusione nel XVII secolo soprattuttonella città e nel contado faentino e che venivano inserite in facciate sopra le soglie di case e palazzi, ma anche da conservare in casa come oggettodevozionale.

Quando le sorti della ceramica 'fine' faentina sembravano quasi segnateverso la fine del Seicento per una serie complessa di ragioni socio-economi-che (mentre la pignatteria comune e i vari contenitori in terracotta, come i grandi vasi da bucato, continuavano a essere prodotti, ma in economiachiusa, come indica sin dalla metà del XVII secolo la fabbrica di GiovanniRegoli, che i discendenti continueranno a gestire per circa un secolo aggiun-gendovi anche la produzione della maiolica di pregio, con Antonio Mariapronipote di Giovanni), avviene un altro fatto di grande rilievo.

I rappresentanti della nobiltà faentina si erano un po' sempre adornati insocietà e nelle Corti, in diplomazia, della maiolica pregiata che si producevanella loro città d'origine. E così continua ad avvenire anche nel Seicento, purcon l'assottigliamento delle botteghe e degli artigiani. Nel 1667, per esempio,Francesco Rucellai da Firenze richiede al conte faentino Giovan Battista Laderchi

E ancora nel 1668 e nel 1670 quando Fabrizio Laderchi, gentiluomo allacorte granducale di Firenze, scrive al padre Giovan Battista per richiedere lamaiolica ordinata da un certo Cavalier Carducci, e ne ordina altra per un suoamico; mentre nel 1679 scrive sempre da Firenze al fratello Camillo che:

"... due finimenti da tavola di piatteria di maiolica puri senza arme però della più bella e fine che si facci; et in particolare quel finimento che deve andare a Malta".

"Il signor Principe mi comanda che io le faccia fare i 'vasi di maiolica conforme la congiuntamostra' e con la maggiore sollecitudine che sia possibile. I grandi vasi da spetieria si son fatti

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Sarà proprio una famiglia comitale faentina che, all'inizio senza quasi un preciso disegno e non diversamente interessata dei Laderchi alla maiolicaindigena, le ridarà ampio respiro.

A causa di un grosso credito, la famiglia faentina dei conti Fernianiacquistò nel 1693 un'officina in crisi, ma che giungeva da lontano.

e precisamente fino alla fine del XIX secolo.

Se nei primi anni della conduzione e proprietà Ferniani venivano ripetuticon gli antichi stampi tante forme e ancora decori nei caratteri del "compen-diario" e dei successivi sviluppi seicenteschi, ben presto, e sin dai primidecenni del Settecento, la produzione venne radicalmente rinnovata. Si sabene con i criteri odierni dell'industrializzazione che cosa significhi rinnovarela produzione. Per i Ferniani si trattava di ridare volto nuovo all'azienda, e trattandosi di nobiltà non provinciale, per tutto il XVIII secolo la fabbricamarcerà a livello europeo, ricettiva a tutte le novità d'oltralpe fino all'Inghil-terra, e per questo tramite alle mode che venivano dall'Estremo Oriente.

Dapprima coi "blu e bianchi" richiamanti quelli d'Olanda e di Franciaspecialmente, e coi monocromi in turchino, violaceo, giallo e verde, in ornatia peducci e a rocaille su forme spesso dei grandi piatti umbonati, vassoi ecatini d'antica tradizione, ma anche in quelle nuove rococò.

I servizi da tavola s'arricchiscono via via di decori policromi a "fior dipatata", a "mazzolino", a "paesino", a "macchiette", a "rovine", a "bouquets" e infine a "fiorazzo" che è una interpretazione vernacolare dei repertori provenienti dalla maiolica e porcellana europea e dalla porcella-

"Dagli Accarisi ai Ferniani attraverso Francesco Vicchi (1589-1644) e i "Giorgioni" (1645-1693) - come scrisse Gaetano Ballardini, e che - ... forma il ponte di passaggio più noto,almeno sulle carte, fra gli eredi diretti del secolo XVI e i figuli successivi, che dovranno poi,nel luogo stesso e con gli stessi attrezzi... affidare la rinomanza della maiolica faentina alla casa patrizia dei Conti Ferniani, che la porteranno fino ai dì nostri...",

altre volte, ma vi vuole a tutti i loro coperchi fatti in maniera che turino bene la bocca del vaso.Quelli da zucchero rosato m'imagino che il maestro saprà come vanno, et anche quelli da agro decedro; le cattinelle col pippio mezzane e l'altre pure liscie senza cosa alcuna, onde procurate cheSua Altezza resti servita presto e bene. I vasi da zucchero rosato e quelli da agro de cedro procurateche abbino l'orlo della bocca arricciato, accio' si possa legarvi attorno la carta pecora...".

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na orientale. Quest'ultima influenza soprattutto le "cineserie", i motivi al"casotto" o alla "giapponese", quelli cosiddetti al "garofano" o della "por-cellana nuova", denominazione legata esclusivamente al decoro e non aimateriali della porcellana vera e propria, che Faenza non ha mai prodottobenché i Ferniani vi fossero tentati senza esito grazie a un tecnico transfugadalla fabbrica fiorentina dei Marchesi Ginori. Imitazioni della porcellana euro-pea si hanno specialmente coi trionfi da tavola, i trompe-l'oeïl, i gruppi difigurine galanti e di carattere mitologico, le confettiere e i pillolieri. A proposi-to di alcuni almeno di questo tipo d'oggetti, è da ricordare il loro uso in occa-sione di una visita a Faenza della regina Maria Amalia Walbruga nel 1738,quando si recava a Napoli per incontrare suo marito Carlo III di Borbone. Nel volumetto che gli Accademici Filoponi pubblicarono a ricordo dell'avveni-mento sono descritte le maioliche che adornavano le mense del convito:

Grande piatto con paretimodellate, decorato al bordoda motivi “a peducci”; stemma centrale e intorno piccoli insetti, uccelli e fiori.Maiolica azzurrata Faenza,manifattura Ferniani, inizio del sec. XVIII (inv. 17230)

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quali centri tavola.

Un'imitazione più pertinente per quanto sempre 'esteriore' della porcel-lana orientale dell'epoca si ebbe tuttavia, nella seconda metà del Settecento,con l'adozione del "piccolo fuoco" o "terzo fuoco", tecnica che consentel'uso di una tavolozza assai ricca che non resiste alle temperature di fusionedello smalto, e richiede quindi una terza cottura dell'oggetto a fuoco menointenso. Si accrebbe così in breve la ricchezza della policromia ornamentale,nelle forme e nelle sagome tipiche dell'epoca, come nei servizi da tavola con zuppiere, servizi da caffè, tazze da brodo e da puerpera, versatori, anforeornamentali. Di lí a poco, tuttavia, in età neoclassica, verrà recuperato specie

"le rose, i gelsomini, le viole, l'orrido cardo, il cocomer pingue, gli asparagi e le frutta e centoe cento pomi diversi, il mozzo capo di dentato cinghial, e le caccie, le ninfe e i pastor"

Vassoio ovale decorato conmotivo floreale “alla rosa” in policromia a piccolo fuoco.Marca: chiave e N.2. Maiolica,Faenza, manifattura Ferniani,ultimo quarto del sec. XVIII (inv. 2859)

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nei servizi da tavola un carattere contenuto sia nelle forme sia nelle decora-zioni, nel rapporto equilibrato fra il bianco dello smalto, la linearità delleforme, e il sobrio cromatismo di motivi come quelli alla "ghianda", alla"foglia di vite" che si ritrovano nella scuola dei decoratori di Felice Giani operante nei palazzi dell'aristocrazia faentina dell'epoca.

In questo ambito è da situare l'introduzione negli ultimi decenni del Settecento di un nuovo prodotto, la terraglia "all'uso d'Inghilterra", dal corpo poroso e bianco o color avorio che generalmente veniva invetriato.Con questo materiale erano eseguiti servizi da tavola, oltre che centri datavola, gruppi plastici di tipo mitologico e vasi ornamentali. Sulla terragliageneralmente lasciata al suo candore priva di decorazioni - se si tolgono alcuni schizzi di paesaggini in bruno o blu, o il modellato a intrecci, a foglie

Coppia di anfore decorate da motivi “a cineserie”. Maiolica, Faenza, FilippoComerio nella manifattura Ferniani, ultimo quarto del sec. XVIII (inv. 495-496)

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Agli inizi dell'Ottocento "... la produzione ceramica contava su una media di addettipiuttosto esigua: a distanza di un secolo la Ferniani era passata da 30 a 20 operai, mentre le altre cinque o sei fabbriche attive per un certo periodo agli inizi del secolo, e che producevano

il vasellame comune, il cosiddetto "bianchetto", occupavano in totale poco più di una cinquantina di addetti, facendo registrare un calo di un centinaio

di unità da pochi anni prima...". Nell'ultimo decennio del secolo: "L'abbandono da parte della

famiglia Farina di quella fabbrica che aveva rappresentato, pur tra i diversi sussulti di iniziative o progetti falliti, uno dei fulcri dellaripresa del prestigio della ceramica locale, non fu che l'inizio di una nuova fase di declino; le tre ditte ancora attive - Ferniani, Treré e Cooperativa Faenza (ex-Farina) - riuscirono a sopravvivereper poco tempo.

La cessione poi della famiglia Ferniani, dopo due secoli di merito-ria e dinamica attività, dell'impresa e dei locali della fabbrica...

ebbe effetti quanto mai destabilizzanti anche se il 12 dicembre 1894 l'ultimo direttore prendeva in affitto i locali di Egeria Schepens, vedova

del conte Annibale, nell'illusione di poter salvare la prestigiosa produzione. La formula cooperativistica con la quale vennero condotte tutte e tre le fabbriche...

non riuscì tuttavia a sostituire adeguatamente i capitali e l'iniziativa privata. Nel febbraio1899 veniva tentata una fusione dei tre stabilimenti in un'unica società con una commissione di tre membri incaricata di sorvegliare l'azienda; ma la forte passività dell'esercizio richiedeva

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o a trafori - dalla prima metà dell'Ottocento verranno applicate decorazioni a decalcomania usate precedentemente in minor misura sulla maiolica a"piccolo fuoco".

L'Ottocento ceramico faentino, e soprattutto la seconda metà del seco-lo, è conosciuto particolarmente per le opere di pittura su maiolica e per legrandi opere plastiche di tipo robbiano, realizzate dalle due maggiori fabbri-che dell'epoca, la Ferniani e la Farina. Un tipo di prodotto che, per quantoapprezzatissimo nelle grandi Esposizioni internazionali, si staccava nettamen-te dal plurisecolare "ductus decorativo" che per la massima parte aveva uno stretto legame con l'oggetto d'uso. La ceramica faentina rimaneva prestigiosa artisticamente secondo i criteri dell'epoca, ma perdeva senza dubbio in produttività e in mercato considerata anche la mancata moderniz-zazione degli impianti che non rendevano più competitivo il prodotto.

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Piatto decorato con motivo detto “giardino orientale”. Maiolica, Faenza, manifattura Ferniani, fine del sec. XVIII (inv. 7548)

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Una indagine sistematica d'archivio ha reso possibile - nel corso degli ulti-mi decenni - una migliore conoscenza del fenomeno, che peraltro condussegradatamente a una grave crisi del settore verso la fine del secolo. Le vicende del secolo scorso sono alla base di un mutamento strutturale delfenomeno ceramico faentino. Come s'è già accennato, il concetto d'arte non è la stessa cosa del concetto di qualità. Mentre lungo i secoli la consapevolezzadella qualità e il lungo travaglio tecnologico per raggiungerla erano strettamen-te legati alla forma-funzione entro cui s'amalgamava la cultura figurativa con-

temporanea, la sostituzione nell'Ottocento del concetto d'arte comeoggetto autonomo, 'inutile', da contemplare tanto più negli

exploit virtuosistici, non corrispondeva in effetti più, per quantose ne proclamasse la continuità di livello, al ruolo che i vasai

dal Medioevo al Settecento erano consapevoli d'avere purnel loro prevalente anonimato e forse proprio per questo.

E la situazione è continuata nel nostro secolo. Inneppure un decennio di vita - dal 1900 al 1910 circa -

chiusero due fabbriche come quella dei Fratelli Minardi e quella delle Fabbriche Riunite di Ceramiche che, oltre a

produrre oggetti d'arte e d'arredo, cercarono di promuovereuna produzione d'uso per la casa e per l'architettura. Esse, e i

ceramisti che vi si erano formati, diedero l'avvio da una parte all'a-tomizzazione di botteghe per lo più a conduzione individuale che, a

tutt'oggi moltiplicatesi, ripetono in genere i moduli stereotipati delle forme edegli stili faentini dei secoli passati, con grande attenzione alla qualità materi-ca e ornamentale ma nella scissione che pare incolmabile con l'effettivooggetto d'uso, per trasmutarlo in oggetto estetico con mercato tutto som-

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Ovale da muro con autoritratto. Faenza, Achille Farina, 1876 (inv. 7356)

la liquidazione, peraltro temuta nel timore del disastro che avrebbe coinvolto un centinaio difamiglie. Nella primavera del 1900 si giunse inevitabilmente alla chiusura, con un preavviso di otto giorni agli operai..." .

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“Le orfanelle”. Lastra raffigurante bambine in riva al mare. Faenza, TomasoDal Pozzo, 1887 (inv. 3162)

mato ristretto ed empirico, spesso bottegaio; dall'altro diedero struttura ailaboratori dei ceramisti-artisti che nell'autonoma 'gratuità' delle loro ricerchee risultati, sono un fenomeno che non esiterei a dire del tutto nuovo rispettoalla tradizione, e che di fatto s'inseriscono nelle varie espressioni dell'artecontemporanea.

In questa situazione, proprio all'inizio di secolo, sorgeva il Museo delleCeramiche, un museo-scuola che solo nella sua parte più vistosa, quella sto-riografica, diremmo che rappresenta un polo di autoriflessione e di autoanali-si: mentre nella parte più critica, pur nel merito di conservare la memoria e il patrimonio manuale stratificato in più secoli di esperienza, può aver facilita-to e incentivato la copia, la ripetizione pedissequa e scolastica. In realtà un'epoca era davvero finita, e il Museo con la sua stessa nascita sembra aver-la registrata. Se il naufragio non può certo dirsi soltanto faentino, ma investeantropologicamente l'intera nostra epoca, è da attribuirsi al Museo il ruolo,da una parte, di aver contribuito alla figura consapevole di un nuovo cerami-sta-artista, nel passaggio dallo stato artigianale a quello artistico e industriale in cui i materiali specifici sono sì essenziali in quanto li si sceglie, ma nondeterminano più quella che è sempre stata la figura e il comportamento tra-dizionale del ceramista; dall'altra, quello di aver formato e di formare, con gli Istituti didattici e di ricerca di sua emanazione, i tecnici del restauro per laconservazione della memoria, e quelli per l'industria contemporanea, che vadalla produzione di piastrelle e di materiale edilizio con mercati a largo raggioa quello delle più sofisticate applicazioni tecnologiche: l'informatica, la missili-stica, la bioceramica. La storia contemporanea della ceramica, anche a Faen-za, si dovrà dunque considerare basilarmente su tutt'altre linee di sviluppo e caratterizzazione, da quelle che sono state in tutti i secoli precedenti, e dacui Faenza ha tratto la sua fama. Si tratta di capire quale nuovo tipo di ruolodebba determinarsi, cercare di individuare il momento almeno in cui esso si è consolidato soprattutto per il tipo di diffusione che ha avuto e quello chedovrà avere: da un lato, l'artigianato tradizionale, di copia, di riproduzione;dall'altro la ceramica d'arte prevalentemente come fatto plastico, oltre chepittorico e decorativo; infine il ruolo che la città ha di riflesso, come centrosoprattutto di formazione nell'industria della ceramica, specie nelle piastrelleper l'edilizia, nei prodotti tecnologicamente avanzati.

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3. La ceramica a Faenza nel XX secolo

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La ceramica in Faenza, alla fine del XIX secolo, attraversa una fase critica dopo circa sei secoli di attività, per la chiusura delle sue manifatture.Terminavano l’attività sia la fabbrica dei conti Ferniani che aveva operato inin-terrottamente dalla fine del XVII secolo, sia quella di Achille Farina operantenella seconda metà del secolo, e altre fabbriche minori specie per prodotti di largo consumo. Tentativi di ripresa, tuttavia, si ebbero subito all’inizio delNovecento con le “Fabbriche Riunite di Ceramica” per iniziativa del conteCarlo Cavina, che riattivò con gestione unica alcune delle imprese ottocente-sche, mentre venne avviata una nuova fabbrica dai fratelli Venturino e da Virgilio Minardi. In quegli stessi anni d’inizio secolo si verificava anche una

ripresa culturale, artistica oltre che produttiva in Faenza. Una grande esposizione promossa dalla “Società per il Risveglio Cittadino” per celebrare il terzo centenario della nascita del faentino

Evangelista Torricelli, inventore del barometro, segnò nel 1908 la ribalta programmatica per una rinascita della città. A seguito

di tale esposizione, per impulso di Gaetano Ballardini, sorgeva il Museo Internazionale delle Ceramiche quale punto di

riferimento per la ceramica antica, moderna e contempo-ranea, nazionale ed internazionale.Lo sviluppo delle manifatture locali ebbe un’altra

battuta di arresto per la crisi finanziaria che coinvolse le “Fabbriche Riunite di Ceramica” alla fine del 1908. Esse,

tuttavia, cambiarono soltanto proprietari e ragione sociale proseguendo negli anni l’attività con denominazioni diverse. Alla fine del primo decennio del secolo lo stesso avverrà per la Fabbrica dei Fratelli Minardi, che sarà gestita per qualche annodirettamente da tecnici e operai. Bisogna sottolineare in ogni caso che si trattava di piccole imprese artigiane.Una soluzione al problema dell’artigianato ceramico, che ne per-mettesse la continuità di fronte ad una situazione precaria per

risorse finanziarie e strutture produttive, si prospettava con l’attua-zione dei progetti di Gaetano Ballardini. La fondazione del Museofu ben presto affiancata da una scuola di ceramica per

a sinistraVaso di forma irregolare con decoro floreale in rilievo. Maiolica, Faenza, Pietro Melandri, 1960 ca. (inv. 23798)

sottoRitratto di Domenico Silvestrini. Maiolica, Faenza,Francesco Nonni e AnselmoBucci, 1923 ca. (inv. 30486)

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la formazione e l’avvio alla professione. Si intendevano affrontare così i problemi della ricerca tecnico-scientifica oltre che estetica e funzionale, dell’organizzazione artigianale e industriale, e della commercializzazione.

I tecnici chiamati alla Scuola per realizzare questi progetti furono indivi-duati fra coloro che avevano vissuto in prima persona le vicende travagliate

delle fabbriche d’inizio secolo. E dalla Scuola, divenuta col tempoIstituto Statale d’Arte per la Ceramica, uscirono professionisti che soltanto in parte andarono via via ad incrementare l’artigia-nato locale e la ceramica d’arte. Molti fra essi divennero le levetecniche per l’industria nazionale e per le scuole di ceramica di tutta Italia, e talora anche all’Estero.Le officine faentine dell’inizio del XX secolo furono vivai di

esperienze, e veri e propri centri di formazione, che per le genera-zioni successive e fino ai nostri giorni hanno reso possibile la con-tinuità del mestiere in cooperative, botteghe e studi ceramici. La fabbrica vera e propria invece non attecchirà mai in Faenza nel senso dell’industria moderna, a prescindere da quella sporadica impresa di ceramiche per l’edilizia come le piastrel-le, in anni a noi più vicini. Il “prodotto” faentino si baseràsempre, in prevalenza, sulla cellula familiare del lavoro e punterà per buona parte sulla ripresa dei moduli decorativi tradizionali dal Medioevo all’Ottocento. Nondimeno alcuni artisti, sia pittori e scultori sia cerami-sti, terranno vivo lungo questo nostro secolo lo spiritodi promuovere e incentivare il mezzo ceramico comemateria d’arte. Questa continuità tra generazioni èesemplificata in alcune tendenze principali: i vasi e le interpretazioni delle loro forme; la pittura su cerami-ca; la ceramica stessa come fatto plastico, di scultura

vera propria, iconica o aniconica che sia, nel recuperodella terracotta come materiale di primaria espressività

artistica, anche a prescindere dai tradizionali valori cromaticidegli smalti. I nomi che scorrono in questa ricostruzione

dei ruoli della ceramica faentina del XX secolo rappresentano soltanto una parte delle effettive operosità. Una storia vera e propria dovrebbe comprendere un numero certamente più cospicuo soprattutto per quanto

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Bottiglia. Maiolica a lustro.Faenza, Anselmo Bucci, 1948 ca. (inv. 2263)

pagina a destra.“Gesù fra i dottori”. Maiolica. Faenza, Angelo Biancini,1957 (inv. 8332)

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Scultura.Gres con smalto. Faenza, Carlo Zauli, 1974 ca. (inv. 18277)

riguarda le botteghe. Qui si è richiamata all’attenzione in particolar modogran parte di quelle presenze che hanno contribuito al rinnovamento dell’arte ceramica nel nostro secolo, manifestatosi almeno in parte anche con i “Premi Faenza” che vengono organizzati e attribuiti dal 1938, primaannualmente ed ora con cadenza biennale. Esse sono: Fabbriche Riunite di Ceramiche, Fabbrica dei Fratelli Minardi, Achille Calzi, Domenico Baccarini,Pietro Melandri, Francesco Nonni, Riccardo Gatti, Anselmo Bucci, AngeloBiancini, Germano Belletti, Guerrino Tramonti, Fulvio Ravaioli, Carlo Zauli,Panos Tsolakos, Goffredo Gaeta, Ivo Sassi, Alfonso Leoni, Emidio Galassi,Guido Mariani, Mauro Tampieri, Sergio Gurioli, Aldo Rontini, Alberto Mingotti, Nedo Merendi, Antonella Ravagli, Luciano Laghi ed altri ancora.

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Sala Contemporanea.

4. Il Concorso Internazionaledella Ceramica d'Arte Contemporanea

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“Sombra del viento” (particolare).Terracotta. Santo Tomé (Argentina), Ana Cecilia Hillar, 52° Premio Faenza (2001).

4. Il Concorso InternazionaleIl Concorso Internazionale della Ceramica d'Arte Contemporanea,

ha segnato la storia culturale di Faenza nel XX secolo, facendone un punto di riferimento ceramico mondiale soprattutto a partire dagli anni Sessanta.

Istituito nel 1932 con dimensione regionale per iniziativa del Museodi Faenza e il patrocinio dell'E.N.A.P.I. (Ente Nazionale Artigianato e Piccole Industrie), il Concorso non si presentava come una manifestazio-ne autonoma, ma inserita in un complesso di iniziative a carattere fieri-stico-promozionale, anche eterogenee tra loro, che Faenza aveva realiz-zato da alcuni anni con il nome di "Settimana Faentina".

Il Concorso non era, fin dalle sue origini, una iniziativa estempora-nea: traeva origine dalla tradizione ceramica faentina ed aveva una premessa nei dettati di Gaetano Ballardini che aveva stabilito, con felice intuito, nello statuto del nascente Museo (1908) di "indire mostre internazionali, periodiche, di ceramiche interessanti l'uno e l'altro puntodell'arte, della tecnica, dell'uso pratico" nonché di "indire concorsiinternazionali per la produzione della ceramica sotto l'aspetto d'arte e di tecnica".

Nel 1938 il Concorso prese carattere nazionale; era la prima mani-festazione in questo settore che veniva inaugurata in Europa con unaprecisa caratterizzazione, una cadenza periodica e senza finalità com-merciali.

La parentesi bellica interruppe nel 1942 lo svolgimento del Concor-so che già nel 1946 riprendeva, proseguendo regolarmente fino adoggi: con cadenza annuale fino al 1987, biennale dal 1989. Nel 1963 il Concorso si è ampliato a livello internazionale.

La Manifestazione è stata, fin dall'inizio, un importante momento nella valorizzazione, nel rinnovamento, nella promozione della ceramica sia sotto l'aspetto artistico e decorativo, sia in quello funzionale e del-l'arredo. La stessa Manifestazione ha inoltre dato impulso a una ricerca complessa, non solo estetica, ma riguardante anche esperienze nel settore della tecnologia delle argille, degli smalti, delle cotture mutuan-dole dall'industria e coinvolgendo di ritorno l'industria stessa nel design di oggettistica e di piastrelle.

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Visto non solo come stimolo nei confronti della ceramica tradizio-nale ma soprattutto come esperienza - spesso problematica - per avvici-narsi a questo materiale, per plasmarlo, per volgerlo a fini estetici, il Concorso di Faenza ha permesso un interessante confronto con l'artecontemporanea e, specie negli ultimi cinquant'anni, ha visto un signifi-cativo coinvolgimento con la scultura.

Mentre fra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà delNovecento, ad eccezione di alcune personalità di grande rilievo comeArturo Martini, il termine di confronto della ceramica perlomeno in Italiaera soprattutto la pittura, nei decenni a noi più vicini e specie dal secon-do dopoguerra è la scultura ad aver preso il sopravvento su ogni altraforma d'arte come termine di confronto di livello alto. La storia del Con-corso di Faenza rispecchia con particolare evidenza questo fenomeno, e può essere considerata un importante riferimento per una stimolanteindagine fenomenica.

Al Concorso di Faenza hanno partecipato artisti italiani - ricordiamo fra i tanti: Angelo Biancini, Guido Gambone, Leoncillo Leonardi, PietroMelandri, Carlo Zauli - e stranieri - Eduard Chapallaz, Sueharu Fukami -che hanno fatto non solo la storia della ceramica del XX secolo maanche quella della scultura e della pittura, con aspetti non marginali sul fronte della sperimentazione e della contaminazione fra vari materia-li non esclusivamente ceramici. Quest'ultimo approccio può essere fontedi impensabili sviluppi verso nuove prospettive.

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Dal 1997 sono previste, oltre al "Premio Faenza” della FondazioneBanca del Monte e Cassa di Risparmio Faenza, un premio-acquisto di £ 20 milioni, e £ 5 milioni per un premio-soggiorno di due mesi a Faenzanell’anno successivo, con mostra presso il Museo degli elaborati realizzati durante la permanenza a Faenza, alcune menzioni di merito e un Concorso per le Scuole d'Arte italiane.

Il Concorso è sempre stato affiancato da mostre collaterali di grande rilevanza internazionale.

Le ultime due edizioni sono state dedicate a “Designer dal mondo” nel1997 e ad “Artisti dal mondo” nel 1999. Nell'edizione 2001 è stato assegnato un “Premio Faenza" alla Carriera a Giuseppe Spagnulo.

> il “Premio Faenza” istituito dal Monte di Credito su Pegno e Cassa di Risparmiodi Faenza, costituito da un importo in denaro (£ 5 milioni) e da una “Personale”che l’Artista vincitore era tenuto a realizzare nell’anno successivo, sempre nell’am-bito delle manifestazioni ceramiche.

> n. 7 Premi-acquisto di uguale importo (£ 1 milione), con l’acquisizione dell’opera premiata a favore delle collezioni del Museo. Almeno uno di questipremi-acquisto era riservato ad un giovane artista di età superiore a 26 anni.

> Premi d’onore (medaglie d’oro e targhe).

Dal 1989, con le edizioni biennali, il monte premi prevedeva:

> il “Premio Faenza” istituito dal Monte di Credito su Pegno e Cassa di Risparmio di Faenza del valore di £ 20 milioni.

> Premi-acquisto di £ 5 milioni e £ 2 milioni con l’acquisizione dell’opera premiata a favore delle collezioni del Museo.

> Premi d’onore (medaglie d’oro e targhe).

I premiFino al 1976 i premi erano suddivisi in varie categorie: opere

a decorazione pittorica, a decorazione plastica, maiolica decorata, premi per concorrenti italiani, per ceramisti-artigiani iscritti all’Albo, pergiovani artisti ecc.; solo il primo premio assoluto (il “Premio Faenza”)non ha mai avuto vincoli o indicazioni specifiche.

Vi era anche una particolare sezione riservata a designer e manifat-ture per i prodotti d’uso di moderno design ed un’altra sezione per Istituti e Scuole d’Arte. Dal 1978 il monte-premi prevedeva:

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Albo d'oro Premi Faenza

(1915-1992), Faenza1953 ex-aequo: Salvatore Meli

(1929), Roma e Carlo Zauli (1926), Faenza

1954 Leoncillo Leonardi (1915-1968), Roma

1955 ex-aequo: Carlo Negri, Bologna e Guerrino Tramonti, Faenza [Negri 1928; Tramonti 1915-1992]

1956 ex-aequo: Germano Belletti, Perugia e Gian Battista Valentini, Pesaro (Belletti 1914-1992) (Valentini 1932-1985)

1957 Angelo Biancini, Castelbolognese(1911-1988)

1958 Carlo Zauli, Faenza (1926)1959 Guido Gambone, Firenze

(1909-1969)1960 Guido Gambone, Firenze

(1909-1969)1961 Gian Battista Valentini, Pesaro

(1932-1985)1962 Carlo Zauli, Faenza (1926)

(Wilhelm 1925) (Elly 1929)1967 Edouard Chapallaz, Duillier

s/Nyon (Svizzera) (1921)1968 Hilkka-Liisa Ahola della “Oy Wärt

silä AB Arabia”, Helsinki (Finlandia) 1969 Vlastimil Kvetensky, Karlovy Vary

(Cecoslovacchia) (1930-19??)1970 ex-aequo: Goffredo Gaeta,

Faenza e Ivo Sassi, Faenza (Gaeta 1937) (Sassi 1937)

1971 Panos Tsolakos, Chalkis (Grecia) (1934)

Nazionali1938 Pietro Melandri

(1885-1976), Faenza1939 Pietro Melandri

(1885-1976), Faenza1941 Emilio Casadio (1902-1964), Faenza

e Carlo Corvi (1004-1978), Parma1942 “I due Fornaciari”, Napoli,

su modello dello scultore Giuseppe Mazzullo (1913-1988)

1946 Angelo Biancini (1911-1988), Castelbolognese e Anselmo Bucci (1887-1959), Faenza

1947 Guido Gambone (1909-1969), Vietri sul Mare (opera segnalata in sostituzione del “Premio Faenza”)

1948 Guido Gambone (1909-1969), Vietri sul Mare

1949 ex-aequo: Anselmo Bucci (1887-1959), Faenza e Guido Gambone(1909-1969), Vietri sul Mare

1952 Antonio Scordia (1918-1989), Roma e Guerrino Tramonti

Internazionali 1963 ex-aequo: Pompeo Pianezzola,

Nove e Fulvio Ravaioli, Faenza (Pianezzola 1925) (Ravaioli 1926-1983) 1964 ex-aequo: RogierVan De Weghe della Manifattura Amphora, St.Andries-Brugge (Belgio) e Leoncillo Leonardi, Roma (1915-1968)

1965 Berndt Friberg, Gustavsberg (Svezia) (1899-?)

1966 Wilhelm e Elly Kuch, Burgthann (Rep. Federale Tedesca)

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1972 Yasuo Hayashi, Kyoto (Giappone) (1928)

1973 Wilhelm e Elly Kuch, Burgthann (Rep. Federale Tedesca) (Wilhelm 1925) (Elly 1929)

1974 Georges Blom, Dilsen (Belgio) (1947)

1975 Colin Pearson, Aylesford (Gran Bretagna) (1923)

1976 ex-aequo: Paul Donhauser, Oshkosh (U.S.A.) e Alfonso Leoni, Faenza (Donhauser 1936) (Leoni 1941-1980)

1977 Gian Battista Valentini, Arcore (1932-1985)

1978 Mirko Orlandini, Bruxelles (Belgio) (1928-19??)

1979 Maria Teresa Kuczynska, Sopot (Polonia) (1948)

1980 Guido Mariani, Faenza (1950)1981 Michel Kuipers, Eindhoven

(Olanda) (1949)1982 Aki Matsui Toshio, Osaka

(Giappone) (1955)1983 ex-aequo: Jo-Anne Caron-

Devroey, Waterloo (Belgio) e Emidio Galassi, Faenza (Caron-Devroey 1926) (Galassi 1944)

1984 Giuseppe Lucietti, Bassano del Grappa (1936)

1985 Sueharu Fukami, Kyoto (Giappone) (1947)

1986 non assegnato1987 Franz Stähler, Hadamar

(Rep. Federale Tedesca) (1956)

1995 Ken Eastman, Kimbolton-Leominster (Gran Bretagna) (1960)

1997 Michael Cleff, Bochum (Germania) (1961)

1999 Torbjørn Kvasbø, Venabygd (Norvegia) (1953)

2001 Ana Cecilia Hillar, Santo Tomé, Santa Fé (Argentina) (1969)

Biennali 1989 Enrico Stropparo,

Tezze sul Brenta (1953)1991 Svetlana Nikolaevna

Pasechnaya, Kishenev (Unione Sovietica) (1949)

1993 ex-aequo: Tjok Dessauvage, Sint-Eloois-Winkel (Belgio) e Aldo Rontini, Faenza (Dessauvage 1948) (Rontini 1948)

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Sala precolombiana.

sala 16. Sezione del design, dellaceramica popolare italiana, delle piastrelle e dei ceramici avanzati

Piano interrato

5. Per una visita al Museo

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Primo piano

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sala 7. esempio di collezionismosala 8. Faenza: Medioevosala 9. Faenza: Rinascimento sala 10. Italia: Medioevo e Rinascimento

sala 11. Italia: ’600, ‘700, ‘800sala 12. Faenza: ‘700sala 13. Ceramica italiana del Novecentosala 14. Premi Faenza

Piano terra

sala 2

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sala 6 ➔

sala 1. Sezione didattica delle tecnichesala 2. Ceramiche Precolombianesala 3. Ceramiche classiche, romane e del Vicino Oriente Anticosala 4. Ceramiche islamiche

sala 5. Biglietteria, book shopsala 6. Ceramiche da: Africa, Oceania, Corea, Cina e Giapponesala 15. Ceramiche contemporaneesala 17. Sala Europa

IngressoAscensore

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Seguendo un criterio cronologico, il percorso attuale per la visita alle rac-colte prende avvio al piano terra con la Sezione delle Ceramiche Precolombiane,acquisita tramite una serie di donazioni e ad una recente politica di acquistimirati. Il criterio espositivo, supportato da una suadente didattica, si ispira alla suddivisione in aree archeologico-culturali del continente americano. Sei vetrine custodiscono al loro interno oltre duecento oggetti provenienti dalle aree mesoamericana, caraibica, intermedia, amazzonica, peruviana, andinameridionale, pampeana. Una maggiore enfasi è data alle aree mesoamericana e peruviana, sia per la qualità degli oggetti posseduti dal Museo, sia per la loroimportanza particolare all'interno del quadro culturale generale delle Americhe.Nell'insieme è esposta la produzione ceramica di sessantuno culture archeologi-che, le quali benché siano accomunate dalla qualità di "precolombiane", sonoassai diverse tra loro. Tra le terrecotte antropomorfe più curiose se ne segnalauna messicana del Periodo Inferiore (di Ixtlàn) raffigurante una partorienteassistita da tre figure maschili e sei figure femminili incinte.

Segue al piano terra la Sezione dell'Antichità Classica, greca, etrusca e romana, che raccoglie un'ampia scelta di materiali rappresentativi delle piùimportanti produzioni del bacino del Mediterraneo, cronologicamente colloca-bili dall'età del bronzo fino all'epoca ellenistica.

da sinistraFigura di guerriero. Recipiente (?) votivo per libagioni o aspersioni. Terracotta. Messico occidentale (Nayarít meridionale), III sec. a.C. - IV sec. d.C. (inv. 20452)

Figura di divinità (cariatide).Potrebbe trattarsi della rappresentazione scultorea di Cihuateo, dea-madre o divinità delle donne morte di parto le quali erano onoratecome guerrieri morti in batta-glia. Messico orientale (Veracruz centro-meridionale),III-X sec. d.C. (inv. 20454)

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La sistemazione definitiva di questa Sezione, inaugurata nel1996, è il risultato di un accurato lavoro di riordino riguar-dante tutti i materiali dell'antichità preromana, originaria-mente raccolti all'interno della cosiddetta "Sezione Retro-spettiva" del Museo. La nuova presentazione si articola in quattro grandi vetrine corredate da un ampio apparatodidattico, in cui vengono proposte varie tematiche di

approfondimento riguardanti le tecniche produttive e decorative dell'antichità,l'importanza della ceramica in archeologia, la diffusione e il commercio di questimateriali nel bacino del Mediterraneo.

I pezzi esposti sono stati in primo luogo sistemati tenendo conto dei loroluoghi di produzione e, all'interno di queste suddivisioni, le diverse classi cerami-che sono state disposte secondo il loro sviluppo cronologico.

Rappresentative dell'area greca sono le ceramiche egee, geometriche e italo-geometriche, corinzie ed etrusco-corinzie, greco-orientali e attiche ditutte le principali classi; per l'area italica invece sono documentate le cerami-che apule, magno-greche, figurate, sovraddipinte e a vernice nera, e infine le produzioni etrusche comprendenti l'impasto, la depurata acroma, il bucchero,la ceramica dipinta e a vernice nera.

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da sinistraAlabastron con motivi zoomorfi.Terracotta con patina. Ceramicacorinzia, 595/590 - 570 ca. a.C.(inv. 4692)

Askos configurato a foggia dicavallo. Terracotta con patina.Ceramica greco-orientale, fine delVI - inizi del V sec. a.C. (inv. 23174)

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Si sono inaugurate nel maggio 2001 le seguentisezioni: le Ceramiche romane, quelle del Vicino eAntico Oriente, e le islamiche. L’itinerario indicatonelle planimetrie è attualmente (2001) soltantoin parte realizzato.

Skyphos con figura di Menade.Terracotta con patina. Ceramicaattica a figure rosse, 450 a.C. ca.(inv. 9581)

in bassoPiatto con figura maschile, motivifitomorfi e motivo detto “a ondee scogli” sul bordo. Terracotta sili-cea con vetrina. Produzione Iznik,sec. XVII (inv. 6298)

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Salendo al primo piano del Museo, si possono ammirare le Maiolichefaentine dal Trecento al Seicento suddivise nelle varie tipologie dall'arcaico finoallo stile compendiario ("bianchi"). Caratteristici tra la tipologia rinascimentalesono il vasellame d'amore con ritratti di "belle" donne, mani intrecciate, cuoritrafitti, ardenti, alati, ecc. e la piccola plastica di fine Quattrocento costituita

da deliziosi calamai con raffigurazioni religiose o profane. Splendidianche gli esempi di maioliche compendiarie che dalla metà del

Cinquecento sostituirono l'istoriato e i repertori policromi dellamaiolica italiana. Esse si imposero per la sobrietà e l'eleganzadella decorazione abbinata ad uno spesso, morbido e sofi-sticato smalto bianco, che puntava a valorizzare soprattut-to le foggie, talvolta bizzarre (trionfi da tavola, calamai,coppe traforate ecc.) segnando il passaggio dal Manieri-smo al Barocco.

Piatto raffigurante a pienocampo un busto muliebre “IULIA BELA”. Maiolica, Faenza, fine del sec. XV. Tipologia Rinascimentale (inv. 218)

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Ciotola decorata da un pavone stilizzato e motivi fitomorfi. Maiolica, tipologia “zaffera a rilie-vo”, Viterbo, sec. XV (inv. 21688)

Proseguendo nel percorso, si può ammirare la Sezione della MaiolicaItaliana del Rinascimento, suddivisa per aree regionali partendo dalle espres-sioni medievali ("arcaiche") laziali, per passare in Umbria tra lo stile gotico e quello quattrocentesco e policromo e le suggestive maioliche a riflessimetallici iridescenti di Gubbio e Deruta; si prosegue verso le fastose maioli-che a veste decorativa figurativa ("istoriata") di Urbino e di altre officinemarchigiane del Cinquecento ed oltre, per giungere alla Toscana con produ-zioni di Montelupo, prima quelle gotico-quattrocentesche e poi quelle suc-cessive dalla squillante policromia e con soggetti popolari. L'ambito italianorinascimentale si conclude con una significativa raccolta di ceramiche diCastelli d'Abruzzo, in particolare con opere del corredo Orsini-Colonna uscitodalla fornace dei Pompei.

Una successiva Sezione illustra gli sviluppi della Ceramica dal Seicentoall'Ottocento fra cui opere realizzate a Faenza, Bologna, Nove di Bassano,

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eFirenze, Pesaro, Napoli, Castelli, Milano e Savona. Qui è possibile trovareanche un'ampia selezione di opere settecentesche faentine della manifatturaFerniani: si segnala a tal proposito uno splendido servizio da puerpera ("Impagliata") decorato a "rovine"; il tipico decoro sviluppato dalla manifat-

tura tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento è quello denominato"al garofano". L'Ottocento è rappresentato sia dalla pittura su ceramica

che, imitando la tecnica e gli esiti della pittura a cavalletto, ci halasciato straordinari ritratti naturalistici e vedute acquarellate, sia dal‘revival’ del vasellame rinascimentale esplicato soprattutto attraversola realizzazione di grandi vasi decorati "a raffaellesche". Nella SalaEuropa, situata tornando indietro verso l'ala nuova del Museo, si

può ammirare una rapida selezione di ceramiche rappresentative dei principali centri europei, dal XIV secolo fino al XIX. Vi si trovanolustri spagnoli e saggi di pavimentazione e rivestimenti, oltre ad

esemplari che mostrano il forte influsso della maiolica rinascimen-tale italiana nei Paesi europei come Francia, Fiandre, Olanda.

Non mancano esemplari di impasti ad alta temperatura,come il vasellame da birra tedesco in grès a salatura,le porcellane di Meissen, gli eleganti vasi neoclassicidi Wedgwood. Un posto a parte occupa la terraglia,di origine inglese, che a partire dalla fine del Settecento fornisce all'industria il materiale ideale per la produzione seriale e la decorazione a decalcomania. Il Museo non si rivolge solo alle ceramiche del passato, ma è anche attento

a quanto ancora oggi si produce nel settore sia

in alto, da sinistraGrande piatto decorato al centroda busto di giovane donna che suona la viola; intorno, motivi fitomorfi e geometrici. Maiolica, Deruta, sec. XVI (inv. 21140)

Piatto con figure di soldati che si affrontano: “Bravacci”. Maiolica, Montelupo, sec. XVII (inv. 30286).

in basso,“Vegliardo, allegoria dell’inverno”. Busto in maiolica. Iscrizione sul retro: “Fait à Rouen 1647”. Parigi, Fabrique Samsonultimo quarto del secolo XIX. Donazione Gian LupoOsti Zanelli Quarantini, Roma (inv. D 125)

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da sinistraCaffettiera con decoro floreale “alla rosa” a piccolo fuoco. Maiolica, Pesaro, manifattura Casalie Callegari, ultimo quarto del sec.XVIII (inv. 30289)

Servizio da puerpera decorato da motivi “a rovine” in policromia a piccolo fuoco. Maiolica, Faenza,Luigi Benini nella manifattura Fernia-ni, 1776- 1780 (inv. 10020-24)

a fiancoPiatto con volto di donna. Terraglia dipinta sotto vetrina. Vallauris, Henri Matisse nella fab-brica Madoura, 1948 (inv. 3982)

Ciotola con profilo di donna confiore in mano. Maiolica, Vence,Marc Chagall, 1952 (inv. 5845)

“Sfere”. Maiolica e terracotta verniciata. Milano, Lucio Fontana,1957 (inv. 28215)

artistico sia industriale. Attualmente vasti spazi dedicati al contemporaneoprendono le mosse dai "Premi Faenza", il Concorso Internazionale che sisvolge dal 1938. In questo spazio saranno prossimamente collocate le Ceramiche italiane della prima metà del Novecento, mentre i "PremiFaenza" verranno collocati nella sala successiva. La selezione contemporaneaaccoglie anche capolavori di artisti universalmente riconosciuti come PabloPicasso, Marc Chagall, Fernand Léger, Henry Matisse, Georges Rouault,Leoncillo Leonardi, Lucio Fontana, Alberto Burri, Arturo Martini, FaustoMelotti, Ugo Nespolo, Enrico Baj, Arman, Matta. Al Concorso Internazionale della Ceramica d'Arte Contemporanea è dedicatauna apposita sezione dove sono esposte tutte le opere presentate dal 1938ad oggi alle quali è stato assegnato nelle varie edizioni il "Premio Faenza".Dalla visita di tale sala emerge come le forme della ceramica contemporaneasi siano evolute dal dopoguerra ad oggi. È proposta anche una selezione didesigner di tutto il mondo, mentre si prevede prossimamente una presenta-zione di piastrelle per l'edilizia antiche e soprattutto del XX secolo.

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Nello Statuto, approvato con Regio Decreto nel 1912, si prevedevache il Museo avesse tra le sue finalità anche quella di "raccogliere pub-blicazioni in modo da offrire agli studiosi un materiale bibliografico dicritica, di storia, di arte, di tecnologia ceramica".

Negli anni che seguirono, la Biblioteca si arricchì di preziosi volumitanto che nel 1929 Gaetano Ballardini, partecipando al Primo Congres-so mondiale delle biblioteche e di bibliografia, la definiva come unfondo consistente per l'Italia di materiale di studio in continuo aumen-to. La crescita della Biblioteca subì un brusco arresto nel periodo dellaSeconda Guerra Mondiale, quando, per preservare le collezioni delMuseo e il patrimonio librario, si provvide al loro "sfollamento" fuoricittà. Purtroppo dei 10.800 volumi che componevano la raccolta, oltrela metà vennero saccheggiati o distrutti nel crollo dell'edificio che li ospitava. Nello stesso tempo anche la sede del Museo subiva gravidanni dal bombardamento del 13 maggio 1944 e la Biblioteca stessa,con tutti i suoi arredi, veniva completamente distrutta.

Nel dopoguerra la Biblioteca venne ricostituita con i materiali salva-tisi (circa 4.000 tra volumi e opuscoli) e vennero ricostruite le scaffalatu-re in legno su progetto dell'architetto Ennio Golfieri. Grazie ad un lega-to del dottor Paolo Galli e alle generose donazioni che seguirono negli

6. Una Biblioteca specializzata

Biblioteca.

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anni Cinquanta (tra i donatori citiamo Georges Haumont, il cardinaleAmleto Cicognani, il conte Zauli Naldi, lo stesso Gaetano Ballardini), la Biblioteca poté reintegrare le lacune della propria raccolta.

Il fiorire degli studi di ceramica nell'ultimo ventennio, l'accuratapolitica dei cambi e delle acquisizioni, e l'attività di recensione e segna-lazione sulla rivista del Museo Faenza, hanno portato ad un incrementodel patrimonio della Biblioteca attualmente attestato oltre le 53.000unità bibliografiche (volumi e opuscoli), e oltre 400 periodici in corso,con opere provenienti da tutto il mondo; tra i fondi speciali una sezionedi edizioni a stampa dei secoli XVI-XVIII e cataloghi d'asta.

La maggior parte delle pubblicazioni riguardanti la ceramica sonoorganizzate secondo un ordinamento topografico che copre tutte le nazioni (con particolare riguardo per i centri di produzione italiani ed europei ed un settore dedicato specificatamente alla ceramica faenti-na), con settori specifici per la tecnologia, la conservazione e il restauro.

Non mancano settori dedicati alle altre discipline artistiche (pittura, scultura, architettura), all'archeologia e alle antiche civiltà, alle arti decorative e minori, alla grafica (stampe e disegni), al design ecc., cioè a tutte quelle discipline ausiliare fondamentali per uno studio completo della ceramica.

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7. Un Laboratorio per"Giocare con l'Arte"

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"... Se siamo d'accordo che ognuno fa quello che sa, e che la fan-tasia e la creatività operano sulla memoria, il problema che segue ècome far memorizzare ai bambini il massimo dei dati, visto che l'allarga-mento della conoscenza favorisce le facoltà creative. Pare che il giocosia la condizione ottimale per memorizzare qualcosa...". Così scrivevaBruno Munari in una nota informativa destinataci, a cui dobbiamo le linee fondamentali di metodo del Laboratorio "Giocare con l'arte",annesso al Museo di Faenza. È molto difficile condurre i bambini in visite guidate al Museo, sia pure in quei casi in cui essi vengono ‘preparati’ dagli insegnanti. Occorre per essi trasformare in qualchemodo il Museo dal luogo che è - una raccolta di oggetti sia pure ordina-ta scientificamente - in un luogo di scoperta, di fantasia, in qualcosache faccia parte di un gioco. Il laboratorio "Giocare con l'Arte" preparai bambini al Museo: non tanto con discorsi, ma facendo vedere, tocca-re, provare e fare in uno spazio appositamente ideato per loro, dovepossano recepire e sperimentare alcune fondamentali regole del gioco,come da una piattaforma sulla quale sprigionare la loro personale creatività. Le regole del gioco sono l'apprendimento di alcune tecniche ceramiche semplici e via via più complesse, anche per la loro combinabi-lità, e l'uso dei più diversi strumenti e utensili - in una disposizione creativa anch'essa per il riutilizzo più disparato di objets trouvés - d'intervento su e con l'argilla.

Fondamentale non è l'opera conclusa, ma i procedimenti attraversoi quali si può raggiungere l'opera: per questo non sono tanto i manufat-ti esposti al Museo ad ispirare il processo, ma è questo stesso processoche permette di scoprire i "segreti" di quei manufatti in tanti modi codificati dal tempo. Così i bambini scoprono il Museo non per visiteguidate, ma individuando in esso quelle opere con caratteristiche similia quelle da loro stessi sperimentate. Chi li conduce a tali scoperte, o in qualche modo li sollecita, potrà dare anche quelle informazioni storiche, tecniche, estetiche che i bambini a seconda della loro etàsaranno in grado di recepire o che essi stessi richiedono.

Per esperienza, si può dire che le brevi visite al Museo successive ai giochi in Laboratorio, sono avvenute e richieste dai bambini stessi con vero interesse e con la consapevolezza del luogo diverso ma inqualche modo interagente con la loro libertà esplicata nell'ora di labora-

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torio: nel Museo la loro libertà è soprattutto visiva, orale, ma anchegestuale. Ma il Museo va anch'esso in laboratorio, talora con alcuneopere che vengono in qualche modo "smontate" per far scoprire leregole che sono alla base della loro struttura, al loro volume, alla loropelle, ai loro colori: mai come modelli da imitare.

E così succede per gli artisti che vengono a giocare coi bambini:essi rappresentano il Museo come materia vivente, poiché non sonotanto le loro opere concluse che essi mostrano e illustrano, e che sonogià in tanti casi ‘museificate’: è il loro approccio diverso coi materiali econ gli strumenti, con le diverse loro intenzioni e sensibilità, con la lorodisponibilità al gioco nell'applicazione dei vari linguaggi alla ceramica.

Non a caso alcuni di questi artisti hanno esperimentato il materialeceramico per la prima volta in laboratorio, in tutto e per tutto comegioco: mentre altri, con esperimentata conoscenza, sono stati condotti a confrontarsi nel gioco con la propria arte. L'aura dell'arte si rischiara,si dispiega così negli infiniti rivoli e combinazioni di una operatività i cuirisultati possono avere importanza soltanto, e innanzitutto, se è possibi-le seguirne le regole. Il valore estetico dell'opera fa parte di una prope-deutica assai più complessa di quanto si possa esercitare in questo rapporto Museo-Laboratorio: in esso sono insite alcune fondamentali coordinate di base che possono condurre, tramite quella "memoria" a cui fa riferimento Bruno Munari, a sedimentarlo e recepirlo col tempo.Dal 1978 il Laboratorio di Faenza costituisce il primo esempio di labora-torio munariano permanente in una sede museale; vi accedono bambiniin età prescolare e scolare di ogni ordine e grado. Dal 1980 il Museo haattivato dei corsi di formazione e aggiornamento rivolti agli insegnanti -ed in seguito aperti a tutti i diplomati - per agevolare la divulgazione,con l'assistenza di collaboratori di Bruno Munari, del metodo "Giocarecon l'arte" nei suoi vari aspetti e non solo nell'applicazione alle tecnicheceramiche. Dalla metà degli anni '80 questi corsi si svolgono su differen-ti livelli e su specifici temi monografici, e sono documentati nei Quader-ni del Laboratorio pubblicati dal MIC. Dal 1998 sono avviate esperienzecon studenti di nazionalità diversa, ospiti di alcune scuole medie supe-riori di Faenza, ed esperienze didattiche con portatori di handicap.

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8. Il Laboratorio di Restauro

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Il Laboratorio di Restauro è stato organizzato negli anni '80 e siavvale di un gruppo di restauratori diplomatisi al "Ballardini" di Faenza;ogni anno cura stage estivi per gli studenti che seguono il corso di restauro all'Istituto d'Arte della città.

Si occupa esclusivamente di restauro di materiali ceramici, di qua-lunque tipologia, dalla terracotta alla porcellana. Il Laboratorio esegueanche restauri su commissione, soprattutto su collezioni di altri musei,ma anche su ceramiche provenienti da scavi archeologici, oltre che diopere esposte all'aperto.

Tra i restauri eseguiti negli ultimi anni si citano: collezione Chigi-Saracini del Monte dei Paschi di Siena, corredo della Farmacia dei Gesuiti di Novellara, Statua di Sant'Antonio in terracotta dipinta a fred-do dell'Eremo di Monte Paolo, raccolte del Museo Regionale della Cera-mica Umbra in Deruta, raccolte dei musei di ceramica di Gubbio e Fano,targhe devozionali in terracotta dipinta a freddo del Convento dei Cap-puccini di Faenza, pannelli in maiolica a lustro di Lucio Fontana per il Comune di Albissola Marina, corredo in porcellana della Farmacia Giuseppucci di Fabriano, opere contemporanee di Leoncillo, AntoniaCampi e Louise Nevelson appartenenti a collezioni private, e molti altriinterventi ancora.

Negli ultimi anni il Museo ha organizzato quattro edizioni di Giornate di studio sul restauro della ceramica, in collaborazione con l'Istituto d'Arte di Faenza, e corsi di aggiornamento per restauratori di ceramica (1997 "Biodeterioramento dei materiali ceramici", 1998"Tecniche di pulitura applicate alle ceramiche antiche", 1999 "Restauro della porcellana", 2000 "Primo intervento sullo scavo").

Inoltre, all'interno della prestigiosa Biblioteca del Museo, si è avviata una specifica sezione di pubblicazioni relative al restauro che possono essere agevolmente consultate dal pubblico interessato.

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9.Le più importanti mostredegli ultimi anni

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1996Il verde e il bruno: da Kairouan ad Avignone.

Ceramiche dal X al XV secoloL'esposizione di circa trecento pezzi, provenienti da scavi e da musei stranieri, ha illustrato il lento cammino della ceramica decorata in verde e bruno, attraverso il bacino del Mediterraneo, partendo dall'Oriente e attraverso la moltiplicazione delle botteghe all'Occidente islamico, fino al suo culmine che si attua nelle terre cristiane più settentrionali. L'interesse sviluppatosi attorno a questa particolare ceramica medievale a decoro verde e bruno, conosciuta in Italia come "maiolica arcaica" dei secoli XIII-XIV, è dato dal fatto che la sua comparsa coincide con un’importante trasformazione delle tecniche di produzione ceramica, in particolar modo nei rivestimenti. Il "modo di come fare" e la tecnica vengono trasmesse da una costa all'altra, attraverso il bacino del Mediterraneo occidentale, nel corso di ben cinque secoli. È un fenomeno molto esteso e generalizzato, testimonianza di economie, culture e religioni diverse.

Il decoro floreale naturalistico nella ceramica europea del XVIII secoloCirca duecento pezzi, provenienti dalle collezioni del Museo, da musei stranieri e da collezioni private, hanno illustrato il percorso del decoro con fiore naturalistico, o fiore europeo, che è il più appariscente distacco dalla soggezione dell'Oriente. Gli studi botanici, l'amore per la pittura realistica, i nuovi colori utilizzabili con la tecnica della muffola, sostituiscono via via i cosiddetti fiori coreani o indiani che decorano la porcellana cinese di K'ang-Hsi e che inizialmentevengono imitati o addirittura copiati dalle manifatture di porcellana europea. Il gusto del tutto europeo, sia per il mazzo di fiori ispirato alle stampe botaniche seicentesche a Strasburgo, sia per i fiorellini dei campi sparsi sulla superficie delle stoviglie a Marsiglia, ben presto trionfa e si propaga in tutta l'Europa nella porcellana, nella maiolica e nella terraglia.

Faenza-faïence - bianchi di FaenzaLa mostra è stata nel contempo un bilancio e un rilancio culturale del momento più celebrato ed importante della storia della maiolica faentina, ovvero quando Faenza nel Cinquecento riesce a legare il proprio nome - "Faenza-faïence", appunto - alla fortuna delle sue maioliche nel mondo. Si focalizzano i caratteri tecnico-formali dei cosiddetti "bianchi di Faenza", dipinti nello stile "compendiario" che dalla metà del Cinquecento sostituirono l'istoriato e i repertori policromi della maiolica italiana; essi si imposero per la sobrietà e l'eleganza della decorazione abbinata ad uno spesso, morbido e sofisticato smalto bianco, che puntava a valorizzare soprattutto le fogge, talvolta bizzarre,

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Raku. Una dinastia di ceramisti giapponesiPer la prima volta nel mondo, al di fuori del paese d'origine, è stata organizzata una mostra di opere realizzate con una particolare tecnica di cottura e di manipolazione della ceramica introdotta verso il Seicento in Giappone dal capostipite della dinastia Raku. Raku era il ceramista accreditato per la creazione delle tazze per la cerimonia del tè che in Giappone ha un significato profondamente religioso in quanto segno di pace e riconciliazione. Da allora il primogenito della dinastia ha mantenuto questa investitura quasi sacra tanto che alcuni pezzi sono considerati tesoro nazionale ed hanno un valoreincalcolabile. La tecnica Raku, di ascendenza così antica e rituale, ha segnato profondamente la ceramica contemporanea sperimentale e d'avanguardia in tutto il mondo. A Faenza sono state esposte in mostra le opere di tutte le 15 generazioni della famiglia Raku per un totale di centosei pezzi, dal XVI al XX secolo, provenienti dal Museo Raku di Kyoto e da altre collezioni pubbliche e private giapponesi.

segnando il passaggio dal manierismo al barocco. Il percorso della mostra scandiva attraverso gruppi di opere, sviluppi cronologici ed artistici dell'attività delle botteghe condotte dai principali protagonisti di questa lunga (1550-1650) e feconda stagione della maiolica faentina e italiana come Francesco Mezzarisa, Virgiliotto Calamelli e Leonardo Bettisi.

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Capolavori di maiolica della Collezione Strozzi SacratiLa mostra ha esposto per la prima volta al pubblico una ricchissima parte delle raccolte d'arte di una tra le più illustri famiglie italiane, che ha vissuto e partecipato la storia di Firenze, Mantova e Ferrara. La raccolta proposta a Faenza è stata l'ultima parte di un ben più vasto complesso andato disperso tra musei e collezioni private dopo la scomparsa dell'ultimo erede della casata, il marchese Uberto Strozzi Sacrati. Attraverso una collezione di ceramiche d'indiscusso interesse scientifico ed estetico, è stato possibile riesaminare alcuni filoni delle arti applicate italiane, nonché apprezzare le abitudini collezionistiche e mecenatistiche della nostra aristocrazia. Si va dal Quattrocento toscano alla maiolica faentina del primo Cinquecento; dall'"istoriato" pesarese e urbinate, alla maiolica rinascimentale di Deruta; da due tondi robbiani molto significativi, alla produzione marchigiana del tardo XVI secolo; dai "bianchi" di Faenza, ad esemplari di Caltagirone o del Seicento e Settecento toscano, savonese, faentino e persino una cospicua sezione di Iznik. Completano la collezione vetri rinascimentali veneziani, metalli islamici, oggetti d'oreficeria e una "canoviana" Maddalena penitente in terraglia, oltre a un busto in marmo attribuibile alla scuola del Canova.

Filippo Comerio disegnatoreAlla nutrita raccolta di disegni - fulcro della mostra, attinti in prevalenza da fondi privati - hanno fatto da corollario una selezione di dipinti e uno splendido insieme di maioliche, figurate a "piccolo fuoco" dallo stesso pittore, posseduto dall'istituzione faentina. L'intento del Museo è stato quello di contribuire a far luce su una personalità affascinante quanto sfuggente, la cui notorietà è rimasta ancorata proprio alle testimonianze di creatività spesa nelle fabbriche locali del conte Annibale Ferniani o dei soci Ragazzini-Benini. Il nome di Comerio fu associato al pigmento d'effetto smeraldino che egli predilesse per le sue composizioni monocrome sullo smalto bianco: il "verde Comerio".

Per una storia della ceramica di Faenza. Materiali dalle Mura del Portello Significativa selezione dell'ingente quantità di frammenti recuperati nel 1967 nel centro storico di Faenza, durante gli scavi realizzati per l'ampliamento dell'Ospedale Civile. Il materiale rappresenta un ampio arco cronologico che va dal XIV al XVII secolo e che comprende maiolica, scarti di fornace e vasellame per infornamento. In occasione della mostra è stata presentata un opera in due volumi - a cura di Gian Carlo Bojani - che ricostruisce le tappe del lungo lavoro di catalogazione, restauro e studio realizzato sui materiali.

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2000Gaetano Ballardini e la ceramica a Roma

- Le maioliche del Museo Artistico Industriale di Roma - Oltre il frammento - Forme e decori della maiolica medievale orvietana Il Museo ha dedicato due mostre a Gaetano Ballardini, fondatore nel 1908 del Museo stesso e profondo conoscitore della maiolica. Il filo rosso che lega il nome di Ballardini alle rassegne sta nella sua opera di catalogazione delle maioliche conservate a Roma presso lo scomparso Museo Artistico Industriale e nei rapporti di studio con Giulio Del Pelo Pardi e Pericle Perali sulla maiolica orvietana. Il M.A.I. comprende raccolte di numerosi ed eterogenei manufatti d'arte applicata, tra i quali una collezione di maioliche catalogata dal Ballardini nel 1929, in un periodo nel quale si stavano ancora elaborando i criteri e le metodologie per uno studio scientifico della ceramica italiana. La rassegna "Oltre il frammento" espone la collezione di ceramiche medievali donata nel 1950 al Museo Nazionale di Palazzo Venezia dall'ingegnere Giulio Del Pelo Pardi, cultore di archeologia agraria e di collezionismo, legato da sincera amicizia oltre che da profonda stima allo studioso faentino.

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Tre mostre di Enzo Mari. Tra arte del progetto e arte applicataCon questo lavoro Mari ha voluto mettere in luce la prima ragion d'essere del "manufatto", ovvero la corrispondenza fra progetto ed esecuzione. Un percorso espositivo in cui si sono evidenziate la necessità di perseguire la qualità e l'importanza della riacquisizione da parte dell'artigiano della propria autonomia progettuale. La prima mostra, Il piccolo museo, è stata un'esposizione di 44 opere di varia provenienza, risultato di una scelta qualitativa operata da Mari all'interno della grandiosa raccolta conservata nel museo. La seconda mostra, Regesto di Enzo Mari, si trattava di una raccolta di 150 progetti in ceramica da lui realizzati nell'arco di un trentennio per l'industria italiana e straniera. Nella terza mostra, I garofani sono peonie, Mari ha esposto 23 grandi tavole a colori, risultato di una approfondita analisi semiologica del "garofano", il celebre decoro faentino settecentesco.

Aligi Sassu. L'opera ceramicaMostra dedicata all'intera produzione ceramica dell'artista Aligi Sassu. Nel superamento dell'itinerario tradizionale dell'opera di questo protagonista dell'arte del nostro secolo, questo evento è configurato come la prima esaustiva indagine sulla sua produzione ceramica che va dal 1939 - con i primi Cavalli marini in terracotta smaltata policroma - ai più recenti lavori del 2000. Numerosi gli esemplari inediti presentati al pubblico, fra cui anche un corpus di disegni e bozzetti preparatori che testimoniano come Aligi Sassu abbia coltivato ogni esperienza artistica e ne abbia tratto forza per diventare "artista universale". Sassu rappresenta una fra le novità più interessanti della ceramica italiana del XX secolo, e nell'ambito della ceramica sta proprio la sua più alta qualità di "plastificatore" e il suo virtuosismo di pittore.

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Lungo le vie della devozione. Cinque secoli di immagini della Vergine e dei santi nelle targhe devozionali dell'Emilia-Romagna

L'idea di porre le targhe ceramiche devozionali al centro di un fenomeno territoriale complesso ispirò il catalogo delle collezioni di targhe del MIC, pubblicato nel 1984 a cura di Maria Cecchetti, la cui ristampa nel 2000 ha permesso di raccogliere indicazioni per una mostra originale ed unica nel suo genere che ordina esemplari inediti di targhe, tutte di grande interesse, sia per la storia della ceramica sia per la storia della religione e delle tradizioni devote in Emilia Romagna.E' in progetto una mostra, a cura di Gian Carlo Bojani e Maria Cecchetti, di 280 esemplari, di cui un centinaio scelti dalle collezioni del Museo e gli altri da varie collezioni pubbliche e private. Le opere saranno raccolte in piccoli gruppi tematici, individuati secondo due linee di percorso. La prima segue il filo cronologico dal Quattrocento al Novecento, scandito per scuole ceramiche; l'altra raccoglie in modo sincronico alcune tematiche devozionali e iconografiche dominanti. Le due tracce si incontrano in modo complementare tale da guidare il visitatore lungo l'evoluzione della storia delle ceramiche in Emilia Romagna, alla scoperta delle particolari tematiche religiose e devozionali, individuate secondo raggruppamenti iconografici.Una selezione di queste opere, meno della metà, prevalentemente di proprietà del MIC, è stata esposta nel corso del 2000 a Bologna nella chiesa di San Giorgio in Poggiale e a Faenza presso il Museo.

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10. Glossario dei termini tecnici e decorativi

> Albarello(termine a radice araba) vaso cilindrico con corpo simile ai recipienti di canna di bambù usati in Oriente per la conservazione e il trasporto delle spezie; si diffuse sia in Spagna che in Italia nel periodo medievale e rinascimentale.

> Biscotto(ant. “bistugio”) oggetto foggiato e cotto una sola volta, atto però ad essere successivamente rivestito (con ingobbio, smalto o vernice) e quindi ricotto (da cui il termine biscotto).

> Cartoccio(in gergo ceramico “gattone”) decorazione composta da una foglia sinuosa bipartita nascente da un bulbo centrale, che tende a riavvolgersi su se stessa; tale motivo si ispira alle cornici delle miniature gotiche.

> Terrecotte ingobbiate e graffite(o “faenze” ingobbiate e graffite) classe di ceramiche la cui superficie grezza è stata rivestita di uno strato di argilla bianca finissima, detto ingobbio. Sulla superficie così trattata si incide la decorazione usando uno stilo (o chiodo); infine per dare impermeabilità e lucentezza all’oggetto, lo si copre con un sottile strato di vernice (o vetrina) trasparente, spesso variegata con tocchi di colore verde(rame) e bruno (ferraccia).

> Cineseriemotivi venuti di moda in Europa nella seconda metà del secolo XVII, ispirati ai prodotti cinesi e giapponesi. Vennero impiegati inizialmente soprattutto dalle officine olandesi, e in seguito ebbero largo uso presso tutte le officine europee.

> Famiglia ad occhio di penna di pavoneclasse di maioliche decorate con un motivo che si ispira all’“occhio” che orna l’estremità della penna del pavone. In questa famiglia un giallo intenso, che si denomina appunto “giallo pavone”, si affianca ai colori tradizionali.

> Famiglia alla porcellana classe di maioliche con decorazione di diretta ispirazione estremo-orientale, in particolare dalle porcellane cinesi della dinastia Ming (1368-1644) sia per l’ornato vegetale che per la monocromia turchina su fondo bianco.

> Famiglia della palmetta persiana classe di maioliche decorate con temi tratti soprattutto dalle decorazioni

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dei tessuti orientali e che utilizza in modo particolare un motivo composto da un fiore con petali embricati, somigliante ad una pigna; tale fiore, detto palmetta persiana, compare a volte dipinto come visto di profilo o dall’alto (rosetta).

> Famiglia della zaffera in rilievo (detta anche a foglie di quercia o a goccioloni) classe di maioliche decorate utilizzando una zaffera, talora abbinata al verde, applicata sia a corpo (zaffera a rilievo) sia diluita (zaffera diluita); tale tecnica sembra richiamarsi ad una particolare classe di ceramiche bicrome bizantine.

> Famiglia floreale-gotica classe di maioliche la cui decorazione, oltre ad assumere temi ornamentali moreschi tratti dal repertorio della famiglia italo-moresca, impiega elementi della cultura tardo-gotica e in particolare della miniatura; di quest’ultima adotta soprattutto il tema della foglia accartocciata (vedi cartoccio).

> Famiglia italo-moresca classe di maioliche il cui repertorio decorativo si richiama agli esemplari ceramici “ispano-moreschi”, dei quali tenta di imitare, utilizzando un verde gialliccio, l’effetto del lustro metallico dorato tipico delle superfici dei prodotti spagnoli.

> Grottescatipo di decorazione assai diffusa sulla maiolica italiana del Rinascimento,che s’ispira a quella ritrovata nei resti sotterranei della Domus Aurea (le cosiddette “grotte”); essa si compone di animali fantastici, cornucopie, busti, trofei ecc., disposti entro un ornato floreale stilizzato.

> Maiolica(terracotta smaltata o “faenza” smaltata) prodotto ceramico a pasta colorata (dal giallo chiaro al rosso mattone), porosa, con un rivestimento vetroso coprente, solitamente bianco, detto smalto. A volte tale smalto veniva coloratoaggiungendo alla miscela di preparazione ossido di cobalto, che gli conferiva una tonalità grigio azzurra; le maioliche così rivestite si denominavano “berettine”.

> “Piccolo fuoco” (o “terzo fuoco” o “fuoco di muffola”) tecnica decorativa che si attua allo scopo di far aderire all’oggetto di ceramica già rivestito e cotto in precedenza, quindi già finito, quei colori che sopportano solo basse temperature, oro in particolare, mediante una cottura più bassa (600°).

> Porcellanaimpasto argilloso composto, formato in genere da caolino, quarzo e feldspato;

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compatto, bianco madreperlaceo, più o meno traslucido. La porcellana dura cuoce a temperatura variabile fra i 1280° e i 1300°. Antico prodotto dell’Estremo Oriente, esso fu introdotto in Europa soltanto agli inizi del XVIII secolo.

> Quartieremodo di decorare le superfici delle maioliche con scansioni in zone di colori alterni.

> Raffaellesca motivo decorativo ispirato alla grottesca, impiegato da Raffaello e dalla sua cerchia negli affreschi delle Stanze Vaticane; esso si compone per lo più di minuti temi quali panoplie, putti, chimere, trofei d’armi antiche, strumenti musicali, festoni ecc., entro una sottile trama di tralci.

> Stile arcaico (o fase arcaica) termine adottato in passato dagli archeologi per lo stile della ceramica attica a figure nere e in seguito usato da Ballardini per lo stile delle ceramiche medievali (XII-XIV sec.); si caratterizza in generale per l’uso parsimonioso del rivestimento (smalto) e altresì per una policromia che utilizza un bruno manganese per i contorni e un verde rame per le campiture.

> Stile “bello”termine coniato in passato dagli archeologi per indicare lo stile della ceramica attica a figure rosse, e in seguito adottato da Ballardini per quella fase della maiolica faentina che segue il “primo istoriato”; sulle maioliche esso si caratterizzasia per le scene complesse, da cui anche il nome di “secondo istoriato”, sia per l’adozione di motivi decorativi quali cerquate o foglie di quercia, grottesche, quartieri ecc.

> Stile compendiario il ceramologo faentino Gaetano Ballardini derivò la denominazione di “compendiario” dal termine usato dagli archeologi per un tipo di pittura romana (pictura compendiaria), sviluppatasi verso la fine del I secolo d.C., nella quale la tecnica di dipingere con rapidi ed essenziali tocchi di pennello riprendeva modi peculiari della precedente pittura ellenistica.

> Stile fiorito come il precedente stile “bello”, è anch’esso da riferirsi alla ceramica attica, e in particolare a quella del periodo di Meidias ed è stato in seguito adottato da Ballardini per quella fase della maiolica faentina che segue il “secondo istoriato”. Su questo esso si caratterizza, oltre che per una ulteriore maturazione del genere “istoriato”, da cui anche la denominazione di “terzo istoriato”, anche per il grande virtuosismo delle forme e per l’uso dominante della “raffaellesca”.

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> Stile istoriato termine che indica lo stile decorativo rinascimentale caratterizzato da complesse rappresentazioni figurate e aneddotiche. Si divide in due fasi: primo istoriato e secondo istoriato.

> Stile “severo” termine adottato in passato dagli archeologi per lo stile della ceramica attica a figure rosse, e in seguito usato da Ballardini per lo stile iniziale della maiolica italiana (dal 1420 sino alla fine del secolo), e che comprendeva varie “famiglie” decorative.

> Terraglia prodotto ceramico a pasta bianca, porosa, molto leggera, solitamente rivestito con una vernice piombifera trasparente. Inventata dai vasai inglesi dello Staffordshire nel XVIII secolo, la terraglia si diffuse poi largamente in molte altre officine europee.

> Zaffera colore turchino scuro intenso, il cui nome deriva dalla parola araba “al-safra”, cioè cobalto.

(Glossario tratto da: BOJANI GIAN CARLO - RAVANELLI GUIDOTTI CARMEN (a cura di), Maioliche di Faenza dal Trecento al Novecento. Selezione di opere.Faenza, Studio 88, 1998, ed. riveduta e ampliata).

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> in Faenza

Viale Baccarini, 19

48018 Faenza (Ra)

tel. 0546 697311

fax 0546 27141 - 697318

e-mail: [email protected]

http://www.micfaenza.org

Museo Internazionale delle Ceramiche

Il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, fondatonel 1908 da Gaetano Ballardini, è nel suo genere la più

grande raccolta al mondo. Nelle sue raccolte è documen-tata la storia e la cultura della ceramica nei cinque con-tinenti attraverso i secoli, dall'antichità classica fino ai giorni nostri. Accanto alla grande produzione italiana

ed europea dal Basso Medioevo al Rinascimento, dalSeicento all'Ottocento, importanti sezioni sono dedicate

al Medio e all'Estremo Oriente, all'America precolombiana,all'Africa, all'Asia. La ceramica del Novecento, italiana e internazionale, è rappresentataanche da artisti universalmente riconosciuti tra i quali Picasso, Matisse, Chagall,Leoncillo, Fontana, Martini. Notevoli le sezioni della ceramica popolare delle varie regioniitaliane, come quelle dei prodotti industriali di design. Da sottolineare anche la sezionedella grande biblioteca specializzata, quelle del restauro e della didattica.

Provincia di Ravenna

in Faenza

Museo Internazionaledelle Ceramiche

Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza